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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1990, Anno 49, settembre, n.3

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(1)

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV - 70%

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E SCIENZA DELLE FINANZE

Fondata da B E N V E N U T O G R I Z I O T T I

(E RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

DIREZIONE E N R I C O ALLORIO - E M I L I O GERELLI COMITATO SCIENTIFICO E N R I C O D E M I T A A N D R E A F E D E L E F R A N C O GALLO I G N A Z I O M A N Z O N I -A N T O N I O P E D O N E - -ALDO SCOTTO COMITATO DIRETTIVO

ROBERTO ARTONI FILIPPO CAVAZZUTI G. FRANCO GAFFURI DINO PIERO GIARDA SALVATORE LA ROSA ITALO MAGNANI LEONARDO PERRONE ENRICO POTITO FRANCESCO TESAURO GIULIO TREMONTI

(2)

di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma DIREZIONE e REDAZIONE: Dipartimento di Economia pubblica e territoriale

del-l'Università, Strada Nuova 65, 27100 Pavia; tel. 0382/387.406

Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

Redattori: SILVIA CIPOLLINA, ANGELA FRASCHINI, GIUSEPPE GHESSI. Segretaria di

R e d a z i o n e ! CLAUDIA BANCHIERI.

L'AMMINISTRAZIONE è presso la casa editrice Dott. A . G I U F F R E E D I T O R E

S.p.A., via Busto Arsizio, 40 - 20151 Milano - tel. 38.000.975

PUBBLICITÀ:

dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità

via Busto Arsizio, 40 - 20151 Milano - tel. 38.000.975, int. 324 CONDIZIONI DI A B B O N A M E N T O P E R IL 1990 Abbonamento annuo Italia L. 70.000 Abbonamento annuo estero L. 105.000

Annate arretrate senza aumento rispetto alla quota annuale.

L'abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell'annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all'Editore, anche con versamento sul conto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo, in modo leggibile, nome, cognome ed indirizzo dell'abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati.

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I fascicoli non pervenuti all'abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa dell'importo.

All'Editore vanno indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo, quest'ultime accompagnate dall'importo di L. 500 in francobolli.

Per ogni effetto l'abbonato elegge domicilio presso l'Amministrazione della Rivista.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze ver-ranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Iscrizione Registro nazionale stampa (legge n. 416 del 5.8.81 art. 11)

n. 00023 voi. 1 foglio 177 del 2.7.1982

D i r e t t o r e responsabile: E M I L I O GERELLI

Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 7 0 %

(3)

P A R T E P R I M A

RENATA TARGETTI LENTI - Effetti redistributivi dell'Irpef e dei

trasferi-menti sul reddito disponibile delle famiglie in Italia 345 GIUSEPPE CLERICO - Ospedale pubblico: un modello di costo efficiente 381

GIANFRANCO GAFFURI - Il magistero di Enrico Allorio in diritto tributario 396

DARIA COPPA - Confisca nel diritto tributario 405 ALESSANDRO MAINARDI - Il contributo dovuto ai consorzi di bonifica e

l'im-posizione sul valore aggiunto 427

APPUNTI E RASSEGNE

STEFANO INCERTI MEDICI - L'unione doganale europea ed il progetto di un

codice doganale comunitario 440

LEGGI E DOCUMENTI

Eec Presidency Policy Paper on Economie and Fiscal Instruments for

vironment .j&Jf. gfebt

RECENSIONI .

Russo V. - Il Ministero de!U Finanze (A. TRAMONTANA) fil^-^^.A 452 ' , .

te tele..:' ; ^ e s j

NUOVI LIBRI 455 ' Off}

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI 458'

PARTE SECONDA

PIETRO SELICATO - Effetti delle direttive comunitarie sulla normativa

tribu-taria italiana 66 FRANCESCO CROVATO - Il trattamento tributario dell'indennità

supplemen-tare per il licenziamento ingiustificato del dirigente 89

SENTENZE ANNOTA TE

Imposta sul valore aggiunto - Sesta direttiva - Enti pubblici - Attività eser-citate in regime di diritto pubblico - Non assoggettabilità.

Imposta sul valore aggiunto - Sesta direttiva - Enti pubblici - Attività eser-citate dagli enti pubblici in regime di diritto pubblico, ma esercitabili anche dai privati - Assoggettabilità.

(4)

ropee, 17 ottobre 1989, nn. 231/87, 129/88) ( con nota di P. SELICATO) I R P E F - Redditi lavoro dipendente - Dirigenti - Indennità supplementare

(5)

RIVISTA

DELLE SOCIETÀ

fondata da Tullio Ascarelli

direttori:

Giuseppe Auletta - Alberto Crespi - Gino de Gennaro - Luigi Mengoni Ariberto Mignoli - Guido Rossi - Bruno Visentini

Dal 1956 ad oggi questa rivista ha ospitato un ampio dibattito sui problemi delle società, contribuendo alla riforma dell'istituto delle società per azioni e approfondendo le problematiche da essa derivanti, con una serie di studi dei più noti cultori della materia.

Ogni fascicolo è inoltre completato da ricche rassegne di legislazione, docu-mentazione, notiziari italiani e stranieri.

Abbonamento per il 1991:

L. 100.000 (estero L. 150.000)

A richiesta e senza impegno si inviano fascicoli in saggio.

76

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MASSIMO P A N E B I A N C O

C O D I C E

DEL

MERCATO COMUNE

Raccolta di provvedimenti italiani di esecuzione del Trattato istitutivo e degli atti della C.E.E.

IL NUOVO CODICE DEL DIRITTO

ITALO-COMUNITARIO EUROPEO

Aggiornato con indici trentennali (1957-1988) e con la legge L A P E R G O L A 9 marzo 1989, n. 86.

Questo " C O D I C E " nato come sussidio didattico per il corso di "diritto delle Comunità europee" nelle Facoltà universitarie, si indirizza ora ad un più vasto pubblico di studiosi e di operatori politici e professionali.

Trent'anni di mercato comune hanno, infatti, visto nascere molte migliaia di provvedi-menti comunitari, che interessano direttamente il nostro Paese e segnano la via per adempiere gli obblighi derivanti dal trattato istitutivo della Comunità economica euro-pea (C.E.E.).

L'opera raggruppa provvedimenti di vario tipo (leggi, decreti, regolamenti, circolari ) riferibili alle materie regolate dal Trattato. La rilevanza comunitaria della disciplina è segnata dall'intitolazione o dal contenuto dei provvedimenti raccolti e classificati. Ne emerge un «corpus» giuridico italiano che è l'immagine di quello comunitario, almeno per alcuni essenziali profili, formalmente autonomo eppure strumentale o complemen-tare rispetto all'altro.

V o i . I: Il trattato C . E . E .

Voi. II: L'esecuzione degli atti della C . E . E .

16°, due tomi rilegati di complessive pp. LVI-1485, L. 50.000

Prima appendice di aggiornamento al 31 dicembre 1974, 16", p. XX-234, L. 8.000

Seconda appendice di aggiornamento al 31 dicembre 1975, 16°, p. XIX-186, L. 8.000

Terza appendice di aggiornamento al 31 gennaio 1979, 16% p. XXVIII-720, L. 22.000

Quarta appendice di aggiornamento 1979-1984, 16°, p. LIV-1120, HI., L. 50.000

Quinta appendice di aggiornamento 1984-1988,

integrata con la legge LA PERGOLA - 9 marzo 1989, n. 86 e con indici trentennali (1957-1988).

16°, p. L-1692, ril., L. 110.000

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CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

Istituto di Studi sulle Regioni

ENRICO BUGLIONE GEORGE FRANCE

LA PROMOZIONE

DELLA FUNZIONALITÀ

NELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE

Il caso del governo locale

Il volume affronta in chiave economica il tema delle strategie che dovrebbero essere adottate per migliorare la funzionalità del governo locale.

Dopo una descrizione del concetto di responsabilità pubblica e delle metodologie di valutazione della funzionalità del processo produttivo pubblico, l'indagine entra nel vivo esaminando soprattutto gli strumenti che possono essere utilizzati per incentivare dall'alto la funzionalità locale.

In primo luogo, il sistema dei trasferimenti generici e vincolati a regioni, comuni e province.

In secondo luogo, il sistema dei controlli esterni, con particolare riguardo al caso dei controlli sulle USL.

Nella parte finale, il volume affronta la tematica della promozione dal basso della funzionalità locale mettendo in luce potenzialità e limiti di strumenti quali l'autonomia finanziaria, l'informazione nei confronti dei cittadini e il ricorso al mercato.

8°, p. XIII-496, L. 46.000

791

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MANUALI DI FORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE PROFESSIONALE

LUIGI PUDDU

LA TESORERIA UNICA

E CENTRALIZZATA

DEGLI ENTI PUBBLICI

Sommario:

La gestione accentrata della tesoreria - Il sistema pubblico

di tesoreria - Il sistema di tesoreria unica dello Stato e

degli altri enti pubblici - Gli enti pubblici non aventi

teso-reria unica e caratterizzati dal vincolo di deposito presso la

tesoreria dello Stato di parte delle proprie disponibilità

liquide - Gli obblighi del tesoriere e le anticipazioni di

tesoreria -1 mandati ed il loro pagamento - Gli ordinativi di

incasso e le quietanze del tesoriere.

8°, p. X-146, L . 15.000

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S A L V A T O R E BUSCEMA

TRATTATO

DI CONTABILITÀ

PUBBLICA

C o n il q u i n t o v o l u m e di i m m i n e n t e d i s t r i b u z i o n e , d e d i c a t o alla contabilità degli enti istituzionali, si c o m p l e t a il Trattato di contabilità pubblica, u n ' o p e r a unica nel s u o g e n e r e c h e tratta nella sua globalità, c o n r i g o r e scientifico n o n d i s g i u n t o d a u n a indispensabile c o n c r e t e z z a , la specifica materia.

Il v o l u m e , c h e s e g u e l ' i m p o s t a z i o n e m e t o d o l o g i c a dell'intera o p e r a , c o n -tiene u n ' a m p i a p r e m e s s a sulla p o s i z i o n e c o n t a b i l e degli enti c o m u n q u e derivati dai tre livelli c o m u n i t a r i (Stato, R e g i o n i , Enti Locali) e si sviluppa c o n l ' e s a m e s p e c i f i c o dei relativi istituti g i u n d i c o - c o n t a b i l i .

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novità

GIUSEPPE GIULIANI

MANUALE DELL'IVA

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La più completa, organica e aggiornata raccolta

coordinata di legislazione, norme amministrative e

giurisprudenza in materia dal 1973 ad oggi

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(11)

E D E I T R A S F E R I M E N T I SUL R E D D I T O DISPONIBILE D E L L E F A M I G L I E IN ITALIA (*)

SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive. — 2. Il processo di formazione del reddito disponibile delle famiglie. — 3. Le principali caratteristiche dell'lr-pef- — 4. L'azione perequativa dell'Irpef. — 5. Stima dell'azione redistri-butiva attuata mediante i trasferimenti alle diverse classi di percettori. — 6. Considerazioni conclusive.—Bibliografia.

1. Considerazioni introduttive.

La distribuzione personale dei redditi, è la risultante di molte-plici fattori della più diversa natura, riconducibili a variabili sia di natura microeconomica che macroeconomica. Un ruolo rilevante è svolto dalla Pubblica Amministrazione che attua un'azione distribu-tiva, o meglio redistributiva mediante trasferimenti positivi e nega-tivi, diretti ed indiretti alle diverse categorie di percettori. In que-sti ultimi anni l'analisi degli effetti redistributivi delle politiche fi-scali e della spesa pubblica è andata arricchendosi di numerosi con-tributi, sia teorici che empirici, anche in relazione all'espansione dell'intervento dello Stato in tutti i paesi industrializzati (1). Nello stesso tempo è andato intensificandosi il dibattito teorico sulla effi-cacia di questi interventi in termini di riduzione della povertà e di redistribuzione del reddito (2).

In Italia, com'è noto, studi su questi problemi sono apparsi so-lamente negli ultimi anni, a causa anche delle difficoltà di reperire dati sufficientemente attendibili sulla distribuzione primaria e

se-(*) Una prima versione di questo lavoro è stata presentata alla « Vili Con-ference of the Confederation of European Economie Association (Ceea) », tenuta a Barcellona il 25-26 maggio 1989.

(1) Pionieristici sono stati gli studi di Musgrave, di Pechman e di Okner cui

si r i m a n d a . S i v e d a : M U S G R A V E , C A R R O L , C O O K , F R A N E ( 1 9 5 1 ) , P E C H M A N e

OKNER (1974). Altri studi noti s o n o quelli di: O'HIGGINS (1980) e TACHIBANAKI

( 1 9 8 1 ) .

( 2 ) In particolare si veda: L I N D B E C K ( 1 9 8 3 ) .

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condaria del reddito (3). Le difficoltà poi aumentano quando si vo-glia arrivare ad una disaggregazione dei flussi relativi alle diverse forme di trasferimento (imposte dirette ed indirette, interessi matu-rati sul debito pubblico, trasferimenti monetari e reali) da e verso specifiche categorie di percettori, distinte a seconda dell'ammonta-re dei rispettivi dell'ammonta-redditi. Per questo tipo di analisi non sono disponi-bili dati pubblicati, ma è necessario rielaborare opportunamente quelli esistenti. E più precisamente è necessario ricostruire separa-tamente la distribuzione primaria dei redditi derivanti dalla parte-cipazione dei singoli individui o famiglie al processo produttivo, nonché quella secondaria del reddito disponibile al lordo ed al netto delle imposte. Partendo da queste diverse distribuzioni risulta pos-sibile quantificare gli effetti perequativi delle imposte dirette ed in particolare dell'Irpef, nonché gli effetti redistributivi dei trasferi-menti monetari alle famiglie.

Il lavoro si articola in tre parti. Nella prima si effettua una breve analisi delle principali caratteristiche dell'Irpef, cosi come è andata configurandosi nel corso del tempo. Se ne valuta anche l'im-portanza con riferimento ai diversi flussi monetari che concorrono a formare il reddito disponibile delle famiglie, e che risultano dalle molteplici politiche d'intervento della Pubblica Amministrazione.

Nella seconda parte si quantifica l'effetto perequativo dell'Ir-pef mediante l'impiego di opportuni indicatori che consentano di confrontare il grado di diseguaglianza prima e dopo l'imposta. Con riferimento all'Irpef sembra corretto adottare il termine « perequa-tivo » invece che « redistribuperequa-tivo » in quanto l'azione della Pubbli-ca Amministrazione si traduce in una diminuzione non proporzio-nale del reddito di tutti i percettori. L'analisi quantitativa è basata sui dati forniti dal Ministero delle Finanze relativi ai redditi lordi e netti ricavati dalle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche (4).

In una terza parte infine, ci si sofferma sul diverso peso dei trasferimenti nelle diverse classi di reddito al fine di quantificarne gli effetti redistributivi. I trasferimenti verso specifici gruppi di percettori, ed in particolare verso le classi più povere finiscono con il rafforzare l'azione dell'Irpef nel ridurre il grado di

diseguaglian-(3) Questa carenza era già stata segnalata nel 1979 da Pedone con partico-lare enfasi. Si veda: PEDONE (1979). Per una rassegna dei principali studisulla di-stribuzione personale dei redditi in Italia si rimanda a: TARGETTI LENTI (1984).

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za nella distribuzione secondaria del reddito rispetto a quello esi-stente nella distribuzione primaria ai fattori di produzione. L'anali-si quantitativa L'anali-si basa sui dati tratti dall'indagine campionaria della Banca d'Italia opportunamente rielaborati per stimare la distribu-zione primaria del reddito (al lordo delle imposte ed al netto dei trasferimenti) (5). La determinazione del vettore della distribuzio-ne primaria del reddito proveniente dai settori produttivi è effet-tuata con una impostazione di equilibrio economico generale par-tendo dalla matrice di contabilità sociale (SAM) costruita per il siste-ma economico italiano per l'anno 1984 (6). Si tenta così di superare uno dei tradizionali limiti delle analisi sugli effetti redistributivi del bilancio pubblico, e cioè la mancanza di un collegamento esplicito tra la distribuzione primaria, quale si determina in relazione alla partecipazione dei singoli percettori all'attività produttiva, e quella secondaria del reddito (7).

2. Il processo di formazione del reddito disponibile delle famiglie. È opportuno, in via preliminare cercare di ricostruire il pro-cesso di formazione del reddito disponibile delle famiglie, isolando il momento della distribuzione primaria ai fattori di produzione da quello della distribuzione secondaria determinata dall'intervento della Pubblica Amministrazione. Quest'azione non è attuata solo mediante trasferimenti monetari, negativi o positivi, bensì anche fornendo beni e servizi in natura nonché servizi collettivi in modo differenziato, in relazione ad indicatori delle specifiche condizioni

(5) Queste indagini costituiscono il primo e per molti anni unico sforzo si-stematico compiuto in Italia per raccogliere dati sulla distribuzione personale dei redditi. Dunque, nonostante i limiti di significatività posti in luce da numerosi au-tori, rappresentano una fonte importante per ricchezza e regolarità d'informazio-ne. Oggetto della rilevazione sono i valori dei diversi tipi di reddito monetario, del risparmio e della ricchezza delle famiglie italiane, pubblicati regolarmente sul Bollettino della Banca d'Italia. Si veda: BANCA D'ITALIA (1983b, 1984, 1985).

(6) Stone ha, per primo, proposto l'impiego di una SAM come base per la costruzione di modelli di crescita. Si veda: CAMBRIDGE UNIVERSITY PRESS (1962-1974). Successivamente, nell'ambito della World Bank, Pyatt ha sviluppato la metodologia SAM per predisporre il piano di sviluppo dello Sri Lanka. In partico-lare si rimanda a: PYATT e ROE (1977). Ed anche, per una rassegna dei principali problemi di natura teorica ed applicata connessi alla costruzione delle SAM si

ri-m a n d a a: PYATT e ROUND (1985).

(7) Per un approfondimento di queste considerazioni si rinvia a: B E R N A R D I

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economiche. L'importanza di queste forme indirette di trasferimen-ti è certamente cresciuta nel tempo in relazione all'espandersi del così detto « welfare state ». Tuttavia non è possibile tenerne conto in questa nostra analisi.

Innanzitutto si può osservare come la quota del reddito distri-buito alle famiglie sia stata in Italia sempre molto elevata e cre-scente nel tempo. Se la si calcola sul reddito nazionale lordo al co-sto dei fattori essa cresce da un valore pari all'86,4% nel 1970 al 90,7% nel 1980, ed all'88,9% nel 1984. Si vedano le tabelle 1 e 2. Questo è il risultato del progressivo aumento della quota di reddito attribuita al lavoro, sia dipendente che indipendente, rispetto a quella attribuita agli altri fattori di produzione.

Se si prende in considerazione il processo di formazione del reddito disponibile delle famiglie, si può osservare come la compo-nente principale del reddito primario sia costituita dai redditi da la-voro dipendente. Questa componente è cresciuta negli anni '60 e '70 per poi stabilizzarsi negli anni '80. Infatti essa è passata dal 62,3% nel 1970 al 68,9% nel 1980, e successivamente si è stabiliz-zata su questo valore. Corrispondentemente si è ridotta la quota dei redditi misti, vale a dire di quelli da lavoro indipendente e da capitale-impresa ovvero del risultato lordo di gestione. Questi red-diti si sono ridotti dal 44,1% nel 1970 al 38,4% nel 1980, fino ad un minimo del 34,5% nel 1983 per crescere lievemente fino al 35,3% nel 1984. Si veda la tabella 2. Sono cresciuti invece i redditi da ca-pitale costituiti dai profitti, interessi e rendite ad indicare la cre-scente propensione delle famiglie ad impiegare il risparmio in titoli di credito, ed in particolare in obbligazioni e titoli di Stato.

La quota degli interessi effettivi netti (comprensivi di quelli sul debito pubblico) è passata dallo 0,5% nel 1970 al 4,8% nel 1980 ed a ben il 7,9% nel 1984. Di questi, sempre nel 1984, ben il 5,7% è costituito da interessi sul debito pubblico (8). Il peso degli interessi sul debito pubblico, del resto, è passato dall'I,8% del prodotto

in-(8) L'ammontare degli interessi sul debito pubblico corrisposti al settore delle famiglie è stato stimato in base alla metodologia proposta da Salvemini, e più precisamente in base all'ipotesi che il valore degli interessi sul debito pubblico distribuiti ai diversi operatori del sistema economico (famiglie, imprese, istituti di credito) si distribuisca tra gli operatori secondo le consistenze possedute. Si veda:

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terno lordo ai prezzi di mercato nel 1970 a ben il 9,6% nel 1984. Si veda la tabella 6. Ciò non è altro che il riflesso di politiche di esen-zioni fiscali, di innovazione degli strumenti finanziari e di corre-sponsione di elevati tassi d'interesse, sistematicamente perseguite dalla Pubblica Amministrazione per facilitare il collocamento dei ti-toli di Stato presso il settore delle famiglie in cui tradizionalmente si forma il risparmio (9).

Un'analisi dell'azione redistributiva della Pubblica Ammini-strazione richiede di tener conto, come già osservato, del peso dei trasferimenti da e verso il settore delle famiglie, nonché delle im-poste dirette ed indirette. Si può osservare che nel 1970 i trasferi-menti positivi a favore delle famiglie ammontavano al 17,9% del loro reddito disponibile ed erano saliti al 21,6% nel 1980, ed a ben il 26,2% nel 1984. Si veda la tabella 2. Questi dati starebbero ad in-dicare il progressivo impegno del settore pubblico nel sostenere il livello del reddito familiare. Corrispondentemente è cresciuta an-che la quota dei trasferimenti negativi costituiti essenzialmente dal-le imposte dirette e dai contributi sociali. In particolare è cresciuta l'importanza delle imposte dirette rispetto al reddito disponibile, passando dal 5,4% nel 1970 a ben il 12,0% nel 1980 ed al 15,7% nel 1984. Di queste ultime il 10,9% è costituito dall'Irpef. Si veda tabella 2.

Poche altre cifre sono sufficienti per illustrare il fenomeno del peso crescente delle imposte dirette rispetto a quelle indirette. Ba-sti osservare i dati contenuti nella tabella 3 che riporta i rapporti tra le entrate e le uscite complessive della Pubblica Amministrazio-ne. Tra le entrate la crescita più consistente è stata quella delle im-poste dirette, il cui peso sulle entrate complessive è passato dal 17,5% nel 1970 a ben il 29,1% nel 1980 per assestarsi su valori su-periori al 33,0% a partire dal 1982. In particolare la dinamica del-l'Irpef può essere considerata del tutto eccezionale. Basti pensare che il suo peso sulle entrate complessive della Pubblica Ammini-strazione è passato dal 10,12% nel 1975 al 23,31% nel 1984. Il suo gettito rapportato al Pil è cresciuto dal 3,2% nel 1974 all'8,8% nel

(9) La forte crescita nominale dei tassi d'interesse fino a metà degli anni '70 era giustificata dall'elevato grado di inflazione che finiva comunque con il de-terminare tassi d'interesse reali negativi. A partire dagli inizi degli anni '80 invece 1 andamento dei tassi reali sui titoli del debito pubblico risultano positivi. Si veda:

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1984, più che raddoppiando nel giro d'un decennio. Si veda la ta-bella 4. Questa dinamica è in gran parte attribuibile alla combina-zione tra un'elevata progressività ed un processo inflazionistico che, come si mostrerà, ha contribuito non solo ad accrescere il get-tito, ma anche a rafforzare progressivamente l'azione perequativa dell'Irpef (10).

Tabella 3. - Conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche (com-posizione percentuale sul totale delle entrate).

Entrate Imposte dirette di cui Irpef Imposte indir. Contrib. soc. efT. Altre voci Totale entrate correnti Entrate in conto capitale Totale entrate 1970 17,5 35,8 34,2 10,9 98,4 1,6 100,0 1975 21.0 10,12 27,5 49,8 10,0 99,3 0,7 100,0 1980 29,1 17,95 26,3 33,7 10,2 99,4 0,6 100,0 1981 32,1 19,73 24,4 32,7 10,3 99,5 0,5 100.0 1982 33,2 19,49 23,8 33,1 9,3 99,4 0,6 100,0 1983 33,9 19,62 24,6 31,8 9,0 99,3 0,7 100,0 1984 33,8 23,31 24,8 31,1 9,4 99,1 0,9 100,0 1985 34,2 20,98 24,2 31,0 9,8 99,2 0,8 100,0

Fonte: Nostre elaborazioni sui dati Istat. Si veda Istat (1987).

Tabella 4. - Conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche (valori percentuali sul Pil a prezzi di mercato).

Entrate Imposte

dirette di cui Irpef

Imposte indir. Contrib. soc. efT. Altre voci Totale entrate correnti Entrate in conto capitale Totale entrate Pres-sione fiscale 1970 5,4 11,2 10,7 3,4 30,7 0,5 30,7 27,3 1975 6,7 3,2 8,7 12,9 3,2 31,5 0,2 31,7 28,4 1980 11,2 6,9 10.1 12,9 3,9 38,1 0,2 38,3 34,1 1981 12,8 7,8 9,7 13,0 4,1 39,6 0,2 39,8 35,5 1982 14,1 8,3 10,1 14,1 3,9 42,2 0,3 42,5 38,3 1983 15,5 8.9 11,2 14,5 4,1 45,3 0,3 45,6 41,2 1984 15,2 8,8 11,1 14,0 4,2 44,5 0,4 44,9 40,3 1985 15,3 9,4 10,8 13,9 4,4 44,4 0,4 44,8 40.0

Fonte: Nostre elaborazioni sui dati Istat. Si veda Istat (1987).

( 1 0 ) S i v e d a : B O T T I R O L I C I V A R D I , P E R U G I N I e T A R G E T T I L E N T I ( 1 9 8 4 ) ,

(19)

Anche se il peso delle imposte indirette sul totale delle entrate è stato notevolmente ridimensionato, tuttavia si mantiene sempre abbastanza rilevante con una quota pari a ben il 24,8% nel 1984 ri-spetto ad un 35,8% nel 1970. Tra le uscite si è registrata una forte crescita delle prestazioni sociali costituite prevalentemente da tra-sferimenti diretti alle famiglie. La loro quota sul prodotto interno lordo (tabella 6) è passata dal 12,4% nel 1970 al 15,8% nel 1980 ed al 19,4% nel 1984. Come si vede profonde sono state le modifica-zioni nell'azione redistributiva della Pubblica Amministrazione in seguito alla riforma tributaria del 1973. La pressione fiscale misu-rata dal rapport'ó tra entrate fiscali e prodotto interno lordo è siste-maticamente cresciuta, passando dal 27,3% nel 1970 al 40,3% nel

1984, con una forte asimmetria a favore delle imposte dirette. Que-ste ultime sono passate dal 5,4% nel 1970 a ben il 15,2% del pro-dotto interno lordo nel 1984 (tabella 4). Questa tendenza dovrebbe avere comportato una più incisiva azione redistributiva. Su questo punto ci si soffermerà nella seconda parte della nostra analisi.

Tabella 5. - Conto economico consolidato delle Amministrazioni posizione percentuale sul totale delle uscite).

Interessi passivi Prestaz. sociali Contrib. alla produz. Altre voci Totale uscite correnti Uscite in conto capitale Totale uscite 1970 5,1 35,6 4,3 42,0 87,0 13,0 100,0 1975 9,2 36,0 5,1 37,9 88,2 11,8 100,0 1980 13,5 34,0 5,1 36,9 89,5 10,5 100,0 1981 14,0 34,3 4,9 36,6 89,8 10,2 100,0 1982 15,4 33,9 5,5 35,0 89,8 10,2 100,0 1983 15,7 34,7 4,4 35,0 89,8 10,2 100,0 1984 16,5 33,6 4,6 34,9 89,6 10,4 100,0 1985 15,9 33,2 4,6 34,5 88,2 11,8 100,0

(20)

Tabella 6. - Conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche (valori percentuali sul Pil a prezzi di mercato).

Uscite Interessi

passivi Prestaz. sociali

Contrib. alla produz. Altre voci Totale uscite correnti Uscite in conto capitale Totale uscite 1970 1,8 12,4 1,5 14,5 30,2 4,5 34,7 1975 4,0 15,6 2,2 16,5 38,3 5,1 43,4 1980 6,2 15,8 2,3 17,2 41,5 4,8 46,3 1981 7,3 17,7 2,5 18,9 46,4 5,2 51,6 1982 8,5 18,7 3,0 19,3 49,5 5,6 55,1 1983 9,0 19,9 2,5 20,0 51,4 5,9 57,3 1984 9,6 19,4 2,7 20,2 51,9 6,0 57,9 1985 9,4 19,5 2,7 20,3 51,9 6,9 58,8

Fonte: Nostre elaborazioni sui dati Istat. Si veda Istat (1987).

3. Le principali caratteristiche dell'Irpef.

Prima di quantificare gli effetti sul processo di formazione e di-stribuzione del reddito disponibile delle famiglie derivante dall'a-zione impositiva e della spesa per trasferimenti della Pubblica Am-ministrazione è opportuno, sia pure molto sinteticamente, delineare le principali caratteristiche del sistema tributario italiano. Questo sistema fondato sulla cosiddetta legge delega del 1971, si ispira a quei principi fondamentali che sono alla base d'ogni sistema tribu-tario moderno (11). Innanzitutto è stato accolto il principio della progressività da realizzarsi con un sistema tributario costituito da un numero limitato di imposte tra le quali ha assunto particolare ri-levanza l'imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef). L'Irpef è un'imposta progressiva la cui base imponibile dovrebbe essere co-stituita da tutti i redditi percepiti dalle unità contributive nel corso dell'anno. Si fa riferimento, dunque, ad un concetto di reddito en-trata molto vicino a quello ipotizzato da Simons fin dalla fine degli anni trenta (12).

(11) La legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, è divenuta effettivamente ope-rante dal 1974, in seguito ad alcuni decreti di applicazione emanati nel corso del 1972 e del 1973.

(21)

Insieme all'Irpef l'introduzione di una imposta sul valore ag-giunto (Iva) è stata considerata la principale innovazione della ri-forma del 1971. Sotto il profdo economico si tratta di un'imposta generale sui consumi, che viene applicata in tutte le fasi del proces-so produttivo (13). L'imposta sul reddito delle perproces-sone giuridiche (Irpeg), l'imposta locale sui redditi diversi dai redditi di lavoro (Ilor), nonché l'imposta sostitutiva sono gli altri tributi che costitui-scono l'ossatura del sistema tributario italiano. L'elevato grado di concentrazione a favore di poche imposte, che caratterizza il nostro sistema tributario, finisce con l'accrescerne il grado di rigidità.

Un'imposta personale progressiva sui redditi è tradizionalmen-te considerata lo strumento più idoneo a raggiungere una più equa distribuzione dei redditi disponibili. Sono note in letteratura le mo-tivazioni teoriche a favore di questa tesi. Questo tipo di imposta in-fatti dovrebbe consentire di ricostruire le posizioni economiche complessive di tutti i contribuenti, e dunque di tassare in modo eguale percettori che si trovino in una uguale situazione (equità orizzontale). Dal punto di vista teorico il concetto di « uguale situa-zione » di partenza non è privo di ambiguità, dal momento che oc-correrebbe far riferimento alle relazioni che intercorrono tra reddi-to e benessere. In realtà poi si assume la capacità contributiva con-nessa ai diversi livelli di reddito come un buon indicatore delle si-tuazioni di partenza. Attraverso la progressività poi le differenti posizioni contributive dovrebbero essere perequate, e dunque do-vrebbe corrispondere un diverso carico tributario per redditi di di-verso ammontare (equità verticale).

L'azione perequativa dell'Irpef dipende da vari elementi in re-lazione alla natura della base imponibile ed alla struttura dell'impo-sizione. L'azione perequativa può essere di fatto limitata per varie ragioni, su cui vale la pena di soffermarsi. Innanzitutto è opportuno prendere in considerazione l'estensione della base imponibile effet-tiva che può risultare ridotta rispetto a quella potenziale a causa dell'erosione, dell'elusione nonché dell'evasione. Il legislatore fi-scale, nel passaggio dal momento teorico a quello normativo, può

fonte ». E più precisamente i redditi fondiari, da lavoro, da capitale, da impresa e redditi diversi come quelli derivanti da incrementi patrimoniali se realizzati con fini speculativi. Sul concetto di reddito entrata si veda: SIMONS (1938).

(22)

essere indotto ad includere nella base imponibile solo alcuni tipi di reddito e ad escluderne invece altri. Sta di fatto che, in questo ca-so, non solo ci si allontana dal già ricordato concetto di reddito en-trata, ma con l'erosione si riduce notevolmente la base imponibile effettiva. Senza voler qui analizzare le motivazioni di questa scelta, basti sottolineare che essa si giustifica per la necessità di contempe-rare obiettivi molteplici, ed in parte contraddittori, rispetto a quello dell'azione perequativa (14).

Vi sono poi tipi di reddito, come quelli dominicali e agrari e da fabbricati, che risultano sistematicamente sottostimati in quanto determinati sulla base di valori catastali. Alcuni cespiti poi, posso-no addirittura evadere legalmente l'imposta a causa del ritardo che caratterizza le intestazioni catastali. Questo non è che uno dei nu-merosi esempi delle difficoltà incontrate nella realizzazione degli obiettivi desiderati a causa dell'inadeguatezza dell'apparato ammi-nistrativo. Una riforma dell'apparato burocratico avrebbe dovuto costituire la premessa indispensabile per una corretta applicazione del nuovo sistema tributario (15). Non si deve trascurare il fatto che molti dei cespiti esclusi o sottostimati nell'imponibile Irpef sono colpiti da altri tipi di imposta la cui importanza è andata crescendo nel tempo, sia per esigenze di gettito, che per compensare almeno in parte la loro esclusione dall 'Irpef (16). M a si deve pure sottoli-neare che proprio l'esistenza di regimi sostitutivi non solo finisce con il ridurre il carico fiscale sui cespiti che si vogliono privilegiare, ma si traduce in uno sgravio, talora consistente per tutti gli altri redditi soggetti al regime Irpef, a causa d'una sottostima dell'impo-nibile totale, contravvenendo, almeno in parte al principio della « equità verticale ». Nello stesso tempo l'Ilor introdotta al fine di realizzare la discriminazione qualitativa dei redditi, invece che es-sere un'imposta sul patrimonio, è diventata semplicemente un'im-posta sui redditi diversi da quelli di lavoro.

Il secondo aspetto della base imponibile su cui vale la pena di soffermarsi concerne il grado di rispondenza del reddito dichiarato rispetto a quello effettivamente percepito. E noto, a questo

propo-(14) Si veda: V i s c o (1986), BERNARDI (1989a) e TUTINO (1990). (15) Si veda: Bosi (1986).

(23)

sito che esiste una discriminazione tra redditi da lavoro dipendente ed altri redditi, in connessione alle diverse forme d'accertamen-to (17). In realtà dunque l'azione perequativa dell'Irpef risulta ri-dotta, in quanto la progressività si applica ad una base imponibile assai ristretta. Il fenomeno è destinato addirittura ad aggravarsi a causa delle modificazioni in atto nel mercato del lavoro, con una probabile futura riduzione dell'occupazione dipendente ed una cre-scita invece di quella indipendente (18).

Sono sufficienti alcuni dati molto aggregati per rendersi conto dell'importanza dell'erosione nonché dell'evasione, il cui grado è differenziato in relazione alle diverse categorie di reddito. Sembra, tuttavia, che il grado di evasione sia andato riducendosi nel tempo, grazie ad un miglior accertamento dei redditi diversi da quelli da lavoro dipendente e da pensione. L'imponibile complessivo, dichia-rato ai fini Irpef, come quota del reddito nazionale netto al costo dei fattori è passato dal 56% nel 1977 al 65% nel 1984 (19). Corri-spondentemente si è modificata la composizione dell'imponibile, sebbene i redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentino sempre la quota più consistente pari a circa il 75%. Questa cifra appare comunque ancora troppo elevata, soprattutto se la si con-fronta con quella di contabilità nazionale che presenta valori oscil-lanti attorno al 69%.

L e aliquote medie e marginali, nonché gli altri elementi, come il sistema dei minimi imponibili, delle esenzioni per carichi familia-ri, delle detrazioni e degli oneri deducibili finiscono con il determi-nare l'effettiva progressività dell'imposta. E necessario dunque analizzare le principali caratteristiche dell'Irpef, così come sono andate determinandosi nel corso del tempo in seguito anche alle parziali modifiche della normativa. La struttura dell'Irpef,

sostan-(17) In linea generale i redditi da lavoro dipendente sono, o dovrebbero essere, accertati nella loro totalità, in quanto tassati alla fonte, e quindi soggetti alla duplice dichiarazione da parte del percettore, ma anche da parte del datore di lavoro. I redditi misti, invece così come quelli da lavoro autonomo, possono nella gran parte dei casi risultare sottostimati in relazione agli stessi procedimenti di calcolo con cui sono determinati. In particolare in relazione alla sovradichiara-zione di alcuni costi, in gran parte fittizi, ed alla sottostima di alcuni ricavi.

(18) La riforma tributaria era stata disegnata anche tenendo conto di una probabile espansione dell'occupazione dipendente in industrie di grandi dimensio-ni. In realtà, invece si è sviluppato « un tessuto di piccole e medie industrie (ge-stite anche in forma cooperativa) ». Si veda: CAVAZZUTI (1988).

(24)

zialmente invariata fino al 1982, era caratterizzata da un numero elevato di scaglioni e da una aliquota media iniziale relativamente bassa, nonché da un forte grado di progressività accentuato dall'e-sistenza di minimi imponibili e di detrazioni fisse dall'imposta in corrispondenza ai redditi più bassi. La riforma del 1974 aveva in-trodotto il sistema delle detrazioni dall'imposta lorda, modificando il precedente sistema di deduzioni dal reddito imponibile ed accre-scendo per tale via la progressività dell'Irpef.

A partire dal 1983, tuttavia, sono state introdotte in varie ri-prese modifiche volte a ridurre il numero degli scaglioni ed aumen-tare l'aliquota minima. Il maggior onere derivante ai redditi più bassi da questa manovra è stato compensato con un ulteriore au-mento delle detrazioni, da quel moau-mento non più di importo fisso, bensì negativamente correlate al livello di reddito. Questa misura, del resto, era sembrata l'unico correttivo in grado di contrastare gli effetti del fiscal drag che, a causa dei persistenti fenomeni inflazio-nistici, aveva finito con il determinare un maggior carico tributario sulle classi di reddito più basse, caratterizzate da redditi che si era-no rivalutati, ma solo in termini monetari.

Con la successiva riforma del 1986, invece, si è attuata una semplificazione delle detrazioni d'imposta il cui ammontare è tor-nato ad essere indipendente dal livello di reddito. Si sono tuttavia accresciute le detrazioni per carichi familiari, nonché quelle per le spese di produzione del reddito a favore del solo lavoro dipenden-te. II numero degli scaglioni di reddito è rimasto immutato, ma ne sono stati modificati i limiti. L'obiettivo dichiarato è stato quello di ridurre il carico dell'imposta, e questo soprattutto a favore dei la-voratori dipendenti.

È opportuno osservare poi che la manovra delle detrazioni è stata a più riprese impiegata anche per altri due scopi. Innanzitut-to, essendo l'ammontare delle detrazioni proporzionato ai carichi familiari, si è cercato per questa via di ridurre la discriminazione fiscale a sfavore delle famiglie monoreddito, che erano rimaste svantaggiate dalla abolizione del cumulo dei redditi nel 1977 (20). In secondo luogo, essendo generalmente più elevate le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente, sono state utilizzate per com-pensare, almeno parzialmente, la già ricordata discriminazione che

(25)

esiste nei confronti dei redditi da lavoro dipendente in sede di de-terminazione della base imponibile.

Anche il sistema dei minimi imponibili è stato parzialmente im-piegato a questo scopo, tanto è vero che per i lavoratori dipendenti la soglia del minimo imponibile è andata adeguandosi nel tempo ai livelli d'inflazione, mentre la quota di reddito esente per gli autono-mi è stata per lunghi periodi sostanzialmente invariata. E questo « senza considerare che così facendo si aggiungono distorsioni a di-storsioni, invece di sanare le disparità di reddito esistenti » (21).

Anche i recenti provvedimenti, oggetto dell'accordo del marzo 1989, sembrano essere andati in questa stessa direzione. Si tratta di provvedimenti che tendono innanzitutto ad accrescere le entrate fi-scali, mediante una riduzione dell'elusione, e concedendo un con-dono per i debiti d'imposta pregressi ai lavoratori autonomi. Sono previste pure misure di aggravio dell'Iva, per compensare la ridu-zione della progressività, ed un allentamento della pressione fiscale sui lavoratori dipendenti (22). Sembra dunque che, ancora una vol-ta, si sia privilegiato l'obiettivo di gettito rispetto agli altri. Obietti-vo che, come già osservato, in Italia è divenuto così stringente da tradursi in un vero e proprio vincolo per la politica fiscale.

Infine, con la legge entrata in vigore all'inizio di quest'anno è stato introdotto un sistema di indicizzazione che comporta sia l'ade-guamento automatico dell'ammontare delle detrazioni, sia un allar-gamento degli scaglioni di reddito (23). Si è voluto in questo modo eliminare gli effetti del fiscal drag in modo sistematico, e non più casuale come era avvenuto nel corso degli anni Ottanta. Questo provvedimento, finirà probabilmente con il rendere ancora più stringente il vincolo di gettito.

(21) Si veda: V i s c o (1984), p. 16.

(22) Questi provvedimenti introducono una ulteriore riduzione del numero degli scaglioni da 9 a 7, una diminuzione dell'aliquota massima dal 62% al 50%, nonché un abbassamento dell'intera curva delle aliquote. E previsto pure un ulte-riore aumento delle detrazioni per il coniuge a carico, nonché per le spese soste-nute per la produzione del reddito da lavoro dipendente.

(26)

Non si può fare a meno di sottolineare poi che l'azione pere-quativa finale deriva anche da un altro tipo di agevolazione, come gli oneri deducibili. Questa voce comprende determinate spese so-stenute per il pagamento d'interessi, mutui, premi d'assicurazione, pagamento dell'imposta locale sui redditi (Ilor) e così via. Per la lo-ro natura essi tendono a concentrarsi nelle classi di reddito più ele-vate, così da attenuare la progressività dell'imposta per queste stesse classi (24).

Sembra dunque che ci si stia progressivamente allontanando dal disegno iniziale ispirato al concetto di equità verticale, senza peraltro introdurre radicali modifiche che consentirebbero un allar-gamento della base imponibile. E ciò nonostante da più parti si sia-no avanzate proposte per rendere la base imponibile veramente « comprehensive » di tutti i tipi di reddito. Secondo alcuni studiosi poi questi stessi redditi potrebbero essere assoggettati ad una unica imposta con aliquote tendenzialmente proporzionali. La progressi-vità in questo caso non sarebbe più affidata alla sola Irpef, bensì dovrebbe essere ricercata nell'ambito dell'intero sistema tributario.

È fin troppo evidente a questo punto che il vero problema è da ricercarsi in una base imponibile effettiva troppo ristretta così che l'azione perequativa è limitata all'interno di alcune categorie di redditieri. Va ricordato, tuttavia, che quale che sia l'attendibilità dei dati fiscali, è ad essi e non ad altri che il legislatore fiscale deve pur far riferimento nelle proprie scelte in tema di politica perequa-tiva, e da questo punto di vista è sembrato non inutile il tentativo di quantificare il grado di perequazione « voluta » dallo stesso legisla-tore.

4. L'azione perequativa dell'Irpef.

L'azione perequativa dell'Irpef può essere quantificata me-diante specifici indicatori che consentono di ricondurre la riduzione della diseguaglianza nella distribuzione dei redditi al netto dell'im-posta alle caratteristiche della struttura impositiva, ed in particola-re al suo grado di progparticola-ressività effettiva, nonché al valoparticola-re

(27)

quota media. In un sistema tributario come quello italiano caratte-rizzato da un complesso sistema di detrazioni, deduzioni, e di mini-mi imponibili la progressività effettiva può discostarsi anche sensi-bilmente da quella teorica, dipendente dalle sole aliquote margina-li. Uno degli indici più noti in letteratura è quello proposto da Mu-sgrave e Thin, costituito dalla differenza tra gli indici di concentra-zione di Gini calcolati rispettivamente sulla distribuconcentra-zione dei reddi-ti al lordo ed al netto dell'imposta. La caratterisreddi-tica più interessan-te di questo indice, come ha mostrato Kakwani, è costituita dalla possibilità di scomporre l'effetto redistributivo complessivo in due componenti (25). Una prima componente dipendente dal grado di progressività, ed una seconda dal valore dell'aliquota media.

Generalmente si ritiene che l'azione perequativa sia tanto più forte quanto più ripida è la scala delle aliquote che caratterizzano la progressività dell'imposta, e si abbia progressività quando le ali-quote marginali sono crescenti al crescere del reddito imponibile. In realtà, si può dimostrare che condizione necessaria e sufficiente affinché un'imposta sia progressiva è che l'aliquota media globale sia funzione crescente del reddito. Questo significa che per alcuni intervalli di reddito lordo le aliquote marginali possono anche non essere crescenti, pur mantenendosi di natura progressiva, rispetto alle variazioni delle aliquote medie, il sistema impositivo.

Una misura della progressività deve dunque soddisfare due condizioni. Intanto, essere caratterizzata da un'aliquota media glo-bale crescente al crescere del reddito, e poi non subire modificazio-ni in seguito a variaziomodificazio-ni proporzionali del carico dei singoli contri-buenti. Inoltre, si richiede che questa misura sia in grado di rap-presentare la progressività dell'intera distribuzione dei redditi e non solo di quella accertata in alcuni intervalli della distribuzione.

Un indice in grado di soddisfare le caratteristiche appena enunciate è quello elaborato da Kakwani. Esso è costruito partendo dalla seguente espressione di progressività globale:

P = C - G,

dove C è l'indice di Gini calcolato sulla distribuzione delle imposte, e G è l'indice di Gini calcolato sulla distribuzione dei redditi al

(28)

do dell'imposta (26). Si assume dunque, come indicatore della pro-gressività globale la differenza tra le aree sottese alle curve di Lo-renz relative rispettivamente alla distribuzione dell'imposta ed a quella del reddito lordo. Si può infatti dimostrare che, per ogni li-vello di reddito, la distanza verticale tra le due curve di Lorenz è determinata dall'elasticità delle aliquote rispetto al reddito. E più precisamente, la differenza tra le due curve risulta tanto maggiore (o minore) quanto maggiore (o minore) è l'elasticità delle aliquote rispetto al reddito. Pertanto, l'indice di progressività globale P as-sume valore zero in caso di imposta proporzionale (e cioè ad elasti-cità unitaria per tutti i redditi), valore positivo quando il sistema è progressivo (ad elasticità maggiore di uno per tutti i redditi), ed in-fine valore negativo se il sistema è regressivo (ad elasticità minore di uno per tutti i redditi).

Il calcolo di P consente, dunque, di quantificare il grado di progressività effettiva, e cioè quella che in concreto si realizza in relazione ad ogni data distribuzione dei redditi al lordo dell'impo-sta. Sulla base di queste considerazioni, grazie ad alcuni passaggi analitici, è possibile arrivare ad un indice sintetico che esprime la diseguaglianza nella distribuzione del reddito netto Gn come

dipen-dente dai tre seguenti fattori: dalla diseguaglianza esistente nella distribuzione dei redditi lordi misurata da G, dall'aliquota media complessiva TM (calcolata come rapporto tra l'imposta media ed il reddito medio lordo) e dall'indice di progressività P (27). Questo in-dice può dunque essere espresso come:

TM TM G„ = G - P ovvero G-Gn = P [1] 1 -TM 1 -TM G—Gn TM 1 ed anche: R = = P [2] G 1 -TM G

Come risulta dalla relazione [2] l'effetto perequativo globale

R, pari alla riduzione percentuale del grado di concentrazione nella

(26) Com'è noto l'indice di Gini è una misura relativa della diseguaglianza. Esso assume valore zero nel caso di massima eguaglianza, valore pari ad uno nel caso di massima concentrazione. Per un'analisi sul significato e le caratteristiche dei principali indici impiegati per misurare il grado di diseguaglianza nella

distri-b u z i o n e d e i redditi si r i m a n d a a: TARGETTI LENTI (1984).

(27) Per la derivazione analitica di questo indice si rimanda a: BOTTIROLI

(29)

distribuzione dei redditi G, sarà tanto più rilevante, quanto più ele-vata è la progressività e/o l'incidenza dell'imposta che dipende dal valore dell'aliquota media globale, e quanto minore è il grado di di-seguaglianza iniziale misurato da G. Come si può notare il concetto di redistribuzione non solo deve essere tenuto ben distinto da quel-lo di progressività, ma è ad esso soquel-lo parzialmente correlato. Infatti si possono verificare dei casi in cui, a progressività invariata, l'ef-fetto perequativo diventa più sensibile a causa d'una crescita del-l'aliquota media e/o a causa d'una riduzione nel grado di concentra-zione dei redditi lordi. Sarebbe dunque possibile, entro certi limiti, innescare un processo redistributivo a favore dei redditi più bassi senza modificare il grado di progressività P. E cioè senza andare incon-tro a quegli effetti distorsivi e disincentivanti che sono generalmente attribuiti ai sistemi caratterizzati da una elevata progressività (28).

Un primo giudizio sintetico sugli effetti perequativi dell'Irpef, può essere desunto dal confronto tra gli indici di concentrazione G

e Gn nel periodo che va dal 1977 al 1984, calcolati sulla

distribuzio-ne dei redditi individuali complessivi dichiarati a fini fiscali (29). L'indice di concentrazione calcolato sui redditi lordi è rimasto so-stanzialmente invariato intorno ad un valore di 0,38, mentre l'indi-ce calcolato sulla distribuzione dei redditi netti ha mostrato oscilla-zioni molto contenute intorno ad un valore di 0,35, con una caduta a 0,34 nel 1984. Si veda la tabella 7 (30). L'indice che misura l'ef-fetto perequativo globale R è sempre aumentato da un valore di 7,7% nel 1977, all'8,4% nel 1979, a valori oscillanti attorno al 10,0% sia nel 1983 che nel 1984, ad indicare un progressivo raffor-zamento dell'azione perequativa dell'Irpef. E ciò nonostante l'indice di progressività P sia risultato fino al 1983 monotonicamente decrescente.

(28) Si veda per analoghe considerazioni: Bosi e GUERRA (1989).

(29) Per il periodo compreso tra il 1977 ed il 1983 si riportano i risultati d'una

p r e c e d e n t e r i c e r c a . S i v e d a : B O T T I R O L I C I V A R D I , P E R U G I N I e T A R G E T T I L E N T I ( 1 9 8 4 ) .

(30) Il calcolo del rapporto di concentrazione del Gini è stato effettuato in base alla seguente formula di approssimazione trapezoidale dell'area di concentrazione:

2 f ( M i - , + Mi)

n 100 2 f

j—1

(30)

Tabella 7. - Componenti degli effetti perequativi dell'Irpef a Gn C P = C - G TM G - C „ ft=(G-G„)/G Redditi individuali 1977 (a) .379 .350 .646 .267 .098 .029 .077 1978 (a) .379 .351 .609 .230 .109 .028 .074 1979 (a) .383 .351 .599 .216 .127 v .032 .084 1983 (a) .383 .343 .557 .173 .187 .040 .102 1984 ( b ) .382 .344 .566 .184 .177 .038 .099 1980 (c) .444 .399 .656 .212 .174 .045 .101 1983 (c) .428 .382 .630 .202 .184 .046 .107 1986 (c) .443 .398 .638 .195 .186 .045 .102 1983 (d) .366 .321 .581 .215 .173 .045 .123 1984 (e) .404 .394 .473 .069 .126 .010 .025 1987 (f) .394 .348 .719 .325 .119 .046 .117 1988 ( f ) .394 .344 .711 .317 .124 .050 .127 1990 (g) .400 .351 .757 .357 .120 .049 .122 1990 <g') .400 .351 .735 .335 .127 .049 .122 1984 ( h ) .402 .359 .609 .207 .170 .043 .107 Redditi familiari 1984 (i) .305 .283 .441 .136 .120 .022 .072

Fonie: I dati sub (a), (b) e (c) sono tratti da: Ministero delle Finanze (1980, 1981, 1982, 1983a, 1983b, 1988). Tutti gli altri sono tratti da: Banca d'Italia (1985). I dati sono tratti e parzialmente ricalcolati dai seguenti lavori: (a)

BOTTIROLI C I V A R D I . P E R U G I N I e T A R G E T T I L E N T I ( 1 9 8 4 ) ; (E) S A R T O R ( 1 9 8 6 ) ; ( d ) G R E S

-SANI ( 1 9 8 7 ) ; (e) LUGARESI (1986); (F) LUGARESI ( 1 9 8 8 ) ; (g) LUGARESI (1990) c o n

in-dicizzazione; (g') LUGARESI (1990) senza inin-dicizzazione; (h) CHIAPPERÒ (1989); (i)

B O T T I R O L I C I V A R D I , C H I A P P E R Ò , T A R G E T T I L E N T I ( 1 9 9 0 ) .

In questo periodo dunque il rafforzamento dell'azione pere-quativa è da imputarsi interamente all'aumento dell'aliquota media globale. L'indice di progressività P è passato da un valore pari a 0,267 nel 1977 ed a 0,216 nel 1979, a 0,173 nel 1983 ed è risalito al-lo 0,184 nel 1984. L'andamento di P è dovuto essenzialmente alla diminuzione del grado di concentrazione dell'imposta netta. Il rap-porto di concentrazione C relativo all'imposta è infatti passato da un valore pari a 0,646 nel 1977, a 0,599 nel 1979, a 0,557 nel 1983 ed a 0,566 nel 1984. Dunque C è quasi sempre diminuito in contra-sto con quanto è avvenuto per l'indice di concentrazione G, e ciò ha influito su P che misura appunto la differenza tra i due rapporti.

(31)

le modificazioni dell'incidenza dell'imposta sono da imputarsi pre-valentemente al processo inflazionistico in atto. Difatti, se si gon-fiano i redditi e si svalutano di fatto le detrazioni, il carico tributa-rio, solo per questo motivo tende a spostarsi sugli scaglioni più bas-si, nei confronti dei quali, data una certa struttura dell'Irpef, l'in-cremento delle aliquote è più rapido. D'altra parte la caduta della progressività è stata parzialmente compensata dall'aumento dell'a-liquota media globale così che l'efficacia perequativa dell'Irpef è aumentata (31). Nel 1984, invece, la riduzione del numero degli scaglioni e la crescita dell'aliquota minima si è tradotta in un lieve aumento della concentrazione dell'imposta e dunque della progres-sività. La caduta dell'aliquota media è stata così lievemente contra-stata ed il valore dell'indice R è rimasto praticamente invariato ri-spetto all'anno precedente.

L'effetto perequativo potrebbe apparire inferiore a quanto ci si poteva attendere in base alla progressività teorica dell'Irpef (32). E bene sottolineare, tuttavia, che questo fenomeno può essere giusti-ficato non appena si tengano presenti alcune caratteristiche dei dati a base dei nostri calcoli. Innanzitutto la base imponibile sovrarappre-senta i redditi da lavoro dipendente, ed è dunque caratterizzata da va-lori dei redditi medi per decile inferiori alla media (33). Ciò si è inevita-bilmente riflesso in valori delle aliquote medie particolarmente bassi. Non bisogna dimenticare poi che Gn è calcolato in base ad una

distribuzione dei redditi netti caratterizzata da classi d'ampiezza del reddito rimaste immutate rispetto a quelle dei redditi lordi. In realtà l'ordinamento dei redditi netti, successivo al pagamento del-l'imposta, potrebbe differire in misura più o meno rilevante da

( 3 1 ) P e r a n a l o g h e c o n s i d e r a z i o n i si r i m a n d a a: BOTTIROLI CIVARDI,

PERU-G I N I e T A R PERU-G E T T I L E N T I ( 1 9 8 4 ) , L U PERU-G A R E S I ( 1 9 9 0 a ) .

(32) L'evidenza empirica riportata da Kakwani mostra che quest'azione è sostanzialmente in linea con quella d'altri paesi come gli Usa e la Gran Bretagna. Questi confronti, tuttavia, devono essere effettuati con grande cautela a causa delle difformità esistenti sia per quanto concerne la natura della base imponibile, che la struttura dei sistemi considerati. Si veda: KAKWANI (1980). Per un appro-fondimento degli effetti redistributivi nel Regno Unito si rimanda a: DILNOT e

M O R R I S ( 1 9 8 3 ) .

(33) E fin troppo noto che in Italia non sono disponibili dati sulla distribu-zione personale dei redditi pienamente attendibili, tali da costituire un termine di riferimento per quella dichiarata a fini fiscali. Qualche ragionevole indicazione può, tuttavia, essere tratta dalle indagini della Banca d'Italia. Da tale indagine, dunque, risultano valori dei redditi individuali complessivi per decile costante-mente più elevati dei corrispondenti valori di fonte fiscale. Per un

(32)

quello dei redditi lordi. Il rapporto di concentrazione corrisponden-te potrebbe allora risultare in realtà inferiore al G„ da noi calcolato.

Risultati sostanzialmente in linea con quelli appena presentati sono stati ottenuti, più recentemente anche da altri autori. Sembra interessante riportare alcuni di essi, non solo a scopo di confronto, ma anche perché mettono in luce quali siano stati gli effetti della normativa introdotta dopo il 1983. Innanzitutto Sartor sulla base di una proiezione al 1983 ed al 1986 della distribuzione dei redditi di natura fiscale esistente nel 1980, mostra come l'effetto perequativo, sempre misurato dall'indice di Kakwani, sia aumentato nel 1983, ma diminuito nel 1986 (34). Secondo l'autore, questo risultato è da attribuirsi interamente alle modificazioni della struttura impositiva, ed in particolare ad una crescita troppo debole dell'aliquota media, che non è stata più in grado di contrastare la costante flessione del grado di progressività. Si vedano i dati contenuti nella tabella 7.

Interessante risulta anche il confronto con altri risultati ottenu-ti partendo, invece che dai daottenu-ti fiscali, dalla distribuzione dei red-diti al netto dell'imposta rilevati dall'indagine campionaria della Banca d'Italia (35). Gressani, innanzitutto, partendo dai microdati individuali ottiene risultati solo in parte simili ai nostri (36). Molto vicini sono i valori relativi all'aliquota media. Più bassi invece sono i valori dei due coefficienti di Gini, e decisamente più elevato l'in-dice R. Il confronto, naturalmente, deve essere fatto con una certa cautela, a causa della difformità della base imponibile. Non si può fare a meno, tuttavia, d'osservare come gli effetti perequativi siano maggiori di quelli ottenuti partendo dalla base imponibile dichiara-ta a fini fiscali.

Lugaresi, invece, sempre rielaborando i microdati individuali con un procedimento molto accurato d'imputazione dell'imposta teorica, giunge a risultati parzialmente diversi da quelli sopra ri-cordati (37). In particolare, con riferimento al 1984, sia l'indice di progressività che l'aliquota media assumono un valore molto ridot-to, così che l'indice R risulta pari solamente al 2,5%. Si veda la

ta-(34) Per un approfondimento della metodologia e dei risultati qui riportati

si r i m a n d a a : S A R T O R ( 1 9 8 7 ) , p p . 8 0 4 - 8 8 0 . E d a n c h e : B A N C A D ' I T A L I A ( 1 9 8 6 ) , p . 9 .

(35) Per un approfondimento delle caratteristiche metodologiche e dell'og-getto di rilevazione di quest'indagine si rimanda a: BANCA D'ITALIA (1983a, 1985). Ed anche a: CANNARI (1987).

(33)

bella 7. Gli indici di concentrazione G e Gn- invece risultano

addi-rittura superiori a quelli ricavati dalle statistiche fiscali. Per gli an-ni successivi, invece, e cioè per il 1987 e per il 1988, l'indice di pro-gressività mostra un recupero molto rilevante, tale da far crescere considerevolmente R. Esso infatti assume rispettivamente un valo-re pari all'I 1,7% ed al 12,7%. La riforma introdotta nel 1986 sem-brerebbe dunque, contrariamente a quanto stimato da Sartor, ave-re rafforzato la progave-ressività, e quindi l'azione peave-requativa. Non si può fare a meno di ricordare, tuttavia, che in questo caso i calcoli di P e di R si basano su di una distribuzione dei redditi che può dif-ferire da quella ricavata dalle dichiarazioni a fini fiscali. Dunque, ancora una volta, essi riflettono la progressività teorica « voluta » dal legislatore, piuttosto che quella effettiva. Lo stesso Lugaresi, del resto, ha corretto i redditi ricavati dall'indagine della Banca d'Italia per tener conto del grado di evasione e di elusione che ge-neralmente caratterizza la base imponibile. In particolare, con rife-rimento al 1984 ha probabilmente finito con il sottostimare l'effetti-va azione perequatil'effetti-va.

Lugaresi, sempre impiegando un modello di microsimulazione basato sui redditi individuali campionari, ha calcolato pure l'effica-cia perequativa dell'Irpef quale si determinerebbe in seguito all'in-troduzione dell'indicizzazione prevista dalla legge del gennaio

1990, rispetto al caso in cui non esistesse. Come risulta dalla tabel-la 7 l'indicizzazione non comporterebbe alcuna significativa varia-zione della concentravaria-zione dei redditi netti (38). Si verificherebbe infatti una diminuzione dell'aliquota media accompagnata da un lieve aumento della progressività, in seguito all'aumento della con-centrazione delle imposte tra i percettori di redditi più elevati. L'aumento delle detrazioni e l'indicizzazione dei limiti degli sca-glioni hanno come effetto quello di accrescere la soglia dei redditi esenti. In altre parole i due meccanismi che determinano l'effetto perequativo globale finirebbero con il compensarsi. Un vero e pro-prio aumento della redistribuzione, dunque, potrà verificarsi solo se la progressività aumenterà più velocemente di quanto non dimi-nuisca l'aliquota media.

(34)

Un altro lavoro di Chiapperò, basato anch'esso su di un'accu-rata ricostruzione dei redditi lordi individuali, partendo dai micro-dati relativi ai redditi netti forniti dalla Banca d'Italia, presenta va-lori di G e di Gn superiori a quelli fiscali (39). Ciò starebbe ad

indi-care la maggior capacità dell'indagine a presentare valori dei red-diti personali, e della loro distribuzione, più vicini alla realtà di quanto non appaia dalle statistiche fiscali.

Anche in questo caso con riferimento alla totalità dei contri-buenti l'azione perequativa dell'Irpef risulta lievemente più incisi-va, e cioè pari al 10,7%, rispetto a quella determinata sulla base dei redditi fiscali. E questo grazie ad un indice di progressività maggiore ma ad una aliquota media minore. Essa risulta comunque decisamente inferiore a quella stimata da Gressani ma superiore a quella stimata per lo stesso anno da Lugaresi. Non si deve dimenti-care, tuttavia, che in questo caso nella stima dell'imposta non si è tenuto conto degli oneri deducibili.

Sempre con riferimento ai dati campionari, e solamente per il 1984, è stato possibile calcolare l'effetto perequativo dell'Irpef con riferimento ai redditi familiari. La rielaborazione è stata effettuata attraverso un procedimento d'imputazione dell'imposta teorica che sarà sinteticamente descritto nel prossimo paragrafo. Tenendo con-to delle specifiche caratteristiche d'ogni famiglia del campione in termini di carichi familiari è stato possibile calcolare esattamente il valore delle detrazioni, e dunque il carico fiscale effettivo (40). Ba-sti qui sottolineare come questo tipo d'analisi consenta interessanti confronti tra gli effetti perequativi dell'Irpef sulla distribuzione dei redditi familiari rispetto a quelli individuali. Si può immediatamen-te notare come nel 1984 l'effetto perequativo sia decisamenimmediatamen-te infe-riore rispetto a quello osservato per i redditi individuali, e cioè pari solamente al 7,2%. Inferiori risultano infatti sia i valori della pro-gressività che dell'aliquota media. Non si deve dimenticare, tutta-via, che in questo caso TM è calcolata come rapporto tra l'imposta ed il reddito imponibile stimato, e non corretto per l'evasione. Esso risulta dunque più elevato di quello dichiarato a fini fiscali. Decisa-mente più bassi, e cioè pari rispettivaDecisa-mente a 0,305 ed 0,283 sono

( 3 9 ) S i v e d a : C H I A P P E R Ò ( 1 9 8 9 ) .

(35)

anche gli indici di concentrazione G e Gn. Com'è noto la famiglia

svolge un'azione compensativa in termini di distribuzione dei red-diti attenuandone la diseguaglianza (41). Quest'effetto di compen-sazione si traduce anche in una minore azione perequativa attuata mediante l'Irpef.

5. Stima dell'azione redistributiva attuata mediante i

trasferi-menti alle diverse classi di percettori.

Per valutare l'importanza e gli effetti dell'azione redistributiva della Pubblica Amministrazione attuata attraverso i trasferimenti monetari alle famiglie è possibile ricorrere ad una impostazione d'equilibrio economico generale, mediante l'impiego di una matrice di contabilità sociale (SAM). Com'è noto la SAM può essere conside-rata un'estensione del tradizionale schema delle interdipendenze settoriali, grazie all'esplicito inserimento di una matrice a blocchi che costituisce il legame tra la distribuzione del valore aggiunto ai fattori di produzione e la composizione settoriale della spesa. Que-sta matrice corrisponde al processo di formazione e distribuzione del reddito disponibile delle istituzioni (famiglie, imprese, Stato) (42).

Un modello basato sulle SAM può essere utilizzato in diversi modi. Innanzitutto, dal punto di vista analitico consente di effettua-re indagini « strutturali » se così si può dieffettua-re, della distribuzione personale dei redditi, collegando in modo sistematico il grado di di-seguaglianza finale alla composizione settoriale e funzionale del va-lore aggiunto. In particolare, per individuare la distribuzione per-sonale dei redditi di equilibrio, intesa come quella che data una certa struttura produttiva, è in grado di assicurare l'eguaglianza tra offerta e domanda di beni. Se infatti, si pone l'ipotesi che la pro-pensione al consumo dei diversi tipi di beni assuma valori diversi in corrispondenza alle differenti categorie socio-economiche che com-pongono il settore delle famiglie, ne risulta che, a parità di altre condizioni, ad ogni data distribuzione dei redditi personali corri

-(41) Per una analisi approfondita delle differenze esistenti nella distribu-zione dei redditi individuali rispetto a quelli familiari si rimanda a: TARGETTI

L E N T I ( 1 9 8 4 ) .

(42) Per una discussione sul significato e sulle principali applicazioni della

(36)

sponde uno specifico vettore di spesa per consumi, e quindi anche una determinata struttura produttiva. Il modello può essere impie-gato anche a scopo di simulazione per stimare gli effetti sulla distri-buzione personale del reddito delle politiche fiscali e della spesa pubblica (43). E più precisamente non solo gli effetti immediati, ma anche quelli indotti dai modi di spesa grazie ad un processo di na-tura moltiplicativa.

Nell'ambito della SAM il vettore del reddito primario distribui-to ai diversi gruppi di famiglie, per setdistribui-tori di provenienza e per de-cili di popolazione, in connessione alla loro partecipazione al pro-cesso produttivo è distinto da quello secondario che risulta dall'a-zione redistributiva della Pubblica Amministradall'a-zione. La determi-nazione di queste due distribuzioni, tuttavia, è possibile solo per singoli anni, una volta che la distribuzione primaria sia stata rico-struita con una metodologia appropriata. I dati da cui partire, infat-ti, e cioè i redditi rilevati dall'indagine campionaria della Banca d'Italia corrispondono alla distribuzione secondaria, in quanto al netto dalle imposte e dei contributi sociali, ma comprendenti invece i trasferimenti provenienti sia dal settore pubblico che da quello privato (44). Dunque, con riferimento alle singole classi di reddito, non è possibile isolare l'azione redistributiva del settore pubblico, sebbene sia da ritenersi di gran lunga la più rilevante.

Per il 1984, mediante una serie di aggiustamenti successivi, è stato possibile determinare il valore del reddito primario distribuito

(43) Per alcune simulazioni di politiche fiscali mediante un modello di equilibrio economico generale (CGE) basato sulla SAM si rimanda a: BOTTIROLI

CI-V A R D I e T A R G E T T I L E N T I ( 1 9 9 0 ) .

(37)

ai decili di famiglie nei diversi settori produttivi. La rielaborazione è stata effettuata attraverso un processo d'imputazione dell'imposta teorica che si può molto sinteticamente ricordare. In primo luogo sui redditi netti individuali rilevati dalla Banca d'Italia è stato cal-colato l'ammontare delle detrazioni « soggettive » d'imposta, vale a dire delle detrazioni che la legislazione riconosce al contribuente in base ad alcune caratteristiche dei percettori, e cioè in relazione ai carichi familiari, al coniuge nonché ai figli ed altri familiari a cari-co. Si tratta di detrazioni del tutto indipendenti dal livello di reddito del percettore. Le altre detrazioni invece, connesse all'ammontare ed alle caratteristiche dei redditi percepiti (detrazioni spettanti ai soli lavoratori dipendenti, ulteriore detrazione per redditi da lavoro dipendente e pensioni di minor importo, ulteriori detrazioni decre-scenti per redditi da lavoro autonomo e per redditi da lavoro dipen-dente, ecc.) sono state inserite nella struttura del modello, creando un numero di scaglioni d'imposta differenziati a seconda dell'am-montare delle detrazioni (45). I valori così ottenuti sono riportati nella tabella 8.

Per quanto concerne i redditi da capitale, si è ritenuto oppor-tuno includere nella formazione del reddito primario solo quelli provenienti dal settore produttivo privato, ed escludere invece quelli derivanti dal pagamento degli interessi sul debito pubblico. Questi ultimi, infatti, possono essere assimilati ai trasferimenti da parte della Pubblica Amministrazione. Per questo è stato necessa-rio porre l'ipotesi che nelle diverse classi di reddito il peso di questi interessi fosse proporzionale alla quota di titoli di Stato detenuti dalle famiglie (46).

(45) Complessivamente, considerando le aliquote e le detrazioni differen-ziate, sono stati definiti 19 scaglioni per i lavoratori dipendenti e 14 per i lavorato-ri autonomi. Per maggiolavorato-ri dettagli sulla metodologia qui seguita si lavorato-rimanda a:

FRANCO e SARTOR ( 1 9 8 6 ) e LUGARESI (1986). I calcoli s o n o stati c o n d o t t i n e l l ' a m

-bito di una ricerca più vasta effettuata in collaborazione con Marisa Bottiroli

Ci-v a r d i . S i Ci-v e d a : B O T T I R O L I C I V A R D I e T A R G E T T I L E N T I ( 1 9 8 8 ) .

(38)

•5 XI a <~ 2 = « 8. n o e ir « a— i 05 .8"« X X OS os X o OS X OS os Ci s s X X SI X X i> ì> X s OS X X X X SI OS X OS X x X 00 E si co C-i X ì> ci OS OS X X s SI X X e— OS X OS X e* 35 2 E I l s i. t> 00 o o OS ì> 1 c-co X OS IO S OS OS S- o co co co cn OS c- s-OS s-OS X S IO t> OS HEs .§1 o -a S ~o I H OHT3 .2

8

C- C- X OS OS X OS 00 OS K O G0 s os os x X — o 00 S IO X O S X S X X X X n S OS OS co o s- OS t> OS CO CO OS © •si io OS 00 OS X X O « x GO X o CC H M QO X OS co X rH OS OS OÒ s-SCL. O S S i O S S i X O S - C - X S i O S I > X ® t > X X X X ® s x x o s s x x x x o s s a i s s i o i o ' - ò c o f f l o x OS X X ® o •SI O S S O ! S SI x OS rt O X X OS CO si O X © X 3 Si 1 s t i r S £ u = S 05-C S s S —' X ri ri t> os e- s* X co x os X OS X X OS o _os _o> _os _os _os _os _os _os _os

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