• Non ci sono risultati.

Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1978, Anno 37, n.3, settembre

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1978, Anno 37, n.3, settembre"

Copied!
256
0
0

Testo completo

(1)

Spedizione in abbonamento poetale - Gruppo IV - 7 0 %

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E SCIENZA DELLE FINANZE

Fondata da B E N V E N U T O G R I Z I O T T I

(E

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

DIREZIONE

G I A N A N T O N I O M I C H E L I - E M I L I O G E R E L L I

COMITATO SCIENTIFICO

ENRICO A L L O R I O - ENZO C A P A C C I O L I - CESARE COSCIANI FRANCESCO F O R T E - G I A N N I N O P A R R A V I C I N I - A L D O SCOTTO

SERGIO STEVE

(2)

della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma

La DIREZIONE è in Pavia, Istituto di Finanza presso l'Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

I manoscritti dei lavori giuridici devono essere inviati al prof. GIAN ANTONIO MICHELI, Via Scipione Gaetano, n. 13 - 00197 Roma.

Redattore: dott. LUIGI BERNARDI, dell'Istituto di Finanza dell'Università di Pavia.

L'AMMINISTRAZIONE è presso la casa editrice Dott. A. G I U F F R E ' EDITO-R E S.p.A., 20121 Milano, Via Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2/3.

A d essa vanno indirizzati le richieste di abbonamento (c.c. postale 721209) e di pubblicità, le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli even-tuali reclami per mancato ricevimento di fascicoli.

CONDIZIONI DI ABBONAMENTO PER IL 1979 Abbonamento annuo L. 20.000 Estero » 30.000 Annate arretrate senza aumento rispetto alla quota annuale.

L'abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell'annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all'Editore, anche con versamento sul conto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo, in modo leggibile, nome, cognome e indirizzo dell'abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. I prezzi sopra indicati sono validi per il pagamento a contanti ; in caso di pagamento rateale verrà praticato un aumento. I l rinnovo dell'abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine, l'Amministrazione provvede direttamente all'incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l'anno successivo. L'ab-bonamento però non può essere disdetto se l'abbonato non è al cor-rente con i pagamenti.

I fascicoli non pervenuti all'abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell'importo.

Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dall'im-porto di L. 200 in francobolli e trasmesse con specifica comunicazione raccomandata al competente Ufficio Codificazione Clienti.

Per ogni effetto l'abbonato elegge domicilio presso l'Amministrazione della ri-vista.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Direttore responsabile: EMILIO GERELLI

Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana

Pubblicità inferiore al 70 %

(3)

P A R T E P R I M A

MARIO LECCISOTTI - L'organizzazione ed il controllo del sistema delle

par-tecipazioni statali 353 ERNESTO LONGOBARDI - 0» the Equivalence of the Inflationary Impact of

Consumption and Income Taxes 373 EUCLIDE ANTONINI - Personalità giuridica e imposta sulle persone

giu-rìdiche 3gj FRANCO GAFFURI - Il concordato tributario come accordo transattivo . 396

FURIO BOSELLO - Appunti sulla struttura giuridica dell'imposta sul valore

aggiunto 420 MANLIO INGROSSO - Sui principi del bilancio dello Stato 443

TOMMASO DI TANNO - Conferimenti di ramo d'azienda, imposta di registro

e requisito della contabilità separata 460 APPUNTI E RASSEGNE

FILORETO D'AGOSTINO - La legittimità costituzionale del concessionario d'im-posta, con particolare riguardo all'imposta sulla pubblicità . . . 478

NUOVI LIBRI 496 RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI 503

P A R T E SECONDA

REDAZIONE - Nota a Cass., Sez. I civ., 1J, giugno 1977, n. 2462 . . . 177

REDAZIONE - Nota a Comm. Bari, 26 giugno 1976, n. 255 184 REDAZIONE - Nota a Comm. Treviso, 28 novembre-15 dicembre 1977, n. 104 188

GIULIO TREMONTI - Appunti sull'imposizione del reddito di fabbricati

« strumentali » 494 FRANCESCO TESAURO - Sui princìpi generali dell'istruzione probatoria nel

(4)

Imposte dirette - Agevolazioni - Domanda di esenzione oggettiva - Termine di presentazione non previsto dalla legge Modalità, e terTermine -Natura del provvedimento.

Ricorso contro il ruolo - Omessa opposizione - Prescrizione decennale per la ripetizione dell'indebito : sussistenza solo per errore di iscrizione imputabile all'ufficio (Cass., Sez. I civ., 14 giugno 3977, n. 2462) (con

nota redazionale) 177 Ritenuta sui redditi di lavoro autonomo - Fattispecie disciplinata

dal-l'art. 83 del D.P.R. n. 597 dei 1973 - Applicazione deldal-l'art. 128 del T.U. n. 645 del 1958 - Ritenuta operata illegittimamente ex art. 25 del D.P.R. n. 000 del 1973 - Costituisce indebito (Comm. Bari, 26

giu-gno 1976, n. 255) (con nota redazionale) 184 Imposta registro - Trasferimento di immobile - Valutazione da parte

del-l'Ufficio - Riferimento a valutazioni relative a precedenti trasferi-menti - Non vincolatività (Comm. Treviso, 28 novembre-1 dicembre

1977, n. 104) (con nota redazionale) 188 Imposta locale sui redditi - Redditi da immobili commerciali dati in

lo-cazione - Ininfluenza del concetto di strumentalità per le società di capitali - Obbligo di tassazione sulla base dei risultati del conto per-dite e profitti - Sussiste (Comm. Fermo, 16 dicembre 1976) (con nota

di G. 'PREMONTI) 191 Imposta locale sui redditi - Redditi - Redditi da immobili commerciali

posseduti da società di capitali e dati in locazione - Non sono auto-nomi redditi fondiari, bensì d'impresa (Comm. Pisa, 30 giugno 1977)

( c o n nota di G. TREMONTI) 191 Accertamento imposte sui redditi - Dichiarazione dei redditi - Natura

giuridica Dichiarazione di scienza È tale Ritrattabilità per errore -Ammissibilità.

Imposta locale sui redditi - Redditi da immobili commerciali dati in loca-zione da società di capitali - Non sono redditi fondiari bensì d'im-presa (Comm. Rovigo, 3 novembre 1977, n. 322) (con nota di G.

TRÉ-MONTI) 191 Processo tributario - Istruzione probatoria - Poteri del giudice - Onere

delle parti - Ordine di esibizione di documenti - Limiti (Comm.

Mi-lano, 29 dicembre 1977) (con nota di F. TESAIIRO) 203

(5)

Un'immagine

nuova, insolita, attraente

può essere la chiave del successo

della vostra pubblicità.

ne garantisce la diffusione.

l'Annuario Generale Italiano

viene consultato da milioni di esponenti politici, governativi

amministrativi e dai responsabili delle maggiori imprese

industriali, bancarie e finanziarie.

Viene consultato da coloro che pensano,studiano,

riflettono ed alla fine... decidono.

(6)

C O L L A N A DI GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA diretta da Gabriele Pescatore

IL TESTO UNICO

DELLE DISPOSIZIONI

LEGISLATIVE

IN MATERIA DOGANALE

a cura di V I T T O R I O SBORDONE

Ad alcuni anni dall'emanazione del testo unico delle di-sposizioni legislative in tema doganale approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 il presente volume si pro-pone di offrire un'ampia panoramica degli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza in relazione ai pro-blemi interpretativi suscitati dalla disciplina dei tributi do-ganali.

Il volume, che espone organicamente la complessa materia per articoli, è corredato di indici analitici, cronologici e sistematici che ne rendono particolarmente agevole la con-sultazione.

8°, p. 408, L. 10.000

450

(7)

C O M I T A T O N O T A R I L E INTERREGIONALE Piemonte e Valle D'Aosta

L'ANAGRAFE

TRIBUTARIA

Giornata di studio

Torino, 19 novembre 1977

Il volume raccoglie le relazioni tenute da notai e com-mercialisti a Torino nella giornata di studio del 19 no-vembre 1977 dedicata all'anagrafe tributaria.

Tra le altre, per il vivo interesse sotto il profdo teorico e pratico, si segnalano la relazione del dott. Bottino sui pre-cedenti storici e sui profili generali dell'istituto e quella del dott. Pitet, che tocca gli aspetti più salienti della pro-blematica emergente dalla disciplina contenuta nel D.PR. 2 novembre 1976, n. 784 come modificato dal D.P.R. 23 dicembre 1977 n. 955.

Il volume è corredato di un'appendice recante i testi della legislazione vigente.

8°, p. 160, L. 4000

(8)

UNIVERSITÀ' DI MACERATA

Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza - Seconda serie 17

RIFORMA TRIBUTARIA

E DIRITTO

COMMERCIATE

Le fattispecie

Atti del Convegno

Macerata, 12-13 novembre 1976

Il vivo interesse suscitato dal Convegno svoltosi a Mace-rata nei giorni 12 e 13 novembre 1976 sul tema « riforma tributaria e diritto commerciale. Le fattispecie » ha sug-gerito la pubblicazione del presente volume, che raccoglie le relazioni di valenti studiosi e gli interventi dei parte-cipanti al Convegno.

Il filo conduttore delle relazioni è costituito dai rapporti tra normativa di diritto commerciale e normativa di di-ritto tributario, rapporti esaminati sotto diversi profili, con particolare riguardo al concetto di impresa, di imprendi-tore e di personalità giuridica.

8°, p. IV-268, L. 7000

(9)

CREDITO E ISTITUZIONI

Collana diretta da A L B E R T O PREDIERI

Questa nuova collana si pone l'obiettivo di esaminare problemi politico-istitu-zionali e tecnico-amministrativi inerenti all'evoluzione del sistema creditizio e degli strumenti del suo governo.

1. ENRICO MARINELLI

IL LEASING

strumento di incentivazione nelle leggi statali e regionali

Nel quadro di un'esigenza di razionalizzazione dell'apparato della Pubblica Am-ministrazione, concretata dall'applicazione della legge n. 382 con il trasferi-mento delle competenze alle regioni in materie fondamentali, l'opera esamina il ruolo assunto dal leasing come strumento di intervento per la realizzazione di programmi economici, distinguendone i vari schemi di intervento.

L'opera è corredata di un'appendice recante un interessante materiale, costi-tuito da testi di legge e da un'ampia bibliografia su singoli argomenti, strumento prezioso per eventuali approfondimenti dell'indagine.

8°, p. VI-96, L. 2500

2. MARIA TERESA SALVEMINI

LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI

Appunti per una discussione

L'opera rappresenta la rielaborazione di alcune annotazioni prese dall'autrice nel corso dei lavori della Commissione, presieduta dall'onorevole Lombardini, incaricata nel febbraio del 1977 dall'allora ministro del Tesoro onorevole Stam-mati di predisporre un prospetto di riforma per la cassa depositi e prestiti. Il volume, pubblicato alla vigilia della presentazione del disegno di legge al parlamento, mira a una sensibilizzazione del pubblico alla problematica ine-rente alla materia ed è corredato di un'ampia documentazione legislativa, parla-mentare e sindacale nonché della relazione conclusiva dei lavori della Com-missione e della bozza del disegno di legge formulato.

8°, p. VIII-154, con tabelle, L. 4000

3. GIUSTO PUCCINI

L'AUTONOMIA DELLA BANCA D'ITALIA

In preparazione.

47

(10)

L'ORDINAMENTO

TRIBUTARIO ITALIANO

collana diretta da

Gian Antonio MICHELI e Augusto FANTOZZI

Questa nuova collana, intitolata al rinnovato ordinamento tributario, intende offrire agli studiosi — così come agli ope-ratori pratici — strumenti adeguati all'opera di divulga-zione degli studi del diritto tributario in Italia, presentando opere che costituiscono i frutti delle più varie esperienze tecniche e professionali.

Lo scopo è, oltre quello di illustrare sotto il profilo teo-rico-pratico i tributi nuovi o riformati, di cogliere soprat-tutto i caratteri di novità, che la riforma ha introdotto rispetto all'ordinamento precedente.

I volumi, che verranno via via pubblicati (dedicati sia a singoli tributi che a diversi istituti, settori economici o problemi specifici), offriranno al lettore un panorama il più possibile completo della materia trattata, esponendo la di-sciplina legislativa e amministrativa e facendo seguire os-servazioni critiche e ricostruttive, utili sia a risolvere i di-versi problemi concreti che a consentire una prima siste-mazione scientifica dei diversi argomenti.

182

(11)

G A E T A N O N A N U L A

LA RIVALUTAZIONE MONETARIA

DEI CESPITI PATRIMONIALI

DELLE IMPRESE

Aspetti civili, fiscali, contabili ed economico-finanziari

Questo volume, frutto dell'esperienza di un profondo conoscitore della materia, un tenente colonnello della Guardia di Finanza, affronta sotto il profilo tecnico-giuridico tutta la problematica relativa al provvedimento di rivalutazione dei cespiti aziendali (L. 2 dicembre 1975, n. 576), che viene studiato soprattutto in relazione ai suoi riflessi sul bilancio e sull'imposizione diretta, in un quadro assai ampio, sensibile da un lato agli agganci con i problemi di politica econo-mica-finanziaria e dall'altro agli aspetti concreti della applicazione della legge.

8°, p. V f f l - 4 5 0 , L. 12.000

M A R I O M A C C A R O N E

TEORIA E TECNICA

DELLE IMPOSTE SUI REDDITI

Voi. I : L'imposta sul reddito delle persone fisiche (1RPEF) Voi. II : L'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG)

L'imposta locale sui redditi (ILOR)

L'opera espone, in una visione unitaria, la struttura e i criteri tecnici di ap-plicazione delle imposte sul reddito, sulla base degli originari decreti delegati e dei successivi provvedimenti legislativi, e alla luce degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali più significativi e delle risoluzioni ministeriali.

Il lavoro è corredato di un'appendice, che riporta la tabella dei coefficienti di ammortamento e le risoluzioni ministeriali successive, e di indice sistematico e analitico-alfabetico.

aggiornamento al 31 gennaio 1978 8°, p. XX-1100, L. 27.000 i due volumi

(12)

ENRICO POTITO

L'ORDINAMENTO

TRIBUTARIO

ITALIANO

Nella sua evoluzione travagliata ed incerta la riforma tri-butaria ha accentuato l'esigenza di trattazioni che, aggior-nate sulla base delle più recenti disposizioni normative, ade-riscano ai princìpi cui si informa la nuova disciplina. II presente volume, che offre una organica sistemazione della materia tributaria nei vari profili dell'imposizione di-retta e indidi-retta e del contenzioso, è destinata a suscitare, per la serietà dell'impostazione e per la semplicità del lin-guaggio, l'interesse sia degli studiosi del diritto tributario sia di chi si accosta per la prima volta alla materia fiscale. In calce a ciascun capitolo sono riportate ampie note biblio-grafiche che rappresentano una guida preziosa per l'appro-fondimento dei singoli argomenti.

Sommario:

Considerazioni introduttive Le imposte dirette

Le imposte indirette e le « tasse »

Le entrate tributarie della Regione e degli enti locali Il contenzioso tributario

8°, p. 776, L. 16.000

438

(13)

PAOLO BERLIRI CLAUDIO PRIVITERA

CODICE DEL CATASTO

E DEI TRIBUTI

SUGLI IMMOBILI

In questo Codice sono state raccolte, integralmente o per stralcio, tutte quelle disposizioni legislative o regolamentari che riguardano sia i tributi che colpiscono gli immobili, sia la formazione e conservazione del catasto.

In calce ad ogni articolo è stata riportata la parte di eventuali circo-lari del Ministero delle Finanze e dell'Assonime ad essi relativa. Infine, per rendere più agevole la consultazione, è stato trascritto in nota il testo delle disposizioni richiamate, anche se non di carattere fiscale.

Costituzioni e accordi lateranensi - Codice civile - Repressione delle violazioni delle leggi finanziarie - Legge delega per la riforma tributa-ria - Contenzioso - Nuovo catasto terreni - Nuovo catasto edilizio ur-bano - Provvedimenti comuni al Nuovo catasto terreni ed al Nuovo catasto edilizio urbano - Libri fondiari - Imposizione sul reddito - Im-posizione indiretta - Agevolazioni tributarie - Anagrafe tributaria. In appendice: Elenco dei territori montani.

Indici: Sistematico, cronologico dei provvedimenti, della prassi am-ministrativa e delle circolari assonime, ed analitico.

1976, volume in 16°, p. 1533, carta india, ril. L. 22.000

(14)

Consiglio Nazionale dei

Principi e raccomandazioni per la redazione,

La necessità per gli operatori economici di ottenere informazioni attendibili sulle risorse delle singole aziende e sul loro utilizzo da parte degli amministra-tori diventa sempre più marcata nell'economia moderna. Ciò presuppone che vengano stabiliti dei principi contabili e di revisione di generale accoglimento affinché, in materia, si parli un unico linguaggio e di conseguenza siano possi-bili le comparazioni dei dati e dei risultati, nonché l'attendipossi-bilità degli stessi. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, già da tempo sensibile alla crescente problematica dei bilanci, ha ritenuto necessario intervenire attiva-mente costituendo due Commissioni consultive con il compito di elaborare due serie di documenti, una relativa a principi contabili e una a principi di revi-sione, riunite in una collana intitolata: « Principi e Raccomandazioni per la Redazione, Revisione e Certificazione dei Bilanci ».

I documenti si propongono di:

— enunciare corretti principi contabili relativi alla rilevazione, valutazione e rappresentazione dei valori di bilancio, tenendo conto della dottrina più evoluta e della prassi oculata e competente anche in campo internazionale (ivi inclusi gli orientamenti della CEE); ed enunciare principi relativi al comportamento, al contenuto tecnico del lavoro di revisione ed alla rela-zione di certificarela-zione che permettano di misurare la qualità dei medesimi. Tali principi si riferiscono sia alla revisione contabile e certificazione richie-sta dalle norme di legge sia all'esecuzione di revisioni contabili volontarie, e dovranno cosi regolamentare l'attività professionale in questo campo; — fornire al Legislatore ed alla Commissione Nazionale per le Società e la

Borsa una codifica di correnti principi contabili e di principi di revisione; — fornire alle imprese soluzioni con cui ovviare alle carenze imposte

dall'at-tuale legislazione, sino a quando la stessa non verrà modificata;

— anticipare e quindi preparare le imprese a molti dei cambiamenti previsti a seguito delle modifiche che la legislazione italiana dovrà recepire per incor-porare le direttive CEE quando saranno definitivamente approvate. L'esperienza ha dimostrato che i principi contabili e i principi di revisione non possono ritenersi immutabili. Sia gli uni che gli altri, infatti, possono essere influenzati dall'evoluzione legislativa, economica, socio-politica e tecnologica. Pertanto, il Consiglio Nazionale riesaminerà periodicamente tali principi al fine di controllarne il costante aggiornamento.

Per questo motivo e per la prevedibile necessità di future modificazioni ed inte-grazioni si è preferita la pubblicazione di singoli fascicoli (da conservarsi in appositi raccoglitori) anziché di un unico volume.

333

(15)

Dottori Commercialisti

revisione e certificazione dei bilanci

Documenti ad oggi pubblicati:

PRINCIPI CONTABILI Raccoglitore L. 3500

Documento n. 1 (bilancio d'esercizio - finalità e postulati), L. 800

Documento n. 2 (composizione e schemi del bilancio di esercizio di imprese mercantili ed industriali), L. 2700

Documento n. 3 (le giacenze di magazzino), L. 2500

PRINCIPI DI REVISIONE Raccoglitore L. Documento n. Documento n. Documento n. Documento n. Documento n. Documento n. 6 Documento n. 7 Documento n. 8 3500 (concetti generali), L. 500 (norme etico-professionali), L. 1100

(norme tecniche di svolgimento della revisione contabile -norme generali), L. 700

(norme tecniche di svolgimento della revisione contabile -documentazione del lavoro di revisione contabile), L. 700 (norme tecniche di svolgimento della revisione contabile

-procedure di revisione del bilancio d'esercizio - introduzione e scritture contabili in generale), L. 700

(norme tecniche di svolgimento della revisione contabile -procedure di revisione del bilancio d'esercizio - giacenze di magazzino), L. 1100

(norme tecniche di svolgimento della revisione contabile -procedure di revisione del bilancio d'esercizio - crediti), L. 1200

(norme tecniche di svolgimento della revisione contabile -procedure di revisione del bilancio d'esercizio - cassa e ban-che), L. 1000

(16)

PAOLO M. TABELLINI

L'IMPOSTA

SUL REDDITO

DELLE PERSONE

GIURIDICHE

Parte I :

PRESUPPOSTI E F O N D A M E N T I D E L L ' I M P O S I Z I O N E SUL RED-D I T O RED-DELLE PERSONE G I U R I RED-D I C H E

Premesse - L'introduzione dell'imposta sul reddito delle persone giu-ridiche nel nostro ordinamento. La riforma tributaria.

Parte I I :

IL R E D D I T O I M P O N I B I L E - I S O G G E T T I PASSIVI

Il presupposto d'imposta e la classificazione dei redditi in catego-rie - I redditi fondiari - I redditi di capitale - La nozione tributaria di impresa commerciale. Il reddito d'impresa - I redditi di lavoro (auto-nomo) - Redditi diversi - I soggetti passivi - Territorialità dei redditi. Periodo d'imposta. Aliquote d'imposta.

Parte I I I :

LA D E T E R M I N A Z I O N E DEI R E D D I T I

La determinazione del reddito dominicale dei terreni e del reddito agrario - La determinazione del reddito dei fabbricati - La determi-nazione dei redditi di capitale - La determidetermi-nazione dei redditi di la-voro autonomo. I redditi derivanti da prestazioni artistiche e profes-sionali - La determinazione dei redditi diversi - La determinazione del reddito d'impresa.

Parte I V :

IL R E D D I T O COMPLESSIVO

Nozione di reddito complessivo netto - La determinazione del red-dito complessivo netto.

Parte V : A P P E N D I C I

Rivalutazione monetaria dei beni d'impresa. Documentazione. Ta-bella dei coefficienti di ammortamento.

Indice degli autori e analitico-alfabetico.

1977, volume in 8° p. XXIII-766, L. 18.000

(17)

BENEDETTO COCIVEBA SOLANDO MEBLINO

L'IMPOSTA

SUL REDDITO

DELLE PERSONE

FISICHE

È IN CORSO DI STAMPA LA SECONDA EDIZIONE AMPLIATA E AGGIORNATA 409

(18)

PUBBLICAZIONI D E L L A F A C O L T À ' DI E C O N O M I A E COMMERCIO D E L L ' U N I V E R S I T À ' DI R O M A , X L I

GIANCARLO M A R T I N E N G O

CRESCITA

E BILANCIA DEI PAGAMENTI

La crescita nell'approccio monetario alla bilancia dei pa-gamenti: una sintesi di alcuni schemi.

Una interpretazione alternativa del processo di crescita in una economia aperta di dimensioni ridotte.

Appendioi.

8°, P. VI-106, L. 3500

M A R I O GHIDINI

LINEAMENTI

DEL DIRITTO DELL'IMPRESA

Seconda edizione riveduta e aggiornata

8°, p. IV-176, L. 5000

13

(19)

D E L S I S T E M A D E L L E P A R T E C I P A Z I O N I S T A T A L I

SOMMARIO: 1. Prefazione. — 2. Efficienza privata e finalità politiche. — 3. La organizzazione ed il controllo di un sistema gerarchico. — 4. Le imprese manifatturiere e le imprese produttrici di servizi in regime di monopolio. —- 5. L'attuale sistema delle partecipazioni statali. — 6. Conclusioni.

1. Le partecipazioni statali possono essere considerate come un retaggio storico di imprese delle quali lo Stato ha in qualche modo acquisito la proprietà del pacchetto di maggioranza, e delle quali occorre in conseguenza continuare a garantire la gestione se-condo criteri simili a quelli dell'imprenditore privato.

Tale concezione risponde ad una visione statica del sistema, la quale si limita a prendere atto della situazione in essere in un deter minato momento.

Essa non è però capace di offrire alcuna indicazione sulle diret-tive di sviluppo del sistema, né alcuna valida giustificazione al per-manere di tali imprese in mano allo Stato ed all'impiego in esse del pubblico denaro.

Occorre, pertanto, riconoscere che sussiste un interesse pubblico nei confronti delle imprese a partecipazione statale, le quali costi-tuiscono uno strumento dello Stato per la realizzazione di determi-nati obiettivi.

Se si accetta tale interpretazione delle imprese a partecipazione statale come imprese pubbliche vere e proprie resta aperto il que sito del perché della particolare forma ad esse attribuita come so cietà per azioni di proprietà di alcune holdings pubbliche, cui si sono aggiunti nel tempo l'intermediazione di alcune sub-holding* ed il con trollo del Ministero delle partecipazioni statali. Una volta ricono-sciuto a tali imprese un interesse pubblico, non esiste a priori alcun motivo per mantenere loro la forma organizzativa originaria. La so-luzione istituzionale non può essere motivata in base all'origine sto-rica del sistema, ma va determinata a posteriori secondo la conve-nienza o meno dell'una e dell'altra soluzione.

(20)

2. Alcuni Autori sostengono la possibilità di separare la nor-male attività imprenditoriale delle imprese a partecipazione statale, che deve svolgersi secondo criteri di « efficienza » privata, da quella volta alla realizzazione delle finalità politiche di cui si fa carico a tali imprese. « l'osto che l'azione pubblica, mediante il sistema delle partecipazioni statali persegue fini politici che generalmente com-portano dei costi, vengono denominati oneri impropri (si intende per le imprese) i costi in questione. Però può avvenire che l'impresa, a motivo di sue inefficienze, abbia una produttività inferiore a quella ragionevolmente conseguibile nel settore cui appartiene » (1). Oc-correrebbe in conseguenza distinguere un controllo amministrativo sull'efficienza della gestione da un controllo politico sul rispetto degli obiettivi proposti.

Va innanzitutto rilevato come l'espressione «efficienza» usata dal Saraceno non abbia in realtà un preciso ed univoco significato, in quanto l'efficienza di un'azione può essere definita solo in riferi-mento agli obiettivi che essa persegue. In presenza di un unico obiet tivo un'azione è efficiente quando questo viene realizzato con il minor costo possibile. Nel caso di due o più obiettivi, una soluzione si dice efficiente quando non è possibile incrementare uno dei essi senza al tempo stesso diminuirne qualche altro. In quanto le imprese a par-tecipazione statale rapppresentano uno strumento dello Stato per il conseguimento di determinati fini politici e sociali, la determinazione dell'efficienza, non può prescindere dalla conoscenza di tali fini e risulta impossibile separare a priori il controllo politico da quello amministrativo.

Inoltre, il più delle volte gli obiettivi sociali non si presentano come una precisa richiesta a latere dell'attività normale dell'impresa — ad esempio il costo aggiuntivo per l'insediamento richiesto dalla necessità di predisporre le infrastrutture in una particolare zona — ma impongono generici vincoli alla produzione o costituiscono l'es-senza stessa dell'intervento pubblico. Tu tali casi, l ' « onere impro-prio » non risulta quantificabile in modo preciso, e non è possibile distinguere una normale attività di produzione separata dagli spe-cifici vincoli imposti dallo Stato per il perseguimento dei fini sociali.

Un esempio grafico può valere come dimostrazione di quanto s°pra. Sia l'impresa pubblica dedita alla produzione di un certo bene

(1) P. SARACENO, Il sistema delle imprese a partecipazione statale nella

(21)

Assumendo una perfetta sostituibilità dei fattori, la produzione di un ammontare qt del bene Q può avvenire mediante l'impiego di diverse combinazioni dei due fattori, come indicate dagli isoquanti h > > % > • • •> della figura seguente.

Dati i prezzi PL e Px dei due fattori, avremo una infinità di rette parallele dell'isocosto, ciascuna delle quali indica come una certa somma K possa essere impiegata nell'acquisto dei due fattori: [1] K — P x X + PL L

Il costo totale aumenta nel passaggio da un isocosto G C ad un altro alla sua destra, ad esempio DB'. La pendenza di tali rette sarà uguale al rapporto P X\P l dei prezzi dei fattori (2).

Se l'impresa (o lo Stato) decidesse di produrre una quantità q2 del bene, la combinazione « efficiente », che minimizza il costo totale si trova alla tangenza A dell'isoquanto q2 con un isocosto GG', con l'impiego di 0L1 lavoratori e 0Xl unità del fattore X.

Se però lo Stato, oltre alla produzione di q2 unità del bene Q, lia anche l'obiettivo di una certa occupazione (o del mantenimento di un certo livello occupazionale) OL., nell'impresa, la soluzione più efficiente sarà quella indicata nel punto P lungo l'isocosto DB', con l'impiego di OL2 lavoratori e OX2 unità del fattore X e con un costo totale superiore a quello sostenibile nel punto A, ma inferiore a quello corrispondente all'isocosto FF', che si avrebbe se l'impresa procedesse a trovare la soluzione A più « efficiente » per la produzione q2 e poi, come « onere improprio », ad assumere L1 L2 altri lavoratori.

L'analisi precedente può, inoltre, servire a richiamare l'attenzione sull'opportunità da parte del politico di precisare chiaramente i suoi obiettivi in modo da non essere accusato di « inefficienza » e sulla importanza di non confondere come obiettivi gli strumenti. Il livello 0L2 di occupazione deve essere esplicitato come un obiettivo del po-litico, riconosciuto in quanto tale dall'impresa e dai cittadini, e non deve costituire un falso od errato obiettivo per assicurare la produ-zione del bene Q.

(2) Infatti, la [1] può essere risolta per L

K Px X

(22)
(23)

Nell'ambito di tale struttura decisionale, la soluzione in pratica accolta può assumere diversi connotati, dall'impresa organo alla so-cietà per azioni, con l'esistenza di vari possibili organi intermedi di collegamento fra il governo e le singole imprese operatìng. Nella scelta della soluzione, anche se il fatto storico che ha prodotto l'in-gresso della impresa nella sfera pubblica assume sovente un peso pre-ponderante, la razionalizzazione del sistema deve preoccuparsi di ga-rantire la corrispondenza fra le decisioni prese a livello inferiore e l'ordine di preferenza del livello superiore, evitando al tempo stesso costi di funzionamento troppo gravosi.

L'organizzazione di un sistema gerarchico può avvenire in tre modi: mediante una delega diretta dall'organo che esprime le prefe-renze — che nel prosieguo per brevità indicheremo come il « sovra-no » — a quello che in concreto deve realizzarle — l'orgasovra-no opera-tivo — ; mediante l'esercizio di un diretto controllo sul secondo da parte del primo; mediante un sistema misto con una pluralità di centri intermedi di decisione.

I l primo sistema riduce al minimo lo sviluppo verticale della struttura organizzativa mediante un'ampia delega direttamente dal « sovrano » all'organo operativo.

Il « sovrano » può, al contrario, imporre all'organo operativo forme di controllo più o meno strette, invece di fornirgli un'ampia delega.

Infine, il sistema può presentare una pluralità di centri di deci-sione che si frappongono fra il « sovrano » e l'organo operativo, con diverse modalità di delega o di diretto controllo.

Il primo metodo della delega diretta consente di ridurre al mi-nimo i costi di funzionamento del sistema, eliminando ogni interme-diazione fra il « sovrano » e l'organo operativo. Esso è particolar-mente consigliabile in situazioni in cui l'opera dell'organo inferiore si svolga in condizioni di profonda incertezza, per cui il « sovrano » non può indicare delle precise regole di comportamento, il quale va invece stabilito volta per volta in base all'evolversi della situazione. Il metodo sembra poi indicato quando l'organo inferiore possieda pre-parazione e conoscenze tecniche migliori di quelle del suo superiore gerarchico, che quindi incontrerebbe gravi difficoltà a giudicare gli atti posti in essere dal primo.

(24)

soddisfacente è innanzitutto auspicabile che esista una sostanzia-le unità culturasostanzia-le e di vedute fra il « sovrano » e gli individui che compongono l'organo operativo, in modo che il primo possa legit-timamente attendersi che i secondi prendano delle decisioni simi-li a quelle che egsimi-li stesso avrebbe assunto se si fosse trovato al loro posto. Inoltre, il « sovrano » può mantenere un effettivo controllo sul sistema soltanto se è in grado di giudicare l'operato dell'organo ope-rativo guardando solo ai risultati conseguiti, senza preoccuparsi di valutarne le singole azioni. Pertanto, occorre che l'output dell'organo operativo sia ben definito e misurabile, e, inoltre, che sussista un adeguato termine di paragone con cui confrontare tale output e che, infine, questo sia chiaramente attribuibile ad un determinato centro di responsabilità.

La maggiore difficoltà del metodo della delega diretta deriva però dal bisogno di coordinare l'azione dell'organo inferiore con le altre azioni del « sovrano » o dei suoi subordinati. È possibile che sor-gano dei contrasti tra l'obiettivo assegnato al singolo orsor-gano ope-rativo e gli altri obiettivi del « sovrano », per cui occorre valutare le conseguenze delle azioni del primo e coordinarle con le altre azioni poste in essere dal « sovrano » nel modo da quest'ultimo preferito. Pertanto, una completa autonomia ed indipendenza è giustificata nel solo caso in cui l'obiettivo dell'organo operativo sia indipendente da-gli altri obiettivi del « sovrano ».

Queste difficoltà dell'organizzazione mediante direzione per o-biettivi e del controllo per risultati possono indurre ad un diretto controllo del « sovrano » sull'organo operativo. Poiché il « sovrano » non può personalmente sovraintendere ad ogni singola azione dei suoi subordinati, egli dovrà porre in essere una struttura burocratica per trasmettere i propri comandi e per controllarne gli adempimenti. Tale struttura burocratica comporta un duplice costo in quanto implica l'impiego di risorse fisiche ed umane, ed in quanto lo stretto controllo esercitato provoca delle perdite di tempo nel raggiungere e nell'attuare le decisioni.

Resta poi aperto il quesito dell'effettiva capacità del sistema di realizzare gli obiettivi del « sovrano », in quanto l'esistenza di inter-mediari fra questo e l'organo operativo determina una «perdita di controllo » da parte del primo (3).

(3) Si vedano in proposito G. Tu CLOCK, The Polìtics of Bureaucracy, Washington D.C., Public Affairs Press, 1965. pp. 137-198; A. DOWNS,

Bureau-oratie Structure and Decisionmaking, Santa Monica. The Band Corporation,

(25)

Tale fenomeno deriva in primo luogo da una inevitabile carat-teristica di ogni struttura organizzativa, nella quale, indipendente-mente dagli intendimenti dei suoi membri, esiste una rilevante per-dita o trasformazione delle informazioni nel movimento dal basso verso l'alto e dei comandi nella direzione dall'alto verso il basso. 11 fenomeno è stato verificato nella trasmissione di segnali (suoni, pa-role scritte, figure ed altri segnali); sebbene non sia stato mai misu-rato relativamente ad una organizzazione burocratica, può essere fa-cilmente applicato a tale caso, per il quale del resto non manca un'ab-bondante evidenza casuale.

Inoltre, se consideriamo che gli individui che compongono cia-scun organo possono valutare la convenienza di alcune politiche dif-ferentemente dal « sovrano », e possono essere ispirati nella loro azione dal proprio tornaconto individuale, essi tenderanno a porre in atto un comportamento che determinerà una seconda « perdita di controllo ».

In termini formali, se indichiamo con a la percentuale di un messaggio trasmesso a causa del primo tipo di perdita di controllo di carattere strutturale, e con b quella relativa al comportamento degli individui, la perdita di controllo complessiva del sistema PC è uguale a:

[2] PC = [1 — (a + &)]»-i = (1 - c)"-1

dove n indica il numero dei livelli gerarchici del sistema.

Infine, bisogna anche tener conto del tempo impiegato da ogni membro della gerarchia nel sovraintendere ai suoi inferiori gerar-chici e nei contatti con il superiore.

(26)

rias-sunti dalla seguente tabella (4). Da tale tabella risulta che nell'esem-pio ipotizzato, su un totale di 121 persone o giorni di lavoro impie-gati nel perseguimento di un determinato obiettivo, meno di 40 — 39,852 per l'esattezza — e cioè il 32,9 %, svolge un'azione diretta-mente utile a tal fine, mentre per il resto si tratta di attività neu-trali o contrarie al « sovrano », che riguardano l'organizzazione del sistema o sono volte a finalità diverse da quelle che egli si propone. I l lettore può non accettare il valore dato nell'esempio al tempo perso per sovraintendere agli inferiori o nei rapporti con i superiori, ed a c, la percentuale del messaggio trasmesso, ma anche con gli altri valori numerici che egli possa ritenere più corrispondenti alla realtà, non muta sostanzialmente l'importanza del fenomeno.

Numero livelli Numero persone

Totale giorni di lavoro Totale azione diretta Totale azione diretta come percentuale dei giorni di lavoro Azione di al « soi (in giorni Totale etta utile .Tano » di lavoro) Media pro-capite ( a ) Guadagno marginale per persona aggiunta al più basso livello 1 1 1,000 1,0 100,0 1,000 1,000 1,000 2 4 4,000 2,5 57,5 2,275 0,569 0,425 3 13 13,000 7,0 53,9 5,718 0,439 0,382 4 40 40,000 20,5 51,3 15,012 0,375 0,344 5 121 121,000 61,0 50,5 39,852 0,329 0,307

(a) Rappresenta anche la percentuale del totale dei giorni di lavoro che costi-tuisce un'azione utile al « sovrano ». Con 5 livelli tale percentuale è del 32,9%.

La precedente analisi può essere soggetta ad alcune qualifica-zioui. In primo luogo, essa non tiene conto di possibili incrementi di produttività derivanti dall'esistenza di economie di scala. Inoltre, essa non considera la possibilità che le distorsioni operate ai diversi livelli possano in qualche modo compensarsi, o per un casuale verifi-carsi di errori di segno inverso nella trasmissione delle informazioni e dei comandi, o per riflesso di diverse preferenze e interessi da parte dei membri dell'organizzazione, o, infine, a causa di correzioni ap-portate dal superiore a conoscenza del modo di pensare e di operare del subordinato. D'altro canto però, la tabella non tiene conto del

(27)

tempo impiegato dai membri degli organi inferiori per coordinare le proprie attività, il quale riduce ulteriormente la percentuale di azione direttamente utile al « sovrano ».

L'esistenza di centri di decisione diversi fra il « sovrano » e l'or-gano operativo sembra accentuare i difetti dei due precedenti sistemi puri. Per quanto riguarda il primo sistema, risulta diffìcile uu giu-dizio dai risultati sui centri intermedi e il problema del coordina mento diviene più grave con il moltiplicarsi dei centri di decisione. D'altronde, il problema della perdita di controllo viene accentuata, in quanto che in tal caso aumenta la possibilità di trattenere o di-storcere le informazioni e di resistere o male interpretare i comandi dell'organo superiore. Anche le distorsioni di carattere strutturale tendono ad essere maggiori nel passaggio da un centro all'altro che all'interno dello stesso centro. Maggior tempo sarà, inoltre, richie-sto nel tentativo di coordinare l'azione all'interno di ciascun centro di decisione e fra i diversi centri.

La giustificazione di tale sistema può essere ricercata nel ten-tativo di sommare i vantaggi dei due sistemi puri, mediante una op-portuna combinazione dell'uno e dell'altro, in modo da assicurare un maggior controllo di quello consentito dalla delega diretta e l'adozione di strutture gerarchiche più snelle di quelle del sistema del controllo diretto, con un minor impiego di personale.

La misura in cui tali vantaggi siano effettivamente realizzati dipende dell'applicazione concreta, anche se in genere le strutture burocratiche sembrano possedere una propria forza autonoma di vita che tende ad accentuarne i caratteri di autonomia o di gigan-tismo, indipendentemente dalle iniziali intenzioni dei fondatori del sistema.

Ogni forma di organizzazione e di controllo poi può funzionare solo se provvista di un adeguato sistema di sanzioni, che spinga i suoi membri a rispettare i desideri del « sovrano » e che punisca il comportamento contrario, se scoperto. Anche da questo punto di vi-sta, le forme indirette sembrano le meno preferite, in quanto che il sistema di sanzioni che può essere attuato fra centri separati di decisione è sicuramente meno pronto e certo di quello applicabile all'interno dello stesso organo. La combinazione del metodo della delega con quello del controllo diretto, inoltre, riduce la possibilità di individuare la responsabilità dei membri dell'organizzazione.

(28)

rispetto alle imprese a partecipazione statale l'impiego di enti di controllo separati.

Tale soluzione aumenta notevolmente la possibilità di sorve-gliare direttamente i più alti livelli della gerarchia. Il sistema però può funzionare solo se esiste una effettiva tensione fra i controllori e i membri della gerarchia soggetta a controllo, per cui occorre evi-tare che intercorrano fra di essi continui e prolungati contatti, in quanto i secondi cercheranno di indurre i primi a fornire un favo-revole rapporto sulla loro attività. 11 compeso offerto raramente è costituito da un'offerta di diretta corruzione in moneta, che può es-sere giudicata offensiva, ma consiste solitamente in favori pei'so-nali o nell'istituire rapporti di amicizia. Tale netta separazione però contrasta con la necessità del controllore di possedere una cono-scenza non superficiale dell'organizzazione a lui affidata, soprattutto se egli è provvisto di una diversa preparazione tecnica di base.

L'esistenza di un separato ente di controllo, inoltre, induce i membri dell'organizzazione controllata a dedicare un considerevole ammontare di tempo e di risorse alla preparazione di quegli atti che possono indurre il controllore ad un favorevole rapporto.

4. Il problema dell'organizzazione e del controllo assume ri-levanza e connotati diversi nel caso di imprese manifatturiere che in quello di imprese produttrici di servizi in regime di monopolio. Il sistema delle partecipazioni statali è nato e si è sviluppato so-prattutto con riguardo al primo tipo di impresa, ma in seguito, e in maniera crescente, si è esteso nel settore della produzione di ser-vizi in regime di monopolio.

Le imprese manufatturiere agiscono in situazione di profonda incertezza, in quanto operano sul mercato soggette alla concorrenza interna e/o internazionale. In tal caso, il sistema della delega si presenta come la migliore forma di organizzazione, se non l'unica at-tuabile. Le decisioni dell'imprenditore non rispondono a delle tipo-logie astrattamente prevedibili in autieipo da norme di tipo buro-cratico, e richiedono una prontezza di fronte al mutare della situa-zione che non può essere vincolata alla richiesta di continue auto-rizzazioni da parte del superiore gerarchico. Quest'ultimo poi si trova in posizione di svantaggio, in quanto non è dotato delle neces-sarie conoscenze dei fatti, né possiede la preparazione tecnica ri-chiesta per valutare opportunamente l'operato del manager.

(29)

cui-turale tra i dirigenti delle partecipazioni statali e gli artefici della politica economica del paese, che a volte si risolveva addirittura in una identità personale, come ad esempio nel caso di Beneduce, Me-nichella o Saraceno, il cui modo di sentire non divergeva poi da quello di un Einaudi o un Vanoni.

Inoltre, gli obiettivi posti alle partecipazioni statali potevano essere approssimati in base alle variabili economiche delle imprese, per cui era possibile un controllo sui risultati e non sugli atti o sui soggetti.

Con il moltiplicarsi ed il differenziarsi delle finalità politiche e sociali di cui si è fatto carico al sistema delle partecipazioni statali e con il perdersi di quella comune matrice culturale tra il mondo po-litico e il management pubblico, il problema del coordinamento fra i diversi obiettivi delle partecipazioni statali e fra di essi quelli di carattere generale dello Stato ha acquisito una maggiore rilevanza ed il metodo della delega ha incontrato maggiori difficoltà. In ogni caso, però, date le caratteristiche delle imprese manufatturiere, che pro-ducono sul mercato soggette alla concorrenza interna e/o interna-zionale, riteniamo che tale metodo sia l'unico in grado di garantire il funzionamento di tali imprese.

Nel caso di monopolio per la produzione di beni e servizi la situazione è diversa. La S I P non teme concorrenti, almeno nel tempo breve e medio, ed è in grado di conoscere con buona approssimazione la domanda del suo prodotto, per cui meno impellenti sono le esi-genze di prontezza e di adattabilità del management nelle sue de-cisioni.

L'esistenza di un monopolio e quindi di una potenziale rendita di cospicue dimensioni rende invece prevalente il problema della di-stribuzione di tale rendita.

In primo luogo, occorre stabilire la politica dei prezzi dell'im-presa, che stabilisce la rendita da essa acquisita. Nel monopolio, il prezzo non viene determinato dal mercato, ma dal produttore che intende massimizzare la propria rendita, o imposto dall'esterno. Que-st'ultimo compito spetta chiaramente al « sovrano », il quale deve tenere conto delle esigenze di efficienza nell'allocazione delle risorse e di equità nella loro distribuione (5).

(30)

La rendita così determinata — o magari qualcosa di più — può essere poi assorbita dal sistema di organizzazione e di controllo, me-diante la creazione di una elefantiaca struttura burocratica, che ac-cresca enormemente il costo dell'operare del sistema, senza arrecare sostanziali vantaggi alla sua capacità di controllo. Oltre allo spreco in termini di personale impiegato, vi è il pericolo che questo riesca in altro modo ad accaparrarsi la potenziale rendita del monopolista, sotto forma di vantaggi pecuniari o sotto altre forme (come un mi-nore impegno personale di lavoro, ambienti lussuosi ed altri tipi di remunerazione non pecuniaria), le quali danno luogo ad inefficienze e sprechi.

Quanto rimane può poi essere diviso tra i lavoratori dell'impresa — mediante una generosa politica salariale e/o dell'occupazione — o acquisita dall'impresa stessa. In questo ultimo caso, tale rendita può essere impiegata in nuovi investimenti da parte dell'impresa, venire versata al Tesoro, o essere utilizzata da altre imprese nell'am-bito del sistema.

Da tale breve esposizione il problema risulta differente da quello posto dalle imprese manufatturiere, e sembra richiedere un maggior controllo, che sostituisca quello che nel primo caso fornisce il mer-cato. Tale sistema di controllo non deve però assorbire l'intera ren-dita o provocare una perren-dita netta.

Attualmente, la determinazione dei prezzi viene effettuata diret-tamente dal governo tramite il C I P o il CIPE, anche se tali organi mancano di adeguate strutture organizzative, per cui finiscono per de-cidere sulla base delle valutazioni — ovviamente interessate — for-nite dalle imprese stesse, e secondo pressioni di carattere politico e sociale che di volta in volta insorgono, cui non sono in grado di opporre una rigorosa analisi dei costi e dei benefici delle varie solu zioni, in base ad una chiara impostazione di politica economica e sociale.

(31)

Pertanto, riteniamo giusta la proposta di separare le imprese che producono servizi in regime di monopolio da quelle manufattu-riere (6). Inoltre, il controllo sui prezzi da parte del CIP e del C I P E va rinforzato e reso efficace in modo da essere in grado di agire in maniera indipendente sia dalle imprese che dalle pressioni politiche e sociali che nascono da motivazioni contingenti e non rispondono a precisi obiettivi di politica economica.

5. L'attuale sistema delle partecipazioni statali si presenta co-me un sistema che, sorto con l'intendico-mento di attuare il co-metodo della delega diretta, è andato sempre più assumendo il carattere di una organizzazione con una pluralità di centri di decisione, le cui carat-teristiche non sono sempre ben delineate.

Qualche difficoltà può innanzitutto verificarsi nella stessa deter-minazione del « sovrano », nel senso indicato del termine di colui che stabilisce gli obiettivi e ne fissa l'ordine di priorità.

In una democrazia la « sovranità » risiede nel corpo elettorale, il quale ha facoltà di eleggere o meno un candidato a seconda che attui le politiche desiderate. Dato però che la votazione ha luogo su un particolare partito o candidato secondo una valutazione glo baie delle politiche proposte, fra le quali quelle che concernono le partecipazioni statali non assumono in genere un ruolo determinante, un tale richiamo ai principi basilari della democrazia non ci aiuta certo ad individuare l'organo che esprime le preferenze sulla poli-tica delle imprese a partecipazione statale.

« Sovrano » è indubbiamente il parlamento, il quale ha il potere di promulgare leggi che stabiliscono le finalità e la condotta delle partecipazioni statali.

« Sovrano » è però anche il governo, il quale — e precisamente il C I P E — per legge (7) : « a) verifica, in tempo utile per la realiz-zazione, la conformità al programma economico nazionale dei pro-grammi annuali e pluriennali dell'IRI, dell'ENI e degli altri enti pubblici controllati dal Ministero delle partecipazioni statali, ne esamina le modifiche e, periodicamente, lo stato di attuazione; b) for-mula, anche ai fini dell'ordine di priorità delle diverse iniziative, le direttive generali di particolare rilievo per l'attuazione dei program-mi stessi... ».

(6) Cfr. l'intervento del Prof. S. Cassese alla Camera dei Deputati, Com-missione V, Indagine conoscitiva sulla funzione di indirizzo e di controllo del

Parlamento sulle Partecipazioni statali, seduta del 15 ottobre 1975.

(32)

Se è attività del « sovrano » quella di fissare mediante leggi gli obiettivi dell'impresa, non meno importante è quella di coordinare la loro azione con quella dello Stato, stabilendo « l'ordine di priorità » e « le direttive generali » del sistema.

Non vi è quindi da meravigliarsi se gran parte delle polemiche attuali sulle partecipazioni statali riguardino i rapporti fra parla-mento e governo. L'intrecciarsi della « sovranità » del parlaparla-mento con quella del governo costituisce per il sistema fonte di confusione e di difficoltà, accresciute dal fatto che la vita media del governo è molto bassa.

Inoltre, né il parlamento né il C I P E sono dotati di adeguati strumenti di controllo e di sanzioni (8). In particolare il principale di tali strumenti, costituito dall'opera della Corte dei Conti, se-condo il principio dell'ente di controllo esterno, sembra possedere tutti i requisiti negativi del modello astratto, dalle strette relazioni fra il controllore — il magistrato delegato — ed i soggetti controllati, all'incapacità tecnica dei membri della Corte, per cui il « controllo della Corte dei Conti, per lo meno nei modi in cui sinora si è svolto, è inutilizzabile » (9).

Aspirante « sovrano » è il Ministero delle partecipazioni statali, cui invece il D.P.R. 14 giugno 1967, n. 544 intende attribuire le fun-zioni di primo subordinato, chiarendone il ruolo e le attribufun-zioni in rapporto alle competenze del CTPE. Il Ministero ha funzione di vigi-lanza sugli enti pubblici controllati, in esecuzione delle decisioni politiche adottate dal C I P E . Tale Ministero doveva costituire « se-condo l'intenzione del legislatore, (di) un Ministero di tipo del tutto nuovo, con caratteristiche di snellezza e di non burocratizzazione, con un organico ridotto al minimo e dotato di elevata competenza tecnica » (10). La realtà è stata, e non poteva essere altrimenti, ben diversa.

Creato come un intremediario fra il comitato dei Ministri e gli enti di gestione, dopo aver vissuto sempre all'ombra di questi ul-timi. cui ha fornito un'utile copertura politica, il Ministero aspira

(8) Si veda, per tutti, il documento presentato dal Segretario generale della Camera dei deputati nel corso della citata indagine conoscitiva, ripor-tato in Partecipazioni statali: strategie ed assetto. Quaderni di Giurisprudenza Commerciale n. 8, Milano, Giuffrè, 1977, pp. 239-249.

(9) D. SERRANI, 1 controlli esterni sulle partecipazioni statali, in

Par-tecipazioni statali..., cit., p. 107.

(33)

ad ampliare il proprio ruolo nei confronti del primo, rivendicando il compito di « verificare la rispondenza di queste linee (e cioè gli orientamenti emergenti dalle finanziarie e dalle società operative, n.d.r.) alle politiche economiche governative nonché a coordinarle, in confronto dialettico con gli enti... La funzione direttiva, che è funzione governativa e quindi, del Ministero delle partecipazioni sta-tali, deve esprimersi, principalmente, nella formulazione del pro-gramma di attività degli enti, nel coordinamento, perciò, dell'azione di questi ai fini del perseguimento di realizzazioni unitarie e, inoltre, nell'adeguamento della detta attività agli indirizzi di politica eco-nomica posti dal Parlamento e dal Governo... Le esigenze dei dica-steri investiti di funzioni concorrenti potranno, in questo quadro, es-sere soddisfatti mediante la moltiplicazione di intese e concerti pre-liminari » (11).

Il « verificare la rispondenza alle politiche economiche governa-tive », il « coordinamento ai fini del perseguimento di realizzazioni unitarie », l ' « adeguamento agli indirizzi di politica economica » sono funzioni del « sovrano » quanto l'iniziale determinazione degli obiet-tivi, e non possono essere affidate ad un subordinato — il Mini-stero — mediante « intese e concerti preliminari » con i « dicasteri investiti di funzioni concorrenti ».

11 Ministero, pertanto, non avendo una ben chiara ed utile fun-zione ha costituito un dannoso passaggio dal metodo del controllo sui risultati al controllo sui soggetti, che ha imbastardito la strut-tura organizzativa del sistema, in modo tale che un autorevole stu-dioso ha potuto recentemente affermare: « l a decadenza del sistema delle partecipazioni statali è stata causata dall'istituzione del Mi-nistero » (12).

Tale affermazione potrà sembrare troppo decisa e potrà essere accusata di non tenere conto degli altri fattori concomitanti che hanno concorso alla decadenza del sistema, ma resta il fatto che l'istituzione del Ministero ha introdotto un inutile e pericoloso centro di decisione, inserendo in un sistema di delega diretta un or-gano di controllo, in modo tale da cumulare i difetti di entrambe le forme di organizzazione. Il Ministero ha fornito alle imprese una copertura dalla responsabilità nei confronti del « sovrano », ren-dendo anche meno agevole il giudizio sui loro risultati, senza essere

( 1 1 ) MINISTERO DELLE PARTECIPAZIONI STATALI, Relazione programmatica, 1977, pp. 14-15.

(34)

in grado di assicurare un efficace controllo sulle prime da parte del secondo.

Non si è trattato di una « conquista politica » delle partecipa-zioni statali, in quanto in ogni caso il sistema aveva il dovere e la possibilità pratica di agire secondo le finalità politiche propostegli, ma di un'importante variazione nella struttura organizzativa, con-dotta a metà e male, e pertanto destinata a dare i frutti negativi che ha dato.

Abolizione del Ministero delle partecipazioni statali quindi, ma cosa fare per gli altri intermediari che sussistono fra il « sovrano » e le singole imprese operating. Anche per essi è stato sostenuto che « non c'è nessuna ragione per avere nel nostro sistema istituzionale e capitalistico e quindi anche politico queste scatole dove ci sono le culture biologiche che hanno portato il nostro sistema politico al punto in cui l'hanno portato » (13).

Tali enti intermedi danno luogo ad un sistema organizzativo misto consistente nella delega agli enti di gestione di alcune fun-zioni di carattere generale, che vengono da questi a loro volta dele-gate alle singole finanziarie.

Credo opportuno distinguere il caso degli enti di gestione da quello delle finanziarie di settore. Mentre per queste ultime, mi sem-bra giustificato che il « sovrano », il quale non può direttamente controllare tutto e vigilare su tutti, affidi a qualcun altro — la finan-ziaria — il compito di coordinare l'attività di imprese che si muo-vono nello stesso campo e che quindi rispondono ad una identica finalità pubblica, il discorso è più complesso per quanto riguarda gli enti di gestione. Questi ultimi hanno il compito di coordinare l'at-tività di imprese che si muovono nei più svariati campi, e la cui sus-sistenza in mano pubblica può venire giustificata solo da molteplici diversi obiettivi dello Stato. In tal caso, quindi, è possibile che sus-sistano dei contrasti fra i vari obiettivi delle partecipazioni statali e fra di essi e gli altri obiettivi di carattere generale dello Stato. Tale funzione non può essere delegata dal « sovrano », e per legge, infatti, come abbiamo visto, spetta al CIPE. Quale ragione si può quindi addurre per la esistenza di tali ulteriori centri di decisione? Secondo alcuni A A . l'ente di gestione costituisce « una centrale di management cui l'azione pubblica può fare appello per risolvere problemi di sviluppo industriale che una società continuamente e

(35)

ressa nell'ente di gestione non è quello che è o quello che fa ma quello che le forze manageriali organizzate nell'ente sono capaci di fare » (14).

Tale centrale di management però, in attesa di essere impiegata nel modo indicato dal Saraceno, costituisce un centro di decisione che si frappone tra il « sovrano » e le imprese operating o le finan-ziarie di settore, sottraendo al primo rilevanti funzioni di coordina-mento, nella determinazione degli obiettivi e della loro scala di prio-rità, e nella destinazione dei mezzi finanziari prodotti dal sistema, e provocando un diluirsi delle responsabilità.

A mio parere, la sola giustificazione per l'esistenza degli enti di gestione potrebbe essere rinvenuta nella situazione politica italiana, caratterizzata da un continuo mutare del governo in carica e da una instabilità, che può rendere utile la presenza di un ulteriore centro di decisione a carattere continuativo, il quale assicuri il funziona-mento del sistema. I benefici della continuità di gestione potrebbero in tal caso essere superiori ai problemi derivanti dall'esistenza di un intermediario tra il « sovrano » e l'organo operativo, il quale tende ad usurpare al primo parte delle sue prerogative.

Si è così giunti all'ultimo anello della catena, la impresa operating. Una volta accertato che essa effettivamente risponda ad un obiettivo del « sovrano » non può esserne messa in discussione l'esistenza. Ai fini del nostro discorso sull'organizzazione e sul con-trollo del sistema delle partecipazioni statali, occorre però chiedersi perché « società per azioni » ? (15). Il richiamarsi all'origine storica del sistema può spiegarne l'iniziale forma di società per azioni, ma non il perché ancora « società per azioni ».

L'analisi sin qui condotta tende però a rendere il quesito in gran parte irrilevante. La corrispondenza tra il sistema di organiz-zazione e di controllo e la impresa operating, e la capacità di quest'ul-tima di inserirsi nel sistema e di realizzare gli obiettivi proposti dal « sovrano » non dipende in maniera sostanziale dal fatto che ne venga mantenuta la forma della privata società per azioni o che ne sia im-posta la proprietà pubblica.

La forma societaria aggiunge la possibilità di un controllo tra-mite la CONSOB, il quale però ha scarsissimo valore pratico, ed al

(14) P . SARACENO, op. cit., p. 53.

(15) Ofr. G. MINERVINI, in Partecipazioni statali..., cit, pp. 131-135.

(36)

analogo — magari più efficiente — controllo estèrno.

Né può obiettarsi che l'adozione di una soluzione invece di un'al-tra dipenda dal ruolo che s'intende assegnare al profitto nell'ambito della impresa. « Infatti negli ultimi tempi sia la dottrina pubblici-stica (Guai-ino) che privatipubblici-stica (Santini) tendono a scolorire e sva-lutare il tradizionale scopo di lucro delle società per azioni perve-nendo alla conclusione che la società per azioni, attraverso un pro-cesso di astrazione dalla sua causa lucrativa, tende sempre più a ridursi a mera struttura, come tale utilizzabile per scopi diversi » (16). L'adozione della forma della società per azioni può quindi es-sere motivata solo dal desiderio di non preeludere l'apporto dei ri-sparmiatori privati sotto forma di capitale azionario. Francamente non vedo alcun motivo perché lo Stato debba rinunciare ad esso, che non comporta alcun vincolo all'azione dell'impresa, in partico-lare non impone ad essa la ricerca di un profitto che potrebbe con-trastare con le sue finalità politiche e sociali.

Nei pochi casi in cui l'acquisizione nel sistema non sia opera di un salvataggio più o meno evidente, l'onere del passaggio dell'im-presa nel campo pubblico grava solo sugli azionisti del momento, quando il mercato sconta il rischio che le finalità pubbliche compor-tano, provocando un crollo nel valore dei titoli. Nel seguito, i privati che alla bassa quotazione cui il mercato valuta le azioni di tale so-cietà trovano conveniente assumerne il rischio, non possono poi la-mentarsi che gli obiettivi pubblici riducano o annullino la remune-razione del capitale. Lo Stato 11011 ha quindi alcun motivo per respin-gere tali apporti privati che 11011 ne condizionano l'operato, né deve meravigliarsi o preoccuparsi se il capitale privato rifugge da alcune iniziative, in quanto non vi trova convenienza. Se lo Stato con le partecipazioni statali desidera perseguire finalità sociali e non in-tende rinunciare all'apporto dei privati, sarà costretto a dividere con questi ultimi i profìtti di certe imprese ed a sostenere da solo le attività in perdita. La « privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite » risponde alla logica dell'economia mista, che si pro-pone certi obiettivi sociali senza rinunciare all'iniziativa ed al ri-sparmio privato.

6. Volendo concludere, le imprese a partecipazione statale co-stituiscono uno strumento dello Stato per la realizzazione di

(37)

minati obiettivi, senza dei quali non è giustificato il loro permanere in mano pubblica e l'impiego in esse del pubblico denaro (17). Per-tanto, riteniamo in primo luogo che occorra limitare l'intervento delle partecipazioni statali, o l'impiego del pubblico denaro, solo a quelle imprese che possono essere giustificate in base a precisi obiettivi e programmi del parlamento e del governo.

Abbiamo visto come non sia possibile distinguere un controllo amministrativo sull'« efficienza » della gestione da un controllo po-litico sulla sua rispondenza agli obiettivi fissati, in quanto l'efficienza di un'azione non può essere definita in astratto ed a priori, ma va valutata solo con riferimento agli obiettivi proposti.

Dall'analisi delle varie forme possibili di organizzazione e di controllo è emerso come il sistema della delega diretta da colui che esprime le preferenze all'impresa operativa sia il migliore se non l'unico attuabile per le imprese a partecipazione statale, che vivono in un mondo caratterizzato da incertezze e che devono essere in grado di assumere le decisioni necessarie di fronte ad esigenze continua-mente nuove.

Tale sistema da un lato comporta un adeguato rafforzamento dei poteri dell'organo che esprime le preferenze, determinando gli obiettivi e fissandone l'ordine di priorietà, in modo che esso sia in grado di esplicare in maniera soddisfacente le proprie funzioni e di attuare un effettivo controllo sui risultati dell'organo operativo. Que-sto rafforzamento potrebbe aver luogo mediante l'avvio di una effi-cace attività di programmazione dell'intervento pubblico e l'istitu-zione degli organismi richiesti all'uopo.

D'altro canto, in tale sistema non sembra trovare posto il Mi-nistero delle partecipazioni statali, il quale costituisce l'introduzio-ne di un'inutile e dannosa forma di controllo diretto. Anche la pre-senza degli enti di gestione crea dei problemi, in quanto sottrae al « sovrano » o « programmatore » delle decisioni sulle politiche delle imprese e sul coordinamento fra esse e con gli altri obiettivi pub-blici.

Infine, sembra auspicabile la separazione delle imprese manufat-turiere da quelle che producono servizi in regime di monopolio, in

(17) Nella pratica spesso tali finalità tendono ad essere create a

po-steriori per giustificare l'uso del pubblico denaro. Valga per tutti il caso della

(38)

quanto che la loro convivenza sottrae al parlamento e al governo il controllo sulla utilizzazione della rendita del monopolista. L'esi-stenza di tale rendita potenziale richiede poi un più adeguato con-trollo sulla politica dei prezzi, con un potenziamento degli strumenti a disposizione del C I P e del CIPE.

Ritornando, infine, al nostro quesito iniziale del perché «so-cietà per azioni », abbiamo visto come tale problema sia sostanzial-mente irrilevante. Una volta determinato il sistema di organizza-zione e di controllo, il mantenere la forma della privata società per azioni invece di imporre la proprietà pubblica non influisce sul com-portamento dell'impresa, ma determina solo la possibilità di usu fruire dell'eventuale apporto del capitale privato, qualora e se que-sto ne trovi la convenienza.

Noi siamo convinti della giustezza delle nostre proposte, ma la-sciamo al lettore il giudicare sulla possibilità concreta che esse ven-gano accolte, in quanto che, come bene osserva il Giannini (18) : « il gruppo tecnocratico autocefalo, quale storicamente esiste, possiede una forza condizionante del potere statale, da cui è solo parzialmente condizionato. Ciò significa che non sono possibili modificazioni strut-turali del complesso tali da invertire la tendenza, occorrendo una forza politica, nel parlamento, che questo non ha ».

M A R I O L E C C I S O T T I Istituto di Finanza

Facoltà di Economia e Commercio Università di Napoli

(39)

OP CONSUMPTION A N D INCOME T A X E S (*)

Consumption taxes li ave long been considered a more efficienti device of anti-infìationary policy than income taxes because of tbe broadly accepted opinion that, given the same yield, they have a greater deflationary impact in real terms (1). However in a major paper Peacock and Williamson (1967) consider the counter-argument that indirect taxation instead of increasing the price level once-and-for-all might induce or reinforce a wage-price spirai. They provide a formai proof that under this hypothesis consumption taxes, though exerting a greater impact on real demand, are at the same time more inflationary than income taxes, in the sense of leading to a higher price level in the long run besides accelerating inflation in the short run.

The demonstration rests however upon the implicit assumption that wage earners retaliate against indirect taxation because of its effect on the cost of living and do not do so wlien real wages are cut through direct taxation (2). T e t the validity of such an assumption is undoubtedly questioned by the increasing amount of work on the effect of direct taxation on wage demands (Turner and Wilkinson, 1975; Johnston and Timbrell, 1973; Brace, 1975). While it has ai-ready been shown (Blinder, 1973; Dernburg, 1974) that, because of these effects, an income tax increase may result in augmenting the price level, the problem of differential effects between the inflatio-nary impact of consumption and income taxes has not yet been re-evaluated assuming that wage earners bargain in terms of real take home pay.

( ) The author wishes to thank the Ente per gli Studi Monetari Bancari e Finanziari « Luigi Einaudi », Pome, for providing financial support.

(1) A proof of the advantage of consumption taxes from the point of view of the impact on real demand was first provided by Brown (1950) at the macro level and by Hansen (1958, pp. 145-48) at the micro level.

(40)

The purpose of this note is to provide an indirect-direct tax com-parison by respecifying the model of Peacock and Williamson (hen-ceforth P - W ) to incorporate the hypothesis of wage retaliation against income taxes. This model is considered the most suitable for the purpose because it permits an analysis in terms of both the rate of inflation and the price level. I t will be found that, on purely theoretical grounds, there is no differential effect between the two forms of taxation.

The model consista of the following equations: (1 + » ) " ^ with 17' < 0 (2) with /' (U) < 0; (3) 0 < X < S 1 B ) * 1 - a (1 - td) (1 - h) Un=U (Bn I (1 + «)») P „ = P T T „ / ( 1 - U) ( 1 + s)>

where n denotes time;

B the real national product;

s a Constant proportionate rate of increase in productivity ; A autonomous expenditure ;

a the marginai propensity to consume; td the income tax rate;

t( the consumption tax rate; U the level of unemployment ; IT the wage rate ;

P the consumption price index.

The equations can be briefly described as follows:

Riferimenti

Documenti correlati

Nonostante infatti una delle più frequenti critiche oggi rivolte al nostro sistema fiscale sia la non coincidenza tra chi paga le imposte e chi beneficia della

In conclusione, per quanto fin qui rilevato, si ritiene che gli ele­ menti patrimoniali già facenti parte di una stabile organizzazione in Italia della

Generally speaking, water pollution control policy in Italy is char­ acterized by permissive standards, low charges, poor enforcement of pollution control

viene intro­ dotta la forma generale delle funzioni di domanda dei diversi pro­ grammi di spesa pubblica, espresse in termini di quote della spesa complessiva

Se infatti si vuole misurare il peso dell’aggre­ gato « enti locali » partendo, attraverso i dati di contabilità nazionale, (9) Su questa esigenza di partecipazione dei

A questo proposito si possono riportare alcuni risultati di una precedente ricerca sulle relazioni tra distribuzione personale dei redditi e struttura produttiva (48). Grazie

Dati gli attuali differenziali di aliquote esterni (lo stesso ele­ mento è trattato in un modo, nello Stato A ; in un modo diverso, nello Stato B), e dati i

Mi pare tuttavia che esista una seconda possibilità, legata alla forza contrattuale relativa tra il Governo centrale e quelli locali. Se cioè il Governo centrale