SETTEMBRE 1986 Pubblicazione trimestrale Anno XLV - N. 3 Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV - 70 %
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RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO
E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E
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Fondata da BENVENUTO G R IZIO TTI
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D I R E Z I O N E
ENRICO ALLORIO - EM ILIO G E R E L L I
CO M ITATO S C IE N T IF IC O
t C ESA R E COSCIANI - ENRICO D E M ITA - ANDREA F E D E L E FRANCESCO F O R T E - FRANCO GALLO - IGNAZIO MANZONI GIANNINO PARRA V ICIN I - ALDO SCOTTO - SERGIO STEV E
CO M ITATO D IR E T T IV O
R O BE R TO A RTO N I - F IL IP P O CAVAZZUTI - AUGUSTO FANTOZZI DINO P IE R O GIARD A - ITA LO MAGNANI - E Z IO LAN C E L L O T T I G IL B E R T O MURARO - LEONARDO P E R R O N E - PA SQ U A LE RU SSO FRAN CESCO T ESA U RO - G IU L IO T R E M O N T I - ROLANDO V A LIA N I
M V L T A l I W 1
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di diritto p u b b lico d ella F acoltà d i G iurispru denza d ell’U niversità d i R om a
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INDICE-SOM M ARIO
P A R T E P R I M A
Am e d e o Fo s s a t i - L ’a u to n o m ia tr ib u ta r ia d ei co m u n i: l’im p osta su i serv iz i e le su e a l t e r n a t i v e ... >
Nic o la Ro s s i - C a r a tte r is tic h e fa m ilia r i e re d istrib u z io n e
Vin c e n z o Pa t r i z i i - P o litic a ta r iffa r ia e con d izion i d i efficien z a d e lle fe r r o v ie d ello S t a t o ...
En r ic o De Mit a - L ’im p o siz io n e su gli im m o b ili - p ro fili di d iritto co stitu z io n a le ...
Gi u l i o Pr e m o n t i - A u ton om ia c o n tr a ttu a le e n o rm a tiv a tr ib u ta r ia : il p ro b lem a (lelV elu sion e trib u ta ria
Ra f f a e l l o Br a c c in i - L a « sa ltu a r ie tà » d e ll’im p osta su lle su ccession i e il d iritto d i r a p p re sen ta z io n e e r e d i t a r i a ...
L E G G I E D O C U M EN TI
Tr e a s u r y De p a r t m e n t o f U.S. - Tate R e fo r m f o r F a ir n e s s . S im p lic io / an d E co n o m ie G row th . . . .
N U O V I L I B R I
RA SSE G N A D I P U B B L IC A Z IO N I R E C E N T I
P A R T E S E C O N D A
G. Franco Ga f f u r i - R ile v a n z a fis c a le d e i p a tti tr a s la tiv i d ell’im p o sta Fran co Fo r m ic a - I l re g im e trib u ta r io d e lle c a v e n e lla im p osizion e
d i re g is tro ...
SE N T E N Z E A N N O TA TE
Ti ibuti in genere - Contratto di mutilo - Obbligo di rimborso, da parte del m utuatario, di ogni imposta a carico del mutuante - Contrasto con norme imperative - Nullità - Esclusione - Traslazione dell’imposta - Legittim ità - Condizioni (Cass., Sez. Un. Civ., 18 dicembre 1985
n. 6445) (con nota di G.F. Ga f f u r i) ...
Imposta di registro - Concessione del diritto di sfruttam ento di una cava - Tassazione dell'atto come compravendita - Esclusione - Tassa zione come locazione (Comm. Trib. Centr., Sez. X I. 16 novembre
VITTORIO ITALIA
CARLO EMILIO TRAVERSO
ELEMENTI
DI DIRITTO PUBBLICO
Ad uso delle scuole secondarie superioriQuesto volume, destinato specificam ente agli studenti, è il risultato di un’attività di insegnamento di molti anni, sia nelle scuole secondarie, sia nelle università.
Esso, peraltro, tiene conto in m odo particolare d elle esi genze d ell’insegnamento nelle scuole secondarie; segue quin di la trama del vigente program m a ministeriale, e tiene conto delle num erose m odificazioni legislative che sono interve nute, anche recentemente.
L ’esposizione della materia è stata svolta nel m odo più chiaro possibile, e sono stati anche indicati i problem i che sono collegati ai singoli punti della materia.
Tali problem i, ovviam ente com plessi, sono intrecciati con aspetti d ell’econom ia e della politica; le soluzioni proposte si basano essenzialm ente sulle decisioni della Corte Costitu zionale e delle altre magistrature, ordinaria ed amministra tiva, e ciò può consentire, nel necessario rispetto della li bertà di insegnamento del docente, la possibilità di ulteriori approfondim enti, anche critici.
8°, p. 340, L. 16.000
428
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G IU SEPPE GIULIANI
ELEMENTI DI
DIRITTO TRIBUTARIO
In allegato :IL PO STER DEI T R IBU TI
Il volume si propone di avvicinare il diritto tributario al vasto pubblico dei non specialisti, mediante un’esposizione della materia semplice e chiara e con un linguaggio acces sibile a tutti.
L ’opera si divide in due parti.
Nella prima parte, a carattere generale, vengono esposti i concetti essenziali, comunemente accolti, che regolano la materia.
Nella parte speciale, composta di vari capitoli dedicati ai singoli tributi, gli stessi concetti sono ripresi sulla scorta delle singole leggi dalle quali essi sono disciplinati in concreto.
Al libro è allegato un utilissimo poster che illustra sinte ticamente, per ogni tributo, i soggetti passivi, la base im ponibile, le aliquote, la fase di accertamento e le sanzioni per eventuali illeciti.
8°, p, 228, L. 16.000
Un indispensabile strumento di consultazione p er l’im prenditore, il manager, il professionista e lo studioso
D I IMMINENTE PUBBLICAZIONE
E N R IC O GUSTARELLI
La gestione d’impresa
nella sua
rappresentazione contabile
Questa vasta opera, che riassume quasi mezzo secolo di studi, analisi ed esperienze dell’Autore, ha per oggetto la complessa fenomenologia della gestione d’impresa nella sua rappresentazione contabile, nonché gli aspetti più significativi dei complessi accadimenti oggetto della contabilizzazione. Un’opera, quindi, che ha per oggetto sia il prius e cioè la gestione, sia il posterius e cioè la rappresentazione contabile. Un oggetto che ha reso necessarie alcune semplificazioni:
a) una semplificazione d ell’universo di riferim ento: l ’impresa industriale, con brevi accenni all’impresa commerciale;
b) una semplificazione d el contenuto dell’universo di riferim ento, con una scelta di quegli accadimenti e di quelle fenomenologie che, nel contesto della realtà aziendale, possono considerarsi più tipici e ripe titivi;
c) una semplificazione del periodo di riferimento di questo universo, sta bilito inequivocabilmente nel tempo della sua vita fisiologica; d) una semplificazione d ell’obiettivo mirato della gestione aziendale, in
linea con il periodo di riferimento prescelto: la produzione di nuova ricchezza e quindi la formazione del reddito e conseguentemente la rappresentazione contabile del processo di determinazione della prima e del secondo.
Nel quadro di queste quattro semplificazioni l’opera è così articolata:
Voi. I: L A G E S T IO N E D ’IM PRESA
E IL P IA N O D E I C O N T I
Tomo I: La gestione d’impresa
Tomo I I : Il piano dei conti
Voi. II: L A R AP PR E SEN TA ZIO N E C O N TAB ILE
D ELLA G E S T IO N E P A T R IM O N IA L E E F IN A N Z IA R IA
Tomo I: La gestione patrimoniale
e finanziaria dell’attivo Tomo II: La gestione patrimoniale
e finanziaria del passivo e del patrimonio netto
Voi. I l i : L A R APPR ESEN TAZIO N E C O N TAB ILE
D E LLA G E S T IO N E E C O N O M IC A
Tomo I: I ricavi d ’esercizio
Tomo II: I costi di produzione
Tomo I I I : I costi di struttura, i componenti particolari della gestione e l ’imposizione
tributaria nooiim !'■')
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Voi. IV : I C O N T I D I C O M O D O - L A B IB L IO G R A F IA - - ;
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Per acquisti rivolgersi alla Sede - c.c.p. 721209 - od ài suoi agenti
Manuale del registro
Raccolta coordinata da Giuseppe Giuliani Con il nuovo Testo Unico
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Questa nuova edizione a schede mobili mantiene intatte le tipiche caratteri stiche dei Manuali trib u tari: maneggevolezza, estrem a facilità di consulta
zione, com pletezza.
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COMPENDIO D ELL’IVA COMPENDIO
DELLE IM POSTE D IRETTE COMPENDIO DEL BOLLO COMPENDIO
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A LBERTO BARETTONI A RLERI
MITI E REALTÀ
NEI PRINCIPI
DELLA CONTABILITÀ
PUBBLICA
So m m a r io: Parte prim a:COSTITUZIONE E CONTABILITÀ PUBBLICA
Costituzione e decisione di bilancio - Costituzione e controllo - Costituzione e giurisdizione contabile.
Parte seconda:
CONTABILITÀ PUBBLICA
E COORDINAMENTO DELLE AUTONOMIE
Contabilità e coordinamento negli enti non territoriali - Conta bilità e coordinamento negli enti locali - Contabilità e coordi namento nelle Regioni - Contabilità e coordinamenti negli orga nismi sanitari - Gli strumenti di coordinamento contabile: Nor malizzazione e redazione dei conti pubblici. La Tesoreria Unica.
Parte terza:
CONTABILITÀ PUBBLICA
E RAPPORTI IN TER SO G G ETTIV I
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L ’AUTONOMIA TRIBU TA RIA D E I COMUNI: L ’IMPOSTA SU I SE R V IZ I E L E SUE ALTERNATIVE (*)
So m m a r io: 1. A ccen n o a lle v icen d e d e lla T a sco : i caratteri essenziali, i pregi,
ì difetti, il gettito. 2. E sig en z e lo c a li e g ettito : lo scenario tradizionale
e la opportunità di uno scenario alternativo. — 3. Uno s c h e m a in ter p re ta tiv o d e ll a u to n o m ia tr ib u t a r ia : ipotesi assunte, il modello forma lizzato, discussione del modello. — 4. A lte r n a tiv e a lla T asco : gli scenari, le possibili forme di miniautonomia, una Tasco denaturata : la IMUBI.
1.1. Non è qui il momento di parlare della TASCO nei suoi det tagli, ma sembra opportuno un breve richiamo ai suoi caratteri più innovativi, dai quali discendono poi i suoi principali pregi e difetti.
Per prima cosa, poiché la TASCO colpirebbe (o avrebbe colpito) la « conduzione o disposizione di locali » oppure « l’esercizio di at tività commerciali, industriali o artigianali in aree », il primo carat tere è individuabile in un aspetto immobiliare (locale o area) colle gato alla conduzione o disponibilità, oppure all’esercizio di attività. Aon si tratta quindi né di una patrimoniale, né di un tributo sul reddito o sul consumo, ma di un qualche cosa di innovativo qualitati vamente nel sistema tributario italiano.
Ln secondo carattere è dato dal collegamento del tributo con i servizi forniti nel territorio comunale, che risulta non meramente semantico (tassa sui servizi comunali), ma funzionale in quanto la tariffa applicabile dipende dalla fornitura di certi servizi apposita mente elencati e suddivisi in due gruppi. Questo carattere non sarebbe innovativo per il nostro sistema tributario se si trattasse veramente di una tassa; poiché tuttavia sembrano innegabili (almeno in parte) gli attributi tipici delle imposte, anche questo carattere appare innovativo.
Un terzo carattere interessante discende dalla individuazione della base imponibile in un attributo fisico (superfice) dei locali o delle aree, tipico dalle accise ma non altrettanto frequente per altri
(*) R ela z io n e p r e sen ta ta a l C onvegn o n a z io n a le A .I.S .R e .: «Livelli di governo e loro finanziamento : teoria, esperienze, istituzioni », T a o rm in a 1 -i m ag g io 1986.
tipi di prelievo, che mostra la TASCO come una mutazione evolu tiva della c.d. « tassa sulla spazzatura ».
Sembra si possa affermare che i più rilevanti pregi e difetti della TASCO discendano essenzialmente da queste tre caratteristiche, ciò non vuol dire che non possano essere individuati altri pregi o di fetti in una analisi puntuale, ma semplicemente che i più stimolanti ed interessanti tra essi discendono da questi tre caratteri. Visto da un’altra angolazione, proprio a questi tre caratteri sembrano colle garsi le motivazioni contrapposte dei sostenitori e dei detrattori della TASCO stessa.
In effetti la soluzione di proporre un collegamento tra il pre lievo tributario e l’uso in senso lato di un bene patrimoniale, scolle gabile quindi dalla proprietà dello stesso, appare non solo inno vativo, ma anche interessante. Sembrerebbe infatti di poter argo mentare che tale soluzione è frutto di un adeguamento dottrinale alle mutate caratteristiche del sistema economico italiano, ed in partico lare delle Pubbliche Amministrazioni come soggetti produttori di ser vizi non commercializzati.
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In tali condizioni, neanche il patrimonio immobiliare appare par ticolarmente idoneo ad individuare una nuova forma impositiva; infine il reddito consumato, nelle forme classiche della tassazione indiretta, appare del tutto inidoneo a costituire base imponibile a livello subcentrale in uno stato moderno : si ricordi la pessima espe rienza delle imposte comunali di consumo, neanche poi tanto lontana nel tempo.
Scartati quindi questi oggetti d’imposizione locale, la ratio eco nomica della TASCO appare trasparente: si tratta di colpire il con
sumo dei servizi di un bene capitale, gli immobili e le aree. Perciò i
soggetti d’imposta non devono essere i proprietari in quanto tali, ma i residenti che usano tali beni; solo residualmente, poi, sono sog getti d’imposta i proprietari che decidono di « usare » negativamente per la collettività tali beni tenendoli a propria disposizione senza utilizzazione propriamente economica, e cioè tenendoli sfitti.
1.2. Mi sembra che queste considerazioni mettano in evidenza sinteticamente il principale pregio della TASCO, e cioè quello di individuare un oggetto di imposizione differenziato rispetto a quelli tradizionalmente riservati al potere centrale, e cioè il consumo di un servizio legato tipicamente al territorio. Implicitamente, quindi, si propone che il consumo dei servizi pubblici comunali, i quali sono inerenti al territorio (almeno idealmente), sia collegabile al consumo del più indicativo dal punto di vista territoriale dei servizi privati. Il costo dei servizi pubblici locali sarebbe pertanto ripartito secondo il consumo dei servizi forniti da « locali ed aree », almeno parzial mente.
Dal terzo carattere della TASCO sopra individuato, discende poi l’individuazione di un particolare indice di tale consumo del servizio fornito dai locali ed aree, e cioè la superficie; ciò presenta l’enorme vantaggio della semplicità dell’accertamento.
l.B. Per contro, il difetto più appariscente della TASCO sembra possa essere individuato in una debolezza semantica, e cioè nel l’averla battezzata con un nome che da un lato evoca un concetto superato teoricamente per la sua ambiguità (la tassa) che tuttavia esercita ancora un certo fascino, e dall’altro si richiama ai « servizi » comunali in modo ambiguo.
capacità contributiva. Qui però la semantica diventa rilevante : sembra invece (si veda l’individuazione del meccanismo tariffario) che ia TASCO sia veramente concepita almeno in parte come una imposta di scopo rispetto a certi servizi a domanda individuale (tra sporto pubblico, scuola materna, asili nido, palestre, piscine, ecc.) per i quali l’oggetto di imposizione individuato non appare particolar mente felice.
D’altra parte il congiunto riferimento alla nozione di « tassa » evoca una domanda individuale a cui viene attribuita una minima partecipazione al costo, cosa corretta solo in parte in questo caso: la « utenza » di un appartamento in effetti ha poco da vedere, diret tamente, con una piscina o con un teatro comunali.
In tale modo è possibile che la TASCO possa prestare il fianco a rilievi di incostituzionalità: gli elementi di ambiguità che indub biamente contiene sembrano effettivamente in grado di delinearne a sufficienza la sua natura sostanziale di imposta, e pertanto il giu dice costituzionale potrebbe forse eccepire che il proposto prelievo non è direttamente basato sulla capacità contributiva, oppure avere dei dubbi a proposito dei servizi a domanda individuale.
Volendo essere particolarmente critici si potrebbe infine obiet tare all’eccesso di puntualizzazioni previste dal disegno sulla TASCO. Se questo vuole essere un esempio di autonomia tributaria locale, perché soffermarsi a precisare dettagli come quelli della griglia (o gabbia?) tariffaria rispetto ai servizi forniti — a cui già sopra si è accennato —, o alla suddivisione puntuale degli immobili in classi, o alle caratteristiche dei moduli di versamento che dovrebbero essere approvati da due o tre ministeri?
È vero che per il sistema costituzionale italiano l’autonomia tributaria comunale è subordinata a leggi che devono essere suf ficientemente precise, che lascino un grado comunque ridotto di discrezionalità all’ente locale; tuttavia sembra che forse si potesse concepire una struttura, pù semplice con un grado maggiore di auto nomia nelle scelte locali, anche se questa critica è certamente poco generosa rispetto al notevole sforzo innovativo compiuto.
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renza tra aree geografiche, come insegna l’esperienza della SOCOF e della c.d. « tassa sulla spazzatura ».
Importa qui semplicemente evocare l’ordine di grandezza del gettito in modo da inquadrare la TASCO come fonte di possibile autonomia tributaria. A tale proposito converrà partire dai dati del gettito della tassa sulla spazzatura del 1984, che mi risultano es sere i seguenti per le rispettive ripartizioni :
Miliardi % % numero stanze Nord occidentale . . . Nord orientale . . . 325235 180 160 36 27 Centrale . . . 26 22 Mezzogiorno . . . 20 18 3120 Totale Italia . . . 900 100 ; 100
Dalla ottima ricerca di Maltinti (1), per quanto riguarda i primi quindici comuni toscani risulta che il gettito della TASCO al primo livello di tariffa porterebbe il 56 % in più rispetto al gettito delle soppnmende imposte comunali, ossia la spazzatura e l’imposta sui ca ni. Con tutte le riserve per l ’estrapolazione e le imprecisioni (prima versione della TASCO, gettito imposte soppresse del 1984, campione ridotto e per di più relativo ad un comparto specifico, imposta sui cani, ecc.), il gettito della TASCO può allora essere approssimato partendo dai dati sopra riportati per l’imposta sulla spazzatura, aumentati del 50 % per il primo livello e proporzionalmente del 200 % per l’ultimo livello extrapolando quanto ottenuto da Maltinti.
In tal modo si ottiene:
Resta individuato pertanto un ordine di grandezza del gettito di 1.500/2.000 miliardi al lordo delle imposte soppresse, ossia in definitiva un gettito aggiuntivo di 500/1.000 miliardi. Tale stima sconta ovviamente l’attuale situazione di sotto imposizione al sud per la tassa sulla spazzatura, il cui grado di copertura del servizio pre senta grosse differenze in generale tra i comuni del nord e quelli del sud.
Per fissare le idee su tale gettito si ricordi che le previsioni ministeriali erano di 4.000 miliardi e che, contestualmente alla TASCO, era prevista una riduzione di trasferimenti statali per 1.500 miliardi, ed infine che i trasferimenti statali ai comuni sono stati in totale nel 1985 pari a 21.334 miliardi (assegnazioni di diritto: cfr. Rei. Gen. Sit. Ec.).
1.5. Di entità quindi quantitativamente trascurabile, la TASCO è interessante in via di principio da un lato per le sue caratteri stiche strutturali innovative, e dall’altro lato per il tentativo di ba ratto tra diminuzione dei trasferimenti statali e concessione di autonomia tributaria.
In tutti i modi le sue vicende sono istruttive, anche se al mo mento in cui scrivo non sono ancora definitivamente concluse nel senso che potrebbe essere accantonata del tutto o rinviata al prossimo anno, e solo con probabilità tendente a zero approvata per que st’anno.
Senza pretendere di fare una analisi socio-politica delle diffi coltà incontrate nel suo lungo e tormentato iter legislativo, mi sembra utile avanzare qualche riflessione sulle cause delle opposizioni incontrate. È chiaro che il contenuto innovativo suscita sempre le reazioni dei conservatori latu sensu, ed è altresì comprensibile che nel nostro governo di coalizione « scollato » tutti i pretesti siano buoni per una diaspora della coalizione a difesa di interessi elettorali con trastanti, per non parlare della eterna dialettica con le opposizioni parlamentari. In questo caso, tuttavia, parrebbe che la mobilitazione contro la TASCO sia stata particolarmente efficace e potente.
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della capacità contributiva venisse riconosciuto del tutto compatibile con la TASCO intesa come imposta anziché come tassa sui servizi. Ho l ’impressione, quindi, che la costituzionalità della TASCO sia una questione del tutto irrilevante sostanzialmente, e che possa aver giocato un ruolo solo di pretesto formale.
Scartate quindi come causa causans le usuali diatribe interne alla coalizione di maggioranza e le critiche costituzionali (accetta bili peraltro come concause di un certo peso), mi sembra di poter fare riferimento alla rivalità possibile tra il Ministero dell’Interno (sponsorizzatore della TASCO), quello del Tesoro e quello delle F i nanze : ma dubito che questa rivalità, se esistente, abbia giocato un ruolo rilevante.
A me sembra infatti — banalmente — che la vera radice del- 1 opposizione alla TASCO vada individuata nel fatto che non c’è una posizione unitaria sostanziale tra i Comuni (malgrado la posi zione ufficiale dell’ANCI) circa i vantaggi dell’autonomia tributaria se questa è intesa come un bene da pagarsi con una diminuzione anche solo virtuale dei trasferimenti statali. Evidentemente tutti
1 comuni sarebbero lieti di recuperare una piena autonomia tribu taria nel senso di poter istituire imposte a piacere « come possibilità potenziale », se ciò non influisse m inim am ente sulla propensione sta
tale a continuare ad effettu are trasferim enti. Ma poiché alla lunga
1 autonomia tributaria indebolirebbe le pretese locali di trasferimenti, da tale punto di vista l’accettazione della TASCO avrebbe implicato quella del principio del ricorso effettivo alle imposte locali, e quindi la rinunzia alla pretesa di finanziamento completo di tutte le inizia tive locali.
La mia sensazione è che tale accettazione non sia piena da parte dei comuni, ed in particolare che mentre qualche comune con vel leità « efficientistiche » la consideri con favore, altri comuni forse di più antica saggezza rifiutino l’idea di apparire ancora agli occhi dei loro amministrati come esattori di imposte, anziché come di stributori di provvidenze.
In tale caso, tuttavia, occorre interrogarci sullo scenario prima di parlare di alternative alla TASCO, e chiederci, prima di pro porre soluzioni innovative a problemi di sempre, quale sia lo sfondo culturale entro il quale dobbiamo muoverci, quali strumenti inter pretativi della realtà abbiamo a disposizione, e se sono adeguati al compito.
2.1. Non essendo uno specialista di finanza locale, è possibile che mi sfuggano aspetti anche importanti del quadro, ma d’altro lato ho forse il vantaggio di una visione più distaccata. In tutti i modi mi pare di poter affermare che lo scenario tradizionale del dibattito sull’autonomia locale sotto il profilo scientifico possa es sere considerato sotto due differenti angolazioni. La prima riguarda la ripartizione delle funzioni tra i diversi livelli di governo ; la seconda riguarda più in generale le relazioni intergovernative, ossia le relazioni che legano le classi politiche centrali a quelle locali.
Sotto la prima angolazione l’autonomia tributaria è vista prin cipalmente come mezzo per finanziare le spese inerenti alle fun zioni devolute ai livelli di governo subcentrali : da qui le argomen tazioni note sulla libertà decisionale che può esistere solo (si dice) se basata su una sufficiente autonomia finanziaria.
La teoria economica del federalismo fiscale costituisce il primo fondamento di tale punto di vista, sapientemente coltivato in Italia da valenti colleghi, tra i quali mi piace ricordare qui gli amici Giar- dina, Giarda, Pola e M. Rey, agli scritti dei quali rinvio senz’altro senza dilungarmi.
Mi pare però che l’ovvio corollario di tale sistemazione, da un punto di vista concreto, sia quello del riordino della ripartizione delle funzioni tra gli enti locali. Posso allora continuare l’argomen tazione affermando che è sorprendente l’impostazione della riforma tributaria entrata in vigore nel 1973/74 di subordinare il prelievo tributario locale ad una successiva riforma della ripartizione delle funzioni tra i vari livelli di governo, riforma che avrebbe dovuto aver luogo entro il 1977.
anche se qualche disegno di legge, governativo e non, è stato presen tato alle Camere sul riordino delle funzioni.
Anche se la consequenzialità può forse apparire troppo logica, mi sembra si possa concludere che lo scenario economicistico « funzio nale » non è in grado, da solo, di interpretare le vicende italiane di questi ultimi due decenni, e cioè di quello che ha portato alla scelta centralista della riforma tributaria, e di quello trascorso dalla ri forma ad oggi. Per quest’ultimo, in particolare, non contribuisce a spiegare in particolare né il dibattito sull'autonomia tributaria avulso da quello sul riordino delle funzioni, né le opposizioni al timido ten tativo di reintrodurre una piccola autonomia tributaria quale quella della TASCO.
2.2. Se lo scenario economicistico tradizionale, sviluppato dal ceppo della teoria del federalismo fiscale completato da considerazioni sulle necessità di trasferimenti statali (sostanzialmente per forniture di servizi essenziali, per differenze locali di costi rispetto allo standard fissato dei servizi, e per esigenze perequative) non sembra sufficiente a spiegare le vicende italiane passate e presenti, sembra allora oppor tuno volgerci a scenari alternativi.
Tra gli approcci possibili il più promettente sembra quello della
Publio Choice in quanto (come ho accennato sopra) l’altra angola
zione da cui il problema dell’autonomia tributaria locale può essere considerato è quello delle interrelazioni tra le classi politiche locali e centrali, e la Public Choice sembra particolarmente attrezzata da tale punto di vista, almeno per un economista. La dialettica delle relazioni tra i diversi livelli di governo può infatti essere utilmente inquadrata tenendo presente per prima cosa che l’autonomia tribu taria è solo uno degli aspetti della più generale autonomia degli enti locali, ed in secondo luogo che il conflitto tra gli enti locali ed il governo centrale è uno stato particolare delle relazioni esistenti tra essi, simmetrico alla collaborazione. Quest’ultima, infine, im plica uno scambio sui generis almeno di atteggiamenti collabora tivi, ma può estrinsecarsi anche i veri e propri atti di scambio, sia pure di natura particolare.
In tale caso si può ipotizzare che i beni scambiati assumano in particolare la forma rispettivamente di trasferimenti dal governo centrale ed autonomia locale.
Le vicende della TASCO e più in generale della discussione sui trasferimenti statali e sull’autonomia tributaria degli enti locali
mi sembra quindi possano essere illuminate da uno schema inter pretativo (o scenario) il cui elemento essenziale è proprio costituito dall’ipotesi di interrelazioni tra le classi politiche centrali e locali, all’interno delle quali assume particolare rilievo la possibilità di uno scambio sistematico tra trasferimenti statali ed autonomia locale.
Tenterò quindi adesso di tratteggiare uno scenario che tenga espressamente conto di tali interrelazioni (2), augurandomi che possa essere utile.
3.1. Supponiamo che esistano due livelli di governo, locale e centrale, e che ogni livello fornisca servizi pubblici e trasferimenti, di interesse rispettivamente locale e centrale, senza preoccuparci di analizzare come venga definito l’interesse locale rispetto a quello centrale, per il quale possiamo riferirci direttamente allo schema tradizionale. Il costo di tali servizi e trasferimenti è ripartito per mezzo di imposte secondo il principio generale dell’equità fiscale, ed in particolare con quello della capacità contributiva individuata da reddito, patrimonio e consumo.
Ogni comunità locale differisce per dimensioni fisiche (territo rio, popolazione), per caratteri socio-economici (reddito, gusti, tra dizioni) e per le interrelazioni che legano le classi politiche locali con la classe politica centrale.
Le classi politiche possono essere definite come aree di consenso a cui appartengono i politici, ossia coloro che prendono decisioni pubbliche ; elemento essenziale di ciascuna classe politica è il rapporto di fiducia orizzontale e verticale (3).
La partecipazione dei contribuenti alle decisioni politiche è affidata al meccanismo del voto, che avviene separatamente ai due livelli locale e centrale. I contribuenti-elettori traggono utilità sog gettiva più o meno grande dai servizi pubblici (occasionalmente anche negativa), ma in generale non ne hanno una sensazione molto viva, essenzialmente per il fenomeno del consolidamento dei bisogni. Al contrario essi sono molto sensibili alla pressione fiscale, ed in par ticolare alle variazioni in aumento di quest’ultima : la tollerabilità
(2) Lo scenario tratteggiato è basato sul lavoro da me presentato al seminario italo-canadese a Villa Colombella (Perugia) nel settembre 1984, ora pubblicato in questa R iv ista, 1986, 1.
(3) Si veda Br eto n à.-Win t r o b e R., T h e log ie o f b u re a u c ra tic conduci,
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di un aumento di tributi è infatti influenzata anche dalle variazioni del reddito.
Un altro elemento importante che influenza il responso eletto rale è l’avversione al rischio. L’elemento fondamentale di giudizio degli elettori al momento delle votazioni non è tanto (o non solo) l’informazione (vera o falsata da manipolazioni dei politici) sui programmi di governo, sugli obiettivi o sull’offerta di servizi pubblici, quanto il dilemma se confermare o meno al potere i politici uscenti. Tale dilemma è fortemente lia sed a favore degli uscenti in condizioni « normali », ed in particolare se il reddito nazionale è cresciuto in modo soddisfacente nell’intorno del periodo elettorale. Gli elettori hanno una istintiva tendenza ed attribuire ai politici — nel bene e nel male — tutto quello che riguarda l’ambiente in cui vivono al di fuori del loro microcosmo: ciò sembra abbastanza razionale in quanto il voto è l’unico elemento che l’individuo normale ha a dispo sizione per cambiare l’ambiente in cui è inserito.
I politici tendono a prendere le decisioni pubbliche nel loro esclu sivo interesse, ed in quello della classe politica a cui appartengono, sopra tutto per quanto riguarda le decisioni di spesa. Occasional mente possono quindi avere un particolare interesse alla fornitura di uno specificato servizio pubblico, ma il loro potere o utilità è in generale semplicemente misurabile dalle singole spese decise ed effet tuate. Si noti che tra i politici sono compresi anche i burocrati che hanno possibilità di effettuare scelte, e per i quali la letteratura ha già codificato tale comportamento (4).
Le scelte effettuate dai politici avvengono essenzialmente in modo incrementale, ossia vertono sul solo incremento di spesa (positivo o negativo) in accordo con la teoria del bilancio incrementale (5).
Tuttavia i politici sono vincolati nelle loro scelte (in particolare riguardo alla spesa pubblica) dall’istinto di sopravvivenza elettorale, e cioè si comportano in maniera tale da mantenere i loro voti nelle future elezioni.
In sintesi, l’ipotesi che si assume è che i politici massimizzino la spesa con un vincolo relativo ai voti.
(4) Il riferimento obbligato è alle opere di Ni s k a n e n W. A., ed in
particolare a B u re a u c ra c y m d R e p r e s e n ta tiv e G ov ern m en ts, Aldine, Chicago, 1971, e B u r e a u c r a ts an d P o liticia n s, in T h e J o u r n a l o f Lane an d E con om ics, 1975.
Infine, sembra ragionevole assumere che esistano particolari legami tra i politici centrali e quelli locali, ed in particolare che tali legami si riconnettano alle classi politiche di appartenenza. Inoltre sembra realistico ipotizzare altresì che esistano possibilità di scambio tra i politici locali e quelli centrali per quanto riguarda atteggiamenti di collaborazione o collusione, per trasferimenti di mo neta dal livello centrale a quello locale, ed infine per trasferimenti di elementi di autonomia » (ad esempio, autonomia tributaria). Que sto « trade » tra. i politici locali e quelli centrali può avvenire sulla base di contrattazioni singole o collettive : per queste ultime si ricorda ad esempio l’ANCI, che sembra in gran parte funzionare come un sindacato dei Comuni che si contrappone al Governo centrale. Il paradigma economico che viene spontaneamente alla mente è allora quello del monopolio bilaterale.
Pertanto, l’ipotesi fondamentale assunta qui rispetto alle rela zioni tra i due livelli di governo è che vi siano relazioni contrat tuali sui generis tra i politici locali e quelli centrali, riguardanti in particolare trasferimenti in moneta ed aspetti di autonomia locale (atteggiamenti di collaborazione, autonomia decisionale e tributaria).
Dal punto di vista dei politici locali si può pensare che entro certi limiti la cessione di elementi di autonomia ai politici centrali contro trasferimenti possa essere considerata un buon affare se i politici locali in tal modo sono messi in condizione di aumentare la spesa pubblica locale, sopra tutto se mantengono un ampio grado decisionale rispetto alle singole decisioni di spesa, ossia quanto più incondizionati sono i trasferimenti.
Dal punto di vista dei politici centrali, si può considerare che essi aumentino la loro soddisfazione anche in relazione alla diminu zione di autonomia locale, pur se i trasferimenti diminuiscono le loro possibilità di spesa pubblica (centrale), sia per il vincolo di bilancio, sia in relazione ad eventuali trasferimenti di funzioni.
Tutto ciò evidentemente è influenzato dal grado di autonomia iniziale dei politici locali, che dipende tra l’altro dalla struttura co stituzionale delle relazioni intergovernative: si può ad esempio pen sare che tale autonomia sia a priori assai maggiore negli Stati fede rali rispetto agli Stati unitarii (6).
— 267 —
Tra gli altri elementi che influenzano gli scambi tra i politici centrali ed i politici locali si può ricordare qui:
а) le relazioni tra le classi politiche centrali e quelle locali:
in Italia, in particolare, si può ipotizzare che siano particolar mente strette;
б) il grado di autonomia finanziaria dei governi locali, sia dal punto di vista strettamente tributario, sia da quello del livello delle tariffe dei servizi locali, sia per la possibilità di indebitamento.
3.2. Dallo scenario delineato nel paragrafo precedente si pos sono derivare modelli formalizzati in grado di permettere il raggiun gimento di affermazioni rigorose : tuttavia tale operazione necessaria mente implica l’assunzione di ipotesi precise ancora più limitatrici.
Nel seguito si terrà pertanto conto delle seguenti ulteriori ipotesi :
1) Lo spazio operativo locale è limitato fortemente da vincoli istituzionali, in quanto la nostra Costituzione assegna la sovranità originaria al Governo centrale. I politici locali tentano tuttavia di acquisire maggiore spazio, più che con modifiche esplicite della Costituzione, attraverso comportamenti di fatto ed interpretazioni evolutive della Costituzione.
2) I Governi locali hanno limitate risorse tributarie : non ven gono peraltro considerate possibilità di ricorso al debito e nemmeno (per il Governo centrale) emissioni di moneta : e ciò per brutale sem plificazione, almeno in un primo momento.
3) Esistono forti legami tra le classi politiche centrali e quelle locali : questa caratteristica da un lato vincola il comportamento dei politici centrali e locali, e dall’altro facilita lo « scambio » a cui si è accennato sopra. Per quanto riguarda gli elettori, tali forti legami tra le classi politiche centrali e locali si traducono in una scarsa differenziazione tra le elezioni locali e quelle generali; in particolare sembra allora opportuno supporre che i politici centrali possano avere benefici in termini di voti anche dalle spese locali finanziate da trasfe rimenti.
di utilità dei politici locali e diminuisca invece quello dei politici centrali.
5) Tutte le variabili sono espresse in termini di incrementi ; in particolare saranno :
P l’incremento di potere (di utilità) dei politici;
A l’incremento di autonomia dei governi locali;
V l’incremento di voti atteso dai politici alle prossime
elezioni ;
E l’incremento di spesa del governo centrale per servizi e
per trasferimenti alle famiglie;
I l’incremento nei trasferimenti dal governo centrale a
quelli locali;
8 l’incremento di spesa dei governi locali ; T l’incremento nel gettito delle imposte.
Allora il modello può essere espresso nei seguenti termini: Per i politici centrali:
Max P = / (E; A)
V — G (E) F (I) g (T) = 0 T = E + I
Per i politici locali :
Max P ’ = f (Si-, Ai)
V’ = Gì (Sì) + gi (Ti) = 0 T> + E = Si
dove, naturalmente, sarà anche:
I = S I '
Inoltre, poiché si può supporre che l’indice quantitativo della autonomia locale scambiata tra il governo centrale e quelli locali sia unico, nel senso che tutti gli enti locali cedono o acquistano la stessa quantità di autonomia, sarà:
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dove A è l’autonomia locale scambiata col governo centrale, intesa come quantità acquistata dal governo centrale e ceduta dai governi locali, o viceversa. Appare pertanto che A ha la natura del bene pub blico samuelsoniano.
Ponendo la lagrangiana : S
L = P — H OLj [Pi - Pi] 3 =1 s - S p* [Sj - Ti - li] 3 =1 S — 6 [JET + S V — T ] 3=1
si ottiene la seguente condizione :
8 P / 8 A 8 G / 8 E + 8 g / 8 T 8 P / 8 E 8 g I 8 T + 8 F / 8 I =
4 8 Pi I 8 A 8 G1 / 8 S* + 8 g’ I 8 T> ~ ~ j=1 8 Pi ! 8 & 8 gi ¡ 8 ^
interpretabile come uguaglianze nei tassi marginali di sostituzione in termini di utilità ed in termini di voti.
È opportuno notare che tale condizione di efficienza non è suffi ciente a determinare l’equilibrio, in quanto mancano s equazioni; queste ultime possono essere individuate da:
l i = ni A;
8 P / 8 A 8 G / 8 E + 8 g / 8 T ~ 8 P / 8 E 8 g l 8 T + 8 F / 8 I
8 Pi 18 A 8 Gì / 8 Si + 8 gi / 8 Ti
’ 8 Pi 18 Si 8 gi ¡ 8 Ti
dove ti è il « prezzo » di A per i politici centrali, e it' sono i « prezzi individuali » per ciascuna comunità locale degli indici quantitativi
j = 1 , 2 , . . . , 8
j = 1 , 2, . . . , s S pi [Gi + gi]
3=1
dell’autonomia locale scambiata, determinata assieme alle altre variabili se il mercato opera in condizioni ideali di libera concor renza, come nello schema del Lindahl dei beni pubblici. Viceversa, se fossero determinati dalla forza contrattuale del governo centrale e dei rispettivi governi locali non potrebbero essere ottenuti degli equilibri efficienti in senso paretiano, poiché non potrebbero essere rispettate tutte le condizioni di efficienza sopra riportate.
Se abbandoniamo l’ipotesi di comportamento pseudo concorren ziale, e supponiamo in particolare che il governo centrale sfrutti il proprio potere contrattuale, oppure se ipotizziamo la presenza di un sindacato dei governi locali, segue come conseguenza che l’equilibrio raggiunto non solo differisce da quello sopra descritto, ma altresì che tale equilibrio non è efficiente.
L’imposizione di un vettore di prezzi [ir] oppure di trasferi menti [7], ad esempio, impedirebbe il verificarsi delle condizioni effi cienti : in particolare anche se il sindacato si limitasse a ripartire con criteri « equitativi » il totale dei trasferimenti I tra i vari governi locali.
La presenza di un sindacato dei governi locali, di per se stessa, non è però sintomo di maggiore inefficienza rispetto alla situazione in cui il governo centrale sfrutta la sua posizione di potere rispetto ai governi locali : si tratta di paragonare due posizioni inefficienti.
Poiché nella realtà si può osservare l’esistenza di associazioni tra gli enti locali (ad esempio l’ANCI) che di fatto assumono com portamenti assai vicini a quelli di una unione sindacale, e poiché si può tranquillamente supporre che il governo centrale cerchi di sfruttare la sua posizione di predominio nei riguardi dei governi locali, possiamo concludere che le relazioni tra i diversi livelli di governo siano tali da non permettere il raggiungimento di equilibri paretiani, e che pertanto ci si deve muovere nell’ottica del second best.
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Si può però pensare che l’autonomia sia sotto certi aspetti una risorsa parzialmente riproducibile, in quanto può assumere aspetti assai differenti (dalla dimensione « tributaria » a quella decisionale, a quella relativa alla spartizione delle funzioni tra i diversi livelli di governo ed in fine a quella della collaborazione con i politici centrali), mentre tra le classi politiche esiste necessariamente una rete di interrelazioni che può ricostituire l’autonomia ad esempio attraverso azioni del Parlamento in contrasto con i desideri « uffi ciali » del Governo.
La problematica è assai complessa, perché si inquadra nella dia- «. lettica tra i partiti della coalizione governativa a livello centrale e i partiti all’opposizione, intrecciata con quella degli stessi partiti al governo e all’opposizione ai livelli locali, che spesso non coincidono.
Al riguardo anche l’inflazione pone dei problemi particolari, in quanto essa non ha effetto sull’autonomia (che non è valutata in moneta). LTn trasferimento agli enti locali meramente ricostitutivo del valore d’acquisto di quello dell’anno precedente (e quindi pari a zero in termini reali) sarebbe comunque pagato in termini di auto nomia. Anche se tale fenomeno potrebbe essere compensato in parte mediante l’aumento del prezzo dell’autonomia in termini dei trasferi menti, l’inflazione favorisce il governo centrale rispetto ai governi locali, salva la pattuizione di indicizzazioni.
3.3.2. Come è noto, in Italia il finanziamento degli enti locali a partire dalla riforma tributaria è sostanzialmente basato su tra sferimenti dal governo centrale. La situazione è caratterizzata da un basso livello di autonomia locale e da un alto livello di trasferi menti, così che ci si dovrebbe aspettare una sostanziale difficoltà per gli enti locali a contrattare annualmente incrementi ulteriori nei livelli dei trasferimenti.
voli agli enti locali, come divieti di assunzioni di personale, tetti massimi di espansione alla spesa, fissazione delle tariffe locali, ecc.
Poiché tale scambio non ha potuto essere effettuato in termini di efficienza, come è stato chiarito sopra, ma è evidentemente stato basato sulla forza contrattuale delle parti ci si può aspettare nel mediolungo periodo una divergenza sensibile tra la situazione effet tiva e quella idealmente efficiente, tale da proporre perfino un so stanziale rovesciamento dei termini di scambio.
Le funzioni di utilità dei politici centrali e locali e i relativi vincoli elettorali potrebbero cioè essere stati modificati in maniera tale da rendere ad un certo punto conveniente per i politici centrali una cessione di autonomia locale verso un incremento negativo nei trasferimenti agli enti locali, e viceversa per quanto riguarda i politici locali.
La concessione di autonomia tributaria agli enti locali, nel l’ottica dei politici centrali, può a questo punto apparire conveniente, ma soltanto se in contropartita vengono diminuiti i trasferimenti.
A tali considerazioni possono essere aggiunti ulteriori elementi indiziari di possibili mutamenti nelle funzioni di utilità dei poli tici centrali e del rispettivo vincolo elettorale, in particolare in rife rimento al problema della crescita della spesa pubblica e della relativa pressione fiscale. È possibile che lo sviluppo della spesa porti a livelli sempre meno tollerabili la pressione fiscale, e che quindi i politici centrali ad un certo punto siano indotti a sacrificare parte dello stock accumulato di autonomia locale per diminuire i trasferimenti ai governi locali. In tal modo, anche a livello invariato di pressione fiscale complessiva, i politici centrali potrebbero riversare sui go verni locali le implicazioni negative in termini di perdita di voti dovute ad ulteriori aumenti della pressione fiscale centrale.
I politici locali, d’altra parte, potrebbero anche accettare la perdita di voti legata all’introduzione di una più o meno estesa auto nomia tributaria in quanto la situazione precedente ha permesso l’accumulo di un sostanziale surplus di voti.
II verificarsi di tali circostanze è certamente favorito da un rallentamento nello sviluppo (o addirittura da diminuzioni) del red dito nazionale: ciò è implicito nel riferimento sopra fatto alla pres sione fiscale, ma un richiamo espresso sembra comunque utile per i possibili riferimenti controfattuali nel caso della TASCO.
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locale svoltosi in un prolungato periodo di stagnazione economica,, mentre nell’attuale fase di ripresa economica sono comparse incer tezze che probabilmente faranno abortire il progetto alle quali pud non essere estranea, da parte governativa, una minore preoccupa zione tributaria basata su prospettive di aumento del reddito na zionale.
Il finanziamento degli enti locali con trasferimenti mette i poli tici locali in una ottima situazione per quanto riguarda il loro- vincolo elettorale, anche se ha come contropartita una perdita di autonomia. Nel medio/lungo periodo questa circostanza, per un effetto di consolidamento, tende a cambiare le loro funzioni di utilità e a- generare da un lato delle aspettative di gratuità nei trasferimenti futuri, e dall’altro lato a far aumentare la desiderabilità dell’auto nomia, in particolare tributaria, creando quindi le premesse per uno- scambio inverso con il governo centrale. Questa disponibilità, tuttavia, dipende in gran parte anche dalla forza contrattuale raggiunta, perché l’autonomia tributaria riporterebbe i problemi elettorali, e quindi è sempre vista come una extrem a ratio, accettabile solo se i politici centrali non sono assolutamente disposti a fornire ulteriori trasferimenti a buon mercato in termini di autonomia locale. L’auto nomia tributaria, anche se offerta gratis, può non essere gradita se- esistono alternative migliori quali i trasferimenti gratuiti.
3.3.3. Infine sembra importante considerare, sempre nell’ipo tesi di autonomia tributaria locale bassa, gli effetti della forza con trattuale locale.
Per prima cosa, anche se in astratto non vi è ragione di pensare- che l’unione sindacale locale tenti di fissare il « prezzo » dell’auto nomia piuttosto che la « quantità » di trasferimenti, in concreto sem bra probabile che la strategia seguita sia quella di fissare un obiet tivo in termini di trasferimenti, e contemporaneamente minimizzare la quantità di autonomia ceduta.
perdita nel senso che fanno esclusivamente diminuire la spesa cen trale : questo dovrebbe effettivamente essere il caso usuale.
In ogni modo il risultato della strategia contrattuale locale è quello di forzare i politici centrali su un livello di utilità inferiore, anche se sempre nel rispetto del vincolo dei voti.
Da un punto di vista generale la sostituzione delle imposte locali con trasferimenti dal governo centrale implica (nell’ottica locale) la liberazione dal vincolo elettorale e l’assoggettamento a vin coli ad hoc imposti dal governo centrale: in termini dinamici il ri schio è rappresentato dalla difficoltà di continuare lo scambio trasfe- rimenti/autonomia locale.
Come è stato osservato sopra, il problema è connesso con la esau- stibilità della risorsa « autonomia locale », ma è strettamente col legato anche alla forza contrattuale degli enti locali. Se infatti i poli tici locali ritengono di aver raggiunto una forza tale da costringere il governo centrale ad incrementi nei trasferimenti virtualmente gra tuiti in termini di autonomia locale, tale rischio è accettabile. In tale caso gli enti locali hanno raggiunto una situazione quasi ottimale nel senso che sono bensì esonerati dal problema del vincolo elettorale e possono rivolgere la loro forza contrattuale per ottenere nuovi incrementi nei trasferimenti (ma anche per diminuire gratuitamente i vincoli operativi, ossia per recuperare parte dell’autonomia ceduta in tempi passati), ma l’incremento della spesa locale dipende dalla situazione in cui si trova il governo centrale. Per grande che sia la forza contrattuale raggiunta dai politici locali, l’entità dei trasferi menti aggiuntivi dipenderà comunque dalla situazione finanziaria del governo centrale: nel caso che quest’ultima sia poco soddisfacente è plausibile ipotizzare che anche i trasferimenti aggiuntivi saranno piuttosto scarsi.
Un elemento che ragionevolmente influisce sull’entità dei trasfe rimenti in lire correnti è il fenomeno dell’aumento dei prezzi relativi del prodotto pubblico rispetto a quelli dei prodotti privati (7). Poiché infatti gran parte della spesa locale è rivolta alla produzione di servizi mentre al contrario la parte maggiore della spesa centrale riguarda ormai trasferimenti alle famiglie o alle imprese, i politici locali possono a ragione argomentare che gran parte degli incrementi nei trasferimenti sono in realtà necessari per mantenere gli standard
(7) Si rinvia al classico Baumol W., M acro ec o n o m ic o f U n balan ced
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raggiunti nei servizi locali. Ciò non può che rafforzare la loro posi zione nelle contrattazioni con i politici centrali. Probabilmente i politici non hanno mai sentito parlare di Baumol, ma i loro consu lenti economici sì; in ogni modo, poiché il fenomeno ha rilevanza concreta, si può stare tranquilli che ai politici locali e centrali non sfuggono le implicanze delle variazioni nei prezzi relativi.
Sui termini di scambio tra i politici centrali e quelli locali in fluisce altresì presumibilmente il ciclo elettorale (8), sia locale sia centrale: su questo argomento, tuttavia, è possibile qui soltanto fare una semplice notazione ad memoriam.
4.1. Non so quanto interesse oggettivo o euristico possa avere 10 scenario che ho presentato : io sono tuttavia convinto che esso contenga almeno qualche elemento per interpretare le vicende ita liane. In tutti i modi, l’essenza del « dramma TASCO » (forse però 11 termine commedia all’italiana è più appropriato) recitato in questi ultimi mesi, mi sembra sia comprensibile solo se accettiamo almeno l’ipotesi dello scambio tra trasferimenti statali ai comuni contro autonomia tributaria locale, inquadrato in un insieme di complesse interrelazioni che legano le classi politiche centrali e locali.
Il problema del ripristino dell’autonomia tributaria locale, in altri termini, è legato in maniera non meramente tautologica alla diminuzione effettiva o potenziale dei trasferimenti statali, ma in modo funzionale attraverso l’intreccio di relazioni tra le classi poli tiche, ed in particolare alla « forza contrattuale » del Governo cen trale e dell’ANCI, di fatto intesa come unione sindacale dei comuni. Una prima possibilità astratta è allora che i Comuni annettano veramente all’autonomia tributaria una utilità maggiore che non ai trasferimenti statali: in tale caso si può arrivare a soluzioni po sitive solo se la situazione complessiva e finanziaria del Governo è tale da preferire la diminuzione dei trasferimenti alla concessione di autonomia tributaria.
Mentre ci sono elementi per pensare che ciò sia vero in questo momento per il Governo centrale, sembrerebbe che così non sia per almeno una parte importante dei comuni, come ho ricordato sopra. Le conclusioni, allora, sono che l’autonomia tributaria rimane un mito di cui è piacevole discorrere nei nostri convegni, e che l’unica
(8) Si veda, per il caso italiano in particolare, Santagata W ., C iclo
possibilità alternativa alla TASCO è semplicemente il trasferimento statale.
Mi pare tuttavia che esista una seconda possibilità, legata alla forza contrattuale relativa tra il Governo centrale e quelli locali. Se cioè il Governo centrale è in grado di impostare le contrattazioni da una posizione di forza, esso può imporre forzosamente l’auto nomia tributaria ai Comuni, facendola pagare ovviamente con dimi nuzioni nei trasferimenti. Anche in tale situazione ha senso allora di scutere della TASCO, delle sue possibili alternative e anche di altri possibili futuri spezzoni di autonomia tributaria. In caso contrario, le materializzazioni delPautonomia tributaria locale probabilmente resteranno semplici ectoplasmi evocabili a richiesta da finanzieri- medium.
Ho già detto sopra che non mi pare probabile che il Governo trovi la coesione necessaria per battere il « partito governativo anti- autonomia », meridionale o settentrionale che sia, e pertanto la mia relazione dovrebbe chiudersi qui, con la conclusione che l’unica alter nativa alla TASCO in termini pragmatici è il trasferimento. Tutta via cederò anch’io alla tentazione di fare dello « spiritismo fiscale », discutendo in termini convenzionali di « alternative » all’imposta sui servizi, sia pure brevemente.
Nel seguito farò allora delle riflessioni sulle più ragionevoli alter native alla TASCO, nella previsione che essa non passi per quest’anno, ma sia riproponibile con qualche mutamento per l’anno prossimo, sempre rimanendo dello stesso ordine di grandezza quanto a gettito. Non mi interesserò invece ad una « autonomia tributaria » di grande respiro, ossia all’ipotesi che il gettito dei tributi locali sia consi stente, ad esempio che contribuisca al finanziamento complessivo della spesa locale nell’ordine del 50 %.
4.2. È difficile aggiungere alcunché all’approfondito dibattito svoltosi negli ultimi tempi in materia : basta ricordare le varie forme di imposizione patrimoniale locale (quali l’IL P I, l’ILOR, l’ILCI), le proposte di rimaneggiamento dell’ILOR, i suggerimenti di addizio nali all’IR P E F e all’IR P E G ed infine l’idea di coinvolgere anche PIVA.
Sulle varie forme di patrimoniale locale mi limito a fare un rinvio ai numerosi studi recenti (9), dopo aver semplicemente notato
(9) In particolare si veda : Ga l l o F ., L 'a u to n o m ia tr ib u ta r ia d eg li en ti
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che effettivamente il patrimonio immobiliare si presta teoricamente bene ad una tassazione locale in quanto strettamente legato al terri torio. Tuttavia nella situazione concreta italiana ho delle perplessità in quanto la pressione complessiva come ho notato al § 1.1. mi pare già abbastanza alta. Questa ipotesi presupporrebbe quindi un riordino delTimposizione complessiva sulle proprietà immobiliari, dall’ILOR, all’LNVIM, all’imposta di registro, ecc., e pertanto non sembra una ipotesi di gestazione pronta ed immediata.
L’ILOR, a sua volta, sembrerebbe una soluzione ovvia : basterebbe che la prossima legge finanziaria « dimenticasse » di attribuirne il ^ gettito allo Stato. Si porrebbero però due problemi: uno interessante dal punto di vista dello studioso di finanza pubblica, e cioè la calibra tura dei criteri di ripartizione del gettito tra gli enti locali ed il relativo riordino del ventaglio di aliquote; tuttavia è probabile che lo studioso ambiziosamente suggerisca anche una qualche sua ristrut turazione, e ciò complicherebbe alquanto una soluzione apparente mente semplicissima.
Il secondo — e più grave — problema sarebbe costituito dalla perdita di gettito statale, superabile de plano se l’autonomia tribu taria locale avesse come contropartita una pari diminuzione di gettito, difficilmente superabile altrimenti. Si tenga presente, a tale proposito, che il gettito ILOR, pur non essendo altissimo, è comun que abbastanza consistente : nel 1985 è stato pari a 10.566 miliardi, ossia il 6.15 % delle entrate tributarie statali e il 17 % circa del gettito IR P E F che è stato pari a 62.316 miliardi (dati di cassa).
Le addizionali IR P E F ed IR P E G , pur presentando dei pro blemi dal punto di vista del fenomeno del pendolarismo potrebbero andare bene, ma secondo me si presterebbero meglio ad una ipotesi di « grande autonomia », che non ad un prelievo quasi irrilevante quale quello di cui mi sto occupando adesso.
Per quanto riguarda PIVA, infine, un suo coinvolgimento in tema di finanziamento degli enti locali potrebbe essere bene considerato se si trattasse di provvedere a una fonte automatica di fondi, ma sem pre nell’ottica dei trasferimenti statali. Si tratterebbe sostanzialmente di una compartecipazione ad un tributo statale, che presenterebbe
lo ca le, Il Mulino, Bologna, 1981 ; Ministero delle Finanze, I l rio rd in a m en to
dell'im p osizion e su gli im m o bili, Roma, 1981 ; Mancini A.-Zevi A., Im p o s te im m o b ilia r i e d au to n o m ia tr ib u ta r ia d e i com uni, Ed. Autonomia, Roma, 1984;
Tramontana N. (ed.), L a p o te s tà im p o sitiv a d ei com u n i e d e lle p rovin ce,