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La condizione giuridica del minore straniero non accompagnato alla luce della Legge 7 aprile 2017, n. 47

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

La condizione giuridica del minore straniero non

accompagnato alla luce della Legge 7 aprile 2017, n. 47

Candidata Relatrice

Elena Sabatini Dott.ssa Caterina Murgo

Anno Accademico

2017/2018

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2

Dite: «è faticoso frequentare i bambini.»

Avete ragione.

Poi aggiungete: «perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi,

inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.»

Ora avete torto. Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere

obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi,

allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli.

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3

SOMMARIO

INTRODUZIONE ... 7

CAPITOLO 1 I MINORI DI ETA’ NEL DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE ... 10

1.1 Sulla definizione normativa di minorenne nel diritto dell’immigrazione ... 10

1.2 Le diverse tipologie di minori stranieri accompagnati ... 14

1.2.1 I minori stranieri regolarmente soggiornanti con i genitori ... 15

1.2.2 L’istituto del ricongiungimento familiare ... 19

1.2.2.1 I titolari del diritto ... 21

1.2.2.2 I beneficiari del diritto ... 23

1.2.2.3 I requisiti oggettivi per l’esercizio del diritto ... 30

1.2.3 L’istituto dell’ingresso al seguito del familiare ... 31

1.2.4 I minori irregolarmente soggiornanti accompagnati da stranieri autorizzati al soggiorno………..33

1.2.5 I minori accompagnati da familiari non regolarmente soggiornanti ... 38

1.2.5.1 Il divieto di espulsione dei genitori in caso di gravidanza e nei sei mesi successivi alla nascita del figlio ... 39

1.2.5.2 Il caso dell’autorizzazione al soggiorno ex art. 31 c. 3 di cui al d.lgs 286/1998………..41

1.3 I minori stranieri non accompagnati ... 47

CAPITOLO 2 MIGRANTI INVISIBILI: I MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI .. 48

2.1 Le definizioni di minore straniero non accompagnato ... 49

2.1.1 Le definizioni di minore straniero non accompagnato nel diritto internazionale e comunitario ... 50

2.1.2 Le definizioni di minore straniero non accompagnato nel diritto nazionale………..54

2.2 Genesi e sviluppo del fenomeno migratorio minorile in Italia... 60

2.2.1 L’Italia, da Paese di emigrazione ... 60

2.2.2 … a Paese di immigrazione ... 63

2.3 Quanti sono i minori stranieri non accompagnati in Italia? ... 65

2.3.1 I dati nazionali degli sbarchi dei minori stranieri non accompagnati in Italia ………66

(4)

4 2.3.1.2 I luoghi di provenienza dei minori stranieri non accompagnati sbarcati

sulle coste italiane ... 70

2.3.2 Censimento e monitoraggio dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia...72

2.3.2.1 I dati nazionali sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati in Italia………76

2.3.2.2 Il genere nei dati nazionali dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia………... 82

2.3.2.3 L’età nei dati nazionali dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia………86

2.3.2.4 Le nazionalità nei dati nazionali dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia ... 89

2.4 Le diverse tipologie di minori stranieri non accompagnati ... 97

2.5 Push and pull factors ... 105

CAPITOLO 3 I DIRITTI DEI MINORI NELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI ED EUROPEE ... 109

3.1 Le azioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro ... 110

3.2 La Dichiarazione di Ginevra ... 112

3.3 La Dichiarazione Universale dei diritti umani ... 113

3.4 La Dichiarazione dei diritti del fanciullo ... 115

3.5 La Convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori ... 117

3.6 I Patti delle Nazioni Unite sui diritti ... 118

3.7 La Convenzione sui diritti dell’infaniza e dell’ adolescenza ... 122

3.8 Segue: la Convenzione sui diritti dell’infaniza e dell’adolescenza ed i minori non accompagnati ... 128

3.9 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle liberta’ fondamentali ... 130

3.10 La Carta sociale europea ... 131

3.11 Le Convenzioni europee sul rimpatrio e sull’affidamento ... 133

3.12 La Carta europea dei diritti del fanciullo ... 135

(5)

5

CAPITOLO 4

DALL’EMERGENZA ALL’ACCOGLIENZA: L’ESPERIENZA TUTTA

ITALIANA DELLA LEGGE 7 APRILE 2017, N. 47 ... 140

4.1 Il background normativo italiano prima della Legge 7 aprile 2017, n. 47 ... 140

4.2 La Legge 7 aprile 2017, n. 47: i lavori preparatori ... 142

4.2.1 Il minore straniero non accompagnato: soggetto di diritti e portatore di interessi propri ... 145

4.2.2 Il divieto assoluto di respingimento ... 147

4.2.3 Il provvedimento di espulsione ... 150

4.2.4 I permessi di soggiorno per minori stranieri non accompagnati per i quali sono vietati respingimento ed espulsione ... 153

4.2.5 Il rimpatrio assistito prima della Legge 7 aprile 2017, n. 47 ... 160

4.2.6 Il rimpatrio assistito e volontario dopo la Legge 7 aprile 2017, n. 47 .... 165

4.2.7 Le misure di accompagnamento verso la maggiore età e le misure di integrazione di lungo periodo ... 166

4.2.7.1 La Legge Turco – Napolitano ed il D.p.r. 31 agosto 1999, n. 394 ... 167

4.2.7.2 Le circolari del Ministero dell’Interno del 13 novembre 2000 e del 9 aprile 2001 ... 168

4.2.7.3 La Legge Bossi – Fini ... 171

4.2.7.4 Le pronunce della Corte Costituzionale ... 172

4.2.7.5 Gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale ... 174

4.2.7.6 La Legge 15 luglio 2009, n. 94 ... 176

4.2.7.7 La Legge 2 agosto 2011, n. 189 ... 178

4.2.7.8 La Legge 7 aprile 2017, n. 47 ... 180

4.2.7.9 Il prosieguo amministrativo a favore del minore straniero non accompagnato prima e dopo la Legge 7 aprile 2017, n. 47 ... 185

4.2.8 Identificazione del minore straniero non accompagnato: accertamento della minore età ... 187

4.2.8.1 Gli atti internazionali in materia di accertamento dell’età dei minori non accompagnati ... 188

4.2.8.2 La normativa nazionale in materia di accertamento dell’età dei minori stranieri non accompagnati ... 191

4.2.8.2.1 I doveri di segnalazione ... 193

4.2.8.2.2 L’accertamento della minore età ... 195

(6)

6 4.2.9 L’arrivo alla frontiera dei minori stranieri non accompagnati (o il rintraccio

sul territorio) e le istituzioni interessate dal sistema di accoglienza ... 206

4.2.10 Il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ... 208

4.2.10.1 Le strutture di prima assistenza ed accoglienza per i minori stranieri non accompagnati ... 211

4.2.10.2 I centri di seconda accoglienza: sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati ... 214

4.2.10.3 L’apertura della tutela ... 219

4.2.10.4 Segue: il tutore volontario ... 223

4.2.10.5 Le indagini familiari... 229

4.2.10.6 L’affidamento familiare come strada prioritaria di accoglienza ... 231

4.2.11 Istituzione del sistema informativo nazionale dei minori stranieri non accompagnati – la cartella sociale ... 234

4.2.12 Il diritto alla salute ... 236

4.2.13 Segue: il diritto all’istruzione ... 239

4.2.14 Il diritto all’ascolto ... 241

4.2.15 Il diritto all’assistenza legale ... 243

4.2.16 I minori vittime di tratta ... 245

4.2.17 I minori richiedenti protezione internazionale ... 250

4.2.18 L’intervento in giudizio delle associazioni di tutela e la cooperazione internazionale ... 255

4.2.19 Le disposizioni finanziarie ed il percorso per l’attuazione della Legge 7 aprile 2017, n. 47 ... 256

CONCLUSIONI………...260

BIBLIOGRAFIA ... 260

SITOGRAFIA………..273

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7

INTRODUZIONE

Quotidianamente il fenomeno della migrazione viene trattato facendo riferimento ad uno stato di emergenza, ma di fatto si tratta di un fatto ormai consolidato nei secoli che abbraccia in maniera indistinta nazionalità e motivazioni differenti eludendo, dunque, il carattere dell’imprevedibilità e connotandosi piuttosto come una costante della storia dell’umanità, seppur nell’ultimo ventennio siano stati registrati aumenti non indifferenti dei flussi migratori. Uno studio condotto alla fine del 2017 e pubblicato in occasione della giornata internazionale dei migranti ha, infatti, rivelato che circa 258 milioni di persone hanno lasciato i loro Paesi di nascita ed ora vivono in altre nazioni con un aumento del 49% rispetto al 2000, quando erano 173 milioni e del 18% rispetto al 2010, quando se ne contavano 220 milioni.

Se è innegabile che la migrazione risulti essere manifestazione di un fenomeno che da sempre ha contraddistinto la vita degli esseri umani interessando l’intero pianeta benché gli Stati di partenza e di arrivo siano mutati con il susseguirsi delle epoche storiche ed i flussi migratori si siano dimostrati, di recente, in costante e preoccupante crescita, qualcosa di nuovo viene registrato e si tratta della emersione di consistenti categorie migratorie: le donne (che costituiscono il 51% dei migranti internazionali, anche se il loro numero supera quello degli uomini se si guarda alle sole regioni maggiormente sviluppate), i migranti ambientali (circa 40 milioni di persone che hanno spostato la loro residenza abituale per un periodo di tempo sufficientemente lungo a causa principalmente, se non unicamente, di motivazioni legate all’ambiente ed alle condizioni climatiche) ed i minori (al momento sono circa 50 milioni i bambini e gli adolescenti che si stanno spostando in tutto il mondo). Soffermandoci, in modo particolare, su quest’ultima consistente categoria migratoria ed esaminando il fenomeno limitatamente al contesto italiano, è fondamentale chiarire come spesso, quando si parla di “minori migranti” o di “minori stranieri” lo si fa in maniera indistinta con il risultato di dare l’immagine di un gruppo omogeno, ma ciò, nei fatti, non corrisponde alla realtà. Al contrario, infatti, i minori stranieri costituiscono una realtà complessa ed eterogenea per cui molteplici sono le tipologie migratorie che si possono rintracciare: ci sono minori che hanno vissuto in prima persona l’esperienza migratoria, giungendo in Italia insieme con i genitori o arrivando successivamente in virtù del dispositivo legislativo del ricongiungimento familiare e ci sono minori che sono nati in Italia da genitori stranieri che, dunque, non hanno vissuto direttamente la migrazione, ma che vengono in ogni caso definiti “migranti” in virtù della legge sulla cittadinanza e

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8 dell’esperienza migratoria familiare. Un’ulteriore tipologia è quella rappresentata dai minori che migrano da soli, che arrivano in Italia privi di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti di riferimento per loro legalmente responsabili, che ne siano tutori od affidatari, in virtù di un provvedimento formale valido in base alla legge dell’ordinamento italiano. In alcuni Paesi europei si parla di “minori separati”. In Italia viene utilizzata la locuzione di minori stranieri non accompagnati.

Per quanto nel nostro Paese siano presenti soprattutto minori stranieri accompagnati e verso di essi, conseguentemente, l’attenzione registrata si dimostri maggiore, il tema dei minori stranieri non accompagnati negli ultimi vent’anni è stato investigato con una frequenza sempre crescente, trattandosi di una tematica emergente all’interno del più generale ambito dell’immigrazione, sempre più presente nella letteratura a carattere sociale e giuridico. La questione dei minori migranti soli si propone oggi, come lo dimostrano i recentissimi fatti di cronaca, all’attenzione delle istituzioni, degli operatori e della società come un argomento di grande attualità ed è stato proprio questo il motivo per cui è stato deciso di dedicare l’oggetto del presente elaborato all’analisi di tale categoria e della relativa condizione giuridica alla luce della novella Legge 7 aprile 2017, n. 47.

In particolare, oltre alle questioni definitorie che aprono la trattazione della materia dei minori stranieri non accompagnati, è stato ritenuto importante riservare spazio allo studio di due profili del fenomeno che hanno condotto non solo le organizzazioni a difesa dei diritti dei minori e le agenzie umanitarie, ma anche le istituzioni, le pubbliche amministrazioni e le autorità giudiziarie ad avvertire la necessità di riorganizzare la materia relativa alla tutela ed alla protezione dei minori stranieri giunti soli nel territorio italiano in un unico atto normativo. Il primo attiene l’aspetto quantitativo del fenomeno dei minori stranieri non accompagnati cresciuto in maniera allarmante tra il 2011 ed il 2016. Mentre alla fine del 2011 erano stati contati 3.802 minori stranieri non accompagnati approdati sull’isola di Lampedusa al termine del 2016, anno alle porte dell’approvazione della Legge 7 aprile 2017, n. 47, il numero è molto cresciuto raggiungendo la soglia dei 25.846 minori migranti soli sbarcati sulle coste italiane. Il secondo riguarda il complesso, frammentato e di non semplice interpretazione panorama normativo al quale veniva fatto riferimento per la regolamentazione della condizione giuridica dei minori stranieri non accompagnati prima dell’entrata in vigore della Legge 7 aprile 2017, n. 47, incentrato, in parte, sulla legislazione di favore relativa ai minori italiani e, in parte, su quella maggiormente restrittiva relativa agli stranieri. Quest’ultima, che è stata costantemente modificata e riformata nel corso degli anni sull’onda di spinte sociali e di opzioni politiche, ha dettato sporadiche disposizioni specificatamente riservate ai minori stranieri non accompagnati

(9)

9 che, a volte, si sono rivelate a favore dell’accoglienza e dell’integrazione mentre, altre, hanno rappresentato, invece, un freno all’adozione di misure di inserimento sociale, senza contare l’adozione di regolamenti e circolari di interpretazione non sempre univoca, con casi di contrasto con norme internazionali e leggi nazionali. Tale confusione normativa e regolamentare non ha mancato di generare situazioni frequenti di disomogeneità sia nelle decisioni dei Tribunali che nei provvedimenti degli Enti locali e delle questure.

La Legge 7 aprile 2017, n. 47 ha rappresentato il primo esemplare in Europa di atto legislativo volto ad introdurre un sistema normativo organico e compatto in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati. Di fronte alle necessità di incrementare le forme di tutela per questa categoria di migranti considerata quella in assoluto più vulnerabile nonché di perfezionare meccanismi specifici in grado di favorire percorsi di inserimento e integrazione sociale funzionali, adeguati e uniformi su tutto il territorio nazionale, la legge in esame ha cercato di dare risposte concrete con la previsione di un sistema di accoglienza e di assistenza volto a garantire parità di condizioni di accesso e permanenza nel nostro territorio e di soluzioni di lungo periodo, anche oltre il compimento della maggiore età. Le principali novità introdotte dalla legge in esame, e che verranno trattate singolarmente nella narrativa che segue, possono essere identificate da un lato nelle misure di accoglienza dei minori migranti soli (artt. 4, 5, 9, 12) e dall’altro nel rafforzamento delle tutele (artt. 6 – 8 e 11) e dei diritti (artt. 14 – 17), già previsti in favore degli stessi.

“Queste norme riconoscono un ruolo importante alle comunità locali, ai sindaci cui sono offerti nuovi strumenti, alla società civile che si misura ogni giorno con sfide nuove, alla scuola, potente strumento di integrazione, all’associazionismo, al mondo della giustizia, a chi ogni giorno si cura della sicurezza e del rispetto della legalità”.

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10

CAPITOLO 1

I

MINORI

DI

ETA’

NEL

DIRITTO

DELL’IMMIGRAZIONE

1.1 SULLA DEFINIZIONE NORMATIVA DI MINORENNE NEL

DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE

La minore età non è un dato di natura, bensì una scelta legislativa. Oggi la maggior parte dei Paesi del mondo prevede l’acquisto della maggiore età legale al compimento dei diciotto anni e la medesima soglia di età è del resto presa a riferimento da importanti atti internazionali, tra i quali la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza adottata a New York il 20 novembre 19891 e la Convenzione sulla

competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori fatta a L’Aja il 19 ottobre 19962. Nell’ambito più circoscritto dell’Unione Europea, invece, tutti i Paesi

prevedono il superamento della minore età al compimento del diciottesimo anno a conferma della perfetta adesione a rilevanti atti comunitari come la Risoluzione A30172/1992 approvata dal Parlamento europeo nel 1992 e meglio nota come Carta europea dei diritti del fanciullo3 e la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei

minori adottata dal Consiglio d’Europa il 25 gennaio del 19964.

1 Art. 1 (Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza 20 novembre 1989):

Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciotto anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile.

2 Art. 2 (Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione

in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori 19 ottobre 1996):

La Convenzione si applica ai minori dal momento della loro nascita fino al compimento dei diciotto anni. Tale Convenzione non trova tuttavia applicazione in materia di asilo ed immigrazione.

3 8.1 (Carta Europea dei diritti del fanciullo, 1992):

Si intende per fanciullo ogni essere umano di età inferiore ai 18 anni, a meno che in virtù della legislazione nazionale applicabile, abbia raggiunto la maggiore età anteriormente a tale data.

4 Art. 1 (Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori, 1996):

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11 Per quanto riguarda l’Italia, è il codice civile all’art. 2 c. 15 ad indicare che “la maggiore

età è fissata al compimento del diciottesimo anno” e a specificare che con essa “si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non è stabilita un’età diversa”.

A tale limite minimo fa di conseguenza riferimento anche il diritto dell’immigrazione, sia nazionale che europeo. Quest’ultimo infatti nei suoi diversi provvedimenti normativi tende ad obbligare gli Stati membri a considerare minorenne, ai fini di ogni sua specifica disciplina, la persona che ancora non abbia compiuto il diciottesimo anno di età. Si potrebbe peraltro dubitare della compatibilità dell’orientamento normativo europeo con l’art. 1 di cui alla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ove si riconosce efficacia convenzionale alla maggiore età legale fissata, prima del diciottesimo anno, dalla legge nazionale del soggetto interessato. Forse è anche questa una delle ragioni per cui non esiste una disposizione, italiana od europea, che imponga un’efficacia universale e diffusa alla maggiore età legale del diciottenne. Solitamente la formula che viene utilizzata è in effetti piuttosto accorta e di volta in volta limitata a determinati effetti od a specifiche discipline6.

Per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione nazionale, questo non lascia spazio in materia di maggiore età, alla legge personale, tanto che l’art. 29 del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 2867 fissa al diciottesimo anno di età il limite per il ricongiungimento dei

figli minorenni, mentre l’art. 19 del medesimo Decreto Legislativo stabilisce che “non è consentita l’espulsione, salvo che nei casi previsti dall’art. 13, comma 1, nei confronti degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi.” Per completezza di fonti occorre citare anche l’art. 42 di cui alla Legge 31 maggio 1995 n. 218 il quale stabilisce, al primo comma, che “la protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la legge 24 ottobre 1980, n. 742” per proseguire con il secondo comma il quale specifica che “le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si

5 Comma così sostituito ad opera dell’art. 1 l. 8 marzo 1975, n. 39. Il testo previgente era il seguente: La

maggiore età è fissata al compimento del ventunesimo anno di età. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilità un’età diversa.

6 “Così è, ad esempio, per il diritto europeo, riguardo alla definizione di minore non accompagnato e di minore

richiedente asilo, mentre l’art. 4 della Direttiva 2003/86/CE si limita, in relazione alle procedure di ricongiungimento familiare, a stabilire che “i figli minorenni (…) devono avere un’età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nello Stato membro interessato e non devono essere coniugati”, MOROZZO DELLA ROCCA P. (A cura di), Immigrazione, asilo e cittadinanza. Discipline e orientamenti giurisprudenziali, Maggioli Editore, 2017, pag. 150.

7 Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello

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12 trova in uno degli Stati contraenti” in attuazione dell’art. 12 della Convenzione suddetta che stabilisce che “ai fini della presente Convenzione, per «minore» s'intende qualsiasi persona che ha tale qualità sia secondo la legislazione interna dello Stato di cui è cittadino, sia secondo la legislazione interna dello Stato di sua abituale residenza”. Alla luce di quest’ultima previsione, potremmo essere portati a ritenere che l’eventuale legislazione più favorevole che fissi il compimento della maggiore età ad un’età maggiore del diciottesimo anno, dovrebbe essere rispettata dalle Autorità italiane proprio in base alla legge di diritto internazionale privato. Tuttavia, poiché le disposizioni del Testo Unico sull’Immigrazione sono, rispetto alla più generale normativa del diritto internazionale privato di cui alla legge 31 maggio 1995, n. 218, caratterizzate da specialità e successive nel tempo, non risulta possibile potersi sottrarre alla loro applicazione eccependo, tra le varie, la condizione di minorenne del ragazzo ultradiciottenne, ma ancora minorenne per la legge del suo paese d’origine8. Ciò nonostante, si è orientato in tal senso il T.A.R. Lazio che ha annullato il

diniego di rilascio del permesso di soggiorno per affidamento adottato nei riguardi di un cittadino egiziano infraventunenne deliberando che il permesso di soggiorno per motivo di affidamento spetta al cittadino straniero anche oltre il compimento dei diciottesimo anno, se la legge del suo Stato di origine lo riconosce minorenne anche dopo tale età.9

8 Cfr. MOROZZO DELLA ROCCA P., op. cit. pag. 150.

9 T.A.R. Lazio, sez. II-quater, sent. 16 maggio 2012, n. 4431, in www.iusexplorer.it.

Nel caso di specie, per un ragazzo egiziano di età inferiore ai ventuno anni, minorenne secondo la legge della Repubblica Araba d’Egitto, era stato nominato dal giudice tutelare, un tutore (in particolare, era stato affidato allo zio, titolare di carta di soggiorno) dopo i diciotto anni (marzo 2008). Tuttavia, la Questura di Roma rigettò con Decreto (giugno 2011) l’istanza di rilascio di permesso di soggiorno per affidamento presentata in favore del ragazzo nel marzo 2008. Il provvedimento di diniego si fondava sulla considerazione che il 19 ottobre 1996, al termine della XVIII Sessione della Conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato, era stata adottata la progettata convenzione di revisione della Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e la legge applicabile nel campo della protezione dei minori che era entrata in vigore sul piano internazionale il 1 gennaio 2002, ritenendo quindi immediatamente applicabile la modifica del criterio di determinazione della condizione in contestazione, richiamando il fatto che nell’ambito di applicazione della Convenzione con riguardo alle categorie di minori presi materialmente in considerazione, essa si applicava ai fanciulli dalla nascita fino al compimento del diciottesimo anno d'età (Art 2), senza rinviare alla legislazione degli Stati contraenti, così come accadeva invece nella Convenzione del 1961 che si applicava ai "minori" ritenuti tali sia dalla legge nazionale che dalla legge dello Stato di residenza abituale. Il cittadino egiziano presentò ricorso al T.A.R. Lazio (giugno 2011) chiedendo l’annullamento del predetto Decreto recante il diniego di permesso di soggiorno deducendo a tal fine i seguenti motivi di censura: 1) Violazione dell'art. 10 bis della Legge 241/90; 2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del D.Lgs. 286/98; 3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della Convenzione dell’Aja del 5.10.61 (resa esecutiva con L n. 742 del 24.10.1980) e dell’art. 42 della Legge n. 218/95; 4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 c. 2 lett. a) del D.Lgs. 286/98 e dell’art. 28 DPR 394/99; 5) Eccesso di potere per illogicità della motivazione e contrasto con il provvedimento del giudice tutelare del 14.3.2008; 6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. 286/98; 7) Mancata valutazione di fatti sopravvenuti e della possibilità di rilascio del permesso di soggiorno ad altro titolo.

Il T.A.R. Lazio ha ritenuto fondato il ricorso poiché il provvedimento di diniego non solo non considerava se la Convenzione del 19 ottobre 1996 fosse stata o meno ratificata dall'Italia (la Convenzione in questione è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la Legge 18 giugno 2015 n. 101) , ma non teneva neppure conto del fatto che la suddetta questione era già stata esaminata dal giudice ordinario, il quale aveva dichiarato aperta la tutela e nominato un tutore al ricorrente (marzo 2008) proprio sul presupposto della sua ritenuta minore

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13 Dopo aver analizzato la definizione di minore straniero da un punto di vista anagrafico, merita soffermarsi su un’altra definizione di minore straniero. Si tratta di quella data da Save the Children Italia Onlus ed estrapolata dal 2° Rapporto annuale sui minori stranieri in Italia10: “per minore straniero si intende ogni minore che si trovi al di fuori del proprio

Paese di origine”. Partendo da tale nozione, sorge spontaneo domandarsi quali sono le cause del perché questi minori non si trovano nel loro Paese di origine.

Il fenomeno delle migrazioni, che sta acquistando un’importanza crescente nel dibattito politico e sociale internazionale, comprende una complessa e varia tipologia di movimenti di lungo periodo che, in modo circolare nel corso dei secoli, hanno caratterizzato la storia dell’umanità. Bambini e bambine, ragazzi e ragazze costituiscono una parte sempre più considerevole di questi movimenti che hanno luogo in moltissime parti del mondo e l’Italia non fa eccezione in tal senso. La categoria dei minori stranieri comprende quindi sia minori stranieri comunitari sia quelli provenienti da Paesi al di fuori dell’Unione Europea che arrivano in Italia con le proprie famiglie o da soli dopo un viaggio – talvolta lungo e difficile – per scappare da guerre e povertà; comprende quelli che emigrano volontariamente e quelli vittime di migrazioni forzate; comprende bambini e adolescenti che lasciano il Paese di provenienza per ricongiungersi, sul territorio italiano, alla propria famiglia precedentemente partita nel tentativo di mettere basi per una esistenza migliore; comprende inoltre i minori nati in Italia da genitori stranieri. Si tratta di soggetti che in ogni caso sono beneficiari di un’ampia gamma di diritti; ciò dimostra quanto sia considerato fondamentale averne cura data la vulnerabilità che li contraddistingue.

Il tema dei minori stranieri è dunque un universo complesso e variegato, dove solitamente si tende a distinguere tra minori stranieri accompagnati e minori stranieri non accompagnati a seconda che sul territorio nazionale italiano, a fianco del minore straniero, sia presente o meno un genitore o un tutore. Nel primo caso, infatti, la tutela del minore sarà più efficace grazie alla presenza di un adulto che possa farsi carico delle sue esigenze. Nel secondo caso

età (secondo la legge egiziana), in applicazione dell’art. 42 di cui alla Legge 31 maggio 1995, n. 218; al contrario, la Questura di Roma, si era determinata negativamente, senza considerare che a seguito del provvedimento adottato dal giudice tutelare si era determinata una situazione di fatto (e di diritto) sulla base della quale l’interessato aveva maturato un’aspettativa al rilascio del favorevole provvedimento, che meritava di essere tutelata quanto meno consentendo all’interessato di partecipare al procedimento avviato con la presentazione dell’istanza di permesso di soggiorno. L’omessa comunicazione del preavviso di diniego di cui all'art. 10 bis della Legge 241/90 aveva infatti impedito al ricorrente di rappresentare nella naturale sede procedimentale gli elementi fattuali e normativi sopra richiamati, oltre che ulteriori elementi relativi all’inserimento lavorativo intervenuto nel frattempo, che avrebbero potuto sovvertire l’esito del procedimento in contestazione e consentito all’interessato di richiedere il rilascio del permesso di soggiorno ad altro titolo. Per queste motivazioni, il T.A.R Lazio ha quindi accolto il ricorso del cittadino egiziano (marzo 2012) ed ha annullato il provvedimento impugnato.

10 Cfr. I minori stranieri in Italia. L’esperienza e le raccomandazioni di Save the Children in

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14 saranno prima di tutto le istituzioni, su più livelli, a dover garantire al minore tutto ciò che gli occorre per ricongiungersi con la famiglia o, se impossibile, fornirgli tutti gli strumenti per un’efficace inclusione sociale ed evitare qualsiasi forma di abuso11.

Nell’analizzare nei successivi paragrafi entrambe le macro-categorie suddette, vedremo come la relativa disciplina, che proprio al fine di garantire uno sviluppo armonioso e completo della personalità dei giovani stranieri, prevede una eterogenea regolamentazione delle condizioni giuridiche relative alle differenti situazioni in cui questi possono venirsi a trovare, sia oggetto di un complesso di norme molto articolato che coinvolge numerose branche del diritto, spaziando su più piani, internazionale, europeo e nazionale e come non manchino a riguardo numerose pronunce di corti europee ed italiane.

1.2 LE DIVERSE TIPOLOGIE DI MINORI STRANIERI

ACCOMPAGNATI

Quando si parla di minori stranieri accompagnati, spesso lo si fa in maniera indistinta, con il risultato di dare un’immagine del fenomeno come fosse omogeneo, ma ciò non corrisponde alla realtà. Molteplici sono infatti le situazioni giuridiche e socioculturali che possono riguardare varie tipologie12:

 i minori nati in Italia da genitori stranieri regolari, che pertanto non hanno vissuto direttamente la migrazione (sarebbe meglio definirli “di origine immigrata”), ma che sono comunque definiti immigrati e stranieri per via della legge sulla cittadinanza e dell’esperienza migratoria familiare che in un certo, senso di può dire, “ereditano”13;

 i minori immigrati che giungono insieme alla propria famiglia in modo regolare;  i minori immigrati nati all’estero, i quali si ricongiungono in seguito con i genitori

che erano precedentemente migrati in Italia o che effettuano l’ingresso a seguito del familiare;

 i minori nati o presenti in Italia con genitori irregolari.

11 Cfr. D’ANIELLO F., Minori stranieri. Questioni e prospettive d’accoglienza ed integrazione, Pensa MultiMedia

Editore s.r.l, 2012.

12 Per la sintesi delle tipologie, Cfr. PIZZI F., Minori che migrano da soli. Percorsi di accoglienza e sostegno

educativo. Editrice La Scuola, Brescia, 2016, pag. 11-12.

13 Sono le cosiddette “seconde generazioni” (dette anche G2). Su questa tema, Crf. RONDANINI L., in Prove di

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15 Dopo aver fatto una classificazione in sintesi di quelle che possono essere la categorie dei minori accompagnati, si è proceduto, nei paragrafi che seguono, a compiere un’analisi più dettagliata delle singole tipologie dal punto di vista delle relative specifiche condizioni giuridiche.

1.2.1 I MINORI STRANIERI REGOLARMENTE SOGGIORNANTI

CON I GENITORI

La tipologia di minori stranieri accompagnati di cui parleremo in questo paragrafo, rappresenta tutti quei bambini e adolescenti infradiciottenni che vivono regolarmente in Italia nel proprio contesto familiare o in quello affidatario, in entrambi i casi, regolare. La tematica relativa alla situazione giuridica dei minori stranieri regolarmente soggiornanti con i genitori (con gli affidatari) è stata oggetto di un’importante modifica ad opera dell’art. 10 di cui alla Legge 7 luglio 2016, n. 12214 recante disposizioni in materia di permesso di

soggiorno individuale per minori stranieri15.

La disciplina previgente la Legge – Europea 2015/2016 operava una doppia distinzione all’interno della più ampia categoria dei minori stranieri regolarmente soggiornanti: la prima tra i minori infraquattordicenni e quelli ultraquattordicenni, e la seconda tra i minori nati in Italia o qui giunti prima di aver compiuto il quattordicesimo anno di età e quelli venuti ad un’età successiva. In relazione alla prima distinzione, è opportuno illustrare quello che era il contenuto dell’art. 31, cc. 1 e 2 di cui al Testo Unico sull’Immigrazione prima delle modifiche intervenute nel 2016. Ai sensi dell’art 31, c. 1 il figlio minore di un cittadino straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante ed il minore che risultava affidato ai sensi dell’art. 4 della Legge 4 maggio 1983, n. 1984, erano iscritti il primo, nel permesso di soggiorno o nel permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo16 di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di

14 Legge 7 aprile 2016, n. 122 Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza

dell’Italia all’UE - Legge Europea 2015/2016.

15 Le disposizioni dell’art. 10 di cui alla Legge 7 aprile 2016, n. 122, sono state introdotte al fine di dare

attuazione al Regolamento UE n. 380/2008 adottato dal Consiglio dell’Unione Europea il 18 aprile 2008, con il quale è stato modificato il Regolamento UE n. 1030/2002 adottato anch’esso dal Consiglio dell’Unione Europea il 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati ai cittadini dei Paesi terzi. Una delle novità di maggior rilievo contenute nel nuovo Regolamento, consiste nell’esplicita previsione che siano rilevate le impronte digitali agli stranieri con un’età superiore ai sei anni.

16 La versione originaria dell’art. 9 di cui al Testo Unico sull’Immigrazione che disciplina lo status dei

soggiornanti di lungo periodo è stata completamente riformulata ad opera del D. lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 attuativo della direttiva 2003/109/CE adottata il 25 novembre 2003 dal Consiglio dell’Unione Europea e relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo che ha abrogato la disciplina della

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16 età, mentre il secondo, fino al medesimo limite di età, era iscritto nel permesso di soggiorno o nel permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo dello straniero al quale era stato affidato. Il secondo comma dell’art. 31 proseguiva stabilendo che al compimento del quattordicesimo anno di vita, al minore già iscritto nel permesso di soggiorno o nel permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo del genitore ovvero dello straniero affidatario, veniva rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Ed era proprio la normativa appena esposta a generare la seconda distinzione: mentre i minori nati o giunti in Italia prima di aver compiuto quattordici anni venivano iscritti nel permesso di soggiorno o nel permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo del genitore (dell’affidatario) e solo al sopraggiungere del quattordicesimo anno di età veniva rilasciato loro un permesso di soggiorno per motivi familiari per una durata predeterminata (tale permesso di soggiorno per motivi familiari era infatti valido per tutto il periodo corrispondente al raggiungimento della maggiore età) e autonoma rispetto alla durata del permesso di soggiorno del genitore (dell’affidatario), salva la possibilità del rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo se già posseduto dal genitore (dall’affidatario) da cui la posizione del minore risultava stralciata o se nel frattempo erano maturati i presupposti per

«carta di soggiorno», sostituita con il «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo» secondo norme comuni in tutta l’UE. Oggi, in attuazione della disposizione finale del D. lgs. 13 febbraio 2014, n.12, attuativo della direttiva 2011/51/UE dell’11 maggio 2011 che modifica la direttiva 2003/109/CE per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale, la dizione «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo» presente nel D. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nonché in qualsiasi altra disposizione normativa, si intende sostituita dalla dizione «permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo».

Lo status di soggiornante di lungo periodo si ottiene al verificarsi delle seguenti condizioni:

- essere titolari da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno valido; le eventuali assenze dall’Italia non interrompono la durata del soggiorno quinquennale purché siano inferiori a sei mesi consecutivi e non superino complessivamente dieci mesi nell’arco dei cinque anni (fatta eccezione per le assenze determinate dall’assolvimento dell’obbligo di leva nel Paese di origine o per gravi e documentati problemi di salute); - dimostrare la disponibilità di reddito – derivante da fonte lecita – non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale.

Il nuovo status creato dalla direttiva era stato richiesto nel 1999 dal Consiglio Europeo per favorire l’integrazione dei soggiornanti di lungo periodo nel Stati membri e promuovere la coesione economica e sociale.

A tal fine il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo presenta le seguenti caratteristiche (per altro, si tratta di differenze significative rispetto al permesso di soggiorno ordinario):

- è a tempo indeterminato, salvo l’aggiornamento quinquennale secondo una prassi adottata dalle questure ai soli fini dell’utilizzo dello stesso come documento di identificazione;

- consente di svolgere ogni tipo di attività lavorativa, autonoma o subordinata, senza necessità di stipulare il contratto di soggiorno;

- consente di fare ingresso in Italia in esenzione di visto;

- consente di usufruire delle prestazioni di assistenza e previdenza sociale, delle erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all’accesso di beni e servizi, nonché dell’accesso alla procedura volta all’ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica;

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17 richiederla17, quelli giunti in un’età successiva erano esclusi da tale previsione. A questi

ultimi veniva applicata la regola generale prevista per i familiari ricongiunti di cui all’art. 30, c. 3 del Testo Unico sull’Immigrazione, tutt’ora in vigore, che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno della “stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell’art. 29 ed è rinnovabile insieme a quest’ultimo”.

Oggi, a seguito dell’intervento di modifica introdotto dal predetto art. 10 c. 1, lett. a) di cui alla Legge 7 luglio 2016, n. 122, l’art. 31 c. 1 del Testo Unico sull’Immigrazione prevede che il figlio minore o il minore affidato ai sensi dell’art. 4 di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 che conviva con lo straniero regolarmente soggiornante si veda rilasciare un permesso di soggiorno autonomo per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età oppure – dopo almeno cinque anni di soggiorno in Italia18 – un permesso di

soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. E’ stata quindi sorpassata l’idea che il minore fino al quattordicesimo anno di età dovesse essere iscritto nel permesso di soggiorno o nel permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo del genitore (dell’affidatario), ed è stato fatto invece spazio ad una regola nuova che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo ai minori stranieri, anche prima del quattordicesimo anno di età.

Ha avuto inoltre un notevole rilievo pratico l’art. 3 di cui alla Legge 7 luglio 2016, n.122 che ha dettato una disposizione dal carattere transitorio, stabilendo che se alla data di entrata in vigore della nuova legge, il minore di anni quattordici era stato già iscritto nel

17 La differenza tra le due discipline del rinnovo del permesso di soggiorno è spiegata dalla dottrina in ragione

dei più solidi legami tra i minori immigrati in tenera età ed il nostro paese, decisamente più significativi dei residui collegamenti con il Paese di origine. In tal senso Cfr. PASTORE M. e CONSOLE M., L’immigrazione e i rapporti familiari, in Trattato di diritto di famiglia diretto da Paolo Zatti, VI, Giuffrè Editore Milano, 2002, pag. 663.

18 C. Giust. UE, 17 luglio 2014, C-469/13 Tahir vs Italia, in www.leggiditalia.it.

Fino a questa sentenza l’Italia consentiva al familiare convivente dello straniero residente di lungo periodo di acquistare immediatamente tale status. Il giudice europeo – riferendosi nel caso di specie al coniuge di un lungo-soggiornante, ma ritenuta la decisione estendibile a tutti i familiari –ha tuttavia sancito che Il diritto dell'Ue prevede che, per divenire soggiornanti di lungo periodo, i cittadini di un paese extra-Ue debbano aver personalmente soggiornato legalmente e ininterrottamente nello Stato membro ospitante nei cinque anni precedenti la domanda: ciò vale anche per i familiari di un soggiornante di lungo periodo. Tale conclusione potrebbe però essere parzialmente corretta alla luce del principio di diritto internazionale di protezione del “superiore interesse del minore” il quale potrebbe subire un nocumento dall’esercizio del diritto di seguito di cui all’art. 16 della Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25

novembre 2003, (relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo) ogni volta che, per accompagnare o raggiungere il proprio genitore titolare del permesso di soggiorno UE che si vada a stabilire in un secondo Paese membro, veda dissolti gli anni di soggiorno già trascorsi nel primo Paese membro ai fini del conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo. Questa prospettiva potrebbe pertanto indurre i genitori a separarsi per il tempo necessario a maturare il diritto al soggiorno permanente in capo al figlio minorenne: da qui il danno per il minore che potrebbe portare ad una rivisitazione della decisione del giudice europeo.).

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18 permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario, al momento del rinnovo del permesso di soggiorno dell’uno o dell’altro, al minore sarebbe dovuto venire rilasciato il permesso di soggiorno autonomo ai sensi del nuovo art. 31 c. 1.

Come conseguenza delle modifiche apportate all’art. 31 c. 1, l’art. 10 c. 1, lett. b) ha abrogato l’art. 31, c. 2. In relazione a quest’ultimo, il Ministero dell’Interno aveva avuto modo, a suo tempo, di pronunciarsi con una direttiva19 particolarmente significativa su una

questione riconducibile, previa interpretazione, proprio all’art. 31, c. 2, pronuncia che ancora oggi è possibile ritenere valida anche a seguito dell’intervento normativo di modifica degno di rilievo introdotto dall’art. 10 della Legge - Europea 2015/2016. Il suddetto Ministero – Ufficio VII – Asilo e Immigrazione, con tale circolare acconsentiva al fatto che al minore straniero, iscritto nel permesso di soggiorno o nel permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo del genitore ovvero dello straniero affidatario, al compimento dei quattordici anni venisse rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino alla maggiore età ovvero un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo anche se non in possesso di passaporti validi. La questione era stata esaminata a causa di alcuni casi nei quali le ambasciate dei Paesi di origine di suddetti minori si erano rifiutate di rilasciare loro i passaporti. Il Ministero dell’Interno sosteneva che l’assertività della disposizione (che diversamente da altre non richiamava una mera possibilità ma aveva carattere imperativo) era tale da escludere che si potesse condizionare il rilascio dei permessi citati all’allegazione della fotocopia del passaporto o di altro documento equipollente. La norma di cui all’art. 31, c. 2 non mirava, infatti, a costituire una nuova condizione giuridica soggettiva in capo al minore, ma a riconoscere la perdurante validità di quella preesistente, che determinava l’iscrizione del minore nel permesso di soggiorno o nel permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo del genitore (dell’affidatario) sulla base di una identificazione certa dello stesso. Oggi, nonostante l’abrogazione dell’art 31, c. 2, superato dalla nuova formulazione del comma precedente, la dottrina20 ritiene che l’orientamento espresso dalla suddetta circolare

mantenga ed anzi rafforzi la propria ragione di essere, tanto che, rifacendosi proprio a tale dottrina, è possibile affermare che la domanda di permesso di soggiorno del minore di cui sia certo lo status di figlio o la condizione di affidato sia ricevibile anche nel caso in cui egli non sia in possesso di un passaporto valido.

Da ultimo riportiamo che, come nella versione precedente la modifica normativa, l’art. 31 c. 1 prevede attualmente che il figlio minore dello straniero con questo convivente e

19 Direttiva del 28 marzo 2008, Prot. 17272/7 20 Cfr. MOROZZO DELLA ROCCA P., op. cit. pag. 153.

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19 regolarmente soggiornante segua la condizione giuridica del genitore con il quale convive ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive mentre il minore che risulta affidato ai sensi dell'art. 4 della Legge 4 maggio 1983, n. 184, segua quella dello straniero al quale è affidato, se più favorevole. In entrambi i casi, “l'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza”.

Il cambio di rotta operato dal legislatore nel 2016 è stato davvero significativo perché, rispetto alla normativa previgente, ha permesso di assicurare anche ai minori nati o giunti in Italia prima di aver compiuto il quattordicesimo anno di età una maggiore tutela, in quanto attribuendo a tutti i minori suddetti un proprio permesso di soggiorno autonomo e distinto da quello del genitore e/o affidatario ha reso possibile la conversione di tale permesso di soggiorno in un altro con diverso motivo laddove ne ricorrano i presupposti, anche nel caso in cui dovessero invece venire meno i requisiti di regolarità del soggiorno dei genitori e/o affidatari, considerando che ciò può accadere successivamente al compimento della maggiore età, ma, in casi particolari, anche durante la minore età, se sussiste un valido motivo per credere che sia più in linea con il superiore interesse del minore la prosecuzione del suo soggiorno in Italia separatamente dai genitori (dagli affidatari).

1.2.2 L’ISTITUTO DEL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

Le dinamiche di «familiarizzazione» delle migrazioni e il processo di ricongiungimento familiare messo in atto dalle popolazioni immigrate stanno acquisendo progressivamente una posizione sempre più centrale nel dibattito europeo sulle politiche dell’Unione europea circa gli ingressi e i percorsi di integrazione sociale degli immigrati21. Circoscrivendo il

fenomeno alla realtà italiana, lo studio dei flussi migratori ha evidenziato un incremento rilevante in Italia della presenza di una giovane popolazione straniera dato, in parte dall’aumento dei nati da genitori stranieri su territorio italiano, dall’altra dai ragazzi e dalle ragazze, che per lo più in età adolescenziale, si spostano, lasciando il proprio Paese, i propri affetti, la propria quotidianità per ricongiungersi ai genitori o a parte della famiglia che in precedenza ha avviato un proprio progetto di vita nel contesto italiano. Questi fattori sono chiari indicatori della tendenza in Italia, ormai sempre più consolidata in una fetta

21 DELLA PUPPA F., Il ricongiungimento familiare in Europa e in Italia. Politiche, ambivalenze, rappresentazioni,

in Autonomie locali e servizi sociali, Quadrimestrale di studi e ricerche sul welfare, n. 2/2015, DOI: 10.1447/81559, pag. 187

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20 importante del numero dei migranti, di orientare il proprio progetto migratorio a stabilizzarsi in modo definitivo sul territorio ospitante, formando nuovamente una famiglia o ricostruendola attraverso l’istanza del ricongiungimento familiare, che offre la possibilità a coloro che ne fanno richiesta di riunificare il proprio nucleo familiare, spezzato dalla migrazione, rappresentando attualmente una tra le principali modalità di ingresso regolare negli Stati22.

Le disposizioni sul diritto all’unità familiare, definito dall’art 28 c. 1 di cui al Testo Unico sull’Immigrazione come il “diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare”, sono dettate dal Titolo IV del Testo Unico sull’Immigrazione. La disciplina è stata interamente rivista dal Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 5 con il quale è stata recepita la direttiva comunitaria 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare e che è stato oggetto di modifiche e integrazioni apportate dal Decreto Legislativo 3 ottobre 2008, n. 160. Altre disposizioni significative in materia sono state dettate dal Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 con il quale è stata recepita la direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, dalla Legge 15 luglio 2009, n. 94 e da ultimo si segnalano interventi normativi di modifica ad opera della Legge 13 aprile 2017, n. 46 di conversione del Decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13.

Disposizioni relative al diritto all’unità familiare e alla tutela dei minori sono contenute inoltre nel Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251 e nel Decreto Legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 con i quali sono state recepite le direttive comunitarie 2004/83/CE e 2005/85/CE, relative rispettivamente alle norme minime sull’attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, e alle norme minime sulle procedure applicate ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

Qui di seguito è stato pertanto esaminato il tema delle condizioni per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare da parte di cittadini di Paesi non appartenenti all’UE, regolarmente soggiornanti in Italia al fine di ottenere l’ingresso e la conseguente autorizzazione al soggiorno per alcuni loro familiari essi pure stranieri o apolidi, secondo modalità e limiti come risultanti dagli interventi legislativi fin qui richiamati, con particolare attenzione alla tematica di ricongiungimento ai figli minori ex art. 29 c. 1, lett b) del Testo Unico sull’Immigrazione23.

22 Cfr. ZUPPIROLI M., Migrare in adolescenza: aspetti psicosociali del ricongiungimento familiare in Italia, in

Ricerche di pedagogia e didattica, n. 3/2008 DOI: 10.1400/128305, pag. 245

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21

1.2.2.1

I TITOLARI DEL DIRITTO

Per quanto riguarda la sfera dei soggetti titolari del diritto al ricongiungimento nei confronti dei propri familiari stranieri residenti all’estero, il Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recependo quello che era divenuto un orientamento consolidato della Corte di Cassazione24, ha modificato il testo originario dell’art. 28 c. 1 del Testo Unico

sull’Immigrazione estendendo la titolarità di tale diritto oltre che agli stranieri titolari di carta di soggiorno (oggi «titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo») o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno25 per motivi di

lavoro subordinato o di lavoro autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi anche agli stranieri che risultano essere titolari di un permesso di soggiorno non inferiore ad un anno per motivi familiari. Alla base della scelta di questa aggiunta vi è stata sicuramente una maggiore presa di coscienza del fatto che avendo il legislatore italiano consentito il ricongiungimento tra stretti congiunti del cittadino straniero come strumento per realizzare il diritto all'unità familiare, sia pure nei limiti soggettivi (ed oggettivi) definiti dall'art. 29 del Testo Unico sull’Immigrazione, non sarebbe stato ragionevole continuare a limitare il diritto a richiedere il ricongiungimento allo straniero titolare in Italia di permesso di soggiorno, rilasciato per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per asilo, per studio o per motivi religiosi, e negarlo, invece, allo straniero in possesso di permesso di soggiorno per motivi familiari. Ma non solo, sia il prevalente orientamento giurisprudenziale che alcuni significativi interventi della Corte Costituzionale, sembrano essersi orientati a favore del fatto di ritenere la suddetta elencazione di titoli di soggiorno non tassativa in adesione a quanto contenuto nell’art. 3 della direttiva 2003/86/CE che sancisce che “la presente direttiva si applica quando il soggiornante è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato dallo Stato membro”: in particolare la Corte di Cassazione ha ritenuto che il permesso di soggiorno per motivi di attesa cittadinanza dà titolo alla concessione del permesso di

24 Cass. civ. sez. I, sent. 7 febbraio 2001, n. 1714, in www.leggiditalia.it.

“E’ da considerarsi legittimo il diritto al ricongiungimento familiare esercitato da una cittadina marocchina che dopo aver chiesto e ottenuto il permesso di ricongiungersi con il figlio che lavora in Italia, divenendo titolare del permesso di soggiorno per motivi familiari, ha fatto domanda di ricongiungimento con la propria figlia minore, argomentando quanto esso spetti non solo allo straniero titolare di permesso di soggiorno rilasciato per lavoro subordinato o autonomo ovvero per asilo, studio o motivi religiosi, ma anche allo straniero in possesso di permesso di soggiorno per motivi familiari; infatti, quest'ultimo ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare, è rinnovabile con esso e consente lo svolgimento delle stesse attività di modo che le due situazioni giuridiche vengono a coincidere ed un loro trattamento differenziato non sarebbe costituzionalmente legittimo”, in Mass. Giur. It., 2001.

25 L’art. 28 c. 1 del Testo Unico sull’Immigrazione non va inteso nel senso che al momento della richiesta di

ricongiungimento la scadenza della validità del permesso di soggiorno non debba essere inferiore all’anno. Occorre invece fare riferimento alla durata legale del titolo di soggiorno, come riportata nel documento del soggiorno stesso.

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22 soggiorno per ricongiungimento familiare, a beneficio del coniuge dello straniero in possesso proprio di tale titolo. Pertanto, nel caso di specie, la suddetta Corte ha riconosciuto legittimo il rilascio del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ad una moglie, cittadina brasiliana titolare del permesso per attesa di cittadinanza, argomentando che anche se l’art. 28 c. 1 di cui al Testo Unico sull’immigrazione non contempla il permesso di soggiorno «per motivi di attesa di cittadinanza» tra quelli idonei a far sorgere il diritto all'unità familiare, a questi deve essere, in tal senso, assimilato perché trattasi di un permesso di soggiorno caratterizzato da una particolare stabilità ed inoltre perché una differente interpretazione comporterebbe un'irragionevole disparità di trattamento rispetto alla tutela dell'unità familiare fra titolari di permesso di soggiorno per attesa di acquisto di cittadinanza e titolari di permesso per altre cause26; mentre la Consulta ha respinto la

censura di incostituzionalità avanzata, in rifermento agli artt. 29 e 30 Cost, circa l’ art. 4 c. 1 della Legge 30 dicembre 1986 n. 943 in quanto le finalità e i valori a cui si ispira la norma dell'art. 4 c. 1 della Legge 30 dicembre 1986 n. 943 - secondo la quale i lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia ed occupati hanno diritto al ricongiungimento con il coniuge e con i figli a carico non coniugati considerati minori dalla legislazione italiana - e al tempo stesso il rilievo che l'attività lavorativa all'interno della famiglia ha assunto nell'ordinamento, non possono non comportare la conseguenza che tale attività debba essere assimilata alle forme di "occupazione" richieste per l'attivazione dell'istituto. Pertanto, nel caso di specie, il citato art. 4 c. 1, della Legge suddetta è stato inteso nel senso che anche la cittadina extracomunitaria che presta in Italia lavoro nella propria famiglia sia ricompresa nel novero dei lavoratori che hanno diritto al ricongiungimento con figli minori che risiedono all'estero. La diversa interpretazione della norma - che tale diritto negasse - risulterebbe non soltanto insostenibile, ma, soprattutto, lesiva delle norme costituzionali che assicurano protezione alla famiglia, ai minori e al lavoro27.

Infine sussistono norme derogatorie che consentono il ricongiungimento familiare anche ad alcuni titolari di permessi di soggiorno della durata inferiore ad un anno, come nel caso dei titolari di un permesso di soggiorno per ricerca scientifica (art. 27-ter c. 8, Testo Unico sull’Immigrazione, anche in mancanza del requisito di idoneità dell’alloggio), nonché ai titolari di Carta blu UE (art. 27-quater c. 16 e nei casi di cui all’art. 27-quinquies c. 23 entrambi del medesimo Testo Unico).

26 Cfr. Cass. civ. sez. I, sent. 29 maggio 2009, n. 12680, in www.leggiditalia.it, Massima redazionale, 2009. 27 Cfr. Corte Cost., sent. 19 gennaio 1995, n. 28, in www.leggiditalia.it, CED Cassazione, 1995.

(23)

23

1.2.2.2

I BENEFICIARI DEL DIRITTO

All’art. 29 c. 1, di cui al Testo Unico sull’Immigrazione sono individuati i familiari per i quali lo straniero può chiedere il ricongiungimento:

a) coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni28;

b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio (figli naturali e figli di unioni poligamiche, queste ultime non riconosciute ai fini del ricongiungimento familiare), non coniugati, a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso. Siamo quindi in presenza di un’ulteriore tipologia di minori stranieri accompagnati avendo individuato una categoria di minori stranieri che entra regolarmente per ricongiungersi ai propri genitori o ad altri parenti.

Analizzando più approfonditamente proprio l’art 29 c. 1 lett b) e altre disposizioni che a questa fanno riferimento è possibile fare alcune osservazioni.

Prima di tutto per i figli minori, il Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 5 ha soppresso la necessità di accertare che si tratti di figli “a carico”, considerando che tale condizione si presuma in tutti i casi in cui il figlio non sia coniugato.

Altro aspetto da porre sotto esame, riguarda la previsione in ordine alla quale se il ricongiungimento familiare viene presentato da uno soltanto dei genitori del minore (ciò può verificarsi nel caso i genitori vivano volontariamente in Stati diversi oppure siano legalmente separati, divorziati o non coniugati), è necessario che l’altro dia il proprio consenso al ricongiungimento. L’applicazione concreta di questa disposizione – già peraltro presente nel Testo Unico prima del Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 5 – potrebbe porre alcune difficoltà: il consenso dell’altro genitore, infatti, deve essere prestato personalmente dinanzi all’autorità consolare italiana presso lo Stato di origine o provenienza e sottoscritto alla presenza di un funzionario che ne accerti autenticità e validità. L’adempimento di questa parte della procedura appare particolarmente difficile, ad esempio, nel caso in cui il genitore non richiedente sia irreperibile o impossibilitato a

28 A seguito delle modifiche apportate dal D. lgs 3 ottobre 2008, n. 160, si prevede nuovamente che il coniuge

debba essere non legalmente separato, mentre il D. lgs 8 gennaio 2007 n. 5, aveva previsto semplicemente il ricongiungimento con il “coniuge”, come del resto previsto dalla direttiva 2003/86/CE, in quanto in diversi ordinamenti non esiste la separazione legale, ma solo il divorzio. Lo status di coniuge e la validità del matrimonio devono essere verificati alla luce delle rilevanti norme del sistema italiano di diritto internazionale privato. Il D. lgs 3 ottobre 2008 n. 160 ha inoltre limitato il ricongiungimento ai soli coniugi maggiorenni, avvalendosi della possibilità (prevista dall’art. 4 della direttiva comunitaria) di imporre un limite minimo di età (nella direttiva comunitaria il limite minimo di età fissato è di 21 anni) al fine di “assicurare una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati”.

(24)

24 recarsi presso il Consolato italiano dello Stato in cui si trova il figlio29. Proprio una

situazione di questo tipo è stata oggetto di una pronuncia della Cassazione nel 200530, in

merito al caso di una donna di nazionalità marocchina che chiedeva il ricongiungimento familiare con i suoi figli residenti in Marocco. In seguito allo scioglimento del matrimonio per ripudio unilaterale da parte del marito, i figli, come previsto di regola dalla Moudawana erano stati affidati al padre, il quale però, se ne era del tutto disinteressato, e li aveva lasciati alle cure della sorella della ex moglie, diventando irreperibile. A fronte del rifiuto reiterato delle autorità italiane a concedere il visto per ricongiungimento familiare, in mancanza del consenso dell’altro genitore, la donna infine ricorreva in Cassazione. Esaminata la questione, la Suprema Corte rilevava che, seppure sulla base della legge nazionale marocchina applicabile (ex art. 36 della Legge 31 maggio 1995, n. 218) il padre era l’unico titolare della potestà sui figli, risultava di fatto dimostrata la piena rispondenza all’interesse dei minori del ricongiungimento alla madre, la quale, riunendosi e con loro convivendo, avrebbe provveduto personalmente oltre che al sostentamento anche alla loro educazione e crescita. La decisione della Cassazione ha quindi risolto, nel caso specifico, la rigidità della procedura richiesta dall’art. 29 c. 2, lett. b), in un’ottica di favore verso gli interessi preminenti dei figli minori in perfetta adesione all’art. 28 c. 3 del predetto Testo Unico. Un’ altra considerazione su cui soffermarsi riguarda l’art 29 c. 2 del suddetto Testo Unico, primo periodo; ai sensi dello stesso infatti, ai fini del ricongiungimento si considerano minori, i figli di età inferiore a diciotto anni. La scelta del legislatore di imporre un limite prefissato per la minore età, corrispondente a quello esistente per i cittadini italiani, si giustifica con la necessità di adottare un criterio unico e non discriminatorio nei confronti di individui che provengono da Paesi che adottano limiti di età spesso diversi. La stessa impostazione è stata adottata nella Direttiva 2003/86/CE, laddove si prevede che i figli minorenni devono avere un’età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nello Stato membro in cui deve avvenire il ricongiungimento. L’art. 29 c. 2 prosegue precisando che la minore età deve sussistere al momento della presentazione della domanda, prescindendo quindi dai tempi necessari per ottenere il rilascio del nulla osta e del visto di ingresso: si tratta di una precisazione importante, volta ad evitare che i tempi lunghi del procedimento amministrativo possano vanificare l’esercizio del diritto. Il legislatore ha voluto concludere il secondo periodo dell’art. 29 c. 2 citando opportunatamente l’equiparazione dei minori adottati o affidati o sottoposti a tutela ai figli.

29 Cfr. sull’argomento DELI M. B., Il ricongiungimento familiare nell’attuazione in Italia della direttiva 2003/86

in Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali (Diritto internazionale, 8), Ripa di Fagnano Alto (L’Aquila): Il sirente, 2008, DOI: 10.1400/126660 pag. 260-261

(25)

25 E’ possibile fare un approfondimento sulla questione relativa all’importanza dell’età del minore al fine di veder realizzata una sana integrazione dello stesso nel Paese di accoglienza. Tale studio muove dal quarto Considerando31 della Direttiva 2003/86/CE che

dichiara che il ricongiungimento familiare contribuisce a creare “una stabilità socioculturale che facilita l’integrazione dei cittadini dei Paesi terzi all’interno degli Stati membri”. L’integrazione dei familiari che hanno ottenuto la possibilità di ricongiungersi in Italia ai propri cari, sembra essere per la Comunità un obiettivo fondamentale tanto che al quindicesimo Considerando32 la Direttiva invita gli Stati membri a prevedere la possibilità

di rilasciare a tali familiari ricongiunti, trascorso un determinato periodo di tempo, uno “statuto indipendente” da quello del familiare che ha fatto richiesta di ricongiungimento. Tuttavia l’integrazione qui trattata, è stata intesa dal Consiglio (e quindi anche dalla Direttiva) non solo come impulso positivo ad accogliere il familiare di un soggiornante regolare, ma anche come motivazione per respingere le richieste di ricongiungimento familiare quando dalle circostanze non appaia possibile realizzare una piena integrazione. Quest’ultima ipotesi si presenta proprio in riferimento ad una particolare categoria di figli minori che andiamo ad illustrare e, sulla base di un interessante ricostruzione33, è possibile

esaminare gli interventi giurisprudenziali europei che ne sono stati coinvolti.

Sono due le norme della Direttiva in base alle quali gli Stati membri vengono autorizzati a porre condizioni al ricongiungimento familiare dei figli minori: l’art. 4, n. 1 che stabilisce che “qualora un minore abbia superato i dodici anni e giunga in uno Stato membro indipendentemente dal resto della sua famiglia, quest'ultimo, prima di autorizzarne l'ingresso ed il soggiorno ai sensi della presente direttiva, può esaminare se siano soddisfatte le condizioni per la sua integrazione richieste dalla sua legislazione in vigore al momento dell'attuazione della presente direttiva” e l’ art. 4 n. 6 che fissa che “gli Stati membri possono richiedere che le domande riguardanti il ricongiungimento familiare di figli minori debbano essere presentate prima del compimento del quindicesimo anno di età, secondo quanto previsto dalla loro legislazione in vigore al momento dell'attuazione

31 Quarto Considerando (Direttiva 2003/86/CE):

Il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare. Esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi negli Stati membri, permettendo d'altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità, enunciato nel trattato.

32 Quindicesimo Considerando (Direttiva 2003/86/CE):

Dovrebbe essere incoraggiata l'integrazione dei familiari. A tal fine, dovrebbe essere loro attribuito, dopo un periodo di residenza nello Stato membro, uno statuto indipendente da quello del richiedente il ricongiungimento, in particolare in caso di rottura del matrimonio e della convivenza. Essi

dovrebbero avere accesso all'istruzione, all'occupazione e alla formazione professionale allo stesso titolo che il richiedente il ricongiungimento alle pertinenti condizioni.

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