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Analisi della struttura giuridica della concessione di servizi alla luce del diritto europeo e nazionale.

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

Analisi della struttura giuridica della

concessione di servizi alla luce del diritto

europeo e nazionale

Il Candidato

Il Relatore

Chiara Crespiani

Chiar.mo Prof. Alfredo Fioritto

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SOMMARIO

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO I ... 6

1. LACOLLABORAZIONETRAPUBBLICOEPRIVATO ... 6

1.1 Collaborazione tra pubblico e privato nel diritto europeo ... 8

1.1.1 Principi generali ... 9

1.1.2 Caratteri essenziali del partenariato pubblico privato .... 10

1.2 Collaborazione tra pubblico e privato nell’ordinamento italiano ... 12

1.2.1 Origine ed evoluzione ... 14

1.2.2 Disciplina del PPP nel Codice dei contratti pubblici ... 15

2. ISTITUTODELLACONCESSIONE ... 19

2.1 Origine, natura giuridica e profili definitori ... 19

2.2 Concessione di lavori ... 20

2.3 Concessione di servizi ... 23

2.3.1 Tipi di servizi ... 25

2.4 Distinzione tra concessione di lavori e concessione di servizi 26 2.5 Differenza concessione e appalto ... 27

2.6 Contratti misti ... 31

2.7 Concessione come strumento di PPP ... 32

2.7.1 Distinzione tra contratto di concessione e contratto di PPP ... 34

3. EVOLUZIONEDELQUADRONORMATIVO ... 36

3.1 Nuove direttive europee su appalti e concessioni e il loro recepimento nell’ordinamento italiano ... 39

3.2 Contratto di concessione nel d. lgs n. 50/2016 ... 42

3.2.1 Procedure di affidamento ... 46

3.2.2 Fase di esecuzione ... 47

CAPITOLO II ... 54

1. ILRAPPORTOTRAL’ISTITUTOCONCESSORIOELANOZIONEDI SERVIZIO ... 54

1.1 Ordinamento italiano ... 54

1.1.1 Servizio pubblico: teoria oggettiva e teoria soggettiva ... 55

1.1.2 Concessione di servizio pubblico ... 57

1.2 Ordinamento comunitario ... 64

1.2.1 Tre fasi del concetto comunitario di servizi di interesse economico generale ... 66

1.2.2 Definizione comunitaria di concessione ... 73

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2

2.1 Direttive europee ... 78

2.2 Recepimento nell’ordinamento italiano ... 82

2.3 Ricostruzione della natura giuridica della concessione di servizi ... 84

3. CONCESSIONEDISERVIZIPUBBLICIECONCESSIONE COMUNITARIA:ISTITUTIACONFRONTO ... 88

3.1 Il rischio in capo al concessionario: caratteristica fondamentale del contratto di concessione ... 91

3.1.1 Ordinamento europeo ... 92

3.1.2 Ordinamento italiano ... 94

3.1.3 Concessioni in caso di settori con tariffe regolamentate 96 3.2 La concessione di servizi pubblici verso il contratto di concessione comunitaria ... 97

CAPITOLO III ... 105

1. LASTRUTTURACONTRATTUALEDELLACONCESSIONEDISERVIZI 105 1.1 Fattispecie escluse dal contratto di concessione ... 105

1.2 Il contratto di servizio antenato del contratto di concessione. ... 112

1.2.1 Ordinamento comunitario ... 112

1.2.2 Ordinamento nazionale ... 114

1.3 Elementi costitutivi del contratto di concessione ... 118

1.3.1 L’accordo tra amministrazione e operatore economico ... 119

1.3.2 La causa del contratto di concessione ... 121

1.3.3 L’oggetto e la forma del contratto di concessione ... 123

1.4 Novità nel regime giuridico del contratto di concessione .... 127

1.4.1 Le procedure di affidamento ... 127

1.4.2 Le modifiche in corso di esecuzione ... 131

1.4.3 La durata del contratto ... 137

1.4.4 Interruzioni patologiche della concessione ... 141

1.5 Riparto di giurisdizione ... 149

CONCLUSIONI ... 156

BIBLIOGRAFIA ... 158

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3

INTRODUZIONE

Le forme di collaborazione tra pubblico e privato sono state utilizzate sin dai tempi più remoti sia in ambito comunitario che nazionale in un’ottica di sviluppo del mercato, in virtù di una migliore allocazione delle risorse sia pubbliche che private. In particolare, oggetto della presente tesi è una specifica forma di partenariato contrattuale: la concessione. Quest’ultima rappresenta uno strumento di sviluppo a lungo termine, di infrastrutture e di servizi, in quanto contribuisce al miglioramento del raggiungimento di livelli di concorrenza del mercato interno, consentendo di beneficiare delle competenze del settore privato e contribuendo a conseguire innovazione ed efficienza anche nell’uso di fondi pubblici1.

Nel primo capitolo vengono analizzati i principi fondamentali che stanno alla base della collaborazione pubblica e privata nell’ordinamento europeo e italiano. Nello specifico, l’istituto concessorio viene delineato nelle sue diverse sfaccettare in rapporto ad altri istituti, sottolineando rispetto a questi ultimi, i punti in comune e le differenze più significative. Di fondamentale importanza, per comprendere a pieno lo sviluppo dell’istituto concessorio, è l’evoluzione del quadro normativo. Infatti, vengono definite le origini, la natura e i profili definitori della concessione; inizialmente attraverso la disciplina specifica prevista per le concessioni di lavori; e solo successivamente anche attraverso il regime previsto per le concessioni di servizi. Il quadro normativo completo, mette in luce le più significative novità rispetto al passato, comprende le Direttive europee in materia di appalti e concessioni del 2014 con il loro conseguente recepimento nell’ordinamento italiano attraverso il d. lgs. 50/2016.

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Il secondo capitolo si concentra maggiormente sul rapporto intercorrente tra l’istituto comunitario della concessione di servizi e la problematica dei pubblici servizi. La nozione di concessione di servizi, seppur rimasta in ombra per lungo tempo, inizia a farsi strada nel 1990 con la proposta di direttiva sugli appalti di servizi. L’evoluzione della concessione di servizi va di pari passo con l’evoluzione del concetto di servizi di interesse generale economico e non economico. L’obbiettivo dell’Unione, seguendo la scia di ciò che era avvenuto in riferimento alla disciplina degli appalti pubblici, era quello di prevedere un unico regime per le concessioni di servizi, in tutti gli Stati membri. I rispettivi venti nazionalisti però impedirono la realizzazione di questo progetto e per questo motivo le Direttive europee del 2004 stabilirono solo il concetto di concessione di servizi, ma non un vero e proprio regime giuridico. Il successivo pacchetto di Direttive del 2014 segnò un punto di svolta in quanto venne stabilito che ciascun Stato membro poteva delineare il proprio concetto di servizio di interesse generale avendo ampio potere di autorganizzazione dei propri servizi pubblici. Al centro dell’analisi del presente capitolo, vi è la ricostruzione dal punto di vista storico e dogmatico della concessione amministrativa nel diritto italiano, alla luce delle sfide lanciate dal diritto europeo. In virtù del mercato unico dei servizi, della politica della concorrenza, ma anche di una concezione del potere amministrativo più paritario rispetto ai punti di riferimento nazionali, è stato possibile riscontrare una trasformazione della concessione: da provvedimento amministrativo autoritativo ad un normale contratto “di servizio” retto sostanzialmente dal diritto privato. Scopo di questa tesi è trovare un punto di equilibrio per poter delineare la struttura della concessione di servizi, il quale sembra essere riscontrabile nella struttura contrattuale della medesima.

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5

Nel terzo capitolo, se da un lato vengono analizzate le fattispecie escluse dal contratto di concessione e quelle oggetto di specifiche discipline. Dall’altro lato, viene effettuata un’analisi completa degli elementi costitutivi del contratto di concessione: dalla fase di affidamento a quella di esecuzione sino al riparto di giurisdizione. Inoltre, a sostegno della tesi contrattualistica della concessione di servizi, vengono messe in luce, tutte le novità rispetto alla disciplina precedente del vecchio Codice dei contratti pubblici e, le specificità degli istituti presenti nel Codice dei contratti pubblici alla luce della compatibilità con il Codice civile.

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6

CAPITOLO I

1. LA COLLABORAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO

La collaborazione tra pubblico e privato è un fenomeno noto consolidatosi nel tempo. Le pubbliche amministrazioni cercano il contributo del privato per svolgere compiti che per molto tempo sono stati di loro esclusiva spettanza. Come segnalato da attenta dottrina, “Il procedere per associazione tra pubblico e privato è la caratteristica maggiormente indicativa della transazione tra gli ordinamenti di ieri e quelli di domani”. 2 Per collaborazione si intende cooperazione tra

pubblico e privato nello svolgimento di un’attività di interesse collettivo. L’intensità di questa cooperazione è determinata dal legislatore a seconda della diversa attività, settore, in cui si vuole operare o obbiettivo che si vuole raggiungere. La scelta sulla collaborazione, rispetto alle diverse forme che può assumere, ricade a favore dell’istituto più confacente alla realtà economica dell’operazione da realizzare o alla consistenza degli assetti organizzati esistenti. Ciò che rileva, è la consapevolezza della necessità di uno stretto collegamento tra i temi di collaborazione e i temi del coordinamento amministrativo. Per molto tempo, i settori che hanno maggiormente interessato le forme di collaborazione con il privato sono stati quelli delle opere e servizi pubblici. La concessione è stato lo strumento per eccellenza che ha permesso di realizzare collaborazioni stabili con il privato, per lo svolgimento di compiti pubblici o per la concretizzazione di interventi complessi sul territorio3. La

collaborazione tra pubblico e privato è alternativa alle privatizzazioni. È uno strumento di organizzazione e gestione delle funzioni pubbliche

2 Berti G., Introduzione, Rapporti associativi tra amministrazioni pubbliche e

imprese, Bologna, 1994.

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7

che lascia alle pubbliche amministrazioni libera scelta tra l’avvalersi di soggetti privati o di esercitare autonomamente i compiti istituzionali. Inoltre, la collaborazione presuppone un rapporto giuridico tra soggetti pubblici e privati che è estraneo sia alla riduzione della sfera pubblica, sia alla pubblicizzazione delle attività private4.

L’interesse della pubblica amministrazione, con l’affidamento ad un privato della gestione di un servizio, consiste in uno sgravo degli oneri economici e finanziari ricorrendo ad energie e capitali privati, ma anche in un arricchimento di conoscenze tecniche e scientifiche del privato nelle aeree strategiche degli affari, al fine di garantire un servizio efficiente ed efficace. La collaborazione tra pubblico e privato presuppone un’Amministrazione forte, capace di dialogare con il privato e quando necessario contrastarlo. A sua volta, il privato trae beneficio da un rapporto di partnership con la pubblica amministrazione, che gli consente di investire in un rapporto più o meno paritario e di partecipare al procedimento decisionale relativo alla cosa pubblica5.

Le prime forme di collaborazione tra pubblico e privato sono state quelle contrattuali: “la contrattualizzazione delle politiche pubbliche rappresenta una via di mezzo tra Stato e il mercato. E’ un modo per risolvere i problemi pubblici senza fare ricorso all’autorità o alla legge, né agli automatismi del mercato, ma piuttosto attraverso l’aggiustamento consapevole degli interessi degli attori in gioco e la ricerca del consenso su obiettivi e strumenti comuni”6. La dottrina

gius-privatistica ha potuto constatare che l’evoluzione del contratto segue

4 Risoluzione Parlamento europeo del 16.10.2006, riguardo ai PPP e diritto

comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni.

5 Bonfanti V., Il partenariato pubblico privato alla luce del nuovo codice dei contratti

pubblici, 20 luglio 2016

6 Bobbio L., Produzione di politiche a mezzo di contratti nella pubblica

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l’evoluzione dell’economia. Nel tempo si è passati da una concezione di contratto nell’ottica di un’economia mercantile, ad un’ottica di economia industriale, ed infine il contratto come mezzo di allocazione dei servizi. Il contratto consente, sia sul piano organizzativo sia sul piano funzionale, di coordinare l’azione amministrativa incentivando il lavoro insieme ai soggetti privati. La linea di confine tra pubblico e privato, tra i loro regimi giuridici e i loro campi di azione è sempre più sfumata, per questo è frequente che si creino “zone grigie” in cui è rinvenibile la compresenza di entrambi i soggetti7.

1.1 Collaborazione tra pubblico e privato nel diritto europeo

A livello europeo si è sentita la necessità di disciplinare una prassi amministrativa, discendente dall’esperienza dei paesi anglosassoni, denominata Private Finance Initiative. Nel corso del tempo, sono state definite alcune fattispecie negoziali, caratterizzate dalla collaborazione tra pubblico e privato, per la gestione di un’opera pubblica o di pubblico interesse. Questa forma di collaborazione, denominata “partenariato”, viene indicata dalle Nazioni Unite come condizione essenziale per raggiungere gli obbiettivi di un equo sviluppo economico e sociale indicati nella Dichiarazione del Millennio del 20008. Nella

prospettiva europea, il partenariato è un vero e proprio principio che condiziona l’assetto organizzativo e le azioni delle istituzioni europee e delle Pubbliche Amministrazioni che con esse si relazionano9. In

particolare, il partenariato pubblico privato può coinvolgere globalmente soggetti istituzionali pubblici e soggetti privati. Da un lato, il partenariato nasce come strumento per la realizzazione di una

7 Napolitano G., Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano, 2003

8 Chiti M.P, Il partenariato pubblico-privato, Concessioni Finanzia di progetto Società

miste Fondazioni, Napoli, 2009

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9

politica di coesione sociale. Dall’altro, viene visto come modello di organizzazione tra amministrazioni pubbliche e privati, teso a realizzare un compito pubblico.

1.1.1 Principi generali

In assenza di una disciplina unitaria di questo fenomeno, l’ordinamento sovranazionale ha cercato di fornire alcune linee guida, servendosi di alcuni documenti di soft law. In particolare, un Libro Verde, una

Comunicazione della Commissione ed una Risoluzione del Parlamento

europeo10. In questi documenti l’Unione europea, affermando

l’esistenza di una molteplicità di figure riconducibili alle forme di partenariato, ha cercato di delineare una serie di principi generali di riferimento, comuni alle singole figure. I principi che valgono per le singole figure sono validi anche per il partenariato. Questi principi

comuni vanno ricercati nell’ordinamento comunitario

complessivamente considerato. Nel diritto degli appalti e delle concessioni l’affidamento – nel caso specifico di partenariato, la scelta del partner privato – deve avvenire nel rispetto del principio di libera concorrenza ex artt. 49 e 56 TFUE. Inoltre, è necessario il rispetto del principio di parità di trattamento e non discriminazione in base alla nazionalità ex artt. 18, 49 e 56 TFUE. Entrambi quest’ultimi due principi sono da leggersi in una visuale più ampia, come garanzia per la realizzazione della concorrenza nel mercato ex art. 101, comma 1, TFUE. Di conseguenza, dal principio di parità e non discriminazione discendono il principio di uguaglianza, trasparenza e pubblicità nelle procedure di scelta e affidamento del partner privato. Infine, fondamentale è il rispetto del principio di mutuo riconoscimento e

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proporzionalità che traslato a livello di partenariato pubblico privato, implica: nel primo caso, che la libera circolazione di merci, persone e servizi avvenga con il soddisfacimento di requisiti richiesti dal partner privato quando requisiti uguali sussistono nell’ordinamento del Paese di provenienza. Nel secondo caso, è necessario che il partner privato abbia tecniche, professionali e finanziarie, proporzionate rispetto all’oggetto del partenariato. È possibile trovare una sintesi di questi principi in un passo del Libro Verde: “il regime che deriva dalle disposizioni pertinenti del Trattato può essere riassunto negli obblighi seguenti: fissazione delle norme applicabili alla selezione del partner privato, pubblicità adeguata riguardo all’intenzione di assegnare una concessione ed alle norme che regolamentano la selezione al fine di permettere un controllo dell’imparzialità nel corso della procedura, messa in concorrenza reale degli operatori potenzialmente interessati e/o in grado di garantire lo svolgimento dei compiti in questione, rispetto del principio di parità di trattamento di tutti i partecipanti nel corso della procedura, aggiudicazione sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori”11.

1.1.2 Caratteri essenziali del partenariato pubblico privato

La Commissione europea nel Libro Verde delinea una serie di elementi essenziali del partenariato pubblico privato. La collaborazione pubblico-privato deve essere di lunga durata, comprensiva della fase di progettazione e realizzazione dell’attività. Il finanziamento del progetto deve essere garantito in larga misura dal partner privato. È necessaria una suddivisione delle funzioni e ruoli da affidare all’operatore economico e all’Amministrazione pubblica. Da un lato, la

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parte privata è responsabile delle varie fasi del progetto. Dall’altro, l’Amministrazione si occupa della definizione degli obbiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, qualità dei servizi, politica dei prezzi ed infine, funzioni di verifica, controllo e vigilanza. La ripartizione del rischio deve avvenire caso per caso, e deve essere negoziata attraverso le clausole contrattuali. Il Libro Verde si focalizza sulla disciplina sostanziale del partenariato, lasciando in ombra i profili giustiziali e le regole processuali. Pur sapendo che la Comunità riconosce agli Stati membri un’autonomia per il diritto processuale, quest’ultima è condizionata al rispetto dei principi dei Trattati e quelli definiti dalla Corte di Giustizia.12

Le istituzioni europee hanno indentificato due forme di partenariato pubblico privato. Il partenariato contrattualizzato, nel quale la collaborazione è affidata a formule contrattuali di collaborazione: al privato, con procedure ad evidenza pubblica, viene affidata la progettazione, finanziamento, realizzazione, gestione e manutenzione di un’opera o la gestione del relativo servizio. Il partenariato istituzionalizzato, in cui la collaborazione si esprime attraverso un soggetto ad hoc nel quale compartecipano i partner, per la realizzazione dell’iniziativa pubblica. I punti in comune di entrambe queste figure sono: il finanziamento dell’opera che deve essere in parte supportato dai capitali del soggetto privato; il conseguente coinvolgimento del privato nella gestione dell’opera e rischi. La Corte di Giustizia europea ha riconosciuto alle Amministrazioni pubbliche la piena autonomia organizzativa nella scelta del modulo organizzativo attraverso il quale adempiere un compito pubblico13. È comunque

sempre necessario valutare se l’opzione del partenariato comporti un

12 Chiti M.P, Il partenariato pubblico privato e la nuova direttiva concessioni, 2017 13 Mastragostino F., Partenariato pubblico privato, Torino, 2011

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plusvalore reale rispetto alle altre opzioni: “I PPP non sono una panacea per ogni problema. Sono difficili da programmare, da realizzare e da gestire”14. Se da un lato il PPP è uno strumento di modernizzazione

delle pubbliche amministrazioni, dall’altro richiede

un’Amministrazione pubblica consapevole e ben attrezzata.

1.2 Collaborazione tra pubblico e privato nell’ordinamento italiano

La collaborazione tra pubblico e privato nell’ordinamento italiano si estrinseca nel principio di sussidiarietà orizzontale sancito nella nostra Carta costituzionale all’art. 118. La sussidiarietà implica una sostituzione dei privati all’Amministrazione. Di conseguenza, l’intervento pubblico arretra per lasciare spazio ai soggetti privati i quali sono in grado di realizzare un’attività di interesse generale. L’ordinamento italiano, nel Codice dei contratti pubblici all’art. 3 lett. eee)15, disciplina il contratto di partenariato pubblico privato: “il

contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici, per un periodo determinato in funzione della durata dell'ammortamento dell'investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un'opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all'utilizzo dell'opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell'operatore”. Accanto alle previsioni generali, vi sono nel nostro ordinamento forme di collaborazione tra pubblico e privato che sono state utilizzate per

14 Risoluzione Parlamento europeo del 16.10.2006 riguardo ai PPP e diritto

comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni.

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trasformare settori, oggetto di politiche pubbliche. Le forme di partenariato sono state utilizzate nell’ambito del governo del territorio, nel settore dei beni pubblici e culturali. In Italia sin da subito si è capito il ruolo fondamentale del privato che doveva essere valorizzato in quanto portatore di cambiamenti nell’economia. Attraverso una sperimentazione a livello amministrativo e con l’aiuto del privato, è stata possibile un’anticipazione di fenomeni innovativi che, sviluppatosi prima in via di prassi, solo successivamente sono stati disciplinati e regolati dal legislatore. Le diverse forme di partenariato sono state il punto di partenza per l’elaborazione e interpretazione di riforme, ma anche per l’elaborazione di politiche pubbliche e ricostruzioni giurisprudenziali. Il partenariato pubblico privato costituisce lo sviluppo e l’evoluzione di figure tradizionali, come la concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche la cui caratteristica dominante era l’affidamento intuitu personae. La collaborazione tra pubblico e privato può avvenire attraverso una categoria contrattuale aperta, potendosi ricorrere a contratti atipici. La pubblica amministrazione e il privato trovano modelli di cooperazione adeguati alle fattispecie da regolare, caso per caso, disciplinando gli interessi, il fine istituzionale e dosando rischi e responsabilità. Il PPP è un contratto complesso, in cui le parti assumono molteplici obbligazioni connesse tra loro, e presenta di norma una struttura molto articolata16. Le pubbliche amministrazioni possono realizzare progetti

capaci di generare reddito attraverso ricavi di utenza oppure, se i ricavi sono insufficienti per generare reddito, è possibile si creino esternalità positive in termini di benefici sociali indotti dalle infrastrutture17.

16 Dipace R., La finanza di progetto, in trattato dei contratti, Franchini C. (a cura di), I

contratti con la pubblica amministrazione, Torino, 2007

17 Cerea G., La concessione e il PPP nella prospettiva economica, Relazione

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1.2.1 Origine ed evoluzione

Il PPP è un modello di organizzazione e di azione amministrativa che ha subìto un’evoluzione nel tempo. Nel 1957 Feliciano Benvenuti, studiando le trasformazioni delle attività amministrative, aveva rilevato l’importanza del privato nello Stato sociale ed aveva ipotizzato per il futuro, un forte coinvolgimento di quest’ultimo nella realizzazione di interessi collettivi. Il modello di azione delle pubbliche amministrazioni dipende dalle scelte politiche connesse al modello di Stato.18 È possibile rilevare linee omogenee di evoluzione, fondate sulla

collaborazione tra pubblico e privato seppur con funzioni, interessi e ruoli differenti. La collaborazione tra pubblico e privato può essere caratterizzata dalla somma coordinata di azioni separate, per il raggiungimento della medesima attività. Oppure, la collaborazione tra

partner può essere organica e l’azione unica in cui, sia l’operatore

economico che la pubblica amministrazione, mettendo in comune risorse finanziare ed organizzative, raggiungono l’interesse collettivo. Nel corso del tempo, l’evoluzione dei diversi modelli di PPP mostra come il punto nevralgico della collaborazione siano gli interessi ad essa sottesi, sia dell’Amministrazione che del privato. Il soggetto pubblico mira a finalità istituzionali sue proprie. Il soggetto privato mira al soddisfacimento di interessi rappresentativi di individui che non sempre coincidono con la collettività a cui si riferisce il soggetto pubblico. Nonostante i distinti interessi dei rispettivi partner, la cosa fondamentale è la loro messa in luce in modo da poter chiarire i punti di conflitto per poterli coordinare attraverso meccanismi giuridici capaci di creare un equilibrio compensativo, ma allo stesso tempo unitario.

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È possibile notare come il partenariato è strettamente collegato al mutare del contesto economico-sociale di riferimento. Nel periodo dello Stato liberista, la collaborazione tra pubblico e privato era caratterizzata da una netta distinzione dei compiti. Lo Stato, attraverso un Ministero ben organizzato, si occupava delle infrastrutture necessarie per lo sviluppo economico, e ai privati veniva lasciata la gestione dei servizi pubblici. Nei primi anni del ‘900, imprese pubbliche e private coesistevano in un’ottica cooperativa e talvolta competitiva. Il periodo fascista e l’esperienza democratica repubblicana erano caratterizzati da un’economia mista. Invece nel periodo successivo, si è sviluppato un modello povero di collaborazione, limitato al solo modello autoritativo della concessione. A partire dagli anni ’90, con il progressivo affermarsi dell’integrazione del mercato europeo, si sono affermati istituti ed esperienze di partenariato nuove. Quest’ultimo è diventato un modello di realizzazione di opere e servizi capace di catalizzare risorse e forme di sapere di differente origine, ma anche il luogo naturale in cui si realizza la collaborazione dei privati nel raggiungimento di obbiettivi di natura collettiva19.

1.2.2 Disciplina del PPP nel Codice dei contratti pubblici

Il decreto legislativo, 18 aprile 2016 n. 50 e le Direttive europee 23, 24, 25 del 2014, hanno operato un riordino complessivo del sistema, dettando una disciplina organica dei contratti, concessioni, tentando una razionalizzazione ed estensione delle forme di PPP. Viene così superata la visione di F. Mastragostino che, basandosi sulla mancanza di una normativa specifica per il PPP, dava la possibilità ai partner (pubblico e privato) di scegliere gli istituti giuridici più adatti al tipo di

19 Mastragostino F., La collaborazione pubblico privato e l’ordinamento

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collaborazione che si voleva eseguire20. Oggi, nel Codice dei contratti

pubblici all’interno della Parte IV “Partenariato pubblico privato e contraente generale” vi è inserito il Titolo dedicato al partenariato pubblico privato ed è così colmata la lacuna del nostro ordinamento in tale materia.

Nel Codice dei contratti pubblici è presente la distinzione tra opere “calde” (modello autostrade, gas, parcheggi), opere “fredde” (modello carceri o ospedali) ed opere “tiepide” (modello impianti sportivi e, per i servizi, trasporto pubblico locale). Le prime, ben viste dal soggetto privato, hanno la capacità di generare flussi di cassa attraverso il pagamento dell’utente, fruitore del servizio, direttamente nelle mani del partner privato. La nuova disciplina del Codice all’art. 180, 2 comma, prevede che gli introiti per il soggetto privato possano derivare non solo dal canone previsto dall’ente concedente, ma anche in forma diretta per la gestione del servizio. Nel secondo caso, le opere “fredde”, realizzate e gestite dal soggetto privato, vengono remunerate direttamente dalla pubblica amministrazione. Infine, le opere “tiepide”, pur generando reddito, quest’ultimo non è sufficiente per la loro esecuzione quindi è necessaria un’integrazione contributiva da parte del soggetto pubblico.

L’art. 183 del Codice prevede le modalità di finanziamento dei contratti di PPP: è necessaria una definizione dei rischi; modalità di controllo; conseguenze possibili in caso di estinzione anticipata del negozio; infine, nel caso di mancato equilibrio sul piano economico non riconducibile all’operatore economico, una revisione del medesimo. Ai fini del raggiungimento di un equilibrio economico finanziario è prevista la possibilità, da parte del soggetto pubblico, di un contributo

20 Mastragostino F., La collaborazione pubblico privato e l’ordinamento

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che non deve essere superiore al trenta per cento del costo dell’investimento complessivo. In caso di fenomeni non riconducibili all’operatore economico, come ad esempio eventi di forza maggiore o varianti che comportino un’alterazione dell’equilibrio economico finanziario o l’entrata in vigore di norme legislative o regolamentari, è possibile una revisione delle condizioni di equilibrio nei limiti di quanto necessario.

La scelta del socio privato deve avvenire secondo le procedure ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi generali disciplinati a livello sovranazionale. Ex art. 181, comma 3, del Codice, la pubblica

amministrazione deve effettuare una fase istruttoria di

programmazione al fine di effettuare una scelta ottimale della procedura di aggiudicazione da utilizzare, per la realizzazione dell’opera o servizio.

Infine, la procedura di PPP si concluderà con esito positivo se la sottoscrizione del contratto di partenariato pubblico privato avverrà contestualmente al perfezionamento del contratto di finanziamento, mentre invece il contratto sarà risolto di diritto se il contratto di finanziamento non verrà perfezionato entro dodici mesi dalla sottoscrizione del contratto di partenariato pubblico privato.

Per quanto riguarda i rischi in capo all’operatore economico, quest’ultimi vengono suddivisi tra le parti in base a chi è maggiormente capace di gestirli. La valutazione riguardo la ripartizione del rischio viene effettuata caso per caso, e regolata attraverso le clausole contrattuali, fermo restando per l’operatore economico l’assunzione della maggior parte del rischio. Il privato accetta l’accollo del rischio in virtù di un vantaggio patrimoniale che potrà riscontrare nella realizzazione dell’opera, servizio e gestione del bene. I rischi devono essere delineati non solo a livello formale, ma anche chiaramente

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identificati e valutati sia nella fase di aggiudicazione del contratto di PPP, sia nella fase di esecuzione. Nel Codice all’art. 3, comma 1, vengono definiti i vari tipi di rischi. Il rischio di costruzione è legato al ritardo nei tempi di consegna dell’opera, al non rispetto degli standard di progetto, all’aumento di costi stabiliti inizialmente, ad inconvenienti di tipo tecnico e al mancato completamento dell’opera. Il rischio di disponibilità è legato alla non possibilità dell’operatore economico di rispettare gli standard qualitativi e quantitativi pattuiti inizialmente. Il rischio della domanda è legato al rispetto di un minimo di domanda del servizio che il contraente deve soddisfare. Secondo i contenuti delle decisioni dell’Ufficio Statistico Europeo e in particolare nella decisione dell’11 febbraio 2004 “Treatment of the PPPs” laddove sussistano almeno il rischio di costruzione ed uno dei due ulteriori rischi sopra citati, gli adempimenti contabili-amministrativi, legati alle forme di partenariato cui si riferiscono, non sono classificati come attivo patrimoniale pubblico quindi vengono registrati fuori dal bilancio delle amministrazioni.

La pubblica amministrazione, durante tutto il rapporto contrattuale di PPP, esercita un controllo sull’operatore economico attraverso sistemi di monitoraggio verificando la permanenza dei rischi in capo a quest’ultimo. I sistemi di monitoraggio sono da definirsi sulla base di Linee guida ANAC con correlato parere del Ministro dell’Economia e delle Finanze. L’ANAC ritiene che gli strumenti per monitorare l’effettivo rischio al privato siano; la “matrice dei rischi” che consente all’amministrazione di effettuare un controllo sulle clausole contrattuali in modo da valutare se siano state formulate in modo da assicurare la corretta allocazione dei rischi; il flusso informativo tra partner sull’esecuzione; un periodico resoconto economico gestionale per il tramite del Responsabile unico del procedimento.

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2. ISTITUTO DELLA CONCESSIONE

2.1 Origine, natura giuridica e profili definitori

La concessione è un istituto che ha basi radicate nel passato. Nasce e si sviluppa per fronteggiare le carenze di risorse economiche dello Stato e la mancanza di competenze tecniche adeguate per la realizzazione e gestione di opere pubbliche e servizi di pubblica utilità. L’amministrazione necessita della collaborazione del privato per perseguire i propri interessi. Infatti, la concessione rappresenta il modello tipico di PPP.

La dottrina si è a lungo interrogata sulla natura giuridica della concessione, dividendosi tra chi sosteneva un’impostazione pubblicistica e chi invece un’impostazione privatistica. Ricostruire la concessione come rapporto di diritto pubblico comportava il trasferimento, dal concedente al concessionario, dei compiti e funzioni amministrative, con particolare riferimento all’oggetto pubblico della prestazione a carico del concessionario. Al contrario, la pubblica amministrazione, intendendo la concessione come forma privatistica al fine di incentivare la collaborazione dei privati, riconosceva una garanzia forte dei diritti economici per il partner privato che solo il diritto privato poteva assicurare. A metà tra queste due impostazioni, si pone la teoria della concessione-contratto che trova fondamento in una pronuncia della Corte di Cassazione, 12 gennaio 1910, che vede la concessione come fattispecie costituita da due atti distinti, ma

connessi: uno pubblicistico, il provvedimento unilaterale

amministrativo di conferimento della concessione, e uno privatistico, l’accordo tra amministrazione e privato destinato a regolare diritti e

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obblighi delle parti21. Secondo parte della dottrina, la pubblica

amministrazione assume una posizione particolare nella concessione-contratto in quanto quest’ultima, oltre ai poteri che nascono comunemente dal contratto, dispone di pubblici poteri che derivano dalla necessità di assicurare il pubblico interesse nel settore in cui vi è la concessione. Secondo altra parte della dottrina, i contratti con la pubblica amministrazione si differenziano dai contratti di diritto privato esclusivamente per il fatto che una delle parti è la pubblica amministrazione. Per lungo tempo in Italia la concessione di lavori è stata assunta in dottrina e giurisprudenza come uno “strumento di traslazione dei pubblici poteri”, provvedimento amministrativo unilaterale escluso da qualsiasi confronto concorrenziale.

2.2 Concessione di lavori

La legge 24 giugno 1929, n. 1137 in cui confluì il r. d. l. 6 agosto 1926, n. 1657 stabiliva che “possono essere concesse in esecuzione a Province, Comuni, consorzi e privati, opere pubbliche di qualunque natura anche indipendentemente dall’esercizio delle opere stesse”. Questa è ritenuta la prima legge generale che ha considerato la concessione di opera pubblica come un istituto a sé stante, venendosi a delineare due figure: la concessione di costruzione ed esercizio e la concessione di sola costruzione. La prima è l’atto amministrativo con il quale la pubblica amministrazione affida ad un soggetto il compito di realizzare e gestire un’opera per un determinato periodo di tempo, al termine del quale l’opera diventa di proprietà della pubblica amministrazione. La seconda è l’atto amministrativo con cui una pubblica amministrazione affida ad un soggetto il compito di costruire

21 B. Raganelli, il contratto di concessione come modello di partenariato pubblico

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21

un’opera entro un certo termine e dietro il pagamento di un corrispettivo predeterminato.

L’istituto concessorio può perseguire due obiettivi. Il primo di carattere procedurale consistente nello svolgimento di un’unica gara per l’individuazione del soggetto che realizzerà l’opera ed in seguito la gestirà, evitando un’inutile duplicazione di attività amministrative. Il secondo di carattere sostanziale: partendo dal presupposto che il soggetto che realizzerà l’opera sarà anche colui che la gestirà, quest’ultimo avrà interesse a curare la costruzione, garantendo un buon risultato anche per la pubblica amministrazione.

La concessione di sola costruzione per lungo tempo venne assimilata all’appalto, anche se era possibile riscontrare due differenze rispetto a quest’ultimo: nel caso concessorio, il pagamento del concessionario era ripartito su molti esercizi finanziari; inoltre, il concessionario si occupava delle attività preordinate alla realizzazione dell’opera, le quali, se la realizzazione fosse avvenuta tramite appalto avrebbero dovuto essere svolte dall’amministrazione. La soluzione concessoria

esteriorizzava l’inadeguatezza delle strutture amministrative

tradizionali a svolgere i compiti di stazione appaltante ed inoltre legittimava la creazione di una zona franca in cui quelle stesse funzioni avrebbero potuto essere svolte libere dal rispetto del regime cui era sottoposta la stessa attività amministrativa di diritto privato22. La legge

italiana 8 agosto 1977, n. 584 di recepimento della Direttiva 71/305 CE, stabilì che la concessione di sola costruzione doveva essere equiparata all’appalto e la sottoponeva allo stesso regime procedimentale e giuridico. Ciò non pose fine al dibattito sulla concessione di opera pubblica infatti parte della dottrina continuò a sostenere la non

22 Chiti M.P, Il partenariato pubblico-privato, Concessioni Finanza di progetto Società

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22

riconducibilità della concessione all’appalto. Alcuni autori

continuarono a distinguere tra concessioni meramente esecutive assimilabili all’appalto, e concessioni di natura organizzatoria in cui avveniva una “sostituzione” del concessionario nella sfera giuridica del concedente. Solo in quest’ultimo caso, la pubblica amministrazione traslava a favore del concessionario le proprie potestà pubblicistiche. Per qualche tempo il Consiglio di Stato recepì questa distinzione e venne ad esistenza un’ulteriore figura concessoria, cosiddetta di “mera committenza”, in cui al concessionario spettavano gli adempimenti per il compimento dell’opera, ma l’esecuzione veniva affidata ad altri soggetti, attraverso contratti di appalto. In questo modo, si escludeva l’applicazione della normativa sugli appalti per l’affidamento di questo tipo concessorio e il concessionario, nel caso in cui fosse stato un soggetto privato, poteva procedere all’affidamento degli appalti in piena libertà, diversamente da ciò che invece avrebbe dovuto fare la pubblica amministrazione.

La ratio fisiologica dell’istituto della concessione di opere pubbliche è quello di potersi avvalere delle capacità, conoscenze, rapidità dell’azione privata nella realizzazione di opere particolarmente complesse, soprattutto quando le amministrazioni non sono in grado di gestire le opere di rilevante entità23. La ratio patologica dell’istituto

concessorio consiste invece nel tentativo di aggirare la normativa garantisca nazionale e comunitaria relativa agli appalti di lavori pubblici.

L’influenza del diritto comunitario è stata particolarmente importante in questo contesto per delineare con maggior vigore la figura concessoria. La direttiva 89/440 Ce del Consiglio ha preso in

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23

considerazione le concessioni di lavori pubblici rendendo ad esse applicabili specifiche regole di pubblicità. Successivamente, le direttive 93/37/Ce e 93/38/Ce, recepite in Italia con la c.d legge Merloni hanno stabilito che ai contratti di concessione di lavori pubblici si applicano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi. La concessione viene definita come il contratto che presenta le stesse caratteristiche dell’appalto di lavori pubblici “ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo”. La direttiva unificata 2004/18/Ce identifica nel “nucleo duro” della concessione di lavori pubblici, il diritto di gestione dell’opera ossia tale diritto accompagnato da un prezzo. Di conseguenza, le concessioni di sola costruzione, o di progettazione ed esecuzione, ma anche quelle di committenza, che ricomprendevano qualsiasi attività funzionale o strumentale all’esecuzione di un’opera pubblica, dovevano essere disciplinate dalla normativa sugli appalti di lavori pubblici. La scelta tra appalto e concessione, se un tempo poteva dipendere da una scelta discrezionale dell’Amministrazione, oggi è la struttura stessa della fattispecie, elemento oggettivo, che determina lo strumento da utilizzare. Il mutamento di prospettiva, da strumento di traslazione dei pubblici poteri a contratto, espone la concessione di lavori al confronto concorrenziale e comporta l’obbligo del ricorso alle procedure concorsuali24.

2.3 Concessione di servizi

La concessione di servizi si è caratterizzata per l’attribuzione al concessionario del diritto di esercitare determinati servizi di cui la

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24

pubblica amministrazione aveva gestione e l’ottenimento di un compenso per il concessionario pagato da quest’ultima o dagli utenti. Il concessionario, attuando il servizio, cerca una controprestazione per l’attività ed i capitali che impiega nel compenso dello Stato e degli utenti25, e realizza quello che è lo scopo ultimo dello Stato: provvedere

ai cittadini per quello di cui hanno bisogno.

Il settore dei servizi è stato l’ultimo ad essere disciplinato dal diritto comunitario con la direttiva 92/50/CEE del 18 giugno 1992, ma nessuna definizione era prevista per le concessioni di servizi. La Commissione europea cercò di delineare una definizione di quest’ultime partendo dal presupposto che, un contratto di concessione ha le stesse caratteristiche, indipendentemente dal suo oggetto. Se per la concessione di lavori, il diritto di gestione è un carattere fondamentale; allo stesso modo nella concessione di servizi l’operatore si assume i rischi di gestione del servizio rifacendosi sull’utente, tramite la riscossione di un canone.

A livello europeo la direttiva 18/2004, recependo l’indirizzo della Commissione insieme alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha dato una definizione di “concessione di servizi”: un contratto che ha le caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo consiste nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Nonostante ciò, non venne prevista alcuna regolamentazione delle concessioni di servizi, a testimonianza della riluttanza degli Stati a demandare la disciplina di questa materia agli organi comunitari 26.

25 De Valles A., Concessioni di pubblici servizi, in Nuovo Digesto Italiano, Torino, Utet

1938 p 581

26 Contessa C., Le concessioni di lavori e di servizi fra tradizione nazionale ed impulsi

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25

La Commissione, nella Comunicazione del 2005 sui partenariati pubblici privati, aveva ribadito che l’adozione di una normativa sull’aggiudicazione delle concessioni di servizi, non avrebbe comportato necessariamente un limitato margine di manovra per le Amministrazioni nell’assegnazione delle concessioni a partner privati, ma avrebbe offerto una maggiore certezza del diritto agli operatori del settore.

2.3.1 Tipi di servizi

Un primo interrogativo rispetto alla concessione di servizi riguarda il tipo di servizio che può essere oggetto della concessione. Secondo parte della dottrina, il servizio dovrebbe essere di interesse economico generale ex art. 16 e 86 del Trattato27. Secondo altra dottrina, i servizi,

pur non rientrando negli elenchi stabiliti dalla disciplina della direttiva e del Codice, dovrebbero rispettare i principi del Trattato. Come delineato da alcuni autori “non esiste perfetta identità tra concessioni di servizi e concessioni di pubblici servizi in quanto la prima è genus, la seconda è species. Il rapporto tra concessione di servizi e concessione di pubblico servizio si atteggia a rapporto di genus a speciem, giacché tutte le concessioni di pubblici servizi sono concessioni di servizi, mentre vi sono concessioni di servizi che non si traducono in concessioni di pubblici servizi, non avendo ad oggetto servizi d’interesse generale rivolti alla collettività. Si può sostenere che le concessioni di pubblici servizi hanno ad oggetto la gestione di servizi di interesse economico generale, mentre le concessioni di servizi che non presentano simile oggetto, vertono sui servizi come definiti all’art. 50

27 Racca G.M, I servizi pubblici nell’ordinamento comunitario in La concessione di

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26

del Trattato”28. Secondo altri autori29, la natura del servizio pubblico in

ambito concessorio è fondamentale per la differenziazione tra appalto e concessione. Escludere dalle caratteristiche della concessione la natura pubblicistica del servizio concesso, significa attrarre nell’ambito del diritto pubblico una serie di contratti prevalentemente privatistici. Infine, si può ricordare quella parte della dottrina che ha ritenuto opportuno procedere ad una limitazione dello strumento concessorio che può diventare mezzo impeditivo delle attività economiche libere e comportare la restrizione all’accesso del mercato30.

Nonostante le diverse tipologie di servizio, vi è un elemento caratterizzante la concessione di servizi come disciplinata nel Codice dei contratti pubblici: il soggetto privato nell’esercitare il servizio otterrà dall’Amministrazione qualcosa che lo distinguerà dagli altri operatori economici. Il concessionario, nel procedere all’erogazione del servizio, muterà la sua posizione di mercato acquisendo una posizione di mercato della pubblica amministrazione.

2.4 Distinzione tra concessione di lavori e concessione di servizi

La Commissione nella Comunicazione del 2000 ha basato la distinzione tra concessione di lavori e servizi sul fatto che nel primo caso oggetto di concessione sono la costruzione di un’opera o l’esecuzione e realizzazione di lavori. Nel secondo caso, i lavori sono accessori rispetto all’oggetto principale del contratto. Il punto di riferimento deve essere la “relazione fra uso dell’opera e prestazione del servizio: ove l’utilizzo

28 Bertonazzi L., Villata R., Servizi di interesse economico, in Trattato di diritto

amministrativo europeo, Parte Speciale, Tomo IV; a cura di Chiti M.P e Greco G., Giuffré, 2007, p. 1857

29 Morbidelli G., Zoppolato M., Appalti pubblici, in Trattato di diritto amministrativo

europeo, a cura di Chiti M.P e Greco M., tomo I di parte speciale, Milano, Giuffrè, 2007, pp. 455 ss.

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27

del bene risulti strumentale rispetto alla prestazione del servizio la situazione è configurabile come erogazione di servizio, mentre nelle ipotesi in cui la eventuale prestazione sia in funzione del miglior utilizzo del bene si tratta di esercizio dell’opera31”. La distinzione tra

concessione di servizi e concessione di lavori risiede sostanzialmente nel trasferimento del rischio di gestione del servizio. Nel caso di un affidamento che preveda l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione del servizio, ciò che è fondamentale andare ad analizzare è il nesso di strumentalità che lega la gestione del servizio e la costruzione dei lavori. Questo tema viene affrontato in una nota pronuncia del Consiglio di Stato, 14 aprile 2008, n.1600: se la gestione del servizio è strumentale alla costruzione dell’opera è configurabile una concessione di lavori pubblici; se l’espletamento dei lavori è strumentale alla gestione di un servizio, il cui funzionamento è già assicurato da un’opera esistente, si tratterà di una concessione di servizi.

2.5 Differenza concessione e appalto

Per molto tempo la letteratura e la giurisprudenza hanno cercato di distinguere l’appalto dalla concessione. L’elemento oggettivo che differenzia la concessione dall’appalto è il corrispettivo dei lavori o servizi che nel caso concessorio consiste nel diritto di gestire l’opera o il servizio, oppure tale diritto accompagnato da un prezzo.

Per quanto riguarda le concessioni di lavori all’art. 143 del d. lg. n. 163 veniva disciplinato: “la controprestazione a favore del concessionario consiste, di regola, unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e

31 Fracchia F, La distinzione fra le concessioni di servizio pubblico e di opera pubblica,

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28

di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati”. Inoltre, era possibile che l’Amministrazione potesse concedere un prezzo al concessionario nel caso in cui a quest’ultimo venisse imposto di applicare agli utenti un prezzo inferiore rispetto alla remunerazione degli investimenti o qualora fosse necessario assicurare al concessionario l’equilibrio del piano economico-finanziario degli investimenti. L’alea della gestione comporta un trasferimento di responsabilità in capo al concessionario il quale si assume il rischio economico che riguarda l’attività di costruzione, di gestione e l’uso abituale dell’impianto per un determinato periodo di tempo. Il rischio a cui si fa riferimento è quello effettivo di un investimento finanziario fondato su previsioni remunerative di gestione, che potrebbero non avverarsi32. Il diritto di gestione può essere accompagnato da un

prezzo, ma quest’ultimo non deve eliminare il rischio inerente alla gestione che rimane in capo al concessionario.

Nel caso di concessione di servizi, al concessionario viene riconosciuto un diritto ad ottenere la remunerazione dell’attività svolta, attraverso la possibilità di gestire il servizio per un determinato periodo rifacendosi sull’utente, mediante riscossione di un qualsiasi tipo di canone. Anche in questo caso permane in capo al concessionario il rischio di gestione ed è proprio la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi.

La normativa europea ha influito molto sull’istituto della concessione di servizi: partendo dal presupposto che non esisteva nel diritto positivo la figura dell’appalto “pubblico” di servizi, l’Amministrazione

32 Leggiadro F., Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni

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29

ricorreva all’appalto per i servizi a favore di sé stessa, e alla concessione per i servizi a favore della collettività33.

La dottrina gius-pubblicistica tradizionale, distingue la concessione dall’appalto in base a molteplici criteri distintivi: la natura unilaterale del titolo concessorio di affidamento del servizio pubblico, rispetto al carattere negoziale dell’appalto; il carattere surrogatorio dell’attività del concessionario di pubblico servizio, rispetto all’appaltatore che esercita attività di mera rilevanza economica nell’interesse del committente pubblico; il trasferimento di potestà pubbliche al concessionario, rispetto all’appaltatore che esercita solo prerogative proprie di qualsiasi soggetto economico34.

La dottrina più recente, pone la distinzione tra appalto e concessione sul differente oggetto dei due istituti. Nel caso dell’appalto, oggetto del contratto sono le prestazioni rese a favore della pubblica amministrazione, mentre oggetto del contratto di concessione è il rapporto trilaterale tra pubblica amministrazione, concessionario e utenti del servizio. Nell’appalto il destinatario della prestazione è la sola pubblica amministrazione, invece nel contratto di concessione è la collettività degli utenti.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ulteriormente chiarificato che, la distinzione tra appalto e concessione consiste nel “fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato”. È la modalità di remunerazione il tratto caratterizzante la concessione o l’appalto. Secondo il Consiglio di Stato, un “servizio pubblico si rivela quale appalto di servizi, quando il suo onere sia interamente a carico dell’Amministrazione, mentre se il servizio venga

33 Greco G., Gli appalti pubblici di servizi, in Riv. It. Dir. pubb. com., 1995, p. 1285 ss. 34 Raganelli B., Il contratto di concessione come modello di partenariato pubblico

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30

reso non a favore dell’Amministrazione ma di una collettività indifferenziata di utenti, e venga almeno in parte pagato dagli utenti all’operatore del servizio, allora si è in ambito concessorio”35.

L’amministrazione, nel caso di concessione di servizi, affida la gestione del servizio al concessionario e ciò comporta per quest’ultima un margine di discrezionalità nella regolazione del rapporto, rispetto alla normativa in tema di appalto di servizi36.

La Commissione, al punto 34 del Libro Verde sui PPP, ha sollevato un’ulteriore problematica evidenziando che non è sempre facile determinare sin dall’inizio se il contratto preso in considerazione è un appalto pubblico o una concessione. Infatti, la ripartizione dei rischi può essere oggetto di negoziazione in corso di procedura. Di conseguenza può accadere che un contratto, inizialmente qualificato come appalto, successivamente ai negoziati sia possibile qualificarlo come concessione, venendosi così a mettere in discussione la legalità della procedura di aggiudicazione scelta dall’organismo aggiudicatore. La Commissione ha preso in considerazione l’opportunità di porre in essere un’azione legislativa che prevedesse un unico regime di aggiudicazione per tutti i PPP contrattuali. Come risulta dalla comunicazione del 15 novembre 2005, la Commissione ha deciso di non elaborare un regime unico per tutti i PPP contrattuali, siano essi qualificati come appalto o concessione, non prevedendo procedure di aggiudicazione identiche per i due istituti giuridici37.

35 Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2634 36 Cons. St., sez V, 7 febbraio 2003, n. 654 37 Punto 2.3.1 della Comunicazione

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31

2.6 Contratti misti

La giurisprudenza ha definito la nozione di “contratti misti”, statuendo che in tale tipologia di contratti “la fusione delle cause fa sì che gli elementi distintivi di ciascun negozio vengono assunti quali elementi di un negozio unico, a mezzo del quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, il che comporta che l’entità, le modalità, e le conseguenze del collegamento negoziale, debbano essere considerate in relazione all’interesse perseguito dal soggetto appaltante”38. In virtù della natura dei contratti misti, alle diverse parti

del contratto sono applicabili discipline diverse. Di conseguenza, è necessario stabilire quali sono le disposizioni che trovano attuazione rispetto al singolo caso.

L’art. 169 del Codice dei contratti pubblici regola i contratti misti di concessioni differenziando tra: concessioni aventi ad oggetto sia lavori che servizi; contratti misti che contengono elementi di concessioni nonché appalti; contratti misti concernenti sia elementi di una concessione di servizi che di un contratto di forniture. Ci si è chiesti quale fosse il parametro scriminante per l’inserimento di un contratto misto nel regime giuridico della concessione di lavori o concessione di servizi. Inizialmente, il criterio utilizzato era quello della prevalenza economica. Infatti, se i lavori pubblici accessori assumevano un rilievo economico superiore al 50% si applicavano le norme sui lavori pubblici. Successivamente, i parametri presi a riferimento erano: quello funzionale che fa riferimento alla finalità complessiva che la stazione appaltante intende seguire con l’insieme delle prestazioni richieste al concessionario; quello dell’accessorietà che consente di distinguere le prestazioni patrimoniali riguardanti il contratto e le prestazioni

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secondarie costituenti gli aspetti marginali. Ad oggi, sulla base dell’art. 169 del nuovo Codice dei contratti pubblici, il parametro di riferimento è quello della prestazione patrimoniale prevalente, non facendosi più riferimento a criteri di accessorietà di una prestazione rispetto ad un’altra. In quest’ottica, l’oggetto principale del contratto deve essere valutato sotto il profilo economico. L’articolo diversifica a seconda che le parti di un contratto siano oggettivamente separabili o meno, seguendo le previsioni contenute rispettivamente nei par. 3, 4, 5 della Dir. 2014/23/UE. La scelta operata dal nostro legislatore mira a coniugare l’esigenza di rispetto della disciplina comunitaria con quella della riduzione dei margini di discrezionalità dell’amministrazione nell’individuare il regime applicabile39.

2.7 Concessione come strumento di PPP

La concessione è una forma di PPP ed il suo utilizzo potrebbe comportare la distorsione della concorrenza sia per l’attività d’impresa, dando luogo a posizioni di privilegio, sia per l’accesso al mercato. Per questi motivi, la Commissione ha stabilito che è possibile ricorrere agli strumenti di PPP, ma sempre nel rispetto dei principi generali derivanti dai Trattati. Se utilizzare o meno le forme di PPP dipende da una scelta discrezionale dell’Amministrazione, che può decidere se gestire autonomamente il servizio od affidarlo ad un partner privato. Il partenariato del modello concessorio si basa sull’affidamento ad un privato di compiti di gestione e assunzione dei rischi. Il modello concessorio è caratterizzato da un doppio legame: oltre al rapporto

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giuridico tra amministrazione e operatore privato, vi è un legame diretto tra partner privato e utenti finali40.

Parte della dottrina, che ha affermato la contrattualità delle concessioni amministrative, coglieva nell’istituto concessorio una formula di organizzazione amministrativa indiretta. Il concessionario, sostituendosi all’Amministrazione, pone in essere attività che altrimenti spetterebbero all’Amministrazione e apprezza l’interesse pubblico connesso con il servizio. Altra parte della dottrina afferma che l’insieme di attribuzioni per la realizzazione di interessi pubblici costituiscono un’articolazione organica dell’amministrazione di cui il concessionario diviene titolare41. Infatti, le attività svolte dal

concessionario apparentemente disciplinate dal diritto privato, in realtà sono “sostitutive” di attività pubblicistiche.

La concessione si distingue dagli altri istituti di partenariato pubblico

privato perché restano distinte le rispettive posizioni:

l’Amministrazione cura l’interesse pubblico e il privato si occupa della gestione economica. Il rapporto concessorio mantiene separata la finalizzazione sociale e la gestione imprenditoriale e la relazione instaurata è sempre suscettibile di essere modificata o interrotta, in funzione dell’interesse pubblico42. Di conseguenza, lo strumento

concessorio oggi è “finalizzato più che alla sostituzione dell’Amministrazione nell’esercizio di attività intimamente pubbliche, al coinvolgimento di capitali privati e di capacità imprenditoriali nella messa a disposizione di nuovi o migliori servizi alla collettività”43. La

40 Punto 22 Libro Verde

41 Trimarchi F., Profili organizzativi della concessione di pubblici servizi, Milano,

Giuffrè, 1987, p. 86

42 Pioggia A., La concessione di pubblico servizio come provvedimento a contenuto

convenzionalmente determinato. Un nuovo modello per uno strumento antico, 1995

p 595

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34

concessione armonizza, la dimensione imprenditoriale con il rispetto delle finalità propriamente sociali dell’attività. Da un lato, il soggetto pubblico, in seguito all’affidamento a soggetti terzi della gestione dei servizi pubblici, costantemente vigila che l’interesse economico del gestore privato non prevalga sull’obbligo di assolvere correttamente il compito pubblico affidatogli. Dall’altro lato, il soggetto privato, collabora alle varie fasi del progetto per il raggiungimento degli obbietti di interesse collettivo, assumendosi i rischi ed è consapevole che la gestione del servizio implica la previsione di adeguati profitti. Concedente e concessionario operano su due piani differenti, l’uno portatore dell’interesse pubblico, l’altro interprete della dimensione imprenditoriale del servizio. La scommessa è rispettare livelli di buona amministrazione pur operando all’interno delle regole del mercato con i rischi ivi connessi44.

2.7.1 Distinzione tra contratto di concessione e contratto di PPP

Come disciplinato all’art. 3 del Codice dei contratti pubblici nel caso di concessione di lavori lett. uu), concessione di servizi lett. vv) e contratto di partenariato pubblico privato lett. eee), grava, sull’assuntore dell’attività di realizzazione e gestione di un’opera, un rischio operativo. A sua volta, il rischio operativo può essere scisso in due sotto-categorie. Il rischio di domanda definito all’art 3, lett. ccc) come “rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve soddisfare, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa”. Il rischio di disponibilità definito all’art 3, lett. bbb) come “il rischio legato alla capacità, da parte del

44 Pioggia A., La concessione di pubblico servizio come provvedimento a contenuto

convenzionalmente determinato. Un nuovo modello per uno strumento antico, 1995

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35

concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti”.

Le due forme di rischio hanno determinato due specie contrattuali distinte: i contratti di concessione caratterizzati dal rischio della domanda (art. 165) e i contratti di PPP caratterizzati dal rischio di offerta (art. 183) ma anche quello di domanda. L’art. 165 del Codice stabilisce che “Nei contratti di concessione la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato” e l’art. 183, comma 3 del Codice, definisce che “Nei contratti di PPP i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna”. Questa differenziazione comporta che il sistema concessorio è più efficiente ed efficace rispetto a quello del PPP. Infatti, il concessionario, sapendo che i suoi ricavi dipendono dall’entità di risposta degli utenti, dovrà cercare di ottimizzare i costi ed elevare gli standard dei servizi per ottenere maggiori ricavi. Nel caso dei contratti di PPP, essendo sempre garantito un canone al soggetto privato, quest’ultimo pecca di attenzione rispetto ai costi e livelli di servizi da erogare, venendosi così a comprimere l’incentivo alla migliore perfomance.

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36

3. EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO

Le procedure di affidamento del contratto di concessione di lavori pubblici subiscono un’evoluzione nel tempo ai fini di una maggiore semplificazione e coerenza con le indicazioni provenienti dal diritto europeo. La Legge Merloni ter45 introdusse, rispetto alla legge quadro

in materia di lavori pubblici, la possibilità che un soggetto privato, c.d “promotore”, potesse promuovere la realizzazione di un’opera pubblica in regime di concessione. Il promotore poteva presentare una proposta all’amministrazione la quale, in seguito ad un’idonea valutazione, poteva indire una gara sulla base del progetto del promotore. La scelta dell’amministrazione avveniva tra le due offerte migliori, con possibilità di negoziazione tra promotore e soggetti selezionati, per migliorare il progetto a base della gara e aggiudicarlo. La disciplina del promotore venne innovata con la legge Merloni

quater46 che, per favorire i coinvolgimenti dei privati nel finanziamento

e realizzazione delle opere pubbliche, introdusse il diritto di prelazione per il promotore. Quest’ultimo poteva adeguare la propria proposta a quella giudicata dall’Amministrazione più conveniente, risultando aggiudicatario della concessione. Inoltre, la legge Merloni quater portò ulteriori modifiche: eliminò il limite, nell’erogazione del prezzo da parte dell’amministrazione, del 50 % dell’importo totale dei lavori; eliminò il limite dei 30 anni di durata massima del contratto di concessione; portò un mutamento dell’oggetto del contratto di concessione in quanto le prestazioni progettuali potevano essere circoscritte anche alla mera revisione della progettazione e al suo completamento da parte del concessionario; ed infine, venne prevista la possibilità di affidare al concessionario anche opere destinate alla diretta utilizzazione

45 L. 18 novembre 1998, n. 415 46 L. 1 agosto 2002, n.166

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