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COLLEGIO DI ROMA. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti FATTO

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(1)

COLLEGIO DI ROMA

composto dai signori:

(RM) SCIUTO Presidente

(RM) PAGLIETTI Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) ACCETTELLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) GRANATA Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(RM) COEN Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore GRANATA ENRICO

Seduta del 15/01/2021

FATTO

Con ricorso presentato il 1.7.2020, preceduto da reclamo del 23.2.2020, i ricorrenti espongono di essere titolari del Buono Fruttifero Postale serie “Q/P” n. ***.731, del valore nominale di Lit. 1.000.000, emesso l’11.3.1987 nonché di n. 2 Buoni Fruttiferi Postali serie Q, n. ***.592, del valore nominale di Lit. 500.000, emesso il 14.3.1988, e n. ***.767, del valore nominale di Lit. 1.000.000, emesso il 24.1.1989.

Riferiscono che sulla tabella degli importi fino al 20° anno dall’emissione stampigliata sul retro del Buono serie Q/P è stato apposto una timbro poco leggibile mentre nessun timbro è stato apposto per segnalare variazioni di interessi successivi al 20° anno e l’indicazione di eventuali trattenute fiscali applicabili.

Precisano, con riferimento al BFP serie Q/P, che in sede di rimborso, veniva liquidato l’importo di € 7.074,47, con una differenza a loro sfavore di € 5.991,22, rispetto al rendimento risultante in base alla tabella stampigliata sul retro dei titoli con riferimento sia al primo ventennio che al successivo decennio dall’emissione.

Aggiungono: i) con riferimento al BFP serie Q, n. ***.592, che in sede di liquidazione, veniva liquidato l’importo di € 3240,52 lordi, con una differenza a loro sfavore rispetto a TXDQWR GRYXWR GL ¼  ii) con riferimento al BFP serie Q, n. ***.767, che in sede di liquidazione, veniva liquidato l’importo di € 3267,57 lordi, con una differenza a loro sfavore, rispetto a quanto dovuto, di € 427,40.

(2)

Riferisce che all’atto della sottoscrizione dei BFP non veniva fornita alcuna informazione sul reale rendimento del Buono né consegnato alcun documento informativo.

Chiedono che vengano loro corrisposte le maggior somme dovute a fronte dei suddetti Buoni.

Con le controdeduzioni l’intermediario resistente eccepisce preliminarmente l’incompetenza ratione temporis dell’Arbitro poiché i Buoni in questione sono stati emessi anteriormente al 1 gennaio 2009, data di decorrenza della competenza temporale dell’ABF e la controversia attiene al rendimento dei BFP e quindi a vizi genetici degli stessi che avrebbero creato un legittimo affidamento nel sottoscrittore circa la spettanza dei rendimenti secondo gli importi indicati sul retro dei titoli. Eccepisce inoltre l’incompetenza dell’Arbitro ratione materiae considerato che dal complesso delle norme applicabili ai Buoni Postali Fruttiferi e ai prodotti di raccolta del risparmio postale risulta che gli stessi sono prodotti finanziari, emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti e disciplinati da norme di carattere speciale, non soggetti quindi alle disposizioni del Titolo VI, Capo I, del T.U.B.

Osserva che pertanto le controversie relative ai BFP, così come quelle relative ai libretti di risparmio postale, esulano dall’ambito competenza per materia dell’Arbitro, cui sono attratte le sole controversie relative alle attività di bancoposta alle quali si applicano le disposizioni del Titolo VI, Capo I, del T.U.B. tra cui non rientra il collocamento dei BFP.

Osserva che, con riferimento ai BFP n. ***.592 e n. ***.767, che gli stessi appartengono a tutti gli effetti alla serie “Q” istituita con il Decreto del Ministro del Tesoro, di concerto con il Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, del 13.6.1986, i cui rendimenti sono specificati nella tabella allegata al provvedimento.

Evidenzia che detto D.M. stabilisce i tassi di interesse da applicare alla serie “Q” sino al 20° anno dall’emissione (con interesse composto) e l’importo bimestrale da corrispondere dal 21° sino al 30° anno sulla base dell’interesse massimo (semplice) corrisposto al 20°

anno.

Evidenzia che il D.M. del 13.6.1986 dispone all’art. 4 che “Con effetto dal 1° luglio 1986, è istituita una nuova serie di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera ‘Q’, i cui saggi di interesse sono stabiliti nella misura indicata nelle tabelle allegate al presente decreto. Gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all’atto del rimborso dei buoni; le somme complessivamente dovute per capitale e interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei buoni medesimi”.

Ritiene che le contestazioni di controparte sono riconducibili all’asserita errata applicazione delle disposizioni in materia fiscale del D.M. del 23.6.1997, attenendo quindi a una questione che esula dall’ambito di competenza dell’Arbitro ratione materiae.

Osserva al riguardo che, in virtù di quanto stabilito dal D.L. 19.9.1986, n. 556 (pubblicato sulla G. U. n. 219 del 20.9.1986 e convertito nella L. 17.11.1986, n. 759) istitutivo della ritenuta erariale, gli interessi maturati sui Buoni Fruttiferi Postali emessi dal 21.9.1986 al 31.8.1987 sono assoggettati alla ritenuta del 6,25%, mentre quelli maturati sui Buoni Fruttiferi Postali emessi dal 1.9.1987 al 23.6.1997 sono assoggettati alla ritenuta del 12,50%. Tale ritenuta è stata soppressa dal D.Lgs. 1.4.1996, n. 239 introduttivo (a partire dal 1.1.1997) dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi stabilita, per quanto concerne gli interessi resi dai titoli del risparmio postale, sempre nella misura del 12,50%.

Precisa che gli interessi sui Buoni emessi dal 21.6.1986 al 31.12.1996 sono capitalizzati annualmente al netto della ritenuta fiscale, mentre gli interessi dei Buoni emessi dal 1.1.1997 sono capitalizzati annualmente al lordo dell’imposta sostitutiva.

Precisa inoltre che il Decreto del Ministro del Tesoro del 23.6.1997 ha stabilito che: “… Per i buoni fruttiferi delle serie ordinarie contraddistinte con le lettere Q - R – S emessi fino al 31/12/1996 a favore di qualsiasi soggetto, gli interessi continueranno, per i primi 20 anni, ad essere capitalizzati al netto della ritenuta fiscale.”.

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Con riferimento al BFP, serie Q/P n. ***.731 evidenzia che l’art. 5 del D.M. del 13 giugno 1986 dispone che sui moduli della serie “P”, utilizzabili per l’emissione di buoni della serie Q, venga apposto, oltre al timbro sulla parte anteriore, con la dicitura “serie Q/P”, un timbro sulla parte posteriore riportante la misura dei nuovi tassi e non anche dell’importo bimestrale da corrispondersi dal 21° al 30° anno dall’emissione.

Rileva di aver operato secondo quanto previsto dal citato art. 5 del DM, apponendo sul fronte del modulo cartaceo della serie “P” un timbro con la “Serie Q/P” e sul retro del titolo il timbro recante i nuovi quattro tassi (8%,9%,10,50% e 12%), applicando i tassi previsti dal DM, sino al 20° anno dall’emissione, in base ad interesse annuo composto, mentre per il periodo successivo al ventesimo anno dall’emissione gli interessi, al tasso massimo raggiunto e cioè, per i Buoni in questione, al tasso del 12% indicato nel timbro, non capitalizzato.

Richiama, a sostegno della correttezza del proprio operato, la nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze, prot. n. DT 12768, del 15.2.2018 e varie pronunce dei giudici di merito.

Evidenzia che i Buoni Fruttiferi Postali non costituiscono titoli di credito ma sono titoli di legittimazione, cui non si applicano i principi dell’autonomia causale e della letteralità.

Richiama la sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU., n. 13979/2007 e la sentenza n.

27809/2005.

Richiama inoltre la sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU., n. 3963/2019, evidenziando che la stessa ha confermato la piena legittimità dell’impianto normativo dei BFP, ribadendo che la misura dei relativi tassi di interesse è stabilita dai decreti ministeriali istitutivi e che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.M. del 1986 ha assolto pienamente alla funzione di trasparenza.

Afferma quindi che le disposizioni normative prevalgono sulle eventuali diverse indicazioni letterali contenute nei Buoni, secondo un meccanismo di eterointegrazione del contenuto dell’obbligazione stabilita dagli artt. 1339 e 1374 del codice civile.

Evidenzia che l’affidamento incolpevole di parte ricorrente è del tutto infondato, poiché la stessa era a conoscenza di tutti i tassi di rendimento dei Buoni sottoscritti, che comunque avrebbe potuto/dovuto conoscere, usando la normale diligenza.

Chiede: in via preliminare, che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso, per incompetenza ratione materiae nonché la non ricevibilità dello stesso ratione temporis, perché relativo a comportamenti anteriori al 1 gennaio 2009; nel merito, che il ricorso sia rigettato, in quanto infondato in fatto e in diritto.

Con repliche alle controdeduzioni parte ricorrente ribadisce le istanze formulate nel ricorso citando varie pronunce dei Collegi territoriali.

DIRITTO

Occorre preliminarmente verificare le eccezioni di incompetenza temporale e ratione materiae dell’Arbitro sollevate dall’intermediario resistente.

Entrambe le eccezioni sono infondate.

Quanto all’eccepita carenza di competenza dell’Arbitro sul piano temporale, essendo i fatti contestati anteriori al 1 gennaio 2009, si osserva che, secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro, in caso di controversia avente ad oggetto un rapporto negoziale sorto anteriormente al 1°.1.2009, ma ancora produttivo di effetti successivamente a tale data, occorre avere riguardo alla domanda della parte ricorrente onde verificare se essa sia fondata su vizi genetici (dando così luogo all’incompetenza temporale), ovvero su

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contestazioni riguardanti effetti del negozio giuridico prodottisi dopo la suddetta data, sussistendo allora la competenza dell’ABF (ex multis, Collegio di Roma, decisione n.

11045/2020; cfr. anche Collegio di coordinamento, decisione n. 72/2014).

Nel caso di specie, i ricorrenti lamentano il mancato rimborso di quanto dovuto alla scadenza trentennale dei titoli, rispettivamente nel dicembre 2017, 2018 e 2019. E’ quindi da tali epoche che, ai sensi dell’art. 2947 c.c., decorre il termine di prescrizione d e c e n n a l e per l’esercizio dei diritti di credito loro spettanti. Pertanto, nel caso di specie, la competenza dell’Arbitro non può essere negata.

Quanto all’eccepita carenza di competenza dell’Arbitro ratione materiae, si osserva che sia la delibera del CICR 28 luglio 2008, n. 275, sia le Disposizioni della Banca d’Italia sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari del 18 giugno 2009 e i successivi aggiornamenti ricomprendono tra gli intermediari «Poste Italiane S.p.A. in relazione all’attività di bancoposta». Nell’ambito dell’attività di bancoposta rientra, ai sensi del D.P.R. 14 marzo 2001, n. 144,

“Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta”, la raccolta del risparmio postale mediante il collocamento di buoni fruttiferi postali (cfr. ex multis, Collegio di Roma, decisione n. 3226/2014 e Collegio di Milano, decisione n. 1846/2011).

Ciò premesso, si rileva, con riferimento al Buono Fruttifero Postale serie “Q/P”, n. ***.731, del valore nominale di Lit. 1.000.000, emesso l’11.3.1987, che sul fronte dello stesso risulta apposto un timbro che risulta illeggibile, come eccepito da parte ricorrente.

La possibilità di usare i moduli cartacei recanti le condizioni della precedente serie “P”

anche per l’emissione di nuovi Buoni Fruttiferi a condizioni diverse da quelle originariamente indicate è espressamente prevista dall’art. 5 del Decreto del Ministro del Tesoro del 13 giugno 1986, ai sensi del quale “Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera Q, i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie "P" emessi dal 1°

luglio 1986. Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura "Serie Q/P", l'altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi”.

Come può desumersi dalla quantificazione del rimborso richiesto, la parte ricorrente chiede che le venga riconosciuto il rendimento atteso dal Buono in questione con riferimento all’intero trentennio, non essendo stata modificata la tabella stampigliata sul retro del titolo, sulla quale è stato apposto un timbro illeggibile.

L’intermediario argomenta in merito al rendimento relativo al periodo dal 21° al 30° anno dall’emissione, sostenendo che nello stesso continua ad essere prevista la corresponsione, per ogni bimestre, dell’importo risultante dall’applicazione dell’interesse semplice in base al tasso massimo raggiunto e, cioè, al 12%, come indicato nel D.M. del 13 giugno 1986. Ritiene quindi incongrua la richiesta della parte ricorrente di vedersi corrisposti, per tale periodo, gli interessi al tasso massimo raggiunto dalla serie “P”, non essendo applicabili i rendimenti di tale serie ma quelli della serie “Q/P”.

Ciò posto, in plurime decisioni su analoghe controversie (cfr., ex multis, la decisione n.

12308 del 10.6.2018) questo Collegio ha ritenuto di dover seguire l’orientamento della Corte di Cassazione di tutela dell’affidamento del cliente nell’interpretazione delle risultanze testuali del Buono Fruttifero. Il riferimento specifico è alla pronuncia n.

13979/2007 delle Sezioni Unite della Suprema Corte, che ha affermato la prevalenza delle condizioni riportate sul titolo rispetto a quelle dettate dal regolamento istitutivo, sottolineando che “La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall’ufficio ai richiedenti può […] rilevare per eventuali profili di responsabilità interna all’amministrazione, ma non può far ritenere che l’accordo negoziale, in cui pur sempre l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad

(5)

oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni”. La funzione stessa dei buoni postali, destinati a essere emessi in serie per rispondere a richieste di un numero indeterminato di risparmiatori, non tollererebbe un’interpretazione diversa, la quale – ponendo a carico dei sottoscrittori le conseguenze di un errore imputabile all’amministrazione – finirebbe per compromettere le esigenze di tutela del risparmio diffuso (Cass. Civ., Sez. Un., 15 giugno 2007, n. 13979).

Sul tema è di recente intervenuto il Collegio di coordinamento, con la decisione n. 6142 del 3 aprile 2020.

Tale decisione premette che “ … la recente pronuncia delle SS. UU. n. 3963/2019, lungi dall’operare un revirement rispetto a Cass. SS.UU. n. 13979/2007, ne ha piuttosto fedelmente riproposto l’impostazione. Ed infatti, muovendosi nel solco argomentativo della decisione n. 13797/2007, le SS. UU., ribadita la qualificazione dei titoli in discorso quali documenti di legittimazione ex art. 2002 c.c., si sono limitate ad affermare, senza contraddire la precedente decisione, <la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali volti a modificare il tasso di interessi originariamente previsto>, specificando che siffatta modificazione trova <ingresso all’interno del contratto, mediante una integrazione del suo contenuto ab externo secondo la previsione dell’art. 1339 c.c.>. Nulla hanno viceversa ritenuto di aggiungere in ordine al principio enucleato dalla pronuncia del 2007- che resta pertanto impregiudicato - in relazione alla diversa fattispecie di BFP sottoscritti successivamente all’emanazione di un D.M. modificativo dei rendimenti dell’investimento, quando questi ultimi risultino difformi a quelli riportati sul titolo”.

La decisione statuisce quindi che “ … il condivisibile inquadramento dei buoni fruttiferi postali nell’ambito della categoria dei documenti di legittimazione (v., oltre a Cass. SS.UU.

n. 13979/2007, Cass. n. 27209/2005; ed ora, Coll. di Coordinamento n. 22747/2019) se, per un verso, esclude che agli stessi possano attagliarsi i principi di incorporazione e di letteralità (completa) propri dei titoli di credito astratti, rendendo così il diritto alla prestazione ivi documentato suscettibile di essere successivamente etero-integrato in coerenza con lo specifico regime contrattualmente convenuto dalle parti al momento della emissione, per altro verso, impedisce di considerare per sua natura non vincolante quanto riportato sulla lettera dei buoni in ordine alla determinazione della prestazione dovuta dall’intermediario, affidandola sempre alla disciplina legale del rapporto su cui si fonda l’emissione del buono, alla stregua di un titolo di credito causale (art. 1996 c.c.)”.

In conclusione il Collegio di coordinamento enuncia il seguente principio di diritto: “Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e investitore si articola sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Resta ferma la possibilità che i buoni vengano integrati e/o modificati ai sensi dell’art. 1339 c.c., sotto il profilo della determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, purché successivi alla sottoscrizione dei titoli.”.

Alla luce di quanto sopra esposto, nel caso di specie emerge che l’intermediario, nonostante quanto previsto dal D.M. del 13.6.1986, non ha diligentemente incorporato nel testo cartolare le determinazioni ministeriali relative al rendimento del Buono Fruttifero Postale serie “Q/P”, n. ***.731, non essendo leggibile il timbro apposto sulla stampigliatura originaria del modulo serie P utilizzato. Pertanto l’intermediario deve corrispondere a parte ricorrente, in relazione al Buono Fruttifero Postale serie “Q/P”, n. ***.731, il rendimento risultante in base alla tabella stampigliata sul retro del titolo, per l’intera durata dello stesso.

Quanto ai n. 2 Buoni Fruttiferi Postali serie Q, n. ***.592, del valore nominale di Lit.

500.000, emesso il 14.3.1988, e n. ***.767, del valore nominale di Lit. 1.000.000, emesso il

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24.1.1989, la contestazione di parte ricorrente appare concernere il regime fiscale degli interessi dei Buoni Postali Fruttiferi e, più specificatamente, della sua incidenza sui rendimenti dei titoli.

Sul tema è intervenuto il Collegio di coordinamento, con la decisione n. 6142 del 3 aprile 2020, ove ha enunciato il seguente principio di diritto “L’incompetenza dell’ABF a occuparsi della materia tributaria, non implica che sia precluso allo stesso organismo di accertare l’ammontare dei rendimenti dovuti al sottoscrittore di buoni fruttiferi postali là dove questi risultino contrattualmente collegati a parametri fiscali. In tal caso il regime fiscale, precedente o successivo all’emissione dei BFP, assume rilievo negoziale, valutabile al fine della determinazione del quantum della prestazione dedotta in contratto”.

Il Collegio ha in particolare precisato, con riferimento al quantum della prestazione dovuta dal debitore in base alle condizioni contrattuali concordate tra le parti, che tali condizioni “

… restano suscettibili di essere integrate ex art. 1339 e 1374 c.c. da un atto di imperio riconducibile alla natura pubblica dell’emittente” (cfr. Coll. di Coordinamento, dec. n.

5674/2013; di recente, Coll. di Roma, dec. n. 19042/18), tra cui possono ben collocarsi anche disposizioni relative a profili fiscali, essendo, in siffatta prospettiva, irrilevante se le stesse abbiano determinato una variazione dei tassi in senso tecnico, conformemente a quanto indicato nell’art. 173 del Codice Postale”.

In tale ottica, il Collegio ha affermato che “… appare del tutto coerente con l’assetto negoziale adottato dalle parti il richiamo, in funzione integrativa del contratto (artt. 1339 e 1374 c.c.), non tanto del D.M. Tesoro 23 giugno 1997 secondo cui gli interessi maturati annualmente sui BFP emessi a partire dal 21/09/1986 al 31/12/1996, ovvero appartenenti alle serie “Q”, “R” e “S”, per i primi venti anni di vita del titolo vengono capitalizzati annualmente al netto della ritenuta fiscale o della Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 58/2000 che ha confermato per i buoni emessi fino al 30/06/1997 la capitalizzazione degli interessi avviene annualmente al netto della ritenuta erariale, quanto (e soprattutto), del D.L. 19/09/1986 n. 556 convertito nella Legge 17/11/1986 n. 759, che ha assoggettato a ritenuta fiscale del 12,50% (tutti) gli interessi maturati sui buoni emessi dal 1° settembre 1987 al 23 giugno 1997 (il D.Lgs 01/04/1996 n. 239 ha poi introdotto a partire al 01.01.1997 l’imposta sostitutiva stabilita per quanto riguarda gli interessi nella misura del 12,50%).”.

Il Collegio ha quindi concluso che “ … può essere senz’altro accolta l’eccezione dell’intermediario che offra, o abbia liquidato, un importo diverso da quello risultante dai rendimenti indicati in termini assoluti sul retro del titolo della serie Q, sulla base del regime fiscale che prevede l’applicazione di una ritenuta pari al 12,5%; e ciò anche in relazione al periodo dal 21° al 30° anno, in quanto dal complesso delle disposizioni di legge e regolamentari sopra richiamate non emerge, sotto questo profilo, la necessità di un trattamento diverso in relazione a quest’ultimo lasso temporale, con l’ulteriore conseguenza che la capitalizzazione degli interessi dal 21° anno in poi deve avvenire al netto della ritenuta fiscale. Ne deriva che, venendo la ritenuta fiscale ad incidere sulla determinazione negoziale del valore del rendimento da corrispondere al sottoscrittore, il relativo onere non risulta contrattualmente posto a carico dell’emittente.”.

Pertanto la pretesa dei ricorrenti volta ad ottenere la liquidazione del rendimento come riportato sui Buoni delle seria Q in questione, non inciso dalle ritenute fiscali dovute per legge, non può che ritenersi priva di fondamento.

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P.Q.M.

Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dispone che l’intermediario, con riguardo al buono n. ***.731, corrisponda alla parte ricorrente gli importi determinati nella misura indicata sul retro del titolo, dedotto quanto già rimborsato.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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