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"I DANNI RIFLESSI"

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Academic year: 2022

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"I DANNI RIFLESSI"

Dr. Fabio Buzzi*

Poiché la questione dei danni riflessi rimanda ineluttabilmente alla necessità di differenziare ciò che costituisce danno meramente morale da ciò che costituisce danno concretamente biologico, alle considerazioni di ordine medico-legale che qui di seguito intendo proporre in maniera doverosamente sintetica, ritengo opportuno premettere - proprio per il suo importante richiamo all'apporto interpretativo di matrice medica - una preoccupazione di ordine processual- civilistico espressa alcuni anni orsono da Gianguido Scalfi 1 in questi termini:

«La risoluzione di questa antinomia si avrà solo con la caducazione del superato principio limitativo posto dall’art. 2059 del Codice Civile, che ritengo vada cassato. Resta la preoccupazione attinente alla funzione giurisdizionale che, sulla base del principio affermato, prolifica in modo inusitato il danno alla salute dei congiunti innestato sul danno morale. Se si ha presente la pratica dei Tribunali, assediati da domande sovente temerarie, non ci si può illudere che il principio non sia sfruttato anche per effetto dell’ignoranza riguardo all’influenza della sfera morale sulla salute. Non si può nascondere che nella stessa coscienza comune ciò che è morale, cioè l’espressione dell’anima, scolora e dissolve nella materialità. L’arte medica reca poca luce, e forse molta confusione in questi confini ».

E questa luce - per poca che essa giunga alla percezione del settore giuridico - compete certo di darla alla medicina legale, che - come concretamente provato dall'invero non esigua produzione bibliografia di questi ultimi anni proprio nel campo del danno psicologico, diretto e indiretto, 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 - contrariamente alla pessimistica opinione di

* Ordinario di medicina legale

1 Scalfi G., L’uomo, la morte, la famiglia, Resp. Civ. Prev., 6, 982, 1994.

2 Marchetti M., Carnevale A., Problemi medicolegali della patologia psichica da stress, Riv. It. Med. Leg., 5, 46, 1983.

3 Durante Mangoni E., Perna A., Il medico legale di fronte al danno non patrimoniale, o morale; questioni semantiche dell’alternativa definitoria e questioni pratiche di metodologia del risarcimento, Riv. It. Med. Leg., 9, 715, 1987.

4 Umani Ronchi G., Bolino G., Il danno biologico da uccisione: aspetti medicolegali, Iura Med., 2, 201, 1992.

5 Tavani M., Francia A., Polo L., Sul danno morale e sul danno biologico agli aventi diritto per la morte del congiunto:

considerazioni medicolegali, Arch. Med. Leg. Ass., 14, 394, 1992.

6 Marasco M., Marinelli E., La valutazione del danno in responsabilità civile, Iura Med., 2, 229, 1995.

7 Atti delle giornate di studio sul danno alla salute. Pisa, 12-13.5.89, a cura di Bassi Luciani A. e Poletti D. Ed. CEDAM, Padova, 1990 (1a ediz.), p. 199.

8 Fineschi V, Salvinelli R, Le attuali competenze medicolegali nella definizione del danno extra-patrimoniale (ex art.2059 c.c.), Zacchia 61,297, 1988.

9 Domenici R., Selvaggio G., La valutazione in sede di CTU: considerazioni e suggerimenti. In: AA VV, La valutazione del danno alla salute. A cura di Bargagna M. e Busnelli F.D. Ed. CEDAM, Padova, 1988 (2a ediz.), p. 171.

10 Basile L, in: Danno biologico e danno psicologico. A cura di Pajardi D. Ed. Giuffré, Milano, 1990, p. 31.

11 AA VV, Il danno biologico, patrimoniale e morale, Ed. Giuffré, (2a ediz.), Milano, 1995, v. in particolare: Brondolo W., Mangili F, Marigliano A., Danno biologico da menomazione psichica, p.256.

12 AA.VV., Il danno psichico, a cura di Brondolo W. e Marigliano A., Ed. Giuffré, Milano, 1996, v. in particolare:

Brondolo W., Marigliano A., Caratteristiche del danno psichico, p. 19, e Il danno da menomazione psichica, p. 29;

Merzagora I., Morini O., Il danno alla salute dei congiunti superstiti, o dei congiunti del gravemente leso, p. 219;

Castiglioni G., Temporaneità e permanenza del danno psichico, p. 197, e Il problema del nesso di causalità materiale p.

151.

13 Bucarelli A., Cafini D., Tanda A., Ulteriori considerazioni sul danno da morte in tema di responsabilità civile, Iura Med., 2, 289, 1996.

14 Calcagni C., Mei E., La valutazione del danno psichico in responsabilità civile: riflessioni in tema di metodologia diagnostica, Dif. Soc., 2, 157, 1998.

15 Calcagni C., Mei E., Danno morale, danno biologico psichico: aspetti giurisprudenziali e medicolegali, Dif. Soc., 4, 153, 1998.

16 Catanesi R., Troccoli G., Rinaldi R., La valutazione medicolegale della “reazione psicogena ad avvenimenti”, Zacchia, 2, 127, 1998.

17 Celli R., Mascaro V., Il danno psichico indiretto in Europa e negli USA, Min. Med. Leg., 2, 77, 1999.

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Scalfi l’ha sempre alimentata e intensificata sia attraverso l’aggiornamento e l’affinamento delle metodologie valutative, come pure attraverso l’attento monitoraggio critico 21 di quella parte della giurisprudenza che si è dimostrata proclive a risarcire il danno biologico di natura psichica in via semplicemente presuntiva.

Non sporadicamente si è invero assistito ad un automatico accreditamento "extra-peritale" di forme particolari di danno biologico di natura psichica e di tipo riflesso, la cui compensazione monetaria è stata aggiunta a quella delle consolidate categorie di danno ordinariamente accreditabili alle vittime secondarie non soltanto per la paradigmatica situazione della morte di congiunti, ma per altre meno drastiche “privazioni relazionali”. Queste (un tipico esempio è rappresentato dall'estinzione dell'attività sessuale con la vittima primaria, a causa di particolari minorazioni psico-fisiche ad essa derivate dall'illecito22) hanno non di rado ottenuto risarcimento come danno biologico riflesso, e non come mero danno morale, senza che le Corti territoriali avessero ravvisato la opportunità / necessità di specifiche indagini medico-legali atte ad appurare l’effettiva esistenza e la precisa portata delle possibili, ma non aprioristicamente e invariabilmente scontate ripercussioni psico-patologiche in capo vittima secondaria. In altre parole, si è data per scontata - e quindi neppur meritevole di verifica medico-legale - la valenza lesiva biologica di nocumenti relazionali che sono stati variabilmente definiti come danno alla serenità personale o famigliare, lesione del rapporto parentale, danno da impoverimento affettivo, danno esistenziale, danno da uccisione, o meglio da lutto, e altro ancora.

Se è giustamente oggetto di discussione il tuttora inadeguato sistema di “compensazione economica” della morte di un congiunto, segnatamente, ove questo evento non abbia comportato la provata sottrazione di cespiti economici, siffatte inadeguatezze monetarie non possono certo giustificare un uso tecnicamente improprio del danno biologico, presuntivamente postulato soltanto per concedere un (ancorché commendevole) più equo ristoro ad una privazione relazionale che altrimenti rimarrebbe intollerabilmente svilita sul piano risarcitorio.

Ma - chiudendo questo peraltro doveroso inciso, e ritornando alla questione che interessa - teniamo a rispondere all'appunto mosso da Gianguido Scalfi “all'arte medica” con un essenziale e omnicomprensivo richiamo al fatto che – a conclusione del lungo e complesso lavoro di esegesi dottrinale dianzi sinteticamente citato - nella seconda edizione della “Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente”, pubblicata sotto l’egida della Società Italiana di Medicina Legale, è stato inserito un intero capitolo, specificamente dedicato al

“Danno biologico di natura psichica alla persona del congiunto ”23.

Quest'ampia formulazione lessicale risponde evidentemente alla necessità di ricomprendere ogni nocumento alla sfera psichica del congiunto che sia derivato non soltanto dalla morte della vittima primaria, ma anche da sue minorazioni di entità tale da compromettere significativamente il livello quali-quantitativo delle preesistenti interazioni personali nel contesto dei complessivi rapporti di convivenza e di intimità.

E proprio in questa Guida risulta appropriatamente sottolineato che "il danno biologico di natura psichica si determina nella vittima secondaria allorché le sofferenze soggettive, sino ad alcuni anni fa considerate sempre e soltanto danno morale, si protraggono ed assumono le caratteristiche proprie della patologia psichica medicalmente accertabile e cioè del danno alla salute. Il principio trova talora applicazione giurisprudenziale anche nel caso che la gravità

18 De Fazio F., Danno da “morte” di un congiunto o, meglio, danno da “lutto”? Riv. It. Med. Leg. 6, 1151, 1997.

19 Atti del convegno su: “Il danno alla persona: tutela civilistica e previdenziale a confronto”, Firenze, 17-19.10.1996, Ed.

Scuola di Sanità Militare, 1998; in particolare v. Barni M., Il danno biologico da morte: profili medicolegali, p.137.

20 Ponti G.L., Danno psichico e attuale percezione psichiatrica del disturbo mentale, Riv. It. Med. Leg. 3, 527, 1992.

21 Introna F., Il danno biologico iure proprio ai prossimi congiunti e l’assenza di prove, Riv. It. Med. Leg., 4-5, 1209, 1996. E’ qui ben evidenziato il fondamentale problema dell’accertamento peritale medicolegale in caso di richieste risarcitorie per il danno biologico riflesso da perdita del congiunto.

22 Buzzi F., L’impedimento dell’esercizio della sessualità al partner elettivo del danneggiato: danno biologico o danno morale?, Resp. Civ. Prev., 2-3, 611, 1997.

23 Bargagna M., Canale M., Consigliere F., Palmieri L, Umani Ronchi G., Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Ed. Giuffré, Milano, 1998, p. 257.

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delle lesioni, e quindi delle menomazioni sofferte dal danneggiato, abbia determinato un grave trauma psichico dei congiunti, dando luogo in essi ad un disturbo psichico vero e proprio ".

Del resto, qualche anno prima della pubblicazione della Guida, a proposito del danno psichico da lutto la nota sentenza n. 372/1994 della Corte Costituzionale aveva definitivamente avvalorato il rilievo civilistico dei riverberi psico-reattivi innescati nelle vittime secondarie dalla morte di un congiunto, basandosi sul seguente concetto giuridico: ” … Il danno alla salute è qui il momento terminale di un processo originato dal medesimo turbamento dell’equilibrio psichico che sostanzia il danno morale soggettivo e che in persone predisposte da particolari condizioni (debolezza cardiaca, fragilità nervosa, ecc.), anziché esaurirsi in un patema d’animo o in uno stato di angoscia transeunte, può degenerare in un trauma fisico o psichico permanente, alle cui conseguenze, in termini di qualità personali, e non semplicemente al pretium doloris in senso stretto, va commisurato il risarcimento “.

Con queste affermazioni (ancorché venate di ingenuità e approssimazione nelle definizioni di indole medica) la Corte ha delineato una continuità tra danno morale e danno biologico entro la quale non può che essere affidato a degli esperti il compito di individuare, caso per caso, la prevalenza dell'una o dell’altra condizione, attraverso un'appropriata verifica tecnica. E questa verifica non può che basarsi su competenze e metodologie proprie della disciplina medico-legale.

Sempre sul piano giurisprudenziale si deve inoltre richiamare che già in una sentenza del 1986 la Cassazione aveva stabilito che: “Il terzo che cagiona colposamente a persona sposata lesioni fisiche, tali da rendere impossibili rapporti sessuali, deve risarcire il danno che ne deriva in via immediata e diretta all’altro coniuge.... Il diritto ai rapporti coniugali è un diritto inerente alla persona, un aspetto dello svolgimento della persona nell’ambito della famiglia e quindi va equiparato al diritto alla salute, quale diritto delle persone all’integrità psico-fisica" 24.

La Suprema Corte si era inoltre adoperata ad individuare il pregiudizio alla sfera sessuale nei seguenti termini:

1) come danno alla salute per il soggetto che lo subisce direttamente;

2) come danno alla vita di relazione o al “ménage familiare” per il partner, in quanto esso subisce una limitazione del proprio diritto-dovere di svolgere il proprio ruolo coniugale in tutte le sue manifestazioni, tra le quali non v’è dubbio rientri l’attività sessuale.

E ad entrambe le condizioni la Corte aveva assegnato valenze di tipo biologico, in quanto ostacolanti le attività realizzatrici della persona nella sua interezza psico-fisica, senza ricorrere alla distinzione tra danno diretto nel primo caso e indiretto nel secondo caso, ma semplicemente affermando la plurioffensività dell’azione dannosa illecita, in quanto responsabile di un nocumento direttamente e contemporaneamente incidente su una funzione che, nel suo ordinario esercizio fisiologico, presuppone un duale sinergismo.

Tale orientamento trovava conferma in una successiva sentenza della Corte, nella quale i giudici del diritto si avvalsero esplicitamente del concetto di danno riflesso, affermando che:

“..può ritenersi ormai acquisito dalla coscienza sociale e dall’esperienza giurisprudenziale il dato dell’ammissibilità del risarcimento delle lesioni dei cosiddetti diritti riflessi (o di

“rimbalzo”, secondo l’incisivo appellativo usato dalla dottrina francese), di cui siano portatori soggetti diversi dalla vittima iniziale di un fatto ingiusto altrui ” 25.

Sul versante medico-legale, premesso che il c.d. “danno psicologico” rientra interamente nel concetto di danno biologico, che deve necessariamente ricomprendere all’un tempo soma e psiche, è opportuno richiamare che già nella prima monografia pubblicata nel 1986 dal

24 Cass. Civ, n.6607, 11 novembre 1986,in Il Foro It., II/833, 1987, con nota di A. Princigalli, nella quale il nostro sistema viene comparato con il diritto di common law da una parte, e con quello francese dall’altra, al fine di ricavare, dallo studio delle diverse realtà giuridiche, elementi utili al legislatore per la realizzazione di una disciplina più organica in materia.

25 Cass. Civ. n. 60, 7 gennaio 1991, in: Resp. Civ. Prev., 446,1991. Ma anche, contra, Cass. Civ. Sez. III, n. 6854, 16 dicembre 1988, nella quale la Corte affermò che il risarcimento dei danni non patrimoniali spetta ai prossimi congiunti soltanto se si tratta di danno cagionato da evento letale, mentre nel caso di lesioni colpose il danno morale ai congiunti della vittima costituisce conseguenza mediata e indiretta del fatto illecito.

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TAGETE 4 -2000 4 particolarmente meritorio gruppo di ricerca pisano del CNR per lo studio interdisciplinare del danno alla salute (guidato da Marino Bargagna e Francesco Donato Busnelli), proprio Marino Bargagna anticipò, con perspicua lungimiranza, l’impostazione concettuale della dianzi citata sentenza n. 372/1994, affermando che il patimento psichico non è riconducibile nell’ambito del danno alla salute allorquando non è obiettivabile e ponderabile, mentre lo è nel caso in cui “sfoci in manifestazioni, sia pure attenuate, di patologia psichica o psico-somatica, cioè in lesione, medicalmente constatabile e determinabile, dell’integrità ed efficienza psico-fisica “ 26 .

E proprio questa inveterata questione della necessità di distinguere ciò che è mero danno morale da ciò che è concreto danno biologico, segnatamente per i riverberi di natura psichica in capo alle vittime secondarie, è di portata tale da aver meritato una specifica attenzione nel recente progetto di riforma del sistema risarcitorio del danno alla persona di rilievo civilistico, contenuto nel noto progetto di legge sul danno alla persona (che è stato tempestivamente commentato dai due succitati coordinatori del gruppo pisano27 e poi da altri), presentato dall’ISVAP al Consiglio dei Ministri il 4.6.1999.

Invero, l’art. 1 di questo progetto reca la proposta di aggiungere all'art. 2056 c.c. un articolo 2056 ter, specificamente dedicato al “Danno biologico dei prossimi congiunti del danneggiato “.

In esso si prevede, senza alcuna specificazione in ordine alla natura psichica o d'altra specie del danno, ma con una tassativa e molto ristretta delimitazione del novero degli aventi diritto 28, che

“In caso di morte del danneggiato è risarcibile il danno biologico subìto dai prossimi congiunti.

… per prossimi congiunti si intendono il coniuge e i parenti entro il secondo grado. Al coniuge è equiparato il convivente di fatto, unito da stabile comunione morale e materiale con il danneggiato, che ne dia la relativa prova ".

E proprio sulla questione del danno biologico e dei suoi rapporti col danno morale, questo progetto reca anche l'incisiva proposta di una radicale innovazione dell'art. 2059 c.c. (sulla cui inadeguatezza poggiava la citata preoccupazione di Gianguido Scalfi) attraverso la seguente riformulazione: "Art. 2059 (Danno morale): in mancanza di specifici criteri previsti dalla legge il danno morale è liquidato dal giudice tenuto conto della gravità della lesione e di ogni altro elemento idoneo a provarne l'effettiva incidenza sul danneggiato ".

Esso prevede inoltre l'estensione della risarcibilità del danno morale alle vittime secondarie in forma strutturata e - differentemente da quanto previsto per il biologico - non limitata alla morte del congiunto, nei seguenti termini: "Art. 2059-bis. (Danno morale dei prossimi congiunti del danneggiato). In caso di morte del danneggiato, è risarcibile il danno morale subìto dai prossimi congiunti. Il danno morale sofferto dai prossimi congiunti del danneggiato è altresì risarcibile quando la lesione dell'integrità psicofisica da quest'ultimo subita in conseguenza dell'evento dannoso sia pari o superiore al 50% di invalidità. Nella determinazione dell'ammontare del risarcimento del danno di cui al primo e al secondo comma del presente articolo si applicano le disposizioni dell'articolo 2059. Ai fini del primo e secondo comma, per prossimi congiunti del danneggiato si intendono il coniuge e i parenti entro il secondo grado. Al coniuge è equiparato il convivente di fatto, unito da stabile comunione morale e materiale con il danneggiato, che ne dia la relativa prova ".

In siffatta formulazione non può non cogliersi il tentativo di circoscrivere la risarcibilità del danno riflesso all'ambito del morale in tutti i casi diversi dalla morte del congiunto. Non si spiega

26 AA VV, La valutazione del danno alla salute. A cura di Bargagna M. e Busnelli F.D. Ed. CEDAM, Padova, 1986, p.165.

27 In: Danno e responsabilità, 7, 727, 1999. Con commenti del giurista F.D. Busnelli e del medico legale M. Bargagna, dei quali ci limitiamo a ricordare le critiche all'inedita definizione ex lege del danno biologico, come lesione all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medicolegale.

28 Sulla tassativa delimitazione del novero dei congiunti cui il progetto di riforma riconosce la risarcibilità del danno biologico da lutto, Patrizia Ziviz (Una nuova disciplina in tema di danno alla persona: prime impressioni sulla proposta di riforma approvata dal governo, Resp. Civ. Prev. 3, 833, 1999) ha perspicuamente argomentato che: ” …se il danno biologico va dimostrato attraverso l’accertamento di una malattia psichica, non si comprende la necessità di procedere ad una limitazione a priori dei soggetti legittimati. Né appare giustificata la previsione del ristoro di tale pregiudizio ai prossimi congiunti soltanto nell’ipotesi di decesso del familiare, e non anche a fronte della lesione della salute dello stesso”. Invero, nell’ultima ipotesi il progetto ISVAP prevede soltanto il risarcimento del danno morale e limitatamente al caso in cui il danno biologico patito dalla vittima primaria sia superiore al 50%.

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infatti altrimenti l'esplicita ammissibilità al risarcimento del danno biologico riflesso in caso di morte della vittima primaria e l'omissione di un'analoga previsione in caso di sopravvivenza della medesima con invalidità superiore al 50%, a fronte di una vice versa esplicita ammissibilità del risarcimento del danno morale per quest'ultima fattispecie.

Sul piano pratico, cioè medico-legale, si profila dunque un'ancor più pressante necessità di distinguere il danno di tipo meramente morale da quello di tipo concretamente biologico e, per quanto riguarda più in particolare il danno riflesso in capo ai congiunti, vi si sovrappone la necessità di "calibrare" la soglia del danno biologico riportato dalla vittima primaria "facendo i conti" con quella vera e propria franchigia rappresentata dalla soglia del 50%.

A questo proposito non si può trascurare di richiamare che, se situazioni invalidanti di modesta entità della vittima primaria ben difficilmente possono indurre danni riflessi, biologici o anche morali, nei congiunti, non è invece affatto difficile che invalidità di grado elevato possano per diversi aspetti compromettere l'armonia relazionale tra congiunti, arrecando nocumento non soltanto di tipo morale, ma anche di tipo biologico.

Inoltre, le alterazioni della funzione sessuale e dei connotati fisionomico-estetici, quantunque nella tariffazione della già citata Guida valutativa siano parametrate a percentuali inferiori al 50%, possono evidentemente determinare danni riflessi, morali e biologici, di notevole portata nei rapporti familiari e, soprattutto, coniugali.

In prospettiva si delinea dunque la necessità di un sempre maggiore apporto dei medici legali all'appropriata definizione tecnica di questi nuovi profili del danno risarcibile, onde differenziare il più precisamente possibile i patimenti soggettivi transeunti e le minorazioni di carattere francamente psicopatologico, obiettivabili e permanenti, ben avveduti di quanto possa apparire

"incerta e artificiosa la distinzione tra il dolore morale, che non sarebbe di nocumento alla salute, e quei patimenti, fisici o psichici, che invece alla salute recano pregiudizio” 29, ma anche decisi a far valere le risorse tecniche e culturali della disciplina, incomprensibilmente trascurate dalle già richiamate, poco avvedute tendenze all' "autosufficienza valutativa" che alcune Corti di merito si sono attribuite 30.

Una tendenza che contrasta non solo con il distinguo puntualizzato nella sentenza n.

372/1994, ma anche con i più recenti indirizzi della Cassazione31, nei quali risulta trasparentemente valorizzato il ruolo che è proprio della medicina legale di sceverare ciò che può considerarsi risarcibile a pieno titolo come danno biologico da ciò che deve essere invece risarcito sul piano del danno meramente morale 32 33.

Ritengo a questo proposito particolarmente significative le seguenti, incisive e omniriepilogative constatazioni di Francesco D. Busnelli34: la prima circa il fatto che nella precitata sentenza n. 372/1994 “la distinzione, faticosamente raggiunta, tra danno alla salute (risarcibile ex art. 2043) e danno morale (risarcibile ex art. 2059) non è stata cancellata, anche se in alcuni casi essa diventa labile e tende a sfumare in una differenza di grado ”; la seconda circa il fatto che: “la scienza medico-legale, il cui supporto è fondamentale non soltanto per la valutazione del danno alla salute, ma anche per la delimitazione di tale categoria, è in grado di tracciare una tendenziale linea distintiva tra accertata patologia e fisiologico patema d’animo, tra malattia ed emozione. E la malattia mentale non sfugge a questa distinzione che solo si fa più problematica e approssimativa. La fiducia nella competenza e nella serietà dei medici deve

29 Cit. sub 26.

30 Su questa tendenza v. quanto scritto da Paola Ziviz in una perspicua nota a sentenza del Tribunale di Bologna, 13 giugno 1995, appropriatamente intitolata “Viaggio ai confini del danno psichico”, in Resp. Civ. Prev., 1, 172, 1996.

31 v. Cass. Civ. Sez. III, Pres. Bile, Rel Amatucci, n. 10085 del 12.10.1998 (“Il risarcimento del danno biologico patito dai congiunti in seguito alla morte del famigliare – pregiudizio che consiste in una menomazione dell’integrità psico-fisica dell’offeso, che ben potendo derivare dal medesimo turbamento dell’equilibrio psichico che ingenera il danno morale soggettivo, da questo differisce – può essere accordato esclusivamente ove sia fornita prova che tale decesso ha inciso sulla salute dei congiunti stessi.”) in: Resp. Civ. Prev., 3, 752, 1999, con nota di P. Ziviz.

32 Fineschi V., Ancora una vittima secondaria del “danno biologico” da morte: la C.T. medicolegale, Riv. It. Med. Leg., 2, 513, 1994.

33 Cateni C., Fineschi V., Nota alla sentenza della Corte Costituzionale n. 372 del 27.10.1994, Zacchia, 4, 463, 1994.

34 Busnelli F.D., Tre “punti esclamativi”, tre “punti interrogativi”, un “punto e a capo”, Giust. Civ. 12, I/3035, 1994.

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prevalere sul disincantato scetticismo che ha sempre nuociuto ad un corretto approccio giuridico alle patologie neurologiche e psichiatriche ”.

Questa motivatamente ottimistica prospettiva deve incentivare i medici legali ad implementare il proprio specifico apporto tecnico in dottrina e in campo peritale, non disdegnando, ma ricercando attivamente il contributo di altre discipline sul piano diagnostico 35 e curando attentamente l'indagine nessologica e la metodologia valutativa del danno.

Non a caso, nella Guida medico-legale più volte richiamata, a proposito di questa valutazione si ammonisce che: “trattasi di indagine molto composita e articolata, documentale e clinica, circostanziale e specifica, da espletare, nei casi complessi, congiuntamente ad esperti di psichiatria di provata competenza nel settore “.

La procedura delle indagini propedeutiche alla valutazione medico-legale del danno riflesso dovrebbe articolarsi nelle seguenti fasi:

1) accurata indagine anamnestico-circostanziale, con particolare riguardo per la tipologia e l'intensità del rapporto interpersonale esistente tra vittima primaria e vittima secondaria;

2) valutazione quali-quantitativa degli effetti destabilizzanti introdotti nel predetto rapporto dal danno biologico subìto dalla vittima primaria;

3) esame obiettivo psichico sulla vittima secondaria;

4) uso di strumenti testistici standardizzati per formulare un’inquadramento diagnostico verificabile, ripetibile e comunicabile, in modo tale da essere universalmente interpretabile in maniera consimile;

5) parametrazione clinica dell’entità dei disturbi psichici riscontrati nella vittima secondaria (che è ovviamente procedimento diverso dalla valutazione del danno biologico, la quale seguirà se e nella misura in cui sarà stato accreditato un nesso causale/concausale tra il danno subìto dalla vittima primaria e i disturbi in questione);

6) analisi ponderata di ogni possibile elemento di connessione causale/concausale dei disturbi psichici/psicosomatici riscontrati nella vittima secondaria con la preesistente struttura della sua personalità e con la minorazione subita dalla vittima primaria;

7) giudizio diagnostico in ordine all’inemendabilità/permanenza dei disturbi medesimi.

Molto opportunamente Merzagora e Morini 36 hanno sottolineato la differenza che corre tra le locuzioni utilizzate nel settore della psicopatologia e quelle utilizzate nel settore del diritto, precisando che l’esaminatore non è “costretto” a riconoscere la sussistenza del danno soltanto in presenza di un ben determinato quadro nosografico e non di altre alterazioni, potendosi affermare l’esistenza di un danno allorquando vi siano modificazioni dell’essere psichico del soggetto con carattere di permanenza che vanno al di là del transeunte turbamento. Peraltro - consapevoli anche della necessità giuridica della “certezza” – essi hanno altrettanto opportunamente avvertito che tale criteriologia può comportare, per eccesso di discrezionalità dell’esaminatore, il risvolto negativo di una minor certezza e di difformità di valutazione di fronte a situazioni simili. Gli stessi autori hanno anche sottolineato quanto diverse possano essere le possibilità di reagire ad un avvenimento, senza che necessariamente si debba parlare di anormalità, semplicemente perché il termine di “normalità” rinvia per forza di cose ad un sottostante significato statistico che poco ha a che vedere con la soggettività psichica. Essi hanno inoltre fornito equilibrate indicazioni circa l’uso dei sistemi di analisi e di classificazione standardizzati e ripetibili (tipo DSM, ICD, Scale d’impatto degli eventi, ecc.), che ci trovano pienamente d’accordo.

Quantunque l’utilizzo del DSM sia ormai irrinunciabile in qualsivoglia contesto psichiatrico che necessiti dei predetti requisiti, per mero scrupolo di prudenza, ma anche a conferma della serietà globale di questo sistema classificativo, si ricorda che nell’introduzione all’uso del manuale è espressamente precisato che: quando le categorie, i criteri e le descrizioni del DSM- IV vengono utilizzati a fini forensi, sono molti i rischi che le informazioni diagnostiche vengano

35 Corte F, Buzzi F., Il danno biologico da lutto: metodologia psico-diagnostica medicolegale, in corso di pubblicazione su:

Rivista Italiana di Medicina Legale.

36 Cit. sub 12

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interpretate in modo scorretto, a causa dell’imperfetto accordo tra le questioni di interesse fondamentale per la legge e le informazioni contenute in una diagnosi clinica. Nella maggior parte dei casi la diagnosi clinica di un disturbo mentale del DSM-IV non è sufficiente a stabilire l’esistenza ai fini legali di una “disabilità mentale” … nel determinare se un individuo soddisfa uno specifico standard legale sono di solito necessarie più informazioni rispetto a quelle contenute in una diagnosi di DSM IV.

Per quanto riguarda l’analisi del nesso causale, è quasi superfluo richiamare che nell’eziologia dei disturbi psichici/psico-somatici correlati al danno psichico riflesso, il cui substrato è per lo più (anche se non esclusivamente) di tipo depressivo-ansioso, non sempre è possibile poggiare l’impalcatura diagnostica sull’unico pilastro di una causa esclusiva. Infatti, quasi sempre esso rappresenta il prodotto di molteplici fattori disturbanti, i quali attivano una spirale patogena che, con effetti di sommatoria, ad un certo punto dà corpo all’alterazione psico-comportamentale che riconosce come ultimo fattore concausale l’evento giuridicamente rilevante, secondo il noto concetto della “causalità circolare”.

È senza dubbio questo il presupposto criteriologico che deve essere utilizzato per la valutazione del nesso causale nel campo del danno psichico, conformemente, del resto, alle indicazioni della migliore dottrina del settore, nella quale spicca un fondamentale contributo di Gian Luigi Ponti37, che contiene dei validissimi presupposti teorici e pratici per la differenziazione del danno morale dal danno psichico, per la valutazione delle concause disposizionali preesistenti e anche per la stima medico-legale del danno psichico.

In campo medico-legale sono dunque fruibili risorse molteplici e ampiamente idonee a perseguire una sufficientemente precisa distinzione tra danni riflessi di tipo prettamente morale e di tipo concretamente biologico, conformemente alle specifiche esigenze applicative del diritto civile, consolidate e prossime future. Tra l'altro, la migliore letteratura giuscivilistica 38 è in piena sintonia con la corrente impostazione concettuale medico-legale, nella cui ottica ben diverso risalto assumono sulla salute di una persona l'amarezza, l'afflizione, la desolazione, lo scoramento, il disappunto, l'insoddisfazione, e altri sentimenti negativi ancora, che occasionalmente possono crucciare la mente di chicchessia dopo qualunque avversità esistenziale, rispetto alle modificazioni continue o sub-continue del tono dell'umore in senso depressivo o ipocondriaco, o alle tipiche alterazioni, anche comportamentali, dell'ansia patologica, o ancora ai ripiegamenti introversivi e isolazionistici di tipo fobico che compromettono significativamente i livelli razionali familiari e sociali.

Per questi ultimi vi sono certo più che validi motivi di addivenire ad apprezzamenti medico- legali ed economici consensuali alla concretezza invalidante del danno biologico riflesso, mentre per i primi sono evidentemente più che adeguate le semplificate soluzioni risarcitorie di indole equitativa, proprie del danno meramente morale.

Come opportunamente puntualizzato da Francesco Donato Busnelli, la contingenza che il danno morale venga risarcito poco e male non può valere a giustificare "marchingegni"

risarcitori di dubbia consistenza, a meno che non sussista un reale danno alla salute, cioè una

37 Cit. sub 20.

38 Sulle intersezioni concettuali tra danno morale, danno psichico e danno riflesso, soltanto a titolo integrativo e senza alcuna pretesa di completezza, si richiamano qui di seguito alcuni dei numerosissimi contributi della dottrina giuscivilistica: Pellecchia E., La Corte di Cassazione e i c.d. danni riflessi; divagazioni e deviazioni sul tema, Resp. Civ.

Prev. 3-4, 456, 1991; Pellecchia E., “Lutto e malinconia”: ovvero della controversa risarcibilità del danno psichico cagionato dalla morte di un congiunto, Nuova Giur. Civ. Comm., I/Sez. II, 885, 1994; Comandé G., Nota a sentenza del Tribunale di Trento del 19 maggio 1995, Resp. Civ. Prev. 5, 800, 1995; Feverati M., Sacco M., La frontiera dei danni risarcibili: il danno biologico iure proprio da morte alla luce delle più recenti tendenze psichiatriche, un paradosso nato da una discussione fra un giurista e uno psichiatra, Giur. It. IV, 121, 1997; Cataldi M., Il danno psichico tra medicina legale e diritto, Giur. Di Merito, IV, 641, 1997; De Marzo G., Danno morale e danno psichico, Danno e Resp. 71, 691, 1998; Bona M., Lesioni mortali e danni tanatologici non pecuniari: danni risarcibili, quantificazione e questioni aperte, in Il nuovo danno alla persona, di Monateri P.G., Bona M., Oliva U., Ed. Giuffré, Milano, 1999, 81; Ziviz P., Il turbamento emotivo come fonte di danno biologico, Resp.Civ. Prev.3, 760, 1999; Bargelli E., Linee di tendenza della giurisprudenza di merito in tema di risarcibilità del danno psichico “da morte” dopo la sentenza della Corte Cost. n. 372/1994, Danno e Resp. 2, 156, 1999; Iannarelli A., Il danno non patrimoniale, le fortune della doppiezza, Danno e Resp. 7, 717, 1999; Caso R., Danno per lesione del rapporto parentale: tra esigenze di giustizia e caos risarcitorio, Danno e Resp., 1, 68-72, 2000.

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"menomazione psichica accertabile e non si cerchi di contrabbandare per tale una semplice lesione di desideri o di sentimenti " 39.

La necessità di dare giusto peso risarcitorio al danno morale è stata del resto opportunamente valorizzata negli anni più recenti dalla III Sezione della Cassazione Civile (n. 4852 del 19.5.1999, Pres. Grossi, Rel. Segreto, in: Danno e responsabilità, 2, 157, 2000, con nota di M.

Grondona) ed essa dovrebbe fungere da valido incentivo per le Corti territoriali ad abbandonare il surrettizio accreditamento del danno biologico in via apoditticamente presuntiva al fine di compensare sofferenze umanamente importanti e plausibilissime, ma comunque diverse dalle vere e proprie minorazioni psico-patologiche.

Nella direzione di un più affinato e articolato utilizzo del danno morale va del resto anche l'art. 6 del già citato progetto di legge ISVAP, nel quale è prevista la differenziazione del suo risarcimento economico alla vittima primaria secondo quattro livelli (lieve, medio, grave, molto grave) e alle vittime secondarie secondo importi proporzionali al grado della parentela e della convivenza. Un'esaustiva rassegna comparata dei sistemi di risarcimento del danno psichico riflesso e del danno morale nei diversi Paesi europei è stata del tutto recentemente pubblicata da Francesco Introna nel contesto di un suo ampio commento al predetto progetto di legge 40.

La questione del danno psichico riflesso nelle sue mutevoli valenze, ora di natura meramente morale, ora di natura effettivamente biologica, era stata del resto ben tratteggiata nei seguenti termini da Francesco Donato Busnelli: "Se il soggetto ha subìto una lesione altamente invalidante, perché il familiare non deve avere anch’egli un risarcimento del danno? Se qualora questo avvenga non vedo perché non si debba risarcire il danno morale del familiare. La giurisprudenza non lo prevede... Credo che si tratterà, in questi casi, di vincere delle resistenze e di contenere l’eventuale ondata che si teme essere dilagante... Ma questi problemi sono da affrontare e a viso aperto e non da lasciare da parte per il timore di una valanga… questi problemi aprono un'era nuova nel tema del danno alla persona, ed in particolare del danno alla salute ”41. Egli aveva inoltre colto la necessità di un doverosamente razionale ed interdisciplinare approccio al problema, proprio in ragione del " progressivo spostamento del fulcro della tutela risarcitoria della salute dal danno reale, conseguente ad una menomazione psico-fisica accertata dal medico legale - donde l’importanza del concorso e la cooperazione tra le due culture (quella giuridica e quella medico-legale: ndr) - al danno presunto, che non postula questa collaborazione, coincidente con eventi di varia natura" 42.

Invero, la medicina legale ha non solo la possibilità, ma il dovere di esercitare un ruolo fondamentale nell'indispensabilmente preliminare accertamento - che non può che passare attraverso una metodologia peritale biologico-clinica - se ciò per cui si pretende un risarcimento costituisce realmente un nocumento biologico, o non piuttosto un semplice patimento morale.

A questo proposito risulta di vitale importanza anche un’accorta public policy nei confronti delle forme di compensazione economica del danno biologico, onde delimitare con appropriatezza tecnica (e non soltanto per ancorché plausibili ragioni di "risparmio sociale") l’area dei danni risarcibili, specie con riferimento alle condizioni di difficile ricostruzione causale e di difficile definizione medico-legale, per realizzare un armonico equilibrio tra gli schemi della giustizia correttiva, propri del diritto privato, e quelli della giustizia distributiva, propri del diritto pubblico.

Come perspicuamente osservato in proposito da Guido Alpa43, un programma di social policy compete al legislatore, non alle Corti.

39 Busnelli F.D.: Sul valore inestimabile dell’uomo e il risarcimento del danno. Atti del Convegno “Il prezzo dell’uomo”, Pisa, 5-7 maggio 1994, p. 15

40 Introna F., Ancora un tentativo per rendere omogenea la liquidazione economica del danno biologico (la proposta ISVAP del 1999), Riv. It. Med. Leg. 45, 1383-1400, 1999.

41 Cit sub 41.

42 Busnelli F.D.: Il danno alla salute tra vere e false antinomie. Atti del Convegno “Le nuove frontiere del danno risarcibile”, Montecatini, 1995, p. 63.

43 Alpa G.: I fondamenti filosofici della responsabilità civile (a proposito di un libro di Izhak Englard. Resp. Civ. Prev., 1, 5, 1996.

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Vedremo dunque quale sorte avrà, anche e soprattutto per gli aspetti concernenti i danni riflessi, il progetto di legge sul danno alla persona dianzi richiamato.

Un progetto fortemente innovativo, ma non del tutto aggiornato, atteso che sta consolidandosi alla nuova figura del "danno esistenziale": un vero e proprio tertium genus, accanto al danno biologico e al danno morale, inteso a compensare ogni forma di nocumento al modus vivendi e all'omeostasi personale, nonché alle possibilità di coltivare ed esprimere tutte le risorse ed attitudini connaturate alla personalità di ciascun individuo.

Di questa tipologia di danno il progetto non contiene alcun accenno, mentre la più attenta dottrina civilistica44 ne sta valorizzando l'importanza in maniera sempre più incisiva, tanto che, secondo la Ziviz, per esso "pare ormai avviato quel percorso che potrà consentire, in ambito aquiliano, una protezione della persona umana a 360° " 45 .

44 Su questo nuovo profilo del danno alla persona si vedano, in particolare: Oliva U., Mobbing: quale risarcimento; Bona M., Perdita del nascituro: un nuovo precedente per il danno esistenziale; entrambi in Danno e Responsabilità, 1, 2000, 27-34 e 91-98.

45 Ziviz P.: Il danno esistenziale preso sul serio. Nota a: Tribunale di Milano, 21.10.1999, Giudice Unico Chindemi, e a Giudice di Pace di Casamassima, 10.6.1999. Est. Stasi, in: Resp. Civ. Prev. , 6, 1335, 1348.

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