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E LA FINE DELLA GUERRA

2. Gli insediamenti Bonaria sorse sui luoghi in cui si trovava il campo

dell'esercito aragonese, di cui fu uno sviluppo. Esso, già prima della conclusione della pace, aveva conosciuto opere di fortificazione e un'iniziale organizzazione la cui preziosa descrizione è contenuta nella lettera del consigliere Guillem Oulomar al re, del maggio 1324, descrizione molto simile, seppure più sintetica, a quella che si può leggere nella Crònica di Pietro IV440. Al centro vi era un fortino in cui trovavano rifugio i catalani in occasione delle incursioni pisane o da cui uscivano per compiere attacchi. Esso era circondato da un muro in cui stazionavano i balestrieri, cinquecento cavalieri e altrettanti fanti. All'interno di quest'area si trovava la chiesa vittorina di San Saturno - «tan gran e tan bela com la Seu de Leyda e axi feta», osservava il mittente forse originario della città catalana di Lerida – e vi era stata innalzata una torre che guardava verso il mare, in cui si raccoglievano venti fanti, mentre più a sud era stata costruita una casa de banys per altri cento soldati. Il muro partiva dal mare in

440 ) Il sovrano ricordava che dopo la vittoria di Lutocisterna, l'infante fece innalzare due macchine belliche e

difendere con un vallo tutto l'accampamento, includendo al suo interno la chiesa di San Saturnino: MELONI, L'Italia

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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direzione del monte – probabilmente Monte Urpino o Montfort – dove si trovavano

los ginys, le macchine belliche - lì «aytant segurs con si eren en un castel» -, mentre

tra il mare e lo stagno era stata edificata «la pus bela terga de fusta», in cui si trovavano due taride catturate a pisani e genovesi. Da quella stessa parte si estendevano due fossati, uno avanti all'altro, per i quali scorreva «l.ayga de la mar a

l.estany». Intorno all'accampamento erano state erette verdesche «axi com torres», in

cui si trovavano dieci nobile cavalieri, «homens de paratge», e trecento fanti. Commentava lo scrivente: «totes aquestes coses ara com son acabades son una

gloria de veer e son lo nostre salvament e gran dolor e destrenyment del castel» di

Cagliari441. Nonostante l'entusiasmo di chi scriveva, la descrizione rivela una certa provvisorietà delle strutture militari, ma anche una prima significativa base costruttiva, grazie alla quale, nei mesi successivi al giugno 1324 e negli anni 1325 e 1326, nel quadro del più ampio progetto alfonsiano, quelle «obres que maraveyla es

de veer», come si esprimeva il citato testimone, avrebbero conosciuto ulteriori

crescita e consolidamento.

Sulle vicende urbanistiche ed insediative di Bonaria le notizie non sono molte, ma, comunque, sufficienti sia a fornire un quadro generale delle strutture del nuovo centro, sia a individuarne caratteristiche e tendenze. Con Bonayre s'ndicava una realtà insediativa composta da più centri: la documentazione parla di castrum e villa - due centri distinti forse in analogia al castello e alle appendici di Cagliari - e di pobla, insediamenti concentrati che si svilupparono sia verso il mare, che verso la villa di Quartu e Monte Urpino. La realizzazione dell'insediamento castrense e portuale fu sicuramente voluta e diretta dall'infante, anche nelle sue linee operative, fin dalla lettera del 19 giugno del 1324. Va tenuto presente però che l'impressione di una forte progettualità della Corona – e in particolare di Alfonso – negli sviluppi di Bonaria dipende dalla quasi esclusiva documentazione regia a disposizione, dalla quale è

441 ) ACA, Cancilleria, Cartas reales Jaume II, c. 4.230 (1324, maggio 27), parzialmente trascritta in TODDE, Castell de

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possibile, però, cogliere anche indizi di iniziative locali da parte degli officiali, dei

pobladors e dei magistrati del nuovo castrum. Per esempio – come si vedrà -, furono

gli officiali, gli stipendiarii (i comandanti dell'esercito e i soldati) e i mercanti a stabilire, di comune accordo, il finanziamento per la realizzazione di un fossato che difendesse la villa che stava crescendo fuori del castello, uno sviluppo insediativo forse sottovalutato da Alfonso, che, nella nella più volte citata lettera al padre, aveva parlato solo dell' optimum castrum da edificare.

Inoltre, un ruolo nelle attività costruttorie ebbe l'ammiraglio Francesc Carrós, personaggio di primissimo piano nelle vicende belliche e politiche di quegli anni, stimato dalla popolazione marinara: a lui fu dedicata la porta del castello di Bonaria442. Muntaner, che addirittura gli attribuisce l'inizio dell'edificazione del nuovo centro, racconta che il nobile valenzano si servì di prigionieri pisani per la costruzione del fossato443. Ad assumersi la direzione della costruzione della curia regia fu, invece, l'amministratore Arnau ça Cassà, maiorchino e legato all'ammiraglio, investendo nell'operazione una considerevole somma444. Il gruppo di oltre cento

alberchs edificati sul monte di Monfort furono voluti dai probi homines di Bonaria.

Anche i pobla verso il mare o la villa di Quartu appaiono più che attuazione di precedenti direttive dal centro, realizzazioni di progetti pensati localmente, su cui, in un secondo momento, intervennero, per approvare o correggere, il re e l'infante. Infine, dopo il passaggio definitivo di Cagliari alle autorità aragonesi, alcuni

pobladors si indirizzarono spontaneamente verso Bagnaria, il porto cagliaritano,

nonostante le intenzioni della corte che voleva piuttosto rafforzare Bonaria. Quest'ultima, insieme di castrum, villa e più pobla, fu, dunque, sia l'esito di iniziative

442 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. IX (1325, luglio 10): «porta que

dicitur del almiral». MELONI, L'Italia medioevale nella Cronaca di Pietro IV d'Aragona, cit., p. 56: «la porta qui.s deya

de l'Almirall».

443 ) MUNTANER, Cronica, cit., cap. CCLXXXV. 444 ) ACA,

Cancilleria, reg. 403, ff. 123r, 146v-147r (1327, agosto 1); ibidem, reg. 509, f. 103r (1330, gennaio 5).

Vi investì 1.931 l., 18 s., 3 d., ma la struttura fu riscattata dalla corte e concessa agli ebrei di Cagliari e Bonaria, mentre il legame di cui si era servito ça Cassà fu concesso all'arcivescovo di Cagliari. V. TASCA, Gli ebrei in Sardegna nel XIV

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locali che di interventi dall'alto, in continui confronti e verifiche tra l'isola e la corte445.

L'urbanistica e l'architettura di Bonaria rifletterono modelli e stilemi propri della Catalogna da cui provenivano le maestranze. Era originario di Illa de Vall, nel Rossiglione, Guillelm de Cornaboix nominato a vita maestro d'opera del nuovo castello446: sovrintese i lavori delle mura durante l'assedio e dei muros di Bonaria447. Catalano era anche Guillem Rovira, operaio della torre de l'esperò di Bonaria448. Tra i nuovi pobladors che manifestarono l'intenzione di recarsi nel nuovo centro catalano, negli anni 1326-1327, si trovano carpentieri, fabbri, pittori, attratti anche dagli impieghi collegati ai lavori di costruzione del castrum. Tra di loro, vi era Guillem, «magister opere ecclesie», di Tarragona al quale, nel giugno 1326, Alfonso concesse

445 ) Gli studi più recenti – M. R. CONTU, M.R.,

Bonaria, roccaforte catalano-aragonese: quale natura giuridica?,

in «Quaderni Bolotanesi», 12 (1986), pp. 139-148; M. B. URBAN, Da Bonaria a Castel di Cagliari: programma politico

e scelte urbanistiche nel primo periodo del Regno di Sardegna catalano-aragonese, in «Medioevo. Saggi e Rassegne»,

22 (1997), pp. 93-148; EADEM, Nuovi elementi di storia urbana nel Regno di Sardegna: dalla fondazione di Bonaria al

popolamento catalano di Castel di Cagliari, in «Anuario de estudios Medievale», 27/2 (1997), pp. 819-867; EADEM,

Cagliari aragonese, cit., p. 26 - hanno insistito soprattutto sul carattere di progettualità alfonsiana di Bonaria,

trascurando le iniziative dei soggetti forze locali e lo sviluppo spontaneo dell'insediamento, e sulla sua funzione temporanea di opposizione a Cagliari, rispetto all'idea di un nuovo e definitivo centro urbano dei catalani. Sul secondo punto, se è difficile interpretare le reali intenzioni del re e dell'infante, probabilmente, però, lo svolgimento successivo degli eventi ha condizionato quella lettura. Sul primo, invece, mi pare, come osservato nel testo, che si sia poco tenuto presente che quell'interpretazione derivi molto dalla documentazione a disposizione, in gran parte proveniente dalla corte. Attraverso un suo più attento esame, quella lettura va almeno sfumata, se non modificata, dal momento che le iniziative spontanee o guidate dalle autorità locali appaiono evidenti. Su Bonaria, vi vedano anche M. M. COSTA I

PARETAS,El Santuari de Santa Maria de Bonaire a la ciutat de Càller, Cagliari 1973; R. PORRÀ,La Madonna di Bonaria. Protettrice dei naviganti, in Traffici, naufragi e miracoli. Testimonianze di terra e di mare. Catalogo della

Mostra (Villanovaforru, 9 dicembre 1989 – 14 ottobre 1990), STEF, Cagliari 1990, s. p.; E. PUTZULU,Castell de Bonaire. La primera comunitad catalana en Cerdeña, in «San Jorge, 46 (1962), pp. 34-39; IDEM, La prima introduzione

del municipio di tipo barcellonese in Sardegna. Lo statuto del castello di Bonaria, in Studi storici e giuridici in onore di Antonio Era, CEDAM, Padova 1963, pp. 323-334; R. SERRA,Il santuario di Bonaria in Cagliari e gli inizi del gotico- catalano in Sardegna, in «Studi Sardi», XIV/XV, II, Storia (1958), pp. 333-354; G. SPIGA,G.–F.SEGNI PULVIRENTI,

Castell de Bonaire e la politica edilizia di Alfonso il Benigno, in El poder real en la Corona de Aragón (siglos XIV- XVI). Atti del XV Congreso de Historia de la Corona de Aragón (Jaca, 20-25 settembre 1993), Deputacion General de

Aragón, Jaca 1996, I, V, pp. 475-489; IIDEM,Castell de Bonaire prima capitale del regnum Sardiniae et Corsicae, in La

Sardegna e la presenza catalana nel Mediterraneo. Atti del VI Congresso dell’Associazione Italiana di studi Catalani

(Cagliari, 11-15 ottobre 1995), CUEC, Cagliari 1998, I, pp. 419-425; G. TODDE, Castel de Bonayre: il primo

insediamento catalano-aragonese in Sardegna, in La società mediterranea all’epoca del Vespro, Atti dell’XI Congresso

di Storia della Corona d’Aragona, (Palermo-Trapani-Erice 25-30 aprile 1982), Accademia di Scienze, Lettere e Arti, Palermo 1984, 4v, IV, pp. 335-346;

446 ) COSTA, El Santuari de Santa Maria de Bonaire, cit., p. 13, la quale suppone si fosse dedicato anche anche

alla costruzione della chiesa di santa Maria di Bonaria.

447 ) ACA,

Cancilleria, reg. 401, f. 30v (1326, maggio 26): il re ordinò ai riformatori Bernat de Boixadors e Felip

de Poyl di pagarlo per quei lavori.

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un patium per costruirvi un'abitazione449: il suo trasferimento va probabilmente messo in relazione, più che con l'edificazione di Santa Maria, con il nuovo edificio religioso che i probi homines di Bonaria volevano far costruire.

A metà del 1324 gli edifici esistenti erano ancora rudimentali: nella citata concessione di Alfonso, del 1° luglio, venivano ricordate domos (in catalano, cases), edifici modesti rispetto agli alberchs (hospicia) documentati successivamente, baracche, grotte (covas). La zona ad oriente di Cagliari, verso il mare, era infatti caratterizzata da grotte, probabilmente risalenti all'epoca romana e utilizzate come sepolcri450. Il toponimo de grottis (gruttis) era collegato al porto costruito dai pisani nel XII e conteso ai genovesi, e alla chiesa di Santa Maria «de portu de grottis», forse da identificare con quella vittorina chiamata «de portu salis», ubicata vicino al caricatoio del sale e risalente all'XI secolo; passò ai francescano nel 1230 che la tenevano ancora nel 1263451. Quelle grotte attrassero l'interesse dei pobladors catalani, come dimostrano sia la ricordata concessione di Alfonso, che la protesta del già menzionato magister Guillem contro l'alienazione, voluta dall'ammiraglio Francesc Carrós, dei suoi beni, tra cui un patium terre – forse quello concesso dall'infante -, una casa e una cova, una volta che era partito da Bonaria452.

Prima dell'annunzio della costruzione del castrum sul luogo da cui aveva condotto l'assedio, Alfonso espresse l'intenzione di far innalzare la chiesa dedicata alla Santissima Trinità, poi a Santa Maria453, la cui costruzione forse fu terminata già nell'aprile 1325, quando divenne parrocchia ed ebbe un rettore454. Il suo modello erano le chiese catalane in stile gotico455. Ad essa furono concessi tre patia limitrofi

449 ) ACA,

Cancilleria, reg. 401, f. 30r (1326, giugno 8).

450 ) BOSCOLO, I conti di Capraia, cit., p. 12. 451 ) URBAN, Cagliari aragonese, cit., pp. 37-38. 452 ) ACA,

Cancilleria, reg. 401, f. 12r-v (1326, maggio 18).

453 ) Alfonso manifestò questa intenzione il 10 giugno, festa della Santissima Trinità: COSTA, El Santuari de Santa

Maria de Bonaire, cit., p. 7.

454 ) COSTA, El Santuari de Santa Maria de Bonaire, cit. p. 9 e doc. 5 (1326, aprile 13): il rettore fu Guillem Jordà. 455 ) I modelli erano le chiese di Maria del Pi, del monastero di Pedralbes, la cattedrale di Barcellona. Serra, Il

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per la casa del rettore, la vigna e il cimitero456.

La documentazione ricorda anche la chiesa di Santa Maria de Portu de

Bonaria, ubicata in «riba de mar», forse da identificarsi con la preesistente e più

volte ricordata chiesa dell'antico porto del sale, diventato quello di Bonaria457: essa, che apparteneva alla giurisdizione dell'arcivescovo cagliaritano, aveva in beneficio terreni confinanti con il monastero di San Saturnino, che l'amministratore aveva dato ad un catalano, come pegno per il prestito di una somma458. La chiesa era posta vicino ad una «carraria inferiore» di Bonaria, strada che doveva collegare con il castello, quindi dalla parte della pianura459. L'area attorno alla chiesa costituiva una delle diverse località esistenti o di nuova formazione nella zona del porto, che convergevano verso il nuovo castello di Bonaria, che divenne il centro riorganizzativo dell'insieme delle strutture insediative. È significativo che per alcuni

patua e appezzamenti di terra, concessi da Alfonso, si desse questa indicazione

toponomastica «in loco Castri de Bonayre iuxta portam beate Marie de portu»460, espressione che sembra doversi interpretare nel senso che la chiesa non era all'interno del castrum, ma al centro di uno di quei pobla che si andavano formando attraverso iniziative locali o concessioni alfonsiane.

Anche la parte extra castrum – la villa di Bonaria – dalla parte dal mare

conobbe una propria fortificazione attraverso mura nelle quali, nel 1325, fu realizzata una porta corrispondente alla chiesa di Santa Maria del porto461, da cui, in seguito, all'indomani della seconda pace con Pisa, nel 1326, furono costruite strade che

456 )

Ibidem, doc. 3 (1326, aprile 13).

457 ) La chiesa di Santa Maria è stata identificata con l'antica chiesa fondata dai pisani, nel XII secolo, Santa Maria

detta «de portu de grottis» che sorgeva presso il porto delle saline e che forse si era sostituita o affiancata all'ancora più antica chiesa vittorina di Santa Maria «de portu salis».

458 ) ACA,

Cancilleria, reg. 403, ff. 196r-197r (1327, settembre 16).

459 ) ACA,

Cancilleria, reg. 400, ff. 141v-142r (1325, novembre 23): l'infante concesse a Garcia Loris un

«quoddam cellarium curie castri nostri de Bonayre insule Sardinie situatum in Carraria inferiori dicti Castri, cum

patuo eidem contiguo et pertinenciis suis», che confinava con «carraria apud ecclesiam sancte Marie de Portu».

460 ) ACA,

Cancilleria, reg. 400, f. 198r (1326, marzo 19): lettera di Alfonso agli amministratori Guille de Riu e

Francesc Daurats perché assegnassero ai fratelli Perico, Ramon e Jaume Roig che volevano trasferirsi nell'isola, in quel luogo «patua cum pertinenciis ubi edifficare possint necnon terras et possesiones infra territorium dicti loci».

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univano Bonaria a Cagliari, lungo la marina. La chiesa di Santa Maria de Portu anche allora rappresentava il centro di un pobla considerato di particolare importanza per lo sviluppo di Bonaria462.

Il castrum di Bonaria sorse sul colle più vicino al mare rispetto al Monte

Urpinu, chiamato il puyg de le forques, per avervi fatto costruire, Alfonso o i suoi officiali, gli strumenti per le esecuzioni capitali. Monte Urpinu era una propaggine del monte di Montfort, con cui talvolta è stato confuso: fu, questa, un'area destinata a coltivazioni di diverso tipo che attrasse, come si vedrà, i pobladors catalani.

Circondato da mura e da un fossato, nel castello si accedeva attraverso la porta – probabilmente l'unica – dedicata all'ammiraglio Francesc Carrós e forse rivolta verso Cagliari. All'interno l'edifico pubblico più significativo era la ricordata chiesa dedicata alla Vergine e alla SS. Trinità – più nota come Santa Maria di Bonaria -, che si conservò anche dopo l'abbandono del castrum. Accanto al tempio si apriva la piazza della campana, non lontana dalle mura, vicino alla quale si alzavano palazzi (alberchs) di importanti personalità, dalla moglie di Berenguer, Teresa Gombau de Entença, sorella della moglie dell'infante, a Pere de Libià, che ricoprì diversi incarichi pubblici, a Sanxo Darrades, porter di Alfonso463. Presso la porta della chiesa si trovavano patua dati in concessione per la costruzione di case, mentre al suo lato doveva passare una strada. Nella «platea comunis» invece doveva essere costruita una «magna cisterna» che servisse le case che si affacciavano su di essa, le quali vi avrebbero potuto attingere «per meatum subterraneum»464. Le opere idriche preoccuparono particolarmente l'infante: a circa un anno dalla prima pace, si lamentò perché era stata costruita una «magna et pulchra sisterna», completa di tutto, ma sprovvista delle strutture necessarie a raccogliere l'acqua piovana, quindi inutilizzabile, e insistette perché Bonaria divenisse autonoma nel rifornimento idrico,

462 )

Ibidem, pp. 35-36.

463 ) ACA,

Cancilleria, reg. 399, f. 117v (1325, settembre 17).

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per non essere costretta a rifornirsi al di fuori, con il rischio di subire attacchi dai nemici. Si doveva munire di un pozzo, e i mercanti avrebbero dovuto costruire cisterne all'interno delle loro case, analogamente a quanto si trovava nel castello di Cagliari465. In un'area di stagni ed acquitrini in cui confluiva l'acqua salata del mare il problema idrico era reale e fu discusso al momento di decidere tra Bonaria a Cagliari, dopo la seconda pace del 1326466. In quell'occasione i rappresentanti del centro catalano sostennero che, mentre nel territorio di Bonaria era possibile edificare pozzi d'acqua dolce, la pianura era enferma e gli stessi Orti, nella parte orientale di Villanova, risultavano scarsamente produttivi proprio per la salinità dell'acqua: queste argomentazioni non convinsero il sovrano – informato dai suoi officiali in modo meno parziale sulle reali condizioni - il quale, scrivendo al figlio, sostenne, al contrario, che proprio la mancanza di acqua, oltre a quella di altre opere, avrebbe impedito a Bonaria un facile sviluppo.

Tra gli edifici pubblici civili la documentazione ricorda la curia regia, la cui costruzione fu finanziata, come si è accennato, dall'amministratore Arnau ça Cassà, e poi fu concessa agli ebrei, la casa del console, il carcere. Il consell generale di Bonaria si svolgeva nella chiesa di Santa Maria467. La costruzione di bagni e forni fu affidata a Ramon Guillem de Entença, parente dell'Infanta Teresa: i bagni vennero concessi in allodio e i loro proventi sarebbero andati allo stesso nobile, mentre i due forni panificatori erano dati in enfiteusi ad un censo proporzionato al valore delle entrate468.

Un «locus de Bonayre» o villa, fuori del castello, in crescita è ricordato nel

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