1. LA STRUTTURA CONTRATTUALE DELLA CONCESSIONE DI SERVIZ
1.4 Novità nel regime giuridico del contratto di concessione
1.4.3 La durata del contratto
Il fattore “tempo” è sempre stato un elemento fondamentale nella definizione di tutti gli aspetti gestionali della concessione. Il d. lgs. 163/2006 all’art 143, comma 6 stabiliva che “la concessione ha di regola durata non superiore a 30 anni” e al comma 8 che “per le nuove concessioni di importo superiore ad un miliardo di euro, la durata può essere stabilita fino a 50 anni”. Di conseguenza, il limite dei 30 anni era valicabile, ma allo stesso tempo era consentito il superamento del limite dei 50 anni per le operazioni inferiori al miliardo di euro, mentre tale limite risultava inderogabile solamente per valori superiori. Inoltre, il vecchio Codice prevedeva anche la possibilità di superare il limite dei 30 anni qualora fosse stato necessario “per il perseguimento dell’equilibrio economico finanziario degli investimenti” e della connessa gestione.
La durata delle precedenti concessioni, così come disciplinate dall’ex art. 143 del d. lgs. 163/2006, era di entità eccessiva. Nella pratica infatti, vi erano concessioni di durata illimitata o animate da clausole di rinnovo automatico e del tutto sottratte all’indizione di una nuova procedura ad evidenza pubblica. Il concessionario che beneficiava di un rapporto prolungato era indebitamente avvantaggiato rispetto a tutti gli altri operatori economici dello stesso mercato. I costi e gli investimenti sostenuti dal concessionario venivano recuperati dal medesimo, prima della fine della concessione e il capitale veniva remunerato in un tempo troppo lungo. Tutto questo, favoriva l’operatore economico aggiudicatario, con il rischio che le concessioni si trasformassero in atipici monopoli privati di ostacolo alla concorrenza con conseguente impatto negativo sui servizi pubblici. Inoltre, la durata eccessiva delle concessioni comportava un
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incremento di costi per gli utenti del servizio ed un abbassamento dei livelli qualitativi medi del servizio offerto.
Prima di approdare all’attuale regime previsto per la durata delle concessioni, la disciplina contrattuale attraversò diverse tappe. Sin da subito, la giurisprudenza comunitaria avevano sottolineato l’applicabilità del principio di proporzionalità anche al profilo della durata delle concessioni241. Allo stesso modo, il Consiglio di Stato
aveva sostenuto la necessità di indire una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento delle concessioni, ribadendo il divieto di rinnovo tacito o proroga delle concessioni242. Da ultimo, anche la Corte
di Giustizia europea aveva affrontato il tema della proroga automatica delle concessioni demaniali marittime sancendo che “osta una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati; osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”243.
Oggi la disciplina della durata delle concessioni è racchiusa all’art. 168, il quale, recependo l’art. 18 della direttiva 2014/23/UE e il Considerando n. 52 della medesima, introduce un’importante novità nell’ordinamento giuridico italiano, sancendo espressamente il principio secondo il quale la durata delle concessioni deve essere limitata. Non viene prevista una durata standard, ma gli elementi di cui
241 Tribunale di primo grado della CE, Sentenza dell’8 luglio 1999, causa T-266/97 242 Consiglio di Stato, sez. V, n. 4192/13
243 Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 14/07/2016, cause C-458/14 e C-
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si deve tener conto, in virtù del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario, sono variabili e devono essere valutati caso per caso. Il legislatore italiano, ampliando la disciplina comunitaria, ha previsto che l’amministrazione per stabilire la durata della concessione dovrà tener conto della tipologia dei lavori o servizi richiesti al concessionario, del valore complessivo della concessione e della complessità organizzativa della concessione. Tutti elementi che possono influire sull’equilibrio economico finanziario del rapporto e sulla qualificazione stessa del rapporto come concessione.
Inoltre, il primo comma dell’art. 168 stabilisce che la durata della concessione deve essere determinata nel bando di gara, vista l’evidente rilevanza di tale aspetto sull’equilibrio economico finanziario del rapporto concessorio. I partecipanti sono vincolati dalla durata della concessione prevista nel bando, non potendo derogarvi nemmeno per un periodo inferiore.
In seguito all’art. 102 del decreto correttivo244, la disciplina della durata
delle concessioni è stata totalmente conformata alla disciplina di matrice europea. Infatti, per le concessioni ultra quinquennali, la durata massima della concessione non può essere superiore al periodo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuate sulla base dei criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico finanziario. Inoltre, per operare il calcolo della durata della concessione si deve tenere conto di tutti gli investimenti sostenuti dal concessionario, sia quelli iniziali che quelli in
244 Le parole: “La durata massima della concessione” sono state sostituite dalle
seguenti: “Per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della
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corso di concessione. È necessario precisare che per investimenti “sia iniziali che in corso di concessione” si intendono solo quegli investimenti che seppur realizzati successivamente, erano stati comunque originariamente previsti. Non rilevano gli ulteriori investimenti realizzati nella fase esecutiva del contratto di concessione245.
La direttiva europea stabiliva che l’amministrazione avrebbe dovuto aggiudicare “una concessione per un periodo più breve di quello necessario per recuperare gli investimenti, a condizione che la corrispondente compensazione non elimini il rischio operativo”. Questa previsione non viene ripresa dall’ordinamento italiano. Infatti, quest’ultima disposizione non trova il favore di alcuni autori che sostengono che “quando alla concessione è imposta una durata inferiore a quella che consentirebbe il recupero degli investimenti, è necessario riconoscere al concessionario un valore residuo finale per mantenere la sinallagmaticità contrattuale; questo valore, a seconda di come viene calcolato, potrebbe eliminare il rischi operativo, fatto disvoluto, che concorre a contabilizzare nei bilanci pubblici l’investimento privato nelle operazioni di PPP”246. Viene posta
l’attenzione sul perseguimento dell’equilibrio economico finanziario e sul sinallagma contrattuale che viene mantenuto solo se la durata massima della concessione non è superiore al tempo necessario per rientrare dall’investimento effettuato, per remunerare il capitale investito e per perseguire gli obiettivi contrattuali247.
245 Commento all’art. 168, in Ferrari G. S., Morbidelli G. (a cura di), Codice dei
contratti pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, 868
246 Ricchi M., La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice
dei contratti pubblici, in Urb. e app., 2014, 754
247 Raganelli B., il contratto di concessione come modello di partenariato pubblico-
privato e il nuovo codice dei contratti in www.amministrazioneincammino.it, 27 febbraio 2017.
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Ad oggi, la ratio della norma è quella di evitare che si abbiano concessioni di durata eccessiva rispetto al raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario, venendosi a creare benefici eccessivi per l’operatore aggiudicatario o per l’amministrazione concedente. Il Codice vieta espressamente la proroga della durata delle concessioni per evitare che investimenti realizzati, in seguito a modifiche contrattuali, possano essere sfruttati per richiedere rinnovi o proroghe della durata della concessione.
In alcuni specifici casi vi sono leggi di settore che prevedono una durata
standard della concessione, come ad esempio l’art. 704 cod. nav. che
stabilisce che la concessione di gestione aeroportuale può avere una durata massima di quaranta anni. In questi casi, anche se la legge speciale prevale sulla legge generale, è necessario verificare se per i nuovi affidamenti la durata seppur prevista per legge verrà comunque collegata in sede contrattuale all’equilibrio economico finanziario come previsto nel nuovo Codice.
La durata della concessione rappresenta un elemento cruciale per assicurare una concorrenza effettiva tra operatori economici e garantire la qualità dei servizi prestati con conseguente risparmio di spesa in capo alle pubbliche amministrazioni.