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La “conquista” della Corte Costituzionale ad opera della maggioranza d

Lo scontro Corte Costituzionale – Governo ha subito un'accelerazione verso la fine dell'anno 2016. Falliva l’8 ottobre un tentativo da parte del Tribunale costituzionale di adottare un nuovo proprio regolamento, come previsto dalla legge del 22 luglio 2016. Secondo i nove giudici ancora in carica ed eletti prima del 2015, tra i quali il Presidente Andrzej Rzeplinski, spettava al regolamento indicare i criteri di selezione dei candidati tra i quali il Presidente della Repubblica doveva scegliere il nuovo Presidente. Il mandato di Andrzej Rzeplinski si avviava alla scadenza prevista per il 19 dicembre 2016. I tre giudici eletti a dicembre del 2015 protestavano contro il fatto che Andrzej Rzeplinski non ammetteva all’esercizio delle funzioni i giudici Mariusz Muszynski, Lech Morawski, Henryk Cioch, eletti nella stessa data e ammessi a prestare giuramento presso il Capo dello Stato in violazione della sentenza K 34/15. Secondo tale sentenza era legittima la disposizione della norma della legge del 25 giugno 2015 che consentiva al Sejm uscente di eleggere tale quota di candidati poiché i mandati dei predecessori scadevano prima dello spirare della precedente legislatura. Furono quindi eletti Roman Hauser, Andrzej Jakubecki, Krzysztof Slebzak, che non avrebbero mai assunto lo status di giudice costituzionale per il rifiuto di Andrzej Duda a riceverne il giuramento.

Il Presidente Rzeplinski, da molti considerato una punta di diamante della resistenza tecnica all'indirizzo politico di governo di Diritto e Giustizia si ostinò ad escludere i suddetti tre giudici dalla composizione del collegio giudicante che avrebbe dovuto adottare il nuovo regolamento e ciò determinò l’abbandono per protesta dell’adunanza da parte dei restanti nuovi giudici Julia Przyłębska, Piotr Pszczółkowski e Zbigniew Jędrzejewski, la cui legittimazione invece era indiscussa102. Cadde quindi il quorum dei

dieci giudici necessario per deliberare. L’assenza ripetuta nelle settimane successive di

102. J. Sawicki, La conquista della Corte Costituzionale ad opera della maggioranza che non si riconosce nella Costituzione in Nomos, le attualita nel diritto, 3, 2016.

questi tre giudici che giustificarono il loro impedimento tramite certificati medici paralizzò l'attività lavorativa del collegio che non riuscì ad adottare il regolamento. La legge del 30 novembre 2016 sull'organizzazione e sui procedimenti dinanzi al Tribunale costituzionale adottata dal Parlamento risolveva, a favore della maggioranza parlamentare, la controversia creatasi introducendo criteri di selezione dei candidati alla carica di Presidente del Tribunale molto più favorevoli alla scelta di un esponente vicino al partito di Governo segnando la conquista dell'organo costituzionale. I criteri previsti dalla nuova legge prevedevano l'elezione alla carica di Presidente di un giudice avente la maggiore anzianità di servizio o come giudice del Tribunale costituzionale o come magistrato di carriera ovvero come dirigente presso la pubblica amministrazione. Veniva introdotta la figura del Presidente ad interim, destinato a ricoprire la carica fino alla nomina di un nuovo Presidente ed incaricato di guidare la nuova procedura di selezione per la relativa nomina. Il 20 dicembre 2015, il Presidente della Repubblica Andrzej Duda nominò quindi Julia Przyłębska nuova Presidente del Tribunale, in quanto avente i requisiti richiesti. Quest'ultima ammise all’esercizio delle funzioni i giudici Mariusz Muszynski, Lech Morawski, Henryk Cioch che da mesi avevano ormai solo lo status di dipendenti. Diritto e Giustizia poteva ora contare sulla fedeltà di sette dei quindici giudici dell’organo. Il suo Vice-presidente Stanisław Biernat, il cui mandato scadeva nella primavera 2017, venne, con una prassi inusuale, indotto da Julia Przyłębska a usufruire di un lungo periodo di ferie arretrate in attesa della fuoriuscita definitiva. Di lì a poco, il 5 luglio 2017, il Presidente della Repubblica Andrzej Duda nominò Mariusz Muszynski nuovo Vice-presidente del Tribunale, nonostante fosse uno dei tre giudici nominati illegittimamente.

La legge del 22 luglio 2016 venne quindi definitivamente sostituita dalla legge citata del 30 novembre 2016 sull'organizzazione e sui procedimenti dinanzi al Tribunale costituzionale, dalla legge sempre del 30 novembre 2016 sullo status dei giudici del Tribunale costituzionale e dalla legge del 13 dicembre 2016 recante disposizioni introduttive alla legge sull'organizzazione e sui procedimenti dinanzi al Tribunale costituzionale e alla legge sullo status dei giudici del Tribunale costituzionale.

La legge sullo status dei giudici costituzionali imponeva a coloro che ricoprivano tale carica di rilasciare dichiarazioni pubbliche sul proprio stato patrimoniale e di rassegnare le dimissioni qualora, compiuti i settanta anni di età, non fossero in grado di produrre un certificato medico attestante buone condizioni di salute.

l’interruzione della gravidanza particolarmente restrittiva che mirava ad eliminare le uniche tre condizioni che consentivano a una donna in Polonia di effettuare un aborto legale ossia la violenza sessuale, il pericolo di vita per la donna incinta e la presenza di gravi malformazioni genetiche nel feto. Questa proposta spinse decine di migliaia di persone, soprattutto donne, a scendere nelle piazze dando vita alla “czarny protest” ossia alla “protesta nera”. Quest'ultima avrebbe sortito il suo effetto, in quanto Diritto e

Giustizia decise di rigettare il disegno di legge.

Poco tempo dopo, il 16 dicembre si aprì uno scontro in Parlamento senza precedenti. Il Maresciallo del Sejm Marek Kuchcinski comunicò ufficialmente l'adozione di misure restrittive nei confronti dei mezzi di informazione che quotidianamente seguivano i lavori parlamentari. I giornalisti ammessi, al massimo due per ogni testata giornalistica, non sarebbero potuti più accedere all'aula del Sejm e agli altri edifici principali del Parlamento, ma sarebbero stati “ospitati” in un edificio ai margini del complesso istituzionale. Saltuariamente ed in precise occasioni dietro il rilascio di permessi speciali avrebbero potuto accedere anche agli edifici principali del Parlamento, ma con il divieto di registrare immagini e suoni. Questa disposizione risultò chiaramente in palese contrasto con l'art. 61 c.2 della Costituzione, in quanto «il diritto a ottenere informazioni comprende l’accesso ai documenti nonché alle sedute collegiali degli organi di potere pubblico legittimati da elezioni generali, con la possibilità di riprodurne i suoni o le immagini».

Questa misura restrittiva provocò una protesta da parte dei giornalisti che si concentrarono fuori della sede parlamentare. Mentre era in discussione la legge di approvazione del bilancio preventivo per l'anno 2017, un deputato del partito di opposizione Piattaforma civica Michał Szczerba inscenò una protesta con un cartello con la scritta “media liberi” e si rivolse in tono ironico al Maresciallo del Sejm Marek Kuchcinski. Quest'ultimo perse la calma e senza l'adozione di soluzioni conciliatorie, espulse il deputato. A difesa del proprio membro di partito, gli altri deputati della

Piattaforma civica, a cui si aggiunsero alcuni deputati del partito liberale Moderna e del

Partito agrario Psl, insorsero e occuparono l'aula. Il Maresciallo fu costretto a spostare i lavori in un altra sala, denominata “Sala delle colonne”, ai quali continuarono a partecipare solo i partiti di maggioranza e alcuni parlamentari del gruppo Kukiz. Quest'aula era priva delle attrezzature tecniche necessarie per effettuare votazioni con scrutinio elettronico palese e di telecamere di qualità scadente, per cui non fu possibile verificare il numero effettivo dei deputati presenti. Alla presenza di 236 deputati, di

fatto superiore al quorum strutturale minimo di 231 deputati, la legge veniva approvata con la maggioranza dei voti. Tuttavia da immagini diffuse da alcuni mass media appariva che alcune postazioni fossero state occupate da assistenti e funzionari dell'edificio. Ad avvalorare le perplessità sulla legittimità delle votazioni fu lo scrutinio dei voti stesso effettuato per alzata di mano senza indicare i nominativi dei votanti, che non erano stati inseriti neppure nel verbale di seduta. Nel verbale ci si limitò a trascrivere la votazione dei sei settori della sala, senza precisare i componenti di tali settori. Nel frattempo la protesta fuori dal Parlamento si inaspriva e, accanto ai giornalisti, si affiancarono anche molti cittadini. La forza di polizia fu costretta ad intervenire ed ad attuare un deflusso forzato dei dimostranti che accettarono di ritirarsi.

Dopo settimane di occupazione del Sejm la crisi parlamentare si concluse il 9 gennaio 2017. Il Maresciallo del Sejm Marek Kuchcinski dovette abbandonare il provvedimento restrittivo concernente l'accesso dei mezzi di informazione ai lavori parlamentari e l'opposizione ottenne anche il diritto di mettere ai voti gli emendamenti al bilancio 2017 che non poterono essere votati lo scorso dicembre.

5.2 La seconda raccomandazione della Commissione europea n. 146 del 21

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