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Preparazione e caratterizzazione di film termoplastici contenenti sistemi cromoforici sensibili ai vapori di solventi organici

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CHIMICA

Curriculum: Inorganico

CLASSE: LM-54

Preparazione e caratterizzazione di film termoplastici

contenenti sistemi cromoforici sensibili ai vapori di

solventi organici

Relatore:

dott. Andrea Pucci

Candidato:

Irina Platonova

Controrelatore:

dott.ssa Simona Samaritani

(2)
(3)
(4)
(5)

Indice

Riassunto

1

Introduzione...3

1.1

Il fenomeno della luminescenza...5

1.2

Fluorescenza...6

1.2.1 Transizioni radiative e non-radiative tra stati elettronici...6

1.2.2 Resa quantica...8

1.3

Natura dei composti fluorescenti...9

1.4

Effetto del mezzo sull’assorbimento ed emissione dei coloranti...12

1.4.1 Solvatocromismo...13

1.4.2 Composti caratterizzati da trasferimento di carica intramolecolare (ICT)...16

1.5

Fluorofori in matrici polimeriche...20

1.5.1 Materiali meccano- e termocromici...26

1.5.2 Fluorofori come indicatori ottici per il rilevamento di composti organici volatili (VOC)...28

1.6

Processi di permeazione in film polimerici...35

1.6.1 Permeazione di vapori di solvente in polimeri vetrosi...37

2

Scopo della tesi...39

3

Risultati e discussione...41

3.1

Serie NPEMI-R...41

3.1.1 Preparazione di materiali meccanocromici fluorescenti...41

3.1.1.1 Caratterizzazione ottica in soluzione...44

3.1.1.2 Dispersione dei coloranti della serie NPEMI-R nella matrice polimerica...53

3.1.1.3 Studio delle proprietà ottiche dei film LLDPE/NPEMI-E e EVAc9/NPEMI in funzione dello stress meccanico...61

3.1.2 Preparazione di materiali polimerici sensibili ai vapori organici(VOC)...73

3.1.2.1 Preparazione e caratterizzazione ottica dei sistemi binari polimero/NPEMI-E...73

3.1.2.2 Studio della risposta ottica in seguito all’esposizione ai VOC...77

3.1.2.3 Valutazione della riproducibilità della risposta ottica in seguito all’esposizione ai VOC...106

3.2 Serie AB...110

3.2.1 Preparazione di materiali polimerici sensibili ai vapori organici (VOC)...110

3.2.1.1 Caratterizzazione ottica in soluzione...111

3.2.1.1.1 Caratterizzazione ottica in soluzione di THF...113

3.2.1.1.2 Studio delle proprietà ottiche in funzione della polarità del solvente...123

(6)

3.2.1.1.3 Studio delle proprietà ottiche in funzione dell’aggiunta di ioni

Zn2+...127

3.2.1.2 Studio delle proprietà ottiche dell’addotto AB12:Zn2+ in funzione della polarità del solvente e in matrici polimeriche a seguito dell’esposizione ai VOC...133

4

Conclusioni…...144

5

Parte sperimentale…...149

5.1

Reagenti e coloranti ...149

5.1.1 Prodotti e solventi ...149

5.1.2 Matrici polimeriche commerciali...149

5.1.3 Coloranti organici...150

5.1.4 Sintesi dell’addotto AB12:Zn2+...151

5.2

Strumenti e metodi...153

5.2.1 Spettroscopia di assorbimento UV-vis...153

5.2.2 Spettroscopia di fluorescenza...154

5.2.3 Calcolo della resa quantica ...154

5.2.4 Titolazione spettrofotometrica UV-vis...155

5.2.5 Titolazione spettrofluorimetrica ...156

5.2.6 Analisi Benesi – Hildebrand: determinazione della costante di associazione apparente (Kf) ...156 5.2.7 Spettroscopia 1H-NMR...158 5.2.8 Spettroscopia FT-IR...158 5.2.9 Pressa idraulica ...158 5.2.10 Apparato di stiro ...158 5.2.11 Lampada UV…...158 5.2.12 Bilancia elettronica...159

5.2.13 Preparazione delle soluzioni dei coloranti...159

5.2.14 Preparazione delle miscele e dei film polimerici...159

5.3

Studio

della risposta ottica dei film polimero/colorante in funzione di

uno stimolo esterno...160

5.3.1 Deformazione meccanica ...160

5.3.2 Esposizione a vapori di solventi organici...160

5.3.2.1 Apparato sperimentale...160

5.3.2.2 Esposizione ai vapori di solventi organici...161

5.3.2.3 Determinazione della quantita di solvente assorbita...161

6

Bibliografia...163

(7)

Riassunto

Il presente lavoro di tesi ha come oggetto la preparazione e la caratterizzazione di materiali cromogenici plastici in grado di modulare la loro risposta ottica (assorbimento e/o emissione) in funzione della deformazione meccanica o dell’esposizione ai vapori di solventi organici.

Due classi di coloranti organici sintetizzati presso l’Università di Pisa sono stati analizzate: il 3-[2-(4-nitrofenil)etenil]-2-metilindolo, opportunamente sostituito all’atomo di azoto indolico (NPEMI-R: NPEMI-E (R = ept-2’-ile), NPEMI-A (R = allile), NPEMI (R = H)) e la 6,6’-bis((tiofene-2-il)-etinil)-2.2’-bipiridina, variamente sostituita nella posizione 5,5’ dell’anello tiofenico (AB: AB12 (R = CH3), AB13 (R = Cl), AB15 (R = OCH3), AB16 (R = C(O)CH). I coloranti sono stati studiati in soluzione a partire da solventi a polarità diversa al fine di determinare le loro proprietà solvatocromiche. In particolare, i coloranti della serie NPEMI-R mostrano un solvatocromismo positivo e il loro massimo di assorbimento e di emissione risulta progressivamente spostato verso il rosso all’aumentare della polarità del mezzo. Inoltre, il loro stato emissivo è caratteristico del fenomeno di trasferimento di carica intramolecolare (ICT). I cromofori della serie NPEMI-R dispersi in una matrice semicristallina di LLDPE e EVAc9 non hanno mostrato alcun fenomeno di aggregazione sovramolecolare nell’intervallo di concentrazione investigato. Il loro comportamento meccanocromico nei confronti di deformazioni uniassiali a temperatura ambiente non ha però mostrato una significativa risposta cromogenica e dicroica.

I cromofori della serie NPEMI-R dispersi in matrici termoplastiche amorfe (PS, PC, PMMA) hanno mostrato ottime proprietà vapocromiche a seguito dell’esposizione a differenti classi di VOCs. La progressiva solvatazione del colorante disperso all’interno del polimero a seguito dell’assorbimento dei vapori di solvente produceva un netto spostamento batocromico e una forte diminuzione del segnale di fluorescenza in funzione del tempo di esposizione.

I coloranti della serie AB mostrano in soluzione, al contrario dei precedenti, un trascurabile solvatocromismo negativo dato che il loro massimo di assorbimento e di emissione risulta spostato di pochi nanometri verso energie maggiori al crescere della polarità del solvente. La successiva complessazione con ioni metallici, in particolare con lo Zn2+, ha prodotto un notevole spostamento dei massimi di assorbimento e di emissione verso lunghezze d’onda maggiori indicando il carattere ICT dello stato emissivo dell’addotto AB:Zn2+

(8)

proposto come un colorante cromogenico per la preparazione dei dispositivi ottici a base di film plastici con caratteristiche vapocromiche: si è osservato, infatti, un comportamento simile al sistema polimero amorfo/NPEMI-R, e caratterizzato da nette variazioni dello spettro di emissione del film a seguito dell’esposizione a VOC di natura differente.

Si può riassumere quindi che coloranti solvatocromici compatibili con le matrici polimeriche di interesse possono essere efficacemente utilizzati come additivi fluorescenti per la realizzazione di indicatori ottici a matrice plastica per la rilevazione di vapori di solventi organici.

(9)

1 Introduzione

Nell’ultima decade, molto interesse è stato dedicato alla preparazione di materiali luminescenti per applicazioni in svariati campi: dalla conversione dell’energia solare [1]

, ai dispositivi opto-elettronici [2] e ai materiali cromogenici [3-6].

I sistemi cromogenici sono ad esempio dei materiali capaci di rispondere a stimoli differenti (es.: la luce, il calore, lo stress meccanico, le variazioni di pH e gli stimoli chimici) mediante evidenze visibili e macroscopiche [5, 7-11]. L’energia dello stimolo è efficacemente convertita in variazioni ottiche (es.: assorbimento, emissione, indice di rifrazione) che consentono la progettazione di dispositivi definiti “intelligenti” per svariate applicazioni, dai sistemi di anticamuffamento e di anticontraffazione, ai materiali per l’imballaggio, ai sensori ottici e gli schermi informativi e infine ai materiali per il rilascio controllato di farmaci [9-11].

Tra questi materiali intelligenti, grazie al loro possibile uso per un efficiente rilevamento in situ, un’attenzione particolare è stata dedicata di recente ai composti termocromici, meccanocromici e vapocromici, il cui colore (in assorbimento e/o in emissione di fluorescenza) cambia rispettivamente in conseguenza di uno stress meccanico, termico o all’esposizione ai vapori organici. Recentemente, i materiali che mostrano variazioni di colore in conseguenza dell’esposizione ai vapori di composti organici volatili (VOC), si sono rapidamente evoluti a causa del grande interesse per il loro uso come indicatori per il monitoraggio ambientale, come sistemi di sicurezza nei luoghi di lavoro e per applicazioni di difesa e security [12-14].

I materiali definiti intelligenti sono costituiti dall’assemblaggio di diverse unità che eseguono funzioni specifiche. Per esempio, cromofori organici e inorganici come i coloranti aventi elettroni delocalizzati costituiscono la base del meccanismo di rilevazione poiché conferiscono al materiale una variazione delle caratteristiche opto-elettroniche come conseguenza di uno stimolo esterno. Questi composti, capaci di rispondere a una grande varietà di sollecitazioni, possono essere inseriti all’interno di matrici polimeriche (sia nelle zone interfacciali che nelle architetture supramolecolari più complesse) per ottenere sistemi compositi ad elevate prestazioni [15]

. I polimeri di largo consumo generalmente utilizzati come matrici polimeriche svolgono prevalentemente la funzione di supporto del colorante cromogenico dato che presentano una risposta opto-elettronica trascurabile nello spettro delle frequenze tecnologicamente rilevanti

(10)

I cromofori organici, solitamente basati su strutture estese π-coniugate, mostrano risposte ottiche in un ampio spettro della radiazione elettromagnetica, dal visibile al quasi-infrarosso, e che possono essere facilmente modulate da una vasta gamma di gruppi donatori e accettori di densità elettronica in funzione dell’applicazione desiderata [19-22]. Di recente, i composti eteroaromatici sono stati indicati come promettenti per preparare diverse classi di materiali intelligenti fortemente emissivi [23-24]. Inoltre, il nucleo eteroaromatico risulta in grado di fornire al colorante anche una maggiore stabilità chimica e termica, necessaria per la fabbricazione di materiali compositi [19]. Tra i composti N-eteroaromatici, quelli N-eterobiarilici risultano di particolare interesse poichè le loro proprietà opto-elettroniche possono essere facilmente regolate anche attraverso la complessazione di cationi metallici ai propri siti chelanti [25-27].

(11)

1.1

Il fenomeno della luminescenza

[28, 29]

La luminescenza è un fenomeno dovuto all’emissione di fotoni nell’ultravioletto, nel visibile e nell’infrarosso, da specie elettronicamente eccitate. La parola luminescenza è stata introdotta per descrivere tutti quei fenomeni di emissione di luce che non dipendono dall'aumento di temperatura, al contrario del fenomeno di incandescenza (luce calda).

A seconda del modo di eccitazione si distinguono vari tipi di luminescenza (Tabella 1.1.1):

Tabella 1.1.1 Vari tipi di luminescenza.[28]

Fenomeno Modo di eccitazione

Fotoluminescenza

(fluorescenza, fosforescenza) Assorbimento fotoni Radioluminescenza (raggi x, a, b, g) Radiazione ionizzante

Catodoluminescenza Raggi catodici

Elettroluminescenza Campo elettrico

Termoluminescenza Riscaldamento dopo

immagazzinamento di energia Chemioluminescenza Processo chimico (es. ossidazione)

Bioluminescenza Processo biochimico

Triboluminescenza Forze frizionali ed elettrostatiche

Sonoluminescenza Ultrasuoni

I composti luminescenti possono essere di tipi molto diversi:[28]

 Composti organometallici: complessi di rutenio (es. Ru(biPy)3), complessi di lantanidi, complessi con agenti chelanti fluorogenici (es. 8-idrossichinolina, etc.)

 Composti organici: idrocarburi aromatici (es. naftalene, perilene, antracene, fenantrene), fluoresceina, chinina, rodamina, cumarina, polieni, difenilpolieni, aminoacidi etc.

 Composti inorganici: ione uranile (UO2+), ioni di lantanidi (Eu3+, Tb3+), cristalli (ZnS, CdS, ZnSe, CdSe), etc.

La fotoluminescenza è uno dei possibili fenomeni fisici derivanti dall'interazione della luce con la materia in cui l’eccitazione di una molecola avviene attraverso l’assorbimento di un fotone e il seguente ritorno allo stato fondamentale procede per emissione di un fotone di energia inferiore. A seconda del cammino di diseccitazione si diversificano i fenomeni di fluorescenza e di fosforescenza [28].

(12)

1.2

Fluorescenza

[29]

1.2.1 Transizioni radiative e non-radiative tra stati elettronici

Una transizione elettronica consiste nella promozione di un elettrone da un orbitale occupato di una molecola nello stato fondamentale a quello non occupato in seguito all'assorbimento di un fotone. Si dice, quindi, che la molecola si trova in uno stato eccitato. A questo punto la molecola eccitata può tornare allo stato fondamentale tramite processi radiativi come fluorescenza o fosforescenza oppure attraverso processi non-radiativi come la cessione di calore all’ambiente circostante (conversione interna), trasferimento di carica intramolecolare e cambiamento conformazionale. Anche le interazioni tra una specie che si trova in uno stato eccitato con la stessa molecola (formazione di eccimeri, ossia di dimeri eccitati) o altre molecole nello stato fondamentale (formazione di ecciplessi) possono causare una modifica del cammino di diseccitazione. Tutte queste vie di diseccitazione possono competere, se avvengono su scale di tempo paragonabili con il tempo vita medio dello stato eccitato, con emissione di fluorescenza. Il diagramma di Perrin–Jablonski (Figura 1.2.1) è un modo semplice per poter visualizzare tutte le transizioni elettroniche possibili: assorbimento di fotoni, conversione interna, fluorescenza, conversione intersistema, fosforescenza, fluorescenza ritardata, transizioni tripletto–tripletto [28].

Figura 1.2.1 Diagramma di Perrin-Jablonsky.[28]

S0, S1 e S2 indicano i primi stati elettronici di singoletto con i relativi livelli vibrazionali, dove S0 viene riferito allo stato fondamentale e S1, S2 a quelli eccitati. T1, T2 indicano gli stati elettronici

(13)

di tripletto i quali, in accordo alla regola di Hund [29], si trovano ad energie inferiori rispetto agli stati di singoletto. A temperatura ambiente la maggior parte delle molecole si trova nello stato energetico vibronico più basso (S0) e in seguito all’assorbimento di un fotone possono portarsi ai livelli vibrazionali degli stati S1 e S2 in accordo al principio di Frank-Condon.

Gli stati eccitati sono caratterizzati da un tempo di vita abbastanza breve (da una decina di picosecondi a centinaia di nanosecondi) dopo il quale si ha la diseccitazione attraverso vari processi:

 La conversione interna (IC) è una transizione non radiativa tra due stati elettronici con la stessa molteplicità di spin. In soluzione questo processo è seguito da rilassamenti vibrazionali a causa di collisioni tra la molecola eccitata e le molecole di solvente circostanti o tra livelli vibrazionali dello stesso stato elettronico. La conversione interna avviene su una scala di tempo tra 10-13 s e 10-11 s.

 La conversione intersistema (ISC) è un’altra transizione non-radiativa tra due livelli vibrazionali isoenergetici appartenenti a stati elettronici a diversa molteplicità (S1Tn) e seguita da altri processi non-radiativi come IC e radiativi come fosforescenza. La transizione T1S0 avviene su una scala di tempo 10-7 s - 10-9 s ed è generalmente vietata dalle regole di selezione quantomeccaniche. Tuttavia, si ha sempre una debole interazione tra le funzioni d’onda che descrivono gli stati elettronici a diversa molteplicità attraverso l’accoppiamento spin-orbitale, in altre parole un accoppiamento tra il momento magnetico orbitale e il momento magnetico di spin. Come risultato, una funzione d’onda di singoletto (tripletto) contiene sempre una piccola frazione di una funzione d’onda di tripletto (singoletto). Tale sovrapposizione delle funzioni d’onda può essere abbastanza grande da rendere la transizione T1S0 possibile. La probabilità di conversione intersistema dipende dall’energia degli stati di singoletto e di tripletto in questione [28].

Di solito, in soluzione e/o a temperatura ambiente, la transizione T1S0 non è osservata, a causa di prevalenza dei fenomeni di rilassamento di tipo non-radiativo. Al contrario, a temperature basse e/o in fase condensata, se il tempo di vita dello stato di tripletto è abbastanza lungo (secondi o anche minuti) si può osservare l’emissione di fosforescenza, ovvero di radiazione luminosa a lunghezze d'onda superiori rispetto allo spettro di fluorescenza, in quanto lo stato T1 è a energia inferiore rispetto allo stato S1.

(14)

 La transizione S1S0 accompagnata dall’emissione di fotoni è chiamata fluorescenza. Le transizioni S0S1 e S1S0 solitamente sono le stesse per l'assorbimento e la fluorescenza. Tuttavia, lo spettro di fluorescenza si trova a lunghezze d'onda superiori (bassa energia) rispetto allo spettro d’assorbimento, a causa della perdita d’energia dello stato eccitato dovuta al rilassamento vibrazionale. A parte poche eccezioni, l’emissione di fluorescenza avviene dallo stato elettronico S1 e pertanto le sue caratteristiche (ad eccezione della polarizzazione) non dipendono dalla lunghezza d'onda dell’eccitazione, a condizione che solo una specie esista nello stato fondamentale. La differenza tra il massimo della prima banda di assorbimento e il massimo di emissione prende nome di “shift di Stokes” [28]

ed è caratteristica di ogni fluoroforo. Questo parametro può fornire informazioni importanti sugli stati eccitati: per esempio, quando il momento di dipolo di una molecola fluorescente è maggiore nello stato eccitato rispetto allo stato fondamentale, lo spostamento di Stokes aumenta con l’aumentare la polarità del solvente. L’assorbimento e l’emissione di un fotone sono processi che avvengono nella stessa scala di tempo (circa 10-15 s). Tuttavia, una molecola, a seconda del tipo e del mezzo, può rimanere nello stato eccitato per un certo periodo di tempo (da poche decine di picosecondi a qualche centinaia di nanosecondi) prima di emettere un fotone o rilasciare energia attraverso conversione interna e conversione intersistema.

1.2.2 Resa quantica [28]

Con la resa quantica di fluorescenza (ФF) si indica la frazione di molecole eccitate che ritornano allo stato fondamentale S0 attraverso l’emissione dei fotoni. In altre parole, è definita come il rapporto fra il numero di fotoni emessi e il numero di fotoni assorbiti.

(eq. 1.1)

Tale proporzionalità può essere influenzata dalla presenza di processi di diseccitazione che derivano da interazioni con altre molecole. La resa quantica di fluorescenza può anche essere influenzata senza alcun cambiamento nella vita media dello stato eccitato come ad esempio per la formazione di un complesso nello stato fondamentale non fluorescente.

(15)

La resa quantica è una caratteristica di grande importanza: più grande è il valore di essa, più facile è osservare un composto fluorescente. Molti parametri possono influenzare la resa quantica e quindi ridurre l’intensità dell’emissione luminosa. Ad esempio, la temperatura, il pH, la polarità, la viscosità, la concentrazione, la formazione di legami ad idrogeno, la presenza di “quenchers”, ovvero l’interazione con altre molecole sono spesso responsabili di processi di diseccitazione di tipo non radiativo.

Il “fading” è un termine generale per descrivere una riduzione dell'intensità di fluorescenza. Questo termine include i fenomeni di “quenching” e “photobleaching”, che si differenziano per la reversibilità del primo e l’irreversibilità del secondo.

Il “photobleaching” consiste nell’abbattimento irreversibile della fluorescenza prodotta da un’eccessiva intensità della luce incidente che promuove fenomeni di degradazione fotochimici del fluoroforo. L’entità di esso dipende da diversi fattori: ad esempio, l'intensità e la lunghezza d'onda della luce di eccitazione, la reattività chimica del fluoroforo e l'ambiente chimico circostante sono tra quelli più dominanti.

Il “quenching” consiste nella riduzione dell’intensità della fluorescenza, a causa di fattori esterni che possono essere di varia natura come ad esempio i fenomeni di aggregazione molecolare, la temperatura e le alte concentrazioni di ossigeno. Nella gran parte dei casi, il processo di “quenching” non è associato ad alcuna modifica chimica del fluoroforo in quanto la diminuzione di intensità di fluorescenza è prevalentemente legata ad una diminuzione del tempo di vita dello stato eccitato che a sua volta influisce sulla resa quantica del fluoroforo [31].

1.3

Natura dei composti fluorescenti

[8, 28]

La gran parte dei composti organici fluorescenti è costituita da sistemi aromatici. Solo alcuni composti alifatici altamente insaturi dimostrano proprietà fluorescenti. Generalmente, un aumento nel grado di coniugazione del sistema π-elettronico produce uno spostamento dell’assorbimento e dell’emissione a lunghezze d'onda maggiori (energia minore) e ad un aumento della resa quantica di fluorescenza.[28] Per esempio nella serie di idrocarburi aromatici lineari naftalene, antracene, tetracene e pentacene, la fluorescenza si sposta dall’ultravioletto al rosso.

(16)

Per gli idrocarburi aromatici le transizioni a più bassa energia sono di tipo  * le quali sono caratterizzate da alti coefficienti di estinzione molare (ε) e da rese quantiche di fluorescenza relativamente elevate [29].

La transizione di tipo n  * è presente a più bassa energia quando un eteroatomo è coinvolto nel sistema coniugato. Tali transizioni sono caratterizzate da minori coefficienti di estinzione molare (~102 volte) e tempi di vita media maggiori di circa 100 volte rispetto alle transizioni di tipo *, in accordo all'equazione di Strickler–Berg [28]. Il processo coinvolto risulta lento e non può competere con i processi non-radiativi che diventano dominanti. Tutto ciò spiega le basse rese quantiche di fluorescenza per molti azocomposti e per alcuni N-eterocicli.

L'effetto dei sostituenti sulle proprietà opto-elettroniche del cromoforo è abbastanza complesso e difficile da prevedere. Le caratteristiche ottiche dipendono sia dalla natura che dalla posizione di essi nella struttura molecolare. Per alcuni composti aromatici la transizione a più bassa energia è

 * e quindi sono caratterizzati da una resa quantica sufficientemente alta. Tuttavia, se una transizione n  * è solo leggermente superiore di energia rispetto alla transizione   * (Figura 1.3.1), la resa quantica di fluorescenza dipenderà fortemente dalla polarità del solvente (effetto di prossimità) [28]. Infatti, in alcuni solventi, l'energia dello stato corrispondente alla transizione n  * può diventare inferiore a quello di  *. Quando la polarità e la forza protica del solvente aumentano, lo stato che corrisponde alla transizione n  * si sposta a energia più alta mentre lo stato che corrisponde a transizione * si sposta verso energia più bassa. Di conseguenza si ha una fluorescenza intensa in solventi polari, mentre debole o assente in solventi non polari.

(17)

Figura 1.3.1 Effetto dell’inversione tra gli stati n * e *, a seconda dalla polarità del solvente [28].

Per esempio, nel caso di un eterociclo (come indolo o carbazolo), le transizioni che coinvolgono gli elettroni di non legame mostrano proprietà simili alle transizioni di tipo   * (resa quantica e coefficiente di estinzione molare elevati). Gli azareni, composti che contengono uno o più atomi di azoto eterociclici (piridina, chinolina, acridina), hanno transizioni n * a bassa energia, che spiegano la loro relativamente bassa resa quantica di fluorescenza in solventi idrocarburici. Inoltre, in solventi protici come alcoli, i legami a idrogeno possono essere formati fra gli atomi di azoto e le molecole del solvente. Questo si traduce in un'inversione delle transizioni n * e *. La transizione * diventa a più bassa energia e ciò comporta un incremento della resa quantica rispetto ai solventi idrocarburici. L’eccitazione causa una riduzione della densità elettronica sull'atomo di azoto e la sua capacità di formare legami a idrogeno è inferiore rispetto allo stato fondamentale. Lo stato fondamentale, quindi, risulta più stabilizzato dai legami ad idrogeno rispetto a quello eccitato. Ciò provoca uno spostamento batocromico del massimo di assorbimento passando da solventi non polari a solventi protici che formano forti legami a idrogeno con l’eteroatomo [28]

. Tali aspetti saranno approfonditi nel capitolo seguente.

(18)

1.4

Effetto del mezzo sull’assorbimento ed emissione dei coloranti

[28]

Grazie al lavoro pionieristico di Berthelot e Pean de Saint-Gilles nel 1862, si è scoperto che i solventi influenzano fortemente sia la velocità di reazione che la posizione degli equilibri chimici [30]. Una simile dipendenza da solvente è presente anche per le bande spettrali di specie singole, misurate mediante varie tecniche di spettrometria (UV–visible e IR, fluorescenza, NMR).

Altri esempi recenti che dimostrano la potente influenza dei solventi sulle bande spettrali di assorbimento sono [30]:

 per 2,6-difenil(2,4,6-trifenil-1-piridinio) fenolato di betaina, un colorante solvatocromico, la banda di assorbimento UV/vis/infrarosso corrispondente al trasferimento di carica si sposta da

max = 810 nm a max = 453 nm (Δ = 357 nm, Δν = 9730 cm-l) passando da difenil etere all'acqua come so1vente [31]. Ciò corrisponde a un cambiamento di energia di eccitazione di circa 28 kcal/mol indotta da solvente;

 nello spettro di fluorescenza del l-fenil-4-[(4-ciano-1-naftil) metilenil piperidina il massimo dell'emissione si sposta da max = 407 nm a max = 694 nm (Δ = 287 nm, Δν =10200 cm-l) passando da n-esano a acetonitrile come solvente [32].

Quindi, spostamenti delle bande di assorbimento e di emissione possono essere indotti da un cambiamento nella natura solvente o nella composizione della miscela di solventi; questi spostamenti, chiamati spostamenti solvatocromici, sono le prove sperimentali dei cambiamenti nell'energia di solvatazione delle molecole nello stato fondamentale e quello eccitato. L’entità di tale solvatazione dipende dalle forze intermolecolari tra soluto e molecole di solvente che lo circondano. Le forze intermolecolari includono (a) forze specifiche: (1) forze puramente elettrostatiche derivanti dall’equazione di Coulomb e sono forze fra cariche ioniche e molecole dipolari e (2) forze di polarizzazione che derivano dai momenti di dipolo indotto nelle molecole di ioni o molecole dipolari vicini; (b) forze aspecifiche, come legami a idrogeno e forze coppia elettronica donatore/accettore.

In altre parole, quando un soluto viene circondato da molecole di solvente, il suo stato fondamentale e il suo stato eccitato sono più o meno stabilizzati da interazioni soluto–solvente, a seconda della natura chimica di molecole, solvente e soluto. Le interazioni intermolecolari

(19)

quantitativamente [30]. In soluzione, le interazioni soluto/solvente sono dovute non solamente ai momenti di dipolo permanenti del soluto o solvente, ma anche dalla loro polarizzabilità. La Figura 1.4.1 mostra le quattro principali interazioni dielettriche (dipolo – dipolo, dipolo di soluto – polarizzabilità di solvente, polarizzabilità di soluto – dipolo di solvente e polarizzabilità – polarizzabilità) [33]:

Figura 1.4.1 Tipi di interazione soluto/solente.μM e μS indicano i momenti di dipolo del soluto e

del solvente, rispettivamente; αM e αS sono le polarizzabilità del soluto e del solvente,

rispettivamente. L’effetto Stark tratta le fluttuazioni della polarizzazione di un soluto in un mezzo polare [33].

Il termine 'polarità', in genere, include tutti i tipi possibili di interazione soluto–solvente (specifiche ed aspecifiche) [30, 31]. Di conseguenza, la polarità non dovrebbe essere caratterizzata da un singolo parametro, anche se spesso è associata alla costante dielettrica statica (quantità macroscopica) e/o al momento di dipolo

In casi più complessi andrebbero considerate le energie di solvatazione [28, 30, 33] con uso di varie scale empiriche di polarità del solvente [30, 34-36].

1.4.1 Solvatocromismo [37]

Come detto in precedenza, è già noto da tempo che gli spettri di assorbimento UV/vis/infrarosso di composti chimici possono essere influenzati dal mezzo circostante e che solventi possono portare un cambiamento nella posizione, nell’intensità e nella forma delle bande di assorbimento (o di emissione). Hantzsch [38-40] definì questo fenomeno col termine solvatocromismo [37] anche se al giorno d’oggi si parla di pericromismo (dal greco peri = mezzo) al fine di sottolineare che l’assorbimento e l’emissione dipendono non solo dalla polarità degli ambienti liquidi, ma anche da quelli solidi, superfici e sistemi polimerici (organici e inorganici) [31].

(20)

I composti sono chiamati solvatocromici, quando la posizione dei rispettivi massimi di assorbimento (e di emissione) dipende dalla polarità del solvente. Uno spostamento batocromico (verso lunghezze d’onda maggiori) e uno spostamento ipsocromico (verso lunghezze d’onda minori) con l'aumento della polarità del solvente riguardano, rispettivamente, solvatocromismo positivo e negativo.

In generale, le molecole di colorante con un grande cambiamento del loro momento di dipolo permanente durante l’eccitazione esibiscono un forte solvatocromismo. Se il momento di dipolo del soluto aumenta durante la transizione elettronica (μg < μe, i pedici g e e si riferiscono rispettivamente allo stato fondamentale e quello eccitato) si parla di solvatocromismo positivo. Nel caso di una diminuzione del momento di dipolo del soluto (μg > μe) si osserva un solvatocromismo negativo.

Figura 1.4.2 Rappresentazione schematica qualitativa degli effetti solventi sull’energia delle transizioni elettroniche di soluti dipolari in solventi polari [41] (a) solvatocromismo positivo: l'energia di transizione UVvisible si sposta a più bassa energia (lunghezza d'onda più lunga) con

l’aumento di polarità del solvente perché il momento di dipolo nello stato fondamentale è minore del momento di dipolo nello stato eccitato; (b) solvatocromismo negativo: l'energia di transizione UV-visibile si sposta a più alta energia (lunghezza d'onda più corta) con l’aumento di

polarità del solvente perché il momento di dipolo nello stato fondamentale è maggiore del momento di dipolo nello stato eccitato [41].

Ovviamente il solvatocromismo è dovuto alla solvatazione differente tra lo stato fondamentale e quello primo eccitato della molecola di cromoforo in seguito all’assorbimento del fotone. Nel caso in cui, con l'aumento di polarità del solvente per effetto di solvatazione, risulta meglio stabilizzato lo stato fondamentale della molecola rispetto allo stato eccitato, si ha

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eccitato rispetto a quello fondamentale, sempre all'aumentare della polarità del solvente, si parla di solvatocromismo positivo. In realtà gli spostamenti solvatocromici sono fenomeni estremamente complessi. Essi dipendono dalla struttura chimica e dalle proprietà fisiche del cromoforo e del solvente, coinvolgono molte e differenti forze intermolecolari soluto/solvente e sono influenzati da processi dinamici sia della molecola di soluto sia del solvente.

L’effetto più evidente si trova negli spettri di emissione, perché gli effetti di mezzo influenzano non solo l'energia dello stato eccitato ma governano anche quale stato ha la più bassa energia. In particolare, nel meccanismo di emissione, il solvatocromismo osservato non può essere separato dalle dinamiche della molecola eccitata e del solvente intorno ad essa. Possono esistere situazioni molto diverse: la molecola eccitata può rimanere immobilizzata in una certa posizione, o, nello scenario opposto, a causa della diffusione molecolare, essa può subire uno spostamento e di conseguenza si osserva una risposta mediata in una regione di pochi nanometri. D'altra parte, le molecole di solvente possono rimanere congelate nella loro distribuzione, determinata dalla situazione iniziale di equilibrio con la molecola nel suo stato fondamentale o, al contrario, possono parzialmente o completamente riorganizzarsi per ristabilire un nuovo equilibrio con la molecola nel suo stato eccitato. Tutte queste diverse situazioni influenzano fortemente l’emissione della molecola, non solo in termini di posizione e di forma della banda, ma anche in termini di incremento o “quenching” della fluorescenza [31]

.

Poiché il tempo necessario a una molecola per eccitarsi elettronicamente (circa 10-15 s) è molto più piccolo rispetto a quello necessario per i moti vibrazionali o rotazionali (circa 10-12 s - 10-10 s), i nuclei (cioè la molecola in questione e la sua sfera di solvatazione) non cambiano le loro posizioni durante una transizione elettronica (principio di Franck-Condon) [42].Di conseguenza, il primo stato eccitato di una molecola in soluzione ha lo stesso modello di solvatazione del corrispondente stato fondamentale. Se la vita media della molecola eccitata è sufficientemente lunga, allora può intervenire un riorientamento delle molecole di solvente. Come risultato si ristabilisce l’equilibrio tra lo stato eccitato e la sfera si solvatazione. Da questo stato eccitato “rilassato” dal solvente può verificarsi la fluorescenza. Per analogia, dopo l’emissione, lo stato fondamentale e la sfera di solvatazione ristabiliscono un nuovo equilibrio. La diversa solvatazione di questi due stati è responsabile degli spostamenti dei massimi di emissione [43].

(22)

A causa di tutti questi aspetti, una molecola sarà in grado di dimostrare solvatocromismo se presenta caratteristiche specifiche che rendono le interazioni intermolecolari estremamente sensibili anche ai piccoli cambiamenti dell'ambiente circostante. Ad esempio, molti sistemi molecolari che presentano queste caratteristiche sono soggetti a trasferimento di carica intramolecolare (ICT) [43].

1.4.2 Composti caratterizzati da trasferimento di carica intramolecolare (ICT) [28]

L'eccitazione di un fluoroforo induce il passaggio di un elettrone da un orbitale a un altro. Se l’orbitale occupato e quello non occupato della molecola nello stato fondamentale e quello eccitato, rispettivamente, sono separati nello spazio, la transizione elettronica è accompagnata da un cambiamento quasi istantaneo del momento di dipolo del fluoroforo.

Figura 1.4.3 Rappresentazione schematica di una molecola soggetta a ICT [28].

Il processo di eccitazione può essere razionalizzato in termini di un trasferimento di carica intramolecolare da una parte della molecola (la parte donatrice, es. -NH2, -NMe2,-CH3O) ad un'altra (la parte di accettore, es. >C=O, -CN) tramite ponti coniugati o aromatici, ed il cambiamento del momento di dipolo può essere molto grande (Figura 1.4.4 e Tabella 1.4.1).

NH O O N H2 CN N C H3 C H3 N (1) (2) (3)

Figura 1.4.4 Esempi di molecole soggette a ITC: 4-amminoftalimmide (1), 4,4’-dimetilamminobenzonitrile (DMABN) (2) [28]

e 9H-pirrolo-[1,2-a]-indolo (fluorazene, FPP) (3) [44].

(23)

Di conseguenza, lo stato di eccitazione raggiunto (stato eccitato di Franck–Condon, FC) non si trova in equilibrio con le molecole di solvente circostanti se questo ultimo è polare (vedasi capitolo 1.4.1). Se il mezzo è sufficientemente liquido, poco viscoso, le molecole di solvente ruotano durante la vita media dello stato eccitato fino a quando la sfera di solvatazione non riacquista l’equilibrio termodinamico con il fluoroforo. A questo punto si raggiunge uno stato di trasferimento (ICT) di carica intramolecolare. Un tale rilassamento soluto/solvente spiega il progressivo spostamento batocromico dello spettro di fluorescenza con l’aumentare della polarità del solvente. La velocità del rilassamento soluto/solvente dipende fortemente dalla viscosità del mezzo. Se la viscosità è tale da permettere la riorganizzazione delle molecole di solvente con un tempo paragonabile alla vita media dello stato eccitato del soluto, allora il primo fotone emesso corrisponderà a lunghezze d’onda più corte rispetto ai fotoni successivi. Di conseguenza si ha lo spostamento batocromico del massimo dell’emissione [28]

.

Tale fenomeno è stato osservato per la prima volta da Ware et al. nel 1971 [45] per la 4-amminoftalimmide (Figura 1.4.4 (1)) a -70 ˚C in n-propanolo, solvente sufficientemente viscoso per poter osservare il rilassamento su scala dei nanosecondi (Figura 1.4.5) [45]:

Figura 1.4.5 Spettro di fluorescenza risolto nel tempo della 4-amminoftalimmide a -70 ˚C in n-propanolo dopo 4 ns (A), 8 ns (B), 15 ns (C) e 23 ns (D) [45].

Lo spostamento del massimo della fluorescenza in funzione del tempo riflette la riorganizzazione delle molecole del n-propanolo attorno alle molecole eccitate della ftalimmide. Al contrario, a temperatura ambiente lo studio della fluorescenza risolto nel tempo porta a uno spettro singolo, che indica che il processo di rilassamento soluto/solvente avviene su scala di

(24)

Il rilassamento verso uno stato caratterizzato da ICT può essere accompagnato da un moto rotatorio dei due poli del cromoforo [46]. Ad esempio il 4,4’-dimetilamminobenzonitrile (Figura 1.4.4 (2)) appartiene alla famiglia di molecole, soggette a trasferimento di carica intramolecolare ruotato (“twisted intramolecular charge transfer”, TICT). Disciolto in solventi polari, il composto da origine a due bande di emissione. Secondo Lippert et al. [47] nello stato fondamentale la molecola è planare e la sua coniugazione tra la dimetilammina e l’anello aromatico è massima (Figura 1.4.6 e Figura 1.4.7).

Figura 1.4.6 Eccitazione e formazione dello stato TICT in una molecola di DMABN [46].

Figura 1.4.7 Diagramma di Perrin-Jablonski relativo a una molecola di DMABN [46].

Inizialmente lo stato eccitato di Frank-Condon (FC) rimane ancora planare, tuttavia, il rilassamento del solvente accompagnato dalla rotazione del gruppo dimetilammina causa la

(25)

trasferimento di carica intramolecolare ruotato (TICT). Tale stato si trova a energie più alte dello stato fondamentale, presenta una separazione di carica e risulta stabilizzato da solventi polari (Figura 1.4.8).

Figura 1.4.8 Spettro di emissione del DMABN in Esano e Tetraidrofurano [47].

Di conseguenza, in solventi polari, la molecola DMABN ha due bande di emissione: la prima è dovuta alla transizione dallo stato eccitato di Frank-Condon, la seconda deriva dal rilassamento dello stato TICT ed è associata a un’emissione a lunghezze d’onda maggiori poiché in questo stato la transizione S1S0 ha una differenza energetica minore (Figura 1.4.7).

Il gruppo di Yoshihara et al. ha dimostrato che anche una molecola planare con un ponte rigido come il fluorazene (Figura 1.4.4 (3)) puo avere due bande d’emissione nei solventi polari, simile al caso precedente del DMABN. La seconda banda di emissione in tale caso deriva dal trasferimento di carica intramolecolare planare (PICT), che avviene a lunghezze d’onda maggiori, senza la formazione di uno stato TICT [44] (Figura 1.4.9)

(26)

In n-esano, lo spettro di fluorescenza consiste di una sola banda di emissione dovuta alla transizione dallo stato eccitato di Frank-Condon (FC), mentre in acetonitrile appare una seconda banda a lunghezze d’onda maggiori dovuta al PICT [44]

.

In ogni caso, la transizione elettronica di tipo ICT è caratterizzata da un cambiamento del momento di dipolo della molecola (nello stato fondamentale e quello eccitato) come si può vedere dalla Tabella 1.4.1 [28, 44].

Tabella 1.4.1 Cambiamento del momento di dipolo dovuto al trasferimento di carica intramolecolare [28, 44] Molecola Momento di dipolo nello stato fondamentale μg, (D) Momento di dipolo nello stato eccitato μe, (D) Δμ, (D) 4-amminoftalimmide (1) 3,5 7 (FC) 3,5 DMABN (2) 5,5 10 (FC) 20 (TICT) 4,5 14,5 Fluorazene (3) 1,7 1(FC) 13(PICT) 0,7 11,3

Se una molecola soggetta a ICT, presenta anche siti attivi per formare legami a idrogeno, il processo di eccitazione indurrà ulteriori modifiche. In questi casi la risposta ottica diventa estremamente sensibile non solo ai cambiamenti della polarità del solvente ma anche alla sua capacità di formare legami a idrogeno [42].

1.5

Fluorofori in matrici polimeriche

I materiali polimerici intelligenti sono di grande interesse e l’impiego di fluorofori organici responsivi a sollecitazioni esterne ha reso possibile la preparazione d’indicatori ottici di natura plastica [48]. I polimeri maggiormente impiegati sono materiali incolori poiché sono costituiti da lunghe catene molecolari flessibili con uno scheletro a base di atomi uniti da legami σ. Questi sistemi possiedono orbitali di legame e di antilegame con una differenza energetica tale da assorbire radiazione elettromagnetica prevalentemente nel campo del vicino ultravioletto (250-350 nm) [49, 50]. Tuttavia, alcuni polimeri organici, caratterizzati da uno scheletro ad alta coniugazione (es. politiofeni, polipirroli, polianiline) in cui gli elettroni sono più mobili e

(27)

conferiscono al polimero proprietà emissive e di conducibilità elettrica modulabili, sono di grande interesse scientifico. Questi sistemi, noti come “metalli organici” [51]

, presentano sia una buona conducibilità elettrica sia delle proprietà emissive altamente modulabili che li rendono ottimi candidati per la produzione celle solari organiche e di diodi polimerici emettitori di luce (PLED) [52, 53]. Sfortunatamente questi materiali possiedono proprietà termo-meccaniche (modulo elastico alto e temperature di fusione troppo elevate) poco adatte per un utilizzo come materiali di largo consumo.

Si ricorre, quindi, all’aggiunta di un colorante organico fluorescente alla matrice polimerica al fine di ottenere materiali con proprietà caratteristiche dei termoplastici e buona responsività ottica.

Per realizzare tali materiali si differenziano due tipi di approcci:

 Legare il fluoroforo covalentemente alla matrice polimerica. Si procede in due modi diversi:

o Funzionalizzazione del monomero con un’unità di colorante prima della polimerizzazione creando così dei copolimeri con distribuzione “random” o a blocchi; o Inserimento del colorante direttamente su una catena polimerica preformata.

 Dispersione a livello molecolare delle molecole di colorante nella matrice polimerica.

La seconda metodologia risulta più conveniente in quanto non prevede la sintesi di una nuova struttura polimerica e permette di ottenere nuovi sistemi cromoforo/polimero in modo semplice e veloce. Le macromolecole rimangono inalterate strutturalmente e chimicamente e il sistema risulta essere solitamente bifasico, salvo che il colorante non sia disperso a livello molecolare [54].

La dispersione di un colorante in un polimero può essere realizzata in soluzione o nella massa del polimero fuso (o rammollito), usando un’apparecchiatura specifica in base alle caratteristiche chimico-fisiche della miscela. Nel caso di polimeri, la cui unità ripetente ha una buona compatibilità con la struttura di colorante (come può essere poli(metilmetacrilato), poli(stirene), poli(carbonato)), si possono adottare tecniche di “film casting” [55] che prevedono la miscelazione di polimero e colorante in un comune solvente e la successiva evaporazione dell’ultimo (Figura 1.5.1). In questo modo si ottiene una miscela sotto forma di film in cui il colorante risulta disperso a livello molecolare all’interno della fase amorfa della matrice polimerica.

(28)

Figura 1.5.1 Rappresentazione schematica della preparazione di un film polimero/colorante mediante “film casting” [54].

Le interazioni colorante/polimero in questi casi sono di tipo dipolo-dipolo o legame a idrogeno. Per ottenere delle miscele colorante-poliolefine (es. poli(etilene), poli(propilene) e loro copolimeri) è necessario ricorrere a tecniche di miscelazione meccanica per avere una buona dispersione tra i due componenti. Dato che questi polimeri sono completamente apolari non interagiscono in maniera efficace con il fluoroforo e possono presentare una separazione di fase durante la solubilizzazione e l’evaporazione del solvente [55]

.

Tali casi prevedono l’utilizzo di un estrusore (Figura 1.5.2) o di un miscelatore meccanico discontinuo: l’applicazione di alti sforzi di taglio al polimero fuso rende possibile la dispersione uniforme del colorante tra le catene polimeriche della matrice. Una volta terminata la fase di miscelazione, il rapido raffreddamento della miscela incrementa la viscosità del materiale limitando notevolmente la mobilità delle molecole di colorante che risultano essere quindi cineticamente bloccate all’interno del polimero a livello molecolare.

Figura 1.5.2 Rappresentazione schematicadel processo di estrusione dal fuso di una miscela polimero colorante [54].

(29)

Il controllo della dispersione di fase tra colorante e matrice polimerica è un problema fondamentale per questi materiali multicomponenti. L’interazione tra i componenti è promossa spesso da forze di tipo van der Waals.

Negli ultimi anni si registra un interesse crescente verso quei coloranti in grado di variare la loro risposta ottica in relazione allo stato in cui si trovano all’interno della matrice. Per esempio, coloranti detti “aggregacromici” [56]

, al di sopra di una certa concentrazione, formano assemblati supramolecolari le cui proprietà ottiche si differenziano da quelle delle rispettive molecole di cromoforo isolate. Questa peculiarità viene sempre più sfruttata per realizzare indicatori ottici sensibili a varie sollecitazioni esterne dato che l’energia associata allo stimolo è in grado di modificare lo stato di aggregazione del colorante all’interno della matrice, provocando così un immediato cambiamento di colore del materiale sia in assorbimento sia in emissione.

In molti casi l’aggregazione di molecole di colorante causa il “quenching” dell’emissione, limitando così il loro pratico utilizzo come indicatori ottici o sonde fluorescenti.

In pratica, aumentando la concentrazione, le molecole di colorante si trovano nelle immediate vicinanze una rispetto all’altra. Anelli aromatici dei fluorofori situati vicino, soprattutto se quelli presentano una forma planare “a disco” (Figura 1.5.3, sopra), diventano soggetti a una forte interazione di tipo – stacking, che promuove la formazione di aggregati con strutture ordinate o casuali. Gli stati eccitati degli aggregati spesso decadono tramite vie non radiative, attraverso un processo conosciuto come quenching dell'emissione luminosa indotto da aggregazione (“aggregation-caused quenching” - ACQ) [57].

(30)

Figura 1.5.3 Aggregazione (forma a dischi) delle molecole planari di pirene per via di forti interazioni – stacking, che comportano il quenching della fluorescenza (modalità “off” in stato aggregato); aggregazione (forma ad eliche) delle molecole non planari di esafenilsilolo

(HPS) con conseguente aumento dell’intensità di fluorescenza (modalità “on” in stato aggregato) dovuto alla limitata rotazione intramolecolare degli aggregati rispetto alle

molecole singole [58].

Sono pochi i casi in cui l’aggregazione dei fluorofori ha un carattere costruttivo nel processo di emissione luminosa (incremento della fluorescenza) [58]. Per esempio, è stato scoperto che molecole di silolo (Figura 1.5.3 sotto e Figura 1.5.4) non possiedono proprietà luminescenti in soluzione (molecole singole), ma diventano fortemente emissive nello stato aggregato (in forma di sospensione delle nanoparticelle in solventi o come film sottili allo stato solido). Tale fenomeno è chiamato emissione indotta da aggregazione (“aggregation-induced emission” - AIE) proprio perchè l’aggregazione delle molecole di silolo causa un incremento della emissione [59].

Figura 1.5.4 Struttura chimica dell’HPS (a sinistra) e le sue soluzioni in miscele acetonitrile– acqua con graduale aumento di frazione di acqua. Le fotografie scattate sotto illuminazione

(31)

Un’altra molecola che possiede un comportamento simile all’HPS è il tetrafeniletilene (TPE) [60]

. Un lavoro condotto presso il laboratorio di tirocinio [60] ha dimostrato che in soluzioni diluite il TPE non emette fluorescenza, tuttavia diventa altamente luminescente in soluzioni concentrate o in film polimerici sottili in seguito all'aggregazione. Al giorno di oggi sono noti pochi sistemi che esibiscono l’effetto AIE e questo studio, in particolare, permette di estendere la loro applicazione anche a sistemi polimerici e suggerisce svariate applicazioni. La molecola del TPE ha una forma “ad elica”, cosi come l’HPS. In buoni solventi e in soluzioni diluite gli anelli fenilici del TPE sono soggetti a dinamiche rotazionali intramolecolari attorno al doppio legame causando il “quenching” della luminescenza della molecola. Al contrario, nello stato aggregato (soluzioni concentrate o film polimerici), le rotazioni intramolecolari sono notevolmente limitate e di conseguenza si ha una forte emissione.

Ad esempio, il TPE in una miscela di diossano/acqua emette fluorescenza a 460 nm circa solo quando la libera rotazione attorno ai fenili risulta fortemente impedita a seguito dell’aggregazione dovuta all’aggiunta progressiva di acqua alla soluzione di diossano. L'aggiunta’ dell'acqua, che è un non solvente per il TPE, costringe le molecole del TPE ad aggregare, bloccando la rotazione dei gruppi fenilici e favorendo il processo radiativo (Figura 1.5.5):

Figura 1.5.5 Spettro di emissione del TPE (λecc = 360 nm) in miscela diossano/acqua con diverso contenuto dell’acqua (a sinistra) e le soluzioni sotto illuminazione di una lampada

UV (λecc = 360 nm, a destra) [60].

Un meccanismo simile è stato suggerito anche per l’emissione del TPE disperso in matrici polimeriche. Infatti, passando da un copolimero stirene/butadiene “random” a poli(stirene), in pratica passando da una matrice polimerica non vetrosa, ma altamente viscosa con una Tg

(32)

= -21 ° C, ad un polimero vetroso amorfo con Tg = 70 ° C, si verifica un incremento dell’intensità della fluorescenza (Figura 1.5.6):

Figura 1.5.6 Spettro di emissione dei film polimerici di SBR e PS contenenti lo 0,01% in peso di TPE [60].

In questo caso, la matrice vetrosa del PS blocca completamente la libera rotazione dei fenili del TPE indicendo la molecola a decadere per via radiativa emettendo una forte fluorescenza. Quindi, la fluorescenza delle molecole di TPE è fortemente dipendente dalle proprietà strutturali della matrice polimerica in cui sono contenuti e di conseguenza tale trasformazione molecole singole/aggregato può essere sfruttata nella preparazione dei materiali capaci di rispondere a diversi stimoli, variando la loro risposta ottica [60].

1.5.1 Materiali meccano- e termocromici

I materiali meccanocromici fluorescenti sono una sottoclasse di materiali intelligenti. Generalmente, il comportamento meccanofluorocromico può essere ottenuto attraverso il cambiamento strutturale di tipo chimico o fisico. Quest’ultimo si crede che sia più facilmente applicabile e che permetta di avere sia il maggiore controllo dinamico della variazione dell’emissione allo stato solido sia la reversibilità [61]

.

Il lavoro di Weder et al.è generalmente accettato come un lavoro pionieristico nel campo di composti organici meccanofluorocromici [62]. Il suo gruppo di ricerca ha studiato il comportamento dei coloranti (1) e (2) (derivati dalla sostituzione con gruppi ciano nella funzionalità oligomerica di para-fenil-vinile) dispersi nel polietilene lineare a bassa densità (LLDPE).

(33)

Essi hanno dimostrato che la deformazione (stiramento uniassiale) dei film polimerici con piccole aggiunte dei coloranti causa delle modifiche sostanziali negli spettri di emissione. Infatti, nella matrice polimerica le molecole del colorante formano delle strutture sovramolecolari (aggregati) al di sopra di una certa concentrazione caratterizzate da un’emissione differente rispetto alle corrispondenti molecole isolate (Figura 1.5.7). La deformazione fisica del materiale causa la dissociazione degli stessi e la successiva dispersione di molecole a livello molecolare nella matrice, osservando l’emissione tipica della molecola isolata.

Figura 1.5.7 Rappresentazione schematica della formazione degli aggregati di colorante in una matrice polimerica (a sinistra) e rappresentazione schematica della sua dispersione a

livello molecolare dovuta allo stiramento uniassiale (a destra) [48].

La deformazione uniassiale causa il cambiamento di colore della luminescenza dall'arancio al verde per la miscela LLDPE/(1) e dal verde al blu per la miscela LLDPE/(2) (Figura 1.5.8) [63]

:

Figura 1.5.8 Struttura chimica dei coloranti (1) e (2) derivati dalla sostituzione con gruppi ciano nella funzionalità oligomerica di para-fenil-vinile (sopra) e variazione nell’emissione

delle miscele (a) LLDPE/(1) e (b) LLDPE/(2) dovuto allo stiramento uniassiale a temperatura ambiente sotto irradiazione UV (sotto) [63].

(34)

I materiali termocromici sono un’altra sottoclasse di materiali intelligenti. L’incorporazione in una matrice polimerica delle molecole “termometri”, capaci di fornire una risposta ottica al riscaldamento, ha reso possibile lo sviluppo di indicatori di temperatura allo stato solido [64]

. Questi sistemi permettono di determinare facilmente la temperatura misurando le variazioni di assorbimento e/o emissione del sistema cromoforo/polimero. La risposta ottica del cromoforo è in funzione delle transizioni termiche della matrice polimerica in cui è disperso [65]. Ad esempio, miscele polimeriche termocromiche possono essere realizzate partendo da coloranti aggregacromici dispersi in matrici polimeriche semicristalline caratterizzate da valori di temperatura di transizione vetrosa (Tg) inferiori alla temperatura di esercizio [66]. A temperatura ambiente il colorante risulta disperso a livello molecolare, mentre alzando la temperatura si ha la separazione di fase tra polimero e colorante, dovuta alla formazione degli aggregati causata della superiore mobilità delle molecole del colorante in una matrice, che risulta meno viscosa a causa della temperatura elevata. Di conseguenza si ha una variazione di colore del composito da blu (440 nm, dispersione molecolare) a verde (500 nm, aggregati) (Figura 1.5.9):

Figura 1.5.9 Spettri di fluorescenza (ecc = 277 nm) di un film di poli(1,4-butilene succinato) contenente lo 0,05% in peso del bis(benzossazolil) stilbene e la sua successiva evoluzione di colore in funzione del tempo di riscaldamento a 65 °C. Inserto: tempo di riscaldamento (ore)

[66] .

La possibilità di modulare la fluorescenza di questi materiali attraverso la variazione dello stato di aggregazione delle molecole di colorante ha consentito la preparazione di film plastici cromogenici anche per applicazioni come plastiche intelligenti per il settore dell’imballaggio [66]

(35)

1.5.2 Fluorofori come indicatori ottici per il rilevamento di composti organici volatili (VOC)

Composti organici volatili (VOC) sono sostanze chimiche organiche che hanno un'elevata tensione di vapore in condizioni standard. Essa deriva da un basso punto di ebollizione, il che causa l’evaporazione o la sublimazione di un gran numero di molecole dalla forma liquida o solida del composto che possono riempire l’ambiente circostante.

I VOC sono numerosi, vari e onnipresenti. Essi includono composti chimici di provenienza naturale e antropogenica. Per esempio, la maggior parte dei profumi e odori rientrano nei VOC. I composti organici volatili hanno un ruolo importante anche nella comunicazione tra piantee nelle interazioni tra piante ed animali [67].

Alcuni VOC sono pericolosi per la salute umana o causano danni all'ambiente. VOC antropogenici sono regolati dalla legge, soprattutto in ambienti chiusi, dove si possono verificare concentrazioni più alte. I VOC pericolosi in genere non sono acutamente tossici, ma possono avere effetti sulla salute a lungo termine.

Lo sviluppo di sensori chimici è oggetto di continua ricerca, dato che le sostanze volatili pericolose potrebbero essere presenti sia in ambienti chiusi sia all’aperto [12]

. Di conseguenza, il rilevamento di composti organici volatili (VOC) tramite sensori semplici e a basso costo è di grande interesse scientifico e industriale. L’ostacolo più grande nel realizzare dispositivi a risposta ottica come indicatori di composti organici volatili sta nel creare un sistema che sia selettivo per composti d’interesse e sia sensibile anche alle basse concentrazioni, dando una risposta veloce, non ambigua e di facile interpretazione.

Nel corso degli anni, la tecnologia a film sottile è stata ampiamente impiegata nell’applicazione di “sistemi olfattivi artificiali” rendendo possibile la rilevazione di una vasta gamma di composti organici volatili (VOC) [68-71]. Il successo di questi film è in gran parte dovuto alla capacità dei composti volatili di diffondersi rapidamente dentro la matrice polimerica e interagire con il sensore, dando una risposta rapida ed affidabile. Un altro vantaggio è la possibilità di depositare tali film polimerici su una vasta varietà di superfici, ampliando le applicazioni possibili. A seconda della natura del sensore e della composizione del film sottile, la risposta può essere di natura elettrica od ottica. Una risposta elettrica è misurata come una variazione della corrente elettrica che si verifica durante l’esposizione ai vapori [72, 73], mentre una risposta ottica è spesso monitorata dal cambiamento nell'intensità di assorbimento (o emissione) alle lunghezze d'onda particolari [74, 75]. Inoltre, l’uso delle

(36)

permesso di sviluppare sistemi aventi caratteristiche quali risposte veloci, alta selettività, elevata sensibilità e reversibilità [76], capacità di monitoraggio continuato e facilità d'uso [74]. Una sostanza è chiamata vapocromica se cambia colore con l'esposizione a certi vapori [77], e di conseguenza, la rilevazione di analiti può verificarsi anche a occhio nudo. Inoltre, esiste il fenomeno della vapoluminescenza, che si riferisce ai cambiamenti nelle proprietà di fotoluminescenza nel corso dell'esposizione ai vapori.

Infatti, molecole fluorescenti, che cambiano la loro intensità di fluorescenza o lunghezze d'onda in risposta alla presenza di VOC, hanno attirato molta attenzione per lo sviluppo di chemosensori [78]. La maggior parte dei chemosensori per la rivelazione di vapori organici utilizzano specie organiche fluorescenti e si basano sul fenomeno di solvatocromismo nel quale la lunghezza d'onda di fluorescenza cambia a seconda della polarità dei vapori di solvente organico [79]. I composti per cui il fenomeno di vapocromismo e solvatocromismo si verifica più frequentemente appartengono indubbiamente ai composti organometallici ed a complessi di coordinazione. Recentemente, i complessi di metalli transizione, come platino (II) ed oro (I), hanno attirato particolare interesse in funzione di sonde fluorescenti per i VOC. Il loro funzionamento è dovuto alla variazione di emissione legata a sua volta a cambiamenti nelle interazioni chimiche e nella struttura cristallina dopo l’assorbimento dei vapori organici [80].

Figura 1.5.10 Complesso [Pt(tBu2bpy)(etiniltriarilborano)2 (tBu2bpy = 4,4′-di-tert-butil-2.2′-bipiridina) (a) e complesso dinucleare di Au(I) (b) che esibiscono

il fenomeno del vapocromismo [12].

Il complesso (a) (Figura 1.5.10) esibisce un comportamento insolito in quanto l’esposizione a diversi VOC induce uno spostamento dell’emissione, sia a lunghezze d’onda minori sia a lunghezze d'onda maggiori, rispetto alla emissione dovuta al trasferimento di carica metallo-legante (MLCT) avente massimo a 559 nm. Ad esempio, l’esposizione a vapori di n-esano, toluene o MeOH causa “quenching” della luminescenza, mentre l'esposizione a vapori di

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= 580 − 620 nm). Al contrario quando il complesso è esposto a vapori di CH2Cl2, CHCl3, CH3CN, acetone, THF o EtOH, il colore di emissione si sposta dal giallo al verde (λmax = 490 − 500 nm (Figura 1.5.11 e Figura 1.5.12)

Figura 1.5.11 Variazione dell’emissione del complesso (a) esposto a vari VOC [81].

Questo fenomeno può essere spiegato in termini dei solvatocromismo (Capitolo 1.4.1), in altre parole dalla dipendenza della natura dello stato eccitato emissivo dalla polarità del solvente. Il complesso (a) è caratterizzato da un grande momento di dipolo nello stato eccitato ed esibisce solvatocromismo negativo. I solventi di una certa polarità spostano lo stato MLCT energicamente sopra lo stato eccitato di Frank-Condon che è poi in gran parte insensibile all’ulteriore aumento della polarità: questo spiega perché solventi come diclorometano ed acetonitrile portano essenzialmente alla stessa emissione nel verde. Al contrario, solventi non polari diminuiscono l'energia dello stato MLCT, causando l’emissione a lunghezze d’onda maggiori (benzene, cicloesano) o nel caso estremo (n-esano) il “quenching”.

Figura 1.5.12. Rappresentazione schematica di cambiamento dello stato eccitato emissivo in seguito all’esposizione a diversi VOC [81].

Per molti composti di Pt(II) e Au(I) (ma non per tutti) il fenomeno del vapocromismo è dovuto ai cambiamenti nelle interazioni intermolecolari degli addotti (es. deboli interazioni metallo−metallo, π-stacking, legami a idrogeno e interazioni C−H−π) a seguito di

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vanadio, cobalto, nichel, rame e per complessi metallo-porfirina si osserva la formazione del legame VOC - centro metallico. Di conseguenza, si può individuare due differenti meccanismi con i quali i sensori vapocromici possono rispondere alla presenza di VOC:

 Composti appartenenti al primo tipo esibiscono cambiamenti strutturali, che portano ad alterazioni nelle interazioni intermolecolari;

 Composti appartenenti al secondo tipo formano legami diretti con VOC [12].

Kato et al. ha pubblicato un'intera serie di studi sui composti vapocromici a base di Pt (II). Per esempio, per il complesso [Pt(α-diimmina)(CN)2] (α-diimmina = 2,2′-bipridina, 1,10-phenantrolina, etc) (Figura 1.5.13): il vapocromismo è dovuto ai cambiamenti nell'interazione Pt(II)−Pt(II), causata da un cambiamento strutturale in risposta all'assorbimento di vapori. Essi hanno osservato che il massimo della banda di fotoluminescenza del complesso si spostava da 602 nm a 566 nm dopo l’esposizione ai vapori, pur mantenendo un’intensità di emissione simile [82].

Figura 1.5.13 Struttura chimica generica di un complesso [Pt(α-diimmina)(CN)2][82].

Il complesso [Pt(4,4′-H2dcbpy)(CN)2] -(4,4’H2dcbpy= 4,4'-dicarbossi-2.2'-bipiridina) (Figura 1.5.14) rappresenta una grande scoperta per i composti vapocromici a base di platino [82, 83]. Il colore di questo materiale dipende dal pH al quale esso è ricristallizzato e può adottare una gamma di colori dal bianco al giallo, rosso, blu e viola a seconda del polimorfo formato. Tutti i sui polimorfi dimostrano un comportamento vapocromico diverso. Nella Figura 1.5.14 è mostrato lo spostamento del massimo di fluorescenza in seguito all’esposizione a vari VOC per il polimorfo “viola”:

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Figura 1.5.14 Struttura chimica del [Pt(4,4′-H2dcbpy)(CN)2] (a sinistra) e la variazione della fotoluminescenza del polimorfo viola indotta da vari VOC [83].

In questo sistema, si ha una buona correlazione tra il massimo della banda di emissione e la costante dielettrica dei vapori a cui è esposto il materiale: solventi come il DMSO e la DMF causano lo spostamento ipsocromico delle emissioni più grandi, rispetto a solventi come il benzene e il cloroformio. Tale risposta è dovuta a una transizione di carica di tipo metallo-metallo-legante (MMLCT), per cui lo stato a più bassa energia si sposta verso energia ancora più bassa al crescere della forza di interazione metallo−metallo [83].

Un'alternativa ai composti vapocromici e solvatocromici come sonde fluorescenti per VOC, deriva dall’impiego dei fluorofori aggregacromici che interagendo con i VOC sono solvatati e danno una risposta ottica diversa. Nel caso dell’impiego dei coloranti caratterizzati da emissione indotta da aggregazione (AIE), la solvatazione comporta la disaggregazione e quindi il “quenching” della fluorescenza (Figura 1.5.15 e Figura 1.5.16) [84]

:

Figura 1.5.15 Struttura chimica dell’1-ciano-trans-1,2-(4’-metilbifenil)etilene (CN-MBE) (a) e del 4,4’-bis-((2-((4-(3,5 bitolil)fenil)fenil)-2-ciano)-trans-etenil)-transstilbene (BPPCES)

(b). Le foto mostrano le variazioni di colore della fluorescenza del CN-MBE (a) e del BPPCES (b) in assenza (a sinistra) e in presenza (a destra) di vapori di diclorometano,

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Figura 1.5.16 Variazione dell’emissione di fluorescenza per i coloranti CN-MBE (a) e BPPCES (b) esposti a un flusso di vapori di diclorometano (0,5 nl/min)

trasportati da azoto [84].

L’esposizione ai vapori induce un’interazione aggregato/vapori che porta ad una variazione del segnale di emissione (si ha “quenching” di fluorescenza in modalita “on”) più o meno marcata a seconda della struttura molecolare del colorante. Tra l’altro il fenomeno è completamente reversibile, e la risposta è riproducibile e rapida.

I complessi metallo-ftalocianina e metallo-porfirina [68] (Figura 1.5.17) sono stati studiati per la loro risposta ottica variabile a seconda della natura dei composti organici volatili presenti. Questo fenomeno è dovuto alla presenza di siti di coordinazione e l’interazione con i VOC causa colorazione intensa. Utilizzando i vari centri metallici, con diversa affinità ai leganti (= ai VOC), si ha una vasta gamma di indicatori ottici selettivi a certi vapori. Le porfirine mostrano un significativo effetto di solvatocromismo, anche con vapori che interagiscono debolmente (ad esempio, areni, idrocarburi o chetoni) visualizzando distinguibili effetti colorimetrici [85].

Figura 1.5.17. Strutture chimiche dei complessi di Zn con 5,10,15,20-tetrafenilporfrina (a sinistra) e ftalocianina (a destra) [85].

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