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2. Dal naturalismo europeo a quello extraeuropeo

2.1. L’Argentina alla fine dell’800

Non è qui il caso di affrontare un discorso dettagliato sul contesto storico e culturale dell’Argentina di fine secolo XIX. È comunque necessario fornire le informazioni indispensabili per comprendere quale sia stata l’evoluzione di una paese che, dopo aver vissuto un ventennio sotto un regime autoritario, si mosse alla ricerca di un’identità nazionale.

All’indomani della lunga dittatura del caudillo (dittatore) Rosas, terminata con la battaglia di Monte Caseros nel ‘52, l’Argentina subì continui cambiamenti dal punto di vista politico e sociale.

Il governo venne assegnato a Justo José Urquiza, nel febbraio del ‘54. Con la formazione della Confederazione Argentina, di cui il nuovo presidente fu nominato Direttore, si gettarono le basi per l’instaurazione di una nazione liberale e indipendente.

La relazione tra il nuovo ente costituito e la Provincia di Buenos Aires si rivelò immediatamente instabile: infatti, già a partire dal 1852 quest’ultima proclamò la secessione dalla Confederazione, adottando una costituzione propria. Ebbero luogo così una serie di lotte civili, fino a che Buenos Aires tornò ad affermare la propria autonomia grazie alla vittoria riportata nella battaglia di Pavón, avvenuta nel ‘61.

Quando il potere passò nelle mani di Bartolomé Mitre, (1862˗‘68), la coalizione cessò di esistere. Il progetto politico di costituire un governo provvisorio che si imponesse anche sulle altre province del paese, venne poi portato avanti da Domingo Faustino Sarmiento, eletto nel 1868.

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“De hecho, ˗osserva J. P. Spicer˗Escalante˗ sus rispectivas presidencias, (in riferimento a Mitre e Sarmiento), sirven de base para el progreso liberal cuyo fructo se ve con nitidez, en términos de la prosperidad económica, en la formación política de la Argentina”221.

Entrambi i governi raggiunsero notevoli traguardi che avviarono la nazione verso un processo di ammodernamento.

Accanto a queste proposte di miglioramento vi fu una questione che diventò cruciale in questi anni di rapida trasformazione: l’immigrazione. La maggior parte del flusso migratorio proveniva dall’Europa: una grande percentuale era rappresentata da italiani e spagnoli.

Per la classe politica ed intellettuale l’immigrato era considerato come una figura capace di apportare beneficio all’economia agricola e industriale dell’Argentina. Secondo il pensiero liberale di Sarmiento, tutti i mali dell’America del Sud erano dovuti all’eredità spagnola e alla componente indigena, ai quali era necessario rimediare mediante due manovre fondamentali: l’educazione pubblica e l’insediamento di gente europea, che avrebbero rigenerato la razza argentina222. Si trattava di mettere in atto le idee proposte, tempo prima, nell’opera Facundo o Civilización y Barbarie en las pampas argentinas. Aspecto físico, costumbres y ámbitos de la República Argentina223 (1845), dove Sarmiento aveva definito la dicotomia tra la civilización vs barbarie.

221 “Di fatto, le loro rispettive presidenze servono come punto di partenza per il progresso liberale il cui frutto si manifesta soprattutto, in termini di prosperità economica, nella formazione politica dell’Argentina”, J. P. Spicer˗Escalante, Visiones patológicas nacionales: Lucio Vicente López,

Eugenio Cambaceres Y Julián Martel ante la distopía argentina finisecular, Hispamérica, USA,

2006, p. 26.

222 Cfr. D. Liano, Dizionario biografico degli italiani in Centroamerica, disponibile a:

http://books.google.it/, p. IX.

223 Traduzione italiana Facundo o civiltà e barbarie nella pampa argentina. Aspetto fisico,

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La prima rappresentava l’Europa, gli Stati Uniti, lo spirito liberale, la cultura e gli unitari; la seconda si identificava con l’America Latina, le zone rurali e quelle della pampa, gli indigeni, i federali, lo stesso Rosas e il gaucho Facundo Quiroga.

Ben presto, la posizione sarmentina di fronte al concetto espresso dal motto si ridusse ad una questione culturale. Egli vedeva in Rosas e nel suo braccio destro, Facundo Quiroga, due forze distruttrici della civiltà, delle leggi, del progresso e della libertà, le quali divennero per Sarmiento il simbolo della negazione della cultura che, al contrario, egli difendeva.

“En cierto sentido ˗scrive Spicer˗Escalante˗ esta dicotomia sirve una función nazionalista particular, pues al encerrar un mito y un anti˗mito en su binomio, sirve una función fundacional al señalar lo que la nación debe fomentar y lo que debe rechazar”224.

La presidenza di Nicolás Avellaneda (1874˗‘80) seguì il progetto liberale dei governi precedenti. Il risultato maggiore di questo governo fu rappresentato dalla conquista della frontiera inesplorata, dove ancora viveva buona parte del popolo aborigeno225.

La conquista del desierto, portata avanti dal presidente Roca a fine anni ‘70, fu il passo decisivo per eliminare le tribù autoctone che rappresentavano un ostacolo per l’evoluzione e lo sviluppo della nazione. L’invasione della barbarie da parte della civilización, conclusasi una volta per tutte, segnò la fine di un’era e

224 “In un certo senso tale dicotomia, che incorpora il binomio di un mito e di un anti˗mito, svolge una funzione nazionalista particolare, ovvero indicare ciò che la nazione deve favorire e ciò che deve rifiutare”, J. P. Spicer˗Escalante, op. cit., p. 78.

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l’inizio dell’apertura della pampa allo sfruttamento agricolo e alla speculazione da parte dell’oligarchia.

Il 1880 rappresentò una data decisiva per l’Argentina: Buenos Aires divenne capital federal.

Il generale Roca mise a punto un programma di riforme atte a rinsaldare l’unità e l’identità nazionale: prima tra tutte quella dell’educazione pubblica, a cui seguì l’istituzione di una lingua ufficiale. Egli definì il suo progetto sulla base di quelli ideati in precedenza da Sarmiento e Comte (orden y progreso): paz y administración diventò il nuovo motto del pensiero conservatore e liberale. Le scienze naturali, quelle culturali, e la stessa attività artistica subirono l’influenza del positivismo226, e tale filosofia si presentò a sostegno di un rinnovamento radicale.

Si assistette alla nascita di una fiorente agricoltura, vennero costruite ferrovie, il capitale argentino venne esportato, infine l’immigrazione e la pubblica istruzione divennero i pilastri portanti dell’ideologia liberale e progressista.

Le città latinoamericane iniziarono a mutare con impressionante rapidità: la vecchia architettura coloniale cedette il passo alla modernità, alla novità e al progresso227. Nel frattempo Roca attuava una politica autoritaria che non si discostava molto dalla dittatura di Rosas.

226Las ciencias naturales y las ciencias culturales, la misma actividad artística, sufrieron la

influencia del positivismo”, J. P. Spicer˗Escalante, op. cit., p. 32.

227 Cfr. D. Puccini e S. Yurkievich, Dall’età precolombiana all’Ottocento, in Storia della civiltà

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Nonostante ciò, in questa epoca di rivoluzioni e di opere di riforma, l’Argentina assistette al boom economico228 che, diversamente dalle aspettative, causò un forte squilibrio e una grande disparità tra le classi sociali.

L’immigrazione massiccia giunta in America Latina aveva dato il via a un cambiamento repentino e radicale, provocando pian piano un’ostilità e un razzismo latente che col tempo si trasformarono in vera e propria xenofobia229.

La prosperità e la fortuna della presidenza del generale Roca e dei primi anni del mandato di Celman si eclissarono a partire dal 1890. Tra le cause principali vi fu il mancato progresso delle industrie: esse non investirono nella produzione nazionale, ma sperperarono il guadagno delle esportazioni per l’acquisto di articoli di lusso prodotti in Europa.

Il risultato fu la dipendenza da questi paesi ai danni dell’Ispanoamerica, e una forte crisi finanziaria che portò al crollo di un’economia recentemente risanata230. Il 1889 fu l’anno del famoso «crac della Borsa», che ebbe come risultato la chiusura di imprese, disoccupazione e rivolte.

A partire da questo momento fino all’elezione di Roque Sáenz Peña, avvenuta nel 1910, l’Argentina si dovette misurare con una situazione politica, economica e sociale difficile da gestire; l’impatto che la rivoluzione industriale ebbe sul paese, a cui mancavano solide basi per l’instaurazione di un sistema di produzione avanzato, fu devastante.

228 Cfr. J. P. Spicer˗Escalante, op. cit., p. 34.

229 Cfr. S. Schlickers, El lado oscuro de la modernización: Estudios sobre la novela naturalista

hispanoamericana, Ibeoroamericana Vervuert, Francoforte, 2003, pp. 62˗3.

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