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Il design scandinavo alle Triennali di Milano negli anni Cinquanta

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Storia delle arti e conservazione dei beni

artistici

Prova finale di Laurea

Il design scandinavo alle Triennali di

Milano negli anni Cinquanta

Relatore: Prof. Stefania Portinari

Laureanda: Ilaria Pigliafreddo

Matricola 833787

Anno Accademico

2011 / 2012  

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Sommario  

 

Premessa  ...  3  

  CAPITOLO  I  ...  5  

Il  design  scandinavo  ...  5  

1.  La  nascita  di  un’idea  ...  5  

2.  Le  forme  naturali  nell’evoluzione  del  design  scandinavo  ...  13  

3.  Il  design  finlandese  ...  19  

  CAPITOLO  II  ...  29  

Il  design  scandinavo  alle  Triennali  di  Milano  ...  29  

4.  La  IX  Triennale  di  Milano  del  1951  ...  31  

4.1  Il  contributo  svedese  e  danese  all’esposizione  ...  31  

4.2  La  partecipazione  finlandese  alla  Triennale  ...  38  

5.  La  X  Triennale  di  Milano  del  1954  ...  51  

5.1.  Svezia,  Danimarca  e  Norvegia  ...  57  

5.2.  L’apogeo  finlandese  ...  66  

5.3  Riflessioni  ...  74  

6.  L’XI  Triennale  di  Milano  del  1957  ...  85  

6.1.  Svezia,  Danimarca  e  Norvegia  ...  86  

6.2.  La  Finlandia  alla  Triennale  del  1957  ...  100  

6.3.  Gli  alloggi  scandinavi  all’interno  del  Parco  ...  108  

  CAPITOLO  III  ...  122  

La  promozione  del  design  finlandese:  un  protagonista  del  design  italiano  ed  un  genio  finlandese  ...  122  

7.  Gio  Ponti,  la  Triennale  e  “Domus”  ...  122  

8.Tapio  Wirkkala  ...  133  

8.1  Iittala,  vetri  e  cristalli  ...  138  

8.2  Wirkkala:  design  e  fotografia  ...  141  

  Conclusioni  ...  153  

  APPENDICE  ...  157  

Documenti  dal  1950  al  1957  ...  157  

  BIBLIOGRAFIA  ...  288    

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Premessa  

Questa tesi di laurea intende analizzare in maniera approfondita e da una nuova prospettiva l’impatto del design scandinavo in un momento di grande fulgore, ovvero gli anni Cinquanta, analizzando le relazioni che intercorsero tra le nazioni nordiche e l’istituzione della Triennale di Milano, che svolse un ruolo decisivo come strumento di amplificazione e diffusione della popolarità di questo design non solo in Italia, ma anche all’estero.

Questa scelta è stata dettata dal fatto che mai precedentemente questo tema era stato affrontato sotto questa prospettiva, non solo in relazione alle edizioni delle Triennali degli anni Cinquanta ma anche basandosi su un’accurata ricerca d’archivio specifica. Questa infatti rappresenta la vera e propria ossatura della trattazione: attraverso tale ricerca ho potuto ricostruire per ognuna delle tre edizioni delle Triennali degli anni Cinquanta come avvennero i primi contatti tra gli organizzatori e le competenti autorità nazionali e quali furono i problemi e le tematiche sulle quali si andava maggiormente discutendo, i motivi delle scelte espositive e progettuali. Questa ricostruzione documentaria non solo mi ha permesso di muovermi su una concreta base cronologica, ma mette in evidenza in maniera ancora più chiara come le nazioni scandinave nella promozione del proprio design nazionale, una volta compresa la portata del loro successo, operassero in stretta connessione e collaborazione per emergere nel panorama mondiale del design contemporaneo.

Nel primo capitolo si è cercato di identificare che cosa si intenda esattamente con design scandinavo e quale sia il reale apporto della Scandinavia alla storia del design, poiché intorno a questi concetti si è spesso creato un generico fraintendimento, sia dal punto di vista geografico che concettuale. Da qui ho proseguito poi con un’analisi delle caratteristiche che comunemente vengono associate al design proveniente da queste nazioni, come la sua vicinanza e derivazione dal mondo naturale sia in termini di ispirazione delle forme che di materiali, e ho cercato di delineare come vi sia in esse una concezione di ambiente domestico profondamente differente da quella che noi conosciamo. Queste caratteristiche sono effettivamente alla base del modo di ideare e progettare dei designer scandinavi, finlandesi e norvegesi ma è da sottolineare come nonostante le numerose affinità esistano anche alcune differenze tra il design di queste nazioni. Proprio per far emergere questi aspetti di affinità ma allo stesso tempo di differenza, l’ultima sezione del primo capitolo è dedicata ad una disamina particolare del design finlandese, che tra tutti sarà quello che emergerà in maniera più forte nel corso degli anni Cinquanta, contribuendo a costruire il mito della fase d’oro del design scandinavo in quegli anni.

Il secondo capitolo rappresenta la vera e propria ossatura della mia ricerca, essendo basato interamente sul risultato della ricerca d’archivio condotta presso la fondazione La Triennale di

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Milano: partendo dal 1950, l’analisi dei documenti mi ha permesso di ricostruire l’iter che porterà le nazioni scandinave a partecipare alle Triennali del 1951, 1954 e 1957. Oltre alla corrispondenza tra i differenti commissari nazionali, gli architetti allestitori degli spazi di rappresentanza e gli organizzatori della manifestazione, altro materiale utile è stato quello proveniente dall’archivio fotografico. Le immagini originali degli allestimenti dell’epoca mi hanno permesso di ricostruire con precisione le scelte espositive fatte dalle differenti nazioni e analizzarle riscontrando le differenze presenti tra di esse. Le scelte espositive rappresentavano infatti lo strumento attraverso il quale ogni nazione scandinava metteva in evidenza quello che riteneva il meglio della propria produzione di design. Particolare attenzione è stata dedicata all’edizione del 1954, che vide per la prima volta le nazioni scandinave (Svezia, Finlandia, Danimarca e Norvegia) esporre in uno spazio comune introduttivo alle differenti sezioni nazionali e fu quella che riscosse il maggior successo a livello di critica. La conclusione del secondo capitolo coincide con l’analisi dell’ultima edizione della Triennale, quella del 1957, in cui si constata un momento di calo nella risonanza del design scandinavo.

Il terzo capitolo della trattazione è invece dedicato all’analisi di due figure di grande rilievo, che svolsero entrambe una funzione primaria all’interno della Triennale: Gio Ponti e Tapio Wirkkala. Sia il designer italiano che quello finlandese furono due grandi personalità nel campo del design non solo ma soprattutto nel corso degli anni Cinquanta, e proprio per questo ho deciso di accostarle. La figura di Ponti permette inoltre un altro passaggio, quello alla rivista “Domus”.

Per quanto riguarda Wirkkala, il designer è colui che incarna al meglio l’essenza dello spirito nordico sia come figura tipica che nelle sue creazioni che raggiunsero e hanno tutt’ora, ampia fama internazionale. La conclusione del capitolo si occupa dell’opera di Wirkkala interpretata dal fotografo finlandese Otso Pietinen, che studiò e realizzò insieme al designer scatti fotografici di alcuni importantissimi pezzi del suo design.

A completare la trattazione segue un apparato d’appendice all’interno del quale sono riportati i documenti d’archivio utilizzati nel corso di tutta la trattazione.

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CAPITOLO  I  

Il  design  scandinavo  

 

1.  La  nascita  di  un’idea  

 

All’interno della storia del design, un ruolo di assoluta rilevanza è sicuramente da attribuire a quello che viene definito come design scandinavo. Con questo termine, si tende ad indicare tutta la produzione di design proveniente da una precisa area geografica europea, ovvero la Scandinavia. Il concetto di cosa rappresenti realmente la Scandinavia però, è molto meno semplice di quello che si potrebbe pensare ad un primo sguardo. In realtà, benché ad i nostri occhi possa apparire come una “categoria unica”, un’unica grande fonte da cui proviene una definibile tipologia di forme; all’interno dell’idea dell’autentico design scandinavo, si muovono caratteri, elementi, influssi e tradizioni differenti; legati in maniera viscerale ed indissolubile con ognuna delle singole nazioni scandinave1.

Che cos’è quindi la Scandinavia? O comunque da dove si può iniziare un’analisi di queste forme, che influirono in maniera oggettiva su quello che fu lo sviluppo del “design moderno”, a partire dalla loro comparsa sulla scena internazionale? Un aspetto dal quale si può partire, può essere una riflessione su cosa sia in realtà questo “nord” che tendiamo a percepire come qualcosa di unitario, la cui concezione quasi monolitica si è andata drammaticamente a solidificarsi nel corso del XX (fenomeno accentuato anche da numerose esibizioni che si mossero poi in questa direzione). Un qualcosa composto da molteplici essenze, che però nella fase di “ingresso” del moderno nella storia del design, è stato colto di primo impatto come un blocco unico. Questo sentire, a partire dagli anni Trenta, non solo non è cambiato, ma anzi noi Europei “centrali”, l’abbiamo percepito come un fenomeno unitario ed imponente in maniera sempre maggiore. Dal punto di vista prettamente                                                                                                                

1Cfr. Widar Halén, Kerstin Wickman, Scandinavian design beyond the myth: fifty years of design from the Nordic

countries, Arvinius/ Form Förlag, Värnamo, 2003, p. 8: “Now the time has come for a serious reassessment of the

concept, including all the countries in the Nordic community, which have contribued to the formation of this identity: Denmark, Finland Iceland, Norway and Sweden. Scandinavian design became synonymous with the development of modernism in the 1950 and 1960s.”, “Ora è giunto il momento per una seria rivalutazione del concetto, compresi tutti i paesi della comunità nordica, i quali hanno contribuito alla formazione di questa identità: Danimarca, Finlandia Groenlandia, Norvegia e Svezia. Il design scandinavo è diventato sinonimo dello sviluppo del modernismo nel 1950 e 1960 ” (traduzione della scrivente).

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geografico, la Penisola Scandinava comprende solo tre delle nazioni di cui poi andremo a trattare successivamente: Svezia, Norvegia e parte Nord-Occidentale della Finlandia. Il termine Scandinavia, però, termine che spesso si usa in maniera errata come sinonimo di Penisola Scandinava, in realtà non fa riferimento solamente all’entità geografica in questione, ma indica anche un’idea storica e culturale di vicinanza di queste nazioni. Tale nome quindi, pone maggiormente l’accento su quelle che sono le radici culturali profonde di queste aree, quali furono i loro legami e gli intrecciati sviluppi che andarono poi ad influire anche nel campo della progettazione e del design. “Scandinavianism” quindi, era originariamente un movimento ideologico e politico, prima che pura collaborazione derivante dalla vicinanza geografica; nato dopo la rivoluzione francese e figlio dei movimenti di formazione nazionale che hanno costituito la storia della cultura Europea2. L’idea vera e propria di Scandinavia come insieme di nazioni, emerse poi con più chiarezza nel corso del XIX.

Un contenitore comune che raccoglie influssi differenti; questo può essere considerata la Scandinavia agli occhi di chi cerca di analizzare le forme di design che provennero da questi territori: “Each Scandinavian country has enjoyed long established nationhood and a strong identity, and cherished historical association and myths from which their people have taken much inspiration.”3 E ancora oggi l’espressione Scandinavia viene vista come sinonimo di design nordico,

come affermato da Miriam Gelfer-Jorgeunsen4; un design in cui non solo le tradizioni secolari ma

anche gli elementi naturali, ed i materiali utilizzati, contribuiscono a caratterizzarne le forme così tipicamente riconoscibili.

Come affermato da Charlotte e Peter Fiell nel loro testo (traduzione della scrivente): “La Scandinavia è un patchwork di nazioni europee del nord, stati che formano un’entità culturale e regionale che è molto distinta dal resto dell’Europa. Queste nazioni condividono tra loro radici economiche, culturali storiche e linguistiche (ad eccezione della Finlandia), le nazioni scandinave posseggono ciascuna un carattere unico che riflette la loro differente geografia e condizioni ambientali. Più che in qualsiasi altra parte del mondo, i designers in Scandinavia hanno iniziato e                                                                                                                

2 Ibidem.

3 Fiell Charlotte & Peter, Scandinavian Design, Taschen, s.l., 2002, p. 8: “Ogni nazione scandinava ha goduto di un

instaurato senso di nazionalità e una forte identità, care istituzioni storiche e miti dai quali la loro gente ha tratto molta ispirazione” (traduzione della scrivente).

4 Widar Halén, Kerstin Wickman, Scandinavian design beyond…op.cit., p. 17: “ the expression Scandinavian design is

viewed as synonymous with Nordic design […] The geographical position, with shicking seasonal variations, long periods of instable weather and low temperatures, with a sparse population and scattered, fairly minimal, late urbanization created the foundation for the early, simple one might almost say minimalist culture of the home.”, “…l’espressione design scandinavo è vista come sinonimo di design nordico […] la posizione geografica, con impressionanti variazioni stagionale, lunghi periodi di tempo instabile e basse temperature, con una bassa popolazione sparsa in vaste aree, ed una sparpagliata, abbastanza minimale, tarda urbanizzazione, creò le fondamenta per una prima, semplice, quasi definibile minimalista cultura della casa” (traduzione della scrivente).

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nutrito un approccio democratico verso il design che ha ricercato un ideale sociale ed un aumento della qualità della vita attraverso appropriati ed accessibili prodotti della tecnologia.” 5

Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia, sono le principali nazioni che ruotano intorno a questo processo d’ideazione di un design nordico; in maniera minore, ma impossibile da escludere è la Groenlandia, che parteciperà anch’essa alle esposizioni collettive di un certo rilievo, che inizieranno a tenersi già nella prima metà del Novecento. Un altro degli aspetti principali in merito al tentativo di definizione di cosa sia la Scandinavia, e cosa rappresenta all’interno della storia del design, è la nostra percezione in merito a questo fenomeno di passaggio dal Nord Europa fino a noi. Quasi come se fosse staccata dal resto dell’Europa continentale, forse perché così distante geograficamente e distante anche dal nostro stile di vita quotidiano, la Scandinavia viene percepita come qualcosa a parte, un mondo lontano, freddo. Questa sensazione si riflette anche nelle forme di design e negli oggetti che compaiono sulla scena internazionale a partire dagli anni Cinquanta. Sono viste come innovative, differenti, diventeranno il simbolo di una nuova faccia del modernismo; un’idea della linea come strumento per creare forme funzionali, pratiche e semplici ma che hanno all’interno una forte dignità; forme che si uniscono all’elemento naturale, ne diventano parte e da cui spesso prendono vita. Un mondo totalmente differente che irromperà prima in Europa, e poi negli Stati Uniti, attraverso un enorme successo di pubblico alle varie e numerose esposizioni, e soprattutto, un enorme successo di mercato. Questo rilievo a livello internazionale, era ovviamente accompagnato da un contemporaneo successo in patria; se vogliamo possiamo considerarlo come una sorta di “successo di riflesso” di quei prodotti che diventavano via via icone e pezzi unici, e che venivano percepiti poi con una maggior forza ed impatto anche in madrepatria. Gli stessi designer, una volta premiati alle esposizioni internazionali più prestigiose, tornarono in patria celebrati come veri e propri eroi nazionali.

La comparsa sulla scena internazionale del design scandinavo avvenne per gradi; furono fattori politici ed economici legati al secondo dopoguerra che spinsero queste nazioni ad avvicinarsi, ed a vedere concretamente la possibilità di uno scambio di influssi e di idee nell’ambito della progettazione e del design. Forse l’idea di un’entità unica e nordica non sarebbe stata dopotutto così male. Già nel 19456 i danesi promossero l’idea di una conferenza per organizzare un grande                                                                                                                

5 Fiell Charlotte & Peter, Scandinavian Design…, op. cit., p. 8: “Scandinavia is a patchwork of northern European

nation states that forma a cultural and regional entity that is very distinct from the rest of Europe. Sharing a common economic and cultural history and linguistic roots (except Finland), the Scandinavian countries each possess a unique character that reflects their different geographies and environmental conditions. More than anywhere else in the world, designers in Scandinavia have instigated and nurtured a democratic approach to design that seek a social ideal and the enhancement of the quality of life through appropriate and affordable products of technology”.

6 Questa cronologia si riferisce principalmente al periodo storico preso in analisi in questa tesi, ovvero gli anni

Cinquanta. Naturalmente le esposizioni non iniziarono in questi anni ma già verso la fine dell’Ottocento: nel 1872 la prima “Nordic Exhibition of Industry and Art” si svolse a Copenaghen, il successo venne ripetuto nel 1888, e questa

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congresso sulle arti decorative nordiche, che si tenne poi effettivamente a Copenaghen nel 1946, seguita poi da altre edizioni: nel 1948 a Oslo, nel 1950 a Stoccolma, nuovamente a Oslo nel 1952 e la conclusiva conferenza di Helsinki nel 1954. Furono questi i primi passi che portarono alla nascita di un sentire comune, di una possibile unitarietà di intenti nell’ambito dell’ideazione e dell’esposizione del design proveniente da questi luoghi. Parallelamente alla messa in moto di questo processo, mirato all’approdo sullo scenario internazionale (che non avvenne però senza intoppi), le nazioni nordiche continuarono anche ad organizzare all’interno di esse, serie di esposizioni nazionali di arti decorative, design, etc.., proprio per andare a consolidare il loro legame, ma allo stesso tempo sottolineare le peculiarità di ciascuna di esse.

La prima vera e più importante esibizione che emerse da questo spirito di collaborazione, fu “Design in Scandinavia”, un’esibizione itinerante che attraversò gli Stati Uniti ed il Canada, tra il 1954 ed il 1957, toccando ventiquattro differenti musei (l’esibizione venne inaugurata al Brooklyn Museum di New York il 20 aprile del 1954, per poi spostarsi al Virginia Museum of Fine Arts di Richmond e proseguire nelle principali città americane) e attirando un vasto numero di visitatori. Questa esposizione contribuì al rafforzarsi dell’idea e dell’immagine del design scandinavo oltreoceano; immagine sostenuta anche da una grande “campagna stampa” portata avanti dai differenti quotidiani nazionali che si occupavano della mostra, presentavano i pezzi esposti ed aggiornavano sul grado di novità di quello che veniva presentato. Qui il design scandinavo è oramai arrivato oltreoceano, con il bagaglio di successi e fama, creatosi in Europa negli anni precedenti. All’idea di blocco unitario, si accompagna parallelamente anche quella che ogni nazione ha delle proprie caratteristiche uniche, che mette in evidenza all’interno del proprio design come punti di forza. Queste considerazioni emergono anche all’interno dei numerosi articoli che recensiscono l’esposizione americana. Un esempio può essere il pezzo del giornalista americano che nel 1954, scrive in merito all’esibizione: (traduzione della scrivente) : “I finlandesi sono persone vicine alla natura, e la loro cultura è profonda. Perfino i loro monumentali pezzi in gres sono pieni di sentimenti, primitivi, e allo stesso tempo raffinati […] La Norvegia, benchè stia ancora uscendo dagli effetti della guerra, ha una caratteristica vitalità. È una nazione di valli e paesi isolati, naturalmente, l’artigianato è un fattore importante nelle loro vite […] Gli Svedesi sono sofisticati, oggettivi, efficienti, sicuri di loro […] La Danimarca è una nazione esuberante – una                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

esibizione venne riconosciuta come la prima importante indicazione di quale livello le arti decorative nordiche ed industriali potevano raggiungere. La dimostrazione internazionale che qualcosa di nuovo stava per nascere, avvenne l’anno successivo, nel 1889 all’Esposizione Mondiale di Parigi. Anche qui le nazioni scandinave oltre alla loro partecipazione singola montarono anche una pura “esibizione nordica”, per rafforzare il senso comune, ispirarsi a vicenda e sottolineare le caratteristiche speciali di ogni nazione. Cfr. Widar Halén, Kerstin Wickman, Scandinavian

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terra in cui fantasia ed immaginazione si espandono e toccano tutto, e diventano gli elementi principali del design danese.”7. Ovviamente ad un nostro sguardo a posteriori, queste parole ci

sembrano in larga parte farcite di un sentimento “mitologico” del design scandinavo, che andrà a svilupparsi verso la fine di questa di grande popolarità di questo design. Ma all’epoca questo nuovo approccio al modo di guardare gli oggetti di design del quotidiano, rappresentava veramente qualcosa di nuovo ed assolutamente moderno.

Se “Design in Scandinavia”, rappresenta la prima vera e propria esposizione di design scandinavo negli Stati Uniti, non è di certo possibile dimenticare come il passaggio dal Nord all’Europa ad uno scenario internazionale Europeo, avvenne grazie alle Triennali di Milano, che in questo processo giocarono un ruolo chiave. La partecipazione dei paesi scandinavi alle differenti edizioni della Triennale di Milano furono senza dubbio molto importanti, non solo per mostrare quelle che erano le migliori produzioni ed i migliori designer di questi paesi che per la prima volta entravano sul serio in un circuito internazionale, ma anche per rendere gli stessi paesi scandinavi, coscienti della portata che una collaborazione tra loro poteva avere sul piano della presentazione del proprio design. Alla prima Triennale del dopoguerra, l’VIII, che ebbe luogo nel 1947, riuscì a parteciparvi solo la Svezia, ma già nell’edizione successiva che si tenne nel 1951 (IX Triennale) anche Danimarca e Finlandia riuscirono a prendervi parte. La Norvegia comparve per la prima volta nel 1954, all’interno della X edizione, e anche l’XI edizione del 1957 vide numerosi riconoscimenti attribuiti alle nazioni nordiche.

La loro popolarità era poi amplificata e diffusa, anche grazie ai numerosi articoli che venivano presentati sulle riviste specializzate nel corso di quegli anni; come “Domus”, “Interiors” o “House Beautiful”, solo per citarne alcune europee e non. Alla maggior parte del pubblico, i nuovi pezzi di design scandinavo che entravano non solo sul mercato, ma anche all’interno delle case del pubblico più raffinato, arrivavano infatti proprio attraverso la carta stampata. Una diffusione capillare, la cui promozione partiva dall’alto.

Com’è stato precedentemente accennato, la Scandinavia come entità politica e culturale, nasce alla fine del XIX ed era basata principalmente sulla visione esterna che si aveva di questa regione; l’idea di un’identità comune venne così interiorizzata da queste nazioni, e dai differenti movimenti artistici e decorativi presenti in esse. Queste società nazionali di design ed artigianato, che                                                                                                                

7 “The Finns are people close to nature, and their culture is profound. Even their rough monumental stoneware pieces

are full of feeling, primitive, and at the same time refined. […] Norway, though still digging out from the effects of war, has a characteristic vitality. It is a country of isolated towns and valleys, naturally, the folk arts are an important factor in all their lives. […] The Swedes are sophisticated, objective, efficient, sure of themselves. […] Denmark is a country of exuberance – a land where fantasy and imagination reach out and touch everything and are the chief ingredients od Danish design“ in Widar Halén, Kerstin Wickman, Scandinavian design beyond…,op.cit., pp. 7-8 e Marylin Hoffman, Senza titolo, in “Christian Science Monitor”, Boston, 9 luglio 1954.

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diventarono sempre più concrete nel secolo successivo, giocarono un ruolo primario nella definizione e nella costruzione delle diverse nazioni dal punto di vista della progettazione e del design degli oggetti8. Anche i differenti governi nazionali, giocarono la loro parte in questo processo di costruzione e diffusione del design scandinavo, andando a finanziare quelle che saranno poi le grandi case di design, la cui maggior parte sopravvive ancora oggi come Iittala9, Arabia, o Artek. A loro volta queste importanti aziende, finanzieranno concorsi nazionali, per incoraggiare i giovani artisti e designer a collaborare con le industrie10, in modo da mantenere sempre elevato lo standard degli oggetti, e garantire un adeguato grado di novità sempre aggiornate per il mercato. L’idea che la qualità della vita poteva essere migliorata attraverso la bellezza, la semplicità e la quotidianità degli oggetti di tutti i giorni, era alla base dei progetti di design scandinavo e delle differenti produzioni nazionali. Ancora oggi queste aziende ed i giovani designers, guardano a questa fase storica che viene definita come fase dell’oro del design scandinavo. Semplicità e chiarezza, rimangono ancora oggi le parole chiave di questo design; così come lo furono sessant’anni fa, nella fase che probabilmente rappresenta il punto di maggior successo complessivo di questo design. Va anche detto però, che non fu così immediata l’adesione delle classi politiche e dirigenti di questi paesi nordici, alla causa del design. Non sempre riuscirono a percepire subito, l’importanza di finanziare la partecipazione della nazione alle esposizioni come la Triennale. Forse si trattò anche di un sentimento d’inadeguatezza connesso al fatto che, rispetto ad altre nazioni europee, i paesi scandinavi erano un’entità più “giovane”, il che li rendeva titubanti in merito all’effettivo beneficio che si avrebbe avuto concretamente nel mettersi in gioco a dei livelli, che venivano ancora considerati troppo alti. Riprenderemo successivamente questo discorso attraverso l’esempio della partecipazione della Finlandia all’edizione della Triennale nel 1951.

I conseguenti successi a livello internazionale, portarono certamente il consolidamento della percezione del design scandinavo ideato e prodotto in queste nazioni, come blocco unitario (anche perché in più di un caso, furono le stesse nazioni scandinave a chiedere di esporre in maniera “accorpata”); ma servirono senza dubbio anche a far prendere fiducia alle nazioni stesse, a renderle maggiormente consapevoli del loro potenziale e delle loro tipicità. La loro produzione si proponeva agli occhi esterni, come qualcosa di radicalmente nuovo e vitale. La più importante esibizione                                                                                                                

8 Widar Halén, Kerstin Wickman, Scandinavian design beyond…, op. cit., p. 27.

9 Iittala è un esempio di azienda nazionale che svolse un ruolo chiave nell’incentivare la produzione e la diffusione, del

design scandinavo a livello internazionale. Fondata nel 1881, dallo svedese Petrus Magnus Abrahamsson, verrà poi acquistata da un finlandese che la fonderà con la vetreria Karhula. Il successo di Iittala nel corso degli anni Cinquanta, sarà soprattutto legato alle importanti collaborazioni che metterà in atto con i principali designer finlandesi, come Tapio Wirkkala, Alvar Aalto e Timo Sarpaneva, solo per citarne alcuni.

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Europea che unificò il milieu del design in Scandinavia11 fu la leggendaria esibizione “H55”, che si tenne ad Helsinborg in Svezia, dal 10 giugno al 20 agosto 1955; esibizione che univa contemporaneamente produzioni di design ed architettura. In quella occasione due grandi padiglioni di arti decorative erano stati allestiti dalle nazioni nordiche, Finlandia e Danimarca inoltre presentarono anche interi appartamenti arredati di Alvar Aalto e Artek e Finn Juhl e Börge Mogensen. Questa campagna di promozione, che ebbe il suo apice nel corso degli anni Cinquanta, vide anche la famosa esibizione “Formes Scandinaves”, che si tenne tra il 1958 ed il 1959 a Parigi. Ebbe anch’essa un enorme successo e venne molto ben recepita dalla critica, il Musée des Arts Decoratifs creò addirittura una sezione permanente dedicata alla Scandinavia. Qualcosa quindi si era messo in moto.

Le caratteristiche di fresca e sobria eleganza, semplicità di significati e chiara, pragmatica utilità, saranno elementi che continueranno ed essere utilizzati dai critici per descrivere queste forme. Questo successivo processo di promozione del design scandinavo su larga scala, in cui le nazioni nordiche si sono impegnate attivamente per portare comunque sempre avanti l’idea di un modo di fare design unitario e compatto, proseguirà praticamente fino ai giorni nostri. Oggi certamente percepiamo questa compattezza, ma allo stesso tempo siamo portati a tenere presente che in realtà sono Nazioni ben distinte le une dalle altre, con le proprie tradizioni, i propri miti, le differenti vicende politiche che nel corso della storia hanno portato al loro avvicinamento e all’intensa collaborazione. Anche la concezione della casa stessa, del vivere quotidiano e degli oggetti di tutti i giorni ad esempio, cambia a seconda se la si guarda dalla prospettiva svedese, a quella finlandese, … Questi differenti sentire di base, differenti interpretazioni del vivere, sono visibili nelle forme che vengono proposte dai designers delle differenti nazioni, e che certamente inizieranno con il tempo ad essere compresi in maniera ancora più chiara. Questo processo di comprensione profonda del design scandinavo, a mio avviso, può essere paragonato all’eliminazione di una patina superficiale, che rende non chiaro e non visibile al primo colpo, la reale complessità che ha invece, il fenomeno sottostante.

La concezione unitaria del design scandinavo, viene quindi utilizzata dalle nazioni interessate, come punto di forza; come carta attraverso la quale presentarsi al mondo. È quasi una sorta di ambiguità di base, utile alla causa, anche se si corre il rischio di celare quelle che sono le proprie caratteristiche intrinseche ed i propri punti di forza, per riuscire ad emergere e ad inserirsi in un discorso internazionale del design. Una volontà di portarsi a livello delle altre nazioni Europee, che avevano alle spalle sicuramente più esperienza in questo campo, o anche solo un sistema produttivo ed industriale più collaudato a cui affidarsi, come ad esempio Inghilterra e Germania. Solamente                                                                                                                

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poi da questo momento, prendere coscienza della possibilità di rappresentare autonomamente le proprie caratteristiche: non rinnegando il passato, ma nemmeno rimanendovi ancorati. Questa riflessione può essere riferita al percorso svolto nello specifico dal design finlandese, che spesso venne accusato da critici delle altre nazioni scandinave, di elitarismo, di una sorta di superiorità non nascosta, rispetto alle altre nazioni. Dal punto di vista delle esposizioni internazionali Europee, questo mal contento di Svezia, Danimarca e Norvegia nei confronti della Finlandia, verso la fine degli anni Cinquanta, venne notevolmente acuito dalla differenza di premi e plausi, che le nazioni scandinave ricevettero nelle differenti esibizioni a cui presero parte.

Secondo quanto sostenuto dallo storico inglese del design Kevin Davies12,il termine design scandinavo venne utilizzato per la prima volta in Inghilterra nel 1951, in merito ad un’esposizione proprio di queste nazioni, e da quel momento rimase in uso per indicare pezzi di design che provenivano da quest’area geografica. La definizione concettuale di queste nuove forme, nasce quindi in un paese anglosassone; ma verrà da subito adottata dai paesi scandinavi, quasi come una sorta di slogan, per indicare se stessi ed il loro design.

                                                                                                               

12 Ibidem, p. 15: “British design historian Kevin Davies has proven that the term Scandinavian design was launched in

England in 1951, when the Nordic Countries exhibite all together for the first time in a relatively modest ehibition, Scandinavia at Table, organised by the British Council of Industrial Design in London and running simultaneously with a commercial exhibition at Heal’s Department Store in London in 1951. It was called Scandinavian Design for Living and was the commercial counterpart of the exhibition Scandinavia at Table organised by the british Council of Design the same year. This was the first time the Nordic countries held a collaborative exhibition of industrially produced design and decorative arts outside the Nordic world.”.

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2.  Le  forme  naturali  nell’evoluzione  del  design  

scandinavo  

 

Una delle caratteristiche più evidenti del design scandinavo, che lo ha sempre reso così caratteristico ed immediatamente riconoscibile, è l’intrinseco e viscerale legame con la natura. Questo legame è presente in tutte le nazioni Scandinave, ognuna delle quali ha poi particolari punti di forza in relazione ad esso. L’elemento naturale, espresso attraverso le forme utilizzate ed i materiali, è l’essenza intima di questo design.

Questa connessione deriva ovviamente dalla speciale vicinanza alla natura: (traduzione della scrivente) “Gli Scandinavi posseggono generalmente un’intima comprensione della natura e proprio per questo, hanno uno sviluppato apprezzamento per le intrinseche qualità dei materiali grezzi (soprattutto quelli naturali). La lunga e ricca tradizione dell’artigianato popolare che è presente in tutte e cinque le Nazioni, dimostra non solo come il popolo scandinavo abbia un’empatia verso questi materiali, ma anche il loro desiderio di infondere gli oggetti della quotidianità di una bellezza naturale e senza pretese. Comparandola con il resto dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti, l’industrializzazione arrivò relativamente tardi in Scandinavia e pertanto le tradizioni manuali nazionali, rimasero in buono stato di conservazione.” 13.

Una speciale attitudine ai materiali di base, una capacità di mantenere vive le antiche tradizioni manuali, come la lavorazione del metallo, del legno o della ceramica, una natura circostante che ha sempre fornito i materiali su cui lavorare ma soprattutto le forme visive a cui ispirarsi; sono le caratteristiche di base, dal cui mix nascono le fondamenta di questo ramo del design. Altro spunto di analisi che non può essere sottovalutato, nel momento in cui si ricercano gli elementi di partenza di queste forme di design, è la concezione della casa: per secoli la “casa” è stato il punto centrale dell’esistenza dei popoli scandinavi. Mentre le popolazione delle nazioni a Sud, trascorrono la maggior parte del loro tempo al di fuori delle mura domestiche, le circostanze sono differenti nel Nord (traduzione della scrivente) :“ Even if the Scandinavian climate with its snowy winters, warm summers and changeable in-between weather is far from unpleasant, it follows quite naturally that the dwelling there is regarded not only as a place where one eats and sleeps but as a true frame                                                                                                                

13Fiell Charlotte & Peter, Scandinavian Design…, op. cit., p. 13: “Scandinavian generally possess an intimate

understanding of nature and because of this have a heightened appreciation of the intrinsic qualities of raw materials (especially local ones). The long and rich tradition of craftsmanship and folk art that have existed in all five countries demonstrate not only the Scandinavian people’s empathy for materials, but also their desire to infuse everyday objects with a natural, unpretentious beauty. In comparison to the rest of Western Europe and the United States, industrialization came relatively late to Scandinavia and therefore the handcraft traditions of each of the countries remained in a far better state of preservation”.

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around family life […] That’s why the house and its furnishings are are of special interest to everyone”14. Casa che offriva un riparo dalle difficili condizioni climatiche, e dalla natura stessa; casa come membrana avvolgente che teneva fuori la parte più forte e rigida della natura, ma che allo stesso tempo permetteva ad essa di penetrare all’interno delle mura domestiche15. Essendo inseriti in condizioni climatiche “particolari”, le risorse materiali erano ovviamente limitate, di difficile reperibilità; divenne quindi una vera e propria necessità utilizzarle nel modo più efficiente possibile. Le tecniche artigianali tradizionali, sono state mantenute vive e confluirono poi nelle diverse associazioni di crafts and design che nacquero in ognuna di queste nazioni nel corso dell’Ottocento, per incontrarsi successivamente, con la progettazione e la produzione industriale. Un’efficienza delle forme dettata da esigenze concrete, che ben presto si trasformò in funzionalità, praticità e semplicità: gli oggetti di tutti i giorni dovevano seguire queste linee guida, ma non per questo rinunciare alla bellezza che poteva nascere dalle loro forme. Si rifiutava la mediocrità e la banalità; la vita quotidiana poteva essere migliorata anche solo passando attraverso gli oggetti più comuni. Unendo a questi fattori le abilità tecniche e di lavorazione, sviluppate e mantenute vive attraverso l’artigianato locale nel corso dei secoli, il design scandinavo si caratterizza sotto molteplici aspetti, per una forte propensione verso la natura.

L’elemento naturale però non è visibile solo ed esclusivamente nei materiali che vengono scelti ed utilizzati per la produzione (primo fra tutti il legno); ma soprattutto elemento naturale come fonte di ispirazione per le forme stesse16. Natura come essenza concreta in quanto fornisce i materiali di

base su cui lavorare, ma anche motore di base che genera l’idea da cui nasce l’oggetto: il tangibile e l’intangibile si fondono insieme creando una perfetta unità. Il legno, che di sicuro era il materiale più facilmente reperibile, veniva lavorato ma molto spesso lasciato grezzo, non pre-trattato prima dell’inizio della lavorazione del materiale, oppure sottoposto all’azione degli agenti naturali, per ottenere effetti caratteristici che trasformavano direttamente il materiale, senza l’azione dell’uomo. La pietra veniva lavorata o resa lucida, le foglie con le loro linee semplici e pulite si trasformavano quasi per magia in motivi per tavoli, il ghiaccio con le sue venature diventava un’ispirazione per un vaso, oppure serie di bicchieri. Lo stesso paesaggio naturale, con le sue linee e modulazioni                                                                                                                

14 Ulf Hård af Segerstad, Scandinavian Design, Otava Publishing Co, Helsinki, 1961, p. 7. 15 Ibidem.

16 Ibidem, p. 16: “Certainly, patterns inspired by native flora and fauna have embellished the objects of everyday life for

centuries in Scandinavia, and its therefore not surprising that in the 20° the majority of scandinavian designers, from Alvar Aalto and Arne Jacobsen to Jens Quistgaard and Tapio Wirkkala, adopted forms inspired by the natural world rather than the machine, and is so doing pioneered the concept of organic Modernism.” , “Certamente i modelli inspirati dalla flora e dalla fauna locale hanno abbellito la vita di tutti i giorni in Scandinavia per secoli, non ci deve sorprendere quindi il fatto che nel 20° la maggior parte dei designer scandinavi, da Alvar Aalto e Arne Jacobsen fino a Jens Quistagaard e Tapio Wirkkala, adottarono forme ispirate al mondo naturale più che a quello della macchina, ed è così facendo che aprirono la strada al concetto di Modernismo organico.” (traduzione della scrivente).  

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diveniva un qualcosa a cui guardare per estrapolarne le forme, coglierne l’essenza e trasferirla negli oggetti della quotidianità (traduzione della scrivente) : “Il clima in Scandinavia – nove mesi di buio freddo invernale e tre brillanti mesi di gloriosa e abbondante estate- fece si che i designers cercarono ispirazione dai piaceri del mondo naturale così come dal concetto di casa calda ed accogliente”17. È proprio questa preponderanza della natura che rende queste produzioni così particolarmente riconoscibili, difficilmente inseribili in ambienti non creati con la stessa concezione, caratteristica però che ne decretò il successo nel corso degli anni. Ovviamente questo aspetto naturale non deve far dimenticare il fatto che nel corso degli anni Venti, ad esempio, venivano prodotti oggetti di design in cui l’elemento naturale era, senza dubbio, risorsa materiale e fonte di idee, ma veniva tenuta in considerazione anche la possibilità di produrre in serie industrialmente questi pezzi. Esemplificativa in questo senso può essere la produzione di Alvar Aalto18, che sotto questo aspetto può essere considerato un vero e proprio pioniere in merito al design scandinavo. Quando nel 1928 vince il concorso per la realizzazione del Sanatorio di Paimio, l’architetto/designer non progetta solo l’edificio, ma anche gli interni compresi di elementi d’arredo in cui l’attenzione non era rivolta solamente al paziente e all’aspetto umano (praticità, confort, ...) ma anche alla loro possibile produzione in serie a livello industriale. Produzione industriale che però non va mai ad eliminare in maniera totale, l’elemento naturale.

L’Artek19, fondata nel 1935, iniziò da subito a produrre e mettere sul mercato i pezzi disegnati da

Aalto, non più quindi solo oggetti connessi al progetto del Sanatorio ma aperti ad un mercato e ad un pubblico più ampio.

Non solo le forme quindi, ma anche la scelta dei materiali, come è logico che sia, viene influenzata da ciò che circonda i loro creatori, e la Scandinavia è totalmente immersa in un mondo in cui la natura si esprime con tratti decisi. La produzione dei vetri, insieme alla lavorazione del legno, sono quelle serie che ci permettono di vedere maggiormente come i designer scandinavi prendano

                                                                                                               

17 Ibidem, p. 12: “The climate in Scandinavia – nine months of dark wintry cold and three brilliant months of glorious

and abundant summer- had also meant that designers have sought inspiration as much from the delights of the natural world as from the concept of the warm cheerful home”.

18 Hugo Alvar Henrik Aalto (Kuortane 1898 – Helsinki 1976) è uno dei più celebrati architetti/designer finlandesi e

primo grande pioniere del Modernismo organico. Inventore della tecnica per piegare il compensato attraverso l’utilizzo del vapore, riuscì in questo modo, a partire dagli anni Trenta, a progettare alcune sedie dal design rivoluzionario. Questi pezzi diventarono simbolo di una direzione completamente nuova all’interno del design scandinavo. Questi oggetti confortevoli ma allo stesso tempo funzionali, segnalarono immediatamente all’avanguardia internazionale una nuova direzione in merito ai materiali (come appunto il compensato) e l’emergere di un nuovo vocabolario di forme più morbido ed a misura d’uomo.

19 L’azienda finlandese Artek fu fondata nel dicembre del1935 proprio da Alvar Aalto e da sua moglie Aino Aalto. I

fondatori scelsero per l’azienda un nome non finlandese, ma un neologismo, per rendere chiaro lo scopo con cui era nata: il desiderio di fondere insieme e di far convivere l’arte con la tecnologia.  

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l’elemento naturale, ed attraverso un processo mentale di elaborazione e successivamente manuale, lo trasformano in oggetto unico dal design inconfondibile.

Prendo ad esempio per mostrare questo passaggio due oggetti di design, realizzati da due designers diversi, ma che a mio avviso mostrano nella maniera più chiara ed efficace possibile, questo processo. Il primo è un piatto in legno laminato [fig. 1] ideato dal designer finlandese Tapio Wirkkala e realizzato da Martti Lindqvist nel 1951. Qui la fusione tra forma/materiale/natura è completa: un oggetto pratico e funzionale nella sua semplicità, semplicità che deriva da un elemento banale, come può esserlo una foglia di un qualsiasi albero intorno a noi. Forma che proviene dalla natura e che è realizzata grazie alla natura, ovvero attraverso l’utilizzo del legno (materiale facilmente reperibile in Finlandia). Tutto questo viene unito e convogliato nell’ideazione di un oggetto estremamente raffinato ma allo stesso tempo vitale; vitalità che deriva dalle nervature della foglia, dal colore del legno, dalle sue linee pulite eppure così espressive.

Questo pezzo di design nello specifico, che sarà esposto all’interno della sezione finlandese della Triennale di Milano nel 1951, verrà molto acclamato sia a livello nazionale che a livello internazionale. Oltre ad ottenere il Grand Prix alla Triennale, questo pezzo viene citato e presentato in numerose riviste di settore, sia italiane che straniere. La rivista americana “House Beautiful”, nel gennaio del 1952 all’interno dell’articolo The Most beautiful object of 195120 inserirà proprio questo piatto di Wirkkala come “the world’s most beautiful article” Questo ci può rendere anche l’idea non solo della portata del successo di questi pezzi di design attraverso le esposizioni, che partendo dall’Europa giungevano direttamente negli Stati Uniti; ma anche di come la carta stampata svolgesse un ruolo fondamentale all’interno dell’ambito della promozione del design, in questo caso ad un vero e proprio livello quasi mondiale.

Il secondo oggetto è invece un vaso del designer Timo Sarpaneva21, un vaso in cristallo chiamato

Orchid [fig. 2] ideato per Iittala nel 1953, descritto dal critico di design svedese Harri Kalha Ting

                                                                                                               

20The most beautiful object of 1951, in “House Beautiful”, gennaio 1952, pp. 66 – 67: “We wanted to see what eleven

European countries and United States would send as their best contemporary designs. This is, in our opinion, the best of the best. It came from Finland where it was designed and made by one of Finland’s top artists, Tapio Wirkkala […] You may call it a tray, or a piece of sculpture. It was carved out of a block of laminated hard woods, and reflects the growing trend among sculptors to fashion useful objects instead of ornaments. Here you see a form that is no static, geometrical shape but a symphony of movement”; “Volevamo vedere cosa undici nazioni europee e gli Stati Uniti avessero inviato come loro migliore design contemporaneo. Questo è, a nostra opinion, il meglio del meglio. Proviene dalla Finlandia dove venne progettato e realizzato da uno dei principali artisti finlandesi, tapio Wirkkala […] Puoi chiamarlo vassoio, o scultura. È stato intagliato da un blocco di compensato laminare, e riflettere la crescente tendenza tra gli scultori di creare oggetti di moda utili invece che ornamentali. Qui puoi vedere una forma che non è statica, una sagoma geometrica ma una sinfonia di movimento” (traduzione della scrivente – cfr. articolo in appendice).

21 Timo Sarpaneva (Helsinki 1926 – Helsinki 2006), fu designer e scultore finlandese, anch’esso contribuì in maniera

attiva a definire l’immagine del design scandinavo a livello internazionale. Realizzò principalmente oggetti di vetro, ma lavorò anche ceramica, metallo, tessuti e legno. Questa poliedricità di approcci ai materiali, è una delle caratteristiche

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med hål, ovvero cose con un buco nel mezzo. Questo perché più che avere le fattezze di un normale

vaso a cui si è generalmente abituati, è una forma allungata e cristallina, quasi uno spuntone di ghiaccio rovesciato, con un piccolo buco sul lato. Nel freddo Nord, è impossibile collezionare fiori in bouquet, ma basta una semplice apertura per svelare la funzione pratica dell’oggetto/vaso ma allo stesso tempo conferirgli un’essenza autonoma, di vera e propria opera d’arte. Anche in questo caso la natura ispira le forme scelte e la lavorazione del materiale, dove il cristallo diventa lucido e trasparente come una statua di ghiaccio o una goccia d’acqua, creando forme uniche nel loro genere. Anche questo pezzo di design avrà un particolare successo: presentato alla Triennale del 1954, sarà anch’esso eletto uno degli oggetti più importanti del 1954, dalla rivista statunitense “House Beautiful ” [fig. 4].

Questi sono solamente due degli innumerevoli esempi sia di oggetti della vita quotidiana, sia di differenti designer finlandesi e non, che possono essere presi in analisi per mostrare questa relazione natura/design che è linfa vitale del design Scandinavo. Acqua, ghiaccio, pietra, ma anche conchiglie, rami e intere vallate diventano un mondo da cui attingere per realizzare un universo di forme uniche mai proposte fino ad allora.

Nonostante la sua indiscussa autenticità però, il design scandinavo non deve essere considerato come una curiosità etnografica, poiché fu capace di adattare se stesso ai trend contemporanei diventando così parte del patrimonio visivo occidentale22. Com’è stato accennato nelle pagine precedenti, una volta apertosi lo scenario internazionale per queste forme di design, indipendentemente dalla loro origine basata sulla natura e sulle tecniche di lavorazione tradizionali, si inserirono comunque all’interno del circuito produttivo e di mercato. La natura ed i miti, a cui i designer scandinavi si ispiravano, sono gli elementi di base da cui partire per comprendere il perché di alcune scelte o di alcune particolari forme. Successivamente altri elementi entreranno in gioco; partendo dalla politica fino alla pubblicità; l’utilizzo della fotografia come mezzo per porre ancora più enfasi sugli aspetti mitici e mistici della natura generatrice di forme, ed esposizioni mirate a conquistare un mercato sempre più vasto.

Questa relazione con la natura però, come già più volte ripetuto, caratteristica vitale e basilare di questo design, ha portato a mio avviso anche alla creazione di alcuni luoghi comuni di difficile eliminazione sul design Scandinavo. È curioso infatti notare come alla fine della sua eroica fase di fama internazionale, sia subentrato un processo di “mitologizzazione” di queste forme, proprio in relazione al “mistico” legame con la natura. Processo da cui non è stata esclusa nemmeno la figura di un designer, come quella di Tapio Wirkkala. Non solo quindi l’oggetto in sé, ma anche l’idea                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

che ritroviamo più spesso nei designer scandinavi. Partecipò a differenti edizioni della Triennale di Milano, vincendo una Medaglia d’Argento e diversi Grand Prix.

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stessa e la mente che l’ha creata hanno subito questo processo. Quasi una riduzione di tutto ad un’idea di semplice derivazione dalla natura, rischia di banalizzare l’immagine del design Scandinavo, e sottovalutare quelli che sono i contributi dati ad esso dai differenti designer.

Una nuova chiave di lettura odierna, di queste forme di design potrebbe essere quella proposta dal critico Harri Kalha: “Instead of embarking on the truly monumental task of capturing an artist’s profoundity – of establishing a link between nature and art, reception and intention […] I proposte to outline a variety of links between representation, reception and ideology” 23 .

                                                                                                               

23 Kalha Harri, Myths and Mysteries of Finnish Design: Reading “Wirkkala” and the National Nature Paradigm, in

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3.  Il  design  finlandese  

 

All’interno di un più generale discorso sul design scandinavo e su quelle che sono le sue caratteristiche principali, vorrei focalizzare l’attenzione sulla produzione di design che nasce e si sviluppa in Finlandia; che sarà uno dei pilastri portanti del successo del design scandinavo nel corso degli anni Cinquanta su differenti livelli.

Dal punto di vista geografico la Finlandia è inserita completamente all’interno della penisola Scandinava, condividendone quindi la natura estrema con tutti i suoi pro ed i contro. Queste condizioni climatiche hanno, anche in questo caso, richiesto un particolare approccio alla risoluzione dei problemi, anche quelli più semplici; e impegnato nella ricerca e nella reperibilità dei materiali per la produzione artigianale. Con secoli di vita vicino, ed in stretta connessione con la terra, i finlandesi hanno sviluppato una relazione speciale con la natura: nel loro approccio al design questa connessione si manifesta in un rispetto per i materiali utilizzati ed una prevalenza di forme organiche24. Proprio per questa affinità con il mondo naturale, che nel corso degli anni ha subito un processo di profonda mistificazione, i prodotti di design finlandese sono spesso visti come la miglior espressione della vera anima del nord.

Spesso gli stessi designer finlandesi sono ricorsi a metafore con il mondo naturale, per provare a dare una spiegazione, dello spirito che permeava le loro opere. Tapio Wirkkala ad esempio: ” Prendi in mano un pezzo di ghiaccio e scoprirai la nostra cultura; la scoprirai in una pietra levigata dalle rapide, o nella sabbia modellata dalle onde ”25. Quello che si ritrova più volte all’interno di queste descrizioni, è la sensazione che sembra tipica dei finlandesi, di utilizzare gli elementi naturali e riferirli alle funzioni intellettuali umane, a considerarli primordiali ed eterni 26. Questo procedimento non può essere ancora una volta, semplicisticamente spiegato attraverso il fatto che i finlandesi, data la loro natura e la loro storia, hanno ancora oggi un rapporto primitivo con il mondo naturale. Bisogna pensare piuttosto, alla caratteristica tipica finlandese, di tradurre i valori naturali in valori letterari ed artistici, rafforzando così il sentimento di comunione che lega l’uomo alla natura e che alla fine è una delle caratteristiche basilari di questo design. Questa naturalità del design, è raggiunta anche attraverso lo sfruttamento delle proprietà intrinseche dei materiali utilizzati, come legno e vetro; se ne esaltano e sfruttano i colori, la materia, se ne seguono le forme; il tutto unito a tecniche di lavorazione altamente raffinate.

                                                                                                               

24 Fiell Charlotte & Peter, Scandinavian Design…, op. cit., p. 34.

25 Berengo Gardin Piero, Tapio Wirkkala, con un saggio di Pekka Suhonen, Electa Editrice, Milano 1984, p. 126. 26 Ibidem.

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Anche in questo caso le linee guida sulle quali si basa la progettazione, sono la ricerca di un perfetto bilanciamento tra la forma, la funzione ed il materiale utilizzato. Rimane anche qui, come elemento base di partenza la natura, i miti e le tradizioni locali, come il concetto di SISU che coincide generalmente con l’idea del “ciò che deve essere fatto va fatto ad ogni costo”; che può spiegare la determinata risolutezza nell’affrontare i limiti naturali e materiali per generare qualcosa di unico e di forte impatto. È altresì curioso notare come la celeberrima riservatezza dei finlandesi, si trasformi totalmente, utilizzando il design per creare oggetti di fortissimo impatto espressivo e presenza materiale. L’artisticità espressiva del design finlandese, che nel corso della sua storia è stato spesso criticato per un suo aspetto di anti – scandinavità elitaria, era in larga misura nato, sulla tradizione di lunga data di produrre squisiti pezzi unici in studio insieme ad una produzione più tradizionalmente democratica e di ampia diffusione27. Ancora oggi questa tradizione di produrre veri e propri pezzi d’arte esclusivi, è portata avanti da compagnie come Iittala o Arabia, che utilizzano questo processo come strumento per preservare e allo stesso tempo rinvigorire la tradizione.

Ovviamente la storia del design finlandese non ha inizio negli anni Cinquanta, anni che abbiamo già visto come vennero considerati la fase di maggior successo di queste forma, ma molto prima. Così come nelle altre nazioni scandinave le sue origini moderne si intrecciano con i cambiamenti politici, le diverse fasi del dopoguerra, i problemi della ricostruzione, andando indietro fino all’Ottocento all’industrializzazione tardiva di queste Nazioni e alle loro associazioni di Crafts and Design. La volontà di mantenere vive quelle che erano le tradizioni artigianali più antiche, coscienti che potevano essere un punto di partenza o comunque qualcosa che si percepiva come importante, da conservare, è un elemento fondamentale. La consapevolezza che questa produzione potesse trasformarsi poi in qualcosa di più che semplice artigianato, inizia ad emergere nel dopoguerra, in connessione con i problemi della ricostruzione, che di sicuro hanno portato nuovi stimoli a cui far fronte ma anche limiti entro cui rimanere. Durante i primi anni del Novecento, questa tensione interna del valorizzare se stessi in maniera autonoma, era fortemente sostenuta dal governo finlandese, che non pensava già in ottica espositiva internazionale, ma che mirava soprattutto al sostentamento della propria produzione. Bisogna inoltre ricordare, che l’indipendenza della Finlandia dalla Russia, avvenne proprio in questi anni: solamente il 6 dicembre 1917, la nazione riuscì a rendersi indipendente e a staccarsi dalle ingerenze sovietiche. Questa trasformazione politica e sociale, ebbe senza dubbio ripercussioni anche nel campo dell’industrial design e delle arti; era una nuova nazione indipendente che doveva “costruire” in maniera autonoma, la propria                                                                                                                

27 Fiell Charlotte & Peter, Scandinavian Design…, op.cit., p. 36: “The expressive artistry of Finnish design, which over

its history has occasionally been criticized for its un -Scandinavian elitism, was to a large extent born of the long – held tradition of producing exquisite one- off studio pieces alongside more democratic mainstream products”.

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immagine a livello internazionale europeo. Nel periodo che va fino alla prima guerra mondiale, il design finlandese continuò ad essere influenzato dai nuovi movimenti artistici che erano presenti in Europa. Fino agli anni Venti, l’artigianato stava pian piano entrando in contatto con la produzione industriale; iniziano ad essere organizzate le prime fiere nazionali del settore, che venivano tenute annualmente. Nuovi oggetti domestici, per la vita quotidiana, iniziano così ad apparire sul mercato; rappresentando lo sforzo del nuovo Stato, di creare una base concreta per la propria espansione, soprattutto in campo economico28. È datata 1920 la prima esposizione che sostituisce come concezione quelle passate; meno decorativismo e artigianalità e più industrializzazione e sguardo al mercato economico. Nel 1927 ci fu la prima esposizione completamente dedicata all’arredamento in Finlandia, si tenne ad Helsinki, ma non riscosse molto successo da parte della critica. Il livello dei prodotti esposti infatti non veniva ancora considerato sufficiente, sia dal punto di vista tecnico, che dal punto di vista artistico. Fu solo a partire dalla fine degli anni Venti, che avvenimenti più decisivi dal punto di vista di spinta all’ideazione e alla produzione, iniziarono ad accadere all’interno del design finlandese.

Nel 1933 ci fu la prima partecipazione della Finlandia alla Triennale di Milano: grazie anche al periodo post-bellico, e ad un rifiorito spirito nazionale, non ci furono problemi da parte delle istituzioni preposte a raccogliere i fondi necessari per far partecipare il paese ad un’esposizione di prestigioso livello internazionale. Più di cinquanta industrie locali vi presero parte per rappresentare il meglio della produzione nazionale finlandese. Il successo iniziò ad arrivare: la Finlandia fu seconda solamente alla Gran Bretagna, per il numero di medaglie ricevute29. Il ramo del design della produzione di oggetti per l’uso quotidiano però, non aveva subito la stessa accelerazione degli altri settori del design; come ad esempio, quello dei complementi d’arredo. La problematica di far convivere la tradizione artigianale della realizzazione a mano30, con i processi di industrializzazione, per realizzare oggetti dal design funzionale ma non banale, continuava a persistere in Finlandia. Fu nel corso degli anni Trenta, nel periodo che intercorse tra i due conflitti, che una nuova oggettività emerse all’interno delle arti applicate31. Usciti da una fase di recessione economica, i designer finlandesi avevano superato lo stallo degli anni Venti, in cui il primo conflitto mondiale e la necessità di definire la nuova identità nazionale, portarono ad una perdita di attenzione nei confronti                                                                                                                

28 Cfr. Brunn Erik, Kruskopf Erik, Sarpaneva Timo, Finnish Design – 1875/1975- 100 years of finnish crafts and design,

the OTAVA Publishing Co., Helsinki, 1975, p. 62: “More industrialized everyday goods did appear, however, in a number of manifestation of another type, also representing the efforts of the new state to create a basis for contiued expansion, above all in the economy…”.

29 Ibidem.

30 Ibidem, p. 70, perfino una personalità come Brummer, in merito a questa spinta verso l’industrializzazione delle arti

artigianali che aveva molti sostenitori, sosteneva l’importanza del lavoro manuale dell’uomo e del potere della creatività dell’uomo all’interno delle arti.

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del design degli oggetti quotidiani. Furono ancora una volta Alvar Aalto e Aino Aalto, i realizzatori di una serie di oggetti domestici in vetro poco costosi, destinati ad un ampio mercato, che potevano essere visti come una risposta all’austerità del difficile periodo economico ed aprire una nuova via per le generazioni future.

Come abbiamo precedentemente accennato, sarà la figura di Alvar Aalto a dare una sferzata di novità al design Scandinavo, e nello specifico al design finlandese. È lui che per la prima volta utilizza la connessione tra forme organiche e materiali naturali nei suoi rivoluzionari oggetti di design. Si rivela forse in questo modo, per la prima volta, la profonda affinità spirituale che i designer finlandesi hanno con il mondo naturale. I lavori di Aalto adottarono e richiamarono forme che si trovavano direttamente nel paesaggio naturale, come il famoso Savoy Vase (1936), processo che ritroveremo anche all’interno di designer a lui successivi, come ad esempio le creazioni in vetro di Tapio Wirkkala e Timo Sarpaneva. Questo pezzo di design, noto anche come Aalto Vase, fu creato appositamente come pezzo di una serie di arredi personalizzati, che Aalto venne chiamato a realizzare per il lussuoso ristorante Savoy, aperto a Helsinki nel 1937.

Il pezzo originale che incontra la natura e la tradizione: le forme flessuose infatti, furono ispirate dal vestito tradizionale di una donna Sami. I Sami, sono le popolazioni nomadi originarie della parte più settentrionale della penisola Scandinava; i loro abiti tradizionali erano pensati per difendersi dalle rigide temperature polari: abiti con ampie gonne di lana generalmente di colore blu o rosso, con ulteriori strati in pelliccia o pelli di renna usate come materiale isolante. Era quindi un vestiario caratterizzato dalle forme morbide ed ondulate, poste strato su strato. La creazione del prototipo iniziale non fu senza difficoltà, i primi prototipi vennero realizzati soffiando il vetro all’interno di una composizione di bastoncini di legno conficcati nel terreno, lasciando il vetro sciolto a gonfiarsi solo in alcuni punti e creando forme ondulate in altre. L’idea originale di utilizzare stampi composti da sottili lamine di acciaio chiuse a formare forme sinuose, dovette essere abbandonata. Le lamine di acciaio vennero così sostituite da una sorta di stampo in legno, che durante la lavorazione del vetro scompariva bruciando. Ancora oggi pezzi di design come questo, continuano ad essere prodotti da Iittala, a dimostrazione di come queste forme innovative e caratteristiche, continuino ad esercitare il proprio fascino.

Ma non furono solamente i pezzi dei più noti designer che stavano emergendo sulla scena nazionale e che si erano formati in Finlandia, a garantire il rapido sviluppo del design scandinavo, durante la prima metà del Novecento. Anche l’azione importante di personalità come Arttu Brummer, che consentirono alla Finlandia come nazione emergente, di inserirsi nei circuito delle esposizioni internazionali e di prendere coscienza di se stessa. Arrtu Brummer fu una figura dominante all’interno dell’ambito delle arti applicate finlandesi; quasi tutta la generazione di designers

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