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Due vite. Sin rumbo (1885) di E. Cambaceres e Una vita (1892) di I. Svevo: un'analisi comparativa

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(1)DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN LINGUE E LETTERATURE MODERNE EUROAMERICANE TESI DI LAUREA MAGISTRALE Due vite. Sin rumbo (1885) di E. Cambaceres e Una vita (1892) di I. Svevo: un’analisi comparativa. RELATORE Prof. Arrigo Stara CANDIDATA Marica Bassi CORRELATORE Dott.ssa Alessandra Ghezzani. ANNO ACCADEMICO 2013/2014.

(2) Alla mia famiglia. A Giordano. A chi vive nei miei ricordi. A me stessa..

(3) Indice Indice ............................................................................................................................. 1 Introduzione ................................................................................................................... 3 1. Il naturalismo in Europa ......................................................................................... 6 1.1.. Alcuni “ismi”letterari: naturalismo, verismo, realismo e regionalismo .......... 7. 1.2.. La nascita del pensiero positivo .................................................................... 18. 1.3.. Un nuovo modo di narrare il reale ................................................................ 22. 1.4.. Il fenomeno Zola ........................................................................................... 29. 1.5.. Il Romanzo sperimentale ............................................................................... 35. 1.6.. L’importanza della descrizione ..................................................................... 41. 1.7.. Il «Manifesto dei Cinque» e la morte del romanzo naturalista ..................... 45. 1.8.. I centri della «cultura scientifica» in Italia .................................................... 49. 1.9.. Il verismo....................................................................................................... 55. 2. Dal naturalismo europeo a quello extraeuropeo ................................................... 64 2.1.. L’Argentina alla fine dell’800 ....................................................................... 65. 2.2.. L’ambiente culturale e la Generación del 80 ................................................ 70. 2.3.. La ricezione del naturalismo in Argentina .................................................... 76. 3. La poetica della realtà in Sin rumbo ..................................................................... 85 3.1.. Eugenio Cambaceres e la critica di fine secolo ............................................. 86. 3.2.. Sin rumbo: genesi e progetto ......................................................................... 94. 1.

(4) 3.3.. Andrés e la dicotomia ciudad vs campo ..................................................... 101. 4. Un’esistenza destinata al fallimento: Una vita di I. Svevo.................................163 4.1.. Il primo romanzo di Svevo .......................................................................... 164. 4.2.. Alfonso Nitti fra due mondi ........................................................................ 171. 4.3.. Le tentazioni del femminile......................................................................... 198. Conclusioni: due esistenze mancate ..........................................................................215 Bibliografia ................................................................................................................223 Opere primarie ....................................................................................................... 223 Altre opere di E. Cambaceres ................................................................................ 223 Altre opere di I. Svevo ........................................................................................... 224 Altri testi primari ................................................................................................... 224 Opere critiche ........................................................................................................ 227 Opere critiche consultate online ............................................................................ 229 Dizionari ................................................................................................................ 231 Sitografia ............................................................................................................... 231. 2.

(5) Introduzione Il naturalismo è un movimento letterario che si afferma in Francia nell’ultimo trentennio del secolo XIX, per poi diffondersi in tutta Europa fino a raggiungere il Sud America. La nuova poetica nasce come sviluppo di una tendenza culturale antecedente, il realismo, avvalendosi dei metodi inaugurati dalla scienza moderna. Il naturalismo diventa così la manifestazione in arte dell’applicazione del pensiero positivo, il cui obiettivo è quello di descrivere la realtà coeva con lo stesso rigore usato dalle discipline scientifiche. Il romanziere naturalista diventa una sorta di «giudice istruttore» dell’agire umano: egli ha il compito di mettere in luce le piaghe sociali, lo stato di degrado in cui vivono le classi subalterne e le ingiustizie che esse si vedono condannate a subire. La strategia narrativa messa a punto è quella dell’impersonalità: il narratore scompare dietro la pagina per raccontare i fatti così come essi accadono nella vita reale, appropriandosi di un registro linguistico che si avvicina alla lingua parlata. Servendosi dell’approccio deterministico formulato da Hippolyte Taine, secondo il quale l’uomo è il risultato di tre fattori: razza, ambiente e momento storico, e dello sperimentalismo formulato da Claude Bernard, Zola pubblica nel 1880 Le Roman expérimental, trattato nel quale sono inseriti i principi base del naturalismo, in seguito ripresi parzialmente dal verismo italiano e dagli scrittori argentini della Generación del 80. L’obiettivo della tesi è stato non solo quello di rintracciare i tratti peculiari della nuova poetica presenti in due romanzi di spicco della letteratura. 3.

(6) mondiale, quali Sin rumbo di E. Cambaceres e Una vita di I. Svevo, ma soprattutto di mettere a confronto la tranche de vie dei due protagonisti travolti da un drammatico destino di morte. Andrés e Alfonso infatti incarnano il disagio dell’uomo contemporaneo sospeso tra due mondi agli antipodi, città e campagna, che a loro volta simbolizzano la tensione tra modernità e tradizione, alienazione e integrazione, presente e passato. Il lavoro di tesi è stato strutturato in quattro capitoli. Per quest’analisi comparativa è stato necessario affrontare un discorso generale e riassuntivo, relativamente alla diffusione della corrente del naturalismo di matrice francese, e alla sua ricezione in ambito ispanoamericano. Questi temi vengono trattati nei due capitoli iniziali. Il primo di essi tende a chiarificare una questione di tipo lessicale a proposito dei vari “ismi” letterari ˗«naturalismo», «verismo», «realismo», «regionalismo»˗ per far luce su una serie di possibili confusioni terminologiche. Quindi illustra la nascita della corrente naturalista, grazie all’influenza ricevuta dal positivismo che in questi anni tende ad orientare tutte le discipline umane, fino al suo tramonto con l’affermarsi delle prime avanguardie letterarie. Poi passa in rassegna il contesto italiano, in cui il verismo ha un’evoluzione simile a quella del naturalismo. L’inaugurazione del metodo verista si deve a Capuana, il quale individua quelli che saranno i capisaldi della nuova narrativa per la rappresentazione del mondo contadino e operaio. Il secondo capitolo apre una breve parentesi sulla questione politica dell’Argentina dalla fine della dittatura del caudillo Rosas ai governi successivi, fondati con l’obiettivo di instaurare una nazione libera ed autonoma. 4.

(7) Viene anche presentato l’ambiente culturale ispanoamericano che in quegli anni era animato dai dibattiti intellettuali della Generación del 80 sul naturalismo europeo. La terza e quarta sezione si concentrano sullo studio dei due romanzi oggetto di tesi: Sin rumbo (1885) di E. Cambaceres e Una vita (1892) di I. Svevo. Per Sin rumbo è stato necessario fornire qualche informazione utile circa il confronto tra Cambaceres e la critica del suo tempo, dal momento che tutte le sue opere manifestano un evidente legame con il modello francese. Successivamente si è passati allo studio del concetto di vita, intesa quale rappresentazione del reale, grazie alla figura di Andrés: un antieroe insoddisfatto, tediato, tormentato, per alcuni versi psicotico e per questo costretto a morire tragicamente. La stessa ambivalenza è rintracciabile anche nell’opera di Svevo: il percorso di Alfonso è caratterizzato da un continuo oscillare tra la chiassosa realtà urbana e la rassicurante atmosfera del villaggio natio, anche se a queste due dimensioni se ne aggiunge una terza, quella del sogno, in cui Nitti si rifugia e consola. Questa idea di precarietà ed instabilità, che domina in ambedue i romanzi, conduce i protagonisti ad una lucida scelta finale, quella del suicidio: gesto di mesto abbandono e di protesta che giunge a concludere un’insoddisfacente parabola esistenziale. Fraintendendo in ultimo la lezione del loro maestro Schopenhauer, i due eroi si illudono di sottrarsi per sempre a quella lotta per la sopravvivenza che li ha condannati ad essere due inetti alla vita.. 5.

(8) 1. Il naturalismo in Europa. 6.

(9) 1.1.. Alcuni “ismi”letterari: naturalismo, verismo, realismo e regionalismo. Espressioni comunemente usate dalla critica quali «naturalismo» e «verismo» hanno dato luogo a confusioni terminologiche; spesso si ritiene che queste parole abbiano il medesimo significato, dando vita con ciò a generalizzazioni frettolose ed erronee. Le immagini che risvegliano alla mente i due vocaboli risultano apparire oramai molto logore: minatori o pescatori che vivono in uno stato ancora primitivo, prostitute, bambini orfani e abbandonati a se stessi, lotte di classe, maltrattamenti, ingiustizie sociali, etc. L’elenco potrebbe continuare, mettendoci continuamente sotto gli occhi il quadro di una società che, avviandosi verso il processo di industrializzazione, si allontana dall’ormai vecchio impianto rurale e dal sostegno che essa riusciva ancora a dare ai bisogni del singolo. Pierluigi Pellini, nel suo attento studio dedicato alle due scuole letterarie, ha voluto sottolineare anche l’uso improprio che spesso viene fatto di formule quali: «verismo verghiano», «zoliano», «urbano» o «verismo rurale» che nel tempo si sono trasformati in schemi storico˗letterari generando equivoci e fraintendimenti1. Talvolta il realismo di Verga è stato introdotto in un filone letterario molto più ampio che la critica ha definito «regionalismo», nel quale si collocano scrittori quali Renato Fucini, Domenico Ciampoli o Amilcare Laurìa che hanno tentato di dare un tono folcloristico e locale ai loro romanzi dove ancora si. 1. P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 2.. 7.

(10) registra, scrive Pellini, “la nostalgia regressiva per la purezza del mondo contadino”2. Partendo da Zola e Verga, capiscuola indiscussi di modelli letterari imitati tanto in Europa come oltreoceano, vedremo che la loro opera non è monolitica ed uniforme: i due maestri vanno oltre quelle che possono essere definizioni talvolta azzardate e travisate. Sicuramente è difficile fare chiarezza tra tutti gli “ismiˮ che illustrano la grande letteratura di metà Ottocento, nella quale il mondo reale diviene l’unico oggetto di sperimentazione ed osservazione. Il termine «naturalismo» è stato usato nel tempo con molti significati che fanno riferimento a campi diversi dello scibile: dalla religione alla filosofia, dalla scienza alla letteratura, dall’etica all’estetica. Il secolo XIX è stato ricco di progressi nel campo delle scienze fisico˗matematiche e mediche, con altrettante innovative proposte teoriche e sperimentali che hanno allargato gli orizzonti della scienza, fino a determinare una forte influenza sulle discipline umanistiche (come la storia, la psicologia, la politica, la filosofia e la linguistica). A Taine compete la responsabilità maggiore dell’uso della parola «naturalismo»: facendo riferimento all’applicazione del metodo scientifico alla letteratura, egli definisce Balzac quale “scrittore naturalista”, dal momento fu proprio quest’ultimo a definire la sua Comédie humaine3 “una storia naturale dell’uomo”4. Il vocabolo in questione, nonostante esprimesse un concetto chiaro, una volta trapiantato in Italia venne fin troppo generalizzato o usato con imprecisione.. 2. Ivi, p. 14. Traduzione italiana Commedia umana, H. de Balzac, 1830˗‘56. 4 E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, pp. 7˗11. 3. 8.

(11) Alla luce di quanto esposto e nel tentativo di fare chiarezza, vengono in aiuto Philippe Hamon, W. Benn Micheals, R. Bigazzi ed E. Bacchereti, studiosi che hanno ridisegnato una mappa geografica e tematica di quelli che sono gli schemi tradizionali del romanzo naturalista5. Prima di intraprendere un discorso impegnativo e specifico sulla nascita e diffusione del naturalismo, l’influenza che ha avuto nel nostro paese e in ambito ispanoamericano, è necessario soffermarci su una questione terminologica e lessicale, tentando di definire queste mode letterarie, col proposito di fare chiarezza sull’argomento che svilupperò in seguito6. Secondo il suggerimento di Pellini, il termine «realismo» indica un tipo di narrativa ottocentesca le cui caratteristiche principali sono: presenza di una trama che si inserisce in un ambiente determinato e in un periodo storico preciso, descrizioni minuziose, mimesi della realtà sociale e culturale ed infine messa in scena di diversi punti di vista. Si tratta pertanto di un genere totalmente nuovo che si discosta nettamente dall’opera greca o latina, in cui la presenza di personaggi umili, ridicoli o miserabili poteva essere accettata solo nella commedia; ma non vi è più nemmeno traccia dell’astrattezza temporale e spaziale offerta dalla letteratura barocca. È dall’incontro tra storia e racconto che nasce il romanzo storico come prima manifestazione del realismo letterario, nel quale l’ambiente sociale e i fatti di cronaca si mescolano a situazioni frutto della fantasia dell’artista che ben si. 5. Cfr. P. Pellini, op. cit., p. 4. Nel lavoro che ho tentato di seguire mi sono avvalsa dell’aiuto non solo di testi critici come il già citato Naturalismo e Verismo di P. Pellini, che apre uno spaccato interessante su questa confusione e problematica terminologica, o l’opera di E. Bacchereti intitolata Il Naturalismo, ma anche di dizionari della lingua italiana, come il Grande dizionario della lingua italiana di S. Battaglia, il Dizionario etimologico curato da C. Battisti e G. Alessio, e il Dizionario etimologico della lingua italiana edito grazie alla collaborazione tra M. Cortellazzo e P. Zolli. 6. 9.

(12) coniugano alla rappresentazione della realtà. Questo genere di narrativa inizierà ad eclissarsi con l’esordio di Huysmans in Francia e di D’Annunzio in Italia, i quali apriranno le porte alla poetica del decadentismo7. Nel Dizionario etimologico la nozione di «realismo» è spiegata come “corrente che si prefigge una rappresentazione obiettiva della realtà”8. Battaglia, nel suo Dizionario della lingua italiana, spiega che per «realismo» si intende “la poetica letteraria che costituisce l’espressione più rappresentativa dell’Ottocento e il cui principio centrale è la definizione dell’arte come rappresentazione oggettiva della realtà esterna e sociale. Il realismo nasce in polemica con il soggettivismo romantico e tende a risolvere l’arte per lo più nel genere narrativo escludendo l’espressione individuale, lo slancio del sentimento, per rappresentare il racconto obiettivo di vicende e di personaggi nei quali il narratore tende a oggettivarsi e nascondersi dietro la penna, spersonalizzando il più possibile il suo discorso. Si tratta quindi di una semplicità nuda e schietta, di una crudezza nel linguaggio e nella scrittura che non cerca di attenuare gli aspetti sgradevoli della realtà, che al contrario vengono sottolineati con eccessivo compiacimento”9. Nel medesimo dizionario vengono riportate anche alcune riflessioni di autori e critici, come ad esempio quella di Arrighi che si espone in questi termini: “Dunque realismo! E realismo vuol dire ricerca di ciò che veramente succede, sia. 7. Cfr. P. Pellini, op. cit., pp. 5˗7. Dizionario etimologico, a cura di C. Battisti e G. Alessio, Firenze, G. Barbera Editore, 1975. 9 Grande dizionario della lingua italiana, a cura di S. Battaglia, Unione Tipografico˗Editrice Torinese, 1981. 8. 10.

(13) pur doloroso e brutto; vivisezione, fisiologia palpitante, studio della vita quale essa si mostra, senza rispetti umani e senza reticenze”10. Pasolini, invece, parla di un’epoca in cui vissero “poeti forse minori, così, meno ufficiali, ma quanto più ricchi e veri, questi Carducci, D’Annunzio, Pascoli e Verga ‘provinciali’ ritagliati su un terreno comune di realismo”11. Inoltre proprio intorno alla metà degli anni ‘50 dell’Ottocento un cenacolo di scrittori si raccolse attorno ad una rivista intitolata ‘Realisme’, fondata da Louis˗Émile Duranty e a cui collaborarono Champfleury e Gustave Courbet: tutti quanti puntavano ad uno studio diretto della realtà naturale e sociale12. Negli stessi anni va sviluppandosi anche la nozione di «naturalismo» che, come vedremo, accoglierà molti dei principi del realismo, ampliati poi dal proposito scientista di Zola. Secondo Pierluigi Pellini il «romanzo naturalista» si discosta totalmente dalla letteratura del primo Ottocento che vede sulla scena un eroe con cui il lettore si identifica e verso cui è mosso da un sentimento di simpatia; con una trama lineare e piena di colpi di scena, e un narratore onnisciente, il quale interviene spesso come voce fuori campo a giudicare l’azione dei suoi personaggi13. Con la pubblicazione di Madame Bovary (1857), Gustave Flaubert apre le porte al naturalismo, mentre L'Éducation sentimentale. 14. (1869) inaugura i capisaldi. della nuova poetica: impersonalità, costruzione circolare e presenza di un protagonista antieroe a cui è negata l’ascesa sociale. Per lo scrittore non si tratta 10. Ibidem. Ibidem. 12 E. Bacchereti, op. cit., p. 10. 13 P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 7. 14 Traduzione italiana L’Educazione sentimentale, G. Flaubert, 1869. 11. 11.

(14) solo di tradurre nella scrittura la propria visione della realtà, ma egli tende soprattutto a rappresentare il mondo esterno senza alcuna implicazione sentimentale, senza partecipare, senza giudicare, senza mai apparire15. Questi tratti distintivi verranno ampliati e teorizzati da Zola nel suo Le Roman expérimental16, volume teorico in cui si pone l’accento sull’importanza della descrizione come elemento funzionale alla trama e si allarga lo spettro tematico, includendo tutte le classi sociali, compreso il proletariato17. Quindi la proposta naturalista può essere estesa da Rosseau a Balzac, da Stendhal a Ibsen, passando per gli italiani Verga, De Roberto, Capuana e anche lo stesso Svevo con Una Vita. Nel Dizionario della lingua italiana (Battaglia) il «naturalismo» è definito come “poetica letteraria sviluppatasi soprattutto in Francia nella seconda metà del sec. XIX in dipendenza della filosofia positivistica: caratteristica principale è la volontà di ridurre l’opera d’arte al documento scientifico, secondo un procedimento che viene prospettato nel futuro come tensione dell’arte verso l’identificazione con la scienza. L’opera d’arte deve apparire come creatasi da sé, e l’autore deve calarsi completamente in essa, scomparendo nel ritmo stesso degli eventi narrati e dei personaggi rappresentati. I generi letterari si riducono a quello narrativo, romanzo o racconto, come il più adatto a riempirsi di precisi dati oggettivi e il più lontano dall’effusione lirica individuale”18.. 15. Cfr. M. Santoro, Civiltà letteraria italiana del XX secolo (1860˗1970), Felice Le Monnier, Firenze, 1973, p. 54. 16 Traduzione italiana Il Romanzo sperimentale, É. Zola, 1880. 17 Cfr. P. Pellini, op. cit., pp. 8˗9. 18 Ibidem.. 12.

(15) In questo vocabolario viene anche citato il pensiero di Capuana, il quale scrive: “in quel tempo era in gran moda il ‘verismo’ o ‘naturalismo’ che voglia dirsi, assai più che non adesso. Dovevo essere, pensavo, ‘verista naturalista’ anch’io, e osservare, studiare, dipingere minuziosamente la realtà”19. Mentre Svevo spiega che “nel suo tempo si pensava che il verismo italiano fosse stato in un primo tempo una filiazione del naturalismo francese da cui si è poi staccato assumendo delle forme originali solo in un secondo tempoˮ20. Battisti nel suo Dizionario illustra il «naturalismo» come “una tendenza letteraria prevalente in Francia, per cui si impongono all’arte i metodi e i fini della scienza”21. Infine, nel volume curato da Cortellazzo il lemma in questione indica una “teoria estetica secondo la quale un’opera d’arte è riuscita solo se si riproduce la realtà con massimo rigore”22. In ambito italiano il termine «verismo» designa un movimento poetico che si affermò a partire dal 1870, stimolato dal naturalismo di matrice francese23. Anche questa nuova moda si sviluppò dapprima nel campo pittorico per poi trasferirsi in quello delle lettere, e deve la sua nascita a colui che è riconosciuto quale teorico del movimento, cioè Luigi Capuana. Nel suo Teatro italiano contemporaneo (1872) è indicato il principio estetico fondamentale della poetica verista: l’essenziale rapporto tra arte e vita24.. 19. Ibidem. Ibidem. 21 Dizionario etimologico, a cura di C. Battisti e G. Alessio, Firenze, G. Barbera Editore, 1975. 22 Dizionario etimologico della lingua italiana, a cura di M. Cortellazzo e P. Zolli, Zanichelli, Bologna, 1985. 23 Cfr. M. Santoro, op. cit., p. 56. 24 Di primaria importanza per quella che è la teoria del verismo italiano di Capuana sono le opere: Studi sulla letteratura contemporanea (1880˗‘82), Per l’arte (1885), la “Prefazione” alla seconda edizione del romanzo Giacinta (1879) e Gli ismi contemporanei (1898). 20. 13.

(16) Sulla falsariga di quanto già detto per il termine «naturalismo», anche l’etichetta del «verismo» è stata impiegata in maniera ampia, a indicare cioè tutti quei romanzi italiani che si ispiravano a Flaubert e Zola o con riferimento a quelle opere che seguivano da vicino, lo stile di Verga e De Roberto e teorie di Capuana. Mentre quest’ultimo poggia la sua riflessione teorica su alcuni spunti tematici che gli offre il teatro borghese di Alexandre Dumas figlio e l’esperienza narrativa dei fratelli Goncourt, De Roberto studia con attenzione i testi francesi di Zola e Maupassant. È proprio Capuana a trapiantare in Italia le proposte del Roman expérimental, senza però essere visto come il maestro di Verga, dal quale riprende il metodo innovativo e rivoluzionario, recensendo opere come Vita dei campi e i Malavoglia, e riproponendo talvolta brani di lettere del collega siciliano25. Buona parte della critica odierna ha tentato di differenziare le nozioni di «naturalismo», «verismo» e «realismo», ponendo un limite tematico tra la proposta francese e quella italiana: parlando cioè di «naturalismo metropolitano» da una parte e di «verismo regionale o rurale» dall’altra26. Niente di più sbagliato. Non ci si può dimenticare di un romanzo di Zola come La terre27 (1887), ambientato in un villaggio contadino o de il ciclo de I Vinti di Verga, parallelo italiano dei Rougon˗Macquart, ma anche di romanzi rimasti incompiuti come La duchessa di Leyra e L’uomo di lusso (scritti col proposito di concludere la. 25. Si veda a tal proposito il carteggio tra i due dove Verga scrive al collega: “son lieto di vedere espresso così nettamente il mio pensiero”, in I. Gherarducci ed E. Ghidetti, Guida alla lettura di Verga, La Nuova Italia, San Giustino (Perugia), 1994, p. 116. 26 Cfr. P. Pellini, Naturalismo e Verismo, pp. 12˗3. 27 Traduzione italiana La terra, É. Zola, 1887.. 14.

(17) parabola dei «vinti») che avrebbero dovuto essere un chiaro ritratto dell’aristocrazia siciliana e dell’ambiente politico del tempo. In realtà, lo scarto tematico fra la proposta verghiana e quella zoliana deve essere ricercato nello sfondo socioculturale in cui sono immerse Italia e Francia: se qui l’inurbamento e il processo di industrializzazione sono precoci, nella nostra penisola si è ancora alle prese con l’unificazione nazionale. La vera differenza risiede nella scelta delle opzioni formali: il verismo dedica minore spazio alla descrizione, prediligendo le parti dialogate o l’indiretto libero, e riduce l’attenzione per l’elemento scientifico. Dunque per Verga fare un «romanzo verista» significa fare un romanzo impersonale. 28. che si presenti al. lettore come un “organismo vivente”29. Benedetto Croce nella Letteratura della Nuova Italia (1903) definisce il «verismo» “una moda riassuntiva dei vari aspetti di un movimento di storia dell’immaginazione affermatosi nella seconda metà dell’Ottocento a seguito delle nuove scoperte in ambito scientifico”. Russo, nella “Prefazione” alla prima serie dei Narratori (1923), nota come “il verismo sia stato nient’altro che uno sviluppo tematico di un più grande movimento chiamato Realismo e individuando come antesignano di tale soluzione letteraria proprio Manzoni”30. Il verismo non è solo e semplicemente “puro realismo”31, ma soprattutto un movimento letterario sviluppatosi in Italia alla fine del sec. XIX che, ispirandosi al naturalismo francese, propugnava una rappresentazione impersonale e 28. Nella “Prefazione” ai Malavoglia Verga ci indica quale sia il compito dell’artista˗verista: “egli deve trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà come è stata, o come avrebbe dovuto essere”, in E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, p. 76. 29 Ivi, p. 74. 30 Sia il passo dell’opera di B. Croce, Letteratura della Nuova Italia, che il breve estratto della “Prefazione” di Russo, sono citati da E. Bacchereti, op. cit., p. 66. 31 Dizionario etimologico, a cura di C. Battisti e G. Alessio, Firenze, G. Barbera Editore, 1975.. 15.

(18) obiettiva della realtà con particolare riferimento a quella delle classi popolari e rurali del Mezzogiorno32. Gramsci nel chiarire cosa sia il «verismo», a differenza delle altre correnti realistiche d’Europa, lo definisce “un modo di descrivere la ‘bestialità’ della così detta natura umana oppure rivolge la sua attenzione alla vita provinciale e regionale”33. Spesso il «regionalismo» viene erroneamente usato come sinonimo di «verismo». In realtà, i due termini fanno riferimento a fenomeni distinti: il regionalismo manifesta un’attenzione alla realtà locale con l’intento di rivendicare un’identità storico˗culturale e determinate specificità etnografiche, che nasce anche col proposito di denunciare la situazione di arretratezza del Meridione d’Italia34. Questa letteratura, alla quale è caro l’elemento folcloristico e i miti popolari, ben si differenzia dalla proposta verista di quegli anni. Nonostante ciò, due movimenti così simili nella forma e nel contenuto possono proporre le medesime formule stilistiche e tematiche senza che l’uno sia ridotto all’altro o che agli autori appartenenti alla cornice regionalista sia negata la possibilità di rientrare nell’ambito verista. In un numero della sua rivista ‘La critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia’ (1908), Benedetto Croce parla di «regionalismo» come “la tendenza a fare vedere, nel mondo teoretico o nel mondo pratico, le cose della propria regione, non per quel valore che veramente hanno, ma per un altro esagerato e falso, che arbitrariamente loro si attribuisce.. 32. Grande dizionario della lingua italiana, a cura di S. Battaglia, Unione Tipografico˗ Editrice Torinese, 1981. 33 Ibidem. 34 Cfr. P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 14.. 16.

(19) Come il regionalismo non si deve confondere con l’amore del natio loco, così non si deve con l’attivo occuparsi delle cose del proprio paese, della propria regione, della propria città, del proprio villaggio”35.. Dopo questo primo tentativo di chiarire le confusioni terminologiche che nascono in rapporto all’uso dei vocaboli brevemente illustrati, svilupperò un tipo di discorso che parte dal positivismo letterario, con la sua profonda influenza sul naturalismo francese, fino ai rapporti che quest’ultimo ha instaurato con l’ambiente letterario italiano e con un grande paese che a metà Ottocento era alla ricerca di un’identità nazionale: l’Argentina.. 35. B. Croce, ‘La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia’, 6 (III), 1908, disponibile a: http://www.fondazionebenedettocroce.it, p. 78.. 17.

(20) 1.2.. La nascita del pensiero positivo. Nell’Ottocento si assiste a un grande numero di scoperte nel campo della scienza, della medicina, in ambito fisico e chimico che, sommandosi alle rivoluzionarie innovazioni tecniche, accompagnano le fasi dello sviluppo industriale, determinando una forte influenza in ambito umanistico36. Nasce una «cultura scientifica», che mette in moto un nuovo modo di concepire le lettere, la filosofia e la storia. È l’epoca del cosiddetto «pensiero positivo», il cui proposito è quello di osservare analiticamente la realtà per studiare le cause che danno luogo a determinati fenomeni. Norberto Bobbio37 ha scritto che: “la filosofia positiva nasce come prima e ancor rozza coscienza della profonda trasformazione della società prodotta dalla rivoluzione industriale, da una rivoluzione che avrebbe sovvertito l’ordine costituito non sostituendo una classe politica ad un’altra, ma il dominio degli industriali e degli scienziati a quello dei politici e dei metafisici”38. Ad inaugurare il pensiero positivista è Auguste Comte: prima con il Cours de philosophie positive39(1830˗‘42), e poi col Discours sur l’esprit positif40 (1844). La sua dottrina filosofica è volta a trasformare profondamente l’andamento della storia europea del secolo XIX. Le formulazioni di Comte sono sostenute ed influenzate dalla lezione del socialismo di Saint˗Simon41 e condivise dal medico,. 36. Cfr. E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 7. Filosofo del diritto e storico della cultura italiana (Torino, 1909˗ibidem, 2004). È stato considerato uno dei massimi teorici e filosofi della politica. Tra le opere principali citiamo: L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e giuridica (1934), L'analogia nella logica del diritto (1938), La consuetudine come fatto normativo (1942), Politica e cultura (1955). 38 E. Bacchereti, op. cit., p. 8. 39 Traduzione italiana Corso di filosofia positiva, A. Comte, 1830˗‘42. 40 Traduzione italiana Discorso sullo spirito positivo, 1844. 41 Claude˗Henri de Rouvroy Saint˗Simon fu un pensatore e politico francese. Può essere considerato il fondatore del positivismo sociale, ossia di quella corrente filosofica che mira alla 37. 18.

(21) filosofo e filologo Émile Littré, direttore della rivista ‘Revue de philosophie positive’ nata nel 186742. Intanto in Inghilterra Herbert Spencer elabora il suo sistema filosofico nei dieci volumi del System of Synthetic Philosophy43 (1862˗‘96) in cui espone il concetto di positivismo: suggestionato dalle teorie darwiniane, egli assimila lo sviluppo della società umana a quello della vita biologica. Nel 1859, Charles Darwin, dopo un viaggio nelle isole del Pacifico, mette a punto ne On the Origin of Species by means of Natural Selection44, la sua teoria evoluzionistica, secondo la quale ogni specie animale ed umana è sottoposta ad una selezione naturale che garantisce la sopravvivenza in un mondo dominato dalla costante «lotta per la vita» (struggle of life)45. Con Hippolyte Taine l’opera del maestro Comte viene rielaborata e divulgata in tutta Europa a partire dal 1860, esercitando un influsso decisivo per la nascita del naturalismo e del verismo. Infatti, la costante attenzione di Taine verso i problemi dell’arte facilita il passaggio da un contesto filosofico ad uno letterario46. Nella Philosophie de l’art47 si avverte il personale tentativo di rendere scientifico lo studio della creazione artistica, intesa come espressione di una particolare eredità biologica e influenzata dal contesto storico e sociale48.. riorganizzazione della società su basi scientifico˗tecnocratiche. Tra le su opere possiamo segnalare: Lettre d’un habitant de Genève à ses contemporains (Lettera di un abitante di Ginevra ai suoi contemporanei, 1803), La nouvelle encyclopédie (La nuova enciclopedia, 1810) e Nouveau christianisme (Nuovo cristianesimo, postumo, 1825). 42 Cfr. P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, pp. 21˗2. 43 Traduzione italiana Sistema di filosofia sintetica, H. Spencer, 1862˗‘96. 44 Traduzione italiana Sull’origine della specie per mezzo della selezione naturale, C. Darwin, 1859. 45 Vedi nota 38. 46 P. Pellini, op. cit., p. 22. 47 Traduzione italiana Filosofia dell’arte, H. Taine, 1865. 48 Cfr. M. Pomilio, Dal Naturalismo al Verismo, Liguori Editore, Napoli, 1966, p. 36.. 19.

(22) Si tratta della teoria dei tre fattori determinanti: race, mileu e moment, ovvero razza, ambiente e momento storico. “Il metodo moderno ˗scrive Taine˗ che io cerco di seguire e che comincia ad essere prodotto in tutte le scienze morali, consiste nel considerare le opere umane, e in particolare le opere d’arte, come dei fatti e dei prodotti di cui occorre segnare i caratteri e cercare le cause: nient’altro”49. L’arte rappresenta per il filosofo l’imitazione da vicino del reale. Egli spiega che il fine primo di un’opera letteraria è quello di “trascrivere non l’aspetto sensibile degli esseri e degli avvenimenti, ma l’insieme dei loro rapporti e delle loro dipendenze, e la loro logica”50. In una parola: l’arte deve manifestare l’essenza delle cose. Il pensiero positivista di Taine non solo esercita una forte influenza sul naturalismo, ma orienta l’evoluzione estetica di Émile Zola. Quest’ultimo applicherà la teoria tainiana, secondo cui la realtà romanzesca non è frutto del genio individuale, bensì copia del contesto socio˗culturale e segno di uno stato spirituale51. Il romanzo naturalista è il primo che rivendica gli istinti e le pulsioni nascoste dell’essere umano, mettendone in evidenza la parte animale che la letteratura antecedente aveva rimosso e quella romantica deformato in maniera grottesca, come testimonia Thérèse Raquin52. Tramite l’influsso di Angelo De Meis, Capuana ˗da sempre designato quale teorico del verismo e padre spirituale di Verga˗ accoglie il sostrato filosofico promosso da Taine, mettendolo però in secondo piano.. 49. Ivi, p. 37. Ivi, p. 39. 51 Cfr. P. Pellini, op. cit., p. 23. 52 Traduzione italiana Teresa Raquin, É. Zola, 1867. 50. 20.

(23) Per lo scrittore il positivismo esercita una forte “influenza nel romanzo contemporaneo, ma solo nella forma, e tal’influenza si traduce nella perfetta impersonalità di quest’opera d’arte”53. Verga, invece, vede l’opera del maestro francese come il punto di partenza per fare della letteratura verista una ricostruzione intellettuale della realtà. La scienza che studia la natura e l’uomo, cercando di individuare il come e non il perché degli eventi che si verificano, diventa in questi anni la forza motrice e direttrice di tutte le discipline. Il positivismo e l’opera di Taine offrono una serie di spunti preziosi e necessari per dare forma ad un tipo di letteratura che assimila le proposte nate in ambito scientifico, fino a spingerle a conseguenze estreme ed elevandole ad uniche e affidabili tecniche di ricerca per lo studio del “documento umano”54. Se il pensiero tainiano, e di quanti lo accolsero, ebbe un’eco eccezionale tra gli scrittori dell’epoca, è pur vero che la nuova filosofia entra pian piano in concorrenza col pessimismo di Schopenhauer, a cui aderiscono Maupassant, Céard, Flaubert e lo stesso Zola, ma anche Verga e De Roberto. Volendo riprendere la formula coniata da Renè˗Pierre Colin, Schopenhauer è stato un vero e proprio «mito naturalista» capace di mettere in dubbio l’ottimismo e la fiducia positivista prefigurando una letteratura della crisi55.. 53. Si tratta di una riflessione espressa in un celebre passo della recensione de I Malavoglia, apparsa sulla ‘Fanfulla della domenica’ il 29 maggio del 1881, che Pellini riporta nel suo Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 39. 54 É. Zola, Il romanzo sperimentale, (titolo originale Le Roman expérimental), introduzione di E. Scolari, trad. a cura di I. Zaffagnini, Pratiche Editrice, Parma, 1980, p. 176. 55 Cfr. P. Pellini, op. cit., pp. 33˗4.. 21.

(24) 1.3.. Un nuovo modo di narrare il reale. Con la pubblicazione de L’Assomoir56 (1877) di Zola, il naturalismo si ufficializza come movimento d’avanguardia. L’opera suscita sin da subito una forte polemica tra gli ambienti culturali dell’epoca: per la prima volta vengono illustrate le condizioni di miseria del sottoproletariato urbano e soprattutto si risveglia il dibattito che si era acceso con l’uscita del primo romanzo del ciclo dei Rougon˗Macquart. Tra il pubblico dei lettori il libro è accolto con successo, tanto che il romanzo si trasforma subito in un caso letterario. L’Assomoir è visto dalla critica come una denuncia cruda e sfrontata e lo stesso Paul Lafargue, genero di Karl Marx, ne parlò come un testo che “fu assai favorevolmente accolto dai reazionari […] poiché erano felicissimi di vedere rappresentata la classe operaia, davanti a cui avevano tremato, sotto l’aspetto di disgustosi ubriachi”57. Diversamente, per il simbolista Mallarmè, Zola fu il creatore di un nuovo ideale, di un nuovo modello di romanzo che vuole riprodurre fedelmente degli scorci di realtà abitati da miserabili e sciagurati, col fine di sperimentare forme linguistiche innovative che siano il più vicino possibile al parlato popolare, coinvolgendo al tempo stesso anche i lettori borghesi, del tutto estranei a quel mondo rappresentato.. 56. Traduzione italiana L’ammazzatoio, É. Zola, 1877. E. Bacchereti riprende una frase citata nell’opera di L. Binni, Introduzione a É. Zola, La fortuna dei Rougon, in Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 21. 57. 22.

(25) La polemica su L’Assomoir dà il via ad una “battaglia letteraria”58 che Zola aveva intrapreso tempo addietro con la pubblicazione de La fortune des Rougon59. Questo perché il naturalismo, come tutte le avanguardie artistiche, nasce dal rifiuto delle convenzioni e degli stereotipi che hanno caratterizzato la letteratura romantica. Pertanto la nuova corrente si propone come negazione di tutto ciò che fino a quel momento era considerato la regola: rifiuta l’idealismo romantico, le astrazioni psicologiche ma anche l’irrazionalismo; rifiuta la rappresentazione idilliaca della realtà, il soprannaturale e perfino le deformazioni grottesche tanto care allo stile gotico60. Zola, in un articolo apparso nel 1866, parlando del nuovo metodo inaugurato da Hippolyte Taine, utilizza per la prima volta il termine naturalisme. Anche se è con Thérèse Raquin (1867) che il romanziere, volendo mettere a punto uno strano caso di fisiologia61, adotta la parola «naturalista» per designare “una poetica della sgradevole verità”62 che emerge dall’osservazione insistente, analitica e scientifica della realtà. Il termine venne impiegato qualche anno prima nel campo delle arti figurative in riferimento a un tipo di pittura en plein air capace di ritrarre sulla tela tutte le sfumature cromatiche e i dettagli di oggetti, persone e ambienti. Si inizia a parlare di «gruppo naturalista» solo qualche anno dopo, nel 1880, quando si dà alle stampe una raccolta di novelle dal titolo Les soirées de. 58. Cfr. P. Pellini, op. cit., p. 17. Traduzione italiana La fortuna dei Rougon, primo romanzo del famosissimo ciclo dei Rougon˗Macquart, É. Zola, 1871. 60 P. Pellini, op. cit., p. 60. 61 Introduzione a É. Zola, Thérèse Raquin, a cura di M. Lunetta, trad. di M. Grasso, Newton Compton Editori, 2010, p. 8. 62 E. Bacchereti, op. cit., p. 18. 59. 23.

(26) Médan63, frutto della collaborazione tra giovani e promettenti artisti: oltre a Zola vi è Guy de Maupassant, Paul Alexis, Léon Hennique, Henry Céard e Joris˗Karl Huysmans64. Il titolo è un omaggio alla casa di campagna di Zola dove era solito ospitare i suoi più cari amici e collaboratori65. Pare che intorno ad un tavolo di trattoria uno dei commensali, Hennique, proponesse ai cinque colleghi di riunire in un libro dei racconti ispirati ad uno stesso tema: la guerra franco˗prussiana del 1870. L’intento del gruppo era quello di manifestare la comune filosofia che li legava e che accomunava le loro diverse esperienze e tendenze letterarie66. L’iniziativa del giovane Hennique valeva come un impegno di denuncia e protesta dell’amara questione sociale. Il 1880 è l’anno della pubblicazione de Le Roman expérimental, volume teorico ispirato agli studi di medicina sperimentale del fisiologo francese Claude Bernard, in cui si rivendica al romanziere una dignità superiore a quella del poeta romantico67. A partire da questo momento, Zola viene insignito della nomina di «maestro» di un nuovo modello narrativo che vedrà il tramonto sul finire degli anni ‘80 con il «Manifeste des Cinq contre La Terre»68, apparso su ‘Le Figaro’ nell’estate del 1887.. 63. Traduzione italiana Le serate di Médan, miscellanea di racconti, 1880. Cfr. P. Pellini, op. cit., p. 15. 65 I racconti furono un totale di sei: Boule de suif (Palla di sego, 1880) di Maupassant che fu il primo ad aprire la raccolta. Seguirono quello di Huysmans, À rebours (Controcorrente, 1884), indimenticabile esempio di quella che sarà la poetica decadente, poi quelli di Céard, Alexis, Zola e in ultimo gli scritti di Hennique. 66 Cfr. E. Bacchereti, op. cit., p. 20. 67 P. Pellini, op. cit., p. 27. 68 Ovvero il «Manifesto dei cinque contro La terra» a cui partecipano Paul Bonnetain, J.˗H. Rosny, Lucien Descaves, Paul Margueritte e Gustave Guiches, i quali denunciano le presunte volgarità e l’immoralità del romanzo di Zola, condannando allo stesso tempo la moda naturalista. 64. 24.

(27) Tra gli acerrimi avversari c’è Gustave Flaubert che, esprimendo un certo disprezzo per il movimento letterario in questione, dichiarò: “Come è possibile cadere su parole prive di senso come questa: «Naturalismo»?”69. Il suo disaccordo diviene ancor più aspro quando in un saggio Zola lo riconosce quale antesignano della formula del romanzo moderno condensata nel capolavoro Madame Bovary70. Questo articolo su Flaubert è stato considerato l’autentico manifesto tecnico del romanzo zoliano71, e i cui punti essenziali sono: rifiuto del romanzesco, presenza di un antieroe e impersonalità narrativa. Per Flaubert “l’artista avrebbe dovuto essere nella sua opera invisibile ed onnipotente, come il Dio nella creazione”72; egli tenta di risolvere la questione del realismo letterario configurandola come un procedimento artistico che prevede un distacco oggettivo, una descrizione minuziosa dei dettagli e un metodo d’osservazione puntuale. Per lo scrittore non si tratta soltanto di tradurre la propria visione del reale, ma di rappresentarla senza che la sua presenza sia avvertita, il romanziere deve descrive il mondo esterno con l’impassibilità e imparzialità di un uomo di scienza73. Tutto ciò è smentito da Flaubert nella lettera a Mme Roger des Genettes, in cui facendo riferimento all’opera Madame Bovary, ammette “è infatti in odio al realismo che ho incominciato questo romanzo”74.. 69. F. Bertoni riporta alcuni passi del carteggio tra Flaubert e Maupassant del 2˗3 febbraio 1880 contenuti negli Extraits de la Correspondance, in Realismo e letteratura, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2007, p. 224. 70 Secondo Bertoni: “questo romanzo si configura come un prodigioso tour de force, il prodotto di una dura volontà, una sorta di partito preso estetico in cui manca tutto ciò che Flaubert desidera e ama”, ivi, p. 220. 71 Ivi, p. 225. 72 E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 11. 73 Cfr. M. Santoro, Civiltà letteraria italiana del XX secolo (1860˗1970), Felice Le Monnier, Firenze, 1973, p. 54. 74 F. Bertoni, op. cit., p. 221.. 25.

(28) In un’altra missiva indirizzata a Maupassant scrive: “non parlatemi del realismo, del naturalismo o dello sperimentale! Ne ho piene le scatole”75. Da ciò si intende quanto sia stato difficile per Zola costituire un gruppo di poeti e scrittori che condividessero i medesimi principi e che fossero spinti dagli stessi ideali. Nelle pagine del saggio su Balzac, apparso sul ‘Journal des débats’ nel 1858, Taine individua la sottile linea di confine tra i narratori realisti e coloro che invece preferiscono l’etichetta di naturalisti. Tra questi inserisce il collega e romanziere francese, la cui modalità narrativa presenta già degli aspetti che diverranno i punti cardine nella costituzione di un nuovo programma letterario76: determinismo, impianto ciclico del romanzo, immersione nel reale e metodo d’osservazione scientifico. Nonostante Taine riconosca a Balzac il merito di saper descrivere la realtà così come appare, lo trova “pesante, paurosamente e ostinatamente affogato nel suo letamaio scientifico”77. Secondo la lettura tainiana i germi della poetica naturalista sono già presenti nella raccolta balzachiana, ma hanno bisogno di acquisire una maggior concretezza e precisione a livello teorico: per raggiungerla, bisognerà attendere Zola. Lungi da identificare il naturalismo quale letteratura “miserabilista”78 dedita alla descrizione di ambienti squallidi abitati da proletari poveri e imbruttiti, di cui “gli imbecilli” fanno “la retorica della fogna”79, è da ammettere. 75. P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 64. Cfr. E. Bacchereti, op. cit., p. 12. 77 E. Bacchereti riporta un estratto del saggio di H. Taine, ‘Balzac’, in Il Naturalismo. Storia e testi, p. 14. 78 P. Pellini, op. cit., p. 43. 79 F. Bertoni cita Zola, in Realismo e letteratura, p. 229. 76. 26.

(29) che con la nuova scuola narrativa si ha definitivamente la soppressione del canone classicista, conferendo dignità artistica anche ad altri aspetti del reale. D’altronde Zola fa di tutto per mettere in moto l’equazione tra romanzo naturalista e contenuti ripugnanti e immorali: il suo è un «romanzo d’ambiente», in cui le azioni del singolo sono dettate da cause esterne, poiché vige la teoria del determinismo sociale. Tema caro a questo tipo di letteratura è quello proletario, totalmente assente ne La Comédie humaine di Balzac, incentrata sulla vita della classe borghese impiegatizia degli anni Trenta. A metà Ottocento esistevano solo due modi di rappresentare gli umili: quello di George Sand, dove prevalgono i toni idilliaci della vita di campagna, e quello socialista e melodrammatico di Eugène Sue che inaugura una moda letteraria incentrata sui «misteri» delle grandi metropoli d’Europa (Berlino, Londra, Parigi, etc.), diffusa anche in Italia80. È la Gérminie Lacerteux81 (1865) dei fratelli Goncourt ad anticipare alcuni principi che Zola farà propri. Il romanzo tratta della vicenda di una serva popolana e si presenta come uno “studio di un caso clinico, una patologia amorosa ai confini di una nevrosi isterica che avviluppa Gérminie”82. Più che di un’analisi scientifica sarebbe forse meglio parlare di un esperimento letterario: il narratore mantiene ancora la sua onniscienza conoscitiva che gli permette di spiare le azioni dei personaggi e anticipare i loro gesti e parole.. 80. Cfr. P. Pellini, op. cit., p. 44. Come nota Bacchereti: “di fatto, con questo romanzo, per la prima volta il quarto stato saliva alla ribalta come protagonista di un romanzo e non solo come comparsa, come era avvenuto nei primi grandi scrittori realistici del secolo […]. Scegliere quell’ambiente e quella protagonista (che tra l’altro è sì una popolana, ma che vive ai margini della società borghese […]) derivano da un bisogno di rappresentare il repellente e il patologico”, op. cit., p. 16. 82 Ivi, p. 15. 81. 27.

(30) Bisogna attendere il 1877 perché il movimento naturalista si affermi grazie alla pubblicazione de L’Assomoir, definito dal suo stesso autore “il primo romanzo sul popolo, che non mente e che ha l’odore del popolo”83, aprendo così le porte al tema proletario studiato con accuratezza e precisione scientifica. Il mondo degli umili parigini è rappresentato grazie ad un approccio stilistico rivoluzionario: Zola adegua la sintassi narrativa alla parlata popolare con un inserimento massiccio di termini tratti dall’argot parigino non solo nei dialoghi, ma anche nei brani narrativi. Inoltre il narratore non è più il deus ex˗machina che tutto controlla e conosce: egli si eclissa totalmente, lasciando spazio a figure di umili ed emarginati. Nelle pagine propagandistiche de Le Roman expérimental si enunciano i punti chiave della letteratura naturalista: “La composizione dell’opera consiste soltanto nella scelta delle scene e in un certo ordine armonico degli sviluppi. […] è la vita riprodotta esattamente in una cornice di fattura ammirevole. Qualsiasi invenzione straordinaria è dunque bandita dal romanzo naturalista. […] la bellezza dell’opera non sta più nell’ingigantimento di un personaggio, che cessa di essere un avaro, un goloso, […] essa sta nella verità indiscutibile del documento umano. […]. Il romanziere naturalista è il regista nascosto del dramma”84. Questi i tratti peculiari della poetica zoliana che delineano una strada maestra nell’espansione del naturalismo europeo e da cui Verga trae la formula perfetta per la rappresentazione dei Malavoglia85 (1881).. 83. P. Pellini riprende un passo della “Prefazione” contenuta ne Les Rougon˗Macquart, in Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 45. 84 Ivi, p. 63. 85 Cfr. R. Bigazzi, I colori del vero. Vent’anni di narrativa: 1860˗1880, Nistri˗Lischi, Pisa, 1978, pp. 405˗06.. 28.

(31) 1.4.. Il fenomeno Zola. In un paese in cui la cultura ufficiale continua a guardare al romanzo, nonostante il successo, come un genere minore86, il giovane Zola legge con entusiasmo le opere di Chateubriand, Scott, Balzac, Flaubert e i versi di Lamartine. Come ricorda lo scrittore: “A quell’epoca non andavamo a zonzo da soli, avevamo sempre qualche libro nelle tasche o nei carnieri da caccia.”87 Oltre alla letteratura, Zola si interessa anche di testi scientifici. È un amico di Aix ˗naturalista˗ che lo indirizzò verso queste letture, avviandolo alle nuove scoperte nel campo dell’ereditarietà88. L’inclinazione per il realismo fu precoce in Zola che proprio all’età di ventiquattro anni (siamo nel 1864), scrivendo una lettera ad un altro compagno, Valabrègue, ammette: “seppur la realtà esatta sia impossibile nell’opera d’arte, è comunque possibile distinguere tre diversi gradi di rappresentazione di essa: il primo è quello classico, che attenua i colori e mette in evidenza le linee; un secondo modo è quello romantico, che accentua i colori e le sfumature. L’ultimo grado è quello realista che riproduce fedelmente le immagini del mondo empirico”89. Questo suo forte senso del reale trova dopotutto un riscontro nell’ambiente culturale del tempo. Proprio dall’incontro tra questo temperamento artistico e la filosofia positivistica che si stava diffondendo in quegli anni, prende avvio il «fenomeno Zola»90.. 86. Cfr. M. Pomilio, Dal Naturalismo al Verismo, Liguori Editore, Napoli, 1966, p. 57. Introduzione a É. Zola, Thérèse Raquin, a cura di M. Lunetta, trad. di M. Grasso, Newton Compton Editori, 2010, p. 16. 88 Ibidem. 89 Cfr. M. Pomilio, op. cit., p. 44. 90 Ivi, p. 43. 87. 29.

(32) Il 1862 è un anno fortunato per l’intraprendente giovane: viene assunto come fattorino presso la casa editrice Hachette, e in poco tempo gli viene assegnato il ruolo di capo del servizio di pubblicità. Qui la lettura di Taine, Saint˗Beuve e Michelet diventa una preziosa spinta per far emergere un talento ancora nascosto91. Dopo un primo racconto autobiografico, sentimentale e nostalgico, Les grisettes de Provence92, intriso di sensibilità tardo romantica ispirata a De Musset, Zola intravede i germi della sua futura poetica sperimentale e naturalista nell’opera dei Goncourt, in particolare in Germinie Lacerteux, che egli stesso recensisce. Molta parte della critica sottolinea che l’opera dei Goncourt è in realtà intesa in modo idiosincratico da Zola: egli sottovalutò o assecondò l’estetismo e il pittoresco esotismo proposto dal romanzo. Il libro però, trattando di un tema scabroso e repellente, offre molti spunti al futuro caposcuola del naturalismo93. Dopotutto furono gli stessi autori di Germinie a chiedersi se “vivendo nel XIX secolo, in un’epoca di suffragio universale, di democrazia, di liberalismo, le cosiddette classi inferiori non avessero diritto al Romanzo”94. A partire da questo momento Zola fa la sua scelta nel campo della letteratura: scrivere per tutti, per il popolo, per la moltitudine e l’idea dell’ “opera schermo”95 è alla base del suo progetto estetico che ha inizio con Thérèse Raquin (1867), “cruda autopsia di un adulterio”96 che porta i due protagonisti˗amanti prima al tradimento, poi all’omicidio ed infine al suicidio.. 91. Vedi nota 87. Traduzione italiana Le sartine della Provenza, É. Zola. 93 Cfr. F. Bertoni, Realismo e letteratura, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2007, pp. 226˗27. 94 F. Bertoni riporta un passo della Préfaces et manifestes littéraires dei Gouncourt, ivi, p. 227. 95 Ivi, p. 232. 96 E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 19. 92. 30.

(33) Lo stesso Taine, in una lettera del 1868 a Zola, dichiara la sua ammirazione: “Voi avete scritto un’opera potente, piena d’immaginazione, di logica e ultramorale. Vi resta da farne un’altra che abbracci più oggetti e apra più orizzonti”97. Inoltre gli attribuisce molti meriti: innanzitutto la serietà dell’osservazione, la ricerca del vero e infine la conoscenza scientificamente approfondita dell’evoluzione psicologica che trasforma i caratteri98. La critica del tempo si esprime in termini del tutto contrari rispetto a quelli di Taine e per questo motivo Zola, nella “Prefazione” alla seconda edizione del testo (1868), si vede obbligato ad esporre la propria filosofia della composizione99: “In Thérèse Raquin ho voluto studiare dei temperamenti, non dei caratteri. In questo risiede la ragione d’essere del libro. Ho scelto dei personaggi completamente sopraffatti dai nervi e dal sangue, privi di libero arbitrio, spinti ad agire nella vita dalla fatalità della carne. […] mi sono limitato a compiere su due organismi viventi quel lavoro analitico che i chirurghi eseguono sui cadaveri”100. L’inclinazione verso la scrittura sperimentale, presente già in questo romanzo, spinge Zola a pubblicare il primo volume del ciclo dei Rougon˗Macquart. Histoire naturelle et sociale d'une famille sous le Second Empire101, La fortune des Rougon102 (1871).. 97. Ibidem. Ibidem. 99 Cfr. Introduzione a É. Zola, Thérèse Raquin, a cura di M. Lunetta, trad. di M. Grasso, Newton Compton editori, 2010, p. 10. 100 Ibidem. 101 Il titolo completo tradotto in italiano è I Rougon˗Macquart. Storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo Impero, É. Zola, 1871˗‘93. 102 Vedi nota 59. 98. 31.

(34) Questo orientamento sperimentalistico inizia con la scoperta di Darwin e la dottrina dell’ereditarietà, con la lettura del Traité de l'hérédité naturelle103 di Lucas e la Philosophie de l’art104 di Taine, ma fu Claude Bernard con l’Introduction à l'étude de la médecine expérimentale105 a influenzare Zola per la stesura de Le Roman expérimental. Contro qualsiasi visione metafisica, astratta, irrazionale, romantica, il romanziere˗sperimentatore ha il compito di “presentare un rendiconto esatto e minuzioso della vita e vuole trasformare il romanzo in un’indagine complessiva sulla natura e sull’uomo”106. Se il metodo sperimentale ha come obiettivo quello di indagare sulla vita fisica dell’uomo, l’opera naturalista deve condurre uno studio sulle passioni e gli impulsi umani, grazie a quello che è il principio fondamentale: uno stile impersonale, procedimento narrativo ereditato da Flaubert. La propaganda estetica viene portata avanti da Zola anche nei suoi successivi saggi critici raccolti sotto il titolo Les Romanciers naturalistes107 (1881), nei quali per la prima volta evita di distinguere gli scrittori realisti da quelli naturalisti, assimilando un’etichetta all’altra108. Les Romanciers naturalistes contiene sette scritti: uno su Balzac, due su Flaubert, uno su Stendhal, uno sui Goncourt, uno su Daudet e infine un saggio, il più. 103. Traduzione italiana Trattato sull’ereditarietà naturale, P. Lucas, 1847˗‘50. Vedi nota 47. 105 Traduzione italiana Un’introduzione allo studio della medicina sperimentale, C. Bernard, 1865. 106 É. Zola, “Prefazione” alla seconda edizione di Thérèse Raquin, in F. Bertoni, Realismo e letteratura, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2007, pp. 226˗27. 107 Titolo originale completo Les Romanciers naturalistes: Balzac, Stendhal, Gustave Flaubert, Edmond et Jules de Goncourt, Alphonse Daudet, les romanciers contemporains. Traduzione italiana I romanzieri naturalisti: Balzac, Stendhal, Gustave Flaubert, Edmond e Jules de Goncourt, Alphonse Daudet, i romanzieri contemporanei, É. Zola, 1881. 108 Cfr. M. Pomilio, Dal Naturalismo al Verismo, Liguori Editore, Napoli, 1966, p. 51. 104. 32.

(35) polemico, sui romanzieri non realisti del suo tempo, ‘Les romanciers contemporains’109. È proprio nell’articolo su Flaubert in cui sono contenuti i criteri base della poetica zoliana: naturalezza, impassibilità, impersonalità, descrizioni dettagliate e chiarezza espositiva. Già qualche anno prima, in un’intervista rilasciata ad Edmondo De Amicis e raccolta nei Ricordi di Parigi (1879), Zola aveva esposto il suo metodo di scrittura basato sull’osservazione diretta di ambienti e su appunti presi sul campo110: “Ecco come faccio il romanzo. Non lo faccio affatto. Lascio che si faccia da sè. Io non so inventare dei fatti; mi manca assolutamente questo genere di immaginazione. Se mi metto a tavolino per cercare un intreccio, una tela qualsiasi di romanzo, sto anche lì tre giorni a stillarmi il cervello, […]. Comincio a lavorare al mio romanzo, senza sapere né che avvenimenti vi si svolgeranno, né che personaggi vi avranno parte, nè quale sarà il principio e la fine. […]. Questa è la mia occupazione più importante: studiare la gente con cui questo personaggio avrà che fare, i luoghi in cui dovrà trovarsi, l’aria che dovrà respirare, la sua professione, le sue abitudini, fin le più insignificanti occupazioni a cui dedicherà i ritagli della sua giornata. […]. Dopo due o tre mesi di questo studio, mi sono impadronito di quella maniera di vita: la vedo, la sento, la vivo nella mia testa, per modo che son sicuro di dare al mio romanzo il colore e il profumo proprio di quel mondo”111 .. 109. Traduzione italiana ‘I romanzieri contemporanei’, É. Zola, 1881. Cfr. P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 49. 111 E. De Amicis, Ricordi di Parigi, disponibile a: http://www.e-text.it/, prima edizione elettronica del 22 aprile 2005, pp. 162˗63. 110. 33.

(36) L’indagine naturalista di Zola si muove su terreni diversi rispetto a quella di Flaubert. Mentre questi rimane proverbiale per il suo scrupolo di precisione erudita: studia la storia antica per scrivere Salammbô112 e legge millecinquecento opere specialistiche per scrivere Bouvard et Pécuchet113, Zola invece indaga direttamente sul campo: scende nel pozzo di una miniera a Anzin per il suo Germinal114, mentre per La Bête humaine115 percorre il tragitto da Parigi a Mantes116. Nel descrivere il più fedelmente possibile la realtà urbana e suburbana francese, è soprattutto lo stile ad assolvere una funzione significativa: Zola adotta una lingua letteraria che si appropria di termini appartenenti al gergo popolare. Egli mira ad una forma semplice che sia espressione diretta del sentire artistico. La proposta linguistica di Zola ha grande eco anche in Italia, dove proprio in quegli anni si avvia un processo di ammodernamento della lingua ufficiale successivo all’unificazione statale. Anche il critico Francesco De Sanctis è pronto a promuovere una lingua vicina al parlato, accessibile a tutti e soprattutto rinnovata, e come lui, molti scrittori italiani recepiscono ed accolgono l’insegnamento lanciato da Zola117.. 112. Traduzione italiana Salmbò, G. Flaubert, 1862. Traduzione italiana Bouvard e Pécuchet, 1881. 114 Traduzione italiana Germinale, É. Zola, 1885. 115 Traduzione italiana La bestia umana, 1890. 116 P. Pellini, op. cit., p. 50. 117 Cfr. ivi, pp. 59˗60. 113. 34.

(37) 1.5.. Il Romanzo sperimentale. Le Roman expérimental (1880) vede la luce quando i Rougon˗Macquart sono a metà ciclo e il naturalismo è già ampiamente diffuso. Sebbene si tratti, per definizione, di un trattato accademico˗letterario, in cui la formula sperimentale e il modello medico di Bernard consentono a Zola di rivendicare “al romanziere una dignità superiore, per utilità e attendibilità ermeneutica, a quella del vate romantico”118, anche l’intento politico è presente in uno scrittore e parlamentare francese che non manca mai di partecipare ai problemi sociali e di esprimersi di fronte a scandali politici come l’Affaire Dreyfus119. Zola vuole affidare alla scienza un ruolo attivo, capace di indirizzare la società verso il progresso e il cambiamento. Il compito del romanziere˗scienziato è al tempo stesso etico e civile, poiché egli si impone il dovere di scoprire la verità delle cose e la natura dell’uomo con l’aiuto degli strumenti del medico e del fisiologo. Con estremo rigore, egli sarà capace di montare e smontare la macchina umana per farla funzionare sotto l’influenza dei vari ambienti e, una volta conosciute le leggi e i fenomeni che governano la vita passionale e razionale, spingere la classe politica ad intervenire per ottenere una società migliore120.. 118. P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 27. Si trattò di un clamoroso caso politico˗giudiziario avvenuto nel 1894 nella Francia della Terza Repubblica. La vicenda vide protagonista un ufficiale di origine ebraica impiegato presso il ministero della Guerra, Alfred Dreyfus, accusato di spionaggio a favore dell’Impero Tedesco. L’uomo venne prima processato e poi degradato e condannato ai lavori forzati nell’isola del Diavolo (Caienna). 120 Cfr. E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 26. 119. 35.

(38) Il lavoro del romanziere naturalista ha allora come obiettivo quello di “mostrare il meccanismo che regola le azioni utili e quelle dannose, mettere in luce il determinismo dei fenomeni umani e sociali, perché un giorno possano essere controllati e diretti”121. Ciò significa che l’artista˗scienziato può intervenire sui fatti che prende dalla realtà modificando circostanze ed ambienti 122. È ovvio che non. si. avrà. mai. una. conferma. certa. che. garantisca. l’attendibilità. dell’esperimento, ma nonostante ciò l’intenzione di Zola e la sua applicazione al romanzo è davvero interessante. Zola scopre e propone un connubio che si rivelerà eccezionale: quello cioè tra filosofia positivistica e arte. “Noi scrittori naturalisti –scrive˗ sottoponiamo ogni fatto all’osservazione ed all’esperimento, mentre gli scrittori idealisti ammettono forze misteriose che sfuggono all’investigazione e perciò restano ignote, al di fuori delle leggi della natura. […] l’osservatore e lo sperimentatore sono i soli a lavorare per la potenza e la felicità dell’uomo, rendendolo poco a poco padrone della natura”123. Nel capitolo che riporta l’omonimo titolo dell’opera, l’autore spiega il metodo scientifico˗medico di Claude Bernard, introducendo la nozione di «determinismo» a cui è strettamente legata quella di «causa prossima»: “Egli (cioè Bernard) chiama determinismo la causa che determina l’insorgere dei fenomeni. Questa causa prossima, così la definisce, non è se non la condizione fisica e materiale dell’esistere e del manifestarsi dei fenomeni”124.. 121. É. Zola. Il romanzo sperimentale, (titolo originale: Le Roman expérimental ), introduzione di E. Scolari, trad. a cura di I. Zaffagnini, Pratiche Editrice, Parma, 1980, p. 21. 122 Vedi nota 118. 123 É. Zola, op. cit., p. 25. 124 Ivi, p. 4.. 36.

(39) Il metodo promosso da Bernard serve per individuare le relazioni che collegano il manifestarsi di un evento alla sua causa o per determinare le condizioni necessarie che hanno dato luce ad un fatto. Zola specifica che la dottrina sperimentale è l’unica via che si possa percorrere per intendere il vero obiettivo del naturalismo: ricercare una verità che sia dimostrabile. Partendo proprio dalla lettura che Bernard fa dei concetti di «osservatore», come “colui che applica metodi di ricerca semplici allo studio dei fenomeni senza alterarli” e «sperimentatore», come chi “adopera metodi di ricerca semplici per alterare i fenomeni naturali”125, Zola crea una sorta di leitmotiv ricorrente nella letteratura di questi anni, chiarendo che “il romanziere è insieme un «osservatore» ed uno «sperimentatore» nel campo del romanzo. L’«osservatore» […] sceglie il terreno concreto sul quale si muoveranno i personaggi e si produrranno i fenomeni, […]. Lo «sperimentatore» impianta l’esperimento, cioè fa muovere i personaggi in una storia particolare”126. Il nuovo romanziere allora non è solo uno scrutatore impassibile, ma interviene direttamente sul mondo che ha rappresentato per mostrare il funzionamento dei meccanismi interni ad esso, dal momento che «l’osservazione rivela e l’esperimento insegna». Solo così si avrà completa conoscenza del mondo individuale e colletivo, essendo lo scrittore sperimentale “giudice istruttore degli uomini e delle loro passioni”127 e non uno sterile fotografo. Zola stesso è convinto “di fare il lavoro di un commissario di polizia che da qualche indizio voglia riuscire a scoprire gli autori. 125. Ivi, p. 6. Ivi, p. 7. 127 Ivi, p. 9. 126. 37.

(40) d’un delitto misterioso”128. I moderni romanzieri devono preparare un esperimento letterario che riveli una verità assoluta e inconfutabile. Mentre il chimico o il medico possono verificare nella pratica gli effetti dei loro studi o delle loro cure, lo scrittore potrà fare solo ipotesi e congetture senza mai avere una prova empirica. Quest’ultimo deve “sostituire i romanzi di pura immaginazione con i romanzi di osservazione e di esperimento. […] deve operare sui caratteri, sulle passioni, sui fatti umani e sociali come il fisico ed il chimico operano sui corpi umani”129.. Volendo riassumere il concetto di «romanzo sperimentale» potremmo dire che si tratta di una letteratura figlia dell’era scientifica che sostituisce all’uomo metafisico l’uomo determinato sia dalle leggi naturali sia dal mileu sociale, perché la macchina umana reagisce e funziona in maniera diversa con il variare dell’ambiente circostante. È chiaro che non si tratta di lavorare su risultati sicuri, dato che nel campo delle scienze umane dominano ancora confusione ed incertezza, ma di impadronirsi di un metodo che consente di procedere oltre, alla conquista della verità130. Zola rifiuta l’accusa di essere un semplice «fotografo del reale», e pur vestendo i panni del ricercatore imparziale, certamente non manca di genialità ed invenzione: per far sì che un dato fenomeno avvenga, che una passione si scateni,. 128. E. De Amicis, op. cit., p. 165. É. Zola, op. cit., p. 13. 130 Cfr. E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 28. 129. 38.

(41) che un dramma si compia, sta allo scrittore “preparare e orientare i fenomeni per mettere in evidenza la concatenazione causale”131. Sebbene Zola riconosca a Claude Bernard il merito di aver dato l’impulso per la nascita della letteratura sperimentale, non condivide l’opinione che il collega ha dell’arte: “Colgo qui in uno degli scienziati più illustri un bisogno di negare alle lettere l’ingresso nel territorio della scienza. Non so di quali lettere parli quando definisce un’opera letteraria ‘una libera creazione della mente’ ”132. Per Zola il vero compito del nuovo letterato è quello di porsi di fronte alla realtà con le stesse intenzioni di uno scienziato che deve osservare, analizzare ed infine verificare l’esattezza e l’attendibilità delle ipotesi formulate in principio. La sostanziale differenza tra scrittore romantico e romanziere sperimentale sta nei tre criteri base che Zola stesso definisce il “tripode perenne: sentimento, ragione ed esperimento”133. Pertanto, nella ricerca della verità, se il sentimento conduce lo scrittore all’idea o all’intuizione, la logica lo porta a trovare le conseguenze di quanto ha ipotizzato. Quindi il romanziere non è solo dotato di immaginazione ma ha soprattutto la capacità di “costruire creature vive che rappresentano davanti ai lettori la commedia umana”134. In una parola egli ha il «senso del reale», che per lui equivale ad avere «senso della vita». Ecco allora il «documento umano» a cui allude Zola: un mondo abitato da uomini il cui andamento esistenziale non è dominato da forze misteriose ed incontrollabili, da eventi inspiegabili o da sentimenti colmi di lirismo romantico. 131. É. Zola, Il romanzo sperimentale, p. 9. Ivi, p. 33. 133 Ivi, p. 23. 134 Ivi, p. 140. 132. 39.

(42) che poco si adattano alla rappresentazione della vita vera. Non si devono scegliere porzioni del reale, ma quest’ultimo deve prestarsi alla penna del romanziere in tutte le sue sfaccettature. Ciò significa che il romanziere naturalista deve riproporre il mondo così com’è tramite un metodo “d’espressione personale”135 che coniuga la realtà della scena con la personalità dello scrittore. Zola è il primo ad instaurare il rapporto tra arte e scienza che caratterizza i dibattiti letterari di questi anni, anche quelli degli ambienti italiani che vedono la presenza di De Sanctis, Capuana, Verga, De Roberto e perfino di Pirandello. Una volta uscita dai confini francesi, l’applicazione della formula sperimentale inizia a perdere la sua rigidità e chiarezza che sembravano essere perfettamente delineate per il progetto del nuovo romanzo moderno136.. 135. Secondo l’opinione di Zola: “Il fascino di Daudet deriva dal sapore originale che conferisce ad ogni pezzetto di frase. Non può raccontare un fatto, presentare un personaggio senza calarsi tutto intero in quel fatto o in quel personaggio, […]. È un incantatore, uno di quei narratori meridionali che recitano quel che narrano, con gesti che creano e una voce che evoca”, Il romanzo sperimentale, (titolo originale: Le Roman expérimental ), pp. 146˗47. 136 Cfr. E. Bacchereti, op. cit., p. 32.. 40.

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