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2.2 Genesi e sviluppo del fenomeno migratorio minorile in Italia

2.2.1 L’Italia, da Paese di emigrazione

Nella storia dell’Italia la consuetudine ad emigrare in giovanissima età ha origini antiche. Possiamo ripercorre il fenomeno dell’evoluzione storica della migrazione minorile non

La Corte di Cassazione ha perciò confermato la valutazione dei giudici di merito sugli effetti negativi della capacità genitoriale della madre, escludendo che quest’ultima possa garantire al bambino uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato, negli anni più delicati della sua crescita ed ha inoltre ritenuto che lo stato di lunga detenzione, che costituisce una causa di forza maggiore non transitoria, pregiudicherebbe la convivenza del nucleo familiare, e ciò sarebbe d’impedimento ad un adeguato svolgimento delle funzioni genitoriali, incidendo negativamente sul diritto del bambino di vivere in un contesto familiare unito e sereno. La Corte ha inoltre ritenuto infondato anche il ricorso proposto dai nonni, evidenziando in relazione alla nonna paterna la mancanza di un atteggiamento critico e di distacco dai comportamenti delittuosi del figlio, e in relazione ai nonni materni la mancanza di una reale presa di coscienza delle atrocità delle condotte della figlia precisando che attraverso 46 incontri condotti da un pool di esperti, è emersa nella loro personalità una significativa fragilità di tipo “narcisistico”. Tutto ciò ha portato a ritenere che anche i nonni non sono in grado di costituire per il nipote figure di riferimento adeguate, empatiche e rassicuranti e quindi capaci di svolgere efficacemente un ruolo genitoriale per circa vent’anni.

A seguito della pronuncia della Corte di Cassazione, la madre del bambino dichiarato adottabile ha fatto ricorso davanti alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo.

61 solo mediante la lettura dei testi degli studiosi della storia125, ma anche attraverso le fonti

archivistiche e legislative che ci offrono lo specchio adulto di tali vicende.

Dall’Unità d’Italia alla fine del 1800 mentre l’economia italiana poggiava essenzialmente sul settore agricolo le correnti migratorie minorili, non ancora statisticamente rilevanti, erano costituite essenzialmente da girovaghi. Come narrano gli storici dell’emigrazione italiana126 “nelle compagnie di artigiani che si riversavano periodicamente nelle città al di

là delle Alpi per offrire i loro servizi o manufatti – venditori di passamanerie, spazzacamini, ramai, impagliatori di sedie, bottai, chiodai, stucchinai e arrotini – i minorenni erano sempre presenti”. Nelle zone appenniniche e nelle vallate alpine capitava che i bambini, a partire dai dieci anni, venissero consegnati a suonatori e artigiani in base ad un contratto della durata di trenta mesi, ma poiché molto frequenti erano i casi di fanciulli abbandonati o dispersi che non facevano ritorno al paese, e per quanto le comunità e in primo luogo le madri cercassero di esercitare il loro controllo sulla moralità e l’affidabilità dei padroni, durante questo periodo gli sforzi dei governi furono diretti principalmente ad eliminare gli inconvenienti legati all’espatrio di giovanissimi musicisti di strada e di altri nuclei di fanciulli girovaghi, i quali con le loro attività – spesso non distinguibili dall’accattonaggio – contribuivano a screditare il buon nome dell’Italia all’estero. Il risultato più importante di questa azione di contrasto intrapresa dalle autorità politiche, fu l’approvazione della Legge 21 dicembre 1873, n. 1733 sul divieto di impiego dei soggetti con meno di diciotto anni in svariate professioni ambulanti.

Successivamente, nel decennio tra il 1895 e il 1905, l’Italia cominciava ad incamminarsi sulla via dell’industrializzazione, ma il permanere di gravi squilibri territoriali ed economico-sociali creò le condizioni per un’emigrazione di massa che non era più basata sulla forte rappresentanza di attività artigianali, commerciali e musicali di tipo itinerante, ma sulla ricerca di occupazione in vari rami produttivi delle economie europee ed americane. Anche fra i minorenni italiani diretti all’estero aumentò la quota dei “migranti di lavoro”. L’estendersi di tali movimenti migratori spinse il Parlamento italiano a ridefinire le politiche di tutela del lavoro migrante minorile. Proprio mediante la Legge sull’emigrazione 31 gennaio 1901, n. 23, approvata all’inizio dell’età giolittiana, i dispositivi di protezione che fino a quel momento avevano riguardato solo i girovaghi, vennero estesi ai fanciulli di entrambi i sessi che finivano, i ragazzi, per “mescolarsi” agli

125 Per la ricostruzione del fenomeno della emigrazione minorile italiana fino alla metà del 1900, Cfr.

GIOVANNETTI M. e ORLANDI C., in Minori stranieri non accompagnati – Rapporto ANCI 2005/2006, in Edizioni ANCI Servizi, 2006, pag. 3-4 e CARAMUSCIO G., Il libro cuore aveva ragione. L’emigrazione minorile italiana tra Otto e Novecento, 2014 in www.unigalatina.it, pag. 1-6.

126 Cfr. BIANCHI B., Percorsi dell’emigrazione minorile in BEVILACQUA A., DE CLEMENTI A. e FRANZINA E. (A

62 adulti nelle fornaci della Baviera, nei cantieri edili svizzeri, nelle miniere di sale austriache, nelle cave di gesso in Francia, così come nei principali lavori stradali e ferroviari delle principali città d’Europa, mentre le ragazze, giovani immigrate stagionali, per lasciare l’Italia e divenire operaie di fabbriche tessili francesi, tedesche e austriache, cucitrici e domestiche. Tuttavia il coinvolgimento di un elevato numero di minori nelle migrazioni fu percepito prioritariamente come un ostacolo allo sviluppo economico del Paese perché comportava un’importante sottrazione di forza-lavoro altrimenti destinata ai settori industriali nazionali. Il decennio successivo, quello tra il 1906 e il 1915, fu contrassegnato al livello internazionale dall’alternarsi di cicli economici espansivi e recessivi, mentre al livello nazionale da un forte incremento delle partenza per l’estero. Ecco perché in questo periodo vennero introdotte nuove forme di controllo dell’emigrazione minorile e potenziate quelle esistenti. In particolare fu deciso un maggiore coinvolgimento dei consolati nella stesura dei contratti di arruolamento riguardanti soggetti in età minore; venne vietato che i bambini e i ragazzi al di sotto di una certa età potessero emigrare da soli o in compagnia di persone non affidabili; fu ideata la stipulazione di convenzioni bilaterali ad hoc per la protezione dei giovani migranti. Nonostante tali misure, gli organi competenti non mancavano di segnalare ripetute violazioni della legislazione vigente.

Lo scoppio della prima guerra mondiale segnò la fine dell’epoca delle migrazioni di massa e l’effetto combinato dei conflitti mondiali determinò che i flussi migratori in genere e nel particolare quelli minorili subissero mutamenti qualitativi e quantitativi per varie ragioni. Prima di tutto si assisteva ad una ristrutturazione dei mercati del lavoro europei ed americani; secondariamente si cercava di scoraggiare l’emigrazione dei minori verso l’USA sia perché negli States erano stati intensificati i respingimenti127 dei migranti non in

grado di mantenersi autonomamente, sia perché si temeva un calo delle partecipazioni al servizio di leva, sia per prevenire le spese del rimpatrio di cui si faceva carico lo Stato italiano; da ultimo fu il regime fascista a inasprire le sanzioni contro l’emigrazione irregolare minorile nell’ambito di un programma volto a proteggere l’integrità della stirpe italiana.

127 Inoltre le politiche di immigrazione restrittive da parte del governo statunitense prevedevano test di

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2.2.2 … A PAESE DI IMMIGRAZIONE

Nella metà del 1900, a meno di un secolo dalla partenza dei “piccoli” italiani - suonatori, figurinai e spazzacamini - l’Italia è passata da essere un Paese di emigrazione ad essere un Paese di immigrazione, cominciando difatti ad essere interessata dal fenomeno dei minori migranti, per essere divenuta, insieme ad altri paesi dell’Unione Europea, luogo di approdo di bambini e adolescenti.

Il secondo dopoguerra segnò infatti una nuova svolta nelle dinamiche migratorie europee e, per quanto riguarda la tematica che interessa la presente trattazione, l’inizio di una documentata presenza di minori stranieri non accompagnati nel territorio italiano che possono essere entrambi spiegati sia come risultato di grandi spostamenti di popolazione avvenuti tra i diversi Paesi europei in seguito alla cessazione del conflitto, sia come effetto immediato di conflitti particolarmente cruenti che hanno piano piano interessato diverse aree geopolitiche confinanti o meno con i Paesi dell’Europa occidentale.

Grazie ad un’interessante ricostruzione storica128 è possibile rielaborare differenti fasi di

arrivo dei minori stranieri non accompagnati in Italia.

Una prima fase è collocabile proprio dopo il secondo conflitto mondiale, tra gli anni Cinquanta e Sessanta a seguito dell’arrivo di gruppi di richiedenti asilo politico ungheresi (nel 1956) e cecoslovacchi (nel 1968) dopo che i rispettivi Paesi di provenienza avevano subito l’invasione da parte dell’ex Unione Sovietica. L’Italia è stata interessata da questo fenomeno in maniera marginale, fornendo prevalentemente un’assistenza temporanea ad adulti e adolescenti richiedenti asilo attraverso la messa a disposizione di strutture in campi profughi nell’attesa che venissero sbrigate le documentazioni necessarie per poter emigrare negli Stati Uniti e in Canada.

Una seconda fase è individuabile negli anni Settanta con una distinzione tra il primo e il secondo quinquennio. Infatti tra il 1970 e il 1975 si sono registrati arrivi di minori cambogiani e vietnamiti, orfani e abbandonati, come conseguenza del conflitto che Cambogia e Vietnam hanno avuto con gli Stati Uniti, mentre negli anni successivi si sono avuti arrivi di profughi e rifugiati dal Corno D’Africa a causa della guerra che ha visto interessati da una parte l’Etiopia e dall’altro l’Eritrea e il Tigray. In entrambi i periodi citati l’Italia ha fornito assistenza e servizi su più fronti: dall’acquisizione di certificazioni per l’espatrio in altri Paesi transoceanici (in particolare Stati Uniti, Canada e Australia) ai

128 Per la ricostruzione del fenomeno dell’immigrazione minorile in Italia fino alle fine del 1990, Cfr. CAMPANI

G., LAPOV Z., CARCHEDI F., in Le esperienze ignorate. Giovani migranti tra accoglienza, indifferenza e ostilità, Franco Angeli, Milano, 2002, pag. 136-138

64 ricongiungimenti familiari, dalla tutela legale all’assistenza sanitaria, psicologica e alimentare.

Una terza fase è collocabile negli anni Ottanta. Inizialmente gli arrivi hanno riguardato ulteriori gruppi di minori eritrei, tigrini ed etiopi, nonché di ragazzi e adolescenti provenienti dalla Somalia e, in misura minore, dall’aera confinante con il Sudan e dal Nord Africa. Dalla seconda metà degli anni Ottanta il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati è aumentato per l’arrivo consistente di contingenti di adolescenti provenienti dal Marocco e dalla Tunisia e, in misura minore, dall’Algeria.

Una quarta fase è individuabile negli anni Novanta con l’arrivo di immigrati provenienti dall’aera balcanica (in particolare dai Paesi che per tutto il decennio precedente erano stati interessati dai conflitti come Bosnia Erzegovina, Montenegro e Serbia), dai Paesi dell’Europa dell’Est (in particolare Albania, Bulgaria, Romania e Ucraina) a causa del deterioramento delle relative situazioni sociali economiche e politiche come effetto della caduta del muro di Berlino, dal Marocco e dall’area del Kurdistan (ossia l’area di confine tra le attuali Turchia, Iraq e Iran). All’interno di questi flussi generali di migranti, con il tempo, si sono fatti spazio micro-flussi di migranti minori di età caratterizzati dall’assenza di adulti a loro seguito.

Dopo queste fasi, si registrano gli anni Duemila in cui l’ingresso in Europa di alcuni Paesi dai quali era frequente provenisse un consistente numero di migranti minori non accompagnati (Romania, Bulgaria, Polonia e Slovenia), ha fatto sì che questi ultimi uscissero dalle statistiche ufficiali dei minori stranieri non accompagnati. Tale fase è terminata con un 2010 in cui il fenomeno dell’immigrazione in generale diretta in Italia, ma anche di quella particolare relativa ai minori, aveva subito una drastica riduzione non solo grazie all’adozione di misure di prevenzione e di contrasto, ma anche per l’intensificarsi della collaborazione con i principali Paesi di origine e di transito dei migranti129 con flussi migratori per lo più provenienti dalle più tradizionali aree

geografiche, come Asia Centrale e Africa subsahariana.

Infine dal 2011 ne è cominciata una nuova, in concomitanza con le vicende legate ai movimenti della cosiddetta “Primavera Araba”130 che hanno interessato e sconvolto gli

equilibri delle società di molti Paesi nordafricani, dalla Tunisia all’Egitto, dalla Libia alla

129 Cfr. Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, Indagine conoscitiva sui minori stranieri non

accompagnati, deliberata il 23 ottobre 2012.

130 Tutto ha avuto inizio con una data, il 17 dicembre 2010 quando un giovane ambulante tunisino Mohamed

Bouazizi si è dato alle fiamme per protestare contro la polizia che aveva sequestrato la mercanzia che cercava di vendere per strada. Quello che sembrava un episodio come tanti ha invece segnato, simbolicamente, l’inizio di una serie di cambiamenti epocali: mentre in alcuni Paesi, come la Siria, è iniziata una lunga e sanguinosa guerra civile di cui ancora oggi non si conosce l’esito, in altri, come l’Egitto, la Libia e la Turchia sono caduti i relativi regimi, ritenuti consolidati e intoccabili.

65 Siria. Con tale espressione si intendono le rivolte che hanno infiammato alcuni Stati del “mondo arabo” e che rappresentano uno degli eventi internazionali più dirompenti degli ultimi anni, non solo per l’area del Mediterraneo e del Vicino Oriente ma per l’intero sistema geopolitico internazionale131.

Ed infatti, proprio a seguito del fenomeno suddetto scoppiato nel 2011132, il flusso di

migranti verso il territorio italiano che attraversa il Mediterraneo, è diventato una costante sempre più consistente ponendo l’Italia nel pieno di una crisi umanitaria e occupando per questo un posto centrale nei discorsi politici, nazionali e non e, per quanto attiene l’argomento della nostra trattazione, l’Italia è divenuta uno dei Paesi, fra gli Stati membri dell’Unione Europea, che riceve ed accoglie il maggiore numero di minori stranieri non accompagnati, tanto che negli ultimissimi anni l’aumento preoccupante delle cifre di bambini e adolescenti stranieri che sono arrivati non accompagnati nel nostro territorio – la maggior parte proprio via mare – , ha indotto a pianificare misure emergenziali con l’obbiettivo di individuare interventi idonei ed efficaci volti a garantire il diritto alla protezione internazionale di una categoria così vulnerabile quale è quella dei minori soli.

2.3 QUANTI SONO I MINORI STRANIERI NON