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4.2 La Legge 7 aprile 2017, n 47: i lavori preparatori

4.2.7 Le misure di accompagnamento verso la maggiore età e le misure d

4.2.7.6 La Legge 15 luglio 2009, n 94

La maggioranza uscita dalle elezioni del 2008, aveva impostato la campagna elettorale sul tema della sicurezza e, in particolare, dell’immigrazione; conseguentemente uno dei suoi primi atti fu l’emanazione di una serie di progetti di legge – cumulativamente chiamati “pacchetto sicurezza” – che furono parzialmente tradotti in legge nel 2008 e nel 2009. Tra la varietà di leggi e provvedimenti amministrativi che hanno attuato il “pacchetto sicurezza”, la Legge 15 luglio 2009, n. 94 ha avuto importanti effetti sulla condizione giuridica dei minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età. Prima della riforma del 2009 il minore non accompagnato poteva convertire il permesso di soggiorno alla maggiore età quando si trovava in due condizioni tra loro alternative:

1) essere stato oggetto di un provvedimento di affidamento, amministrativo o giudiziario (ex art. 32 c. 1 di cui al Testo Unico sull’Immigrazione), ovvero sottoposto a tutela (percorso creato dalla sentenza della Corte costituzionale 23 maggio 2003, n. 198 ed osservato dalla giurisprudenza di merito);

452 Un’altra disuguaglianza che veniva praticata frequentemente, era la seguente. Nel caso specifico che

l’affidatario fosse un cittadino straniero non comunitario regolarmente soggiornante, il minore con lui convivente veniva iscritto nel permesso di soggiorno di tale affidatario fino al compimento dei quattordici anni, per poi ricevere, al momento del compimento del quattordicesimo anno un proprio permesso di soggiorno per motivi familiari (ex art. 31 cc. 1 e 2 di cui al Testo Unico sull’Immigrazione). Le norme riguardanti i minori affidati ex art. 31 cc. 1 e 2 avrebbero dovuto essere applicate anche ai:

1) minori sottoposti a tutela conviventi con il tutore;

2) minori affidati “di fatto” (senza alcun provvedimento formale adottato ai sensi dell’art. 4 della Legge 4 maggio 1983, n. 184) ad un parente entro il quarto grado regolarmente soggiornante e conviventi con tale parente (art. 9 c. 4 di cui alla Legge maggio 4 maggio 1983, n. 184, artt. 29 c. 2 e 31 c. 1 di cui al suddetto Testo Unico).

Molte questure non rilasciavano ai minori che si trovavano in queste due situazioni il permesso di soggiorno per motivi familiari, permesso che, tuttavia, avrebbe dato al minore straniero non accompagnato l’opportunità di lavorare e la possibilità di vederlo convertire, al compimento della maggiore età, in uno dei permessi di soggiorno ex art. 32 c .1 del suddetto Testo Unico, ma soltanto un permesso di soggiorno per minore età. In tal caso, era possibile presentare ricorso al T.A.R. al fine di ottenere il permesso per motivi familiari. Cfr. op. cit., AA. VV., Minori non accompagnati: aspetti quantitativi e politiche in materia di accoglienza, rimpatrio e integrazione. Analisi del caso italiano per uno studio comparativo a livello comunitario, pag. 15-16.

177 2) essere stato ammesso “per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato” che integrasse determinate caratteristiche e essere presente in Italia da almeno tre anni” (percorso introdotto dalla Legge Bossi – Fini e previsto dall’art. 32 c. 1-bis di cui al Testo Unico suddetto). I due percorsi di integrazione

I due percorsi di integrazione appena richiamati si distinguevano significativamente sotto il profilo della “praticabilità”. Per un minore non accompagnato, la prima via di regolarizzazione era, infatti, assai più facilmente percorribile della seconda, intervenendo in genere il provvedimento di affidamento o di tutela durante il percorso di accoglienza. Quanto alla seconda via, essa risultava quasi sempre impraticabile, dal momento che i minori non accompagnati giungevano in Italia ad un’età incompatibile con un percorso di integrazione triennale453.

L’art. 1 c. 22, lett. v) di cui alla Legge 15 luglio 2009, n. 94 aveva eliminato la prima via modificando l’art. 32 c.1-bis454, ripristinando le intenzioni della Legge Bossi – Fini (attuate

con la circolare del Ministero dell’Interno del 23 ottobre 2003) e polverizzando i contributi, precedentemente citati, della Corte Costituzionale e, soprattutto, del Consiglio di Stato. Il Testo Unico sull’Immigrazione, a seguito di questa ulteriore riforma, prevedeva infatti che i minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età, al fine di ottenere il permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato e autonomo, e sempreché non fosse intervenuta la decisione del rimpatrio da parte del Comitato per i Minori Stranieri ex art. 33, dovevano non solo risultare affidati ai sensi dell’art. 2 della Legge 4 maggio 1983, n. 184 oppure sottoposti a tutela ex Titolo X, Libro Primo del codice civile, ma sarebbero dovuti essere stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni ad un progetto di integrazione civile e sociale gestito da un ente pubblico o privato, che avrebbe dovuto dimostrare non solo che l'interessato si trovava sul territorio nazionale da non meno di tre anni, ma anche gli altri requisiti sanciti dall’art. 32 c. 1-ter di cui al Testo Unico sull’Immigrazione. Infine, come a confermare quanto previsto dall’art. 32 c. 1-bis, all’art. 32 c. 1, era stato aggiunto quanto indicato tra parentesi: al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le

453 Cfr. MIAZZI L., in op. cit., pag. 19.

454 Art. 32 c. 1-bis di cui al Testo Unico sull’Immigrazione alla Legge 15 luglio 2009, n. 94:

Il permesso di soggiorno di cui al c. 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché' non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati affidati ai sensi dell'art. 2 della Legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 52 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

178 disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, ((e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati)) ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23.

Questo “nuovo” cambio di rotta, imponeva, dunque, ai minori stranieri non accompagnati, che avessero desiderato proseguire nella regolarità il loro soggiorno in Italia a seguito del compimento della maggiore età, o di essere presenti in Italia oppure di entrarvi prima di aver compiuto quindici anni, dato che il fatto di venire affidati o di essere sottoposti a tutela non erano più condizioni sufficienti per sperare di ottenere un permesso di soggiorno una volta divenuti maggiorenni. Si prospettavano, di conseguenza, i seguenti effetti: da una parte, il fatto che la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia al 2009455 avesse più di quindici anni poneva di fronte alla prospettiva di un loro ritorno

alla clandestinità; dall’altra, vi era la triste previsione che da quel momento in poi si sarebbero registrati arrivi e sbarchi di minori stranieri non accompagnati di età inferiore ai quindici anni, esposti a rischi gravissimi per la loro incolumità, oltre a quelli conseguenti allo sradicamento dal nucleo d’origine, nonché ad immaginabili ulteriori forme di mercificazione o sfruttamento.456