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2. Dal naturalismo europeo a quello extraeuropeo

2.2. L’ambiente culturale e la Generación del 80

A partire dal 1880, la fisionomia dell’Argentina muta radicalmente: Buenos Aires diventa capital federal e il generale Roca conclude vittoriosamente la campagna del deserto con il finale annientamento dell’elemento barbaro. Furono anni di fervore intellettuale e di proposte innovative nel campo delle lettere. Lo stesso governo roquista diede una spinta decisiva per lo sviluppo del paese.

Si iniziarono a pubblicare, con i fondi statali, i primi manuali di storia della letteratura, come la Historia de la Revolución Argentina di V. Fidel López, le Obras Completas scritte tanto da Sarmiento come da Alberdi, e la Historia del General San Martín di Bartolomé Mitre231.

Inoltre, la stampa periodica diventò uno strumento prezioso ed indispensabile per la diffusione della cultura locale e di provenienza europea. Nacquero in quegli anni quotidiani e riviste, ‘La Nación’, ‘La Tribuna’, ‘Sud América’, ‘El Mosquito’ e ‘Don Quijote’, questi ultimi due si distinsero per il tono satirico. Fu proprio sui giornali che apparvero i primi romanzi a puntate destinati ad un vasto numero di lettori.

Anche il teatro diventò un mezzo di diffusione di massa: nacque il Colón, l’Ópera, l’Odeón.

Questa prosperità portò alla formazione di un gruppo di intellettuali impegnati politicamente e caratterizzati principalmente per uno spirito liberale e un’ideologia laicista. Si affermò così la Generación del 80.

231 Cfr. R. Gnutzmann, La novela naturalista en Argentina (1880˗1900), Rodopi, Amsterdam, 1998, p. 46.

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Ad essa appartennero personalità di rilievo come: Lucio V. Mansilla, Miguel Cané, Eduardo Wilde, Eugenio Cambaceres, García Mérou e Lucio V. López. Furono diplomatici, insaziabili viaggiatori, giornalisti, avvocati e militari che considerarono la scrittura un proprio diritto232. Le loro opere furono però destinate un una ristretta cerchia di lettori, poiché le edizioni uscirono in tiratura limitata. Pertanto si trattò di una letteratura “de dilectantes para otros dilectantes”233.

La maggior parte di questi letterati apparteneva all’oligarchia argentina di ascendenza borghese, come nel caso di López, alla borghesia commerciante e unitaria, come Cané, o a quella latifondista e provinciale, come nel caso di Mansilla.

Tutti quanti condivisero la passione verso le novità estetiche provenienti dalla Francia, tanto da usare gallicismi sia nelle loro causeries234 che nei loro lavori scritti235.

Lo spirito aristocratico che li contraddistinse fu evidente nelle loro manifestazioni sociali e private, nel modo di vestire, nelle abitazioni, nelle letture, ma soprattutto nelle riunioni al Club del Progreso236, e nella frequentazione di teatri e ambienti alla moda.

232 A. J. Pérez, «Sin rumbo: la novela de la encrucijada nacional», disponibile a: cfr.

http://cervantes.virtual.com/, p. 1.

233 “di dilettanti per altri dilettanti”, Introduzione a E. Cambaceres, Sin rumbo (estudio), a cura di Claude Cymerman, Cátedra, Fuenlabrada (Madrid), 1999, p. 16.

234 Molto spesso si riprende questo termine francese per far riferimento ai dibattiti e le conversazioni a cui partecipava attivamente la Generación del 80.

235 Cfr. Introduzione a E. Cambaceres, op. cit., p. 15.

236 Il Club del Progreso venne fondato a Buenos Aires il 1 maggio del 1855 ad opera di Don Diego de Alvear. Questo club nacque ad imitazione di quelli già presenti in Europa. Si tratta di luoghi deputati a varie attività sociali, come il ballo, le riunioni, i concerti e perfino lo sport.

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Essi recepirono e coltivarono in ambito argentino i modelli europei, in un momento in cui il paese si avviva verso la modernità, il progresso e il cosmopolitismo.

Come scrive Hebe Noemí Campanella: “… estaban vitalmente unidos en un destino común que se identificaba con el país como Nación soberana y próspera, encaminada a la realización de un progreso ininterrumpido237”.

Nonostante l’obiettivo comune di creare un’identità nazionale, avevano una prospettiva molto diversificata sul come realizzarla. Avellaneda, Roca e Pellegrini affrontarono tematiche di tipo politico˗amministrativo; mentre, García Mérou, Cané, Wilde e Pedro Goyena progettarono un tipo di letteratura che fosse mezzo autonomo di espressione.

Il loro scopo fu quello di essere diretti testimoni della realtà coeva, trovando nel naturalismo francese un codice letterario adeguato, del quale adottarono la tecnica, ma non i propositi formali. Questo perché il programma artistico proveniente dall’Europa era nato in risposta ad un altro ambiente sociale e culturale. Proprio per questo la Generación del 80 è stata tra le più innovative e produttive di tutta la storia dell’America Latina.

La rapida trasformazione che aveva investito il paese divenne motivo di riflessione e critica da parte di questi scrittori. Il romanzo fu il genere praticato quasi esclusivamente, poiché considerato come il segno della raggiunta maturità di una società che pian piano stava acquisendo una propria autonomia238.

237 “… tutti vivacemente accomunati da un progetto che identificava il paese in una Nazione sovrana e prospera, che si incaminava verso la realizzazione di un progresso ininterrotto”, J. P. Spicer˗Escalante riporta una citazione di H. N. Campanella, in Visiones patológicas nacionales:

Lucio Vicente López, Eugenio Cambaceres Y Julián Martel ante la distopía argentina finisecular,

Hispamérica, USA, 2006, p. 36.

238 A. Cáceres Milnes, «La actualidad de Eugenio Cambaceres como escritor de los aires culturales europeos», disponibile a: cfr. http://web.uchile.cl/, p. 5.

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Uno dei temi affrontati fu quello della nuova realtà urbana ancora a metà tra campagna e metropoli. Per questo motivo la dicotomia introdotta da Sarmiento, in cui si distingueva la civilización, intesa come elemento cittadino, dalla barbarie, che si identifica con il mondo rurale, venne ripresa dalla Generación239. Questo motto si convertì in una nuova espressione ideologica che coincise con l’obiettivo politico del generale Roca, ovvero la conquista del deserto e l’eliminazione della tradizione indigena, che rappresentava un ostacolo per lo sviluppo nazionale.

Mentre, per gli intellettuali del ‘37, l’opposizione sarmentina era specchio dell’opposizione tra cultura ed incultura, per gli uomini dell’80, l’antitesi in questione aveva una natura più pragmatica, dovuta alla brama di un progresso immediato che il positivismo stimolò nel paese240.

Ci sono comunque importanti punti di contatto tra le due generazioni: innanzitutto il desiderio di fondare una capitale federale, Buenos Aires, e l’affanno di trasformare l’Argentina in uno stato in grado di avere come modello di riferimento sul piano sociale, politico ed economico l’Europa. È per questo che si iniziarono ad importare idee e manifestazioni estetiche del lontano continente, primo tra tutte il naturalismo inaugurato da Zola.

Nonostante esistesse questa continuità di obiettivi, negli anni ‘80 ci fu una deviazione rispetto a quelli che erano i principi ideologici che mossero gli intellettuali del ‘37. Tale rottura fu rappresentata dal pensiero positivista, che portò all’affermazione del nuovo progetto letterario di tutti gli scrittori dell’epoca.

239 Cfr. J.˗P. Spicer Escalante, op. cit., p. 79. 240 Ibidem.

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Questa tendenza filosofica entrò in Argentina grazie a Spencer, il quale nel System of Synthetic Philosophyaveva applicato la teoria evoluzionistica a tutta la realtà umana (scienza, filosofia, letteratura, sociologia). Sulla scia delle proposte dello studioso inglese, anche in Ispanoamerica la ricerca scientifica mosse i suoi passi. Nel campo della paleontologia è doveroso ricordare Florentino Ameghino, che riprese non solo lo stesso Spencer, ma anche Darwin e il medico e zoologo Haeckel; Ramos Mejía, Alvarez, Bunge e Ingenieros, i quali applicarono le idee biologico˗evoluzioniste tanto all’ambito socio˗politico quanto a quello psicologico. I temi affrontati da questi studiosi riguardarono soprattutto l’immigrazione e l’identità dell’uomo argentino241.

Sarà proprio la politica immigratoria a risvegliare nella Generación un sentimento razzista.

Il positivismo si diffuse in tutto il paese, pervadendo ogni ambito, e tale filosofia favorì la fiducia in un miglioramento economico ˗rappresentato dal capitalismo industriale˗ e sociale, “que propone el ideal optimista de un progreso ilimitado, racional y sujeto a leyes universales”242.

Pertanto, ci si propose di dare inizio ad una nuova era segnata dalla prosperità materiale, che potesse condurre l’Argentina verso la modernità.

Dalla formula civilización y barbarie, si passò così a quella inaugurata dalla stagione positivista: orden y progreso. Ma il pericolo del barbaro non si era estinto, e lo stesso Cambaceres, in Sin Rumbo, rifletté sulla dicotomia campo/ciudad, ancora esistente nell’ultimo ventennio del secolo.

241 Cfr. R. Gnutzmann, op. cit., p. 48.

242 “che propone l’ideale ottimista di un progresso illimitato, razionale e soggetto a leggi universali”, J. M. Oviedo, Historia del la literatura hispanoamericana, Alianza Editorial, Madrid, 2001, p. 142.

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Anche fuori dai confini europei, la novela naturalista si rivelò lo strumento più adeguato allo scrittore dell’80 per condurre la propria indagine sulla natura dell’uomo e sul contesto ambientale. Infatti, il Río della Plata si confermò come il luogo in cui questo genere di narrativa riscosse maggior successo. Ciò si deve soprattutto ad una serie di ragioni: innanzitutto l’assenza di una tradizione letteraria autoctona, quindi la forte influenza che esercitarono le letture delle opere dei Goncourt, Zola e Maupassant.

Inoltre, i viaggi frequenti verso l’Europa che la intelligentsia dell’80 intraprendeva, e in ultimo la coincidenza dello sviluppo della nuova corrente con i cambi profondi che investirono Buenos Aires e tutto il paese.

È per tutti questi motivi che, come nota Claude Cymerman, “el naturalismo debía necessariamente prosperar en Argentina”243.

243 “il naturalismo doveva necessariamente acquistare terreno in Argentina”, Introduzione a E. Cambaceres, Sin rumbo (estudio), a cura di Claude Cymerman, Cátedra, Fuenlabrada (Madrid), 1999, p. 24.

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