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E LA FINE DELLA GUERRA

1. Bonaria, «magna alteratio» Il giorno stesso della firma della pace, il

19 giugno, Alfonso scrisse al padre e ad altri esponenti della famiglia e del consell reale, per comunicare l'evento ed offrire alcune considerazioni a quello che poteva apparire come un risultato deludente424: dalle parole dell'infante sembra trapelare l'intenzione di giustificare la mancata presa di Cagliari425. Come si è visto, il contenuto della pace del giugno 1324, infatti, riproponeva il progetto pisano avanzato nel 1309 a Giacomo II: cedere i regni di Cagliari e di Gallura, con l'esclusione della città cagliaritana da concedersi in feudo al Comune toscano, con la sola differenza, rispetto a quindici anni prima, che le saline e le ville salinarie erano passate alla Corona, ma Pisa era stata ricompensata con una somma annua. Quella proposta – Alfonso non poteva non ricordarlo – era stata rifiutata dal padre: accettarla non era

«rationabile nec honor ipsius domini regis», aveva dichiarato allora Giacomo II426.

Un'analoga posizione era stata ribadita dall'infante durante le trattative che si erano svolte a Cagliari. È possibile che una certa delusione per la loro conclusione fosse diffusa anche tra i gruppi mercantili catalani che nella conquista del castello e del porto di Cagliari vedevano un'importante promozione delle proprie attività economiche.

«Per istum modum», cioè sulla base della pace appena firmata, «nos non habuissemus portus» di Cagliari, scriveva Alfonso, aggiungendo, però, fiducioso, che

se ne sarebbero costruito uno nuovo nell'area in cui era stato condotto l'assedio. Lì, infatti, aggiungeva, si innalzava un poggio che guardava verso il mare - «pulxer

podium ad latus maris» - dove si sarebbe costruito un «optimum castrum» - che

424 ) La lettera è trascritta in TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. II

(pp. 151-152)

425 ) L'osserva TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 108. 426 ) SALAVERT Y ROCA, Cerdeña y la expansion mediterranea de la Corona de Aragòn, cit., I, p. 507.

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

(XX ciclo), Università degli Studi di Sassari a.a. 2005-2006

avrebbe preso il nome di Bonaria – insieme ad un porto, entrambi talmente migliori di quelli di Cagliari, da costringere i sardi dell'interno a portarvi i propri prodotti e da attirarvi il traffico marittimo. Il dirottamento dei flussi interni da Cagliari all'insediamento catalano, insieme alla riduzione del territorio rimasto alla città in mano ai pisani, cioè Villanova, Stampace e gli Orti, - ridotto ad «unus mansus», secondo Alfonso – avrebbe modificato alle radici il sistema che era stato all'origine della fortuna economica di Cagliari, cioè di rappresentare il mercato di mediazione tra i prodotti dell'isola – in primo luogo, i cereali - e i commerci esterni. Si sarebbe determinata quella che Alfonso, con felice sintesi rivelatrice delle sue ottimistiche aspettative, chiamò «magna alteratio»427. La rottura delle relazioni tra Cagliari e il

territorio avrebbe fatto perdere d'interesse il suo porto, dal momento che i mercanti stranieri non avrebbero più potuto rifornirsi, né trovarvi la domanda per le merci che vi importavano. Sarebbe stato il nuovo porto la meta delle navi, non solo catalane, che già frequentavano l'isola. Determinatasi tale «magna alteratio», inevitabilmente i pisani sarebbero stati spinti a cedere Cagliari alla Corona aragonese. L'analisi dell'infante sulla funzione di Cagliari, intermediaria tra retroterra e mare, lo portava a immaginare che, una volta spezzato uno elemento del sistema – il rapporto tra castello e territorio – anche l'attività portuale avrebbe subìto conseguenze negative. Inoltre, riproducendo lo stesso rapporto retroterra-castello/mercato nel nuovo insediamento, imponendo un monopolio di fatto, anche il terzo elemento (commercio esterno) avrebbe conosciuto un sicuro sviluppo nel nuovo porto, senza concorrenza. Come si vedrà in seguito, l'analisi di Alfonso – volontariamente o no – trascurava la tradizione organizzativa delle strutture economiche della città sarda e soprattuttro i limiti finanziari dei pobladors catalani428.

Alfonso, dunque, scriveva al padre che la pace non significava la rinuncia di

427 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. II (p. 152): «magna enim est

alteratio, quod antea Castrum Callari dominabatur toti regno Callari, quod nos teneamus potenter»

428 ) V. il capitolo Il popolamento di Castrum Callari. Tempi, direzione, protagonisti, paragrafo: Progettualità

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Cagliari, ma il suo passaggio alla Corona non sarebbe più stato l'esito di azioni militari, ma del progressivo svuotamento della vita economica della città in mano ai pisani, che si sarebbero visti costretti a cederla. Se l'intuizione del sistema da parte di Alfonso aveva un fondamento e non mancavano le forze, la volontà e gli uomini per realizzare il castrum e il portus alternativi a quelli di Cagliari, le difficoltà e gli ostacoli che si opposero alle entusiastiche previsioni dell'infante furono molte. Più che un isolamento commerciale di Cagliari, a spingere alla ripresa larvata e poi manifesta della guerra, furono le tensioni tra i due centri, oltre che un contesto sardo mutato e sempre più conflittuale, che si andò imponendo nei mesi successivi alla prima pace.

Anche il progetto alfonsiano di un castello e di un porto concorrente a quelli di Cagliari richiama, seppure in un contesto del tutto nuovo, una delle clausole presenti nei capitoli pisani e nelle risposte aragonesi del 1309. Allora, infatti, la città toscana aveva richiesto la garanzia del monopolio commerciale di Cagliari, di cui avrebbe voluto conservare il controllo politico, nell'area meridionale dell'isola, ma Giacomo II aveva rivendicato la prerogativa sovrana di concepire altri porti429. Già Bernabò Doria – lo si è visto430 - aveva avvertito i messi pisani che, nel caso in cui Pisa avesse ottenuto in feudo solo Cagliari e il resto dell'isola fosse passata a Giacomo II, i catalano-aragonesi avrebbero potuto facilmente ostacolare i commerci della città sarda. Anche sulla base di questi precedenti diplomatici, non si può scartare del tutto l'ipotesi che la costruzione di Bonaria fosse già stata concepita nel consell dell'infante o del re, come possibile soluzione, nel caso prevedibile di difficoltà nella conquista di Cagliari, e che non fosse, quindi, pensata ex novo solo dopo la deludente pace con Pisa.

Secondo alcune fonti cronachistiche, l'idea e la realizzazione di un centro

429 ) V. il capitolo Cagliari nella conquista aragonese della Sardegna, paragrafo: Ipotesi per un accordo.

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fortificato andrebbero collocate al periodo precedente la battaglia di Lutocisterna e attribuite non solo all'infante, ma anche al Rocabertí, al giudice – i primi a condurre le operazioni militari attorno a Cagliari - o all'ammiraglio Francesc Carrós431. Secondo Muntaner, una volta lasciata Iglesias e trasferitosi al campo d'assedio di Cagliari, Alfonso «edificà davant li castell de Caller un castell e una villa, e mès-li

nom castell de Bonaire»432. Ma in un altro passaggio della sua Crònica assegna al

Carrós gli inizi della costruzione, quando l'infante era ancora nella città mineraria e l'ammiraglio aveva cominciato l'attacco a Cagliari dal mare433. La Crònica di Pietro IV, seguita dagli Anales dello Zurita, attribuisce le prime strutture fortificate a Guerau de Rocabertí, quindi prima dell'arrivo dell'infante: il nobile catalano si sarebbe accampato con le sue forze di fronte a Cagliari «en un puig que ha nom Bonaire, lo

qual muraren e enfortiren»434. La Memoria de la cosas, se, come le cronache catalane

e aragonesi, colloca l'edificazione dell'insediamento militare di Bonaria al momento del primo assedio di Cagliari, quando Alfonso era ancora ad Iglesias, però indica come protagonista dell'iniziativa il giudice d'Arborea, coerentemente con il rilievo dato, in tutta la vicende della conquista, ad Ugone II435.

Più di due anni dopo, in occasione di un'ambasciata volta ad ottenere che non si popolasse l'area tra Cagliari e Bonaria, i consellers di quest'ultima osservarono che in quella decisione sarebbe apparsa «coza de mal exempli», dal momento che quel

«primer loch» era stato «edifficat e intitolat» dall'infante436. Evidentemente era

431 ) Qualche cenno non sempre preciso e completo a queste fonti, in URBAN, Cagliari aragonese, cit., pp. 19, 21. 432 )MUNTANER, Cronica, cit., cap. CCLXXXIV.

433 )

Ibidem, cap. CCLXXXIV: «el dit almirall lo començà a edificar, con tenia assetjat lo castell de Caller e el senyor infant N'Anfos tenia assetjada Viladeslesies».

434 ) MELONI, L'Italia medioevale nella Cronaca di Pietro IV d'Aragona, cit., p. 44. ZURITA, Anales, cit., l. VII,

cap. XLV: «También se proveyó aquello [Alfonso] para que juntamente con el vizconde de Rocabertí y su gente que

estaban en Quart estrechasen y combatiesen el castillo; y pusiéronse en un cerro que se llamaba Bonaire, adonde hicieron su fuerte». Secondo URBAN, Cagliari aragonese, cit., p. 19, n. 9, sia Muntaner che Zurita «ricordano che fu Alfonso a dare al colle il nome di Bonayre», ma nel caso del secondo, la cui citazione è imprecisa nella nota, non è così, mentre per il primo vi è contraddizione tra i due passi, come altrove (Ibidem, p. 21), osserva la stessa Urban.

435 )

Memoria de las cosas, cit., p. 34: il giudice, vista la difficoltà delle navi inviate dall'infante a porre l'assedio

alla città, stabilì le sue forze in un «lugar que agora dizen Bonayre», dove preparò il campo per la venuta di Alfonso: «fizo grandes cavas y palanques y fortaleçiose muy bien y entoces le puso nombre Bonayre».

436 ) ACA,

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quanto si pensava a Bonaria della sua ideazione.

Nella lettera del 19 giugno Alfonso non indicò nessun nome per il progettato

castrum; nei giorni seguenti la data topica delle sue lettere continuò ad essere il

campo «prope castrum Callari», fino agli ultimi giorni del mese, quando cambiò in Bonaria437. Il 1° luglio 1324 concedeva a «barones, milites, officiales, mercatores», che ne avessero fatto richiesta, di tenere in libero allodio «domos, barracas» già costruite «in Castro, villa vel loco de Bonayre» e anche «covas et patia terre» che possedevano o avrebbero posseduto, e dichiarava che gli abitanti di Bonaria sarebbero stati considerati dal sovrano «fideles et legales vassalli»438. Giacomo II, in una lettera al figlio, del 2 luglio, quando la decisione onomastica del nuovo castello era già stata presa da Alfonso, propose per il nuovo insediamento castrense il nome di

«Avant Caller»439.

Bonayre e Avant Caller sembrano rimandare a due visioni diverse del nuovo

insediamento, forse non del tutto consapevolmente. Avant Caller lo identificava con il suo scopo militare, in continuità con il precedente quartier generale; era pensato, quindi, come contrapposto a Cagliari, in una funzione che si sarebbe esaurita, una volta caduta la città dei pisani. Bonaria, invece, appare come un nome nuovo ed augurante per un centro nuovo, anche se proseguimento del campo militare: avrebbe dovuto sostituire Cagliari, soffocandone le relazioni commerciali e portuali. Bonaria sarebbe diventata il primo centro catalano di tipo cittadino nell'isola. La resistenza dei

pobladors iberici e dei loro rappresentanti – i consellers – nell'abbandonarla per

popolare il castello di Cagliari, quando questo passò alle autorità aragonesi, mostra che essi consideravano il castrum voluto dall'infante di cui, come si è visto,

conquista de Cerdeña, cit, p. 341. Su questa ambasciata v. il capitolo seguente, paragrafo: Un re, due «città»..

437 ) ACA,

Cancilleria, reg. 397, f. 198r (1324, giugno 22): la data topica è ancora quella del campo dell'assedio.

Bonaria s'incontra per la prima volta in ibidem, reg. 398, f. 7v (1324, giugno 27).

438 ) ASCC,

Pergamena n. 22, trascritta in parte in E. Putzulu, La prima introduzione del municipio di tipo barcellonese in Sardegna. Lo statuto del Castello di Bonaria, in Studi storici e giuridici in onore di Antonio Era,

CEDAM, Padova 1963, p. 326, n. 1.

439 ) ACA,

Cancilleria, reg. 342, f. 247v, citato in COSTA, El Santuari de Santa Maria de Bonaire, cit., p. 6.

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ricordavano l'iniziativa, la loro residenza stabile nella quale avevano ottenuto importanti privilegi. Alfonso, invece, aveva concepito, fin dall'inizio, Bonaria come un centro provvisorio, da smantellare una volta presa Cagliari? Sicuramente sarebbe stato difficile rinunciare a popolare il castello pisano, una volta conquistato, le cui strutture urbanistiche e portuali rimasero sempre superiori a quelle di Bonaria, anche se il rapido sviluppo di questa non va sottovalutato, ma le decisioni mutarono via via che le vicende aprirono nuove possibilità. La cautela seguita dal re e dal figlio, come si vedrà, si rese necessaria per non deludere quei pobladors che a fatica avevano iniziato a radicarsi a Bonaria edificata, tra l'altro, con le caratteristiche di una città catalana, differentemente dal castello cagliaritano la cui urbanistica ed onomastica, come quelle delle appendici, richiamava l'origine pisana.

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