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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.1008, 27 agosto

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FER RO V IE, IN T E R E S SI P R IV A T I

Anno XI - Voi. XXIV

Domenica 27 Agosto 1893

,

N. 1008

GLI ITALIANI IN FRANCIA

a proposito dei fatti di Aigues-Mortes

Non è la cronaca dei dolorosi e tristi fatti di Aigues-Mortes che intendiamo di fare, nè ci anima il proposito di intavolare una discussione sulle re­ sponsabilità derivanti da quei fatti e sulle soddisfa­ zioni che la Francia doveva al nostro paese. Quando avremo detto che ad Aigues-Mortes, presso Nimes, nel Gard, sono stati uccisi alcuni operai italiani e feriti un numero ben maggiore di essi, per questione di concorrenza nel lavoro o di malanimo verso la nazionalità di quei lavoratori, e avremo aggiunto che, come non ci piacque la condotta del governo francese, cosi ci pare censurabile quella del governo italiano, per ragioni che non hanno nulla a vedere con l’ indole delle discussioni alle quali è dedicato questo periodico, detto ciò, è per noi esaurita la parte della narrazione del triste episodio di Aigues- Mortes. Ma vi è implicitamente nei fatti che hanno suscitata tanta legittima indignazione fra gli italiani, una questione che, trattata già più volte, risorge ora più viva che mai, ed è quella della condizione in cui si trovano gli operai italiani che lavorano in Francia e della loro situazione di fronte ai francesi.

Per esaminare cotesta questione non bisogna di­ menticare due fatti ; il primo riguarda la Francia, ed è la stazionarietà della sua popolazione, il se­ condo ci tocca da vicino, ed è l’opposto del primo, cioè la popolazione crescente in misura superiore alla ragione d’aumento che la nostra attuale condi­ zione economica può tollerare, senza danno per la classe più numerosa, ossia per quella lavoratrice.

La Francia, è ormai noto a tutti, viene ultima, o quasi, tra le nazioni per aumento di popolazione, le morti non sono superate dalle nascite, e so non fosse la immigrazione straniera, la statistica annuale del movimento dello stato civile e i censimenti quinquen­ nali indicherebbero una sensibile diminuzione, an­ ziché l’ attuale impercettibile aumento. Ma è inu­ tile insistere su questo fatto, perchè da alcuni anni a questa parte, una delle questioni che più preoc­ cupa i francesi è appunto quella della dépopulation e si può dire che i discorsi e le pubblicazioni fatte sull’ argomento si contano a centinaia. Ora, mentre la popolazione è, a d ir poco, stazionaria, cresce la ricchezza di quel paese, non ostante le perdite in­ genti che gli hanno cagionato alcune disgraziate intraprese, 'il capitale disponibile vi sovrabbonda mentre difettano talvolta e in certe località le braccia. La immigrazione estera è quindi indispensabile alla

Francia e se essa per ragioni politiche o d’altra specie volesse mettervi ostacoli, recherebbe è ben vero un nocumento, almeno temporaneo, agli altri paesi, ma danneggerebbe e durevolmente sè medesima. Se, per ipotesi, a Marsiglia e negli altri centri indu­ striali francesi venisse a mancare la mano d’ opera straniera, le fabbriche che dovrebbero chiudersi im­ mediatamente si conterebbero a diecine, e mentre da un lato l’aumento dei salari turberebbe tutto Y as­ setto economico delle industrie francesi, dall’ altra la penuria di braccia per l’ agricoltura e le industrie si aggraverebbe sensibilmente. Alla immigrazione degli operai stranieri si sostituirebbe la emigrazione dei' capitali, che, non potendo trovare impiego pro­ duttivo in paese, dovrebbero cercare altrove o nelle industrie o nei prestiti pubblici il modo di avere una remunerazione. Ma la emigrazione dei capitali non sarebbe senza pericolo, qualunque fosse il ge­ nere del loro impiego, e per di più la scomparsa di un certo numero di imprese darebbe un colpo non indifferente al commercio, e alla industria dei trasporti, porterebbe danni certi alle classi che per quelle industrie, nelle quali la mano d’ opera è stra­ niera, danno la intelligenza, la mente direttiva, for­ niscono insomma i capi, i direttori e gli impiegali vari. È quindi interesse della Francia di dare nel proprio territorio impiego lucroso ai capitali di cui dispone, esercitando intraprese anche con la mano d’ opera straniera, la quale, al postutto, concorre a creare valori che o sono consumati dai francesi stessi o vengono esportati, procurando sempre be­ nefici cospicui. Gli stessi operai stranieri non ces­ sano di essere consumatori e perciò costituiscono un fattore del consumo, concorrono a determinare l ’ ampiezza di questo, e quindi della produzione o della importazione, e se anche mandano ai loro paesi risparmi che con molti sacrifici riescono ad ac­ cumulare, non vengono a scemare in alcun modo la ricchezza del paese in cui si trovano, perchè ivi lasciano il frutto della loro opera, i prodotti che hanno cooperato ad ottenere.

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politici, gl’ italiani continuano a trovare facilmente occupazione al di là delle Alpi. Si dico che la im­ migrazione italiana fa una concorrenza dannosa alla classe operaia francese, ma 1’ argomento è più spe­ cioso che vero. Ammettiamo pure che in qualche piccola località, per il limitato sviluppo industriale e il conseguente limitato bisogno di braccia, l’ope­ raio italiano possa surrogare quello francese, ma non può trattarsi e non si tratta realmente che di eccezioni, appunto per la mancanza di braccia r i ­ spetto al bisogno dell’ agricoltura e dell’ industria clic presenta il movimento demografico francese. In ­ vero, mentre in Inghilterra, in , Germania, in Au- | stria, in Italia e altrove si hanno annualmente ma nifestazioni di migliaia di disoccupati; in Francia, questo doloroso fenomeno economico non si avverte, o solo in una misura affatto trascurabile. È questa uua prova che non vi è in quel paese esuberanza di mano d’ opera e che la concorrenza degli operai stranieri e quindi degli italiani è illusoria, essendo I essi nott già concorrenti al lavoro francese, ma in­ tegranti di esso, e come tali non che recare danno sono di vantaggio generale, perchè permettono che ! sorgano, in Francia industrie, le quali danno ali­ mento aa altre industrie per la ben nota solida­ rietà che esiste tra i vari rami della produzione e tra questi e il commercio e i trasporti.

D’ altra parte, se ai francési, come si è veduto, i torna giovevole la immigrazione degli operai italiani, al nostro paese certo non nuoce. Le condizioni de­ mogràfiche dell’ Italia sono ben diverse da quelle della Francia e del pari le condizioni economiche. Con la scarsezza di capitali che ci affligge e con la crescente popolazione è per noi necessario elio i una parte della popolazione emigri ed accorra là dove è appunto definente la mano d’ opera. Finché ■ non mutano le nostre condizioni economiche sarà vano opporsi con leggi o: con altri mezzi alla em i­ gratone. Nè, per quanto si voglia illudersi, è le­ cito aspettarsi che questo stato di cose, debba mu­ tare presto. Come un malato,, le .cui,forzo siano con­ siderevolmente depresso da lunga malattia, la nostra economia è oggi così debole che non riesce In alcun modo a risollevarsi a vita più attiva e feconda; oc­ correrebbe una, infusione di sangue nuovo, vogliamo dire di capitale o ili energie, ma disgraziatamente il primo non si arrischia a entrare nei corpi deboli per ,paura della distruzione e della perdita, e le se­ conde.non si hanno, come la salute nel corpo umano, che coll’ opera del tempo. Così I’ esodo degli italiani determinato dall a so v r a popolazione, sia pur relativa, e dalla depressione eco: Amica ebe ci tra viglia è un fatto che per ora va accettato e tutelato nel modo migliore. Sarebbe quindi politica stolta quella che I per una ragione di sentimento, per solo impulso defi.e passioni, creasse alla.. emigrazione italiana in Francia, un ambiente sfavorevole. Finché gl’ italiani non sanno o non possono offrire ai loro connazio­ nali, che ora sono all’ estero, la possibilità di guada- ! gnarsi il pane nel loro paese, la migliore politica sarà sempre quella che, ripetiamo, saprà formare all’ estero un ambiente favorevole alla emigrazione italiana. Questa politica è stala troppo spesso d i­ menticata per aver voluto seguire indirizzi diversi e anche opposti, e per la mania di faro, non già una politica tutrice della economia, che è quella r i­ chiesta dai nuovi tempi, ma quella a base di di­ plomazia inframmettente e di interessi dinastici che

tanti inali produsse nei secoli passati. Sbagliala la strada si sono avuti, per causa della politica inter­ nazionale, danni gravissimi, che aggiunti agli errori commossi dalla politica interna ci hanno ricondotti a dieci anni addietro e forse più ; e ci minacciano nuovi danni per l’avvenire, se non ci fermeremo a tempo e il. buon senso delle popolazioni non sarà di valido aiuto ai governanti.

Francia e Italia banco ad ogni modo, nonostante le divergenze politiche, tu fo l’ interesse a lasciar fuori di questione gli operai italiani e noi vogliamo sperare che i dolorosissimi falli di Aigues-Mortes abbiano almeno per risultato di richiamare l’atten- Zione dei due governi sui loro rispettivi doveri. Conviene che per mezzo dei consoli e degli agenti con solari l’ Italia eserciti sugli operai italiani, d ie sono all’estero, una azione più efficace e continua, onde sia più agevole cosa il contenerli nelle loro rimostranze e l’ impedire ohe si mettano in alcun caso dalla parte del torto, il che non diciamo, si comprende, pei fatti testé successi, ma solo considerando in generale lo stato di cose che si è venuto determinando da un decennio a questa parte. Quanto alla Francia, se essa vorrà conservarsi nel mondo la fama di paese civile, se non vorrà essere paragonata ai paesi sel­ vaggi, dovrà provvedere a che gli antagonismi tra gli operai francesi e i'aliani, qualunque ne sia la causa, non degenerino in carneficine. È una que- stio :e non di politica internazionale, ma semplice­ mente di umanità.

IL COMMERCIO INTERNAZIONALE ITALIANO

È qualche tempo che non ci occupiamo delle solito statistiche che il Ministero delle Finanze pubblica sul commercio internazionale italiano; i nostri lettori ci avranno perdonalo, anche perchè avranno com­ préso che mancava quasi totalmente il motivo di una qualunque trattazione.

Dopo la rapida decadenza segnata dai nostri scambi internazionali in seguito alla nuova politica doganale inaugurata dall’ Italia colle tariffe applicate nel 1888, il commercio italiano si può dire si è cristallizzato nel suo complesso ed acche nella maggior parie degli elementi che la compongono.

Le fioche oscillazioni che qua e là con molta fa­ tica vanno racimolando coloro che vorrebbero far credere meno disastrose le conseguenze dei falli av venuti, non bastano a far nascere nessuna ragione- vo’e speranza in un avvenire più o meno lontano.

Il totale del nostro movimento commerciale nel­ l’ ultimo sessennio dà le seguenti cifre dedotti i me­ talli preziosi: 1887 ... milioni 2.610 1888 ... » .2.066 1889 ... » 2. 34 L 1890 ... » 2.215 1891 ... » 2.003 1892 ... » 2 .) 31

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renze econc miche. Che se invece di prendere per punto di partenza il 1887 — che può essere adulterato appunto per la applicazione delle nuove tariffe, — allora si prende la media dei tre anni precedenti alla applicazione delle tariffe stesse, la quale dà un m o­ vimento di 2500, la perdita nell’ imminente quinquen­ nio ascende a 1754 milioni, cifra, por le condizioni nostre, sempre molto alta.

Un paese che per cinque anni perde in media 550 milioni l’ anno dei suoi traffici internazionali, cioè circa il 1-4 per cento, r.on può a meno di r i ­ sentirsene gravemente.

Si dirà che se è vera la perdita nella quantità dei traffici si è però guadagnato nella qualità, dividendo la importazione dalla esportazione.

Vediamo però a quanto ascende tale guadagno. La importazione nel triennio 1885-87 aveva dato:

1885.. .. milioni 1459 1886.. . . » 1458 1887.. . . » 1605 Totale milioni 4522

e quindi una media di 1507 m ilioni; durante il q u in ­ quennio successivo invece si ebbe:

1888.... milioni 1174 1889.... » 1391 1 8 9 0 .... » 1319 1 8 9 1 .... » 1126 1892.... » 1173 Totale milioni 6183 in media 1.235 milioni.

Se pertanto la minore importazione si potesse con­ siderare come un utile per la economia nazionale — ed i lettori sanno che questo è uno degli spro­ positi più madornali del protezionismo — nel quin­ quennio 1888-1892 si avrebbe avuto sulla media del triennio 1885-87 una minore importazione di 323, 106, 188, 381, 321, in totale 1322 milioni ed in media di 264 milioni l’anno.

Ma i protezionisti completano il loro errore, d i­ cendo che è invece tanto guadagno la aumentata esportazione ; vediamo quindi che cifre essa ci offre.

Nel triennio 1885-87 la esportazione fu : 1885 ... milioni 959 1886 ... » 1028 1887... 1005 Totale milioni 2983

in media quindi una esportazione di 991 milioni. Il successivo quinquennio dal 1888 al 1892 ha dato invece : 1888 . . . . milioni 891 1889 ... 950 1890 . » 895 1891 . » 876 1892 . » 958 Totale milioni 4570 in media 914 milioni per anno.

La diminuzione della esportazione è adunque stata nei singoli anni del quinquennio 1888-92 a para­ gone della media del triennio 1885-87 di 100, 41, 96, 115, 33 milioni, cioè in totale 385 milioni, che dà la media di 77 milioni all’anno.

Da questi elementi, che riassumiamo naturalmente dai dati officiali, si deduce quindi che la im porta­ zione ha diminuito in media 264 milioni l ’ anno e la esportazione ha diminuito di 77 milioni l’anno.

Però il lettore osservi alla diversa entità dei traf­ fici nell’ uno e nell’altro senso e vedrà che la im ­ portazione è diminuita del 17 per cento nella media data dal triennio 1885-87, e la esportazione è d i­ minuita quasi dell’8 per cento.

Ed a questo proposito giova subito una osser­ vazione.

Furono le conseguenze della tariffa 1887 quelle che produssero tale spostamento del Commercio italiano ?

Ecco le cifre del commercio franco—italiano du-triennio 1885-87 : importazione esportazione 1885 .. . milioni 288 367 1886.. . . * 310 445 1887... 326 404 Totale milioni 924 1216

media generale della importazione milioni 308 e della esportazione milioni 405.

Subito dopo la applicazione delle nuove tariffe, che portò alla denunzia dei trattato colla Francia il commercio tra i due paesi diede nel quinquennio 1888-92 le cifre seguenti: importazione esportazione 1888. . ., . . milioni 155 170 1889.. .. » 167 164 1890.. . .. » 163 160 1891... .. » 144 149 1892... .. » 168 147 Totale milioni 797 790

media per la importazione 159 milioni e per la esportazione 158.

Conseguentemente nel quinquennio 1888-92 ab­ biamo perduto in media 100 milioni l’ anno di ec­ cedenza di esportazione sulla importazione nel com­ mercio fi anco-italiano ; e giacché, còme si è visto, il totale della diminuzione della esportazione durante il quinquennio 1 8 8 8 -9 2 fu di 385 milioni a para­ gone della media del triennio 1885-87 è chiaro che il nostro commercio colla Francia dal 1888 in poi ha determinalo effettivamente la diminuzione della nostra esportazione, senza che nei commerci cogli altri paesi si sia trovato compenso corrispondente.

Ci si d irà : A che prò recriminare ora sopra fatti che non si possono mutare? — Non facciamo re­ criminazioni, ma giacché ancora vi è oualcuno che difende la nefasta opera delle tariffe del 1887 è bene che alcuno ne rilevi nuovamente le conseguenze.

La lezione potrà servire forse per l’avvenire.

A G G I O T A G G I O

Nello studiare alcuni alti parlamentari ci è occorso di rileggere la fine della tornata 11 giugno 1866 della Camera dei Deputati.

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27 agosto 1893

« I! sottoscritto desidera interpellare il Ministro delle finanze per conoscere le misure che conta prendere per provvedere alla insufficienza dei piccoli biglietti ed al conseguente crescente « aggiotaggio. » Il Ministro di agricoltura, industria e commercio on. Berti Domenico, dichiarando che il Ministro delle finanze aveva dovuto assentarsi per alcune cose urgentissime aggiunse che se l’ onorevole in­ terpellante limita la sua interpellanza alla questione dei biglietti, potrebbe dar loro qualche risposta, se poi intendesse di estendere le sue interpellanze, lo pregherebbe di differirla a domani.

Ed avendo la Camera consentito allo svolgimento immediato, il resoconto stenografico porta :

« Rorà. Non ¡spenderò molte parole.

« Non dirò alla Camera del prezzo della doppia « italiana che ora è a 24,SO, se non più, mi limito « solo a parlare della accentuata deficienza di piccoli « biglietti, e ne citerò i fatti.

« Non abuserò del tempo della Camera. Poiché « non credo sia il momento conveniente per esporre « principi economici e finanziari.

« Se una persona con un biglietto da 500 lire « desidera di farne il cambio con 5 biglietti da 100, è « obbligata a pagare un aggio di lire 40 (Sensazione).

« Voci. Quaranta !

« Rorà. Sì quaranta. I dati che cito li tengo da « fonte sicura.

« Dirò di più che questo avviene pei biglietti « da 100 lire, ma che per le piccole contrattazioni, « per pagare g li operai, ai quali si possono dare « cotesti biglietti, mancano poi assolutamente i pic- « coli biglietti, che tengono luogo degli spezzati. Que- « sto fatto, che è noto a tutti, e che i listini di Borsa « dimostrano, porta con se delle conseguenze le più « disastrose, in generale, ma dove prevedo pur troppo « i danni più te rrib ili, gli è nella città di Torino, « le cui condizioni mi sono note personalmente. Nella « città di Torino vennero già chiusi molti opifizi, e « si sta ora per licenziare gli operai, perchè non « c’è mezzo di avere moneta spicciola per pagarli.

« Questo stato di cose riguarda tutte le contrat- « tazioni perchè la crise è fortissima. La crise non « è tanto per mancanza di numerario, quanto per « la mancanza di biglietti piccoli. Essendo molto « tempo che dura questo lamentevole stato di cose, « son persuaso che il Ministero avrà calcolato tutte « le conseguenze, e voglio credere che sarà in grado « di dare delle spiegazioni alla Camera che valgano « a tranquillare il paese, ed a persuaderci che a « quest’ inconveniente verrà tra poco rimediato. Per- « ciò spera che il signor Ministro avrà la compia- « cenza di dire qualche cosa in proposito. »

Il Ministro Berti, dichiarò che il Governo erasi preoccupato dello stato delle cose e cercava espe­ dienti per diminuirne le conseguenze, assicurava che la officina di carte e valori di Terni fabbricava per 400 mila lire al giorno di biglietti di piccolo taglio, che sperava di portare la fabbricazione a L. 300,000, ma che sperava infrattanto i provvedimenti tempo­ ranei che il Governo sarà per prendere, saranno tali che se non faranno cessare assolutamente questi in ­ convenienti, potranno d im in u irli d’ assai....

L ’ on. Rorà replicò :

« Io prendo atto di due cose. Prima che il M i- « nistero ha riconosciuto lo stato deplorabile nel « quale ci ha condotto l’aggiotaggio.

« Prendo atto, in secondo luogo, di quanto ha

« detto l’onorevole Ministro, che le misure che stanno « per prendersi in brevissimo tempo avrebbero ef- « fìcacemente provvisto, migliorando la condizione « attuale. »

Il Ministro rispose, ed è su questa risposta che richiamiamo la attenzione del Governo e del pubblico:

« Non ho nessuna difficoltà che l’ onorevole Rorà « prènda atto della dichiarazione, per ciò che riguarda « gli inconvenienti che si sono lamentati per la man- « canza di biglietti di piccolo taglio, ma vorrei pre- « garlo a ritirare la parola aggiotaggio, perchè da « tutti i fatti che vennero a mia cognizione in que- « sti giorni, mi sono persuaso che non è questione « d i aggiotaggio, ma di mancanza di biglietti di « piccolo taglio.

« Bisogna distruggere questa falsa opinione. È « questione di mancanza di biglietti piccoli.

« Voci. N o! no! [Rumori).

« M inistro per VAgricoltura, In d u stria e Com-

« mercio. Non v’ è rumore che tenga contro In ve- « rità, ed io sono persuaso che se l’ onorevole Rorà « avesse sotto gli occhi i documenti, egli si eonvin- « cerebbe, come me, che non è questione di agio- « (aggio, ma mancanza di piccoli biglietti.

« La parola aggiotaggio che si difonde tutti i giorni, « potrebbe produrre risultamenti spiacenti nel paese ; « credo che sia dovere del Governo di illuminare il « paese sulla vera condizione delle cose, perchè da « una parola male interpretata possano nascere in • « convenienti. »

Così si parlava allora da uomini che avevano co­ gnizioni estese delle cose economiche e per questo appunto erano designati al potere. Oggi, non diremo che agli uomini attuali manchino le cognizioni, certo non usano di quello che sanno in difesa della verità, evitano i rum ori della Camera ottengono gli ap • plausi, ma ingannano sè e gli altri.

La terra dei monopoli di Stato

IX .

Passiamo ora ad un’altro ordine di considerazioni. Si supponga dunque, che lo Stato preferendo, al grasso peculio che sottrae col congegno di imposta agli utili delle compagnie d’assicurazioni, correr I’ alea di lucri maggiori, sbandeggi dal Regno le Società straniere che vi esercitano e sopprima le società nazionali. Solo Io Stato eserciti in tutti i rami l’ as­ sicurazione; e l’ eserciti non a premio fisso ma a premio variabile e con tariffe, così come fosse una gigantesca compagnia. Colla soppressione dell’ indu­ stria privata cessano a profitto dello Stato immedia­ tamente, quei lucri che colavano dalla pressione delle imposte assise variamente sulle Società d’assicu­ razione. Sarebbe facile calcolare coll’ approssimazione di un centesimo di lira, a quanto ammonterebbe la perdita che avrebbe l'erario. Ma suppongasi che tra quanto perde l’erario e quanto perdono le varie amministrazioni locali si giunga ad una complessiva diminuzione d'introiti tributari di lire 5,000,000,

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cifra di gran lunga inferiore alla reale. Lo Stato eser­ cita, egli solo, con caratteri di monopolio l’ assicura­ zione. Si supponga che esclusi il ramo vita *), assicura­ zione marittima, casi fortuiti, lo Stato eserciti tutti gli altri rami d assicurazione. Non sarà esagerazione che in Italia, dove il valore della proprietà fondiaria territoriale è valutato in circa 40 m iliardi, si calcoli che la ricchezza tra mobiliare e immobiliare tra prodotti agricoli e prodotti industriali tra edifici u r­ bani ed edifìci agricoli, tra edifici industriali ed edi- fici d’altra specie, su cui lo Stato dovrà stendere la possibilità della assicurazione coattiva, raggiunga i 15 m ilia rd i2). E evidente che, per una parte, lo

*) Parrebbe, invece, che il monopolio dovesse com­ prendere^ anche il ramo Vita : ciò che noi riteniamo anche più disastroso degli altri rami che lo Stato avo­ cherebbe a sé. Come si fa a rendere obbligatoria per tutti i 30 milioni d’ italiani 1’ assicurazione sulla vita - perchè nel progetto che si attribuisce al governo, l’assicurazione sarebbe per tu tti obbligatoria in tu tti i lami nei quali lo Stato la eserciterebbe — come si fa diciamo ad_ escogitare questo nuovo balzello cui dovrebbe corrispondere il pagamento annuo di tu tte quelle^ pensioni, rendite vitalizie, capitali assicurati, che di anno in anno verrebbero maturandosi e g ra­ vando sul bilancio dello Stato in proporzione ognora crescente? Ma quale bilancio potrebbe resistere alla pressione spaventevole che eserciterebbero i milioni di pensionati dello Stato ? Quale imposta o sistema di imposta potrebbe essere così proficuo da gettare annualmente 1’ ammasso enorme di capitali che do­ vrebbero essere distribuiti ai cittadini coatti all’ as­ sicurazione ? Sono idee codeste di rendere obbliga­ toria per tu tta la nazione 1’ assicurazione sulla vita con lo Stato assicuratore, che non trovano un se­ guace neppure nel Pegno d’ Utopia. Si può solamente congratularsi con la fervidissima fantasia di chi ha potuto immaginarle !

proposito della valutazione della ricchezza mobiliare ed immobiliare di uno Stato, conveniamo col calandra esser cosa difficilissima e pressoché im­ possibile (Vedi: Proposta di un calcolo della ric­ chezza nazionale in Italia - Annali di Statistica, anno 1880, pag. 135, Voi. XV - A tti della G iunta centrale di Statistica) ; tuttavia, dovendo pur fare una valutazione anche approssimativa di quel ca­ pitale complessivo della nazione sul quale, nell’ ap­ plicazione coattiva della assicurazione, verrebbe ad assidersi sotto forma di premio o come addizionale alla imposta fondiaria' la nuova imposta d’assicura­ zione, ritenemmo dover seguire un criterio di finanza valutando cioè, per imponibile con la nuova imposta fiucl capitale della nazione su cui grava digià la imposta fondiaria. Quindi calcoliamo la quantità di capitale soggetto all’ imposta fabbricati : e per trovar modo di ragionare sulla cifra ohe deve essere rappresentata per una parte dai raccolti agricoli pen- jOti (assicurazione grandine) o per 1’ altra dei rac­ colti già^ immagazzinati, qualsiane la specie (assicu­ razione incendi) seguiamo le cifre per quanto esage­ rate della valutazione fa tta quando era allo studio d progetto di legge per la perequazione fondiaria, questa cifra indica in 4 miliardi e 250 milioni il pro­ otto lordo della agricoltura nazionale ; cifra come mejaino esagerata, perchè attribuirebbe alla nostra coltivazione una capacità produttiva di circa 160 ‘•e per ettaro, se si calcoli messa in coltivazione utta la superficie coltivabile della penisola, circa milioni di e tta ri; ed una capacità pari a 200 lire So1 eÌ*ai'9i se come è indispensabile si deducano dei milioni di ettari 2 milioni di ettari che rappre- entano i terreni incolti e deserti del Regno.

-t-hppiù, per ottenere la massima approssimazione

Stato deve, per estendere, con intento educativo alla previdenza, l’ assicurazione renderla obbligatoria, per l’altra allo scopo di rendere l’applicazione del

mono-nella cifra che indichiamo, s’ aggiungano, a rappre­ sentare il valore assicurabile in oggetti mobili (ar­ redi di casa, macchine, utensili vari, merci indu­ striali ecc.) tutto intero il gettito dell’ imposta sulla proprietà mobiliare quale è dato dalle statistiche del ministero delle finanze, ossia lire 236,269,274. Allora assommando tutte queste cifr'e abbiamo :

Im posta fondiaria (calcolata su l ru stici agricoli

non sottoposti ad im p o s ta )... I. 6,342,000 Im posta sui fab bricati (u rb a n i)... 86,000,000 V alore d ei raccolti ... ... 4,250,000,000 Im posta m o b ilia re...» 236,260,274

To tale L . 4,528,611,274

e per avere una cifra rotonda che comprenda anche gli sperabili incrementi di un decennio per la nostra economia per quasi cinque miliardi. Ora siccome i 4,’250 milioni di prodotti agricoli non si possono considerare come saggio d’interesse o rendita di un capitale che possa essere ulteriormente colpito dalla assicurazione, perchè di per sè rappresentano quel capitale annuo su cui si stenderà invece 1’ assicura­ zione ; si calcoli che gli altri 664 milioni circa che residuano dalla sottrazione dei 4,250 milioni dal to­ tale dei cinque miliardi rappresentano il saggio del- 1’ 8 per cento ottenuto sul capitale nazionale cui si riferiscono. Allora abbiamo la cifra di 8,300 milioni, che sommati ai 4,250 di cui sopra, rappresentano in 12,550 milioni il capitale complessivo della na­ zione, sul quale Io Stato manipolerebbe l’ assicura­ zione obbligatoria. Come vede il lettore abbiamo ar­ rotondata la cifra mettendo 13 miliardi.

Nella valutazione suddetta non comprendiamo i be­ stiami sui quali, secondo le dicerie sul progetto go­ vernativo, si stenderebbe anche il monopolio d ’assi­ curazione.

L ’industria dell’assicurazione dei bestiami in Italia è pressoché ignorata; non la praticano che poche com­ pagnie, nazionali quasi tutte, fra le quali « La Ru­

b a l e» di Roma, costituitasi quest’ anno (decreti 23

aprile e 14 maggio 1893) e « Il Ris o r g i m e n t oa g r ic o l o»

Società mutua di Milano.

Però anche qui la valutazione di quanto lo Stato potrebbe percepire non è difficile.

Secondo le statistiche ufficiali, nel Regno, nel 1890, il valore mercantile (dedotto cioè dai prezzi di m er­ cato, praticati per ogni specie di bestie comprese nelle statistiche) eli tu tto il bestiame italiano (equini, asini, muli, cavalli, ovini, bovini, caprini, suini, ec.) saliva a 2,191,200,000 - (Vedi An n u a r io s t a t is t ic o1889-90,

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polio lucrativa o, almeno, non affatto Rannosa, dare al pagamento del premio la forma di percezione di imposta e per ultimo adottare il criterio del pre­ mio fisso, come sarebbe indispensabile e più conforme alla caratteristica dell’esazione tributaria, oppure per seguire il criterio del Wagner, adottare la tariffa a premio variabile, tenendosi ad una tassazione di premio più tenue che sia possibile. Suppongasi che la media di premio pei vari rischi in cui lo Stalo eserciterebbe I’ assicurazione sia del 40 per cento, tasso non esageratamente lieve e che corrisponde alla media delle tassazioni di tariffa di favore fatte comunemente, dalle società estere d’ assicurazione, pei vari rami nei quali esercitano la loro industria. Ciò darebbe un introito in premi di 430 milioni l’anno, che colla variabilità della tariffa, negli anni più calamitosi, angariando gli assicurali, si potrebbero raddoppiare. Suppongasi che lo Stato, per eliminare il maggior dispendio reso necessario dal l'organizza­ zione di una speciale amministrazione per il mono­ polio delle assicurazioni e per togliere i soliti e de­ plorevoli inconvenienti della burocrazia governativa, segua, per l’esercizio delle assicurazioni il sistema degli appalti in uso per le esattorie. Così suppongasi che in luogo di dover calcolare, come avviene per le Casse nazionali della assicurazione operaia in Germania, il 64 ed anche il 78 percento di spese di gestione, lo Stato riesca ad amministrare questo ramo d’ industria a parità di spese colle compagnie le meglio amministrate e le più prudenti; e non spenda, quindi, che il 38 per cento dei premi incas­ sati. Allora ¡ 450 milio i si ridurranno, doducendone le spese, e in cifra rotonda, a milioni ottanta. Da questi per esattezza di conteggio, si tolgano gli altri cinque m ilioni che si son supposti rappresentare il gettilo d i tributo delle società d' assicurazioni come sono oggi autorizzate ad esercitare in Italia riman­ gono 75 milioni. Da questa somma ingente bisogna detrarre ¡ sinistri da pagarsi cadaun esercizio, annuale. Anche qui, — augurando allo Stato che la divina Provvidenza sopprima lo terribili meteore che in questo ultimo decennio hanno devastato intere re­ gioni e fra le più ubertose, del « bel paese » ed hanno rovinate non poche compagnie d’ assicurazione contro la grandine ; e desiderandogli che nel ramo incendi non avvenga per lo Stato di rispondere a sinistri che raggiungano il 105 per cento dei premi incassati come fu il caso della Lancashire,per l’ Inghil­ terra, nell’ anno 4802, ‘ ) — teniamoci ad una media *)

*) L ’esempio di enormi disastri causati dall’incen­ dio non manca affatto. Il più grave e più significante è indubbiamente quello scoppiato la sera di domenica 8 ottobre 1871 a Chicago. Il fuoco s’accèse in una casa in Koven-Stieet in causa d’una lampada a pe­ trolio rovesciatasi. Un forte vento d’ovest attizzò le fiamme che invasero la città di quartiere in quar­ tiere, di block in block. La sera della domenica 15 ot­ tobre ardeva ancora l'ultima casa a cui il fuoco s’era appreso. In otto giorni di queli’pi-ribile devastazione arsero più che 18,000 case e tu tti i bern di più che 200,000 persone. I danni dell’incendio forono calco­ lati in centonovanla milioni di d o lla ri— 950 milioni di lire nostre — ; erano assicurati per 400 milioni di lire, ma tu tte le compagnie di fronte aH’iinmane di­ sastro fallirono e dei 400 milioni solo 264 furono pa­ gati agli assicurati.

Nel 1874 un altro incendio scoppiò e produsse più che 100 milioni di lire di danni. — Ora quale Stato

complessiva del 45 per cento dei premi, dedotte le spese. Fatte tutte codeste deduzioni lo Stalo residuerà da ciascun esercizio finanziario, per I’ assicurazione di tutto ciò che può essere soggetto a rischio ed a riparazione, milioni 4 0 ; ¡q u a li rappresentai o I utile netto — altrimenti, enorme reddito — che lo Stato potrà lusingarsi d’ incassare nelle condizioni più favo­ revoli della sua monopolizzazione. Sicché i famosi 50 m ilioni, che i finanzieri governativi si lusingano di ricavare colla sola sostituzione dello Stato alle com­ pagnie straniere, son già dim inuiti d’ un quinto in confronto del, più completo monopolio. Tuttavia è innegabile che un tale utile appara rimarchevole e più che idoneo ad aguzzare le voglie del più indi­ vidualista e liberista Ministro delle Finanze o del Tesoro; perchó esso è residuo medio di medio gettito e di media uscita (spese-sinistri); e quindi i suddetti 40 milioni discenderebbero aureo detrito a fertilizzare l’ esausto Erario ogni anno, succedendosi colla costanza immobile della vicenda solare. Ma — non par vero! qui sta, appunto, il maggior pericolo per la finanza dello Stato ; ed è qui,'dove il monopolio della as sicurazione si presenta ribelle a garantire allo Stato la certezza della ingente entrala.

E. Masè- Da k i. (La fine al prossimo numero).

Rivista Economica

L' atcoolismo in ItaliaLe assicurazioni sulla vita in InghilterraLa navigazione net Canale di C o ­

rintoH risparmio in Austria-Ungheria I la­

vori del Tevere.

L’ alcoolismo in Italia. — La Commissione con­

sultiva, presieduta dall’on. Cardare'li, per gli studi relativi .alla pubblica igiene in rapporto alla legge sugli spiriti, ha presentato al Governo la sua rela­ zione. Se ne rileva che nel quinquennio 4887-91 morirono nel Regno, per alcoolismo, 2254 persone, e 499 per uhbriachezza ; cioè, 4.62 per ogni 100 mila abitanti.

Il contingente maggiore alla mortalità fu dato dalla Liguria (3.46) e dalle Marche (3.41) e il più tenue dalla Campania (0.53) e dagli Abruzzi e Molise (0.75).

In confronto degli altri Stati, l’ abuso delle bevande alcooliehe si manifesta meno esteso e pernicioso ; ma vi è continuo incremento nella propagazione del vizio.

Dopo l’applicazione del nuovo Codice penale, che Ita l'atto dell’ uhbriachezza un reato speciale, furono contestate 16,504 contravvenzioni per uhbriachezza nel 1890 e 16,382 nell’ anno 1891.

Il maggior numero di contravvenzioni fu denun­ ziato in Liguria (13.77 per 100 mila abitarti), e il minore in Sicilia (1.28).

Ha potuto assodare la Commissione che in quasi tutte le provinole d' Italia ì vari alcools si distillano in aperto contrasto con le più elementari esigenze della pubblica salute.

Determinate quindi le cause dell’ alcoolismo, la

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Commissiono pone in chiaro la necessita di evitare, per quanto ò possibile, die gli spiriti destinati al consumo siano inquinati dalle materie tossiche.

Da ultimo la Commissione rileva i vantaggi ig ie ­ nici della legge del 1-889, e così conclude :

« Ma sia,, che prevalga l’ idea del monopolio sia che perduri il presente regime degli spiriti, occorre assolutamente di non soffermarsi a mezza via nella attuazione, dei provvedimenti adottati o invocali, a presidio della pubblica salute,

« E a noi piace di chiudere la presente relazione con questo augurio: — che l’ Italia, la quale ha il vanto di aver prima fra tutte le nazioni, dato a sò stessa e alla, civiltà un codice igiènico, continui questa nobile tradizione col provvedere in modo efficace alla tutela delle sue popolazioni contro l ’azione deleteria dell’ alcoolismo. »

Le assicurazioni sulla vita in Inghilterra. —

In Inghilterra, è stata presentata alla presidenza della Camera dei Comuni la relazione annuale delle com- pagnie d’ assicurazione sulla vita.

I dati che offre questa relazione porgono il modo di esaminare i progressi che le compagnie d’assicu­ razione hanno compiuto in questi ultim i anni in Inghilterra e di farsi un concetto della loro im ­ portanza.

Verso la fine del 1892 le compagnie d’ assicura­ zione in Inghilterra erano 112: 90 compagnie o rd i­ narie o 12 compagnie industriali. Le compagnie ordinarie sono quelle, che, come in altri paesi, pra­ ticano i diversi modi d’ assicurazione, mediante dei premi che si pagano ogni anno, ogni semestre ed ogni trimeste. Le compagnie industriali accettano dei premi ebdomadari di 10 centesimi.

Enormi sono le spese d’ amministrazione, a cui sono soggetto le compagnie industriali. La compagnia Prudential, per esempio, si divide in due rami : uno ordinario, l’altro industriale. Il ramo ordinario ha un fondo di assicurazione 111 milioni di lire e dei premi annuali di 36 milioni. Le sue spese di commissione non oltrepassano 2 milioni e le sue spese d’ammini­ strazione 1 milione. Il ramo industriale ha un fondo d’assicurazione di 198 milioni e dei premi annuali di 92 milioni. Le sue spese di commissione ascen­ dono a 16,730,000 lire e le sue spese di ammini­ strazione sono di circa 12 milioni senza contare quasi 11 milioni destinati nel 1892 a dare una mag­ giore estensione agli affari.

II numero delle polizze delle compagnie ordinarie sale a 1,196,945; l’ammontare dei premi annuali a 380 m ilioni; il capitile assicurato a 12 miliardi 620 milioni. Se si paragonano queste cifre colle cifre rispettive del 1 8 8 7 'si vede clic il numero delle po­

lizze aumentò dì 32 per cento (1,196,345 con­ tro 732,704) l’ammontare dei premi di 15 por cento (380 milioni contro 326) il capitale assicurato di 14 per cento (12 miliardi e 623 milioni contro 11 miliardi e 66 milioni).

Tutti questi fattori accusano un aumento impor­ tante, ma ineguale ; esso serve a indicarci la dire zione presa dall’ assicurazione. In cinque anni il numero delie polizze, come abbiamo detto, aumen­ tava di 32 per cento, mentre allo stesso tempo i capitali assicurati non aumentavano che d i t i per cento. Per forza la cifra media dell’ assicurazione doveva abbassarsi da 12,225 lire scese a 10,500.

Que-t’ abbassamento può spiegarsi col fatto che I’ aumento delle cifre delle polizze si verificò

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mente nelle assicurazioni miste. Queste assicurazioni impongono maggiori rischi alla compagnia e costano più care ; quindi coloro che vi ricorrono si assicu­ rano con sómme minori. La media delle assicura­ zioni miste non è che di 4,500 lire. Ma oltre questa causa speciale abbiamo una causa più generale, ed è che l’ assicurazione sulla vita si fa strada nelle classi menò agiate. Oggi non è solo il grande in d u ­ striale, il medico, l’ avvocato che si assicura la vita, ma il piccolo commerciante e il modesto impiegato.

Questa specie di democratizzazione dell’ assicura­ zione sulla vita, che ha potuto aver luogo eo'le compagnie ordinarie ci apparisca accentuata e gene­ ralizzata colle compagnie industriali. Nel 1887 le compagnie industriali contavano 8,951,000 polizze; ne contano oggi 12,497,000; i capitali assicurati sono salili da 2 miliardi e 13 mioni a 2 m iliardi e 939 milioni, e i premi da 93 milioni a 136.

La navigazione nel Canale di Corinto. —

L ’ apertura del Canale di Corinto è un fatto Molla massima importanza per la navigazione, e special- meri'e per quella dai porti deH’A lriatico all’ Egeo ed al Mar Nero. Crediamo utile quindi render note le norme principali che regolano la navigazione per il nuovo canale.

Il transito del Canale di Corinto è libero per tutto le navi dì qualunque nazione, purché flon peschino: più di metri 7,20 e non abbiano larghezza maggiore di 20 metri. Le navi a vela di più che 20 tonnellate dovranno farsi rimorchiare. Le navi a vapore po­ tranno servirsi della propria macchini o farsi rim o r­ chiare. Il rimorchio dei vapori non è obbligatorio per parte della Società citò lo farà eseguire solo quando avrà disponibili dei rimorchiatori. Le navi dovranno avere una velocità ridotta quanto sia più possibile senza nuocere all’ azione-del limone.

Il capitano d’ ognÌ nave che attraversa ¡1 Canale, dovrà pagare all’entrata i d iritti di pedaggio e, seò il caso, quelli di rimorchio o pilotaggio e dare in iscritto le seguenti Informazioni : Qualità della nave, nome e nazionalità della nave, nóme'del capitano, nomi éd indirizzi degli armatori, posto di provenienza e posto di destinazione, pescaggio, numero dei passeggierà constatato con la presentazione del ruolo dei mede­ simi, composizione dell' equipaggio, tonnellaggio e natura del carico, tonnellaggio nétto, constatato colla presentazione delle carte ufficiali di bordo e stabilito conformemente alle prescrizioni della Commissione internazionale riunita a Costantinopoli il 1873.

La navigazione di notte è permessa. Le navi do­ vranno essere munite di apparecchi il’ illuminazione. È proibito ai capitani : 1° Ancorarsi nel Canale, salvo il caso di forza maggiore - 2° Gettar nel Canale ceneri c-d altri oggetti - 3° Lasciar tirare colpi di fuoco da bordo.

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Ogni nave rimorchiata dovrà fornire le funi ne­

cessarie. 1 vapori dovranno conservare le macchine in funzione o pronte a funzionare per aiutare il r i ­ morchiatore. Le navi possono farsi rimorchiare da rimorchiatori non appartenenti alla Società del Canale. Questi rimorchiatori saranno sottomessi al pagamento del diritto di pedaggio come le navi di transito. Quando attraverseranno il Canale, sia per andare davanti delle navi dei loro armatori che dovranno rimorchiare, sia ritornando alla loro residenza dopo averli rimorchiati, non saranno sottomessi al paga­ mento del diritto.

La profondità del Canale è di metri 8, larghezza al fondo metri 21, larghezza alla superficie me­ tri 24,60, lunghezza totale metri 6300.

Il risparmio in Austria-Ungheria. 1 versa­

menti effettuali nelle casse di risparmio postali au­ stro-ungariche nello scorso mese di luglio si elevarono a 2,717,394 fio rin i, contro 2,334,114 fior, di rim ­ borsi; l’ eccedenza dei primi fu dunque di 384,280 fiorini.

Il movimento degli chéques segna 104,907,283 fior, di depositi e 102,880,678 fior, di rimborsi con una eccedenza di 2,026.703 fior, in conto dei de­ positi.

Il numero dei partecipanti aumentò nel mese di luglio di 4,098 per il risparmio e di 191 por i conti dei chéques.

La cifra totale del movimento dei depositi nel mese di luglio si elevò a 212,838,369 fiorini. — Il saldo totale dell' Amministrazione al 31 luglio scorso era di 31 836,463 fiorini pel risparmio, e di 45,882,310 per gli chéques, vale a dire un in ­ sieme di 77,718,775 fiorini. Il numero dei parte­ cipanti era a quella data di 912,290 pel risparmio e di 22,667 per gli chéques; 15,420 titolari di li ­ bretti di chéques parteciparono al clearing.

V i erano, inoltre, alla fine di luglio, 10,162 por­ tatori di titoli di rendita, per i quali furono acqui­ stati fiorini 16,290,880 di valori di Stato.

Infine, si acquistò per conto dei depositanti un valore nominale di 21,155.055 fiorini di titoli.

I lavori del Tevere. — È stata pubblicata la

relazione della Commissione di vigilanza sui lavori del Tevere urbano. Da essa si rileva che dal prin­ cipio dei lavori fino a tutto il 1892 furono pagati 61 milioni e 200 mila lire, di cui 38,600,000 lire per le spese propriamente dette, 20 milioni e 700 mila lire per le espropriazioni e 1,860,000 per spese diverse. La sistemazione delle sponde con muri di sostegno e collettori può dirsi compiuta nella riva destra. Restano disponibili per il compimento delle opere e dei ponti 39 milioni e 790 mila lire sul fondo di 105 milioni assegnati dal Parlamento. La Commissione ritiene che la somma destinata per legge non sarà oltrepassata se sarà usata la mas­ sima cura per la parsimonia delle spese.

Legge 10 Agosto 1893

S X J GtXjI i s t i t u t i i d i e m i s s i o n e

(C o n tin u a zio n e e fine)

Art. 13. — La Banca d’ Italia e i Banchi di Napoli o di Sicilia dovranno liquidare le operazioni in corso di natura diversa da quelle indicate nell’art. 12, entro |

il termine di dieci anni, e in ragione di un quinto dell'ammontare di esse per ciascun biennio. Saranno considerate come liquidate le partite che potranno es­ sere pareggiate colla massa di rispetto.

Quanto alla Banca d’ Italia, alla fine di ciascun bien­ nio, se la liquidazione non avrà raggiunto la propor­ zione indicata, la Banca dovrà richiamare dagli azio­ nisti, nei limiti del capitale nominale previsto dall’ar­ ticolo 1, il versamento di quanto occorra a completare la somma che doveva essere liquidata, senza che tale aumento di capitale possa dare titolo ad aumento di circolazione.

Quanto ai Banchi di Napoli e di Sicilia, tutti gli utili dovranno essere destinati esclusivamente a com­ piere la cifra della smobilizzazione obbligatoria per ciascun biennio.

All’ istituto che non avrà compiuto in ciascun bien­ nio la liquidazione delle dette operazioni nella pro­ porzione indicata sopra, e non avrà coperto con nuovi versamenti o con gli utili a ciò erogati la somma non liquidata, sarà sospesa la facoltà di emettere biglietti per una somma corrispondente al quadruplo di quella rimasta scoperta, insino a che la liquidazione prevista non sia effettivamente compiuta.

I Banchi di Napoli e di Sicilia avranno facoltà di continuare 1 'assegno annuale, per fini comprovati di pubblica utilità e di beneficenza, d’ una somma che non ecceda il decimo degli utili dell’anno precedente.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai crediti che, per contratti anteriori al 30 giugno 1893 ed aventi data certa non fossero esigibili prima che scadano i dieci anni dall’attuazione della presente legge.

Dovranno però essere dagli Istituti liquidati tosto che, a norma dei singoli contratti, diventeranno esigibili,

Art. 14. — Gli Istituti che, dopo 1’ attuazione della presente legge, faranno operazioni da essa non consen­ tite, saranno soggetti ad una tassa corrispondente al triplo della rispettiva ragione dello sconto, applicata sull'ammontare delle operazioni illegali compiute e in relazione a tutta la durata delle operazioni medesime.

Al termine di ciascun esercizio, le sofferenze nuove dovranno passare a perdita, e i ricuperi dovranno es­ sere calcolati a benefizio di quell’ anno, nel quale sa­ ranno in tutto o in parte riscossi.

Art. 15. — La vigilanza permanente sugli Istituti di emissione è esercitata dal Ministero di agricoltura, industria e commercio, di concerto con quello del Tesoro. I modi e le norme di essa saranno determinati per decreto reale da emanarsi entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge.

Ogni biennio, a cura del ministro di agricoltura, industria e commercio di concerto con quello del Te­ soro, sarà eseguita una ispezione straordinaria degli Istituti di emissione a mezzo di pubblici ufficiali, che non abbiano preso parte a precedenti ispezioni dell’I­ stituto intorno al quale debbano riferire. Le relazioni sopra tali ispezioni saranno presentate al Parlamento entro tre mesi.

La nomina del direttore generale della Banca d’Italia dovrà essere approvata dal Governo.

Art. 16. — Con decreto reale, sopra proposta dei ministri di agricoltura, industria e commercio e del Tesoro, udito il Consiglio dei ministri, potrà essere sospesa o revocata la facoltà dell’emissione all’Istituto, il quale contravvenga alle disposizioni di legge od a quelle dei propri statuti.

Gli amministratori degli Istituti di emissione, eccet­ tuato il caso previsto nell’articolo 149 del Codice di commercio, sono responsabili in solido verso i soci, verso l’ ente morale e verso i terzi dell’inadempimento delle disposizioni ' della presente legge, dei relativi regolamenti e degli statuti, salvo sempre le azioni civili e penali nascenti da altre leggi.

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Art. 17. — I membri del Parlamento non possono i esercitare alcun ufficio retribuito o gratuito negli Isti­ tuti d’ emissione.

Art. 18. — Gli atti stipulati o da stipularsi per la fusione degli Istituti per azioni e la costituzione della Banca d’Italia, e quelli per la liquidazione della Banca Romana sono soggetti all' unica tassa fìssa di L. 3.60. Art. 19. — Durante quattro anni dall’attuazione della presente legge sarà ridotta di tre quarti la tassa di registro degli atti di vendita, acquisto di immobili o cessione di crediti che si faranno agli effetti della li­ quidazione prevista nell’ art. 13.

Gli Istituti di emissione possono concedere la liqui­ dazione in tutto o in parte delle loro immobilizzazioni a una Società costituita o da costituirsi, con un capitale non minore di quaranta milioni. In questo caso il Go­ verno ha facoltà di concedere :

1° Durante quattro anni dall’attuazione della pre­ sente legge la riduzione di tre quarti della tassa di registro per il trapasso di dette immobilizzazioni o ces­ sioni di credito ad essa Società, e durante dieci anni una riduzione uguale per le vendite degli stessi immo­ bili o cessioni degli stessi crediti che la Società fa­ cesse ad altri ;

2° Il diritto di emettere obbligazioni fino ad un ammontare eguale al doppio del capitale in azioni.

Art. 20. — Nel caso di contravvenzione alle dispo­ sizioni della presente legge, chiunque investito di funzioni negli Istituti di emissione afferma il falso o nasconde il vero, traendo in inganno coloro che eser­ citano le funzioni di vigilanza o di ispezione, allo scopo di celare le condizioni anormali dei detti Istituti, od operazioni proibite, o atti che importino respon­ sabilità, è punito con la reclusione da tre mesi a quattro anni e con l'interdizione temporanea dai pub­ blici uffici.

Chiunque nell’esercizio delle funzioni di vigilanza o d’ispezione degli Istituti di emissione afferma il falso o nasconde il vero, allo scopo indicato nella disposi­ zione precedente, è punito con la reclusione da uno a 5 anni e con l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Chiunque effettua l ' emissione di biglietti che non siano fabbricati e somministrati secondo le norme del- l’art. 9, o rimette in circolazione biglietti che si sareb­ bero dovuti annullare o bruciare, è punito con la reclusione da 3 a 10 anni e con l’interdizione tempo­ ranea dai pubblici uffici.

Art,. 21. — La Banca d’ Italia farà al Tesoro le anticipazioni ordinarie e straordinarie dovute dalla Banca Nazionale Toscana, dalla Banca Toscana di Cre­ dito e dalla Banca Romana. Nulla è innovato rispetto alle anticipazioni dovute al Tesoro dai Banchi di Na­ poli e di Sicilia. Parimente, per tutti gli Istituti, nulla è innovato, nè rispetto alla tassa, nè rispetto alla pro­ porzione della riserva metallica, relative alla circola­ zione dei biglietti dipendente dalle anticipazioni me­ desime.

Art. 22. — Se alcuna delle Banche, le quali ai ter­ mini dell’articolo 1° dovrebbero con la loro fusione costituire la Banca d’ Italia, non accettasse le disposi­ zioni della presente legge, potranno le altre Banche costituire la Banca d’Italia, purché entro 6 mesi,por­ tino il capitale a 210 milioni.

Art. 23. — Per T approvazione dello statuto della Banca d’ Italia sarà convocata un’assemblea degli azio­ nisti delle Banche che la compongono, possessori da tre mesi di almeno dieci azioni delle rispettive Banche.

Art. 24. — La Banca d’ Italia dovrà entrare in fun­ zione non più tardi del 1° gennaio 1894

Fino al giorno dell’entrata in funzione della Banca d’Italia, è prorogata alle tre Banche che la costituiscono la facoltà di emettere biglietti pagabili a vista ed al portatore, ed è prorogato il corso legale dei biglietti medesimi.

Disposizioni transitorie.

Art. 25. — La Banca Romana è posta in liquidazione. La liquidazione sarà assunta dallo Stato a datare dalla pubblicazione della presente legge.

Lo Stato delega la gestione della detta liquidazione alla Banca d’Italia, la quale dovrà assumerla alle con­ dizioni stabilite negli articoli seguenti.

Art. 26. — I biglietti della Banca Romana verranno ritirati dalla circolazione dalla Banca d'Italia sostituen­ doli con biglietti della Banca Nazionale nel Regno, fermo sempre il limite massimo di 800 milioni stabilito dall’ articolo 2. '

Il Tesoro dello Stato depositerà presso la Banca di Italia buoni del tesoro infruttiferi per 40 milioni a garanzia sussidiaria della parte scoperta della circola­ zione della Banca Romana.

Art. 27. — I biglietti della Banca Romana che entro il 1898 non fossero presentati per il cambio, saranno prescritti e il loro ammontare sarà computato negli utili della liquidazione.

La riserva metallica della Banca Romana, sarà valu­ tata tenendo conto dell’aggio sull' oro al corso della piazza di Roma il giorno in cui sarà pubblicata, la presente legge.

Non è dovuta la tassa straordinaria di circolazione prescritta dal secondo comma dell’articolo 4 della legge del 30 giugno 1891 (n. 314), sopra i biglietti emessi illegalmente dalla Banca Romana ed esistenti in circo­ lazione dal 10 gennaio 1893 alla data della costituzione della Banca d’ Italia.

Art. 28. — La liquidazione sarà controllata da un commissario governativo.

L’assemblea degli azionisti della Banca Romana ha facoltà di delegare un suo rappresentante per sorve­ gliare la liquidazione nell’ interesse dei creditori e degli azionisti.

Art. 29. — La Banca d’ Italia pagherà ogni anno due milioni di lire al conto della liquidazione della Banca Romana per coprire le perdite risultanti dalla liquidazione stessa.

Se tutta la somma cosi prelevata non occorresse per coprire le perdite della liquidazione della Banca Romana, il soprappiù sarà portato in aumento del fondo di riserva della Banca d’ Italia.

Le anticipazioni che la Banca d’ Italia dovrà fare per la liquidazione della Banca Romana frutteranno un interesse corrispondente alla metà del saggio dello sconto.

Art. 30. — La Banca d’ Italia inizierà e proseguirà a sue spese tutte le azioni di responsabilità contro i funzionari e amministratori della Banca Romana e contro i terzi che risultino comunque responsabili dei danni della medesima ; e dovrà farlo sempre che l’Av­ vocatura generale erariale lo riconosca opportuno.

Art. 31. — Nel periodo che decorrerà dalla pubbli­ cazione della presente legge alla sua attuazione, la Banca Nazionale nel Regno sostituirà la Banca d’Italia nella liquidazione della Banca Romana.

A partire dal giorno 10 gennaio 1893 e sino alla attuazione della presente legge i biglietti della Banca Romana giacenti nelle Casse della Banca Nazionale del Regno saranno dedotti dalla circolazione propria della Banca Nazionale nei rapporti tanto della tassa e del limite della circolazione, quanto del limite della riserva metallica.

Ecco l’ ordine del giorno :

Il Senato :

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L’ E C O N O M I S T A .

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Ritiene:

Che per esercitare l'ufficio di vigilanza sugli Isti­ tuti di emissione debba essere conservata con la op­ portuna ampliamone delle facoltà oggi ad essa spet­ tanti, la Commissione permanente istituita coll’art. 24 della legge 7 aprile 1881 per l’abolizione del corso forzato finché convertito in legge il decreto da ema­ narsi, come sarà detto in appresso in esecuzione del l ’art. 15, a questa Commissione non ne sia sostituita un’altra col titolo di Commissione 'permanente per la esecuzione della legge sul riordinamento degli Istituti di emissione, h quale sarà presieduta durante il corso legale dal ministro del Tesoro e, cessato questo dal ministro stesso o da quello di agricoltura, industria, e commercio o sarà composta di tre senatori, di tre deputati eletti dalle Camere rispettive é di altri cin­ que nominati dal Governo con decreto reale udito il Consiglio dei ministri, cioè, un.presidente o consigliere della Corte di Cassazione di Roma, un presidente o consigliere del Consiglio di Stato, un presidente o con­ sigliere della Corte dei conti e due funzionari ammi­ nistrativi.

Ri tiene :

Che. debbano èssere sottoposti all’ esame della Commissione:

a) lo statuto della nuova Banca d’ Italia, da com­ pilarsi in conformità delle regole generali del Codice di commercio e delle leggi speciali ; nel quale statuto sarà stabilito che la sede della Società e dell’ammi­ nistrazione centrale è in Roma, che il suo Consiglio superiore di amministrazione è composto di cittadini italiani, che ha fin d’ora una sede o succursale al­ meno in tutte le città capoiuogo di provincia; e che il numero delle sedi o succursali sarà entro due anni portato fino a cento;

b) le modificazioni che occorresse introdurre ne­ gli statuti e regolamenti dei Banchi di Napoli e di Sicilia per coordinare gli uni e gli altri colla legge presente ;

c) i criteri, con cui saranno accertate le opera­ zioni in corso di questi Banchi e delle tre Banche fuse nella Banca d Italia, diverse da quelle tassativa­ mente indicate nell’art. 12;

d) e in generale tutti i provvedimenti indispen­ sabili aU’attuazione della legge :

Ritiene;

Che la Commissione debba dare il suo avviso sopra :

a) le norme da fissarsi con decreto reale per il cambio dei biglietti fino alla scadenza del corso legale e al momento della cessazione di esso ;

b) quelle da stabilirsi parimente per decreto reale sull’esercizio delle stanze di compensazione;

c) quelle per la riscontrata che verranno fissate con decreto reale da convertirsi in legge ;

d) quelle per la cessazione della emissione dei biglietti in corso, per la fabbricazione dei biglietti nuovi, per la loro somministrazione agli Istituti, so­ stituzione ed annullamento e per la determinazione tanto della quantità quanto dell’uso legittimo dei bi­ glietti di scorta;

Ritiene :

Che ferma restando sempre la responsabilità del Governo la Commissione debba vigilare sul manteni­ mento dei limiti della circolazione e sulla riduzione di essa, sulla osservanza delle disposizioni concernenti lo sc.Qnto ordinario e quello di f ivore, la natura delle operazioni consentite, sul mantenimento e sulla com­ posizione della riserva, la quale nella parte non con­ sistente in valuta metallica dovrà essere rappresentata da cambiali sull’estero scadenti entro tre mesi e pa­ gabili in oro e sulla liquidazione della Banca Romana; al qual effetto dovranno sempre alla Commissione es­ sere comunicati i risultati delle ispezioni ordinarie e straordinarie con facoltà nella Commissione stessa di promuoverne delle nuove : tutte le quali ispezioni po­

tranno essere fatte coH'opera o col l’aiuto delle Inten­ denze locali di finanza, ha Commissione avrà inoltre facoltà di proporre l'applicazione delle penalità com­ minate dalla legge pei divèrsi casi, d’ inosservanza delle disposizioni di questa;

Ritiene :

Che a somiglianza di ciò che dispone il citato ar­ ticolo 24 della legge 7 aprile 1881, la Commissione debba alla fine di ogni anno presentare al Parlamento una particolareggiata e documentata relazione sull’an­ damento degli Istituti di emissione;

Ritiene finalmente :

Che il decreto reale da emanarsi come è detto neH'art. 15. ed informato ai concetti superiormente espressi, debba essere pubblicato al più presto e pre­ sentato al Parlamento, insieme coll’altró voluto dal- l’art. 5, per essere convertito in legge.

LA S I T U A Z IO N E DEL TESORO

al 31 lu g lio d e ll’ anno 1893

11 conto del Tesoro alla fine di luglio deTanno in corso, cioè alla fine del primo mese deli’ eser­ cizio 1895-94 dà i seguenti resultati:

A t t i v o ; Fondi d! Cassa alla chiusura del­

l’esercizio 1892-93... L. 247,034,346.52 E ntrate di bilancio dal 1° luglio

1893 a tutto il 3 1 ... » 108,887,350.57 Per debiti e crediti di Tesoreria » 181,419,748.80 Totale a ttiv o .... E. 554,341,445.89

P a s s i v o : Pagam enti d! bilancio dal 1° lu­

glio 1893 a tutto il 31... L Per debiti e crediti di Tesoreria ■> Pondi di Cassa al 31 luglio 1893 »

'Potale passivo.. . . L

Il seguente specchietto riassume la situazione dei debili e credili di Tesoreria.

30 giugno 1893 31 luglio 1893 D ifferenza

Conto di ca ssa L. 247,034, 346. 52 208, 899, 333 60 — 3 8 ,1 3 5 ,0 1 2 .9 2 S itu a z.d ei cred iti

di T eso re ria .... 60,76 9 ,8 1 4 .2 9 144,624,037.13 -i- 83.854,222. 84 T o t. d e ll’attivo L. 307,804,160.81 3 5 3 ,523,370.73 4 - 4 5 ,7 1 9 ,2 0 9 .9 2 S itu a z .d e i d eb iti

di T e so r e r ia .. 63 3 ,4 7 6 ,7 5 4 .7 7 679,985,880 92 — 4 6 ,5 0 9 ,1 2 6 .1 5

Situaz. (attiva L.

di cassa (passiva » 325.672,593. 96^326,462.510. 19 — 7 8 9 .916.23

Nel mese di luglio 1893 la situazione passiva di cassa è aumentata di L. 789,916.23.

Gli introiti nel mese di luglio 1893 ammontarono a L. 108,887,550.57, di cui L. 98,800,531.75 spet­ tano all’entrata ordinaria e L. 10,086,818.82 a quella straordinaria.

Confrontando l’entrala complessiva del luglio 1893 con quella del luglio 1892 si trova un aumento di L. 989,052.16, di cui L. 913,665.5-4 appartengono al­ l’entrata ordinaria e L. 75,386.62 a quella straordinaria. Fra gli aumenti più importanti figurano le dogane e d iritti m a rittim i per L, 1,1 44,406.56 e nell’ en­ trata straordinaria la riscossione di crediti per L. 3,050,000 e fra le diminuzioni le tasse in

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