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I centri della «cultura scientifica» in Italia

1. Il naturalismo in Europa

1.8. I centri della «cultura scientifica» in Italia

Seppur con qualche ritardo, anche in Italia si diffondono il pensiero positivista e la scienza sperimentale. Molti sono i centri culturali a partire dalla metà del secolo XX: Torino, Padova, Milano, Napoli, Pisa, Bologna, Modena e molte altre città che si inserirono nel dibattito intellettuale di questi anni. L’input per una notevole espansione della ricerca, nei più diversi ambiti scientifici, venne da quei paesi europei che già tempo prima si erano interessati ad esse.

L’ormai noto studio di Darwin, On the origin of the species, fu tradotto nel 1864 da G. Canestrini169 e L. Salimbeni; a Napoli, invece, S. Tommasi170 sulla scia delle teorie proposte da Claude Bernard, presentava Il naturalismo moderno, un vero manifesto del positivismo italiano, in cui si sostiene la necessità di fondare la moderna scienza sull’esperienza e sull’osservazione171. A Torino Lombroso, seguace dell’evoluzionismo darwiniano e allievo di Jakob Moleschott, fondava la Scuola di antropologia criminale. La sua figura è l’emblema della diffusione del positivismo francese ed inglese in Italia, ma il suo nome rimane tutt’oggi proverbiale non solo per gli studi sulla criminalità, ma anche per essere il fondatore della Scuola positiva del diritto penale.

169 Come ci informa I. Massamba N’siala, nel saggio ‘Grandi, belle e rarissime specie. La vita e le ricerche di Francesco Coppi’: “Canestrini era titolare da un paio d’anni della cattedra di storia naturale all’Università di Modena, e nel giro di pochi anni divenne uno dei più convinti sostenitori italiani dell’evoluzionismo: oltre a tradurre molti altri libri di Darwin, pubblicò diverse opere teoriche fortemente influenzate dalle idee del naturalista inglese, tra cui Origine dell’uomo (1866)”, disponibile a: cfr. https://www.academia.edu/, p. 36.

170 Salvatore Tommasi (Roccaraso, 26 luglio 1813˗Napoli, 18 luglio 1888), è stato uno dei più importanti patologi della scienza medica italiana, oltre che uno dei maggiori sostenitori del pensiero positivista.

171 Cfr. E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 38.

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Lombroso viene ricordato soprattutto per la pubblicazione de L’uomo delinquente (1876), testo scientifico che raccoglie le ricerche fatte dallo studioso in ambito fisiologico per spiegare la manifestazione dei comportamenti criminali. Le sue scoperte innovative si allineavano a quelle condotte da altri in Europa nel medesimo campo.

Per quanto riguarda il campo delle scienze umane, quindi critica letteraria e filologia, un impulso decisivo al superamento del pensiero di ascendenza ancora romantica venne dalla Scuola del metodo storico172 di Torino. Nel 1883, dalla collaborazione di Arturo Graf e dai giovanissimi Francesco Novati e Rodolfo Renier, nasce il ‘Giornale storico della letteratura italiana’: si tratta di una delle più antiche ed autorevoli riviste di italianistica tuttora esistenti173, che sin dalla sua fondazione ambiva alla formazione di una nuova classe intellettuale. Graziadio Isaia Ascoli, nell’ambito degli studi romanzi e di dialettologia italiana, contribuì all’affermarsi del metodo storico˗comparativo, realizzando il progetto di una rivista scientifica, l’ ‘Archivio glottologico italiano’, che si proponeva come sede di una forte polemica contro le posizioni linguistiche manzoniane174. L’Università di Padova divenne il più importante centro di studi sociologici, grazie ai lavori del filosofo Roberto Ardigò. Sacerdote per obbligo della famiglia (a causa della situazione economica), maturò una crisi religiosa quando fallisce nel tentativo di dimostrare la compatibilità tra le opinioni scientifiche e la condizione ecclesiastica. Con la pubblicazione de La psicologia come scienza positiva (1870), la sua decisione di svestire l’abito fu definitiva175.

172 Cfr. E. Bacchereti, op. cit., p. 39.

173 Disponibile a: cfr. http://www.loescher.it/. 174 Disponibile a: cfr. http://www.treccani.it/. 175 Ibidem.

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Nel gennaio del 1866 veniva pubblicato sulla rivista ‘Il Politecnico’, fondata da Carlo Cattaneo, il «Manifesto positivista italiano»: La Filosofia positiva e il metodo storico, ad opera di Pasquale Villari. Professore all’Università di Pisa, trasformò l’Istituto di Studi Superiori di Firenze, dove insegnò per alcuni anni, in uno dei centri propulsori della ricerca scientifica e della cultura positiva176.

Sempre a Firenze, nel 1869, veniva inaugurato il dibattito sulle teorie evoluzionistiche grazie alla ricerca dei fisiologi Maurizio Schiff e Alessandro Herzen, in totale antagonismo con chi, come Gino Capponi e Niccolò Tommaseo, difendeva la tradizione spiritualistica.

Nella Firenze capitale d’Italia, tra il ‘64 e il ‘68, giunsero anche Luigi Capuana e Giovanni Verga, che qui compirono stimolanti e importanti esperienze a contatto con l’ambiente culturale ed artistico, dando il via al loro apprendistato letterario177. In questa atmosfera di rinnovamento, nonostante l’arretratezza e il disagio economico e sociale, Villari, sulle orme del pensiero e dell’opera di Galileo, indicava nel metodo positivista e nella pratica sperimentale lo strumento per un nuovo ed inevitabile progresso “che porta al vero e non al materialismo o al dubbio”178. Egli era anche pienamente consapevole del ritardo culturale di un paese, l’Italia, i cui forti squilibri tra Nord e Sud riemergevano proprio all’indomani dell’unità nazionale.

È a Villari che si deve il «Manifesto della questione meridionale» con la pubblicazione delle Lettere meridionali (1878), aspra denuncia della situazione

176 Cfr. E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 40.

177 Cfr. M. Santoro, Civiltà letteraria italiana del XX secolo (1860˗1970), Felice Le Monnier, Firenze, 1973, p. 56.

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del Mezzogiorno italiano179, dove confessa a Giacomo Dina180: “Io non mi sono mai potuto persuadere che in un paese libero, che trae come il nostro la sua ricchezza e la sua vita economica principalmente dai prodotti del suolo, le moltitudini, e più di tutte quelle che sono date all’agricoltura, debbano restare nella misera e dura condizione, in cui le lasciarono i passati Governi”181.

Anche Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, con Sicilia nel 1876, aprivano un’inchiesta sullo sfruttamento minorile nelle zolfare siciliane, di cui Verga si servì per la stesura di Rosso Malpelo (1878)182.

Oltre alle discussioni scientifiche, politiche e letterarie, Firenze accoglie anche un animato gruppo di pittori, i macchiaioli, che fanno del Caffè Michelangelo il loro luogo d’incontro e d’ispirazione183.

Intanto al Nord, durante la seconda metà dell’Ottocento, Milano diventa la “città più città d’Italia”, per dirlo con le parole di Verga184. Centro di una fiorente editoria, è incline ad assimilare le proposte letterarie provenienti da tutta Europa ed è aperta alle più diverse avventure culturali185.

Inoltre è qui che nascono le più famose case editrici da Sonzogno ai Fratelli Treves, da Hoepli a Vallardi; ed è in un clima così propizio che fioriscono e si sviluppano il giornalismo e la stampa periodica.

In linea con una critica antiborghese nata a contatto con la realtà industriale si forma il movimento artistico della scapigliatura che tende ad avere atteggiamenti maledettistici e bohémiens.

179 Ivi, p. 42.

180 Giacomo Dina era allora direttore del giornale moderato ‘L’opinione’.

181 G. Villari, Lettere meridionali al direttore dell’Opinione, disponibile a: cfr.

http://www.eleaml.org/, versione elettronica dell’agosto 2013, p. I. 182 E. Bacchereti, op. cit., p. 42.

183 Cfr.P. Pellini, Naturalismo e Verismo, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1998, p. 38. 184 Ibidem.

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Milano è anche la patria adottiva di Capuana e Verga, dove il primo pubblicò la raccolta di novelle e il romanzo Giacinta che lo lancerà nel mondo della letteratura; mentre il secondo intesse rapporti con i massimi esponenti della scapigliatura, tra cui Bobbio e Praga186, ed entrerà in contatto con il romanzo naturalista grazie soprattutto a Francesco Giarelli, che all’epoca stava traducendo Son Excellence Eugène Rougon187, romanzo di Zola.

Sulla scia del naturalismo zoliano, Paolo Valera scrive prima Milano sconosciuta (1879), una sorta di inchiesta sulle condizioni del proletariato metropolitano, e poi La folla (1901), romanzo pervaso del socialismo materialista che in quegli anni infuocava gli animi di molti intellettuali.

Se la capitale lombarda è la prima ad accogliere “la moralità del romanzo del rigagnolo e dei bassifondi”188, sostenuta e promossa da Zola, è grazie a Felice Cameroni che, attento agli impulsi provenienti dalla vicina Francia e in anticipo su tutti, si diffuse e divenne famosa La Curée189, recensita nel 1874 sia nel ‘Sole’ che sull’ ‘Arte drammatica’.

Anni dopo, in un articolo pubblicato sulla ‘Farfalla’ del 24 ottobre del 1880190, Cameroni presenta anche Le Roman expérimental, opera che il critico mandò a Verga affinché ne traesse insegnamento per l’inaugurazione del nuovo romanzo realista italiano191.

186 Cfr. M. Santoro, op. cit., p. 65.

187 Traduzione italiana Sua eccellenza Eugenio Rougon, É. Zola, 1876. 188 E. Bacchereti, op. cit., p.45.

189 Traduzione italiana La cuccagna, É. Zola, 1872.

190 F. Benfante, ‘Felice Cameroni, il denaro e la letteratura in Italia’, disponibile a:

http://www.fondazionemondadori.it/, p. 33.

191 Come si evince da una lettera inviata a Cameroni nel marzo del 1881, Verga, nell’esprimersi riguardo lo sperimentalismo zoliano, riconosce che “col rigorismo delle teorie si ha sempre il piede sullo sdrucciolo di fondare un’altra accademia”. E reputa Zola “il solo scrittore che francamente gli fa cascare la penna di mano”, in I. Gherarducci ed E. Ghidettti, Guida alla lettura

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Intanto, a Napoli, Francesco De Sanctis, uno dei più grandi critici della letteratura italiana, concludeva la conferenza su “Zola e l’Assomoir”192 nell’estate del 1879 al Circolo Filologico. Si trattava del secondo intervento sul romanziere francese che puntava a chiarire la posizione desanctisiana riguardo alla questione del realismo: nonostante i primi entusiasmi nei confronti del lavoro di Zola, De Sanctis avverte un forte disagio per “un’attenzione eccessiva alla pura animalità”, definendo il collega francese “un becchino dell’antico”193. Questa la sua opinione maturata dopo una serie di articoli apparsi sul quotidiano ‘Roma’, in cui era tuttavia rintracciabile l’euforia per il rinnovamento artistico apportato dalla narrativa zoliana.

192 Cfr. E. Bacchereti, Il Naturalismo. Storia e testi, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995, p. 46.

193 F. Bertoni riporta nel proprio lavoro alcuni estratti della conferenza di De Sanctis, “Zola e l’Assomoir”, in Realismo e letteratura, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2007, p. 236.

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