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DANNO PSICHICO: INQUADRAMENTO MEDICO-LEGALE

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Academic year: 2022

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Dr. Raffaele Castiglioni

1."Le nuove frontiere del danno risarcibile": titolo del Convegno odierno; e titolo del Convegno di Montecatini, maggio 1995. Passano sette anni; e le frontiere sono sempre "nuove". Si vedano i sottotitoli: "Tra danno psichico e danno esistenziale" oggi, a Palermo; "Quando i confini tra danno morale e danno biologico, nel suo aspetto psichico, sono incerti e mal definiti", anni fa, a Montecatini.

Al centro, sempre il danno psichico; ieri, da distinguere dal danno morale;

oggi, da distinguere dal danno esistenziale. Avanzano le frontiere; ma restano sempre mal definiti i confini fra tipi di danno.

* * * *

2. Il danno biologico psichico è scoperta degli anni Novanta. In effetti, solo dai primi anni Novanta c'è un significativo aumento dei casi di "preteso" danno psichico. In testa il danno da lutto; il mobbing; il danno psichico "puro" derivante da incidenti del traffico e da tutta una serie di fatti illeciti, quali le immissioni rumorose, le aggressioni, le ingiuste denuncie, i maltrattamenti familiari, ecc..

La prima opera che prefigura il danno psichico esce nel 19841. Ma rimane, per anni, opera isolata2; lo stesso vale per i convegni sul tema3.

Le tappe d'indagine in tema di danno psichico, già chiaramente delineate agli albori del danno, sono: a) l'inquadramento diagnostico, b) l'accertamento del

Psichiatra, Medico Legale, Milano

1 Cendon P., Il prezzo della follia. Lesione della salute mentale e responsabilità civile, Il Mulino, Bologna, 1984

2 Castiglioni R., Eventi traumatici modesti e sequele psichiche: il problema del nesso di causalità materiale, in DEA, 419-442, 1992; D'Amico P., Il danno da emozioni, Giuffrè, Milano, 1992; Ponti G.L., Danno psichico e attuale percezione psichiatrica del disturbo mentale, in Riv.

It. Med. Leg., XIV, 1992

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nesso causale; c) il giudizio sulla temporaneità o sulla permanenza del danno;

d) la quantificazione.

Si macina casistica; e i problemi vengono a galla. I criteri di accertamento del danno psichico si perfezionano; ma non significa che i problemi siano del tutto risolti.

* * * *

3. Vediamo i problemi ancora dibattuti, con riferimento alle singole tappe dell'accertamento.

* * * *

(a) Inquadramento diagnostico. Si attua attraverso il colloquio, l'esame psichico, e, laddove necessario, mediante i test psicodiagnostici, che, per altro, supportano la clinica, ma non possono in alcun modo sostituirla. E' questione strettamente specialistica. Inutile dilungarsi in questa sede. Per chi volesse approfondire ci sono trattazioni esaurienti4.

Basterà qui accennare a due temi: l'uso del DSM e l'incertezza della distinzione fra salute e malattia psichica.

+ + +

Per quanto riguarda il DSM – oggi DSM-IV-TR – capita ancora troppo spesso, da un lato, di sentir chiedere che cosa sia; dall'altro, di vederlo usato come una sorta di Bibbia della psichiatria.

Ebbene, il DSM è il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali elaborato dall'American Psychiatric Association. L'ordinale – IV – significa quarta edizione, 1995 per l'edizione italiana (la prima risale al 1952); la specificazione TR significa text revision, ossia revisione e perfezionamento della quarta edizione, da fine 2001 in edizione italiana.

Scopo del DSM è di "fornire descrizioni chiare delle categorie diagnostiche, allo scopo di consentire ai clinici ed ai ricercatori di diagnosticare, di comunicare, di studiare e di curare le persone affette dai diversi disturbi

3 Cfr. Convegno Medico-Giuridico,“Le nuove frontiere del danno risarcibile. Quando i confini tra danno morale e danno biologico, nel suo aspetto psichico, sono incerti e mal definiti”, Montecatini Terme, 4-6 maggio 1995, (cfr. Atti, Acomep, Pisa)

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mentali". In effetti, "l'uso di tali criteri [diagnostici] fa innalzare la concordanza tra clinici" (DSM-IV-TR, p. 15).

Il DSM adotta una valutazione multiassiale. Vale a dire "…su diversi assi, ognuno dei quali si riferisce a un diverso campo di informazioni che può aiutare il clinico nel pianificare il trattamento e prevedere l'esito" (DSM-IV-TR, p. 41).

In effetti, "le conoscenze raccolte nel manuale DSM-IV rappresentano uno strumento assai utile al fine di un inquadramento diagnostico rispondente alle attuali acquisizioni della psichiatria" (Guida Bargagna e Coll.).

La classificazione multiassiale del DSM-IV comprende cinque assi (DSM-IV, p. 39) :

Asse I Disturbi Clinici Asse II Disturbi di Personalità

Ritardo Mentale

Asse III Condizioni Mediche Generali

Asse IV Problemi Psicosociali ed Ambientali Asse V Valutazione Globale del Funzionamento Ad esempio, in concreto:

Asse I Disturbo Depressivo Maggiore, Episodio Singolo, Grave, Senza Manifestazioni Psicotiche

Asse II Disturbo Dipendente di Personalità Asse III Cardiopatia ischemica

Asse IV Minaccia di perdita del lavoro Asse V VGF = 35 (attuale)

Per altro, "non ha alcun senso applicare pedissequamente i vari criteri di inclusione e di esclusione dopo la formulazione di una diagnosi “privata” e

“personale”, quasi un controllo “a posteriori” per esaurire anche questa formalità a cui si affida poca credibilità e ancor meno capacità esplicativa dei fenomeni psicopatologici"5.

4 Cfr., ad es., Brondolo W, Marigliano A. (a cura di), Danno psichico, Giuffrè, 1996;

trattazione più semplice, ma rigorosa, in Bargagna e Coll., Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Giuffrè, 1998

5 E. Othmer, S.C. Othmer, L'intervista clinica con il DSM-IV, Cortina, 1999, Introduzione, p.

XI

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Inoltre, il DSM espressamente avverte che "Quando le categorie, i criteri e le descrizioni del DSM-IV vengono utilizzate a fini forensi, sono molti i rischi che le informazioni diagnostiche vengano utilizzate o interpretate in modo scorretto.

…Nel determinare se un individuo soddisfa uno specifico standard legale sono di solito necessarie più informazioni rispetto a quelle contenute in una diagnosi del DSM-IV" (DSM-IV-TR, p. 11).

+ + +

Incertissimi, in psichiatria, i confini fra salute e malattia.

Alcuni giuristi6 propugnano oggi il concetto – generale – di "salute" contenuto nel Preambolo alla Costituzione dell'O.M.S.:

"La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non consiste soltanto in una assenza di malattia o di infermità. Il possesso del migliore stato di salute costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano".

Il DSM definisce il "disturbo mentale" "come una sindrome o un modello comportamentale o psicologico clinicamente significativo, che si presenta in un individuo, ed è associato a disagio (es. un sintomo algico), a disabilità (es.

compromissione in una o più aree importanti del funzionamento), ad aumento del rischio di morte, di dolore, di disabilità o a una importante limitazione di libertà" (DSM-IV-TR, p. 9).

Ma anche qui, ben lungi da statiche certezze, si ammette che "nessuna definizione specifica adeguatamente i confini precisi del concetto di disturbo mentale" (DSM-IV-TR, p. 9). Inoltre, "non vi è nessuna presunzione che ogni categoria di disturbo mentale sia un'entità totalmente distinta, con confini assoluti che la separano dagli altri disturbi mentali o dalla normalità" (DSM-IV, p.

9).

+ + +

In conclusione: restano labili i confini fra normalità e patologia psichica; il DSM può – non "deve" – essere un utile strumento per la diagnosi; certo, non deve essere un repertorio di etichette diagnostiche da usare per conferire maggiore – e

6 Petti G.B., Il risarcimento del danno biologico, UTET, 1997, in apertura del volume

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falsa – dignità scientifica a qualsiasi caso; e, certo, non risolve il problema della distinzione fra norma e malattia. Tanto meno, malattia psichica sono i quadri psicopatologici descritti nel DSM; e normalità sono tutti i fenomeni fuori dal DSM. Eppure, è deprecabilmente capitato di leggerlo in una sentenza.

* * * *

(b) Nesso causale. Inutile in questa sede soffermarsi sui classici criteri medico-legali per l'accertamento del nesso di causalità (materiale) tra un fatto e una lesione, ovvero una malattia: criterio cronologico, criterio topografico, criterio di adeguatezza lesiva, qualitativa e quantitativa, criterio della continuità (e, correlativamente) della "sindrome a ponte", criterio dell'esclusione di altre cause.

Fiori7 individua nel loro ambito "categorie diverse con ruoli differenziati", distinguendo "due gruppi di criteri, il primo costituito dai criteri di possibilità scientifica (di idoneità lesiva) e di esclusione di altre cause; il secondo dai criteri topografico, cronologico, di continuità fenomenologica e di sindrome a ponte".

I criteri funzionano quando funzionano. Non sempre forniscono la chiave del problema del nesso causale in termini di certezza. In molti casi ci si deve accontentare di un buon grado di probabilità (come, del resto, talvolta accade anche in tema di danno biologico fisico).

In tema di danno psicorganico i criteri funzionano come nei normali casi di danno biologico. Ma, a ben vedere, si tratta di danno organico vero e proprio, sia pure con ripercussione sulle funzioni psichiche.

In caso di danno psichico cosiddetto "puro" cominciano i guai.

Anche in casi di danno psichico "puro" ci possono essere situazioni di certezza, o, quanto meno, di alta probabilità che un evento sia causa del danno. Si pensi, ad esempio, a quel particolare Disturbo d'Ansia che è il Disturbo Post- traumatico da Stress, dove – per espressa definizione del DSM – l'evento traumatizzante deve avere precise caratteristiche, ossia aver "implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all'integrità fisica propria o di

7 Fiori A., Il criterio di probabilità nella valutazione medico-legale del nesso causale, in Riv.

It. Med. Leg., XIII, 1991, p. 687

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altri". Ebbene, ricorrendo un evento con tali caratteristiche, più probabile, se non certa, sarà la diagnosi di Disturbo Post-traumatico da Stress (purché, ovviamente, l'indagine clinica accerti la sussistenza anche del quadro psicopatologico descritto dal DSM).

Rimaniamo nel capitolo dei Disturbi d'Ansia, fra i quali il DSM annovera anche il Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Ebbene, qui non è descritto nessun evento con caratteristiche specifiche, atto a causare il disturbo. Prendiamo un caso concreto: un giovane, XY, 30 anni circa, scopre, dopo il termine consentito per proporre opposizione, che gli è stato notificato un decreto ingiuntivo; tenta un'opposizione tardiva, ma viene respinta; un'azione esecutiva da parte del creditore è praticamente certa; il giovane si accorge che la notifica del decreto è falsa; solo, e sconsigliato da tutti, famiglia e avvocati, tenta in tutti i modi di far valere le sue ragioni; preoccupato per il possibile danno economico e indispettito per l'inganno, dedica tutto il tempo alla questione giudiziaria, che diviene idea dominante; alla fine, riesce a dimostrare il falso ideologico commesso dall'ufficiale postale (poi condannato in sede penale); la difficile impresa gli costa un paio d'anni di impegno. Vinta la vertenza penale, il giovane sviluppa un franco Disturbo Ossessivo-Compulsivo. E' dimostrato che prima aveva seguito studi regolari, fino all'università; poi interrotta, ma per un lavoro altrettanto regolare.

C'è nesso fra la lunga vicenda giudiziaria originata dal falso dell'ufficiale postale, e il disturbo psichico?

+ + +

Parlando di nesso di causa, si deve accennare a un altro problema: la preesistenza. Questione che non va confusa con quella del nesso causale, ma che vi è strettamente connessa.

Il problema è noto fin dagli albori della psichiatria. Così scriveva Kraepelin, quasi cent'anni fa: "Tanto meno un individuo è predisposto alla pazzia, tanto maggiore deve essere l'agente nocivo esterno che induce lo stato morboso; e, viceversa, esistono individui che divengono pazzi solamente sotto l'influenza dei

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piccoli eccitamenti della vita quotidiana, perché la loro forza di resistenza è troppo piccola per poterli sopportare senza profondi disturbi" 8.

La Guida Bargagna avverte oggi che la patologia psichica "più spesso …è il risultato di un insieme articolato di fattori, esogeni ed endogeni, con effetti di nocumento variabile da persona a persona"9 (p. 19).

+ + +

Torniamo alla domanda posta nel caso di disturbo ossessivo, poc'anzi visto.

Risponde il CTU: "la personalità premorbosa del periziando, per la sua rilevanza nella produzione dell'attuale quadro nosologico, si impone alla valutazione con i caratteri della concausa preesistente"; fin qui, pieno accordo.

* * * *

(c) Temporaneità o permanenza del danno. Già anni fa avevo osservato10 che "il disturbo psichico, comunque venga inquadrato e diagnosticato, non ha mai carattere di 'permanenza' e di 'immutabilità'".

L'osservazione, negli anni seguenti, di sempre più numerosi casi mi conferma l'assunto.

Torniamo al Disturbo Post-traumatico da Stress: "…in circa la metà dei casi la remissione completa si verifica in 3 mesi, mentre molti altri hanno sintomi persistenti per più di 12 mesi dopo il trauma" (DSM-IV-TR, p. 500).

Così, condivisibilmente, la Guida Bargagna: "…nella maggior parte dei casi, i disturbi psichici insorti in correlazione con un ben definito evento psico- traumatizzante vanno incontro a risoluzione nel tempo, in specie con un adeguato trattamento psicoterapeutico; per converso, quando un disturbo è persistente nel tempo, si tratterà verosimilmente di manifestazioni a genesi endogena" (p. 19).

Certo, per ammettere o escludere la permanenza di un danno psichico, oltre a fondarsi su criteri clinico-epidemiologici, occorre, soprattutto, condurre l'indagine a distanza di tempo dal trauma, possibilmente un paio d'anni.

8 E. Kraepelin, Trattato di psichiatria, trad. it. sulla 7a ed., 2 voll., Tamburini, 1907, I vol. p.

11

9 M. Bargagna e Coll., Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Giuffrè, 1996; succ. edizioni 1998 e 2001

10 R. Castiglioni, cfr. nota 2

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In ogni caso, credo che la "permanenza" in caso di danno psichico, sia da intendersi non tanto come persistenza vita natural durante, quanto, piuttosto nell'accezione di cronicità ex DSM, ossia con riferimento a un criterio di durata nel tempo. Riferiamoci, ancora una volta, al Disturbo Post-traumatico da Stress, definito "Acuto: se la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi; Cronico: se la durata dei sintomi è 3 mesi o più" (DSM-IV-TR, p. 499).

* * * *

(d) Quantificazione. Anche qui ci limitiamo a due argomenti: l'uso delle tabelle per la quantificazione del danno psichico; e, ancora una volta, il problema della preesistenza, ossia se e quanto sia da tenere in conto nella quantificazione del danno.

+ + +

La quantificazione del danno psichico ha sovente passato i limiti di arbitrarietà. Ciò per la mancanza di collaudate tabelle valutative specifiche.

Autorevole opinione11 voleva che il consulente tecnico non dovesse sforzarsi di inventare ad ogni costo cervellotiche percentuali solo perché giudici e avvocati lo chiedono. Anzi, al contrario, incombe al consulente il dovere di avvertire il giudice delle difficoltà - "tecniche", appunto - insite in tal senso nel danno psichico.

Secondo altra opinione, altrettanto autorevole12, andava invece respinta

"l'ipotesi di delegare al magistrato la valutazione del danno da menomazione psichica, fornendogli solo i dati clinico-diagnostici. I dati raccolti da un tecnico, di qualunque materia, non significano nulla di per sé, per un profano della materia, ma solo al tecnico 'dicono' il loro senso ed il loro valore e quindi solo lui potrà interpretarli e valutarli".

Ancora una volta – sembra regola nel danno psichico – assoluta divergenza di opinioni; a riprova della complessità della materia.

Agl'inizi – e, purtroppo, ancora oggi qualcuno lo fa – si era proposto l'uso della tabella per l'accertamento degli stati di invalidità civile. Uso non

11 G. Ponti, Danno psichico e attuale percezione del disturbo mentale, in Riv. It. Med. Leg.

XIV, 1992

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condivisibile, giacché la tabella è costruita, fra l'altro, sul parametro della capacità lavorativa generica. Scopo e parametro ben lontani dal tema del danno biologico.

Nel 1995 è stata proposta una prima tabella, costruita per sintomi13. Qualche indicazione è venuta poi dalla Guida di Bargagna e Coll.. Oggi, 2002, c'è anche la recentissima tabella Buzzi-Vanini14, costruita per sindromi, secondo il DSM-IV.

+ + +

Quanto alla preesistenza, torniamo al caso di disturbo ossessivo (supra, lett.

b). Posta la rilevanza della personalità premorbosa nella genesi del Disturbo Ossessivo Compulsivo, il CTU continua: "di ciò dovrà tenersi conto nella valutazione del danno biologico conseguente all'evento traumatico"; in concreto, si dovrà procedere a "riduzione del valore del danno in misura proporzionale alla rilevanza del quadro psicopatologico preesistente, che, seppur definito a carattere premorboso, ha tuttavia un ruolo fondamentale nella graduazione del processo patologico oggi riscontrato". Il quadro psicopatologico, quantificabile in sé e per sé, con riferimento alla tabella Buzzi-Vanini, in misura del 30 %, viene ridotto al 15 %. E qui, l'opinione del CTU diventa discutibile.

Scrive Ponti15: "Ha …diritto alla sua integrità anche chi abbia una psiche in equilibrio precario, o particolarmente labile, o chi abbia potenzialità e predisposizione alle manifestazioni psicopatologiche: perché quella psiche labile costituisce la condizione di integrità, sia pur morbosa o abnorme, di quel soggetto ed è appunto l'integrità a essere tutelata dalla legge. La concausa preesistente nella personalità del soggetto, anche quando è rilevante, non può dunque essere considerata motivo di esclusione del risarcimento". Pertanto, "…il criterio dell'id quod plerumque accidit non può più essere discriminativo, talché la concausa legata alla predisposizione del soggetto – estremizzando il principio – potrebbe in ipotesi non essere nemmeno più presa in considerazione quale motivo di riduzione del risarcimento, quando si tratti di danno biologico di natura psichica".

12 Marigliano A., Brondolo W., Il danno da menomazione psichica, in Atti del Congresso Internazionale Medico Giuridico, Montecatini, maggio 1995

13 Marigliano A., Brondolo W., cfr. nota 12

14 F. Buzzi, M. Vanini, Il danno biologico di natura psichica, CEDAM, 2001

15 G. Ponti, cfr. nota 11

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Condivisibile indirizzo16: "E' senz'altro doveroso tenere conto della preesistente menomazione, ad esempio, di un organo o di un arto, già compromessi a cagione di pregresso infortunio o malattia. Ma è lecito considerare la psiche alla stregua di un organo? La psiche è, in fin dei conti, espressione peculiare dell'individuo e l'eventuale maggior vulnerabilità non è effetto di un precedente infortunio, bensì risultato - come si diceva - della naturale interazione di molteplici e multiformi fattori. Ogni assetto psichico, ogni personalità, ogni equilibrio, sia pure precario, è, a ben riflettere, uno degl'infiniti modi di essere dell'individuo. Perché, dunque, non considerare la validità di ogni stato psichico preesistente al trauma pari al 100 %, come per ogni organo sano?".

Dissentono Buzzi e Vanini17: "La teoria causale della conditio sine qua non è ormai decisamente minoritaria anche in campo giuridico (il progetto di riforma del codice penale su questo punto ne è più che concreta prova) e in campo medico-legale è la teoria della causalità adeguata che allo stato riscuote maggiori consensi". Con ciò dovendosi abbattere la quantificazione, con machiavellico sistema legato alla rilevanza del fatto. Anche il CTU del caso di ossessività abbatte; ma con riferimento alla rilevanza della personalità premorbosa.

Va ora precisato che nessuno dei modelli testé prospettati è "verità scientifica"

assoluta. Anzi, la scelta dell'uno o dell'altro modello è un giudizio non

"scientifico", bensì di "valore", ossia fondato in gran parte sul personale punto di vista. Sul piano scientifico è corretto accertare se l'evento traumatico è causa – rectius concausa – di un quadro psicopatologico; e, in caso di personalità premorbosa, qual'era il "funzionamento" della persona. I giudizi di "valore" non sono problema giuridico, bensì giuridico.

* * * *

4. Rimaniamo nel caso XY, quello del disturbo ossessivo. Una curiosità: i riflessi di modelli così disparati sulla liquidazione del danno. Qualche conto,

16 R. Castiglioni, Danno psichico: diagnosi, nesso causale, transitorietà e permanenza, quantificazione. Una rassegna casistica, in Le nuove frontiere del danno risarcibile. Quando i confini tra danno morale e danno biologico, nel suo aspetto psichico, sono incerti e mal definiti, Atti del V Convegno-Medico Giuridico, Montecatini, 4-6 maggio 1995

17 Buzzi e Vanini, cfr. nota 14

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sulla scorta della tabella milanese del 2000 e sull'età di XY all'epoca; in lire, che tuttora ci sono più familiari. Al 30 % - quantificazione del quadro ossessivo compulsivo, in sé e per sé, secondo Buzzi e Vanini - corrispondono £.

156.695.853; al 15 % - secondo l'abbattimento del CTU - £. 50.261.176 (pari a una differenza di - £. 106.434.677!!!).

In effetti, se, in casi come questo, tenendo conto della concausalità, si ritenesse giusto abbattere il risarcimento, molti sistemi si potrebbero altrettanto arbitrariamente usare; con notevolissime differenze da un sistema all'altro.

Vediamoli, supponendo di tener conto, quale preesistenza, di un Disturbo di Personalità Ossessivo-Compulsivo, tabellato in misura del 10 %, secondo Buzzi e Vanini (in realtà, XY, pur con qualche smagliatura, funzionava bene e nessuno, neppur lontanamente, lo avrebbe catalogato come paziente psichiatrico):

a) riferimento intrinseco, allo stato psichico preesistente:

- calcolo a scalare: il 30 % del 90 % (valore base del De Santis,

“minato”dal Disturbo), ossia danno pari al 27 %,

£. 130.938.123.

- danno differenziale (come in casi di responsabilità professionale, dove l'errore è causa di danno più rilevante di quanto sarebbe residuato in seguito a corretto trattamento): qui il danno fra il 10 % (valore % della 'malattia' di base) e il 30 % (danno attuale), ossia £. 129.438.452;

b)riferimento estrinseco, all'efficienza della causa lesiva (secondo Buzzi- Vanini), che fa uguale a 100 fatti catastrofici come la morte di congiunti e uguale a coefficienti via via decrescenti eventi di minore importanza; si potrebbero inventare tante analogie, con risultati assolutamente disparati;

c) riferimento alla somma da liquidare (come in casi di corresponsabilità):

qui abbattimento del 10 % della somma che

tocca al 30 %, pari a £. 141.026.268 (156.695.853 x 0,9).

In ogni caso si tratta sempre di somme largamente superiori a quella corrispondente a danno biologico del 15 %, così come arbitrariamente determinato dal CTU. Purtroppo, i consulenti tecnici, alieni da preoccupazioni liquidatorie, danno spesso numeri senza comprenderne la portata. E, quel che è peggio, giudici – e avvocati !!! – lasciano fare, scambiando meri giudizi di "valore" per

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"verità" scientifiche.

* * * *

TAGETE n.2 Giugno 2003 Anno IX

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