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Il deterioramento dello Stato di diritto in Polonia

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Studi Internazionali

TESI DI LAUREA

IL DETERIORAMENTO DELLO STATO DI DIRITTO IN

POLONIA

RELATORE

Prof. Rino CASELLA

CANDIDATA Lucia SETTIMI

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INDICE GENERALE

INTRODUZIONE...4

CAPITOLO PRIMO LE FASI DELLA STORIA COSTITUZIONALE POLACCA...11

1.1 Dalla formazione del regno di Polonia alla Costituzione del 3 maggio (966 – 1791)...11

1.2 Dalla seconda spartizione della Polonia all'adozione della Costituzione del 1921 (1793 – 1921)...14

1.3 Dal colpo di Stato del maresciallo Pilsudski alla quarta spartizione della Polonia (1926 - 1935)...16

1.4 Dalla Seconda guerra mondiale alla caduta della Polonia socialista (1940 – 1988) ...17

CAPITOLO SECONDO LA TRANSIZIONE ALLA DEMOCRAZIA...21

2.1 Dagli accordi della Tavola Rotonda alle prime elezioni libere (1989 – 1991)...21

2.2 La Piccola Costituzione del 1992 ...24

2.3 La Costituzione del 1997: libertà, diritti e doveri dell'uomo e del cittadino...27

2.4 L'equilibrio tra poteri...31

2.5 Il sistema giudiziario...35

2.6 Il Consiglio nazionale della magistratura e il Tribunale costituzionale...38

2.7 Le fonti del diritto, modalità di revisione della Costituzione e l'autogoverno territoriale...41

CAPITOLO TERZO L'EVOLUZIONE DEL QUADRO POLITICO E L'ADESIONE ALL'UNIONE EUROPEA...47

3.1 I nuovi partiti politici e l'affermazione del pluripartitismo ...47

3.2 Dalla caduta del Governo Suchocka all'adesione all'Unione Europea (1993 - 2004)...49

3.3 Il processo di europeizzazione...51

3.4 Dalla terza coabitazione all'ascesa del partito Diritto e Giustizia (2005 – 2015).54 3.5 I connotati del partito Diritto e Giustizia...58

CAPITOLO QUARTO LA CRISI COSTITUZIONALE POLACCA...61

4.1 Il contesto politico e normativo alla base della crisi...61

4.2 Le sentenze del Tribunale costituzionale K 34/15 e K 35/15 del 3 e 9 dicembre 2015...64

4.3 “La legge di risanamento” del 22 dicembre 2015 ...67

4.4 La sentenza del Tribunale costituzionale K 47/15 del 9 marzo 2016...69

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4.6 Le conseguenze della mancata pubblicazione della sentenza K 47/15...79

4.7 La procedura della “Rule of law framework”...81

4.8 Il parere sullo Stato di diritto della Commissione europea del 1 giugno 2016...84

4.9 La legge n. 23 sul Tribunale costituzionale del 22 luglio 2016 e le reazioni del Tribunale costituzionale con le sentenze K 39/16 e K 44/16 e della Commissione di Venezia con il parere n. 860 del 14 ottobre 2016...90

4.10 La prima raccomandazione della Commissione europea n. 1374 del 27 luglio 2016...93

CAPITOLO QUINTO Il DETERIORAMENTO DELLO STATO DI DIRITTO E L'INVOLUZIONE AUTORITARIA...97

5.1 La “conquista” della Corte Costituzionale ad opera della maggioranza di Governo e la crisi parlamentare di dicembre 2016...97

5.2 La seconda raccomandazione della Commissione europea n. 146 del 21 dicembre 2016 e il percorso parlamentare per una “nuova riforma della giustizia”...100

5.3 La terza raccomandazione della Commissione europea n. 1520 del 26 luglio 2017 ...104

5.4 Il “pacchetto giustizia”: la legge sull'ufficio della Procura, la legge di emendamento della Scuola nazionale della magistratura e la legge di emendamento sull'organizzazione dei Tribunali ordinari...107

5.5 Il “pacchetto giustizia”: la legge sul Consiglio nazionale della magistratura e sulla Corte suprema…...111

5.6 Le dimissioni del Presidente del Consiglio Beata Szydło e l'attivazione della procedura di infrazione di cui all'art.7 TUE...116

5.7 Il parere della Commissione di Venezia n. 904 dell'8 dicembre 2017 e la quarta raccomandazione della Commissione europea n. 103 del 20 dicembre 2017...120

5.8 I tentativi di compressione delle libertà costituzionali e l'applicazione del “pacchetto giustizia”...126

CAPITOLO SESTO LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA COME BALUARDO DI DIFESA ALL'INVOLUZIONE AUTORITARIA...129

6.1 I ricorsi per inadempimento alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ad opera della Commissione europea e l'adozione delle ordinanze cautelari del 19 ottobre 2018 e del 17 dicembre 2018...129

6.2 Le controverse vicende del primo semestre 2019...135

6.3 Le elezioni europee del 26 maggio 2019...138

6.4 La sentenza della Corte di Giustizia europea C-619/18 del 24 giugno 2019...141

6.5 La sentenza della Corte di Giustizia europea C-192/18 del 5 novembre 2019...147

6.6 I rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia europea da parte della Corte suprema polacca...152

6.7 I rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia europea da parte dei Tribunali ordinari polacchi e della Corte suprema amministrativa polacca...157

6.8 L'avvio di una nuova procedura d'infrazione nei confronti della Polonia ad opera della Commissione europea...162

CAPITOLO SETTIMO CONCLUSIONI...164

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7.1 Il programma di azione della Commissione europea per rafforzare lo Stato di

diritto...164

7.2 Le elezioni del 13 ottobre 2019 e i possibili scenari futuri...167

7.3 Una probabile Polexit?...171

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INTRODUZIONE

Questo studio si propone di ripercorrere, senza nessuna pretesa di esaustività, le principali tappe della storia costituzionale polacca fino ad un'analisi recentissima ed attuale dell'involuzione autoritaria subita dalla Polonia a partire dal 2015, ad opera del partito Diritto e Giustizia fondato nel 2001 dai fratelli gemelli Kaczynski.

A differenza di altri Paesi post-comunisti dell'Europa centro-orientale, la Polonia ha conosciuto una lunga tradizione di limitazione del potere regio da parte della nobiltà medievale ed è culminata nell'approvazione della Costituzione di maggio del 1791, la prima Costituzione scritta in Europa e la seconda al mondo dopo quella degli Stati Uniti. Nonostante le successive spartizioni del territorio polacco compiute principalmente da Austria, Prussia e Russia, la tradizione parlamentare polacca ha resistito ed è riemersa più volte nel corso del Novecento: nel 1921 con l'adozione di una nuova Costituzione e nel 1997 con l'adozione dell'attuale Costituzione polacca. Lo Stato polacco è come se fosse nato due volte: la prima subito dopo la Prima guerra mondiale e la seconda dopo il 1989, considerando la limitazione politica della sovranità durante il periodo socialista1.

La Costituzione del 1952 della Repubblica popolare di Polonia presentava le caratteristiche tipiche di uno Stato socialista e si conformava ai principi di quest'ultimo: i l principio dell'unità del potere statale, della doppia dipendenza, del centralismo democratico, della supremazia del Parlamento, l'anteposizione dei diritti socioeconomici alle libertà e ai diritti dell'uomo e del cittadino. Il Partito operaio unificato polacco (Poup) si qualificava come il partito dominante, tuttavia era ammessa la presenza di partiti “satelliti”.

Il periodo di transizione, ossia il passaggio da una forma di Stato di tipo socialista ad una liberal-democratica di stampo occidentale fondata su una serie di valori costitutivi della forma di Stato, quali la separazione dei poteri e la garanzia dei diritti ha richiesto notevole impegno da parte delle nuove forze politiche in campo e della società civile che ha giocato anch'essa un ruolo di primo piano. Il percorso è iniziato con la crisi della leadership socialista al potere e la conseguente istituzione di una Tavola rotonda nel 1989, seguito dalla perdita del ruolo guida del Partito Poup e la sua scissione in nuovi

1. A. Di Gregorio (a cura di), I sistemi costituzionali dei Paesi dell'Europa centro-orientale, baltica e balcanica, Milano, CEDAM, 2019 p. 5.

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partiti, fino alla legalizzazione delle forze politiche di opposizione, al cambiamento del nome dello Stato con l'eliminazione della dicitura “popolare”, alle prime elezioni libere e all'adozione di una Piccola Costituzione provvisoria nel 1992 e di una nuova Costituzione nel 1997. Protagonista indiscusso del periodo di transizione è stato

Solidarność un sindacato libero fondato da Lech Walesa e Tadeusz Mazowiecki nella

Polonia socialista del 1980, dove iniziò ad agire clandestinamente per essere riconosciuto ufficialmente solo nel 1989. Le prime elezioni semilibere del 1989 portarono alla nomina di Presidente del Consiglio proprio Tadeusz Mazowiecki e l'anno successivo le elezioni per la carica di Presidente della Repubblica decretarono la vittoria di Lech Walesa.

L'adozione della Piccola Costituzione del 1992, testo provvisorio che manteneva parzialmente in vigore residui della Costituzione socialista, ha limitato l'urgenza dell'adozione di una nuova Costituzione, adottata ben otto anni dopo dalla caduta del socialismo. La Costituzione del 1997 approvata da una legislatura di centro-sinistra è risultata espressione di un compromesso tra nuove forze politiche provenienti dalla scuola socialista e da Solidarność. Tale Costituzione ha permesso alla Polonia di ottenere l'ambita “legittimazione democratica” da parte della Comunità internazionale e della Comunità economica europea (CEE). Sul piano interno ha svolto un duplice ruolo: definire nuove regole che sostituissero quelle precedenti e premunirsi contro possibile involuzioni autoritarie. Obiettivo quest'ultimo, purtroppo, solo parzialmente raggiunto.

Alla base dell'attuale situazione politica polacca vi è proprio il rifiuto del sistema consensuale, patteggiato e compromissorio della transizione democratica (1989-1997). I precursori di Diritto e Giustizia si sono rifiutati fin da subito di riconoscersi nel Patto costituente. Non appena ha avuto modo di salire al potere nell'ottobre 2015, Diritto e

Giustizia ha attuato una politica riformatrice che ha portato avanti con fredda lucidità. In

mancanza della maggioranza necessaria per poter effettuare una revisione della Costituzione, il partito ha agito tramite l'adozione di leggi ordinarie che hanno svuotato di significato e conseguentemente esautorato il testo costituzionale. Ha iniziato col delegittimare il ruolo del Tribunale costituzionale, approfittando di un punto debole della Costituzione, laddove prevedeva l'elezione dei giudici costituzionali con la sola maggioranza semplice del Sejm, sostituendo tre giudici legittimamente eletti dal Sejm precedente con altri tre, fino ad arrivare al rinnovo quasi integrale dell'organo. Ha alterato il funzionamento dell'organo costituzionale attraverso l'adozione di una legge di emendamento alla legge del 25 giugno 2015, poi con la “legge di risanamento” del 22

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dicembre 2015 e infine con la successiva legge del 22 luglio 2016. A nulla sono valse le successive sentenze di incostituzionalità delle leggi suddette ossia le sentenze K 35/15 K 47/15, K 39/16 e K 44/16 le ultime tre, tra l'altro, mai pubblicate, e le ripetute raccomandazioni della Commissione europea nonché i pareri negativi della Commissione di Venezia.

Altre leggi restrittive hanno riguardato l'assoggettamento del potere giudiziario al potere esecutivo e la compressione di libertà fondamentali. La legge del 28 gennaio 2016 sull'Ufficio del Procuratore ha riunito la carica di Procuratore generale della Repubblica con quella di ministro della Giustizia sottoponendo i Procuratori locali direttamente all'esecutivo, la legge sui media ha fortemente limitato la libertà dei mezzi d'informazione e la riforma del sistema giudiziario con il cosiddetto “Pacchetto Giustizia” ha decretato la resa del principio di separazione dei poteri, oltre quello di inamovibilità e di imparzialità dei giudici. Secondo Diritto e Giustizia, il “Pacchetto Giustizia” risponde ai bisogni di “svecchiamento” del Paese e di liberazione da un sistema giudiziario post-comunista corrotto e inefficiente.

Con la legge di emendamento sull'organizzazione dei Tribunali ordinari e altre leggi del 12 luglio 2017, con la legge di emendamento del Consiglio nazionale della magistratura dell'8 dicembre 2017 e con la legge sulla Corte suprema sempre dell'8 dicembre 2017, il Governo andava ad incidere pesantemente sul funzionamento di questi organi. La prima legge, promulgata dal Presidente della Repubblica in data 26 luglio 2017, modificava il regime di pensionamento applicabile ai giudici ordinari e prevedeva l'abbassamento dell'età pensionabile da sessantasette a sessanta anni per le donne e da sessantasette a sessantacinque per gli uomini, con la facoltà di richiedere una proroga fino al settantesimo anno di età al ministro della Giustizia che decideva in maniera discrezionale. Per sei mesi dopo l'entrata in vigore della legge il ministro della Giustizia aveva il potere di destituire i Presidenti di Tribunale senza essere vincolato a criteri concreti, senza obbligo di motivazione e senza che la magistratura potesse bloccare la decisione. Contro la decisione di destituzione non era neanche ammesso ricorso per via giudiziaria. Trascorso il periodo di sei mesi, il ministro della Giustizia poteva continuare a destituire i Presidenti di Tribunale, ma solo previa consultazione del Consiglio nazionale della magistratura, che poteva bloccare la destituzione con una risoluzione adottata a maggioranza dei due terzi dei voti.

Assai più travagliato è stato l'iter delle altre due leggi sul Consiglio nazionale della magistratura e sulla Corte suprema, che ha provocato un conflitto tra il Presidente della

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Repubblica Andrzej Duda e la maggioranza parlamentare, oltre a contribuire in maniera determinante all'attivazione della procedura di infrazione di cui all'art. 7 TUE da parte della Commissione europea. Il Presidente della Repubblica ha prima esercitato il diritto di veto e reinviato al Sejm entrambe le leggi, poi a seguito di modifiche legislative da lui presentate che attribuivano maggiori poteri al Presidente della Repubblica a scapito del ministro della Giustizia, ha acconsentito allo loro promulgazione l'8 dicembre 2017. La legge sul Consiglio nazionale della magistratura, organo di autogoverno dei giudici, ha comportato la totale politicizzazione dello stesso, in quanto ha introdotto l'elezione parlamentare del quindici giudici togati che precedentemente venivano eletti dalla magistratura. I giudici venivano eletti dal Sejm con una maggioranza di tre quinti, nel caso in cui questa maggioranza non veniva raggiunta si procedeva a maggioranza assoluta dei voti. La legge sulla Corte suprema ha anticipato l'età di pensionamento dei giudici dal settantesimo al sessantacinquesimo anno di età comportando di fatto una “epurazione” dei giudici sgraditi alla maggioranza, compresa la sua Presidente Malgorzata Gersdorf. Il 40% dei magistrati della Corte si è ritrovato prossimo al pensionamento, salvo richiesta di proroga per un periodo di tre anni rinnovabile per altri tre da presentare al Presidente della Repubblica che avrebbe deciso nella massima discrezionalità previo parere non vincolante del Consiglio nazionale della magistratura. L'istituzione di una sezione disciplinare in seno alla Corte suprema è stata poi utilizzata per sottoporre i giudici “ribelli” a procedimenti disciplinari. Questa sezione sarebbe stata composta esclusivamente da giudici nuovi, con il compito di esaminare in primo e secondo grado i procedimenti disciplinari e più in generale le cause in materia di diritto del lavoro e previdenziale, condotti nei confronti di giudici della Corte suprema. Ad essa spettavano anche le cause in materia di collocamento in pensione dei giudici della Corte suprema.

L'unione europea, e in particolar modo il Vice-presidente della Commissione Frans Timmermans, non ha accettato passivamente l'attacco ai principi fondamentali dello Stato di Diritto. Frans Timmermans ha più volte ribadito che «the rule of law is part of

Europe’s DNA, it’s part of where we come from and where we need to go. It makes us what we are»2. Il 13 gennaio 2016 la Commissione europea ha aperto una procedura nell'ambito della “Rule of Law framework” che si configura come uno strumento di

“soft law” che prova a ricercare, tramite contatti strutturati con lo Stato membro

interessato, una soluzione capace di prevenire l’aggravarsi della minaccia sistemica e di 2. Frans Timmermans, The European Union and the Rule of Law, in Keynote speech at Conference on the Rule of Law, Tilburg University, 31 August 2015, p. 2.

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evitare che questa si trasformasse in un «evidente rischio di violazione grave» di uno dei valori sanciti nell’art. 2 TUE, con la conseguente necessità di ricorrere ai meccanismi previsti dall’art. 7 dello stesso Trattato o, eventualmente, nel caso di specifiche violazioni degli obblighi dei Trattati a quelli previsti dall'art. 258 TFUE. La Rule of law

framework si è rivelata prodromica all'applicazione sia dell'art. 7 TUE, sia dell'art. 258

TFUE.

La Commissione, dopo aver inviato un parere e tre raccomandazioni, nel breve arco temporale compreso tra giugno 2016 e luglio 2017, con le quali ha invitato caldamente la Polonia ad invertire la rotta, ha deciso in data 20 dicembre 2017, di attivare la procedura di infrazione di cui all'art. 7 c.1 TUE per l'esistenza di una minaccia sistemica allo Stato di diritto in relazione proprio alle leggi giudiziarie. Poco tempo dopo, il 15 marzo 2018 e il 2 ottobre 2018, ha presentato due ricorsi per inadempimento alla Corte di Giustizia europea sulla base dell'art. 258 TFUE, instaurando le cause 192/18 e C-619/18. Nel primo ricorso la Commissione ha contestato la legge sui Tribunali ordinari, in quanto introduceva disposizioni che, differenziando l'età pensionabile di uomini e donne che svolgevano la funzione di giudici nei Tribunali ordinari e conferendo al ministro della Giustizia il diritto di decidere in merito al prolungamento del periodo di servizio attivo dei giudici, violava gli obblighi incombenti sullo Stato polacco in forza dell’art. 157 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e degli artt. 5 lett. a) e 9 par.1 lett. f), della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego nonché ai suoi obblighi derivanti dall’art. 19, par.1 c.2, del Trattato sull'Unione europea in combinato disposto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Nel secondo ricorso la Commissione ha contestato la legge sulla Corte suprema che violava il principio di inamovibilità dei giudici nella parte relativa all’abbassamento dell’età pensionabile con effetto retroattivo e violava il principio di indipendenza dei giudici nella parte in cui conferiva al Presidente della Repubblica il potere discrezionale di prorogare il servizio dei giudici. Anche in questo caso, la Polonia sarebbe venuta meno agli obblighi incombenti sugli Stati membri in forza del combinato disposto dell’art. 19, par.1 c.2 del TUE e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Mentre la procedura di infrazione di cui all'art. 7 TUE si è rapidamente arenata, in quanto per renderla efficace è necessaria l'unanimità degli Stati membri, attualmente impraticabile, visto l'appoggio dell'Ungheria di Viktor Orbán alle modifiche

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costituzionali polacche volute da Jarosław Kaczynski, il ricorso alla Corte di Giustizia nella causa C-619/18 ha portato all'adozione di una sospensione cautelare prima e di una sentenza poi che ha costretto il Governo polacco a rivedere la sua legge sulla Corte suprema. Il 5 novembre 2019, in analogia alla sentenza C-619/18, la sentenza C-192/18, obbligava la Polonia a rivedere la legge sui Tribunali ordinari.

L'attività della Commissione europea e della Corte di Giustizia ha dimostrato come non sia possibile all'interno dell'Unione europea ledere i principi dello Stato di diritto, senza che ciò non produca importanti conseguenze politiche e giuridiche per lo Stato interessato.

Sul piano interno, per affrontare l'involuzione autoritaria degli ultimi anni, sono stati attivati diversi anticorpi. Nel 2016, prima della completa politicizzazione del Tribunale costituzionale, il Consiglio nazionale della magistratura, la Corte suprema, il Tribunale supremo amministrativo, gran parte della magistratura ordinaria e gli enti locali diretti dai partiti di opposizione hanno dichiarato pubblicamente di ritenersi vincolati alle pronunce del Tribunale costituzionale. La Pubblica amministrazione statale, al contrario, date le strette relazioni con il Governo, ha continuato a seguire le direttive di quest’ultimo. La Polonia ha vissuto per un certo periodo ossia fino all'assoggettamento del Tribunale costituzionale alla volontà dell'esecutivo, in una condizione di dualismo giuridico dove alcune istituzioni hanno considerato in vigore norme di legge che altre istituzioni reputavano, invece, come uscite fuori dall’ordinamento. A partire dal settembre 2018, la Corte suprema, la Corte suprema amministrativa e i Tribunali ordinari della Polonia hanno iniziato a presentare rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia con l'intento di riuscire a disapplicare le disposizioni lesive del Pacchetto Giustizia.

La maggioranza dell'opinione pubblica si è fin da subito schierata a favore del rispetto dei principi dello Stato di diritto, anche grazie all'attività svolta dal Comitato

per la difesa della democrazia (Kod), fondato dall'imprenditore informatico Mateusz

Kijowski alla fine dell'anno 2015. Tuttavia era già presente nella società un folto gruppo di persone indifferenti alla problematica, che si è rivelato particolarmente interessato a percepire le nuove provvidenze sociali che il Governo ha promesso in cambio della compressione dei diritti e delle libertà. Tale gruppo è cresciuto considerevolmente e si è rivelato determinante per la vittoria di Diritto e Giustizia alle elezioni europee del 26 maggio 2019, preludio al risultato del voto politico nazionale del 13 ottobre 2019.

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comunismo nel 1989 e il partito vincitore è risultato Diritto e Giustizia con il 43,6% dei voti. Quest'ultimo ha ottenuto la maggioranza dei seggi al Sejm ma non in Senato. L' opposizione avrà quindi la possibilità di bloccare o ritardare la legislazione lesiva dello Stato di diritto.

Le ultime vicende polacche dal 2015 in poi, hanno contribuito a scardinare la convinzione della transizione riuscita dalla forma di Stato socialista alla democrazia costituzionale, nonostante l'effettivo consolidamento di quest'ultima nell'ultimo ventennio dal 1989 in poi. Il futuro è incerto e le elezioni presidenziali del prossimo anno contribuiranno a fare chiarezza su quale strada la Polonia intenda imboccare.

Per l'Unione Europea la crisi costituzionale polacca rappresenta un enorme pericolo, in quanto non solo può produrre fenomeni di imitazione, ma mette in crisi la credibilità dell'Unione sia nella sua capacità di difendersi da attacchi ai valori fondanti di cui all'art. 2 TUE, sia nella sua capacità di proporre allargamenti funzionanti che vadano oltre la mera unione economica. Il corretto funzionamento dello Stato di diritto è essenziale per un funzionamento fluido del mercato interno, in quanto gli operatori economici devono poter essere certi che all'interno degli Stati membri dell'Unione vigano le stessi leggi. Il rispetto dello Stato di diritto è fondamentale per la fiducia reciproca nel settore della giustizia e degli affari interni, in particolare ai fini di un'efficace cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, la cui base è il riconoscimento reciproco.

I successi economici e politici realizzati dalla Polonia post-comunista sono in gran parte dovuti agli strumenti che gli ha conferito l'Unione europea, alla quale resta legata in maniera molto più forte rispetto a quanto Jarosław Kaczynski voglia dare ad intendere. Per questa ragione e nonostante le forti tensioni, il rischio di una Polexit sembra scongiurato.

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CAPITOLO PRIMO

LE FASI DELLA STORIA COSTITUZIONALE POLACCA

1.1 Dalla formazione del regno di Polonia alla Costituzione del 3 maggio (966 –

1791)

La formazione del Regno di Polonia viene fatta simbolicamente risalire al 966, anno in cui il granduca Mieszko I della dinastia Piast si convertì al cattolicesimo dopo aver intrapreso un'ampia opera di riunificazione dei territori abitati dalla popolazione dei polani.

Nel 1370, alla morte di Casimiro il Grande, ultimo discendente maschio della dinastia Piast, il trono venne trasmesso al re d'Ungheria Luigi D'Angiò, che svolse un ruolo fondamentale nell'evoluzione costituzionale della Polonia, in quanto nel 1374, concesse ai nobili la Carta sui privilegi di Košice, in cambio del loro consenso alla trasmissione del trono alla sua secondogenita Edvige. La Carta di Košice poneva le basi per la limitazione del potere regio da parte della szlachta, la classe nobile polacca, oltre ad esentarli dal pagamento delle tasse. Con l'Unione di Krėva del 1385, accordo politico-dinastico fra la regina di Polonia Edvige e il granduca Jogaila di Lituania che portò alla creazione di un'unione personale tra il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania, il granduca si convertì al cattolicesimo e assunse il trono di Polonia con il nome di Ladislao II di Jagellone. Durante il Regno degli Jagelloni i nobili ottennero nel 1454 la concessione della Carta di Chojnice-Nieszawa, con la quale il re si impegnava a non emanare leggi e a non dichiarare la guerra senza la partecipazione e il consenso della nobiltà.

Nel 1505 con l'atto conosciuto come Nihil novi, il potere legislativo del monarca veniva trasferito al Parlamento stesso, in quanto stabiliva che una legge non poteva essere approvata dal re senza il consenso della Camera dei deputati e del Senato. Questo evento segnò l'inizio del parlamentarismo polacco.

Già dal 1400 la Polonia aveva assunto i connotati di una “democrazia nobiliare” che raggiunse il suo apice agli inizi del 1500. Nel 1569 l'unione personale tra Regno di Polonia e Granducato di Lituania si trasformò in un'unione reale dando vita alla

Rzeczpospolita Oboja Narodów Polskiego i litiewskiego: Repubblica delle due nazioni

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riuscirono ad imporre a Enrico de Valois la sottoscrizione degli Articuli Henriciani che stabilirono il principio di governo secondo il quale il titolo di re non si trasmetteva più in via ereditaria ma solo in seguito a “libere elezioni viritim”. Inoltre, il re si impegnava a convocare il Sejm almeno ogni due anni per sei settimane. In caso di mancata osservanza degli Articuli, la nobiltà avrebbe potuto rompere il rapporto di lealtà con il monarca. Infine, il re era tenuto anche al rispetto dei Pacta conventa, accordi che la nobiltà concludeva di volta in volta con il sovrano.

Dalla metà del Cinquecento la democrazia nobiliare cominciò a degenerare in un'oligarchia magnatizia, ricorrendo sempre più frequentemente all'applicazione del principio del liberum veto, che consisteva nella possibilità di bloccare con un solo voto contrario le decisioni prese sia dal Sejm che dai sejmik (dietine) locali. Il prevalere dell'oligarchia magnatizia sulla piccola nobiltà e i limiti sempre maggiori imposti al re elettivo condussero ad una frammentazione del potere che indebolì la Rzeczpospolita

Oboja Narodów Polskiego i litiewskiego e comportò nel 1772la prima spartizione del territorio ad opera di Austria, Prussia e Russia. La Russia entrò in possesso della Livonia e della Bielorussia, la Prussia prese la Ermland (Varmia) e la Prussia Reale (che sarebbe diventata in seguito la Prussia Occidentale), la contea della Pomerania, le contee di Marienburg, Kulm e alcuni distretti della Grande Polonia, l'Austria si impossessò di Zator e Oświęcim, parte della Piccola Polonia, con le contee di Cracovia e Sandomir oltre all'intera Galizia. Con questa spartizione, la Rzeczpospolita Oboja

Narodów Polskiego i litiewskiego perse circa il 30% del suo territorio con 4 milioni di

abitanti e fu costretta ad un'alleanza fatale con la nemica Prussia, che avrebbe posto le basi per una seconda spartizione della Polonia3.

Di fronte a tali eventi e nel tentativo di una rinascita della Polonia stessa, il Sejm reagì promulgando il 3 maggio 1791 la cosiddetta “Costituzione di maggio”, prima Costituzione scritta in Europa e seconda Costituzione al mondo dopo quella degli Stati Uniti, che nel ripudiare i principi del liberum veto, forniva gli strumenti per una riorganizzazione del Paese dal punto di vista economico, politico e sociale. I primi quattro capitoli della Carta corrispondenti ai singoli ceti sociali presenti nella società polacca costituivano la prima parte dedicata all’organizzazione della società mentre la seconda parte riguardava il sistema politico fondato sulla separazione dei poteri.

La prima parte denotava la presenza di elementi di carattere cetuale, in quanto i diritti e i doveri della nobiltà, della borghesia e dei contadini venivano trattati in capitoli separati. A differenza della Costituzione degli Stati Uniti e di lì a poco di quella 3. C. Filippini, Polonia, Bologna, Il Mulino, 2010 pp.19-22.

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francese, rimaneva in piedi la divisione della società in ceti e garantita la posizione privilegiata della nobiltà. La Costituzione del 3 Maggio non conteneva né la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, né dedicava a tali tematiche alcun capitolo. Nonostante la mancata uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, le riforme costituzionali realizzarono la gran parte dei principi contenuti nella Dichiarazione francese, che garantiva innanzitutto la tutela della libertà del cittadino, l'inviolabilità della persona e della proprietà privata e i principi fondamentali del sistema politico tra cui la sovranità popolare e la divisione dei poteri. Il regime di legalità proclamato dalla Costituzione implicava la sottoposizione di tutta la popolazione, contadini inclusi, alla tutela dello Stato e della legge.

Facendo il riferimento alle idee illuministe dell'epoca, la Costituzione polacca introduceva il principio della sovranità popolare, affermando che «ogni potere in una società umana deriva dalla volontà della nazione»4. Il Governo della Nazione polacca

dovrà essere costituito di tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il principio della separazione dei poteri veniva adattato allo spirito tradizionale della libertà nobiliare, in quanto la sovranità del popolo si incarnava nella Dieta nobiliare. Conformemente alla tradizione polacca, la Dieta mantenne la sua struttura bicamerale ed era composta dalla Camera dei deputati e dal Senato, quest’ultimo presieduta dal re. Alla Camera dei Deputati venne riconosciuta la preminenza e la precedenza nella votazione delle leggi. Il Senato, composto da vescovi, castellani e ministri, aveva prerogative limitate ma ottenne il riconoscimento del diritto di voto sospensivo alle proposte di legge della Camera dei deputati. La durata della legislatura era biennale e la Dieta, che poteva essere convocata con breve preavviso, diventò permanente. I deputati, considerati i rappresentanti dell’intera Nazione, cessarono di essere vincolati alle istruzioni ricevute d a i sejmik. Il re era posto al vertice dell'esecutivo e presiedeva il Consiglio di Sorveglianza composto da cinque ministri direttamente nominati dal re, dal primate, da due segretari senza diritto di voto, dal Maresciallo del Sejm e dall'erede al trono maggiorenne. Gli atti del re dovevano essere controfirmati dal ministro competente, che assumeva la piena responsabilità di fronte alla Dieta. Questa regola della controfirma ministeriale di ogni atto giuridico del re costituiva una novità assoluta nel costituzionalismo europeo. Fu introdotta la responsabilità giuridica e costituzionale dei ministri per il loro operato non conforme alle leggi e la loro responsabilità politica. Al re venne assegnato il compito di sostituire il singolo ministro a seguito di mozione di 4. B. M. Palka, La Costituzione polacca del 3 maggio 1791: tra tradizione e modernita, in www.historiaconstitucional.com, (revista electrónica) n. 6, 2005 p. 315.

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sfiducia delle Camere riunite, approvata a maggioranza dei due terzi. Venne dichiarata l'indipendenza del potere giudiziario da quello legislativo ed esecutivo, mantenendo, tuttavia, il suo carattere cetuale: i proprietari terrieri, la borghesia e i contadini restavano soggetti ognuno alla propria gerarchia giudiziaria5.

La forma di governo polacca delineata si inseriva nell'ambito della monarchia costituzionale approssimandosi alla moderna forma di governo parlamentare. La Costituzione di maggio rappresentava il risultato finale di un lungo processo storico e della volontà riformatrice del ceto nobiliare che in nome della difesa della libertà e dell’indipendenza della Polonia rinunciò spontaneamente a molti privilegi e a molti diritti tradizionali dimostrando così la propria maturità politica e cittadina. Subito dopo la sua proclamazione essa assunse un valore fortemente simbolico, entrando in maniera permanente nella coscienza collettiva dei polacchi e diventò un esempio al quale si sarebbero richiamati poi altri progetti di riforme politico- istituzionali. Tale Costituzione, riconosciuta da Prussia e Austria, non venne accettata dalla Russia e venne applicata per pochissimo tempo, in quanto la Polonia fu costretta ad aderire alla Lega di Targowica sotto l'egida di Caterina II di Russia. La Costituzione del 3 Maggio contribuirà alla rinascita della Polonia, la quale, dopo aver riacquistato l’indipendenza, le dimostrerà riconoscenza facendone esplicito ricorso nel preambolo della Costituzione del 1921.

1.2 Dalla seconda spartizione della Polonia all'adozione della Costituzione del 1921 (1793 – 1921)

Nel 1793, Russia e Prussia non si limitarono a ripristinare le antiche leggi e consuetudini ma decisero di procedere ad una seconda spartizione del territorio, al punto da lasciare alla Polonia solo un terzo della popolazione della prima spartizione del 1772. Due anni dopo, nel 1795, le potenze occupanti procedettero alla terza spartizione della Polonia, alla quale partecipò nuovamente anche l'Austria e comportò la scomparsa del Regno di Polonia dalla carta geografica per 123 anni.

Nel 1807 la maggior parte dei territori assegnati con la seconda e la terza spartizione alla Prussia passarono alla Francia di Napoleone Bonaparte che istituì il Ducato di Varsavia e concesse la Carta costituzionale. La speranza dei polacchi di una rinascita della Polonia indipendente fu ben presto riposta a seguito della sconfitta di Napoleone a Lipsia e dell'occupazione del Ducato da parte dell'impero zarista.

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Il Congresso di Vienna convocato nel 1814 per ristabilire l'ordine in Europa ribadì il diritto di Austria, Prussia e Russia di incorporare nuovamente i territori polacchi, ad esclusione di Cracovia che venne proclamata città libera. L'atto finale del Congresso di Vienna stabiliva che parte del territorio del Ducato di Varsavia doveva essere trasferito sotto l'autorità dello zar con la denominazione di Regno di Polonia. L'imperatore russo Alessandro I, in base al principio dell'unione personale, divenne contemporaneamente anche re di Polonia. Concesse una Costituzione che prevedeva l'esercizio del potere esecutivo da parte dello zar per il tramite di un Consiglio di Stato polacco ad esso subordinato, mentre il potere legislativo veniva congiuntamente attribuito allo zar e al Sejm bicamerale costituito dal Senato, formato da nobili direttamente nominati dallo zar, e da una Camera degli ambasciatori, formata dai deputati eletti nelle assemblee locali dei nobili. Le competenze del Sejm erano piuttosto ampie, in quantoapprovava il bilancio, le imposte e la legislazione in materia amministrativa e penale, tuttavia lo zar si attribuiva il diritto esclusivo di iniziativa legislativa, di sanzione delle leggi e di scioglimento del Parlamento.

L'insoddisfazione polacca ben presto sfociò nella prima insurrezione di Varsavia del dicembre del 1830, repressa nel sangue da parte dello zar Nicola I. Essa comportò la revoca della Costituzione, in sostituzione della quale venne emanato lo “Statuto Organico”. Veniva ridotta l'autonomia del regno polacco e veniva introdotto un Consiglio di amministrazione «maggiormente malleabile»6. Allo scoppio della seconda

insurrezione nel 1863 anche lo Statuto venne abolito e lo zar Alessandro II impose in Polonia la ripartizione territoriale amministrativa vigente per la Russia, introducendo i governatorati con a capo il governatore che amministrava il territorio per conto dello zar.

La Prima guerra mondiale segnò la fine del dominio zarista sulla Polonia, a seguito dell'avanzata delle truppe tedesche e austriache. Germania e Austria istituirono prima un Consiglio di reggenza polacco poi nel 1918, a seguito del ritiro delle proprie truppe, consegnarono i pieni poteri al maresciallo Pilsudski, considerato l'eroe della liberazione polacca. Il maresciallo Pilsudski, fondatore, tra l'altro, del partito socialista polacco non volle assumere la direzione del Governo ma chiese ed ottenne la carica di “Massima autorità della Repubblica polacca” ossia di Capo dello Stato dotato di ampi poteri che avrebbe potuto esercitare sino alla convocazione del Sejm. Il Sejm, eletto il 26 Gennaio 2019, decise di non procedere immediatamente all'adozione di una nuova Costituzione ma preferì emanare la Risoluzione “Sulla questione dell'affidamento a Jósef Pilsudski 6. C. Filippini, Polonia, cit., p. 24.

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dell'ulteriore esercizio dell'ufficio di Capo dello Stato”, che passò poi alla storia come prima Piccola Costituzione polacca. Quest'ultima confermò la limitazione dei poteri presidenziali, grazie anche alla strenua attività dei partiti di destra che osteggiavano Pilsudski. Il Capo dello Stato, oltre a rappresentare la Nazione, presiedeva l'esecutivo che era responsabile di fronte al Sejm, unico organo titolare del potere legislativo.

Il 17 Marzo 1921 venne adottata la nuova Costituzione della Repubblica di Polonia che delineò una forma di governo parlamentare. Il Capo dello Stato doveva essere eletto congiuntamente dal Sejm e dal Senato, era anche il Capo del potere esecutivo ma i suoi ministri erano politicamente responsabili solo di fronte al Sejm, che poteva sfiduciarli e obbligarli alle dimissioni. Si noti che con l'adozione della Costituzione del 1921 il termine Sejm non venne più utilizzato per indicare l'intero Parlamento bicamerale bensì solo la Camera bassa. Il Presidente della Repubblica poteva procedere allo scioglimento del Sejm e del Senato previo consenso dei tre quinti dei componenti del Senato. Il Senato si trovava in posizione recessiva rispetto al Sejm sotto il profilo del rapporto fiduciario con il Governo e nell'ambito dell'iter legislativo, in quanto la sua opposizione poteva essere superata con una maggioranza degli 11/20 dei voti dei deputati del Sejm. Le elezioni parlamentari del 1922 indette con formula proporzionale comportarono una frammentazione della rappresentanza politica. Ciò nonostante i membri del Sejm neoeletto riuscirono ad accordarsi sulla nomina del Presidente della Repubblica nella figura di Gabrile Narutowicz. Il maresciallo Pilsudski aveva deciso di non candidarsi in quanto non condivideva le forti limitazioni al potere presidenziale inserite nella nuova Costituzione. Sfortunatamente poco tempo dopo, Narutowicz venne assassinato e il Sejm elesse come suo successore Stanislaw Wojciechowski, particolarmente vicino a Jósef Pilsudski7.

1.3 Dal colpo di Stato del maresciallo Pilsudski alla quarta spartizione della Polonia (1926 - 1935)

I frequenti cambi di Governo avvenuti nel triennio 1923 – 1926 congiuntamente alla grave crisi economica alimentarono la sfiducia generale nei confronti delle istituzioni ed in questo contesto Jósef Pilsudski pianificò e realizzò il 14 maggio 1926 un colpo di Stato. Jósef Pilsudski assunse la carica di ministro della Guerra e utilizzò la sua influenza per smantellare la forma di governo parlamentare adottata con la Costituzione del 1921. La carica di Presidente della Repubblica venne assunta da Ignacy Mościcki 7. C. Filippini, Polonia, ivi, pp. 23-26.

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mentre quella di Presidente del Governo da Kazimierz Bartel, nomine imposte dallo stesso Pilsudski al Sejm, pena il suo scioglimento. Fece approvare dal Sejm una significativa modifica alla Costituzione ampliando i poteri presidenziali e diminuendo quelli di quest'organo legislativo. Il Capo dello Stato ottenne il potere di sciogliere il Sejm senza il consenso dei tre quinti dei componenti del Senato ma solo su semplice proposta del Capo dell'esecutivo. Inoltre il Sejm venne privato del diritto di autoscioglimento.

La sua attività di smantellamento dello Stato di diritto proseguì e culminò con la nuova Costituzione adottata nel 1935, in un contesto fortemente repressivo dei partiti dell'opposizione, senza raggiungere le maggioranze qualificate necessarie ed attribuì al Capo dello Stato il potere di emanate decreti legge e decreti legislativi ma soprattutto ridusse i poteri del Capo dell'esecutivo e dei suoi ministri, che divennero responsabili dinanzi al Capo dello Stato. Veniva introdotta una nuova procedura di elezione del Presidente della Repubblica: l'elezione non spettava più al Sejm e al Senato in seduta congiunta ma ad un nuovo collegio di 155 grandi elettori e al Presidente della Repubblica uscente. Entrambi avrebbero dovuto proporre un candidato alla presidenza, qualora la persona fosse stata la stessa avrebbe ottenuto immediatamente la carica, in caso di candidature differenti la decisione veniva rimessa ai cittadini votanti. La Costituzione del 1935 restò in vigore solo quattro anni, in quanto nel settembre 1939 la Germania e la Russia, in attuazione del Protocollo segreto allegato al Patto Ribbentropp – Molotov, occuparono la Polonia attuando la quarta spartizione della stessa8. I territori

occupati dalla Russia vennero nel 1941, in seguito alla denuncia del Patto da parte dei tedeschi, conquistati dalla Germania e posti sotto la diretta sovranità del Reich.

1.4 Dalla Seconda guerra mondiale alla caduta della Polonia socialista (1940 – 1988)

Con l'occupazione nazista e lo scoppio della Seconda guerra mondiale venne costituito un Governo in esilio prima con sede a Parigi poi a Londra con a capo il primo ministro Wladyslaw Sikorski, che nel 1943 morì in un attentato aereo. Il Governo passò quindi nelle mani di Stanislaw Mikolajczyk che potè contare su un esercito nazionale impegnato nella resistenza ai nazisti. Sul territorio polacco però era presente pure il Partito comunista che, impegnato anch'esso nella lotta antinazista, all'avvicinarsi dei sovietici, si organizzò in un Comitato di liberazione nazionale (Pkwn). Il 27 luglio 1944 8. C. Filippini, Polonia, ivi, pp. 27-30.

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i l Pkwn venne riconosciuto dall'Urss mentre gli Stati Uniti e il Regno Unito subordinarono il riconoscimento dello stesso all'inserimento al suo interno anche di membri del Governo polacco in esilio a Londra.

Il Governo provvisorio di unità nazionale costituito il 25 giugno 1945 e rappresentativo di cinque partiti politici9, decise di ripristinare la Costituzione del 1921

sino all'indizione delle elezioni per il Sejm costituente avvenute solo nel 1947 e dove risultò vincitore il Blocco democratico guidato dal Ppr con l'80,1% dei voti. Il Sejm dichiarò di non voler procedere immediatamente alla redazione di una nuova Costituzione ma decise di adottare una normativa provvisoria consistente in una legge costituzionale sulla “creazione ed efficacia degli organi superiori della Repubblica di Polonia” che passò poi alla storia come seconda Piccola Costituzione Polacca. Questa, pur mantenendo alcune istituzioni della Costituzione del 1921, come la carica monocratica del Presidente della Repubblica, attribuì fin da subito al Parlamento il ruolo di “organo supremo della nazione” in ottemperanza al principio di unità del potere statale tipico dello Stato socialista.

I lavori per la nuova Costituzione avviati nel giugno 1949 si conclusero nel luglio 1952 e la Polonia prese ufficialmente il nome di “Repubblica Popolare di Polonia”. La Costituzione del 195210 si conformava ai principi tipici dello Stato socialista: in primo

luogo rifiutava la concezione giusnaturalistica dei diritto dell'uomo e anteponeva i diritti socioeconomici a quelli politici e di libertà, in quanto la tutela dei diritti stessi doveva essere subordinata all'obiettivo primario, ossia la realizzazione della società comunista. Nonostante in Polonia non vigesse il partito unico come in Unione Sovietica e fosse ammessa, quindi la presenza di partiti “satelliti”, il Partito operaio unificato polacco si qualificava come il partito dominante. La struttura istituzionale si basava sul principio dell'unità del potere statale11, della doppia dipendenza12 e del centralismo democratico13.

Nella realtà si traduceva nei vari livelli territoriali in Consigli popolari di comune, di

9. Era fin da subito evidente che il ruolo prevalente sarebbe stato svolto dal Ppr (Partito dei Lavoratori Polacchi), confluendo nel 1948, insieme al Partito Socialista Polacco, nel Partito Operaio Unificato Polacco, che avrebbe governato la Polonia fino al 1989.

10. Mirkine-Guetze’vich, B. Polonia Costituzione della Repubblica popolare polacca promulgata il 22 Luglio 1952 in Le costituzioni europee, Milano 1954.

11. Tutto il potere era concentrato nelle assemblee elettive, ai vari livelli territoriali di governo, che in quanto organi del potere statale, non solo esercitavano la funzione legislativa ma eleggevano, controllavano e revocavano gli organi amministrativi, giurisdizionali e di sorveglianza del proprio livello. 12. Ogni organo dipendeva orizzontalmente dai suoi elettori e verticalmente dagli organi di grado superiore.

13. L'aspetto democratico di questo metodo organizzativo consisteva nella libertà dei membri del partito di discutere e dibattere su politica e direzione, ma una volta che la decisione del partito veniva scelta dal voto della maggioranza, tutti i membri si impegnavano a sostenere quella decisione (l'aspetto centralista). Il centralismo democratico consisteva in «libertà di discussione, unità d'azione.» (Lenin, 1906).

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distretto e di voivodato che eleggevano corrispondenti presidium, articolati in dipartimenti con funzioni amministrative e, a partire dal secondo livello (distretto), eleggevano anche organi giurisdizionali. Al di sopra dei tre livelli territoriali si trovava l'organo supremo del potere statale il Sejm che formava il Consiglio dei ministri e il Consiglio di Stato, introdotto al posto della carica monocratica di Presidente della Repubblica. Questo nuovo organo esercitava collegialmente le funzioni di Capo dello Stato e emanava decreti legge, quest'ultimi obbligatoriamente sottoposti alla successiva approvazione parlamentare. Nel 1957 si attuò una prima revisione costituzionale che introdusse una Corte suprema di controllo alle dipendenze del Sejm.

La Costituzione fu modificata ventiquattro volte, ma la modifica più significativa avvenne nel 1976, quando venne costituzionalmente sancito il superamento dello stadio di “democrazia popolare” e formalizzato il ruolo dominante del Partito operaio

unificato polacco (Poup) nella società polacca. «La Repubblica Popolare di Polonia è

uno Stato socialista» (art.1 Cost.) e «il Partito operaio unificato polacco costituisce la forza politica che guida la società nell'edificazione del socialismo» (art. 3 Cost.)14.

L'affermazione a livello costituzionale del ruolo guida del Poup e la fedeltà del suo Segretario Edward Gierek all'Urss non impedirono la nascita di movimenti talvolta spontanei di resistenza che provocarono ciclicamente numerose proteste di piazza nelle principali città del Paese. La prima di esse si verificò a Poznan il 28 giugno 1956, quando al grido di "pane e libertà" gli operai della città insorsero. La rivolta fu repressa nel sangue e costò la vita ad almeno cento operai. Gli scioperi polacchi del 1970 avvennero nelle regioni settentrionali e in particolar modo nelle città di Danzica, Gdynia e Elblag, a seguito di un improvviso aumento dei prezzi del cibo e di altri beni di consumo. Questa volta la rivolta costò la vita a quarantadue persone. Nel giugno del 1976 l'ennesimo aumento dei beni di prima necessità provocò un'altra ondata di scioperi in tutto il paese, con dimostrazioni violente e saccheggi a Plock e a Radom. Questa volta il Segretario del Poup Edward Gierek agì diversamente: fece dimettere il primo ministro e revocò l'aumento dei prezzi. La successiva agitazione del 1976 portò alla creazione del “Comitato per la difesa degli operai” (Kor) da parte di Jacek Kurón e Adam Michnik che ben presto assunse i connotati di un gruppo di resistenza.

Una quarta grande ondata di scioperi esplose nell'estate del 1980 nei cantieri navali di Danzica ad opera di Lech Walesa, ex elettricista dei cantieri, che aveva contribuito a fondare l'organizzazione clandestina dei Sindacati liberi di Pomerania nel 1979 e assunse la guida delle proteste. Durante l'occupazione dei cantieri fondò il Comitato di 14. C. Filippini, Polonia, ivi, p. 35.

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sciopero interaziendale (Kmi), che concluse i famosi “accordi di Danzica” il 31 agosto

1980. Tali accordi costituiti di ventuno postulati riconoscevano ai lavoratori il diritto alla creazione di nuovi sindacati indipendenti autonomi, il diritto di sciopero, la libertà d'espressione, la libertà di stampa e l'utilizzo dei mezzi di comunicazione da parte delle associazioni professionali.

Il 17 settembre 1980 sulla base della struttura del Kmi nacque il Sindacato indipendente autonomo Solidarność (Nszz), che in pochissimo tempo raccolse circa 10 milioni di lavoratori polacchi, che avevano abbandonato l'organizzazione sindacale ufficiale l'Oppz (Alleanza panpolacca dei sindacati)15. In seguito ad ulteriori

rivendicazioni di Solidarność, il Capo del Governo e Segretario del Poup Wojciech Jaruzelski decise di introdurre lo stato di emergenza16, dichiarò illegale il sindacato

libero e arrestò alcuni suoi membri, tra cui lo stesso Walesa. Ad un'iniziale repressione seguì un'apertura caratterizzata da profonde riforme costituzionali quali l'introduzione di un Tribunale costituzionale e di un Tribunale di Stato nel 1982 in seguito ad approvazione della Legge costituzionale del 26 marzo 1982, del “Difensore dei diritti civili” e dell'istituto del referendum nel 1987.

15. C. Filippini, Polonia, ivi, pp. 35-37.

16. La Costituzione prevedeva la dichiarazione dello stato di emergenza solo in caso di aggressione esterna, l'incostituzionalità della sua proclamazione venne sanata solo successivamente con la legge costituzionale del 22 Luglio 1983 che introdusse la possibilità di dichiararlo anche in caso di minaccia interna alla sicurezza dello Stato.

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CAPITOLO SECONDO

LA TRANSIZIONE ALLA DEMOCRAZIA

2.1 Dagli accordi della Tavola Rotonda alle prime elezioni libere (1989 – 1991) Il complessivo peggioramento della situazione con socioeconomica e il malcontento diffuso per l'assenza di libertà politica provocarono una nuova ondata di scioperi nella primavera-estate del 1988 guidata dal sindacato indipendente autonomo Solidarność. Il

Poup decise, quindi, di aprire una negoziazione con i rappresentanti di Solidarność che

si svolsero, senza rendere pubblica la notizia, nel paese di Magdalenka, residenza estiva del Governo nell'autunno del 1988. In questa sede venne raggiunto il compromesso fondamentale: il Poup si impegnava a legalizzare nuovamente Solidarność e quest'ultimo riconosceva il ruolo guida del Poup sul processo di riforma socioeconomico e istituzionale per la durata di quattro anni. A questo punto le trattative assunsero veste ufficiale e fisicamente si spostarono nel palazzo di governo a Varsavia e terminarono il 5 aprile 1989 con la firma degli “accordi della Tavola rotonda”, che delinearono il nuovo indirizzo politico e aprirono una stagione di intense revisioni costituzionali. Alle trattative di Varsavia presero parte cinquantasette esponenti delle forze politiche di Governo, di Solidarność e della Chiesa cattolica. Quest'ultima assunse il ruolo di garante dell'intero processo.

Con la prima legge di revisione costituzionale venne reintrodotto il Senato che decretò quindi il passaggio da un Parlamento monocamerale a bicamerale. L'organo collegiale del Consiglio di Stato venne sostituito con la carica monocratica del Presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento per un periodo di sei anni. Al Presidente della Repubblica venivano conferite ampie attribuzioni nel campo dell'esercizio del potere esecutivo che introducevano in Polonia elementi tipici delle forme di governo semi presidenziali: avviava la formazione del Consiglio dei ministri, sottoponendo la candidatura del Presidente del Consiglio all'approvazione del Sejm, il neoeletto Presidente doveva ottenere il suo assenso sulle nomine degli altri ministri, da sottoporre poi all'approvazione parlamentare; il Presidente della Repubblica poteva presiedere direttamente il Governo in caso di discussioni di tematiche particolarmente importanti, poteva apporre il veto presidenziale sui progetti di legge sempre superabile dalla maggioranza dei due terzi dei deputati del Sejm, godeva di importanti attribuzioni

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negli ambiti della politica estera e della difesa. In previsione delle prime elezioni semilibere, il diritto di veto rappresentava un freno nei confronti delle possibili fughe in avanti operate da una maggioranza parlamentare imprevedibile, che poteva mettere in discussione i principi socialisti dello Stato o l'alleanza con l'Unione sovietica. Disponeva infine di un potere limitato di scioglimento del Sejm: poteva scioglierlo solo nel caso in cui quest'ultimo non fosse riuscito ad eleggere un nuovo Governo o ad approvare il bilancio entro i tre mesi, oppure nel caso in cui gli avesse impedito l'esercizio delle sue prerogative come garante dell'ordinamento.

Unitamente a questa prima revisione costituzionale venne adottata una nuova disciplina elettorale finalizzata all'elezione di un nuovo Parlamento bicamerale che doveva assicurare la formazione di una maggioranza parlamentare filogovernativa che avrebbe eletto alla carica di Presidente della Repubblica il generale Wojciech Jaruzelski, primo Segretario del Partito operaio unificato polacco dal 18 Ottobre 1981 al 29 luglio 1989, in ottemperanza agli accordi della Tavola Rotonda e nell'ottica di una transizione pacifica rispettosa dell'alleanza con l'Urss. Nel dettaglio la nuova legge elettorale prevedeva che il 65% dei seggi del Sejm (ossia 299 seggi su 460) venissero riservati al

Poup e ai partiti satelliti con la seguente ripartizione: 37,6% al Partito operaio unificato polacco, 16,5% al Partito contadino unificato, 5,9% al Partito democratico, 5% a tre

gruppi cattolici filogovernativi, il restante 35% (161 seggi) liberamente contesi dai restanti partiti. Le elezioni per i componenti del Senato erano invece completamente libere.

Le prime elezioni semilibere del giugno 1989 rivelarono in modo evidente il crollo di consensi del regime, particolarmente evidente in Senato dove il Poup e i suoi partiti satelliti non riuscirono a conseguire nessun seggio. La vittoria di Solidarność fu imponente: al Senato ottenne 99 seggi su 100 (un seggio venne conquistato da un candidato indipendente non designato da Solidarność) e complessivamente ottenne il 46% dei seggi del Parlamento bicamerale. In seguito a questo risultato gli accordi della Tavola rotonda erano ad un passo dalla rottura: se i partiti satelliti del Poup si fossero schierati con Solidarność sarebbe venuta meno la maggioranza in Parlamento per eleggere Wojciech Jaruzelski alla carica di Presidente della Repubblica. Nonostante i timori gli accordi vennero rispettati, almeno per il momento.

Assunta la carica di Presidente della Repubblica, Wojciech Jaruzelski nominò Presidente del Consiglio Czesław Kiszczak, già ministro degli Interni dal 1981 al 1983 che, dopo essere stato eletto dal Sejm, non riuscì a formare il Governo perché si verificò

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quanto temuto: il Partito contadino unificato e il Partito democratico decisero di rompere l'alleanza con il Poup e di schierarsi con Solidarność. Il leader di Solidarność Lech Walesa propose quindi a Wojciech Jaruzelski di nominare Presidente del Consiglio un noto esponente di Solidarność Tadeusz Mazowiecki. Il Capo dello Stato accettò e Tadeusz Mazowiecki, membro fondatore di Solidarność, divenne il primo Presidente del Consiglio non comunista dei Paesi dell'Europa orientale. Al fine di salvaguardare gli accordi della Tavola rotonda, il Governo si presentava come un Governo di coalizione costituito da quattordici ministri di Solidarność, quattro ministri del Partito contadino polacco, tre ministri del Partito democratico e due ministri del

Partito operaio unificato polacco. Grazie a questo Governo si riuscì ad andare ben oltre

i limiti imposti dagli accordi della Tavola rotonda, e venne approvata un'ulteriore legge di revisione costituzionale nel dicembre 1989 che decretò il superamento della forma di Stato socialista, in quanto sostituì la denominazione di “Repubblica popolare di Polonia” in “Repubblica di Polonia”, dove il potere spettava alla “Nazione” e non più al popolo lavoratore. Introdusse il pluripartitismo e eliminò le disposizioni relative al sistema socioeconomico socialista sostituendole con quelle di libertà di iniziativa economica. Come vedremo successivamente, i tempi e le modalità di trasformazione dell'economia costituiranno motivo di conflitto fra i vari partiti e talvolta all'interno dello stesso Solidarność.

In seguito ad un'ulteriore modifica costituzionale del settembre 1990 venne introdotta l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, fortemente voluta da Lech Walesa. Le elezioni indette il 25 novembre 1990 portarono alla vittoria al ballottaggio con il 74,3% dei voti dello stesso Lech Walesa. In completa rottura con il passato regime, egli decise di prestare giuramento secondo la formula previsa dalla Costituzione del 1921. A differenza del suo predecessore, Lech Walesa si distinse fin da subito per la sua presidenza attiva, cercando di ampliare i suoi poteri nell'ambito della formazione del Governo, della politica estera e della difesa, insinuandosi laddove non vi era una definita delimitazione tra le competenze del Capo dello Stato e del Presidente del Consiglio.

I seri contrasti nati tra Mazowiecki e Walesa nell'attuazione delle riforme economiche per la Polonia culminarono nelle candidature contrapposte in occasione delle elezioni per la presidenza della Repubblica. Il risultato elettorale favorevole a Wałesa determinò le immediate dimissioni di Mazowiecki da Capo del governo. Lech Walesa nominò quindi Presidente del Consiglio Jan Krzysztof Bielecki leader del

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Congresso dei democratici liberali (Kld) e particolarmente soggetto all'influenza del

Capo dello Stato. Il ritmo elevato imposto alle riforme economiche volute dal Governo Bielecki e dalle organizzazioni finanziarie internazionali, determinarono inizialmente un peggioramento della situazione economica generale, a cui la popolazione rispose con una nuova ondata di scioperi, i primi dal cambio di regime. Nel frattempo si creò anche una situazione di scontro tra il Presidente-Governo da un lato e il Sejm dall'altro che non riuscì tuttavia a votare la sfiducia nei confronti di un Governo ormai inviso dalla popolazione, creando una paralisi istituzionale che durò quasi un anno e terminò con le prime elezioni libere del Sejm e del Senato del 27 Ottobre 1991.

Le elezioni testimoniarono l'alta frammentazione e l'assenza di strutturazione del sistema partitico: ben ventinove formazioni entrarono nella Camera bassa, al primo posto Unione Democratica con il 12,31% dei voti, al secondo posto Alleanza della

sinistra democratica (Sld) con l'11,98% dei voti. Solidarność smembrata in partiti e

movimenti dai suoi ex dirigenti si attestò al 5,05% dei voti. Lech Walesa tentò, quindi, di formare un Governo tecnico cercando così di mantenere un ruolo determinante nell'esercizio del potere esecutivo ma di fronte all'opposizione del Sejm dovette cedere e nominare Presidente del Consiglio il leader del partito vincitore Unione democratica (UD) Bronislaw Geremek che non riuscì però a formare la compagine governativa. Procedette quindi a nominare Jan Olszewski di Alleanza di centro (PC) che formò un governo di coalizione di destra. Il Governo Olszewski ebbe vita breve (dicembre 1991 -giugno 1992), incontrò numerose difficoltà nelle realizzazione delle riforme economiche e divenne ben presto un governo di minoranza, si scontrò con lo stesso Walesa al quale rifiutava di sottomettersi e infine il Sejm gli votò la sfiducia. Dopo le dimissioni di Olszewski, Walesa propose come nuovo Presidente del Consiglio il leader del Partito contadino polacco (partito postcomunista), Waldemar Pawlak fortemente osteggiato dai partiti dell'area post-Solidarność che temevano il ritorno del socialismo al potere. Revocato il mandato a Pawlak, essi riuscirono ad ottenere l'elezione di Hanna Suchocka, specialista di diritto costituzionale17.

2.2 La Piccola Costituzione del 1992

I lavori per la redazione di una nuova Costituzione erano già stati intrapresi dal Sejm nel 1989, tuttavia la presenza di un Sejm non eletto liberamente dal popolo impediva l'approvazione della nuova Costituzione. Questo ostacolo venne rimosso con le prime 17. C. Filippini, Polonia, ivi, pp. 39-48.

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elezioni libere dell'ottobre 1991, quando sopraggiunse un nuovo impedimento. La rappresentanza politica frammentata prodotta dalle elezioni impediva il raggiungimento della maggioranza dei due terzi al Sejm necessaria per approvare la nuova Costituzione. Di fronte a queste problematiche il Sejm decise di intraprendere due strade parallele: la prima consisteva nell'adottare una legge costituzionale che avrebbe definito “le modalità di elaborazione e adozione della Costituzione della Repubblica di Polonia”18, che

stabiliva una nuova procedura per l'approvazione del testo costituzionale divisa in due fasi, la prima parlamentare e la seconda referendaria; la seconda consisteva nel convocare una “commissione straordinaria” incaricata di emendare l'ordinamento vigente relativamente ai rapporti tra Capo dello Stato, Governo e Parlamento e dell'autogoverno locale.

La commissione straordinaria elaborò la legge costituzionale “Sulle relazioni reciproche tra Potere esecutivo e Potere legislativo e sull'autogoverno locale” che, previa approvazione del Sejm, entrò in vigore l'8 dicembre 1992. Venne ribattezzata terza Piccola Costituzione polacca e si inserì pienamente nel solco della tradizione dopo la prima Piccola Costituzione del 1919 e la seconda Piccola Costituzione del 1947. La Piccola Costituzione depose formalmente la Costituzione della Repubblica Popolare di Polonia del 1952 ma lasciò in vigore numerose disposizioni di quest'ultima in parte già soggette a revisione costituzionale che privarono la Polonia di un insieme organico di norme costituzionali.

La Piccola Costituzione del 199219 ampliò il ruolo del Presidente del Consiglio e del

Governo ma non comportò l'emarginazione del ruolo del Capo dello Stato rispetto al potere esecutivo, che anzi mantenne un ruolo molto attivo. Il Presidente della Repubblica manteneva il diritto di presiedere il Consiglio dei ministri qualora insorgessero questioni di particolare importanza, di esercitare «la supervisione generale nell'ambito dei rapporti internazionali» (art.32 c.1, PC), di esercitare «la supervisione generale relativa alla sicurezza esterna ed interna dello Stato» (art.43, PC). Gli veniva, altresì riconosciuto l'esercizio del diritto di veto, del diritto di iniziativa legislativa così come l'ultima decisione in merito alla promulgazione o meno di decreti legislativi adottati dal Governo su delega del Parlamento.

Per quanto riguardava la formazione del Governo veniva introdotto un procedimento

18. Legge costituzionale del 23 aprile 1992 che abolì la maggioranza dei due terzi del Sejm prevista dalla Costituzione socialista per la revisione costituzionale.

19. M. Ganino, C. Filippini, A. Di Gregorio, Governi e Parlamenti nei Paesi dell'Europa orientale (Polonia, Lituania, Ungheria, Repubblica ceca) l'equilibrio innanzitutto, Torino, Giappichelli Editore, 2012, pp. 16-21.

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assai complesso avviato dal Presidente della Repubblica, al quale spettava nominare direttamente il Presidente del Consiglio e gli altri ministri da questo proposti. Entro quattordici giorni dalla nomina presidenziale il Presidente del Consiglio dei ministri doveva presentarsi al Sejm per chiedere la fiducia che doveva essere concessa a maggioranza assoluta dei voti. Nel caso in cui ciò non avesse luogo l’iniziativa passava a l S e j m il quale, entro ventuno giorni, avrebbe dovuto direttamente eleggere a maggioranza assoluta dei voti un altro Presidente del Consiglio e, su proposta di quest’ultimo, la lista dei ministri che sarebbero stati successivamente nominati dal Presidente della Repubblica. Qualora questo passaggio non si fosse concluso positivamente l’iniziativa passava di nuovo al Presidente della Repubblica, ma in questo caso il Sejm poteva concedere la fiducia a maggioranza semplice. In caso di conclusione negativa interveniva di nuovo il Sejm, che poteva eleggere il Consiglio dei ministri anche solo a maggioranza relativa. Infine, qualora il Sejm non fosse riuscito ad eleggere un Governo neppure al quarto tentativo, l’ultima scelta restava al Presidente della Repubblica il quale decideva o di sciogliere direttamente la Camera bassa del Parlamento oppure di nominare, anche senza l’approvazione del Sejm, il Presidente del Consiglio prescelto che rimaneva in carica al massimo sei mesi. Scaduto questo termine anche il Sejm era destinato allo scioglimento, tranne il caso in cui quest’ultimo, entro lo stesso periodo, votasse la fiducia al Governo o ne eleggesse di nuovo.

Dalla Piccola Costituzione ne uscì rafforzato anche il ruolo del Presidente del Consiglio in quanto presentava «la proposta relativa alla nomina dei ministri degli Affari Esteri, della Difesa Nazionale e degli Interni previa consultazione con il Presidente della Repubblica» (art.61, PC). Di conseguenza il Presidente del Consiglio non doveva più ottenere l'assenso del Presidente della Repubblica per la nomina di tutti gli altri ministri. Il Consiglio dei ministri prendeva decisioni in merito « a tutto ciò che riguarda la politica dello Stato, tranne per quelle materie che questa legge costituzionale o un'altra legge non abbiano riservato al Presidente o a un altro organo dell'amministrazione statale o locale» (art.52 c.1, PC). Infine l'istituzione della sfiducia costruttiva consolidava la posizione del Presidente del Consiglio. Il Sejm manteneva il diritto all'autoscioglimento ma poteva essere sciolto in caso di sfiducia di tipo distruttivo ai danni del Governo20 e nel caso in cui non avesse approvato la legge di

bilancio entro tre mesi.

La Piccola Costituzione, pur avendo razionalizzato le competenze degli organi istituzionali, tuttavia, non eliminava le sovrapposizioni tra Capo dello Stato e Consiglio 20. La Piccola Costituzione mantenne entrambe le tipologie di sfiducia: costruttiva e distruttiva.

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dei ministri. Infatti se al Capo dello Stato spettava la supervisione generale nell'ambito dei rapporti internazionali e della sicurezza esterna e interna dello Stato, al Consiglio dei ministri spettava il compito di «dirigere gli affari interni e la politica estera della Repubblica di Polonia» (art.51 c.1, PC), di «mantenere rapporti e stipulare trattati con i Governi degli Stati esteri e con le organizzazioni internazionali» (art.52 c.2 p.7 PC) e di «assicurare la sicurezza esterna ed interna dello Stato» (art.52 c.2 p.8 PC). Di lì a poco, l'interpretazione di queste disposizioni sarebbe dipesa principalmente dall'evoluzione del quadro politico.

2.3 La Costituzione del 1997: libertà, diritti e doveri dell'uomo e del cittadino La legge costituzionale del 23 aprile 1992 sulle “Modalità d'elaborazione e adozione della Costituzione della Repubblica di Polonia” prevedeva l'elezione di una commissione mista costituita da quarantasei deputati e dieci senatori incaricati dell'elaborazione di una nuova Costituzione. Questi vennero eletti dal Sejm nell'ottobre del 1992 e iniziarono il loro mandato analizzando ben otto progetti che provenivano dal Presidente della Repubblica, dal Senato, dai vari partiti e ad essi si aggiunsero anche quelli provenienti dai cittadini elettori. Le differenze più importanti riguardavano l'alternativa tra il rafforzamento del Presidente della Repubblica o del Governo o del Presidente del Consiglio, a causa dell'alta conflittualità istituzionale che aveva dominato i primi anni dopo la transizione. L'attività della commissione venne rallentata dalle continue obiezioni sollevate dal Capo dello Stato, dalla Chiesa, dai vari organi istituzionali, dai sindacati e dai vari partiti. La versione finale del progetto, dopo essere stata approvata in prima lettura dalla commissione, approdò alle due Camere riunite in Assemblea Nazionale il 22 marzo 1997 che la approvò in seconda lettura alla maggioranza dei due terzi. Il testo costituzionale venne poi presentato al Presidente della Repubblica Aleksander Kwaśniewski21che lo rimandò all'Assemblea nazionale

introducendo degli emendamenti. Quest'ultima approvò definitivamente in terza lettura il progetto il 2 aprile 1997 con 451 voti a favore, 40 contrari e 6 astenuti. Il secondo e ultimo passo per l'adozione della Costituzione consisteva nell'indizione del referendum da parte del Presidente della Repubblica. Al referendum costituzionale del 25 maggio 1997 parteciparono il 43% degli elettori, di essi il 52,7% espresse parere favorevole all'adozione del testo costituzionale, mentre una parte cospicua ben il 46% espresse 21. Presidente della Repubblica polacca per due mandati consecutivi dal 23 dicembre 1995 al 23 dicembre 2005.

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