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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1243, 27 febbraio

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L'ECONOMISTA

G A ZZET T A SET TIM A N A LE

S C IE N Z A EC O N O M IC A , F I N A N Z A , C O M M E R C IO , B A N C H I, F E R R O V I E , I N T E R E S S I P R I V A T I

Anno XXV - Voi. XXIX

Domenica 27 Febbraio 1898

N. 1243

A PROPOSITO DEI DISORDINI IN SICILIA

Chi, nell’ avvenire, vorrà trovare delle prove in appoggio al principio che la storia si ripete, potrà consultare con profitto la storia dell’ Italia negli u l­ timi quarantanni del secolo nostro. E la Sicilia, particolarmente, gli offrirà un ricco materiale con le sue frequenti sommosse popolari, coi disordini sempre ricorrenti, prodotti ora dagli eccessi del dazio consumo, ora dalle divisioni delle terre pubbliche, e ora dalla mancanza di lavoro. Nei giorni scorsi, a Troina in provincia di Catania, a Modica in pro­ vincia di Siracusa, e in uno o due piccoli centri rurali si sono avuti disordini, con morti e feriti, prodotti, a quanto pare, dalla miseria, dovuta, alla sua volta, alla mancanza di lavoro. Il dazio consumo, la propaganda del socialismo, questa volta pare non siano stati i coefficienti dei deplorevoli disordini, ma piuttosto, con una parola sola, la miseria, quella vera e autentica, cattiva consigliera ed esasperatriee degli animi, già facilmente eccitabili per le sofferenze passate.

Ora, non è la cronaca di cotesti disordini che vogliamo fare; i lettori, dai giornali quotidiani sono stali informati dei fatti abbastanza gravi che sono avvenuti; però ci pare che questo ripetersi di di­ sordini al principio del 1898 debba formare oggetto di riflessione e suscitare un’ opera adeguata nei po­ teri pubblici.

La Sicilia ebbe per oltre un anno un Commissario civile straordinario, la cui opera fu variamente giu­ dicata, ma in realtà non fu inutile, nel senso che riuscì a correggere alcuni abusi. Certo, essa non poteva mutare la faccia delle cose, e alla crisi agru­ maria, sol lì fera, ecc., sostituire a un tratto una s i­ tuazione di prosperità. Noi, senza farci illusioni sulla efficacia dell’opera di un Commissario civile per la Sicilia, pensammo che l’ esperimento dovesse farsi e per quanto la politica partigiana abbia cercato di presentare quell’ esperimento nella luce più sfavore­ vole, crediamo eli’ esso non sia stato senza utilità. Se il Ministero non fu in tutto felice nella scelta della persona, se limitò soverchiamente, rispetto al tempo, il compito del Commissario civile e con ciò stesso impedì che la sua opera fosse completa e le sue indagini penetrassero ben addentro nell’ ammi­ nistrazione locale e nella compagine economica del P?®se> bisogna anche tener conto, da un lato, della difficoltà innegabile di trovare la persona in tutto adatta; e dall’altro, dell’ ambiente assai suscettibile e che vide con molta contrarietà la istituzione di quello che fu detto il vicereame. Ma credere che

quell’ opera sia stata del tutto inefficace, perchè sono avvenuti dei disordini a Modica, a Troina e altrove è veramente confidare un po’ troppo nella dabbenag­ gine della

gente-L e condizioni di molta parte della Sicilia sono tali che non possono essere mutate in meglio se non coll’aiuto del tempo. Chi conosce le inchieste com­ piute in Italia - e citiamo, oltre quelle di iniziativa privata, meno recenti, la inchiesta agraria, la in ­ chiesta sulle condizioni igieniche e sanitarie e quella del compianto Bertani - chi non ignora lo stato sociale economico, psicologico e giuridico della S i­ cilia, comprende facilmente che occorre opera lunga, tenace, radicale, per trasformare la Sicilia, così da ridurla dal punto di vista econonrco-sociale nella stessa condizione delle regioni settentrionali e cen­ trali del paese. Bisogna cambiare le idee, i sentimenti, i rapporti economici, svolgere la produzione, abituare le classi lavoratrici a valersi dei mezzi legali e di quelli da tempo consigliali dagli economisti, quali l ’ associazio­ ne, la cooperazione, la mutualità, la istruzione, ecc., bi­ sogna che lo Stato per mezzo di tutti i suoi funzionari amministri realmente e secondo la legge, che l’ordi­ namento tributario sia reso meno difforme dall’ equità, perchè diventino meno facili e frequenti i disordini che di tanto in tanto si verificano nella bella isola. E certo occorrono mezzi finanziari non piccoli per favorire con strade, con miglioramenti igienici, con acquedotti, con scuole e via dicendo la trasforma­ zione di un ambiente che è stato trascurato per tanto tempo, che presenta inconvenienti gravi, ed ha bisogno di essere modificato in quasi tutti i suoi aspetti. Ma questa è opera cui non basta la vita di un uomo ; figurarsi se era 'ecito credere v i potesse bastare un anno di commissariato straordinario.

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S i tratta adunque di un complesso di circostanze nelle quali primeggia la depressione economica, la crise cronica se così può dirsi, che si rivela in una decadenza lenta, ma continua, della economia agricola. Provvedere a questo stato di cose, combat­ tere la miseria, sfollare i distretti pletorici se ve ne sono (come si fece in Irlanda), distribuire le terre se ne restano ancora da quotizzare, agevolare il credito con oculatezza, garantire la sicurezza pub­ blica, è il compito che lo Stato e le classi abbienti devono con ogni sforzo cercare di adempiere. La que­ stione non può trascinarsi indefinitamente, se non è risolta da chi è al potere ed ha oggidì i mezzi per ten­ tare la soluzione, essa saprà trovarla con altri modi, legali o no, e allora sarebbe troppo tardi per dare agli avvenimenti un indirizzo prudente e sicuro. Bisogna persuadersi che non è in causa la vita di un ministero o la sorte d’ un partito, ma la esistenza stessa dello Stato, quando la miseria minaccia le basi de! consorzio civile : cioè l’ ordine e la sicurezza.

LA STATISTICA BFPIC1ALR IN ITALIA

Due gruppi di notizie sono apparsi sui giornali intorno ai propositi del Ministero relativamente alla statistica ufficiale. L ’ uno riguarda propriamente lo ufficio generale della statistica e l’altro il censimento. Si afferma infatti che il comm. Luigi Bodio lascierà la Direzione generale della Statistica per passare al Consiglio di Stato, che contemporaneamente verrà riordinato il Consiglio superiore della statistica, la cui presidenza verrebbe affidata allo stesso profes­ sore Bodio e infine che l ’ ufficio di statistica, quello del credito e della previdenza e un nuovo ufficio per la legislazione sociale verranno riuniti in una nuova Direzione generale. Un giornale ha fatto anche i l nome del nuovo direttore generale; sarebbe il prof. Carlo Francesco Ferraris, attualmente inse­ gnante nella Università di Padova. L ’ altra notizia è semplicemente questa: nel mese di Marzo uscirà il decreto che ordinerà il nuovo censimento pel 31 d i­ cembre di quest’ anno. Le due notizie hanno una certa importanza e meritano da parte nostra qualche

considerazione. .

L'Economista non è solito a discutere ì nomi di coloro che sono preposti agli uffici amministrativi superiori; se può discutere i nomi dei ministri nei quali si riassume un dato indirizzo politico, se può criticarne l’ opera con piena liberta di apprezzamenti, perchè essi sono responsabili dinnanzi al Parlamento, non è abituato a criticare l’opera dei funzionari. Ma questa volta poiché non si tratta che di esprimere un giudizio su quanto ha fatto finora uno dei piò valenti funzionari dello Stato, crediamo di poter dire che il ritiro del comm. Bodio dalla Direzione gene­ rale della Statistica sarà deplorato da tutti coloro che amano la statistica e vogliono ch’essa sia tenuta sempre nella sfera della massima imparzialità e sere­ nità. Il comm. Bodio nella sua lunga carriera di D i­ rettore generale della statistica non ha mai avuto un partilo preso, fu sempre osservatore coscienzioso e non partigiano dei fatti sociali che si svolgevano nel nostro paese; fu, in breve, l’ ideale del Direttore di statistica e nel giorno in cui si annuncia il suo ritiro da quell’ ufficio noi sentiamo di dovergli ren­

dere questo omaggio e di dovere rammaricarci che là dove egli poteva rendere ancora molti servigi pre­ ziosi venga a mancare la sua intelligente e operosa

direzione. ...

Se in questi ultimi anni I attività della Direzione generale di statistica non parve, e realmente non fu, quale sarebbe stato necessario, la colpa non va at­ tribuita che al Governo, il quale per una malintesa economia ridusse le spese per la statistica. Mentre per i cresciuti bisogni di dati e notizie sarebbe stato necessario aumentare i fondi per la statistica, si lesi­ narono le migliaia e anche le centinaia di lire e si rinviò d'anno' in anno quell’operazione statistica fon­ damentale e altamente civile che è il censimento.

In tali condizioni si comprende che l’ attività del comm. Bodio dovesse incontrare dei freni e degli ostacoli invincibili e quindi venisse menomata la efficacia dell’opera sua. Quelle geniali ricerche elio specie dal 1880 al 1890 tanto onore procurarono alla nostra Direzione generale di statistica, con lo stremarsi dei mezzi finanziari non erano più possi­ bili, sicché l’ opera di quell’ ufficio diventò monca, saltuaria e non potè estendersi e perfezionarsi quanto occorreva. A ll’estero invece i vari uffici di statistica ampliarono il campo delle loro investigazioni, il la­ voro e tutte le questioni connesse formarono oggetto di indagini, che prima non si facevano o assai im ­ perfettamente, e pertanto mentre gli altri uffici prov­ visti di mezzi crescenti progredivano, il nostro, se non regrediva per volontà propria, rimaneva al suo posto, d ie naturalmente, col cammino fatto dagli altri, non è più quello avanzato d’ un tempo.

Ormai è inutile recriminare sul passato e conviene volgersi all’ avvenire, riguardo al quale si hanno nel fé sfere ministeriali dei progetti che non ci sem­ brano in tutto lodevoli.

L ’ idea di costituire una Direzione generale con la riunione dell’ ufficio della statistica, di quello del credito e della previdenza e infine del nuovo ufficio per la legislazione sociale si risolve nell’ aggregare all’ attuale direzione generale di statistica gli altri

due uffici suaccennati. . . . .

E se questo concetto non si può criticare nei ter­ mini con cui lo criticò la Perseveranza, perchè non si tratta di costituire una nuova Direzione generale, ma di ampliarne una già esistente, è certo che è suscettibile di altre critiche. L ’ aggregare alla Stati­ stica il credito e la previdenza, nonché 1’ ufficio per la legislazione sociale a noi pare un errore. La sta­ tistica va lasciata a sè, perchè il suo campo è tal­ mente vasto che non è possibile a un direttore ge­ nerale dedicarsi ad altre materie; nè conviene ad­ dossargli il grave peso del credito e, quello, die veramente non si conosce ancora bene perchè è in via di formazione, della legislazione sociale. Il cre­

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no-27 febbraio 1898 L ’ E C O N O M I S T A

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mina del prof. Ferraris - il fatto è che se il pro­ getto attribuito al Ministero venisse attuato chi avrebbe una diminutio capitis sarebbe proprio la statistica, la quale correrebbe vari pericoli e non trascurabili.

È innegabile, ci pare, che un Direttore generalo il quale avesse ad occuparsi a un tempo della sta­ tistica, del credito e della legislazione sociale fin i­ rebbe, a seconda dei momenti, per occuparsi di una sola di queste materie e coi tempi che corrono, con le continue proposte e discussioni di leggi sociali, queste richiamerebbero principalmente la sua atten­ zione. Lasciamo giudice chi legge, se ciò convenga e giovi alla statistica. Di più, se è la stessa persona che li fa raccogliere quella che deve valersi dei dati, può venire il momento in cui la fiducia del pubblico nella statistica vada scemando od almeno sorga in esso il dubbio che le osservazioni statistiche non siano fatte senza quell’influsso che l’elemento subiettivo può esercitare, anche inconsciamente, quando chi è chia­ mato a raccoglierle ha già un dato preconcetto, una teoria prediletta da difendere. Ci pare, quindi, superfluo lo insistere a dimostrare che, sotto lutti gii aspetti, la riunione della statistica con altre materie riuscirebbe dannosa, aumenterebbe quelli che furon detti gli scettici della statistica, toglierebbe a questa la sere­ nità e la imparzialità che tanto contribuirono a ren­ derla accetta anche al pubblico indotto, creerebbe delle difficoltà agli stessi cultori della statistica e agli uffici pubblici, i quali potrebbero essere sospettati di voler raccogliere dati per vedute di politica so­ ciale assai controverse. È nel caso speciale della nomina del prof. Ferraris, non v’ ha dubbio che essa significherebbe I’ accettazione del socialismo di Stato con l’assicurazione obbligatoria, la legislazione sulle fabbriche, ecc., che non saranno neanche da respingere a priori, se si vuole, ma che, per lo meno, non sono da accettare a occhi chiusi; e la semplice ragione che altrove si è già fatto molto al riguardo non basta a giustificare che anche da noi p er ciò solo si debba fare qualche cosa, E non possiamo credere che il prof. Fe rraris accetterebbe un simile posto se non avesse la possibilità di tentare l’appli­ cazione di quel programma riformatore che non è molto esaltava nella sua memoria sul materialismo storico e lo Stato, contrapponendolo al programma

socialistai). ^ S

Quanto alla notizia sul censimento dobbiamo dire eh essa non incontra la nostra approvazione. Noi fummo tra i primi, forse, a deplorare nel 1891 che si abbandonasse il censimento e più volte negli anni passati insistemmo perchè esso fosse fatto. In effetto poteva farsi alla fine del 1896, ossia alla metà del periodo decennale, ma farlo alla fine del 1898 non ci pare consigliabile, ormai conviene aspettare che si compia il decennio, ossia il 1901. Diversamente noi avremo un censimento senza il pregio della com­ parabilità, esso resterà perduto o quasi per gli studi comparativi. I competenti comprenderanno l’ impor­ tanza della'cosa, senza che qui sia necessario dilun­ garsi. Piuttosto rammenteremo la proposta del Ko- rosr sul censimento secolare del mondo (vedi \’E co­ nomista del 12 settembre 1897) proposta che non dovrebbe andar perduta.

cni) '^ Clj,n! giornali smentiscono la notizia delle ri- non'1® a direzione Generale della Statistica; ciò cons'dS - n*e ?rec^amo opportuno mantenere queste

Si faccia l’ Italia iniziatrice di una conferenza in ­ ternazionale che studi la cosa e con un po’ di buon volere essa sarà certamente fattibile. Il 1901 do­ vrebbe essere l’anno dei censimenti e il nostro paese allo stato delle cose potrebbe benissimo rinviarlo a quell’epoca, onde, facendolo quest’anno, non si abbia una stonatura nella serie dei dati. Piuttosto di farlo ora, per poi fra quattro anni eseguirne un altro, op­ pure stabilire nuovi periodi decennali, con grande confusione della statistica, il ministero pensi al modo perchè nel 1901 ài faccia opera completa, senza le­ sinerie e cominci a inscrivere nel bilancio del pros­ simo esercizio, una somma anche, modesta, pel cen­ simento, somma che poi aumenterà nei bilanci succes­ sivi; così potrà affrontare a suo tempo la spesa senza dovere impaurire i vigili custodi del bilancio. Ma abbandoni, perchè è ormai troppo tardi, l’ idea di far il censimento prima che scada il decennio.

E per quanto ci rincresca di dover rin viare ancora di qualche anno il censimento, noi sentiamo che questo è il consiglio che dobbiamo dare al G overno, perchè quest’ opera sia fatta utilmente.

IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

A l principio dell’ anno corrente il debito pubblico italiano pesava sul bilancio con una rendita di L ir e 581,783,786.79 ed il capitale ascendeva a 12,907,434,801.84 L ire .

In queste somme non sono compresi : i Buoni del Tesoro che stanno intorno a 250 milioni, le antici­ pazioni statutarie degli Istituti di emissione che stanno intorno a 50 milioni, i biglietti di Stato intorno a 400 m ilioni; cioè un altro debito capitale di circa 700 milioni.

Nel 1871 il debito capitale era appena di 8 mi­ liardi ; raggiunse i IO m iliardi nel 1877; gli 11 miliardi nel 1884; i 12 miliardi nel 1894. Per cui il debito aumentò di un miliardo in sei anni dal 1871 al 1877 ; un altro miliardo di aumento si riscontra pure nel sessennio 1877-83; — il terzo miliardo di aumento richiese un novennio dal 1884 al 1893; il quarto miliardo di aumento è già quasi consumato in tre anni, sebbene in quest’ ultimo periodo i bi­ glietti di Stato sieno aumentati di 66 milioni.

Rispetto al peso che questo debito ha sul bilancio, nel 1871 esso era di 397 m ilioni; passa il mezzo miliardo nel 1882 e poi prosegue colle seguenti cifre : 1882 ... 516 milioni 1890 , 1883 ... 517 » 1891. 1884 ... 517 » 1892 . 1885 ... 520 » 1893 . 1886 ... 525 » 1894. 1887 ... 524 » 1895. 1888 ... 536 » 1896 . 1889 ... 549 » 1897 . 562 566 573 577 609 589 585 581 La maggior parte del debito è, come si sa, rap­ presentata dal consolidato di cui ne abbiamo quat­ tro specie così divise :

Rendita Capitale

Lire Lire

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Sono poi ancora da iscriversi nel gran libro in consolidato 341,012.46 di rendita pari a L. 6,820,623 di capitale come pure la rendita della S. Sede di L . 3,225,000 più col capitale di L. 64,500,000.

11 consolidato 5 per cento, che si è visto, ha u.na rendita totale di 401 milioni, n e lla per 167 milioni di nominativa, 232 milioni al portatore, il rimanente mista ; invece dei 4.8 milioni di rendita del consoli­ dato 3 per cento, 3 milioni sono nominativi, 1.7 al portatore, il resto mista ; dei 55.6 milioni 4 1/2 netto 48 sono nominativi (frutto della legge di conver­ sione del 5 per cento delle opere pie) 7.5 milioni sono al portatore, il resto misto; infine i 7.4 mi­ lioni di 4 per cento netto si dividono in 1.8 milioni nominativi, 5.5 al portatore, il rimanente misto.

Sono iscritti separatamente nel gran libro nove debiti di cui otto redim ibili, tre sono al 3 per cento e sei al 5 per cento ; rappresentano un capitale di L. 311,704,041.30 ed una rendita complessiva di

L . 13,032,713.15. .

I principali sono le obbligazioni della ferrovia V. E. per 120.4 milioni di capitale, le obbligazioni del­ l’Asse Ecclesiastico per 88 milioni, il prestito Blount per 33 milioni, la ferrovia Maremmana per 41.6 milioni.

Si hanno poi le contabilità diverse che rappre­ sentano 53 partite di debiti per un totale capitele di L .1 ,723,043,947.05 ed una rendita di L.58,757,510.55 Uno di questi debiti (Canali Cavour) acceso an­ cora per un capitale di 37 milioni è al 6 per cento; diciassette sono al 5 per cento ; due sono infrutti­ feri ; gli altri sono al 3 per cento.

Finalmente vi sono 5 debiti amministrati^ dalla direzione generale del Tesoro per L . 183,794,364.91 di capitale ed una rendita di L . 36,797,109.90 e comprendono il prestito inglese 3 per cento (1855) per 8.8 m ilion i; — i buoni dei danneggiati dalle truppe borboniche per 4.9 m ilion i; le annualità per il riscatto delle ferrovie Alte Italia 486 milioni ; i Buoni del Tesoro a lunga scadenza 155 milioni ; — i certificati trentennali per costruzioni ferroviarie 27.8 milioni.

SERVIZI PUBBLICI

Nella mente di chi, seguendo da lontano le discus­ sioni della Camera dei Deputati sul progetto dell’ ono­ revole Luzzatli per una Cassa di credito comunale

e provinciale, porta la sua attenzione sul poco che i sunti telegrafici dei giornali ci annunziano con un certo grado di esattezza, sorgono dei dubbi e vien fatto di formularsi dei quesiti, i quali per essere, forse ingenui ad avviso degli uni, non mancano invece, a giudizio degli altri, di qualche sagacia e di vera opportunità pratica.

Come si sa il ministro Luzzatti intendeva e voleva provvedere ì mezzi ai comuni e alle provinole per una quantità di bisogni, di nuove opere e di pub­ blici servizi; e la Commissione della Camera, cre­ dendo alla sua volta di essere nell’ ordine di idee del Governo, aveva proposto un ordine del giorno per invitarlo a studiare e proporre provvedimenti legislativi, allo scopo di procurare ai comuni la pos­ sibilità e i mezzi per assumere l’esercizio diretto dei servizi pubblici nell’ interesse generale e delle fi­

nanze municipali. Invece il ministro sorse a pregare la Commissione di non insistere nell ordine del giorno sul monopolio dei servizi pubblici comunali, non perchè egli non consentisse in questi concetti, ma per motivi di semplice tattica parlamentare e di

convenienze del momento. . ,

Tralasciamo di notare che sono alquanto curiosi questi scrupoli dei ministri e dei deputati divenuti oggi esitanti a manifestare chiaramente i loro con- ceui o criteri direttivi, ad affermare le loro tendenze in un argomento qualsisia, dopo che hanno fatto d i­ ventare molto scettici il paese e i contribuenti, av­ vezzandoli a vedere mancate promesse e impegni senza fine, presi in modo solenne e fissati anche in disposizioni precettive, in articoli di legge; e ve­ diamo piuttosto se ci riesce di intenderci su certe parole, le quali da qualche tempo hanno grande fo r­ tuna e, quasi nuovo verbo, corrono sulle labbra di

tutti. .

Che cosa sono i servizi pubblici? che cosa e lo interesse generale degli abitanti di un comune, che cosa è I’ interesse delle finanze di un municipio ? e che vuol dire, infine, la frase: monopolio dei ser­ vizi pubblici comunali ?

1 servizi pubblici, tanto se si considerano come una facoltà, quanto se si ritengono un obbligo di chi li esercita, non possono essere se non una com­ petenza, un’ attribuzione esclusiva dell’ autorità che governa il comune o che governa lo Stalo: essi poi formano la competenza dello Stato e del comune, non per un atto di volontà del Parlamento o per il capriccio di un consiglio municipale, ma perchè così e non altrimenti è richiesto dalla natura delle cose, dall’ essenza vera di ciò che si dice pubblico servizio.

S i invoca ogni giorno e da ogni parte il mono­ polio dei pubblici servizi, ma non si avverte 1’ er­

rore di concetto che si annida in queste parole. Monopolio fu sempre detta ed è tuttora l’ avoca­ zione che Stato e Comune fanno di alcuni servizi ed imprese, di alcune prestazioni e di certi scambi i quali per la loro indole non sono compito della autorità, ma dei cittadini, dei privati; servizi ed im­ prese che, al pari di altri in numero infinito, costi­ tuiscono il campo di azione dell’ individuo e sono la vera ragione d’opere del lavoro quotidiano del- 1’ uomo, sostenuto e fecondato dal capitale.

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natura e tolgono ai cittadini un loro diritto naturale cercando di giustificare tale offesa, tale violazione con motivi d’ordine secondario. Quasi sempre, in­ fatti, i monopoli vengono creati per necessità di bilancio, e perchè lo Stato e i Comuni vogliono mantenersi una finanza propria in urto con le sane leggi dell’ economia e sopratutto in continuo, aperto contrasto con le reali condizioni economiche della nazione, degli abitanti del comune.

Sarebbe tempo dunque che Parlamento e Governo cessando dallo stare campati in aria, e lasciati t pro­ grammi elastici, le affermazioni vaghe e nebulose, precisassero un po’ più oggettivamente e tassativa­ mente che cosa essi intendono per servizi pubblici comunali, che cosa essi ritengono costituire la com­ petenza necessaria, il campo naturale dell’ azione esclusiva dell’ autorità; soltanto a questa condizione lo studio per procurare i mezzi giusti e sicuri per i veri servizi pubblici potrà essere avviato seriamente, potrà cominciare a dare qualche frutto.

A. C.

Chi osserva ciò che si manifesta nel mondo in ­ dustriale può notare facilmente un movimento di trasformazione costante e rapido a un tempo ; moto che se ora è più rapido si avverte però in tutto il corso di questo secolo, il m acchinario, 1’ opificio, le operazioni che v i si eseguiscono, il personale che eseguisce queste operazioni tutto ciò si m odifica a brevi intervalli e spesso in modo profondo. Ma per­ chè vi sia propriamente parlando evoluzione non basta che si producano dei cambiamenti anche con­ siderevoli. Se essi restano slegati, senza direzione continua, senza resultati generali non istituiscono che un rimaneggiamento qualsiasi. Se al contrario agiscono sempre in un senso determinato per un certo periodo, se, qualunque sia la loro origine, essi tendono costantemente verso un certo ordine di r i­ sultati, allora si può ricavare dalla loro osservazione ripetuta la legge alla quale obbediscono e il loro movimento diventa una vera evoluzione scie n tifica ­ mente stabilita.

Il de Rousiers, che fa queste osservazioni, aggiunge che tuttavia le leggi di una evoluzione, come tutte le leggi tratte dall’ osservazione, non hanno mai se non il valore di ipotesi verificate un maggiore o minore num ero di volte. Quando un nuovo fatto osservato non si accorda con essi non è il fatto che ha torto, ma la legge. Il fatto indocile che si rifiuta di entrare nello schema ideato avverte al contrario l ’osservatore che quello schema pecca in qualche parte, T obbliga a un’ analisi più rigorosa, a una più grande precisione, lo mette sulla via delle sco­ perte invitandolo a una conquista nuova sulle te­ nebre dense che avvolgono i vari oggetti delle c o ­ gnizioni umane. Di qui la necessità di verificare sempre, di sottoporre senza riposo i nuovi fenomeni al sindacato della osservazione scientifica. E in ma­ teria di questioni in dustriali e operaie questa neces­ sità è tanto maggiore che molti resultati della evo­ luzione moderna sono interpetrati non dalla scienza, ma dalla passione, non alla luce della osservazione ma alla falsa luce dei sistem i. S i tratta q u i d i

pro-blemi che toccano direttamente, duramente nei loro interessi materiali, nella loro stessa esistenza migliaia di padroni e milioni di operai. A questi è neces­ sario ora più che mai mostrare con esempi ripetuti che il mondo cammina continuamente, secondo una direzione che nessuno di loro può modificare e che tutti hanno il più grande bisogno di conoscere.

E il de Rousiers, che già si è occupato dei pro­ blemi operai dell’ Inghilterra, ed è stato condotto a riconoscere I’ esistenza d’ un fenomeno dominante, quello del macchinismo, al quale connette un certo numero di risultati, si è proposto il quesito se la evoluzione industriale e quella commerciale è ac- compagata da effetti sim ili negli altri paesi. Le in ­ formazioni che forniscono le statistiche, e varie pub­ blicazioni potranno dare una risposta atfermativa ; esse rivelano sempre più che i metodi moderni di produzione hanno affrancato l’operaio, e la necessità pel lavoratore di elevarsi a un livello morale e in­ tellettuale superiore per approfittare di quelle nuove condizioni. La prova egli la dà esaminando gli ar­ tieri dell’antico tipo. Infatti riguardo all’ affranca­ mento si potrebbe affermare che il censimento professionale della Germania dimostra chiaramente che gli artigiani « indipendenti » vi diminuiscono in misura sensibile. Dai 1882 al 1895 essi sono passati da 4 milioni e mezzo a 4 milioni e non rappresentano più in paragone alla popolazione to­ tale che un tredicesimo invece di un decimo. Quelli che vivono nella condizione di « dipendenti » sono aumentati durante questo stesso periodo di oltre un milione. Sembrerebbe dunque che si dovesse par­ lare non già di affrancamento ma di asservimento. E molti infatti la pensano così. Fra gli operai, tutti quelli che denunciano giornalmente il « salariato » come un regime di sfruttamento, vedono natural­ mente un aggravamento di ciò che essi chiamano la grande ingiustizia moderna, nella scomparsa dei piccoli mestieri e nell’aumento delle grandi fabbri­ che. A un altro polo della opinione stanno gli am­ miratori del passato, coloro che di questa ammira­ zione si fanno una posa e un principio, maledi- scono le invenzioni diaboliche che strappano il la­ voratore dalla casa e dalla vita di famiglia. Tuttavia i primi sono unanimi a riconoscere che 1’ operaio moderno è più cosciente dei suoi diritti, più armato per difenderli che il suo predecessere detto e rite­ nuto indipendente. È anzi su questa constatazione ch’ essi fondano la loro speranza di una società fu­ tura, organizzata secondo i loro desideri. I secondi gemono tristamente sugli « spaventosi progressi » del lusso e del benessere, sulle esigenze attuali delle famiglie operaie. Resulta chiaro adunque che questi « dipendenti » moderni sono in realtà più capaci di libertà e che quei proletari sono naturalmente me­ glio trattati dei loro predecessori. È chiaro che vi è confusione in tutto ciò e che tutto dipende dal significato che si dà alla parola « indipendente ».

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dipende mai da un uomo clie in occasione di una cosa, di un falto che stabilisce il vincolo di dipen­ denza da un altro uomo. Egli ci fa guadagnare la nostra vita e se siamo incapaci di guadagnarla in in altre condizioni diverse da quelle che egli ci offre sembriamo dipendere da lui e in realtà dipen­ diamo dalla nostra incapacità a guadagnarci da v i­ vere diversamente. La prova 6 che se un altro uomo si trova disposto a impiegare la nostra capacità pro­ fessionale ci sentiamo molto meno dipendenti dal primo. E se giungiamo a crearci altri mezzi di la­ voro oltre quello della specialità, se abbiamo come si dice parecchie corde al nostro arco, allora siamo veramente indipendenti e il legame che ci teneva avvinti obbligatoriamente a un genere di lavoro è spezzato.

G li operai tedeschi che hanno abbandonato il pic­ colo mestiere per la grande fabbrica sono passati dalla dipendenza reale, nella quale erano tenuti dalla loro limitata specialità tecnica, dai loro mestieri di artigiani a una dipendenza personale rimpetto al pa drone pel quale essi lavorano.

La prima era perpetua, la seconda è temporanea. La prima era assoluta, la seconda si alleggerisce di tutto ciò che una seria organizzazione delle forze operaie può dare di adattabilità agli obblighi profes­ sionale. Se il medesimo uomo capo di mestiere e spe­ cialista col sistema antico diventasse semplice ope­ raio salariato e restasse specialista nel sistema nuovo vi sarebbe perdita per lui ; questo è certo ; la sua dipendenza diventerebbe in realtà più stretta ; ma le cose non procedono a questo modo e Io stesso fe­ nomeno che colpisce il suo piccolo mestiere, colpisce pure la sua specialità. Questo fenomeno è l’ intro­ duzione delle nuove macchine che da una parte necessitano l’aggruppamento dei lavoratori in grandi opifici, in vaste officine e che d’altra parte permet­ tono di impiegare individui senza lungo tirocinio in fabbricazioni complicate. Prendendo a suo carico la porzione meccanica del lavoro un tempo compiuta dallo sforzo umano la macchina riconduce la fun­ zione dell’ uomo^a una direzione intelligente, almeno a una sorveglianza che esige del discernimento. Essa 10 dispensa dal lavoro che abrutisce, essa «diminuisce 11 lavoro degli uomini » come presentiva così lu m i­ nosamente Descartes, ma reclama loro un uso più frequente, uno sviluppo più generale della intei ligenza.

Resta a sapero se il macchinismo è responsabile del fatto segnalato dalle statistiche. Le cifre di det­ taglio rispondono a questa domanda. E infatti nelle industrie in cui il macchinismo ha meglio stabilito il suo dominio che la scomparsa dei maestri arti­ giani si nota più spiccatamente. In capo lista si nota l’ industria tessile ; fra i filatori 67 °/0 hanno per­ duto, si dice, la loro situazione indipendente. L a pro­ porzione è ancora del 20 °/0 ci rca Per * tintori, i tessitori, i mugnai, i birrai, i doratori, i saponai. Essa è del IO “/„ presso gli armaioli, i passamantai, i maniscalchi, i vetrai, i cappellai, i tornitori. Infine essa scende al disotto di questa cifra presso i vasai, ebanisti e calzolai.

Nè questo è tutto. Là dove la prosperità econo­ mica di questi ultimi anni ha sviluppato l ’attività della industria tedesca senza determinare un progresso notevole del macchinismo, il numero dei piccoli me­ stieri diretti da maestri artigiani è aumentato invece di diminuire. Tale è il caso dei muratori, falegnami

e in generale per gli operai delle industrie costrut­ trici. In Inghilterra pei mestieri relativi alle costru­ zioni il de Rousiers ha constatato egualmente la so­ pravivenza di uu gran numero di piccoli intrapren- ditori, di maestri artigiani, specie fra i falegnami. Lo stesso fenomeno si ritrova in Germania e per ragioni analoghe senza dubbio che derivano soprattutto sia dalla natura del lavoro nel quale l’ aggiustamento e la collocazione sono elementi importanti, sia alla na­ tura del prodotto che non essendo trasportabile si trova riservato alla clientela locale. Per questa du­ plice condizione, l’ industria delle costruzioni sfugge per una larga parte alla evoluzione industriale e a quella commerciale, ai risultati del moltipllcarsi delle merci e dello sviluppo dei trasporti. Ciò che avviene in essa dà dunque una idea per quanto pal­ lida di ciò che accadrebbe in altre industrie tede­ sche se il loro svolgimento non avesse avuto luògo nello stesso tempo di quello delle macchine. Invece di scomparire gradatamente i piccoli mestieri au­ menterebbero di numero ; e in ciò si ha una indi­ cazione abbastanza chiara a contrario sulla respon­ sabilità del macchinismo

Il censimento tedesco dimostra pure un aumento del numero degli « artigiani indipendenti » presso gli orologiari, i tappezzieri, i macellari e i fornai. A primo tratto il fatto sorprende per ciò che riguarda gli orologiari. L a fabbricazione degli orologi « a doz­ zine » pare essersi definitivamente impadronita della massa della clientela che essa ha considerevolmente allargata. Sarebbe strano che a questo proposito la

Germania facesse eccezione e il De Rousiers crede piuttosto che questi « orologiari indipendenti » ras­ somiglino ai negozianti di orologi, di gioielli comuni e di orologeria corrente, che vediamo nelle piccole città di provincia.

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27 febbraio 1898 L ’ E C O N O M I S T A 135

sono aumentate dal 1882 al 1895 di 126,000, pas­ sando da 1,235,000 a 1,361,000 con un aumento pure considerevole di persone addette alle loro fa­ miglie, mentre che d’altra parte gli operai giorna­ lieri nell’agricoltura sono diminuiti di 251,000 es­ sendo scesi da 1,613,000 a 1,362,000.

Il macchinismo è dunque il grande agente re­ sponsabile della rovina del piccolo mestiere familiare, della creazione delle grandi officine nella Germania contemporanea, come in tutta I* Europa occidentale dal principio del secolo in poi. È il macchinismo che fa scomparire la indipendenza apparente dell’ arti­ giano, ma è anche esso che esige dall’ artiere una maggiore indipendenza reale.

R iv is ta B ib lio g r a fic a

Avv. Anton Giulio Fontanlve. — Teoria dei Decreti-Legge. — Bologna, Zanichelli, 1897, p. 219 (L. 4). Argomento molto importante e d’ attualità è questo preso a trattare dall’ avv. Fontanive, perchè è noto quale abuso si è fatto in Italia dei Decreti-legge. Egli ha dato gli esempi principali di Decreti-legge e ha descritto il campo più comune in cui essi hanno origine e in cui si possa raccogliere la loro consue­ tudine. Ma siccome non è da credere che in sif­ fatto campo, già così largo, si trovino dei lim iti in- sorpassabili per gli uomini di governo che vogliono abusare dei Decreti-legge, così l’ Autore, dopo svolti i principi teorici intorno ai detti limiti, si è fatto a indagare i mezzi per prevenire e quelli per repri­ mere gli abusi di tal fatta, cioè che cosa possa farsi, e da quali organi, per contenere i Decreti-legge nei termini della necessità che li giustifica, e quali or­ dini siano da adottarsi per rimediare e far riparare ai colpevoli le conseguenze quando gli abusi siansi, nonostante i freni, verificati. In questa seconda parte del suo studio il Fontanive esamina brevemente dap­ prima il Decreto-legge nei principali Stati d’Europa e poscia Io considera di fronte ai poteri dello Stato e da ultimo davanti l’opinione pubblica. Lo studio del­ l’egregio Autore è in alcuni punti troppo succinto e rapido; accenniamo, ad esempio, alle poche pagine sui Decreti di catenaccio che meritavano un esame più preciso e profondo; ma l’ insieme offre, su un tema poco trattato, una dissertazione ordinata e che non trascura di accennare, sia pur brevemente, i vari temi che rientrano nelle teorie dei Decreti legge. Gr. E. Münsterberg. — Die Armenpflege. Einführung

in die praktische Pflegelhätigkeit. — Bellino, L ieb-mann, 1897, pag. x-213.

In un volume di piccola mole l’Autore ha rac­ colto molte utili indicazioni pratiche intorno alla beneficenza, essendosi proposto di scrivere la guida pratica per la beneficenza, per uso di tutti coloro che per professione o per altro motivo si occupano dei poveri. Dopo aver esposto nella parte generale che cosa si intende per povertà, quali ne sono le cause e la sua situazione presente, nonché le mi­ sure contro la indigenza, il dr. Münsterberg ha di- viso la trattazione in varie sezioni, occupandosi della beneficenza pubblica e privata, del collegamento di queste, dei mezzi di soccorso, di alcuni rami della attività filantropica (pei disoccupati, pei fanciulli,

gli ammalati) dell’attività filantropica in generale spe­ cialmente dall’ aspetto del metodo. Da ultimo ha dato una bibliografia della beneficenza, che gioverà non poco a chi vorrà approfondire i vari argomenti. E ’ un sommario quello che ha voluto dare il dot­ tor Miinsterberg, ma per chiarezza e precisione, per abbondanza di notizie e ordinata esposizione ci pare raccomandabile in modo speciale a chi si oceupa di questa materia.

Max Lorenz. — Die marxistische Socialdemolcratie. —-Leipzig, W igand, 1897, pag. xn-229.

Questa esposizione del socialismo marxista offre, a dir vero, poco di nuovo e di interessante; essa è più che altro un tentativo di volgarizzamento delle dottrine e della politica della democrazia socialista tedesca. In quattro capitoli il Lorenz si occupa della concezione materialistica della storia, del socialismo marxista, della critica del socialismo marxista e della tattica della democrazia socialista marxista. Se la critica è alquanto ristretta e superficiale, tutto il libro è scritto però in modo chiaro e semplice, a differenza di altre opere tedesche sul marxismo che riescono a oscurare anche le idee più elementari. L ’ Autore non si è perduto dietro alle teorie del valore e del sopravalore, del profitto e della sovra popolazione, ma ha fermata la sua attenzione sulle idee, le tendenze e i desideri del marxismo o sui metodi eh’ esso ha mostrato di preferire per ottenere il loro trionfo. E ' quindi un iibro non di teoria pura ma di semplice esposizione di dottrine politico-sociali. Gaetano Sangiorgio. — Il commercio del mondo. Sguardi

storici. — U. Iloepli editore, Milano, 1898, pagi­ ne vm -618 (L . 9).

Questo volume del dottor G. Sangiorgio, professore di Storia nel R. Istituto Tecnico Carlo Cattaneo di Milano, risponde ai desideri di Balbo e Boccardo, a quelli cioè di un riassunto razionale e vivo delle evoluzioni delle attività commerciali delle nazioni c iv ili dai tempi di Colombo a noi. L ’Autore non ha però punto preteso di risolvere egli solo, con questo studio, il gran quesito posto dai due scrittori suac­ cennati. E g li si è limitato a presentare gli scorci di esso, e a proporne le risoluzioni. Il volume è, non­ dimeno, il più completo che si potesse oggi sotto­ porre alla critica scientifica. Sono diciannove lun­ ghi sguardi a tutte le Storie dei commerci del mondo e partito dal Mediterraneo cen'ro al giro, il Sangior­ gio è dopo il non facile viaggio traverso Europa, Asia, Americhe ed Africa ritornato infatti in Italia, la più giovane della giovane Europa. Il lavoro, certo, merita d’ essere preso in seria considerazione e noi crediamo d’ affermare che otterrà sincero plauso dai competenti.

R iv is ta E c o n o m ic a

Le v itto rie dei p ro te z io n ism o e / s u c c e s s i del lìb e ro scam bio - L 'in d u s t r ia dei fia m m ife r i in I ta lia .

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130 L’ E C O N O M I S T A 27 febbraio 1898

da render di minor conto i secondi. Ma cosi non la pensa un distinto economista inglese, sir Roberto Giffen, che in un suo recente discorso ha trattato appunto di questo tema e ha cercato di mettere in luce la posizione rispettiva del protezionismo e del libero scambio nel mondo, in questo momento. È interessante vedere com’ egli dallo studio dei fatti tragga conforto a sperare nuovi trionfi del libero scambio, anzi com’ egli veda questo più vittorioso di quello che comunemente si creda e si dica. Se nelle considerazioni esposte dal Giffen vi è una certa dose di ottimismo è anche vero che una parte di realtà non manca e che è suo merito I’ aver richiamato 1’ attenzione sopra alcuni fatti, spesso non sufficien­ temente apprezzati.

Il libero scambio, egli osservò, vien detto spesso in grande decadenza; tutti i paesi, meno l’ Inghilterra, hanno adottato una politica protezionista e ogni giorno sentiamo che qualche misura protettiva è stata ac­ colta in questo o in quel paese. Se è vero che il protezionismo ottiene delle vittorie è anche vero che il libero scambio ha dei successi che non vanno tra­ scurati ed egli cita la vittoria dei libero scambisti nella Nuova Galles del Sud e il colpo dato al protezio­ nismo nel Canadá. Ma deve però concedere ai prote­ zionisti ch’essi hanno avute molte vittorie; questo non elimina tuttavia il successo continuo e sostanziale del libero scambio per tutto il mondo. A suo avviso, la pratica del libero scambio si diffonde e si sviluppa non ostante che i protezionisti ci parlino delle loro vittorie e facciano un gran rumore per questa o quella piccola intromissione dello Stato nell’andamento delle industrie, per una nuova tariffa autonoma e sim ili.

La dimostrazione che il successo reale è tuttavia dalla parte del libero scambio pare facile al Giffen. Anzitutto si consideri che la massa del traffico del inondo, nove dec'mi o novantanove centesimi di essa si svolge nel regime del libero scambio e non sotto quello del protezionismo. L ’ impero britannico è nel suo complesso, salvo una o due eccezioni, in paragone senza importanza, un impero libero scambista. E la conseguenza di questo fatto è che la protezione di ogni altro paese ammesso che il resto del mondo sia protezionista, è modificata dalla esistenza di quella grande collettività libero scambista, I protezionisti possono erigere barriere contro il commercio coll’ In­ ghilterra, ma fino a tanto che quel paese alla sua volta non le innalza, 1’ ostacolo è molto minore di quello che sarebbe se essa seguisse 1’ esempio dei più. E lutti sanno la grande importanza del commercio britannico, esso conta per un terzo circa del com­ mercio totale ossia per un miliardo di sterline sopra tre m iliardi, s’ intende che si riuniscono le importa­ zioni e le esportazioni del mondo lasciando fuori soltanto alcuni paesi come l’ Olanda, Malta, Gibilterra che esercitano principalmente il commercio di tran­ sito. Se invece si includono nel calcolo altri paesi minori, quale ad esempio la China, non protezionisti nel loro commercio coll’ estero, si può dire approssi­ mativamente che da un terzo a una metà il mondo è libero scambista. Per questo il protezionismo è assai meno dannoso ai paesi protezionisti e il mondo soffre meno dalla protezione doganale, di quello che risul­ terebbe se l’ impero britannico alla pa rid e i suoi v i­ cini si impegnasse nel giuoco di erigere barriere al commercio.

Ma questo non è tutto; la maggior parte del mondo

è ora formata da grandi Stali e dentro ciascuno di essi vi è completo libero scambio. V i sono ora sette grandi Stati, l’ Impero britannico, gli Stati Uniti, la Russia, la Germania, l’ Austria Ungheria, l’ Italia, e la Francia; ora fra questi Stati si svolge un traffico im ­ portante e se essi sono, tutti eccetto il primo, pro­ tezionisti nella loro politica commerciale internazio­ nale sono certo all’ interno libero scambisti. Le sole ecce­ zioni, ma non importanti, sono alcune colonie inglesi autonome; se per ragioni geografiche l’ impero b ri­ tannico non può formare uno Zollverein, il commercio è però libero nel territorio dell’ impero, salvo ecce­ zioni che non hanno alcuna importanza. Tutto ciò significa che i grandi paesi del mondo hanno tanta libertà di scambio all’ interno che le condizioni di ogni industria indigena sono sim ili o prossime a quelle che esisterebbero se vi fosse una concorrenza illim i­ tata in tutto il mondo.

Ma tornando al punto dal quale mosse sul prin ­ cipio, il Giffen si fa a dimostrare che i successi so­ stanziali in materio di politica commerciale sono stati per lungo tempo e sono tuttora dalla parte del libero scambio e non da quella della protezione. Non solo il libero scambio è nel móndo più applicalo di quello che la gente crede, ma in parte notevole è stato ap­ plicato solo di recente. Il grande successo del libero scambio nell’ Inghilterra mezzo secolo fa fu così gi­ gantesco che esso addusse a una conversione del mondo alla pratica del libero scambio, dal pro,- tezionismo in un salto gli Stali passarono a un semi libero scambio, questo passo decisivo non poteva non essere fatto. Esso non venne dall’ amore per la teoria astratta del libero scambio, ma dalle con-r dizioni necessarie che si manifestavano nella vita giornaliera delle nazioni, perchè le grandi industrie del paese non avevano bisogno di protezione all’ in - terno, mentre l’ alimentazione e le materie prime a buon mercato erano essenziali al benessere delle masse e alla prosperità del commercio di esportazione.

La grande riforma liberale successiva, il trattato del 1800, non fu mai realmente revocata, contraria­ mente a ciò che spesso si afferma. Ma è sopratutto notevole il fatto della esistenza di grandi Stati en­ tro i quali il libero scambio può dirsi completo, e questo è un trionfo della libertà commerciale che non va trascurato; se poi si aggiunge che i progressi scientifici sono stimolo potente agli scambi inter­ nazionali facilitando le comunicazioni fra le varie parti del mondo o diminuendo il costo di produzione e che alcuni paesi diventano grandi Stati manufat- turieri e quindi hanno bisogno di esportare, se si considera finto ciò si comprende che il mondo ci­ vile sarà costretto, presto o tardi, a tornare verso il

libero scambio.

Questa speranza del Giffen può parere eccessi­ vamente ottimista, ma chi non si arresta a conside­ rare i fatti del momento può intravedere una fase economica in cui il protezionismo dovrà essere ab­ bandonato.

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27 febbraio 1898 L’ E C O N O M I S T A 137

la correlazione al reddito è aumentata anche la produzione, giacché il numero dei fiammiferi fabbri­ cati è salito tra i due esercizi da 4-5,784,784,000 a 47,689,951,000, cioè 3,905,167,000 di più.

Il curioso è che avvenne questo aumento, mentre è dimnuito il numero delle fabbriche, poiché mentre nel 1895-96 lavoravano 503, nel 1896-97 nò lavo­ ravano soltanto 429, cioè 74 di meno.

Questo fatto, denota, come del resto per tutte le industrie, la tendenza ad accentrare il lavoro in fab­ briche di maggiore importanza, scomparendo man mano le piccole di carattere quasi, casalingo.

La maggior parte delle fabbriche producono fiam­ miferi di legno e le più importanti sono a Milano, Venezia, Bari, Firenze, Alessandria, Torino e Bologna.

Le fabbriche di cerini sono quasi esclusivamente a Torino, Milano e Venezia.

L ’ aumento assoluto della produzione si riscontra tanto nei fiammiferi di legno che in quelli di cera, nella proporzione di tre quarti nei prim i e di un quarto nei secondi.

Questo incremento, oltreché da una maggiore dif­ fusione del prodotto all'Interno, è pure spiegalo dal maggior movimento dell’ esportazione e dal minor movimento della importazione, come meglio risulta dallo specchio seguente:

Importazione Esportazione milioni di fiammiferi 1895-96 1896-97 1895-96 1896-97 Fiam. d Fiam. i li legno 48.4 di cera 38.1 2.6 10.4 3.048.1 5.571.7 3.784.3 6.454.2 Totale 86.3 13.0 8.619.8 10,238.5

È notevole il fatto che nella esportazione preval­ gono^ fiammiferi di legno paraffinati e i cerini, su quelli solforati. 1 primi rappresentano più della metà della quantità totale prodotta e i cerini, circa ¡’ 11 per cento.

Questa cifra sta a dimostrare che la tassa sui fiammiferi non ha impedito lo svolgimento dell’ indu­ stria e non ha contribuito a restringerne il consumo. Il numero delle marche acquistate dai fabbri­ canti fu, in cifra tonda, di 608,928,000 nel 4895-96 e di 623,351,000 nel 1896-97 ossia 582,000 di più.

La cifra del consumo interno è stata nel 1897 di 2286 milioni e mezzo di fiammiferi.

U M I E DEL TESI! IL SI SEMI! I l

Diamo il solito riassunto della situazione del T e ­ soro durante il settimo mese dell’ esercizio finanzia­ rio 1897-98, raffrontandolo con la situazione del corrispondente periodo dell’ esercizio precedente 1896-1897. Il conto di Gassa al 34 gennaio 1898 dava i seguenti resultati :

D a r e Fondo di Cassa all a chiusura

del-l’ esercizio 1896-97 ... L. 300,366,962. 03 Incassi di Tesoreria per entrate

di bilancio... 981,537,522.65 Incassi per conto debiti e crediti » 1, 975,951, 410.42 T o ta le .. . . L. 3 ,2 5 7 ,85 5,89 5.10

Avere

Pagamenti per spese di bilancio. L. 956,025,290.18 Decreti ministeriali di scarico

come dal conto precedente.. » 304,072.81

Pagamenti per debiti e crediti ¡> 2 ,0 6 9 ,57 7,87 4.18 Fondo di cassa al 31 Gen­

naio 1898 ( a ) ... » 231, 948,657. 93 T o ta le .. . . L. 3,257, 855,895710 La situazione dei debiti e crediti di Tesoreria al 31 gennaio 1898, risulta dal seguente specchio:

D e b i t i

Buoni del Tesoro... L. 272,363,500. 00 Vaglia del Tesoro... » 22,173,409.44 Anticipazioni alte Banche... » 40,000,000. 00 Amministrazione del Debito pubb. » 317, 310, 727. 51

Id. del Pondo C olto. » 15,193,375.00

Altre amministrazioni in conto

cor-rente fruttifero... » 35,932,746. 55

Id. id. infruttif. » 32,518,327. 03

C. C. per l’emissione Buoni di cassa » 110,000,000. 00 Incassi da regolare * )... » 39,845,101.25

Totale dei debiti L. 885, 337,186. 78 C r e d i t i

Valuta presso la Cassa Depositi e Prest. art. 21 della legge 8 ago­

sto 1895 o legge 17 genn. 1897 L.(b) 91,250,000.00 Amministrazione del debito pub. » 282,880,880. 64 Id. del fondo per il Culto » 15,426,508.74 Altre amministrazioni... » 32, 867, 908. 80 Obbllgaz. dell’Asse Ecclesiastico . » 5,300. 00 Deficienze di cassa a carico dei

contabili del T esoro... » 2,031,682.49 D iversi... » 26,956,287. 42

Totale dei crediti L. 451,418,568.09 Confrontando con la situazione al 30 giugno 1897, si ha :

al 30 giugno al 31 gennaio 1897 1898

D ebiti... milioni 730. 3 885. 3 C rediti... » 202.7 451.4 Ecced. dei debiti sui crediti milioni 527. 5 433. 9

La situazione del Tesoro, quindi, si riepiloga cosi:

30 giugno 1897 31 genn. 1898 Differenze

Conto di cassaL. 300,366, 962.03 231,948,657.93 — 68,418,304.10 Crediti di Teso­

reria... » 202,768,162.71 451,418,568.09 4-248,650, 405. 38

Tot. dell’ attivo L. 503,135,124. 74 683,367,226.02 4-180,232,101.28 Debiti diTesor. #

Debiti del Tesoro dedotto il tota­ le dell’attivo L.

730,313,245.16 885,337,186.78 +155.023,941.62

227,178,120.42 201,969,960.76 — 25,208, 159.66

(a) Sono escluse dal fondo di cassa le L. 91,250,000 depositate nella Cassa Depositi e Prestiti a copertura di una somma corrispondente di biglietti di Stato. Questa somma è stata portata fra i crediti di T e­ soreria.

*} Negli incassi da regolare sono comprese li­ re 22,500,1 00 parte, della somma di 45 milioni in biglietti di Stato, dei quali è stata autorizzata l’emis­ sione eon l’articolo 2 dell’allegato D alla legge 17 gennaio 1897, n. 9.

(10)

138 L’ E C O N O M I S T A 27 febbraio 1898

G li incassi per conto del bilancio che ammonta­ rono nel mese di gennaio 1898 a L. 119,314,661.61 e da luglio 1897 a tutto gennaio 1898 a L. 981,537,522.65 con le relative differenze, si dividono nel seguente modo : I N C A S S I Mese di genn. 1898 Differenza ne l 1 8' j 7 -9 8 D a lug lio 18 97 a tu tt o gen . 1 8 9 8 D if fer enz a ne l 1 8 9 7 -9 8

Entrata ordinarla migliaia migliaia m igliaia migliaia

Entrate effettive : di lire di lire di lire di lire Redditi patrimoniali dello

-f- 400 59,115 -1- 2,312 Stato... I.. 11,777

Imposta sul fondi rustici

4- 966

e sui fabbricati . . . 637 4- 529 97,806 imposta sui redditi di

rie-- 2,532 chezza mobile... 3,336 - 6,822 146,281 Tasse in amministraz. del

Ministero delle Finanze. 24,164 4- 600 120,996 - 2,597 Tassa sul prodotto del mo­

vimento a grande e

pie-cola vel. sulle ferrovie . 1,631 -1- 32 12,161 4- 389 Diritti delle Legaz. e dei

Consolati all’ estero.. . . 38•+* 38 322 80 Tassa sulla fabbricazione

degli spiriti, birra, eoe. 4,057 — 210 28,537 2,126 f- 845 Dogano e diritti marittimi 20,813+ 414 142,123 Dazi interni di consuino,

esclusi quelli di Napoli

e di Roma... 4,121 - 168 29,377- 68 Dazio consumo di Napoli. 1,141 - 30 7,905 -I- 36 Dazio consumo di Roma . 1,514■ h 11 9,587+ 37' T abacchi... 15,600- 1 0 109,887- 137 S a li... 6,769 - 120 43,768 - 499 Lotto... 7,736 +■ 263 37,859 4- 1,198 Poste... 4,614 4- 962 32,3924 - 1,067 - 466 Telegrafi... 1,012 - 57 7,620 Servìzi diversi ... 1,069 - 921 11,7984 - 1,143

Rimborsi e concorsi nelle

spese... 1,053 — 1,411 11,818 - 642 Entrate diverse... 1,704 - 1,026 14,620 4- 323 Tot. Entrala ordinaria. L. 112,796 - 7,625 923,983 4 3,764

Entrata straordinaria

Entrate effettive :

Rimborsi e concorsi nelle

spese... ... 231 - 95 3,0344 - 1 Entrato diverse... 13 - 1,189 4,59! 4- 3,213 Arretrati per imposta

fon-diaria... 0,07 - 3 18 Arretrati per imposta sui

redditi di ricchez. mobile - 0 , 3 2!4- 0.5

Residui attivi diversi... 10 - 1,196 216 — 3,450 Costruzione di strade ferr. 61 - 5 539 4- 92

Movimento di capitali:

Vendita di beni e affran­

camento di canoni... 914 — 1 6,858 4- 2,917 Riscossione di crediti... 2,000 — 4,000 — Rimborso di somme

autici-4- 5 617*+- 141) paté dal Tesoro... 8

Anticipazioni al Tesoro da enti locali per richiesto

acceleramento dei lavori.

_

- 160 565- 470

Partite che si compensano

73 3,490- 18 nella spesa... 4- 7

Ricuperi diversi... — — — — 0,08 Capitoli aggiunti per resti

- 69,389 attivi... — — —

Totale Entrata straord. D. 3,314— 2,639 23,935- 66,954

Partite dì g iro ... 3,2 4- 492 33,619- 1,891 Totale generale___ 119,314 -10,658 981,537- 65,080

I pagamenti poi effettuati dal Tesoro per spese di bilancio nel mese di gennaio 1898 e da luglio a tutto gennaio 1898, resultano dal seguente pro­ spetto che indica anche le differenze sul 1896-97.

Pagamenti Mese di genn. 189S Diffe­ renza nel 1897-98 Da luglio 1897 a tutto gennaio 1898 Diffe­ renza nei 1897-98

migliaia migliaia migliaia migliaia di lire di lire di lire di lire Ministero dei Tesoro . . L. 6,719 - 42.729 391,331 59,225

Id. delle fin anze.... 17,9694- 1,493 110,967 4- 7,107 Id. di grazia e giust. 3,36114- 515 23,253 4- 3,869 Id. degli affari esteri 831 - 972 5,542 - 244 Id. dell’ istruz pubb. 3,891 4- 595 25,802 4- 964 Id. dell’ in tern o... . 5,207 - 743 42,057 4- 749 Id. dei lavori pubbl. 6,055 — 2,632 56,709 — 6,505 Id. delle posto e tei. 4,237 4- 661 34,402 4- 2,216 Id. della guerra . . . . 23,949 4- 128 186,974 4-29,139 Id. della marina... . 10,679,4- 1,470 72,334 4- 8,116 Id. della agric. ind.

e commercio . 800-1- 12 6,648 4- 278 Totale dei pag. di bilancio 83,705 - 42,200[ 956,025 -13,533 Decreti minist, di scarico. . ~ — 0,2 304 4 - 303 Totale pagamenti... 83,7i5 - 42,200 956,329 _13,229

Agli incassi il Ministero fa seguire le seguenti an­ notazioni sulla differenza che presenta l’esercizio del mese di gennaio 1898, con quello di gennaio 1897.

La diminuzione dell’ imposta sui redditi di ric­ chezza mobile è dovuta da spostamento di mese nella regolarizzazione di alcune assegnazioni fra ij Tesoro e il Debito Pubblico, che nello scorso eser­ cizio ebbero luogo in novembre e gennaio, mentre nell’ esercizio in corso si verificarono in ottobre e dicembre.

Si ha diminuzione nei rimborsi e concorsi nelle spese da minori rimborsi e concorsi dipendenti da spese ordinarie iscritte nei bilanci dei Ministeri del Tesoro e delle Poste e Telegrafi.

Sono diminuite pure le entrate diverse (entrata ordinaria) per minori entrate eventuali per reinte­ grazioni di fondi nel bilancio passivo.

Nello scorso anno ebbe luogo l’ incameramento dei depositi di spettanza della Direzione Generale delle carceri. Questa entrata non ha corrispondenza nell’ esercizio in corso; e si è verificata da ciò la diminuzione nelle entrale diverse (entrata straordi­ naria) e nei pagamenti di bilancio del Ministero del A formare, poi, la diminuzione nei residui attivi Tesoro.

diversi concorsero: i versamenti fatti in gennaio 1897 per proventi delle ferrovie di proprietà dello Stato a tutto giugno 1883, ed il contributo del Comune di Cagliari nella spesa di costruzione di un edifìcio per la dogana e per la caserma delle guardie di finanza.

Le Poste e i Telegrafi nell’esercizio finanziario 1895-96

Riassumiamo la relazione per l’esercizio 1893-96, che è redatta con molta chiarezza.

P O S T E . Corrispondenze. - Nell’esercizio 1893 96 le corrispondenze impostate nel regno (compresa la Colonia Eritrea) nonché negli uffici italiani all’ estero ascesero a 481,024,883 con un aumento di 33,394,951 iir confronto all’ esercizio precedente.

(11)

27 febbraio 1898 L ’ E C O N O M I S T A 139

di tassa, che furono 40,495,849 si ha in complesso un movimento di 521,520,732 corrispondenze.

Nelle corrispondenze a pagamento, tutte le ru b ri­ che sono in aumento, ad eccezione delle cartoline, dei pieghi manoscritti e delle stampe.

Le corrispondenze non consegnate ascesero a 727,335 ossia 41,746 di più dell’esercizio precedente.

Tale aumento si attribuisce in parte al maggiore movimento delle corrispondenze ed in parte al nu­ mero considerevole di lettere ordinarie e raccoman­ date restituite dagli uffizi dell’ Eritrea, che non po­ terono consegnarle ai destinatari perchè morti o rim- petriati.

Di tutte le corrispondenze non consegnate e po­ scia aperte a forma di legge, ne furono restituite ai mittenti 64,331.

Pacchi postali. — Il movimento dei pacchi è rappresentato dal prospetto seguente:

Pacchi importati

fino a 3 kg. da 3 a 5 kg.

1894- 95 4,585,135 2,022,021

1895- 96 4,501,981 2,239,478

Tel. privati sped. all’estero 842,519 862,629

» » rlcev. dall’estsro 953,524 1,132,683

» » transitati dall’e­

stero per l’ estero . . 122,430 126,913

Tel. privati governativi . 967,183 1,078,898

» » di ser. telegrafico 252,637 270,629

» » di servizio postale 71,852 82,102

10,253,990 10,768,781

Vediamo ora il numero dei telegrammi privati spediti al l’ interno ed all’ estero dagli uffici governa­ tivi e ferroviari di ciascuna regione nel 48*96 colla media dei telegrammi spediti per ogni 100 abitanti.

Abruzzi N. dei teleg. per 100 abitanti 158,662 11 Marche N. doi teleg. per 100 abitanti 168,541 17 Basilicata 82,515 254,544 15 Piemonte 698,717 21 Calabre 19 Puglie 445,393 25 Campania 825,012 26 Sardegna 177,814 934,366 24 Emilia 423,096 18 Sicilia 28 Lazio 665,858 67 Toscana 692,923 30 Liguria 699,604 73 Umbria 81,361 13 Lombardia 1,142,213 29 Veneto 626,937 20 — 83,154 - f - 217,457

Le lasse riscosse ammontarono a L. 6,606,442 os­ sia L. 831,015 più che nel precedente esercizio.

Il maggiore movimento nei pacchi si veriffeò nelle provincie seguenti: Milano N. 1,323,122 Napoli » 555,168 Roma » 467,095 Torino » 432,607 Firenze » 397,632 Genova N. 249,889 Palermo » 202,897 Bologna » 156,173 Novara » 138,893 Venezia » 128,072

Le altre provincie non arrivano a 100 m ila; il minimo è dato da quella di Sondrio 11,050.

I pacchi arrivati sono, naturalmente, nelle mede­ sime proporzioni, senonchè Roma viene subito dopo Milano con 560,414.

Al 30 giugno 1896 gli stabilimenti postali am­ montavano a 7435 ripartiti in

D i r e z i o n i ... 69 Uffici di prima classe . . . . 167

» di seconda » . . . . 4614

Collettorie di prima classe. . . 1875

» di seconda » . . 710

Totale 7435

Vaglia e cartoline-vaglia. — Il movimento dei vaglia, delle cartoline-vaglia e dei 'titoli di credito è riassuuto dalle seguenti cifre:

Emessi N. 10,484,037 per L. 873,287,981

Pagati » 10,417,684 » » 848,985.660

T E L E G R A F I . — Alla fine di giugno 1896 erano aperti 5,185 uffici telegrafici con un aumento di 499 sul 1895.

Il parallelo fra il movimento dei telegrammi dei •lue ultimi esercizi è dato dallo specchio seguente :

1895 1896

Tel. privati spediti da uffici

governativi . . . . 6,379,318 6,564,892

lei.privati spediti da uffici

ferroviari... 664,528 650,035

Il totale nel Regno dei telegrammi spediti fu di 8,077,556 - ossia da 26 a 27 per ogni 100 abitanti.

Finalmente diamo le percentuali dei telegrammi spediti all’interno ed all’ estero secondo la loro ma­ teria.

Interno Estero

Affari, borsa, commercio 38,07 47,60

Notizie politiche . . . 4,73 4,36

Affari di famiglia . . . 26,76 16,53

Affari diversi . . . . 29,62 28,83

In c i f r a ... 0 ,8 2 2,68 11 numero maggiore di telegrammi fra l’ interno è di lo parole, il minore oltre le 100.

Per 1’ estero è dalle 6 alle 10 parole. I risultati finanziari dell’ azienda, sono noti, avendoli riassunti nel dar conto del bilancio del Ministero della Poste e Telegrafi.

Con una differenza in più sull’ esercizio precedente di n. 1,462,747 per L. 359,125,811, dovuta in mas­ sima parte da giro di fondi delle casse postali fra loro e colla cassa della Tesoreria centrale.

Dall’ esame delle diverse parti del servizio dei va­ glia interni ed internazionali risulta:

nel movimento dei vaglia ordinari un aumento di 884,029 titoli per L. 350,311,596;

nel movimento delle cartoline un aumento di 895,176 titoli per L. 8,975,261 ;

nel movimento dei vaglia militari una diminu­ zione di 11,446 titoli per L. 14,423;

nel movimento dei vaglia telegrafici un aumento di 46232 titoli per L. 7,640,263;

nei vaglia internazionali un aumento comples­ sivo di 116,582 titoli per L . 6,530,799.

G li Stati coi quali gli scambi di vaglia sono sen­ sibilmente aumentati sono: la Svizzera, Francia, Germania, Bulgaria, Stati-Uniti, Ungheria, Inghil­ terra, Romania, Egitto.

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