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Rivista di storia economica. A.07 (1942) n.1, Marzo

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(1)

V* TJ-J

RIVISTA

DI S T O R I A

ECONOMICA

(2)

OPERE DI LUIGI EINAUDI

Sono in programma per ora quattro serie, i cui volum i compariranno man mano che saranno pronti :

I. - SCRITTI D I ECON O M IA E D I FIN A N Z A

1. Saggi sul risparmio e l'imposta, 1941. Un voi. in-8° di pp. XI-423, L. 50. 2. La terra e l’imposta (in corso di stampa).

3. L'ottima imposta.

4. Miti e paradossi della giustizia tributaria, 1940. Un voi. in-8° di pp. V II-308, L. 21.

5-6. Saggi teorici diversi.

II. - SCRITTI STORICI

Saranno raccolti in questa serie scritti, sparsi in riviste e pubblicazioni acca­ demiche, intorno alla storia della scienza e dei fatti economici.

III. - L E CRO NACH E ECO N O M ICH E IT A LIA N E

Saranno raccolti in questa serie, distribuiti per ordine cronologico di mate­ ria, gli articoli pubblicati in riviste e in giornali (principalmente nel «Corriere della S era», dal 1900 al 1925) su problemi di attualità. Sarà quasi una storia ed un commento giorno per giorno dei principali avvenimenti economici italiani per un lungo tratto di tempo. Non essendo pensabile, a causa della gran mole, una pubblicazione compiuta, saranno esclusi gli articoli di mero riassunto o dove si ripetano cose già dette altrove.

IV . - V A RIA

G I U L I O E I N A U D I , E D I T O R E - TORI/N ìO

'S©,

m i

h b é

(3)

RIVISTA DI STORIA ECONOMICA

D IR E T T A D A L U IG I E IN A U D I

D irezione: Via Lamarmora, 8 0 ( già 6 0 ) ■ Torino. Am ministrazione: Giulio Einaudi editore. Via Alario Gioda, 1 • Torino — Abbott, annuo per l'Italia L. 70. Estero L. 100. Un numero L. 20

SO M M A RIO HKIi X. 1 • MARZO 1012

Gi u l i o Ma n d i c h:

Di una tentata speculazione cambiaria in

Venezia nel 1636

... Pag.

1

Do m e n i c o De m a r c o:

Lai scala m obile sui cereali e la consulta

di stato Romana nel 1847-48

,>

Il

N ote e rassegne.

Ma r i o La m b e r t i e Lu i g i Ei n a u d i:

Intorno al m etodo di scri­

vere storie di fatti econ om ici

...

» 22

Lu i g i Ei n a u d i:

Scienza e storia, o dello stacco dello studioso

dalla cosa stu d iata

...

» 30

Ma r i o De b e r n a r d i:

Appunti: Cossa e Cantillon.

— Pensieri di

Sismondi su economica e matematica.

— La domanda dei ti­

toli secondo Pantaleoni.

— Un detto di Puntaieoni su Pa­

reto.

— Una osservazione di D id erot...

» 37

Recensioni.

Lu i g i Ei n a u d i, s u

libri eli P. P. Luzzatto-Fegiz, G. De Ruggero,

A. Labriola, C. Ruini, P. Gian n on e

...

» 41

Tra riviste ed archìvi.

(4)

na variazione monetaria francese, una d i quelle tante con le quali i

principi si industriavano a pagare i loro debiti espressi in moneta d i conto

immaginaria (lire tornesi) in un numero minore di unità d i monete effet­

tive d’ argento (300 invece di 373 quarti di scudo) o d ’oro ( 3 3 l/ 3 in­

vece d i 33

y 3 doppie d i Spagna) diede luogo ad una interessante specula­

zione d i arbitraggio sulla piazza d i Venezia, che

Giulio Mandich descrive

accuratamente con ricchezza di particolari. Oggi siffatta speculazione sarebbe

im possibile; ché in pochi secondi il telefon o divulgherebbe su tutte le piazze

mercantili d el mondo la notizia dell’avvenuta mutazione legale d el valore

della moneta. Ma nel 1636, il nuovo editto monetario pubblicato in Parigi

il 6 marzo fu conosciuto in U one l’8 od il 9 ed a Venezia il 29. Lo stacco

fr a il 9 ed il 29 marzo bastò perché talune case bancarie di Lione spedis­

sero corrieri privati a Venezia in tempo perché si potessero com piere ope­

razioni d i cambio per una somma di 233.230 ducati di banco, rilevantissima

per quei tem pi e tale da arrecare grave danno ai prenditori i quali si tro­

varono ad avere in mano crediti di valore minore persino di un quarto a

quelli che essi immaginavano di avere acquistati. Portata la questione din­

nanzi al Senato veneto, dopo viva disputa, tutti i contratti furono, con 106

voti favorevoli, 11 contrari e 30 non sinceri, stornati d’autorità, perché

lesivi della buona fed e mercantile.

D i una discussione, avvenuta nel 1847-48 dinnanzi alla Consulta di

stato in Roma, intorno alla opportunità di conservare, abolire o modificare

la scala m obile dei dazi sui cereali, rende conto

Domenico Demarco. Come

(5)

Mario Lamberti, mettendo in luce i pregi d el libro d i Umberto Ricci

su

« La politica economica d ell’Italia durante la grande guerra », lamenta

tuttavia che esso sia soltanto inform ato a critica d i quel che si fece lad­

dove sarebbe stato necessario indicare quel m eglio che era necessario

fare.

Luigi Einaudi aggiunge alcune note per segnalare le indagini stori­

che che su quell’ argomento si giungerebbe forse ancora in tempo ad

approfondire; ed analizza in seguito i risultati ottenuti dal

Fasiani nel ten­

tativo d i ricostruire la scienza d elle finanze sulla base rigorosa di alcuni

tipi fondam entali di stato; ed a sua volta scom pone diversamente quei

risultati, per ferm o d i gran rilievo. E d i nuovo nella rubrica degli

appunti

ed in quella delle

recensioni pone taluni quesiti fra cui uno sulla concezione

generale fisiocratica.

Mario Debemardi dà alla rubrica degli appunti un ma­

nipolo di eleganti curiosità erudite.

Chiudono il fascicolo la rubrica d elle

recensioni e quella Tra riviste

ed archivi.

N O V I T À E I N AUDI

LUIGI SALVATORELLI

PROFILO

DELLA STORIA D’ EUROPA

L. 80

Questa nuova fatica dell’insigne storico avrà, moltiplicato, il successo del Som­ m ario d ella Storia d ’Italia dello stesso.

Il Salvatorelli nella valutazione e nell’esposizione dei quattro millenni di storia del nostro continente, ha la stessa limpida sicurezza e vivacità che già si provarono sulla storia d'Italia. Ma stavolta il panorama è immenso : innumerevoli sono le vedute nuove, gli accostamenti originali, le soluzioni semplici e convincenti che arricchiscono questo libro. Chi possiede il Sommario' non potrà ignorare il P rofilo che ne è la na­ turale integrazione.

(6)

La Olivelli M. 40 per alitelo è la macchina che meglio si pre­ sta dove il lavoro à gravoso e continuò come nei Minisieri, nei Pubblici Ullici. nelle Banche, negli OMci Proiessionall.

PICA - ELITE - ITALICO

- I T A L I C O GRAN D E

MEDIO ROMANO-ROMANO G R A N D E - O R D A T O

- e l i t e i m p e r i a l e- perla

MIKRON - IMPERIAL - STAMPATELLO PICCOLO

(7)

-DI UNA TENTATA SPECULAZIONE

CAMBIARIA IN VENEZIA, NEL i

636

.

l . t — Un discreto numero di documenti, rinvenuti presso l’Archivio di stato di Venezia (1), ci consente di precisare abbastanza bene lo svolgimento e l’esito di una notevole operazione speculativa, tentata nel 1636 ai danni di alcuni nego­ zianti residenti in Venezia. L'occasione è offerta da un editto monetario emanato dalla corona francese il 6 marzo 1636, e il mezzo è costituito da tutto un complesso di negoziazioni cambiarie (arbitraggi), che giudichiamo non. immeritevoli di qualche cenno, onde conoscere quale buon successo possano trovare sul mercato veneziano di allora (2).

In un nostro precedente studio, abbiamo già avuto modo di rilevare che su questo mercato, accanto ai cambi che mirano ad evitare un effettivo trasferimento di danaro, diventano assai numerosi verso gli ultimi decenni del 1300 anche i cambi che rappresentano invece fruttiferi investimenti di capitale, occultando i veri m u­ tui (3 ); ora aggiungiamo che nel 1631, in seguito a taluni avvenimenti che qui sarebbe troppo lungo esporre, i negozianti di Venezia chiedono ed ottengono di poter istituire in Verona proprie fiere di soli cambi, staccandosi cosi da quelle di Piacenza, dominate dai fiorentini, dopo essersi già staccati nel 1622 da quelle di Novi, dominate dai genovesi (4). Benché la speranza di creare un grande emporio

(1 ) A. S. V .; Senato-Terra, filze n. 384 (in data 2 aprile 1636) e n. 3 85 (in data 7 maggio 1636).

(2 ) Al termine speculazione, qui usato in senso lato, corrisponde nel sec. X V II il termine « a rb itrio » (arbitraggio): v. R. Ehrenberg, Dos Zeitalter d er F u gger \ voi. 2 “,

p. 135 (Jena, rist. del 1922).

(3 ) v. G. Mandich, Esìste in Venezia, verso la fine d el 1500, la girata cambiaria?

(in « R iv . di storia del dir. it. » , anno 1941, p. 104).

(4 ) Sulla scissione del 1622 fra genovesi, da un parte, e fiorentini milanesi vene­ ziani etc., dall'altra, v. Ù. Ben assi, Per la storia d elle fiere d ei cambi (in « B o ll. stor. pia­

cen tin o », anno 1915, p. 11) e O. Pastin e, F iere d i cambio e cerimoniale secentesco (in

«G iornale stor. e lett. della L ig u ria», anno 1940, p. 1 1 9 ); alla ulteriore scissione del 1631 fra fiorentini e veneziani, come anche alle successive vicende delle fiere veronesi, istituite con il decreto ( « p a r te » ) 8 gennaio 1631 ( more veneto: 1 6 3 0 ; v. in A . S. V . Senato-Terra,

filza n. 321) dedicheremo un altro studio.

1. I.

(8)

2 GIUUO MANDICH

cambiario tramonti ben presto, c si sia indotti nel 1636 a collaborare con i fioren­ tini per un duraturo accordo, che però non riesce, sono sempre rilevanti i negozi di cambio stipulati in Rialto (3).

2. — Premettiamo il calcolo di alcuni valori monetari, sui quali poi baseremo 10 svolgimento del tema, desumendoli essenzialmente dai documenti d'archivio.

In Francia, dove per misurare il valore delle diverse monete serve la lira di tomesi, suddivisa nei soliti 20 soldi di 12 denari ciascuno, l'editto del 6 marzo aumenta improvvisamente il « quarto di scudo », moneta d'argento, da soldi 16 a soldi 20, e la « doppia di Spagna », moneta d'oro, da lire 8.10 a lire 9. Ma nelle negoziazioni che si svolgono per le fiere lionesi, l'importo delle lettere di cambio viene espresso in altra speciale moneta allora non coniata, costituita dallo « scudo del sole » di lire 3, mentre nell’ipotesi di un adempimento in contanti il debitore può disobbligarsi scegliendo una qualunque delle varie monete in circolazione (6). Ora, se l ’editto non altera affatto, nominalmente, il valore di questo scudo, stabilito nella misura di lire 3 di tornesi, in concreto la sua invariabilità è solo apparente, doven­ dosi considerare anche le monete effettive, con cui vengono soddisfatte le obbli­ gazioni cambiarie ( 7 ): se 100 scudi del sole, ossia 300 lire di tornesi, corrispon­ devano prima a 373 quarti di scudo, valendo questi 16 soldi ciascuno, oppure a

doppie di Spagna 3 5 1/3, valendo queste a lor volta lire di tornesi 8.10 ciascuna, ora 100 scudi del sole, pur valutati sempre 300 lire, corrispondono soltanto a quarti 300 o a doppie 33 V s ( 5 6 7

8)-In Venezia, i negozianti usano spesso per le loro scritture due monete non coniate, il ducato corrente e il ducato di banco, entrambe suddivise in 24 grossi

(5 ) Malgrado la creazione delle fiere di Verona, non è proibito ai veneziani di frequentare ancora quelle di N ov i; e sembra questa la principale ragione che fa naufragare le suddette trattative con i fiorentini (v . in A . S. V .; Senato-Secreta, Dispacci ambasciatori, Firenze; reg. nn. 47-51). G. D. Per i, scrivendo nel 1647 (v. Il Negoziarne, parte 2*, p. 118 dell'ed. veneziana del 1682) ricorda specialmente le numerose «com m issioni» date dai geno­ vesi ai mercanti che operano in Venezia, affinché questi facciano grosse rimesse di danaro in Alemagna e in Francia, per i bisogni della corona spagnola.

(6 ) V . in filza n. 385 la « risposta prima dei mercanti che hanno dato a cambio » , del 17 aprile 1 6 3 6 : « l i scudi cento, che si chiamano dal sole, non si pagano effettivi nella Francia in scudi d'oro, ma è scudo, et moneta immaginaria ». Esso va distinto dallo écu d'or (a u soleil), effettivamente coniato, il Cui valore da lire 3 nel 1577 sale a lire 5.3 nel 1640 (c&). A . Dieudonné, Monnaies royales françaises, pp. 322 e 344, vol. 2° del «M anuel

de numismatique française » , di A . Blanchet e A . Dieudonné, Paris, 1916). Ricorda appunto

11 Dieudonné (op. cit., p. 101) che « certains noms de monnaies, après avoir désigné une

espèce sonnante, sont restés attachés à la valeur de compte qu' avait représentée cette espèce. C e s t ainsi qu'aux noms des monnaies de compte, livre, sou, denier, d'autres sont venus se joindre...; l'écu égale trois l iv r e s ...

(7 ) Supposto che Primus riscuota in Lione una tratta proveniente da Venezia, in cui la valuta è indicata in x ducati e ricomputata in y scudi del sole secondo un certo corso (tanti

ducati’ per ogni 100 scudi), la somma che egli effettivamente realizza è, ad esempio, z doppie di Spagna.

(8 ) Possiamo notare, limitandoci a queste due sole monete, che il rialzo dell'argento

è

del 25 % mentre quello dell'oro non arriva al 6 % . In una relazione dei «ragionati ducali »

veneziani si dichiara (filza n. 385 d t .) : « l a causa di tanta variamone dalle doppie sdii quarti di scudo consideriamo esser chel accrescimento non è stato fatto proportionato dall'oro al­

l'arg en to ». ! . )

/ '

(9)

DI UNA TENTATA SPECULAZIONE CAMBIARIA IN VENEZIA, NEL 1636 3

e valutate in lire venete (di 20 soldi o di 240 denari) (9). Durante l ’epoca in esame, il valore del ducato corrente è sempre di lire 6.4 (1 0 ); e per ottenere il valore del ducato di banco basta aggiungere l'aggio ufficiale del 20 % : sicché nei nostri calcoli valuteremo il primo a soldi 124 e il secondo a soldi 149 circa (11). E ci riferiremo esclusivamente a quest'ultimo, non solo perché tutte le lettere di cambio che scadono in Venezia devono con esso venir soddisfatte (12), ma anche perché ad esso risultano ragguagliati i corsi del cambio per le fiere di Lione. Ove si ricordi che dietro a questo ducato sta la moneta d'oro o d'argento, in cui può essere più o meno facilmente convertito, chiara diventa la necessità di determinare il rapporto che fra l'uno e l’altra intercede; nel caso nostro, siccome il ducato di banco vale soldi 149 e la doppia di Spagna vale lire 26.3, il computo è presto fatto: 100 ducati di banco corrispondono a doppie 2 8 a/3 circa. E analogo proce­ dimento andrebbe seguito per la determinazione del rapporto fra il ducato di ranco e il quarto di scudo (13).

Abbiamo cosi gli elementi necessari per conoscere anche la parità di cambio fra Lione e Venezia. Quando in Lione 100 scudi del sole equivalevano a dop­ pie 35 y 3, e in Venezia 100 ducati di banco a doppie 28 J/ 3 circa, la parità era di ItiO scudi del sole per ducati di banco 124 V „ ; ora> siccome in Lione 100 scudi del sole corrispondono a doppie 33 V a soltanto, mentre in Venezia le monete conservano il loro precedente valore, la parità diventa di 100 scudi del sole

(9) V. G. D. Peri, op. eh ., parte 2*. p. 119.

(1 0 ) 11 ducato di banco rappresenta la «buona volu ta», in cui dovrebbe essere sempre convertibile; nel 1636 sta per scomparire il grave deprezzamento da esso precedentemente subito, ma non è ancor raggiunta la parità fra 1 0 0 ducati di banco e 120 ducati correnti (v . G. Luzzatto, Les banques publiques d e Venise in « History of thè principal public banks »,

a cura di J . G . Van Dillen, p. 6 1 ; The Hague, 1934).

(1 1 ) Non vanno confusi questi ducati (« im m a g in a ri» ) con i ducati d'argento in circolazione (le c. d. « g iu stin e » ) del valore di lire 8 .4 (v. Per i, op. eh., parte 2*, p. 1 2 0 ;

N . Papadopoli, L e monete d i Venezia, parte 3*. p. 220, Venezia, 1919). G . Montanari,

nell'opera La Zecca in consulta d i stato, edita nel 1683, (in «Econom isti del cinque e sei­

ce n to » , a cura di A . Graziani, Bari, 1913, pp. 301-302), scrive: « i l ducato veneto, che ne' suoi principi fu lo stesso che lo scudo d'oro detto zecchino, e valeva tre lire, a poco a poco cresciuto sino a sei lire e quattro soldi, fu stabilito che per Cavanti rimanesse a quel prezzo, e tanto fosse a dire 6 .4 come un ducato veneto. M a, per la solita infermità delle monete che crescono di valore, non potutosi contenere a quel prezzo, restò però in uso di pagare sei lire e quattro soldi in luogo di un ducato di debito vecchio; e, comeché li con­ tratti e scritture erano tutte concepite a ducati da 6 .4 , seguitò a parlarsi e contrattarsi a ducati da 6.4 : onde questo tal ducato restò immaginario, salendo frattanto a maggiori valute il zecchino.... N ello stesso tempo fu altre volte battuto il ducato di Santa Giustina, per memoria della gran vittoria contro de' turchi alle Curzolari, ed era d'argento, valutato sei lire e quattro soldi; ma esso ha lasciato ancora il ducato immaginario nel suo valore ed

è salito così bene in alto, che oggidì vien detto non piò ducato, ma ducatone».

(1 2 ) Per effettuare un « pagamento in banco » (con « partita », ossia un pagamento con ducati di banco) il debitore deve disporre di un corrispondente importo presso il pubblico Banco di giro, onde poterlo poi trasferire nell’avere di un altro conto, aperto al a e d ito re ; l'obbligo di servirsi della « p a rtita » risale già al 1593 ed ha lo scopo evidente di sostenerne il corso (v. G . Luzzattò, op. eh ., p. 5 0 ; anche G . Mandich, op. eh., p. 120), '

(10)

4 GIULIO MAiSDICH

per ducati di banco 117 V a circa, con un peggioramento di quasi il 6 % . Ma se ripetiamo lo stesso calcolo prendendo come termine di confronto non la doppia di Spagna, bensì il quarto di scudo, il peggioramento anzidetto raggiunge l'enorme misura del 25 •%. Infatti, 100 scudi del sole, convertibili in 375 quarti di scudo, equivalevano a ducati di banco 124 Y 2; ora, siccome si convertono in soli 300 quarti di scudo, non possono equivalere che a ducati di banco 99 V2 (14). L'assurdità della situazione così creatasi è quindi palese: coesistono due unità profondamente diverse, una relativa alla valuta oro e l'altra alla valuta argento; nel medesimo tempo e nel medesimo luogo, ossia in Lione, il debitore può scegliere liberamente fra le varie monéte per l'adempimento del cambio (15).

3. — Le prime notizie sull'esistenza del nuovo editto monetario francese, pub­ blicato in Parigi il 6 marzo 1636, sembra giungano in Lione nei giorni 8 o 9, inviate con mezzi celeri e in forma segreta da alcuni negozianti parigini ai loro soci o fattori o corrispondenti lionesi : i documenti dichiarano fondato il comune sospetto che questi abbiano avuto sentore dell’accrescimento delle monete con qual­ che anticipo sugli altri, benché un dispaccio dell'11 marzo, spedito da uno degli indiziati, affermi che la notizia vi è giunta soltanto il giorno 10, con un corriere straordinario. Comunque, è ben certo che sin dall’8 marzo sono in corso in Lione insoliti negozi cambiari, compiuti inizialmente dalla casa Vidaut; e che sin dal 9 marzo partono per Venezia ordini ed istruzioni di stipularne altri, per conto della casa Lumaga-Mascranico (16). Finché in Venezia si continua a contrattare lo scudo del sole al consueto livello del cambio, stabilito in ragione di 125 ducati di banco per 100 scudi del sole, è evidente la convenienza di prendere a cambio la maggior somma possibile di ducati di banco (125 dei quali equivalgono a circa 35 1/ 3 doppie di Spagna o a 375 quarti di scudo), consegnando al creditore una tratta sulla prossima fiera di Lione, dove verrà estinta con scudi del sole (100 dei quali equivalgono a circa 33 V s doppie di Spagna o a 300 quarti di scudo).

E infatti da Lione sono diretti a Venezia il 9 marzo due dispacci, che vero­ similmente si completano, essendo indirizzati entrambi alla casa Francesco e Gio. Andrea Lumaga-Ottaviano Benaglio : l'uno è firmato da Bartolomeo Lumaga ; l'altro da Marcantonio, Bartolomeo, G irlo Lumaga-Paolo Mascranico. Nel primo, premesso

(1 4 ) Per questo computo, i negozianti veneziani invece cosi ragionano (v . filza n. 3 8 5

cit.) : se il cambio di Venezia per Lione era prima di 125 ducati e quello di Lione per Venezia di ducati 127 i , equivalenti a 375 quarti di scudo, il nuovo corso deve essere ora di ducati 101-102, equivalendo questi a 3 0 0 quarti di scudo. L o scarto fra 125 (in Venezia) e 127 i (in Lione) è del tutto normale e spiegabile, rappresentando il lucro (nascosta usura) per il creditore che, dopo aver dato il danaro a cambio su qualche piazza e dopo averlo rea­ lizzato in fiera, su questa fiera lo concede nuovamente a cambio per la stessa o per altra piazza (cfr. G . Mandich, D elle fiere genovesi d i cambi, in questa « R iv is ta » , anno 1 939,’

p. 270).

(1 5 ) In una letterta di P. Losson, inviata da Anversa il 27 marzo 1 6 3 6 alla casa L . P it ti - R . R o m u li-P . Del Serra (v . filza n. 3 85, d t.) ,.s i trova scritto: « i n Francia è stato alzato il prezzo delle valute vindcinque per cento. Inventione de ministri regij per pagar l’esercito con poco arg en to ».

(1 6 ) V . in filza n. 3 8 5 - cit., la lettera del 9 marzo 1 6 3 6 spedita da B . Lumaga, altra del 9 marzo spedita da M . B ; C. Lumaga-P. M ascranico; altre' due dell’t l marzo spedite da R. Galilei e da B . Lumaga. / .

(11)

DI UNA TENTATA SPECULAZIONE CAMBIARIA IN VENEZIA, NEL 1636 5

che ulteriori istruzioni verrebbero spedite l'indomani, si invita la casa Lumaga- Benaglio a prendere a cambio tutto il danaro che essa potrà trovare sulla piazza («sin o chel cambio si riduca a 124 in circa») spiccando tratte su Lumaga-Mascra- nico; e la si esorta a trasmettere in Firenze analogo ordine, badando però di agire tempestivamente, onde non essere preceduta da altri. Nel secondo, ripetuto l'invito di accaparrare la maggior somma possibile (pur se il corso dovesse scendere a 124 « et anche a meno »), si aggiunge d'investirla per intanto in altri cambi per le fiere di Verona e di Novi, e su due punti specialmente si insiste : « non vi limi­ tiamo la somma che dovete trarci, ma quando fosse anche di se. cento mille non importaria » ; « non guardate anco al suddetto limite per il prezzo ». Soltanto l’i l marzo risulta spedita a Venezia la notizia della già attuata riforma monetaria: da Bartolomeo Lumaga a G io : Batta Mora; da Roberto Galilei a Benedetto Ga­

lilei (17). !

Da Genova, nel frattempo, altri mandano a Venezia proprie commissioni, affinché sia preso ancora danaro a cambio per Lione. Il 12 marzo la casa M . C. Di Relinghen scrive a Camillo Rubini, pregandolo di* trarre con la massima solle­ citudine 10-12 mila scudi su Daniel Hervart (col quale essa è d'accordo) al corso di 1 2 3 -1 2 2 ,.e «non guardano a mezzo per c e n to » ; ma in un poscritto la somma viene elevata a scudi 15-20 mila, pur lasciando invariato il precedente limite del corso (« ho volsuto ponere il più basso pretio che mi potessi imaginare si sia per fare »). Il 20 marzo, e quindi a notevole distanza di tempo, anche la casa I. e Gio Stefano Cange incarica la sua corrispondente Saminiati-Guasconi di trarre su Giacomo Rigiolio la maggior somma possibile, se pur di scudi 200 mila, ad un corso che viene cosi precisato : « con differenza al più di quello haviate rotto per tal luogo di 4 y tt per cento incirca » ; e per guadagnar tempo, il dispaccio viene trasmesso mediante staffetta, incaricando il destinatario di comunicare poi al mit­ tente l'esatto momento dell'arrivo : « che calculiamo segua venerdì alli 28 avanti l'ora della negotiatione ».

4. — Non è possibile conoscere quando e a chi giunga in Venezia il primo avviso sull’editto francese, avanti che la notizia vi si diffonda il 29 marzo «con le lettere dispensate dalli corrieri di Genoa et Lione ». Queste lettere hanno impie­ gato nel loro viaggio maggior tempo del consueto, tanto da far ritenere che siano state « ritardate forse, et a bello studio impedite » (18). Comunque il gioco è ormai fatto: nei giorni 26-27-28 marzo sono presi a cambio per Lione oltre 250 mila ducati di banco, quasi tutti dalle case Lumaga-Benaglio e Saminiati-Guasconi, mentre circa una ventina di case risultano più o meno gravemente colpite, avendo ottenuto lo scudo del sole ad un corso eccessivo, non adeguato alle parità con i nuovi valori monetari di Francia. Infatti, mentre queste parità scendono per l’oro a quota 1 1 7 l /2 e per l’argento a quota 99 V 2. le negoziazioni si effettuano ad un corso che varia fra un massimo di 125 ed un minimo di 120. Qualche documento ci consente però

(12)

6 GIULIO MANDICH

di essere al riguardo assai più precisi, dandoci per quasi tutti questi negozi, oltre alla data di stipulazione e al nome dei contraenti, anche il diverso livello dei corsi

e le singole somme contrattate (19).

La somma maggiore è fornita a cambio dalla casa (veneziana) G io : Battista Mora-Bartolomeo Carminati, per ducati 42300. Seguono ad una certa distanza le due case Alvise Dubois (fiamminga) e Giovanni Vidman (tedesca), per ducati 30000 ciascuna; poi la casa (milanese) Carlo Odescalco - Francesco Cernezzo, per ducati 23000. Ancora si distaccano alquanto queste altre: la casa (tedesca) Giorgio Eberz il Vecchio con ducati 13230; la casa (veneziana) Bernardo Liondni con 13000; la casa (fiamminga) Antonio Rettano con 14230; la casa (veneziana) G io­ vanni Fiandra q. Agostino con 12230; e le tre case Girolamo Magno (milanese), Girolamo e Cristoforo Otti (tedesca), Lorenzo Pitti - Romulo Romuli - Paolo Del Serra (fiorentina) con 10000. I minori importi sono infine dati dalle case seguenti : Odoardo Bruni - Luigi Peveri (fiorentina) ducati 8 7 3 0 ; Gieri - Risaliti (fiorentina) ducati 7 3 0 0 ; Marco e Bernardino Moens (fiamminga) ducati 3000; Egidio Wach- mans - G io : Battista Schoemacher il Giovane ducati 5 000; Cosimo dall’Hoste- Girolamo Flangini (veneziana) ducati 5000; Claudio Ciceri (milanese) ducati 4 0 0 0 ; Fabrizio Gella (sensale di cambi veneziano) ducati 3750. In totale, ducati 253250.

Come si è avvertito, quasi tutto questo danaro è preso a cambio dai Lumaga- Benaglio e Saminiati - Guasconi, sulle cui operazioni abbiamo pure notizie assai pre­ cise. La casa Lumaga-Benaglio inizia le sue trattative sin dal giorno 26, conclu­ dendo due negozi per complessivi scudi 7648, al corso di ducati 125 e 123 a/a ; l ’indomani, 27 marzo, i contratti diventano molto numerosi, a un corso che varia fra 1 2 4 'V 4 e 123 2/»> per un totale di scudi 69599.17 (2 0 ); il giorno 28 sono investiti ancora scudi 3577.13 in due contratti al corso di 124 e di 123, sicché il totale delle somme prese a cambio in questo periodo dai Lumaga - Benaglio viene a corrispondere a scudi 80825.10. La casa Saminiati - Guasconi dà invece inizio alle negoziazioni soltanto il 27 marzo, stipulando un unico cambio per 1000 scudi del sole, al corso di 12 4 ; ma il giorno dopo, grazie alla stipulazione di parecchi con­ tratti a corsi che in alcuni casi toccano già il minimo di 120, riesce a portare il totald a scudi 97200, superando quindi la sua concorrente. E se il 29 marzo en­ trambe si procurano a cambio altri ducati (la casa Lumaga - Benaglio per scudi 3333.6.8 e la casa Saminiati - Guasconi per scudi 4000), esse devono ormai adattarsi

(1 9 ) V . in filza n. 3 8 4 cit., la « n o t a » dei negozi stipulati dalle diverse case che hanno dato a cambio il ducato; e in filza n. 383 cit., le « n o t e » dei negozi stipulati dalle due case Lumaga-Benaglio e Saminiati-Guasconi ; abbiamo potuto accertare poi la « nazionalità » di parecchi contraenti con gli elenchi delle case che, in Venezia, partecipano alla determinazione ufficiale del corso del cambio (A . S. V .; Savi alla mercanzia-Terminazioni ; buste nn. 231-241, dal 1628 al 1652).

(2 0 ) A ggiu nge la « n o t a » ; « e t per le apresso partite che havevamo da rimettere in

la medesima fiera di Pasqua, d o è per il s. Gieremia C aland ri» d'Amsterdam se. 3 0 0 0 ; per il s. Pier Filipo Gianfigliazzi di Fiorenza se. 1 2 1 6 .7 .1 0 ; per il s. Ortensio Brocho se. 8 2 0 0 ; per ss. Heredi di Gasparo Slumf se. 3 0 0 0 » ; d ò significa che la casa Lumaga-Benaglio, an­ ziché prendere a cambio danaro contante da terze persone,. consegnando loro le tratte su Lùmaga-Mascrànicò, prende questo danaro .« da sé stessa », servendosi di proprie cedole, sta per le tratte ordinate dai Lumaga-Mascranico, sia per le rimesse ordinate dai «suddetti

negozianti. / / '

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DI UNA TENTATA SPECULAZIONE CAMBIARIA IN VENEZIA, NEL 1636 7

al corso di 120, pur approfittando verosimilmente della ancor scarsa diffusione data alla notizia giunta nell'istesso giorno da Lione e da Genova (21).

Com’è naturale, non sono mancati alcuni espedienti per negoziare tutto questo danaro senza precipitarne il corso. I Lumaga - Benaglio, ricorrendo talvolta a sensali, hanno stipulato non soltanto « cambi semplici », dando alla controparte tratte per Lione, ma anche « cambi doppi », ricevendo dalla medesima controparte tratte per Verona; e appunto in siffatto modo, essendo i ducati chiesti a cambio per Luna fiera gli stessi ducati offerti contemporaneamente a cambio per l'altra fiera (22), sono diventate possibili ulteriori negoziazioni. Conforme era il dispaccio diretto dai Cange ai Saminiati - Guasconi : « contentandoci che per affacilitare rincontro pos­ siate anco per quella parte non troviate da trare di sempio, rimettere in altre piazze tanto per Italia, che Fiandra, et Alemagna, cosi a Bisenzone [N ovi], e Verona, ma però più caro ci sarà possiate trare per salvare la valuta appresso di voi ». E infatti, valendosi anch'essi di qualche sensale, sono riusciti a ridurre al minimo i cambi doppi, stipulando alcuni contratti col nome di altre persone, onde destar meno sospetti ed allarmi. Sembra inoltre che nei giorni 27 e 28 le suddette case abbiano intenzionalmente rifiutato alcune notevoli proposte di con­ tratto, sempre con lo scopo di sostenere nel miglior modo possibile il corso dello scudo (23).

5. — Non appena i diversi negozianti che hanno dato a cambio per Lione si accorgono del disastroso affare compiuto e intuiscono la malafede di chi lo pro­ mosse, corrono ai ripari, con una supplica al serenissimo principe, al quale chiedono che « restino stornati tutti li detti insidiosi, et fraudolenti càmbi) per Lione, et cambij doppij per altre fiere, et piazze fatti per questa occasione, stabiliti sin'hora senza alcun giro di partite, né consegna di lettere, ma solamente in voce, et con promesse». Il primo aprile, la supplica è trasmessa per l'esame al Senato, il quale ordina l'indomani (voti favorevoli 106, contrari 11, «n o n sinceri» 30) di so­ spendere ogni esecuzione, con una sollecitudine che ben si spiega, avendo il prov­ vedimento carattere urgente e provvisorio. Lo stesso Senato ingiunge infatti ai Savi alla mercanzia di « portar in scrittura nel Collegio nostro la sostanza di tutto il

(2 1 ) L'importo complessivo preso effettivamente a cambio dai Lumaga-Benaglio è indicato nei documenti anche in ducati di banco: ducati 1 0 4 3 7 3 ; invece quello preso a cambio dai Saminiati-Guasconi è indicato ' soltanto in scudi del sole (scudi 1 0 1 2 0 0 ; ad un corso medio di 122 corrispondono a ducati di banco 123464).

(2 2 ) Per es., nel cambio doppio stipulato il 27 marzo con Mora-Carminati i Lumaga-Benaglio ricevono da questa casa ducati 1 7 630 per una tratta su Lione a l corso di due. 124 %

(per ogni 100 scudi del sole), e danno alla stessa casa due. 17630 per una rimessa a Verona al corso di due. 176 è (per ogni 100 scudi di marche).

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8 GIUUO MANDICH

negocio, per poter esser poi deliberato da questo Consiglio quello che sia conve­ niente alla giustizia, et per opportuno, et equivalente rimedio al divertir, et levar per l'avenire disordini, et inconvenienti di questa natura » (24).

La questione viene quindi considerata non come una semplice controversia giudiziaria, da abbandonare ai soliti giudici, ma come un vero problema legislativo, da riservare al Senato. Per intanto, onde vederlo risolto a proprio favore, ciascuna delle due parti lotta accanitamente, presentando ai Savi alla mercanzia, col mezzo di avvocati, ripetute « scritture » e vari documenti di prova (25) : gli interessi delle case che hanno da trarre in Lione, capeggiate dai Lumaga, sono difesi da Giovanni Battista Cattaneo, mentre gli opposti interessi delle case che hanno da rimettervi, capeggiate dal Vidman, sono difesi da Giovanni Battista Sanfermo; il primo pre­ senta tre scritture in data 10-19-24 aprile, a cui il secondo replica con altrettante scritture, in data 17-21-26 aprile: entrambi vengono inoltre interrogati dai Savi alla mercanzia per ulteriori chiarimenti, assieme a negozianti e a sensali estranei alla controversia. Sostanzialmente, su due punti vertono le opposte argomentazioni : sulla malafede degli accusati, che avrebbero usato espedienti disonesti (2 6 ); sul grave danno degli accusatori, che avrebbero perduto circa un quarto del capitale.

Discutendo sull'anticipata conoscenza che dell'editto francese dovevano quasi certamente avere i predetti traenti (27), questi non mancano di richiamarsi all'im­ portanza che presenta la libertà contrattuale per la fortuna di Venezia, «o v e ricor­ rono tutte le nationi, che perciò formano il rincontro de' cambi per tutte le piazze del mondo ; et questo causa, che tante case sono formate da tanti esteri mercanti per la facilità del cambiar in questa piazza » ; e ricordano poi anche che si sono già veri­ ficate altre volte analoghe situazioni, durante le riforme monetarie attuate in Vene­ zia, Napoli, Alemagna (nell'ultimo caso, « con le staffette, et avvisi anticipati, per quello si andava negotiando, si avanzava 10 in 15 per cento alla settimana »), senza che nascessero allora difficoltà di sorta. Ma viene loro replicato che « tali augumenti seguivano per accidenti naturali et proprij de negotij a poco a poco, de’ quali se ne haveva giornalmente notitia, et che di settimana in settimana ne seguivano gli avisi, et se ne stava sempre in aspettatione per li accidenti di quei tempi » (28).

(2 4 ) V. la supplica e la « p a r te » in filza n. 3 84 c it.; alla « p a r te » viene portata una breve aggiunta il 4 aprile 1636.

(2 5 ) V . filza n. 38 5 , c it.; fra questi documenti figurano parecchi estratti di dispacci mercantili, alcune copie di lettere di cambio e alcune registrazioni di sensali; la presen­ tazione di un dispaccio, spedito da R. Galilei di Lione 1' I l marzo a B. Galilei in Venezia, risulta imposta dalle'm agistrature veneziane su richiesta del Vidman « e t consorti».

(2 6 ) Prescindendo dai cambi doppi, molto frequenti nel traffico cambiario, particolare sdegno suscita la condotta del fiorentino Guasconi, « perché mandò il sanser Zuanne Mene-ghetti per ricercare il s. Geri Rissaliti, perché dasse a cambio per Lione a ss. Viscardi [pre­ stanome], et essendo il detto s. Rissaliti ignaro dell’ingiustitia de suoi fini, andò a consi­ gliarsi immediate con l’istesso s. Guasconi come suo amico confidente, il quale veramente li rispóse, consigliandolo, che lo facesse allegramente, perché era buonissimo negotio » (v . « ri­ sposta prima » del 17 aprile).

(2 7 ) In proposito viene anche riferito nella «risposta p rim a» testé ricordata: « i l s. Gio. Andrea Lumaga, che hebbe gli avvisi' la settimana santa, si lasciò intendere una delle feste di Pasqua, che fatte esse feste, voleva conzar da festa tutta la piazza cori darli una grossa botta, et particolarmente al s. Mora ».

(2 8 ) V . in filza n. 385 la «p rim a scrittura de Lum aga» del 10 aprile e la «risposta prima de mercanti che hanno datò a cambio » del 17 aprile. / t

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DI UNA TENTATA SPECULAZIONE CAMBIARIA IN VENEZIA, NEL 1636 9

La controversia assume però un tono specialmente acceso quando si vuol pre­ cisare l’entità della perdita subita dai rimettenti, i quali la valutano a circa il 25 % , tenuto conto della variazione presentata dal quarto di scudo; mentre aa parte dei traenti è ridotta a meno del 6 % , sulla base della variazione presentata invece dalla doppia di Spagna (29). Fanno osservare i primi che per l'adempimento delle tratte il debitore preferirà certo la moneta d'argento, tanto più che anche in condizioni normali il pagamento in doppie non viene mai usato; tentano di sostenere i secondi che ciò che veramente importa è ottenere comunque 300 lire di tornesi per ogni 100 scudi del sole, anche perché è proibita dalla Francia ogni esportazione di me­ tallo prezioso ; infine rilevano giustamente i « ragionati » ducali che « se le rimesse fossero state fatte a Lione per pagar debiti in quella piazza li rimettenti non sen- tiriano danno alcuno: ma se questo capitale volessero farlo rimborsare in questa piazza, o in altra non habbiamo dubio che riceverebbero danno di consideratione, il quale non si può conoscere certamente se non quando sarà stato fatto il prezzo nella piazza de Lione per l'altre piazze » (30). E lo stesso varrebbe pur nel caso di qualche acquisto di merce, da effettuare in Francia col ricavo delle rimesse (31).

Alcuni dispacci del 5-6-12 aprile, giunti in Venezia durante lo svolgimento della controversia, informano non solo che su varie località si è omesso di stabilire il corso del cambio per la Francia, come è dimostrato (ad esempio) con i listini di Amsterdam e di Firenze, ma che altrove si sono anche impugnate le precedenti negoziazioni, come viene ricordato per Firenze e per Genova, o si sono addirittura stornate, come è accaduto in Marsiglia, dove i Lumaga avevano acquistato forti quantitativi di seta (32). Ormai anche in Venezia i traenti devono prevedere la loro sconfitta, se il 19 aprile offrono di far pagare in fiera di Pasqua di Lione le lettere di cambio « o in oro conforme all’editto, overo in moneta al prezzo, et modo che si spendeva prima dell’editto ». Ma l’offerta non è accolta, temendosi, dicono i rimettenti, qualche brutta sorpresa : « se si permettesse che cavassero da noi le buone valute di quà nel modo che pretendono, si converebbe da noi con la vanità di tali offerte ricevere di là quel che volessero, et ricusandolo noi travagliarci poi, come quelli che volessero contravenire alla volontà di Sua Maestà » (33).

(2 9 ) V . in filza n. 385, oltre le già ricordate « scritture » delle due parti in lite, i « computi » da queste presentati e la risposta data il 28 aprile dai « ragionati ducali ».

(3 0 ) £ infatti comune, in questo genere di negozi, che il creditore investa nuovamente a cambio le somme realizzate sulla fiera, lucrando la differenza fra l'originario minor corso della piazza (c . d. « prezzo dell’andata ») e quello maggiore e successivo della fiera (c. d. « prezzo del ritorno »).

(3 1 ) Osservano infatti i rimettenti, nella loro «te rz a risp osta» (filza n. 3 8 5 ): « ch i non vede che se si vorrà per noi estinguer il cambio in quelle parti, con far investita in merci, queste tutte saranno accresciute di prezzo conforme all’accrescimento delle monete? Cosi che, se, per essempio, avanti l’accrescimento quando li quarti di scudo valevano soldi 16 l'uno, si comprava la seda a lire dieci la libra, ora che vagliono 2 0 soldi per il decreto, non per essenza del valor dell'argento, ma per deliberation di quel re, la stessa seda vaierà lire 12 i , et lire 13 la lib ra » .

32) V . in filza n. 385 la lettera da Firenze di P . F . Gianfìgliazzi del 5 aprile, le let­ tere da Genova di B. Spinola del 6 e 12 aprile, le lettere da Genova di G . B. e G . P. Giove, di G. B . Pichenotti, di P. e G . Pallavicino, tutte del 12 aprile.

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ap-IO GIULIO MANDICH

6. — Il 30 aprile, i Savi alla mercanzia, nel presentare la loro relazione al Senato, riassumono il contenuto dei documenti e l'esito degli interrogatori senza aggiungere alcun commento o suggerimento: e forse è per questo che dal Collegio vengono più tardi riuditi gli « avocati di ambe le parti ». Ma di un parere di quei­ rimportante magistratura mercantile non si fa neppur qui a meno, e vi si conforma anzi il definitivo decreto del Senato, approvato il 7 maggio 1636 con una maggio­ ranza di 84 voti favorevoli, contro 4 « de non » e 27 « non sinceri » : « L’anderà parte, cosi consigliando, et essendosi concordemente espressi in voce di sentire li Cinque savij alla mercantia, che li predetti cambij per Lione restino stornati, e tagliati, cosi conoscendosi conveniente per le cause, che in voce, et in scrittura si sono abbundantemente intese » (34). è verosimile che vi abbia molto peso la tutela della buona fede mercantile, su cui fan ripetutamente leva coloro che subiscono l'inganno, e preoccupi inoltre la sensibile perdita a cui sono esposti taluni sudditi; ma forse il provvedimento del Senato rappresenta anche una velata forma di ritor­ sione contro la riforma monetaria francese, per le sue ripercussioni sul mercato veneziano.

Comunque, noi qui abbiamo essenzialmente voluto indagare quale buon suc­ cesso possa arridere sul mercato di allora a questo genere di speculazioni, sia per la difficoltà di stipulare prontamente numerosi cambi, sia per l'atteggiamento di solito sfavorevole dei pubblici poteri. L'importo di oltre 250 mila ducati di banco, raccolti in poco più di due giorni e per la sola fiera di Lione, è dichiarato « somma eccessiva, che non si è mai più cambiata per tal piazza » (35), e noi possiamo considerarla assai vicina al limite di saturazione del mercato cambiario reaitino, considerato nei riguardi di un periodo di tempo molto breve e di una località di ancor notevole importanza economica; inoltre, le sopraggiunte decisioni del Se­ nato, dirette a sospendere da prima l’esecuzione dei vari contratti per poi elimi­ narla senz'altro, dimostrano che queste speculazioni cambiarie, dovute alle non rare riforme monetarie dell’epoca, urtano talvolta contro energici interventi governativi, sicché la presente indagine può servire per completare gli scarsi cenni contenuti di solito su questo tema nelle opere di storia economica (36).

Gi u l i o Ma n d ic h

plicazione, se in un dispaccio del 3 0 marzo, spedito dai Burlamacchi-Cenami di Lione ai Mora-Carminati di Venezia, si riferisce che esso « viene osservato puntualmente ».

(3 4 ) Con qualche formale modificazione, la relazione del 3 0 aprile, oltre che in filza n. 38 5 , si trova anche in : Savi alla mercanzia, risposte, reg. 150, c. 126 t. e segg.

(3 5 ) V . in filza n. 385 la «te rz a risposta de m ercanti» del 26 aprile; può chiarire meglio l'entità della somma negoziata il rilievo che in questo tom o di tempo è ritenuta sufficiente per i bisogni della circolazione veneziana una quantità di moneta bancaria (c . d. « p a rtita » ) oscillante fra un minimo di 8 0 0 .0 0 0 ducati e il massimo di 1 .0 0 0 .0 0 0 ; nel marzo 1636 il debito del Banco del giro è di ducati 1.069.420 (v. G. Luzzatto, op. rii.,

pag. 59).

(3 6 ) Lo stesso Ehrenberg (op. « / ., voi. II, pag. 133 segg.), pur soffermandosi al­

quanto sulla speculazione e sull'arbitraggio di capitale, non ricorda mai alcun intervento governativo in questo particolare ramo dell'attività mercantile.

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LA SCALA MOBILE SUI CEREALI

E LA CONSULTA DI STATO RO­

MANA NEL 1847-48.

Sono stati recentemente pubblicati (1) da A. M. Gh i sAl b e r t i i verbali della Consulta di stato romana del 1847-48, ossia di quell'organo, cui fu assegnato il compito di occuparsi in via consultiva della compilazione e riforma delle leggi, del debito pubblico, dei dazi e appalti, delle tariffe, del bilancio preventivo e con­ suntivo dello stato ecc. ecc., che precorse la inaugurazione del primo « parlamento » dello stato pontificio, c i cui lavori si svolsero dal 15 novembre 1847 al 13 mag­ gio 1848.

Questi verbali, i quali rendono le discussioni di un corpo di cui facevano parte molti degli elementi più illuminati dello stato romano, sono interessantissimi per molte informazioni di carattere politico che essi ci danno, ma più ancora per l’indicazione di moltissimi provvedimenti e proposte di carattere amministrativo, finanziario ed economico di cui ci sono quasi esclusiva testimonianza. Nel pre­ sente articolo mi propongo di illustrare una delle discussioni più caratteristiche, che si svolse in seno alla Consulta nella seduta del 9 febbraio 1848, collocandola nel quadro generale del problema cui essa si riferisce, il che mi sembra tanto più utile, anzi indispensabile, in quanto il Ghisalberti ha dato solo il testo di quei verbali, tralasciando di illustrare le singole discussioni. Si tratta della politica gra­ naria nello stato pontificio verso il 1847-48, e principalmente del sistema della tariffa doganale a scala m obile che esso aveva fin allora adottata.

Alle antiche restrizioni e ai vincoli del commercio granario era stato sosti­ tuito, col m otti-proprio di Pio V II del 4 novembre 1801, il sistema della tariffa doganale a scala m obile. Il dazio a scala m obile era detto cosi perché doveva variare in rapporto alle oscillazioni del prezzo delle granaglie, allo scopo di tenerlo fermo ad un livello che si considerava rimuneratore per i produttori interni, senza grave 1

(1 ) A . M. Gh isa lb br t i, N uove ricerche sugli inizi del pontificato d i Pio I X e sulla Consulta d i stato, in « Biblioteca scientifica del R. Istituto per la storia del risorgi­

mento italiano » , Serie I I . fonti, Voi. X X X , Roma, 1939.

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12 DOMENICO DEMARCO

danno per i consumatori. Questo sistema regolava mediante i dazi l'importazione e l'esportazione dei grani, permettendone l'entrata nello stato, quando ve nera bisogno, ed il prezzo aveva raggiunto un certo limite, vietandola, invece, quando il prezzo del mercato interno si era abbassato oltre quel limite, ossia quando ve n'era abbondanza.

Il motte-proprio di Pio V II aveva diviso lo stato pontificio in due zone: mediterranea e adriatica, essendo stato osservato che i prezzi dei cereali erano in genere più bassi nel versante adriatico che in quello mediterraneo. Esso stabiliva certi mercati, i cui prezzi dovevano servire di base per i mutamenti della tariffa; questi prezzi dovevano essere accertati e dichiarati, settimanalmente, per il medi* terraneo, dalla Delegazione annonaria' di Roma, per ! adriatico, dal preside della Marca, residente in Macerata. Cosi, quando il prezzo del grano per nibbio era di 5 piastre (2 ) per l’adriatico e di 7 pel mediterraneo, v’era un premio d’espor­ tazione di SO baiocchi; aumentando il prezzo da 6 a 11 piastre per ! adriatico e da 8 a 13 per il mediterraneo, la cosa si rovesciava e perché il prezzo sul mercato interno non si elevasse, il governo faceva pagare un dazio d'esportazione in aumento graduale da baiocchi 5 a scudi 3,50; finalmente, al prezzo di 12 piastre per l'adria- tico e 14 pel mediterraneo, insorgeva il divieto di esportazione (3). Nel 1818 una notificazione del 29 maggio, allo scopo d'incoraggiare maggiormente gli agricol­ tori nella coltivazione dei loro fondi — essendo l’agricoltura, secondo si esprimeva un tesoriere in una sua memoria, l ’unico ed esclusivo ramo dell'opulenza dello stato — portava da scudi 12 e 14 a 14 e 16 per nibbio, a seconda che si trattasse del versante adriatico o del mediterraneo, il prezzo del grano che permetteva l'espor­ tazione (4).

Intorno al 1820 in tutta Europa aveva inizio una grave crisi nel commercio dei grani dovuta alla concorrenza che le province russe del Mar Nero facevano colle loro copiose esportazioni di frumento, a basso prezzo. Lo stato pontificio che fino al 1820 aveva continuato ad avere una larga esportazione di granaglie, le vedeva dopo quest'anno rifiutate sui mercati europei. La Francia, l'Inghilterra, la Toscana, il Piemonte cercarono di difendersi, e anche lo stato romano fu indotto a provvedere. Cosi, in conseguenza della nuova situazione creata al commercio dei grani, con editto del card. Pacca del 15 febbraio 1823, si stabiliva che, quando il prezzo del frumento fosse disceso al di sotto di 14 scudi per nibbio, nelle province del mediterraneo, e di 12, in quelle dell'adriatico, l’esportazione dei grani e delle farine sarebbe stata libera per qualsivoglia dogana; quando il prezzo avesse raggiunto gli scudi 12 e 14 sarebbe stata permessa la esportazione solo dalle dogane principali e mediante il pagamento di uno scudo al nibbio. A questo prezzo sarebbe stata permessa anche l’importazione, pagando due scudi al nibbio; al prezzo di 2 3 4

(2 ) 1 se. = lire 5. 32 (1 8 6 0 ) e lire 32.98 (attuali: 5.32 X 6.20) 1 piastra s= se. 0 .2 0 = lire 1.06 (1 8 6 0 ) e lire 6 ,56 (attuali)

1 scudo = 1 00 baiocchi; 1 baiocco = lire 0,053 (1 8 6 0 ) c lire 0,33 circa (attuali) 1 nibbio = ettolitri 2.94.

(3 ) R. Broglio d’Ajano, La politica doganale degli stati italiani dal 1 8 1 } al 1860. La politica doganale dello stato pontificio, in «G iornale degli economisti e rivista di sta­

tistica » , serie III, anno X X II, voi. XLIII, fase, ottobre 1911, p. 442. ^ (4 ) R. Broglio d'Ajano, La politica doganale ecc. cit., p. 4 4 3 . ,

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LA SCALA MOBILE SUI CEREAU 13

13 e 13 scudi, si sarebbe dovuto pagare il dazio d'esportazione di 2 scudi per nibbio, e il dazio d'importazione di 1 scudo; al prezzo di 16 e 14, si sarebbe avuto il divieto di esportazione e la libera importazione (3).

Questo sistema urtava però in parecchie difficoltà. Innanzi tutto il governo doveva seguire attentamente le variazioni interne dei prezzi, per manovrare il dazio; in secondo luogo la scelta del prezzo da tener fisso lasciava adito a discus­ sioni e a dibattiti infiniti; in terzo luogo esso introduceva un arbitrio dannoso al produttore e al consumatore. Infatti, se era vero che il produttore, in caso di felice attuazione del sistema, aveva garantito un guadagno medio, egli lo scontava con la perdita di possibili guadagni in caso di rialzo, e, dal canto suo, il consu­ matore, se evitava il rincaro dei prezzi, non beneficiava dei suoi ribassi; inoltre la preponderanza politica degl'interessati cercava d’influire nella fissazione del prezzo base, e tendeva a porlo al più alto livello possibile quando il gruppo dei produttori predominava sul ceto dei consumatori, e viceversa. Infine, la scala dei dazi, disposta dalla legge, avrebbe dovuto essere molto particolareggiata per potersi adattare alle continue oscillazioni del prezzo. Queste, infatti, non si arrestavano, come non è mai possibile che si arrestino, a questa o a quella cifra stabilita in precedenza, onde il prezzo, a sua volta, poteva solo per un istante fermarsi nel punto in cui si realizzava una posizione di equilibrio. Ma, giacché tale situazione era temporanea anzi fugacissima, per mantenere fisso il prezzo interno, il dazio avrebbe dovuto variare continuamente, poiché quasi ogni giorno sul mercato si determinavano degli scarti in rapporto alle mutevoli contingenze. C’era di più. La variabilità della tariffa doganale stimolava le variazioni della domanda e del­ l’offerta in maniera imprevedibile, consigliando delle laute speculazioni. Cosi, se i produttori interni o i commercianti modificavano le quantità prodotte o ingrossa­ vano o contraevano gli stocks sul mercato, essi potevano influire sul prezzo e ad un rincaro della merce contrapporre notevoli offerte; ad un ribasso, arrestarle e domandare una modificazione del dazio. G li speculatori, per esempio, potevano far salire il prezzo interno per mezzo di qualche grossa compra nei mesi di scarsa disponibilità, quando il raccolto vecchio non bastava più, e vi riuscivano data la rigidezza della domanda della merce colpita; ma intanto, se avevano già comprato aH’estero delle grosse partite che tenevano fuori del territorio doganale, in attesa di una diminuzione del tributo, appena ciò avveniva, in conseguenza della loro manovra rincaratrice del prezzo, introducevano la merce, e ne offrivano in vendita qualche partita allo scopo di provocare un rinvilio, che induceva ad una nuova modifica del dazio. Se il calcolo era stato esatto, essi, rivendèndo in base ad un balzello più alto di quello pagato, ottenevano il guadagno di una Rendita tribu­ taria, a compenso della perdita subita, prima con la compra a caro prezzo, poi con. la vendita in ribasso di piccole quantità aH’intemo.

Sicché, la tariffa a scala m obile non riusciva a raggiungere il suo scopo pre­ cipuo, quello di conservare costante, ad un livello rimuneratore, il prezzo del grano sul mercato interno, e perciò solo in apparenza mostrava di proteggere l ’agricol­ tura, eoli’assicurare che il prezzo dei grani non discendesse in modo tale da sco­ raggiare i produttori; e solo in apparenza assicurava le popolazioni che, nella ipo- 5

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14 DOMENICO DEMARCO

tesi di scarsi raccolti, il grano forestiero sarebbe stato richiamato nel paese; che, quindi, sul mercato interno vi sarebbe stata concorrenza, e il prezzo delle granaglie, il genere di maggiore necessità, non sarebbe rimasto alla mercé dei soli agricoltori dello stato. In pratica, questa protezione non si verificava, poiché la variabilità della tariffa lasciava sempre una grande incertezza d’affari, sia quanto all'esportazione dei cereali negli anni ubertosi, come quanto all'importazione negli anni scarsi, e cioè sia nei produttori che nei commercianti di frumento, per il timore che preoc­ cupava costoro d'impegnarsi in commissioni ed anticipi di spese sotto l'impressione di una tariffa che poteva variare il limite del permesso alla libere entrata o uscita delle granaglie. In effetti nei momenti di grande abbondanza o di carestia il go­ verno doveva decretare o il divieto d'importazione del grano estero o il divieto di esportazione dei grani indigeni e la libera importazione di quelli esteri.

Così era appunto accaduto sul finire del 1846. Il 1845 e il 1846 erano stati anni di scarsa raccolta di grano; il prezzo del frumento era aumentato, e tumulti si erano levati un po' dovunque tra le popolazioni. Il popolo voleva che il governo venisse in suo aiuto coll’arma del dazio e della proibizione, che s'impedisse, cioè, non solo il commercio dei cereali con l'estero, ma anche quello tra una provincia e l’altra dello stato, e che il pane fosse venduto a buon mercato. Il primo dicem­ bre 1846 il governo decretava l'abbassamento di due scudi dei prezzi-limite del grano, granoturco, farine, semola ecc., stabiliti nella tariffa vigente, sia per i generi da esportare dallo stato, sia per quelli da importare dall’estero, ferma restando la scala dei dazi di cui alla tariffa del 1823. Sicché nei distretti del mediterraneo l'esportazione del grano e del granturco indigeni sarebbe stata libera e la intro­ duzione dall'estero vietata, fino a che il prezzo non avesse raggiunto, rispettiva­ mente, gli scudi 12 e se. 8 il nibbio, e in quelli dell'adriatico gli scudi 10 e se. 7 e baiocchi 50 il nibbio. Da questo momento, allo scopo di limitare l'esportazione del grano sarebbero entrati in vigore dazi di esportazione sempre crescenti col- l’aumentare del prezzo sul mercato interno, fino a che il costo dei predetti generi alimentari non avesse raggiunto, nella regione orientale del paese, rispettivamente, gli scudi 14 e se. 10, e, in quella occidentale, gli scudi 12 e se. 9 e baiocchi 50 il nibbio. Solo in questo momento sarebbe dovuto intervenire il divieto di espor­ tazione del grano e granturco indigeni e la introduzione, esente da dazio di sorta, di quelli di provenienza estera (6). M a il provvedimento non raggiunse lo scopo che si proponeva, per cui il governo, con decreto del 3 gennaio 1847, vietò, sino a che non fosse «rimosso il pericolo del pubblico bisogno», l'estrazione all’estero del grano, granturco e rispettive farine (7). Si pensava in tal modo di assicurare la sussistenza ai sudditi vietando l'esportazione dei cereali, sicché la quantità di essi superiore al fabbisogno, che trovavasi in quella parte dello stato dove il rac­ colto era piuttosto abbondante, richiamata dal prezzo, si sarebbe spostata verso

(6 ) Raccolta delle leggi e delle disposizioni d i pubblica amministrazione nello staici pontificio emanate nel pontificato della Santità d i nostro signore Papa Pio I X regnante, voi. I, aiti pubblicati dal 16 giugno 1846, giorno dell'assunzione d i pontificato della Santità Sua, al 31 dicembre 1 847, Roma, 1849, p. 87.

(7 ) Raccolta delle leggi e disposizioni.... emanate nel pontificato.... d i.... Pio IX ,

voi. I, ccc. cit., p. 115.

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LA SCALA MOBILE SUI CEREAU 15

quei luoghi del paese che ne avevano bisogno. Ma, talune popolazioni, specie della sezione annonaria deH'adriatico, prese dal timore di possibili carestie, ostacolarono il trasporto dei cereali dai rispettivi territori. Sicché la libera circolazione nell'in- terno fu inceppata, il livellamento delle quantità e dei prezzi, nei luoghi dello stato dove vi era penuria e in quelli dove regnava l'abbondanza, impedito, onde in una parte dei mercati le granaglie eccedenti il fabbisogno locale giacevano inven­ dute, con grave danno dei possessori, mentre in altre se ne sentiva più acuto il bisogno. Di fronte a questa situazione non rimaneva al governo che adottare un ultimo provvedimento. Il 20 febbraio 1847 esso disponeva che dal primo marzo fino a tutto giugno 1847 venisse permessa nello stato pontificio la introduzione del grano e granturco di provenienza estera, esente da dazio (8).

Ma neppure questa provvidenza raggiunse il fine voluto. Poiché a Trieste e a Marsiglia i prezzi del frumento sono più elevati di quelli dello stato romano, è lassù che i commercianti esteri, allettati dal maggiore guadagno, portano ,i loro grani; e dal momento che pure nel modenese e in Toscana i prezzi di quella merce sono alti, gli stessi commercianti romani preferiscono inviare colà il loro frumento, quando e come possono, sfuggendo al divieto di esportazione. Inoltre di fronte all'aumentare del prezzo del grano e alla paura della carestia, i diversi capoluoghi dello stato continuano a mostrarsi contrarii alla libera circolazione interna delle granaglie, e questa reazione, che mira a bloccare il grano dove si trova, con tutti i fenomeni di speculazione e le gravi conseguenze che porta con sé, non solo non si riesce a frenarla, ma, anzi, nei mesi che seguono, si estende e dilaga. Il pauroso fenomeno di rialzo dei prezzi dura fino all'estate del '47, fino a quando, cioè, non. sopraggiunge il nuovo raccolto, per fortuna abbondante; allora le paure cessano, e il mercato sembra tornare alle sue condizioni normali. Quale doveva essere ora

la nuova politica granaria da adottare?

Un cosi vitale problema non poteva non interessare la Consulta di stato, tanto più che, passata la bufera, da varie province del paese si erano indirizzate al governo numerose istanze chiedenti la revoca del decreto che aveva sospeso la tariffa daziaria del 1823 e vietata la esportazione dei cereali dallo stato pontificio. Intanto sulla opportunità o meno della abrogazione dei provvedimenti recentemente emanati il ministro dell’interno, fin dal 21 gennaio 1848, si era diretto ai presidi delle pro­ vince perché, udite le magistrature m unicipali e interpellate le congregazioni gover­ native, avessero dato il loro parere. Però, ad eccezione della magistratura romana e del legato di Bologna, esso non aveva ricevuto altre risposte. Il municipio della città di Roma, nel dare il parere richiesto, aveva detto che il raccolto del grano del 1847, non essendo stato abbondante in tutto lo stato, concedere il permesso di esportazione avrebbe potuto generare nella capitale il timore di una possibile mancanza di granaglie, o produrre un aumento di prezzo e portare a spiacevoli conseguenze. Il legato di Bologna, dal canto suo, aveva risposto che il raccolto non era sufficiente, e che l’esportazione del frumento avrebbe impressionato il po­ polo, incapace di comprendere l'opportunità di certe misure « finanzierie ». 8

(8 ) Raccolta delle leggi e disposizioni.... emanate nel pontificato.... d i.... Pio I X ,

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