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Cagliari nel Trecento: politica, istituzioni, economia e società: dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365)

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

(XX ciclo), Università degli Studi di Sassari a.a. 2005-2006

F.S.E. A.D.MDLXII M.I.U.R.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

DIPARTIMENTO DI TEORIE E RICERCHE DEI SISTEMI CULTURALI

DOTTORATO EUROPEO DI RICERCA IN ANTROPOLOGIA, STORIA MEDIOEVALE, FILOLOGIA E LETTERATURE DEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE IN RELAZIONE ALLA SARDEGNA

CICLO XX

COORDINATORE: PROF. ALDO MARIA MORACE

Cagliari nel Trecento.

Politica, istituzioni, economia e società.

Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona

(1323-1365)

Dottorando: Tutors:

Sandro Petrucci Prof.ssa Pinuccia Franca Simbula

Prof. Giuseppe Meloni

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

(XX ciclo), Università degli Studi di Sassari a.a. 2005-2006

«È da gran tempo che i nostri "maggiori" ce l’han detto: l’oggetto della storia è, per natura, l’uomo. O, più esattamente, gli uomini. Meglio del singolare, modo grammaticale dell’astrazione, ad una scienza conviene il plurale, che è modo della diversità. Dietro i tratti concreti del paesaggio, dietro gli scritti che sembrano più freddi, dietro le istituzioni in apparenza più distaccate da coloro che le hanno create e le fanno vivere, sono gli uomini che la storia vuole afferrare. Colui che non si spinge fin qui non sarà mai altro, nel migliore dei casi, che un manovale dell’erudizione. Il bravo storico invece somiglia all’orco della fiaba. Egli sa che là dove fiuta carne umana, là è la sua preda».

MARC BLOCH1

A mio padre

1 ) M.BLOCH,

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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INTRODUZIONE

«[...] est enim civitas non quorumlibet animantium sed

rationabilium multitudo, legis unius civitatis devicta»

(Sant'Agostino) «Niente esiste senza le persone, niente dura senza le istituzioni»

(Jean Monnet)

Le origini e l'evoluzione delle città rappresentano alcuni tra i temi più ricorrenti e attraenti nella storiografia della Sardegna medioevale. La realtà cittadina, che si affermò con ritardo – dall'inizio del Duecento - rispetto ai fenomeni europei, e senza continuità con l'esperienza antica, fu l'esito della sempre più massiccia presenza dei gruppi mercantili e delle famiglie signorili pisani e genovesi nell'isola: pur presentandosi difficile individuare un modello uniforme di città, e nonostante in alcuni casi, come a Sassari, non mancasse il contributo dei ceti eminenti locali, si può affermare che i maggiori centri cittadini, nel loro sorgere e nel loro sviluppo, furono decisamente condizionati dai soggetti sociali cui si è fatto riferimento. Per questo sono stati considerati estranei ai caratteri evolutivi della Sardegna medioevale che ebbe nell'istituzione giudicale l'elemento originale. Le città, dunque, come isole nell'isola, enclave straniere in un contesto sardo dai caratteri istituzionali, sociali ed economici troppo lontani da quelli che avevano generato nel continente l'esperienza cittadina e comunale. Con esso i rapporti stabiliti dalle nuove città sarde sono stati variamente interpretati: letti secondo le teorie della dependecia economica da John Day2, visti come occasione di una promozione complessiva da Marco Tangheroni3.

Tra il Duecento e il Trecento, sia nella parte della Sardegna controllata direttamente o indirettamente dal Comune pisano, sia in quella dominata dai signori di origine ligure, nessun centro cittadino giunse ad essere un comune autonomo, rimase sempre dipendente da quelli continentali o dai poteri signorili e giudicali: al

2 ) J. DAY, La Sardegna sotto la dominazione pisano-genovese, in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, UTET,

Torino 1987. vol X; IDEM, Uomini e terre nella Sardegna coloniale, Torino 1987.

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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loro interno, accanto agli officiali scelti da quest'ultimi, si formarono magistrature in cui trovavano rappresentanza i gruppi commercianti, artigianali, professionali locali, settori di una società più articolata di quanto la documentazione rimasta – quasi sempre prodotta dalle grandi famiglie mercantili – o una sua frettolosa lettura possano far apparire.

La Sardegna non sfugge alla condizione documentaria riguardante la società tardo-medioevale, molto più nutrita per le realtà cittadine, centri di istituzioni civili e religiose che producono e conservano in archivi i propri atti, di mercati e di scambi locali, regionali ed internazionali, le cui attività sono registrate nei preziosi rogiti notarili, i quali a loro volta raccolgono una quantità di atti relativi ad un larghissimo spettro della vita delle società comunali, le quali, proprio grazie ad essi, possono essere conosciute nelle loro articolazioni ed evoluzioni4. Le città sono i luoghi eminenti della lotta politica, delle appartenenti alle partes, della conflittualità sociale ed economica, dell'elaborazione di ideologie che riflettono il potere comunale, quello delle famiglie o dei ceti che lo detengono, le quali trovano espressione nelle cronache, nei racconti, nelle prediche, negli epistolari5.

Il quadro delle fonti per le città sarde è molto diverso e assai più povero di quello generalmente a disposizione per una città europea, soprattutto a partire dal Trecento. È necessario ricordarlo per poter meglio cogliere gli obbiettivi che nella mia tesi - Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla

conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365) - ho cercato di

conseguire, le difficoltà incontrate e i limiti dei risultati.

Per il periodo precedentemente alla conquista aragonese, la documentazione riguardante le città può essere ricondotta a poche tipologie: le fonti statutarie, quelle normative prodotte dalle magistrature pisane e genovesi, gli atti notarili relativi ai

4 ) G. COSTAMAGNA, Problemi specifici della edizione dei registri notarili, in Fonti medioevali e problematica storiografica. Atti del

Congresso Internazionale tenuto in occasione del 90° Anniversario della fondazione dell’istituto Storico Italiano (1883 – 1973), Roma, 22-27 ottobre 1973, Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma 1976-1977, 2v, I, pp. 131-147.

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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commerci, rogati nelle due città marinare. Per il Trecento catalano-aragonese, da una parte, si riducono i registri notarili che documentano i commerci con l'isola, ma si aggiungono, per gli anni trenta-quaranta, alcuni libri di compagnie barcellonesi i cui fattori erano presenti a Cagliari; amplissima risulta, invece, la documentazione regia e degli officiali regi, con i registri di Cancilleria e quelli dell'amministrazione fiscale relativi ai drets reyals che non rientravano nel controllo della municipalità6.

Nel caso di Cagliari, va segnalata la mancanza dello statuto o breve dei castellani di epoca pisana, di cui si conoscono solo alcuni capitoli compresi nel Breve dei consoli porto dei primi anni del Trecento7. Inoltre, per Cagliari – come per le altre città sarde – non sono note cronache. In diverse passaggi della tesi è stata utilizzata una tarda Memoria de las cosas que han aconteçido en algunas partes del reino de

Çerdeña - conosciuta anche come “Cronaca sarda” – spesso confusa nei contenuti8,

ma che, a mio parere, sembra riflettere anche un punto di vista cittadino, oltre la memoria dei gruppi di origine pisana rimasti, con ruoli autorevoli, nell'isola passata all'Aragona. Per tutto il Trecento non si conserva alcun registro di notaio cagliaritano. La documentazione prodotta dalle magistrature municipali ancora conservatasi si riduce alle Ordinacions degli anni 1346-1347, e a poche pergamene. Anche i registri contabili cui si è fatto cenno appartengono solo alle compagnie barcellonesi; mancano quelli di mercanti cagliaritani. La sproporzione tra la documentazione prodotta dai sovrani e dall'amministrazione regia, da una parte, e quella locale, dall'altra, ha condotto la storiografia a sopravvalutare la progettualità proveniente dal centro della corte e a trascurare gli orientamenti, le spinte e le iniziative provenienti dall'isola., dai diversi soggetti (officiali, magistrature cittadine, mercanti, pobladors). Nelle pagine della tesi, in più occasioni, ricorre, da una parte, il richiamo alla

6 ) C.MANCA,

Fonti ed orientamenti per la storia economica della Sardegna aragonese, CEDAM, Padova 1967.

7 ) F. ARTIZZU, Gli ordinamenti pisani per il porto di Cagliari. Breve Portus Kallaretani, Il Centro di ricerca,

Roma 1979.

8 )

Memoria de las cosas que han aconteçido en algunas partes del reino de Çerdeña, a cura di P. Maninchedda,

Centro di Studi Filologici Sardi, Cagliari 2000. Era stata già pubblicata da E.PUTZULU,Una sconosciuta cronaca sarda del '400 (sec. XI-XV), in «Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo», 1956, fasc. 8-11, pp. 7-8; 2-8; 8; 3-6.

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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prudenza nel valutare gli atti regi da considerare piuttosto come l'esito di trattative, rapporti, discussioni di cui spesso non si ha neppure l'eco, dall'altra, cerca di far emergere, tra le pieghe del documento, indizi che possano invece rivelare quegli elementi.

Gli studi sulle città sarde appaiono ancora poco cospicui, se paragonati alle grandi tradizioni storiografiche proprie di altre realtà regionali italiane ed iberiche, ed inoltre mancano una riflessione metodologica e una riflessione più ampia che possa servire ad individuare nuove prospettive di ricerca su basi teoriche più solide. Infatti, mentre il saggio di Marco Tangheroni dedicato ad Iglesias presenta le caratteristiche di una storia cittadina complessiva, spiegabile anche con l'esperienza coltivata dall'autore studiando la sua Pisa medioevale9, i volumi dedicati ad Oristano e a Cagliari rispettivamente di Maria Grazia Mele e di Maria Bonaria Urban riguardano specificatamente gli aspetti urbanistici10. Per Sassari, Olbia-Terranova e Alghero si può fare riferimento agli atti di convegni svoltisi negli anni ottanta e novanta. Il primo è significativamente dedicato agli Statuti cittadini di origine duecentesca, cioè ad una fonte che permette di fornire il quadro istituzionale e anche a suggerire le articolazioni sociali e il potere municipale nelle sue dinamiche interne, ma in modo insufficiente11; qualche ulteriore elemento, in questo senso, è offerto dallo studio di Laura Galoppini che permette la conoscenza di una parte non marginale, ma ribelle ai catalani, della società della città logudorese12. I saggi raccolti negli atti dedicati ad Alghero13 e ad Olbia14 sono prevalentemente di storia politica ed economica, almeno

9 ) M.TANGHERONI,

La città dell'argento. Iglesias dalle origini alla fine del Medioevo, con un'appendice di C.

Giorgioni Mercuriali, Liguori, Napoli 1985.

10 ) M. G. URBAN, Cagliari aragonese. Topografia e insediamento, Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto sui

rapporti italo-iberici, Cagliari 2000; M. G. MELE, Oristano giudicate. Topografia e insediamento, Consiglio nazionale

delle ricerche-Istituto sui rapporti italo-iberici, Cagliari 1999.

11 )

Gli Statuti Sassaresi. Economia, società, istituzioni a Sassari nel Medioevo e nell'Età Moderna, Atti del

Convegno di Studi (Sassari, 12-14 maggio 1983), a cura di A. Mattone - M. Tangheroni, Edes, Cagliari 1986. Su Sassari, v. anche A.CASTELLACCIO,Sassari medioevale, Delfino, Sassari 1996, pp. 50-55.

12 ) L. GALOPPINI,

Ricchezza e potere nella Sassari aragonese, Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto sui

rapporti italo-iberici, Cagliari 1989.

13 )

Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo. Storia di una città e di una minoranza catalana in Italia (XIV-XX secolo). Atti del Convegno (Alghero, 30 ottobre-2 novembre 1985), a cura di A. Mattone- P. Sanna, Gallizzi, Sassari

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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per l'età medioevale. Infine, il recente volume di Corrado Zedda dedicato alle città della Gallura medievale15, riguarda centri definibili piuttosto come castelli e quasi-città16.

Non esiste ancora una monografia su Cagliari trecentesca, catalano-aragonese: essa conosce quasi esclusivamente studi sulle istituzioni e sui commerci esterni del sale e dei cereali, nei quali però la città e la sua società rimangono sullo sfondo17. Un'importante eccezione è rappresentata da un saggio di Ciro Manca, il cui titolo non riflette la complessità e la solidità dell'analisi attraverso cui lo storico sardo ricostruisce i diversi settori sociali ed economici del centro isolano per gli ultimi decenni del Trecento, quando la Sardegna e Cagliari erano entrati in un un'economia di guerra, a seguito della nuova ribellione del giudice d'Arborea18.

La mia tesi, invece, prende in considerazione il periodo che si svolge dalla conquista aragonese (1323) alla ricordata rivolta arborense (1365), decenni durante i quali Cagliari è ancora inserita nei traffici mediterranei, mantiene aperti i rapporti con l'entroterra sardo, presenta una società e un mondo mercantile al suo interno differenziato anche per “nazioni”. È una Cagliari vivace, mobile, in crescita quella che la documentazione mi ha presentato.

All'assenza di una storia di Cagliari hanno contribuito sia i limiti documentari cui si è detto, sia una storiografia che non si è posta le domande necessarie ad impostare un'analisi sociale. Per esempio, a proposito del pur sufficientemente studiato popolamento catalano del castello e della concessione dei privilegi regi che 1994.

14 )

Da Olbìa a Olbia Atti del Convegno internazionale (Olbia 1994), a cura di G. Meloni e P.F. Simbula, Sassari

1996.

15 ) C. ZEDDA,C., Le città della Gallura medioevale. Commercio, società, istituzioni, CUEC, Cagliari 2003. 16 ) Sul concetto storiografico di quasi-città, v. G.CHITTOLINI, “Quasi-città". Borghi e terre in area lombarda nel

tardo medioevo, in «Società e storia», XLVII (1990), pp. 3-26 (riedito col titolo Terre, borghi e città in Lombardia alla fine del Medioevo, in Metamorfosi di un borgo. Vigevano in età visconteo-sforzesca, a cura di G. Chittolini, Milano

1992, pp. 7-30; e in IDEM, Città, comunità e feudi negli stati dell'Italia centro-settentrionale (secoli XIV-XVI), Milano

1996, pp. 85-104).

17 ) C. MANCA, Aspetti dell'espansione economica catalano-aragonese nel Mediterraneo occidentale. Il

commercio internazionale del sale, Giuffré, Milano 1966; M. TANGHERONI, Aspetti del commercio dei cereali nei paesi

della Corona d'Aragona.I. La Sardegna, ETS, Pisa 1981.

18 ) C.MANCA,

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lo accompagnarono, appare evidente come quelle vicende non siano comprensibili senza tener conto dei livelli sociali dei pobladors e delle loro difficoltà finanziarie cui ho dedicato alcune pagine.

Con Cagliari nella tesi non s'intende solo il castello (il Castellum Castri dei pisani e il Castrum Callari dei catalani), ma il comunis Castelli Castri sotto Pisa, e l'universitas Castri Callari con l'Aragona, che comprendevano non solo il castello, ma anche le cosiddette appendici, i borghi sorti dalla metà del Duecento, a occidente (Stampace) e ad oriente (Villanova) del fortilizio, le quali, seppure non unite ad esso, costituivano urbanisticamente, fiscalmente e amministrativamente una stessa unità, insieme al porto che con la Corona iberica si sviluppò in un vero e proprio quartiere.

La mia tesi intende essere innanzitutto una storia cittadina intesa sia come storia del potere istituzionalizzato e storia sociale del potere19. Infatti, se le istituzioni sono state delineate nel loro complesso, sebbene non manchino questioni che nelle pagine della tesi sono state riviste e ridiscusse, la loro descrizione risulta piuttosto statica, dal momento che prescinde dai rapporti di potere e dai gruppi della società cagliaritana che lo detengono. Rispetto all'analisi sociale la storiografia generalmente ha insistito sul tema delle componenti etniche – catalani, pisani, sardi – descrivendone le relazioni, anche in questo caso spesso in modo schematico. Cagliari del Trecento catalano-aragonese viene così rappresentata: una città regia nel cui castello risiedono i catalano-aragonesi, titolari di cospicui privilegi di contenuto politico ed economico, che detengono esclusivamente il potere cittadino e le leve del mercato e dei commerci; mentre nel quartiere portuale vivono perlopiù iberici, le componenti pisane e sarde sono raccolte nelle appendici, in condizioni di subalternità

19 ) Il riferimento è esplicitamente a G. Tabacco, Storia delle istituzioni come storia del potere istituzionalizzato,

in Forme e struttura sociale in Italia nel Medioevo, Bologna 1977, pp. 33-40. Sullo sfondo vi sono i suggerimenti di G. ROSSETTI, Definizione dei ceti dirigenti e metodo della ricerca di storia familiare, in I ceti dirigenti in Toscana nell’età

precomunale, I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale (Atti del I Convegno, Firenze, 2 dicembre 1978),

Comitato di studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana, Pacini, Pisa 1981, pp. 73-74: «storia dell’esercizio del potere, non dal di fuori, continuando a descrivere un certo tipo di costituzione politica, ma dall’interno del tessuto sociale nella complessità dei suoi rapporti e delle sue modificazioni». Sulla storia delle istituzioni molti spunti metodologici mi sono venuti dalla lettura di M. ASCHERI, La storia istituzionale: un punto di vista italiano, in «Cuadernos de Historia del

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politica ed economica: soprattutto i sardi sarebbero relegati allo svolgimento di servizi di trasporti legati alle attività delle saline e del porto, alle attività agricole o artigianali di medio o basso livello. La storia politica di Cagliari sembrerebbe caratterizzata, inoltre, dallo scontro del potere cittadino – le cui competenze spesso risultano descritte in modo generico – da una parte, con l'officialità regia, e dall'altra, con i signori feudali, all'interno di un'interpretazione del feudalesimo indicato come uno dei principali fattori determinanti le difficoltà dell'economia isolana e anche cittadina, dal momento che la sua introduzione nella Sardegna aragonese avrebbe contribuito a spezzare quelle organiche relazioni tra il centro del mercato e l'entroterra agricolo che avevano reso il primo un importante punto di attrazione del commercio cerealicolo del Mediterraneo: un giudizio discusso nelle pagine della tesi, anche attraverso dati nuovi.

Rispetto a questo quadro delineato con maggiori o minori nuances e articolazioni interne nelle pagine della storiografia più avvertita, la mia tesi tenta una rivisitazione. Mi pare che ne sia risultata complessivamente una descrizione più mossa ed articolata.

Nell'organizzazione del lavoro, suddiviso in più parti e al loro interno in capitoli (di cui si dirà sinteticamente più avanti), mi sono mosso tra sincronia, definizione delle costanti, degli assetti istituzionali che, seppure non rigidi, conservano stabilità e caratteristiche proprie, e delle strutture economiche, e diacronia, attraverso la narrazione delle vicende politiche interne ed esterne e la descrizione della formazione e dell'evoluzione dei ceti politici e mercantili locali20.

20 ) Il riferimento è alla linguistica strutturale di Ferdinand de Saussure: la sincronia è compresenza acronica delle

relazioni strutturali che compongono la langue; la diacronia è la successione temporale degli stati del sistema linguistico. Solo la langue (sistema dei mezzi linguistici, superindividuale e trascendente, sincronia fuori dal tempo) è oggetto di scienza, mentre nel campo della diacronia non c'è vera conoscenza. Il cambiamento linguistico è infatti per Saussure la sostituzione di uno stato sincronico con un altro stato sincronico. Antoine Meillet, allievo di Saussure, nella sua opera storiografica, ha mostrato la relazione tra sincronia linguistica e organizzazione sociale, formulando una teoria del sistema linguistico che tenga conto della diacronia e del mutamento individuale. La teoria della lingua s'interseca in Meillet con la sociologia di Emile Durkheim, e si collega ai problemi della conoscenza storica, per esempio in Marc Bloch: vedi B. ARCANGELI, La storia come scienza sociale: letture di Marc Bloch, Guida, Napoli

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In considerazione delle problematiche documentarie esposte e degli obiettivi accennati ho cercato di servirmi di un'ampia gamma di fonti sia edite che inedite, talvolta sottoposte ad un'analisi esegetica che ne permettesse una più precisa utilizzazione. Per le prime, si possono ricordare la raccolta di privilegi, il Libro

verde21, le Ordinacions dei consellers22, alcuni registri dei Procesos contra los Arborea23, i documenti sul popolamento del castello pubblicati da Rafael Conde24, e

quelli relativi alle Corts di Cagliari del 135525, il libro del doganiere26; tra le seconde, i registri di Cancilleria e del Real patrimonio (quelli degli amministratori, delle dogane, del commercio dei cereali e del sale) dedicati alla Sardegna, i registri del

veguer in cui si trovano raccolte le pene pecuniarie, presenti nell'Archivo de la Corona de Aragón di Barcellona, le pergamene dell'Archivio Storico Comunale di

Cagliari27, i registri del governatore, oltre ad altri atti regi conservati nell'Archivio di Stato della stessa città28. La ricerca è stata svolta anche negli archivi barcellonesi dei Protocolli notarili, della municipalità e della cattedrale. Dal primo è stato possibile trarre pochi dati, ma talvolta significativi proprio perché appartenenti ad una tipologia diversa da quelle delle fonti più numerose; dal secondo, del resto già utilizzato nella storiografia catalana anche in riferimento alle relazioni con la Sardegna, è emerso qualche dato utile soprattutto per le vicende belliche degli anni trenta e cinquanta; nel interdisciplinare e metodologica che essi implicano.

21 ) R. DI TUCCI, Il libro verde della città di Cagliari, Società Editoriale Italiana, Cagliari 1925.

22 ) M. PINNA, Le ordinazioni dei Consiglieri di Cagliari, in «Archivio Storico Sardo», XVII (1929), pp. I-XXV,

1-272 (parzialmente riedito con il titolo Le ordinanze dei Consiglieri di Cagliari, in Cagliari capitale di un Regno, a cura di F. C. Casula, Editalia, Roma 1995, pp. 83-116); J.ARMANGUÉ I HERRERO, Le prime 'Ordinanze' di Castello di

Cagliari (1347), in «Insula. Quaderno di cultura sarda», 2 (2007), pp. 19-80. Anche in IDEM, Les primeres 'Ordinacions'

de Castell de Càller (1347), in Estudis de llengua i literatura catalanes. Miscel.lanea Joan Veny/6, Publications de

l'Abadia de Montserrat, Barcelona 2005, pp. 55-91.

23 )

Proceso contra los Arborea, vol. I, a cura di Joan Armangué i Herrero, Anna Cireddu Aste, Caterina Cuboni;

voll. II-III, a cura di S. Chirra, Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto sui Rapporti Italo-Iberici di Cagliari, Edizioni ETS, Pisa 2001, 2003.

24 ) R. CONDE Y DELGADO DE MOLINA, - A. M. ARAGÓ CABAÑAS,

Castell de Càller, Cagliari catalano-aragonese, Consiglio nazionale delle ricerche- Istituto sui rapporti italo-iberici, Cagliari 1984.

25 )

Il Parlamento di Pietro IV d'Aragona (1355), a cura di G. MELONI, Consiglio regionale della Sardegna,

Cagliari 1993 (Acta Curiarum Regni Sardiniae, vol. 2)

26 ) P. F. SIMBULA, Gli statuti del porto di Cagliari (secoli XIV-XVI), AM&D edizioni, Cagliari 2000. 27 ) S.LIPPI,

L’Archivio Comunale di Cagliari. Sezione antica, Muscas di P. Valdes,Cagliari 1897.

28 ) S. LIPPI,

Inventario del Regio Archivio di Stato di Cagliari, Deputazione di Storia Patria per la Sardegna,

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terzo è stato possibile esaminare una documentazione mercantile e contabile in particolare della famiglia Benet la quale ha conosciuto recenti studi. Altri libri contabili di compagnie barcellonesi editi (quello dei Mitjavila29) ed inediti (degli d'Olivella) sono stati oggetto di analisi nella direzione non di una storia esclusivamente economica, ma soprattutto di quella sociale: particolarmente utili, infatti, si sono dimostrati per descrivere la clientela dei mercanti catalani a Cagliari. Infatti da essa emerge un'articolazione di piccoli, medi, grandi operatori differenziati anche per “nazionalità” (catalani, pisani, sardi). Ricerche sono state condotte anche nell'Archivio di Stato di Pisa, di cui sono stati esaminati le raccolte di pergamene (i diplomatici) riconducibili ad archivi di famiglie mercantili, e i registri delle magistrature comunali. Pochi sono i documenti utili tratti dall'Archivio Arcivescovile della stessa città toscana.

Gli esiti della ricerca, della riflessione metodologica e dell'esposizione scritta riguardano, in primo luogo, l'identificazione delle caratteristiche di una città regia, sia nella sua “costituzione”, che nella sua evoluzione, vista attraverso i rapporti tra ceto dirigente e sovrano, grazie all'analisi delle ambasciate, quindi l'individuazione degli ambiti del potere municipale non solo sulla base della normativa raccolta delle ordinanze dei consellers (1346-1347), tra l'altro indagate in alcune contraddizioni interne rivelatrici di tensioni dentro la città e tra questa, i feudatari e gli officiali, ma anche esaminando casi particolari, come la politica annonaria.

Un altro esito, che credo possa essere considerato un capitolo inedito nella storiografia sarda, è relativo all'analisi dei ceti dominanti, in particolare attraverso lo strumento della prosopografia: un lavoro difficile per i limiti documentari già ricordati, reso possibile grazie all'utilizzazione di una notevole varietà di fonti. Questa analisi ha premesso la rivisitazione dei rapporto tra municipalità, officialià regia e feudalità. Le tensioni tra i diversi soggetti, infatti, sono ricondotte a particolari

29 ) J. MMADURELL Y MARIMÓN

, Contabilidad de una Compañia mercantil trecentista barcelonesa (1334-1342),

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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situazioni e presenze di personalità. Inoltre, dall'analisi è emerso che una parte significativa del ceto politico catalano di Cagliari risulta anche titolare di feudi piccoli e medi: quindi, oltre che tra città e feudo, si trattò di scontri infra-feudali, che ebbero come protagonista prevalentemente (ma non esclusivamente) i valenzani Carrós, detentori di ampi territori e di un castello all'interno della vegueria, l'area di competenza del veguer, il primo officiale regio in città. Anche le relazioni tra potere municipale ed officiali regi sono riviste attraverso un esame da cui si possono ricavare indizi per delinearne un'evoluzione: se nei primi anni le personalità poste a capo degli incarichi regi appartenevano a circuiti diversi da quelli del ceto dirigente locale, in seguito alcuni tra quest'ultimo entrarono nelle carriere dell'officialità, con risvolti nei rapporti tra i due ambiti di potere, probabilmente – è l'ipotesi avanzata – in direzione di una maggiore omogeneità decisionale. È stato possibile anche disegnare la formazione del ceto dirigente e mercantile catalano-cagliaritano all'interno della quale i primi anni cinquanta, contestualmente alle vicende belliche nell'isola e all'intervento personale del sovrano, costituirono un momento in cui esso conobbe una significativa crescita e ricomposizione.

L'articolazione sociale dei Cagliari emerge attraverso l'analisi delle appendici di Stampace e Villanova e dei ceti mercantili residenti a Cagliari, non solo quelli catalani, ma anche pisani, sardi, napoletani, ecc. La componente pisana e sarda, in particolare, si presenta vivace nel mercato cagliaritano, svolgendo la funzione – definita nella documentazione attraverso l'appellativo di botiguers (proprietari o gestori di botteghe) – di assorbimento dei prodotti importati dai catalani, in particolare quelli tessili, all'interno del mercato cittadino, almeno fino agli anni quaranta. Nei primi decenni di dominazione aragonese, infatti, sembrerebbe che gli operatori catalano-cagliaritanì, nel ruolo di bottegai e di rivenditori nel mercato locale, abbiano avuto una funzione più limitata, nonostante i privilegi che li favorivano ampiamente.

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La prima parte della tesi – La formazione di una città regia – presenta e confronta i modelli politico-istituzionali proposti per Cagliari dal momento della conquista fino ai privilegi degli anni 1327-1331, in cui si è cercato di mostrare come risultino strettamente collegati la definizione del mercato, i limiti dell'autonomia municipale, la condizione del popolamento catalano del castello, la gestione di esso da parte degli officiali e delle magistrature cittadine, e le condizioni economiche dei

pobladors. Quello che conduce alla “costituzione” cittadina dell'agosto 1327 non è un

processo lineare e dato una volta per tutte, ma il risultato di rapporti di forza in cui si riflettono i fattori sopra ricordati. In particolare, nella tesi si evidenzia come alla

city-building portarono il proprio contributo non solo la corte e i principali officiali, ma

anche i gruppi di pobladors e i loro rappresentanti. Già in queste pagine è ricordato il caso di alcuni burgenses – abitanti pisani del castello – che, passati al fronte aragonese durante le vicende belliche, furono destinatari di importanti privilegi e protagonisti del mercato cittadino.

Nella seconda parte – Catalani in mura pisane – ad una descrizione sintetica dell'urbanistica del castello tesa soprattutto a fornire le informazioni utili al lettore per orientarsi nella trattazione successiva, segue un'articolata ricostruzione delle fasi del popolamento del castello, al centro della quale si esamina il rapporto tra la progettualità del re e del governatore e la realtà sociale dei pobladors sulla base, soprattutto, di una straordinaria analisi compiuta allora dal console dei catalani favorevole ad una città in cui conservassero il proprio ruolo nel mercato gli operatori forestieri non sostituibili, almeno in quel momento, da quelli iberici. Attraverso l'esame e la comparazione di fonti in gran parte edite è stato possibile mostrare non solo la complessità del processo di popolamento, ma anche la notevole mobilità dei nuovi proprietari degli immobili già degli espulsi pisani, indizio di difficoltà e di una incerta formazione della società cagliaritana nei primi decenni successivi alla conquista aragonese.

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La terza parte - Le appendici – è dedicata ai borghi di Stampace e Villanova e all'area agricola degli Orti, oltre al quartiere portuale di Lapola, studiati finora in gran parte negli aspetti urbanistici: anche in questo caso l'attenzione è portata all'esame dei gruppi sociali.

La quarta parte – Caratteri ed aspetti della vita politico-istituzionale di

Cagliari catalano-aragonese - contiene un lungo esame dell'identità di una città regia

e dei limiti e delle prerogative del potere municipale che si conclude con la disamina del ceto politico. Del suo contenuto si è già detto, così come di quello presente nella quinta parte – I ceti mercantili – distinta al suo interno tra il capitolo dedicato ai catalano-cagliaritani e quello in cui sono presentati i gruppi non catalani residenti a Cagliari, nel castello e nelle appendici. La loro descrizione e la loro evoluzione sono messe in relazione anche agli andamenti commerciali inter-regionali ed internazionali di cui si offre un sintetico ma spesso inedito quadro.

L'ultima parte – Cagliari dalla guerra catalano-genovese alla guerra tra Aragona ed Arborea (1330-1365). Le vicende politiche - è dedicata alla storia delle

vicende politiche della città, tenendo in considerazione il contesto delle vicende politiche interne all'isola, e quindi i rapporti tra Corona aragonese e i diversi soggetti sardi (giudicali, cittadini, signorili), le vicende interne ed esterne del regno iberico (il conflitto con Genova, Maiorca, Castiglia), il ruolo svolto in essa dal centro isolano, le relazioni tra la città e i signori feudali, i rapporti tra il ceto dirigente, l'officialità regia e i gruppi mercantili catalani. L'obiettivo di questa parte risiede nell'osservare nell'evoluzione diacronica i caratteri della città regia e dei suoi ceti – politici e mercantili - esaminati nelle due parti precedenti. Nella descrizione puntuale delle vicende politiche di cui Cagliari fu protagonista, infatti, si può ulteriormente osservare come quelle che sono state indicate quali costanti della vita cittadina nella Sardegna catalano-aragonese, devono essere meglio contestualizzate. Nonostante la povertà documentaria, è stato possibile cogliere i mutamenti politici interni

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attraverso le nomine dei veguers che, pur compiute dal sovrano, rivelano anche le pressioni delle diverse forze convergenti su Cagliari: officiali, mercanti, feudatari. Le fonti a disposizione illustrano prevalentemente il rapporto tra sovrano e magistrati cittadini di volta in volta sempre aperto e influenzato dal contesto bellico, dalle iniziative di un'officialità che non va vista come mera esecutrice delle direttive regie, ma protagonista attiva e propositiva di riforme e dalla presenza o assenza di una feudalità vivace.

Nel primo capitolo di questa sesta parte – Cagliari negli anni della guerra con

Genova (1330-1335) – è descritto l'intreccio tra le vicende esterne – la guerra tra

Barcellona, le altre città catalane, la Corona e la città ligure – ed interne, il complesso scontro tra il governatore e i Carrós, in cui s'inserì un ceto dirigente schierato con il massimo officiale. La documentazione, seppure in modo limitato, ha permessodi far emergere le relazioni che i feudatari valenzani avevano stabilito con ambienti cittadini e mercantili. In questo contesto nel quale Cagliari svolge un ruolo di rilievo nella guerra sui mari di Sardegna, è illustrato un nuovo progetto che Alfonso IV concepisce per la città di Cagliari, probabilmente, come viene suggerito, su consiglio dell'attivo governatore: esso mostra bene come la “costituzione” cittadina e gli assetti stabiliti negli anni dei privilegi (1327-1331) non escludevano soluzioni nuove, anche alla luce delle difficoltà del popolamento e della necessità di una migliore integrazione tra la componente catalana e quelle sarda, oltre che della volontà di superare il conflitto tra la città e la realtà feudale. Il documento permette di far emergere sia le discussioni di allora sulle sorti di Cagliari, sia gli orientamenti di un ceto dirigente cittadino poco propenso a cedere posizioni acquisite, per rischiare condizioni istituzionali ed economiche forse più vantaggiose, ma conseguibili nel medio periodo.

Nel secondo capitolo di questa parte – Cagliari nei primi anni di Pietro il

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il sovrano ed individuato un orientamento in parte nuovo – seppure dichiaratamente in continuità con Alfonso IV – di Pietro IV il Cerimonioso, volto ad un maggior controllo della gestione delle entrate municipali da parte dell'officialità, ed è stata svolta l'analisi delle conseguenze anche negli assetti del potere cittadino dovute al crescente interesse delle maggiori compagnie e dei più attivi mercanti barcellonesi per le rendite sarde, che trovò la massima espressione nell'appalto degli anni 1344-1349 (interrotto nel 1347). Utilizzando una documentazione in parte già nota, servita in precedenza soprattutto per descrivere il quadro delle condizioni economiche e in particolare delle rendite regie dell'isola30, nelle pagine della tesi le convergenti le scelte del sovrano e degli ambienti mercantili catalani in merito all'amministrazione isolana sono osservate rispetto ai mutamenti che esse produssero all'interno della città, sia con la presenza di uomini legati a quegli ambienti nell'officialità che sovrintendeva alle principali strutture del mercato, sia con l'ingerenza degli

arredadors (appaltatori) in alcuni ambiti di fiscalità municipale e di politica

annonaria già di competenza delle magistrature cittadine.

Agli anni 1347-1355, che rappresentano una prima cesura nella storia della Sardegna aragonese, sono dedicati due capitoli: nel primo – Gli anni delle crisi

(1347-1355) - vengono ricostruite le complesse vicende politiche e militari dalla

rivolta arborense che si estende anche nel territorio cagliaritano, fino alle porte della città. Attraverso una documentazione sia pubblicata, come quella raccolta nei volumi dei Procesos, sia inedita, tra cui altri registri dello stesso fondo, viene offerta una narrazione in parte inedita, ed anche una nuova cronologia di alcuni episodi, che permette non solo l'interpretazione del fenomeno rivoltoso nel Cagliaritano – di cui sono indicati i caratteri -, ma anche di collocare nel tempo, e quindi di spiegare, le iniziative del ceto dirigente di Cagliari che vengono meglio precisate nel capitolo

30 ) C.MANCA,

Note sull’amministrazione della Sardegna aragonese nel secolo XIV. L’appalto dei diritti erariali (1344-1347), in «Studi di economia», 2 (1971), pp. 3-24 (anche in «Estudis d'Historia Medievals», V (1972) Estudis

dedicats a Ferran Soldevila, pp. 71-91, con il titolo Notes sobre l'administraciò de la Sardenya catalana en el seglke

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successivo - Cagliari tra guerre e rivolte (1347-1355) -, dove è stato evidenziato come il suo ruolo acquistasse una particolare rilevanza. A mio parere, infatti, il nuovo contesto politico e militare, tra anni quaranta e cinquanta, offrì le condizioni per il consolidamento del ceto dirigente catalano: alcuni esponenti ricoprono incarichi di primo piano nell'officialità regia e nelle ambasciate, condizionarono le scelte dei Bernat de Cabrera, comandante della spedizione del 1353, e finanziarono il sovrano durante la permanenza in città, e l'amministrazione in difficoltà negli anni successivi. L'ultimo capitolo – Cagliari e le riforme regie: il decennio 1355-1365 –

rappresenta una trattazione di un periodo piuttosto trascurato dalla storiografia, posto tra le due rivolte arborensi, volta a verificare l'applicazione e lo svolgimento delle decisioni prese da Pietro IV alle Corts di Cagliari (1355), precisate negli anni successivi proprio in relazione alla città sarda. Esse possono essere ricondotte ad un disegno riformatore la cui attuazione, sulla base dei dati offerti, appare non sempre lineare. La ratio del nuovo riformismo del Cerimonioso viene individuata nella distinzione dei tre gruppi protagonisti catalano-aragonesi - l'officialità, la feudalità e i

pobladors della città per i quali si definiscono reciproci confini, escludendo i

maggiori feudatari dai consigli cittadini e gli officiali dalla titolarità di feudi. Ne sarebbe dovuta uscire una situazione nuova rispetto ai decenni precedenti, quando, come si è accennato, si assistette ad una discreta compenetrazione tra i tre ambiti. Quel decennio, dunque, contiene novità impresse dalle scelte di Pietro IV, la cui evoluzione, però, fu interrotta dalla lunga guerra con l'Arborea.

Alcuni capitoli della tesi sono seguiti da appendici in cui ho elaborato dati documentari sulla base dei quali svolge la trattazione.

Sono stato introdotto alla storia medievale della Sardegna dall'amico e maestro Marco Tangheroni di cui, in questa occasione, desidero ricordare l'indimenticabile magistero. Ringrazio i professori Pinuccia Franca Simbula e Giuseppe Meloni per avermi consigliato in modo sempre puntuale negli anni di Dottorato. I colloqui con

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molti studiosi dell'Università di Sassari mi sono stati di aiuto: ricordo, tra gli altri, quelli con il professor Antonello Mattone e il dottor Alessandro Soddu.

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Prima Parte

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CAGLIARI ALL'INIZIO DEL TRECENTO

“[...] terra et castrum Castelli Castri repleta est Pisanis

civibus et burgensibus natis ex Pisanis, ita quod quasi unum corpus videtur cum civitate Pise”31 1. Il nuovo castellum e la sua evoluzione. Il castello di Cagliari (Castellum Castri) fu edificato tra il 1216 e il 121732: nell'ottobre di quest'ultimo era già è una

realtà definita, se allora il podestà di Pisa Ubaldo I, esponente di primo piano che da tempo ricopriva la carica cittadina e aveva iniziato una politica particolarmente attiva in Sardegna, soprattutto in Gallura e nel Cagliaritano, concedeva ad un tale Lotterio, entro le mura, un casalinum, un appezzamento di terra da edificare, la descrizione dei cui confini ricordava le già esistenti rughe dei Mercanti e dei Marinai, le più importanti del nuovo fortilizio, e la piazza comunale33.

Il racconto della cessione del colle su cui edificare il castello è in una lettera, dai toni drammatici, della giudicessa cagliaritana Benedetta al papa Onorio III34. La donna, infatti, si accusava di aver ceduto alle pressione del console pisano che era giunto nell'isola con un seguito armato - «cum multis sibi sequacibus

nobilibus, multis minis et terroribus, multisque adulationibus persuasionibus» -:

giurò, quindi fedeltà al Comune pisano che investiva delle su terre e cui donava oil colle su cui i isanoi avrebbero costruito il castello. In un secondo momento, fu il podestà Ubaldo I Visconti, «cum maximo exercitu», ad arrivare nell'isola calpestando ogni diretto della giudicessa e di suo marito Barisone II, giudice d'Arborea,

31 ) V.SALAVERT Y ROCA, Cerdeña y la expansion mediterranea de la Corona de Aragòn (1297-1314), Consejo

superior de investigaciones cientificas, Madrid 1956, 2v, II, doc. 335 (1309, febbraio fine), p. 418.

32 ) A. SOLMI,

Cagliari pisana. Lettura tenuta al circolo universitario di Cagliari il 28 febbraio 1904,

Tipo-Litografia Commerciale, Cagliari 1904; E. PUTZULU, Il problema delle origini del Castellum Castri de Kallari, in

«Archivio storico sardo», XXX (1976), pp. 91-144.

33 ) ASP,

diplomatico Primaziale 1217, ottobre 11, in B. FADDA, Le pergamene relative alla Sardegna nel Diplomatico della Primaziale dell'Archivio di Stato di Pisa, in «Archivio Storico Sardo» XLII (2002), doc. XVII:

«casalinum unum positum in Castro Novo Montis de Castro super Bagnaria edificato quod tenet caput in via publica

Ruga Mercatorum, aliud in alia Riga Marinariorum; latus in platea Comunis, alium in terra Peregrini Pullini et partim in casalino Bartholomei de Spina».

34 ) Su di lei, v. F. ARTIZZU, Benedetta di Massa, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia

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rivendicando le entrate del porto, facendo arrestare i maggiorenti locali, comportandosi come uno iudex: «tamquam sibi domnus terrae naturalis, et iudex», forse occupando la sede giudicale. Benedetta denunciava se stessa per essersi comportata con leggerezza nei confronti del pontefice e dei suoi diritti sul giudicato e quindi lo supplicava di dar vita ad una coalizione anti-pisana che unisse il giudice di Torres, i genovesi e alia gente extranea, e chiedeva di essere sciolta dal vincolo che la legava a Pisa e di inviare un legato che ripristinasse il suo dominio sul giudicato35. Fallirono i tentativi di Onorio III, tra il 1217 e il 1218, di costringere il podestà e il Comune di Pisa perché richiamassero l'esercito dall'isola e facessero demolire il nuovo fortilizio, di pacificare pisani e genovesi, attraverso la richiesta di cedere rispettivamente Castellum castri e Bonifacio in Corsica, centri strategici del controllo politico e militare nel Tirreno, tentativi però fallimentari36.

Il colle su cui fu edificato il nuovo castellum si trovava di fronte al golfo cagliaritano e al di sopra dell'area costiera in cui era sorta l'antica Caralis37, e in cui

allora vi erano diversi insediamenti con cui la nuova realtà insediativa pisana entrò in conflitto nei decenni seguenti, diventando il centro di una nuova riorganizzazione territoriale. Pisa venne scomunicata e Cagliari rafforzò il suo ruolo all'interno della strategia dei Visconti e dei gruppi nobiliari e mercantili pisani.

Quest'area, ad ovest, era chiusa dal vasto stagno di Santa Gilla intorno al quale si aprivano centri religiosi e insediamenti umani legati alle attività di pesca, di trasporto – lo stagno metteva in collegamento con l'interno, verso la strada che univa al Sigerro e al Sulcis, le regioni sud-occidentali, ricche di miniere di argento e piombo, oltre che all'Arborea, il giudicato centrale dell'isola – e presso cui da tempo

35 )

Codex Diplomaticus Sardiniae, a cura di P. Tola, Regio Tipografo, Torino 1861-1868, I, XXXV. Della lettera

si conosce solo l'anno, 1217.

36 ) D. SCANO, Codice diplomatico delle relazioni tra la Santa Sede e la Sardegna, I, Cagliari 1940

(Pubblicazioni della R. Deputazione di Storia patria per la Sardegna), I, doc. XXXVIII (1217, settembre 24). S. PETRUCCI,Re in Sardegna, a Pisa cittadini. Ricerche sui domini Sardinee pisani, Cappelli, Bologna 1988, pp. 30-31.

37 ) A.M.COLAVITTI,

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si era stabilita la sede giudicale di S. Igia o Santa Gilla38. Ad est, invece, l'area che poi convergerà sul nuovo catello era chiusa da una serie di alture che declinavano verso il mare. Qui si aprivano altri stagni da cui si ricavava sale. Entrambe le zone erano particolarmente favorevoli alle colture: terreni, vigne ed orti appartenevano ad alcune grosse ville ubicate soprattutto ad est; a partire dalle ville salinarie – Cepola, Pirri, Sanvitrano – i cui uomini furono destinati al servizio delle saline quindi Quartu e spostandosi verso est, Selargius Sestu.

Era quella attorno al colle da cui si dominava sia il golfo e quindi gli arrivi dal mare, sia l'entroterra, un territorio ricco di corsi d'acqua e di strade che collegavano il castello con le pianure del Campidano produttrici di grano destinato all'approvvigionamento del nuovo centro e ai commerci pisani.

Non è possibile indicare i tempi di costruzione delle mura, né delle altre strutture difensive: solo di due torri delle tre principali torri – di San Pancrazio e dell'Elefante (la terza è del Leone) – si conosce la data di edificazione: rispettivamente il 1305 e il 1307, cioè, come si vedrà, all'indomani del pieno controllo, da parte del Comune di Pisa, non solo sulla città, ma sull'intero giudicato di Cagliari, oltre a quello di Gallura, una volta sconfitti i figli di Ugolino di Donoratico e Nino Visconti e i loro seguaci39. Si trattò di un notevole impegno finanziario da parte degli officiali locali e dell'intera società cagliaritana, tanto che, nello stesso 1305, i castellani chiesero agli anziani pisani, la magistratura che annualmente li eleggeva, che durante il loro mandato venisse sospeso il capitolo del loro breve relativo all'acquisto di case e alla loro restaurazione, insieme alla loggia dal momento che il Comune di Cagliari, allora, era gravatum da molte spese, a causa dell'edificazione della torre («pro costructione turris porte Sancti Pancrasii») e del

38 ) Sulla sede giudicale e sull'area di Santa Gilla, v. i saggi in S. Igia. Capitale giudicale. «Contributi all'Incontro

di studio Storia, ambiente fisico e insediamenti umani nel territorio di S. Gilla (Cagliari)», 3-5 novembre 1983, ETS, Pisa 1986.

39 ) O.BANTI,

Operai architetti e attività edilizia del Comune di Pisa nelle epigrafi tra il XIII e il XIV secolo, in Sardegna, Mediteraneo e Atlantico tra Medioevo ed Età Moderna. Studi in onore di Alberto Boscolo, a cura di L.

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muro realizzato in quella parte del castello, cioè qualla rivolta all'interno. La torre di San Pancrazio rappresentò la struttura difensiva più rilevante della realtà castrense. Gli anziani pisani risposero positivamente alla richiesta di due castellani, liberandoli dal giuramento del ricordato capitolo che prevedeva l'acquisto, «ad opus Comunis

Castelli Castri», di due case – di Federico Viso e Vanni Polla (i cui eredi al momento

del popolamento catalano del castello erano tra i maggioro proprietari) – ubicate vicino alla loggia dello stesso Comune e farle riparare insieme alla stessa loggia40. L'organizzazione urbanistica interna al castello fu definita nei primi decenni, se non nei primi anni della sua esistenza. Come si è visto, la prima documentazione delle rughe (le strade) dei Mercanti e dei Marinai risale all'ottobre 1217. Al 1223 risale il primo ricordo della ruga dell'Elefante dove si trovava un appezzamento di terra con una una casa in legno41, del 1236 quello della ruga Comunale42.

Queste quattro principali vie furono la base di un sistema per quartiere (anche se il termine non mai documentato per il castello di Cagliari) rappresentato dalle quattro societates rugarum i cui capitani, presieduti da un priore, intervenivano, insieme ad altri officiali, nell'elezione degli anziani, la magistratura che rappresentava i gruppi mercantili e artigianali locali. Esse sono documentate solo all'inizio del Trecento, ma non è improbabile che già esistessero alla metà del Duecento, periodo cui risale il primo ricordo degli anziani cagliaritani.

Le quattro principali rughe erano collegate tra loro da traverse che prendevano il nome da enti ecclesiastici o da toponimi pisani presenti nel fortilizio sardo o da importanti mercanti ed uomini d'affari le cui abitazioni, evidentemente particolarmente prestigiose, vi erano ubicate. Tra le prime, la «Traversa domus

40 ) ASP,

Comune A, reg. 83 (1305, ottobre 2).

41 ) ASP,

Carte Lupi, Fonti l. I, p. 1202 (1223, febbraio 22).

42 ) ASP,

diplomatico Ospedali Diversi, 1236, dicembre 13: Benincasa magister lignarum vendette a Bettino del

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monasteri Sancti Zenoni»43 e la «Traversa Pontis Novi de Spina»44; tra le seconde la

traversa «domus de angulo heredum Martini de Canneto»45, quelle dei Gambacorta e

dei Bonconti, due tra le più emnenti famiglie mercantili pisane particolarmente attive a Cagliari46: tutte si trovavano in corrispondenza della ruga dei Mercanti. Le ultime due, insieme al cantone di ser Bacto, cioè Betto Caulini (un personaggio di primo piano nella vita economica e politica della città sarda, di cui, insieme ai suoi eredi, si parlerà per la scelta di sostenere l'Aragona durante la guerra di conquista dell'isola e all'indomani della prima pace con Pisa), e alla loggia del porto e la cattedrale di Santa Maria, erano i luoghi indicati dal Breve dei consoli del porto, per ché in essi venivano annunciate le nuove navi in arrivo a Cagliari. Tra le traverse dei Bonconti e dei Gambacorta si trovava la bottega o loggia dei mercanti secondo quanto suggerisce un capitolo del ricordato Breve - «E intendasi che la dita bottega u loghia sia tra le due

traverse» - il quale ordinava ai consoli del porto di procurarsi una loggia «in dela ruga delli mercatanti». Quella strada era il centro degli edifici e delle botteghe delle

principali compagnie mercantili pisane e delle loro attività47.

Al centro del castello, ubicata dalla parte delle mura orientali si apriva la

platea comunis in cui sorse la chiesa cattedrale di Santa Maria, documentata per la

prima volta nel 125448: nel 1312 vi fu trasferito l'antico pulpito della cattedrale pisana, risalente alla seconda metà del XII secolo: un gesto che sigillava lo stretto rapporto tra le due città e la dipendenza di quella sarda da quella toscana, relazione

43 ) ASP,

diplomatico Alliata, 1316, marzo 17; 1317, settembre 19, in Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa nel Medioevo, a cura diF.ARTIZZU, con Introduzione di A.BOSCOLO, CEDAM,

Padova 1961-1962, 2 v, I, n. 77; II, n. 23: «Actum in Castello Castri in apotheca ultra apothecarumTraverse domus

Monasterii Sancti Zenoni de Pisis que est in ruga Mercatorum».

44 ) ASP,

diplomatico Alliata, 1307, febbraio 1; 1309, aprile 26; 1316, aprile 1; 1317, maggio 14; diplomatico Cappelli, 1307, giugno 19; 1319, dicembre 14; diplomatico Roncioni, 1317, aprile 16, in Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa, cit. I, nn. 52, 58, 59; II, n. 18, 26, 28, 55: «Actum in Castello Castri in apotheca de medio apothecarum Traverse domus de angulo Pontis novi de Spina, que est in ruga Mercatorum».

45 ) ASP,

diplomatico Cappelli, 1314, maggio 3, in Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa, cit., I, n. 71: «Actum in Castello Castri ante apothecam superiorem apothecis Traverse domus de angulo heredum Martini de Canneto que est in ruga Mercatorum».

46 ) F.ARTIZZU, Gli ordinamenti pisani per il porto di Cagliari. Breve Portus Kallaretani, Il Centro di ricerca,

Roma 1979, p. 75: «Alla Traversa delli Bonconti e delli Gambacorta».

47 )

Ibidem.

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

(XX ciclo), Università degli Studi di Sassari a.a. 2005-2006

che era stata da poco ripristinata, dopo lo scontro con i Donoratico e i Visconti. Di quel legame era testimonianza anche l'iscrizione che accompagnò il pulpito: Castello

Castri concexit/Virgini matri direxit/Me templum istud invexit/Civitatis pisana49.

Nella cattedrale furono rogati atti notarili importanti come quelli con cui il giudice Chiano nominò i suoi eredi e ratificò l'alleanza con Genova, nel 1256; nello stesso anno nella chiesa si riunì il consilium maior durante il quale l'ambasciatore pisano prese decisioni importanti, o atti privati come quello che, rogato nel 1299, assunse un grande rilievo generale per il gran numero di mercanti che ne furono coinvolti: ventinove pisani che noleggiarono una nave di genovesi per caricarvi merci perlopiù di provenienza sarda da trasportare a Pisa50.

La curia del Comune sardo si teneva anche in abitazioni di privati: a metà del Duecento in quella di Giacomo Comaione - «un edificio importante e uno dei migliori della roccaforte»51 - che fu indicata come la casa del giudice Chiano all'interno del castello. Ancora nel 1305, quando era passata ai suoi eredi, era sede della curia52. Negli anni seguenti, probabilmente a seguito degli impegni che, come si è visto, lo stesso Breve dei castellani indicava, cioè di acquistare edifici e di riattarli come propria sede, la documentazione ricorda che la curia era «posita sub palacio in

domo morantur domini castellani»53.

Dalla metà del Duecento Cagliari conobbe un notevole sviluppo che significò la nascita di insediamenti ubicati immediatamente al di fuori delle mura del castello – che in epoca aragonese assunsero il temine di appendici – che in seguito vennero fortificati e nei quali si raccolse soprattutto una popolazione sarda,

49 ) D. SCANO, L'antico pulpito del Duomo di Pisa scolpito da Guglielmo di Innspruck, Cagliari 1905; R.

CORONEO, Fra il Pergamo di Guglielmo e la bottega di Jaume Cascalls. Arte in Sardegna nella prima metà del XIV

secolo, in «Medioevo. Saggi e rassegne», 20 (1995), pp. 390-398.

50 )

Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa, cit., I, n. 37.

51 ) A.BOSCOLO,

Chiano di Massa, Guglielmo Cepola, Genova e la caduta del giudicato di Cagliari (1254-1258), in IDEM, Sardegna, Pisa e Genova nel Medioevo, SASTE, Cuneo-Genova 1978, p. 61.

52 ) ASP,

diplomatico Alliata, 1305, maggio 21, in Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa, cit., I, n. 49.

53 ) ASP,

diplomatico Alliata, 1317, gennaio 25; 1317, febbraio 1; 1317, febbraio 5; 1317, febbraio 7; 1317,

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

(XX ciclo), Università degli Studi di Sassari a.a. 2005-2006

provenienti dalle ville più interne, ma ne quali anche i pisani ebbero proprietà (campi, orti, edifici). Seppure distinte urbanistiche dal castello e con abitanti che non godevano degli stessi vantaggi economici – soprattutto doganali – di quelli di origine pisana che risiedevano entro la roccaforte, quei borghi costituirono un'unica realtà cittadina – il comunis Castelli castri – dal punto di vista amministrativo e fiscale54. Nel 1258 Santa Gilla, la sede del giudicato di Cagliari, il cui titolare era alleato dei genovesi, fu assalita e distrutta dal Comune pisano alleato di quelle famiglie che da decenni erano state protagoniste di una politica matrimoniale nei diversi giudicati sardi, e nella lotta ai vertici del potere cittadino – i Visconti e i Gherardesca-Donoratico – e del giudice d'Arborea, Guglielmo di Capraia. Secondo alcune cronache, con la popolazione della distrutta Santa Gilla fu popolata un'altra villa ubicata ad ovest del castello, che venne chiamata Stampace, forse per la presenza di cimiteri, tra cui quelli ebraici nella sua area. Essa venne circondata da mura solo alla fine del Duecento, al di fuori delle quali, in direzione del porto, sorse un importante centro abitativo attorno al convento di san Francesco, dei frati minori55. A partire dagli anni ottanta dello stesso Duecento sono documentati Villanova e gli Orti: la prima, in cui si raccolsero sardi provenienti dal retroterra rurale, un quartiere ad oriente del castello; i secondi, un'area destinata alle coltivazioni orticole i cui prodotti conoscevano una crescente richiesta in relazione all'aumento della popolazione cittadina56. L'area portuale, invece, conobbe uno sviluppo limitato: non si trasformò in un vero e proprio quartiere, evoluzione verificatasi solo dopo la conquista aragonese; in epoca pisana gli edifici presenti, oltre a qualche chiesa, si riducevano a quelli indispensabili alle attività di carico e scarico delle merci sulle e dalle navi, al loro controllo e trasporto verso il castello, il centro del mercato.

54 ) E. PUTZULU, Un appalto pisano delle dogane di Cagliari in un documento del 1316, in «Cagliari

Economica», 12 (1954), pp. III-VII.

55 ) Su Stampace, v. i saggi raccolti nel volume Cagliari. Quartieri storici. Stampace, Silvana editrice, Cinisello

Balsamo (MI) 1995, e il successivo capitolo dedicato alle Appendici.

56 ) Su Stampace, v. i saggi raccolti nel volume Cagliari. Quartieri storici. Villanova, Silvana editrice, Cinisello

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