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Cagliari tra Pisa e il giudice d'Arborea Le iniziative di allestimento della

NELLA CONQUISTA ARAGONESE DELLA SARDEGNA

2. Cagliari tra Pisa e il giudice d'Arborea Le iniziative di allestimento della

flotta aragonese erano note a Pisa dal 1322, quando le magistrature della città toscana concentrarono gli sforzi organizzativi e finanziari nel reclutamento di truppe, nelle fortificazioni e negli approvvigionamenti dell'isola. Nel maggio di quello stesso anno Pisa conobbe «un momento di gravissimo turbamento, uno dei peggiori della sua storia comunale»196, segnato dall'uccisione di Guido da Caprona, ammiraglio della flotta pisana e legato al conte Ranieri di Donoratico, capitano generale delle masnade, il quale, servendosi della repressione del tumulto popolare scoppiato a seguito dell'omicidio, riuscì a dare un'impronta ancor più signorile al suo governo. Contemporaneamente, approfittando delle difficoltà interne, Castruccio Castracani, signore di Lucca, insidiò Pisa, mentre, a sua volta, al Porto Pisano arrivò a minacciare il principe di Taranto, fratello di Roberto d'Angiò, a capo di galee, alcune della quali di guelfi genovesi, episodio, quest'ultimo, che ricompattò la città intorno a Ranieri di Donoratico, che a giugno fu nominato difensore del Popolo, una scelta che va messa in relazione ache con la difesa della Sardegna, dati i suoi interessi territoriali. Nel settembre 1322, nuove insidie vennero dal mare, con quindici galee di extrinseci genovesi guidate dal fratello di Raimondo Doria che era nelle carceri pisane. I fermenti e le divisioni, però, continuarono. Pisa, come si vedrà, riuscì ad organizzare una flotta solo nell'ottobre 1323, quando l'assedio ad Iglesias era iniziato da mesi197. In quello stesso mese, nella città toscana, si verificò una congiura contro lo stesso Ranieri e suo figlio Manfredi, di Donoratico, favorita da elementi nobiliari sostenuti dal signore di Lucca, Castruccio Castracani198. I primi mesi della guerra in Sardegna, con l'assedio di Iglesias, coincisero, da una parte, con un rafforzamento del potere di Rainieri di Donoratico, ma dall'altra, con uno stato di tensione e un clima di accerchiamento che determinarono divisioni interne che non favorirono una pronta ed

196 ) POLONI,

Trasformazioni della società e mutamenti delle forme politiche, cit., p. 312.

197 ) V. paragrafo successivo.

198 ) Su Castruccio Castracani degli Antelminelli, v. M. LUZZATI, Castracacani degli Antelminelli, Castruccio, in

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efficace risposta all'attacco aragonese.

Cagliari era entrata in uno stato di guerra dal 1322, quando vi furono nominati i capitani di guerra, e cominciarono ad affluirvi soldati e, in seguito, vennero stabiliti prestiti per le spese militari199. In quel clima di militarizzazione dei territori e dei castelli sardi appartenenti al Comune pisano e di tensione con Brancaleone Doria, signore della Nurra, nel Logudoro200, vanno collocati gli episodi di uccisioni di pisani da parte degli uomini del giudice d'Arborea, nell'aprile 1323, episodi che segnarono il passaggio di Ugone II al fronte aragonese e la spinta per la partenza della flotta dell'infante Alfonso.

Dei sentimenti di sorpresa, preoccupazione e timore e delle reazioni suscitate tra gli abitanti della città dall'inaspettato eccidio e dal nuovo atteggiamento del giudice si ha qualche inedito cenno nella Memoria de la cosas, una cronaca redatta in un'epoca lontana da quegli avvenimenti, ma probabilmente elaborata in un ambiente in cui si conservavano antiche memorie di epoca pisana201. Essa, infatti, ricorda che

199 ) ASP, Comune A, reg. 88, f. 4r (1322, marzo 7): gli anziani ordinarono ai camerari di pagare i salari a Lemmo

Buglia Gualandi, miles, e a Ciolo Grassulini, capitani inviati dal Comune di Pisa nel giudicato di Cagliari. Ibidem, f. 12r (1322, marzo 18): ordine di pagamento del salario dei pisani che che si sarebbero recati per tre mesi di servizio nel Cagliaritano, tra cui sessanta sergentes, cinque capitani e duecentoquattro balestrieri per il presidio di Cagliari, oltre ai sergenti dei castelli de Kallari (burgus e rocca di Acquafredda, castelli di Orgoglioso e Quirra). Ibidem, f. 2r (1322, marzo 4): analoghi pagamenti per i sergentes e gli stipendiarii a cavallo per Posada e Terranova in Gallura. Ibidem, f. 24v (1322, aprile 4): altri pagamenti per gli stipendiarii a cavallo a Terranova. Ibidem, f. 26r (1322, aprile 5): pagamento a Massotto di Cipolla, officiale dal Comune a Piombino, per i rifornimenti da procurare per la Sardegna. Altri ordini di pagamenti per balestrieri e ciurma delle navi da spedire nell'isola, e per il per il reclutamento in ibidem, ff. 7v, 10r-v, f. 32r (1332, marzo 17, 26; aprile 19). Pagamenti ad officiali del rifornimento dell'isola e ad incaricati della costruzione dei galee «occasione defensionis terre pisani Comunis de Sardinea»: ibidem, reg. 89, ff. 11r, 25r-27v (1322, luglio 19, 31). Ibidem, reg, 49, f. 14v (1322, ottobre 8): il consiglio del senato e della credenza affidò agli anziani il potere di provvedere per tutelare i beni dei pisani in Sardegna messi in pericolo dai nuovi eventi. f. 60v (1322, agosto 15): due anziani e due savi dovevano informare il conte Ranieri di Donoratico sulle condizioni della masnada che si trovava a Pisa e su quella che si attendeva dalla Sardegna. Su questo ritorno si decise di rispondere ai capitani di guerra

in Kallari, che partisse direttamente da Cagliari senza far sosta a Terranova. Per l'anno successivo, analoghi

provvedimenti in ibidem, reg. 90, ff. 3v, 4r, 6v (1323, novembre 3, 5, 7).

200 ) Su di lui, v. Genealogie medioevali di Sardegna, cit., pp. 295-296. All'inizio del 1322 aveva preso in ostaggio

due compositores (i compilatori dei registri delle rendite) e un notaio del Comune di Pisa in Gallura e chiedeva un riscatto di 600 fiorini d'oro: ASP, Comune A, reg. 88, f. 34v (1322, marzo 19). Ibidem, reg. 49, f. 61r (1322, agosto 16): il consiglio dei savi decise che fossero approvate le spese sostenute da Benedetto Saragone di Piombino per il riscatto dei due officiali catturati dal Doria e condotti in Corsica. Ibidem, reg. 89, f. 56r (1323, agosto 25): gli anziani deliberarono la spesa di 1.000 fiorini da elargire a Ranieri di Donoratico perché combattesse Brancaleone Doria detto di Nurra.

201 )

Memoria de las cosas que han aconteçido en algunas partes del reino de Çerdeña, a cura di P. Maninchedda,

Centro di Studi Filologici Sardi, Cagliari 2000. La definì «cronaca sarda» Evandro Putzulu che per primo la pubblicò, ma con diverse imprecisioni e senza un apparato critico che invece si deve all’ampio studio di Paolo Maninchedda: E.

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Cagliari inviò due ambasciatori dal giudice d'Arborea, il burgensis Betto Caulini e il pisano e capitano Giovanni Atonello, i quali, in quell'occasione, si sarebbero resi conto della decisione di Ugone II, di sostenere la conquista aragonese dell'isola, ed avrebbero avuto notizia che il contado di Iglesias aveva aderito alla richiesta dello stesso giudice, di ribellarsi contro Pisa202. Queste informazioni – secondo la Memoria de las cosas – alimentarono paura ed insicurezza a Cagliari, spaventata per

l'atteggiamento del giudice e le possibili ribellioni nel suo territorio, analogamente a quanto stava accadendo nell'iglesiente. La stessa cronaca ricorda che a Pisa si temeva il tradimento degli abitanti di Cagliari, tanto da chiedere alla città sarda, come garanzia, l'invio di alcuni ostaggi. Furono scelti alcuni figli e nipoti di abitanti cagliaritani, oltre ad importanti personalità: Betto Caulini, il ricordato ambasciatore della città dal giudice, miçer Marterone – che va identificato con Mascerone Bonaquisto -, Piero di Costantino «y otros algunos prinçipales»203., i quali – come si

vedrà - furono i principali esponenti di quei burgenses che alla fine del 1324 tentarono con un colpo di mano contro Pisa per consegnare la città agli aragonesi. Tra di essi, alcuni erano legati ad Ugone II il quale, dopo la definitiva pace del 1326, s'interessò presso il re aragonese o l'infante perché potessero risiedere all'interno del castello, prerogativa allora dei soli pobladors di origine iberica, una volta che gli antichi abitanti di origine pisana erano stati espulsi204.

Le divisioni all'interno della comunità di origine pisana a Cagliari, e in particolare alcune differenziazioni interne nel gruppo dei burgenses rispetto alla fedeltà alla madre-patria pisana – divisioni che, come si è accennato e come si vedrà, PUTZULU, Una sconosciuta cronaca sarda del '400 (sec. XI-XV), in «Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo», a. 1956,

fasc. 8-11, pp. 7-8; 2-8; 8; 3-6. Sulla sua interpretazione, oltre all'introduzione di Maninchedda, v. S.PETRUCCI, La

cosiddetta cronaca sarda: ipotesi per un’interpretazione, in La Corona d’Aragona in Italia (secc. XIII-XVIII). Atti del

XIV Congresso di Storia della Corona d’Aragona (Sassari-Alghero 19-24 maggio 1990), 5v, Delfino, Cagliari 1997, V, pp. 465-469. V. anche il capitolo dedicato a Stampace.

202 )

Memoria de las cosas, cit., p. 29: «Et sabiendo los de Càllar et las otras gentes pisans que tal cosa avía fecho el júdiçe d’Arborea y que se avía descarado a ser contra los pisanos, tomaron todos gran enjo que casi se vieron todos perdidos en ser el dicho júdiçe contra ellos».

203 )

Ibidem, pp. 29-30.

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si manifestarono apertamente con la ribellione della fine del 1324 – sembrano essere presenti in nuce già prima dell'inizio delle ostilità vere e proprie, almeno seguendo quanto suggerisce la citata fonte: in parte, esse possono essere ricondotte a legami personali o ad interessi economici con il giudice e il giudicato d'Arborea. Alcuni di quei burgenses, in rapporti difficili con Pisa dopo la prima pace con l'Aragona del 1324 e forse anche prima dell'inizio dell'impresa aragonese, costituirono il gruppo di pisani residenti nel castello disponibili al passaggio di Cagliari al nuovo dominatore. Nella successiva documentazione aragonese vennero chiamai polins – espressione che traduceva quella di burgenses, cioè indicava coloro che abitavano stabilmente nel castello, a differenza dei cives pisani temporaneamente residenti205 – di parte guelfa, quindi ostili all'orientamento prevalente a Pisa che si richiamava al tradizionale ghibellinismo cittadino.

205 ) Non sono molti (e soprattutto di recente) coloro che hanno fornito una spiegazione del termine polins

(talvolta in italiano con pollìni, polini), Appare poco attendibile quella fornita da Celestino Meliconi, curatore dell’edizione del De Proeliis Tusciae di Ranieri Granchi, per il quale i Polini, che all’inizio del 1326 si rifugiarono a Stampace, erano «gli abitanti del quartiere commerciale di Pola», cioè di Lapola: GRANCHI, De proeliis Tusciae, cit. p.

167, nota al v. 1.606. Ma i documenti relativi alle case «que olim fuerunt pisanorum aut pullinorum» – ASSC, pergamena n. 49 (1328, giugno 17), regestata in S.LIPPI, L’archivio comunale di Cagliari. Sezione antica, Tip. Muscas di P. Valdes, Cagliari 1897, doc. 49 – indicano solo quelle del castello. Per F.LODDO CANEPA, Note sulle condizioni

economiche e giuridiche degli abitanti di Cagliari dal sec. XI al XIX, in «Studi Sardi», X-XI (1950-1951), pp. 238-336

(p. 278), genericamente, i polins erano i residenti a Cagliari di origine pisana. R.DI TUCCI, Il libro verde della città di

Cagliari, Società Editoriale Italiana, Cagliari 1925, p. 490, alla voce «polli, pulli, pullinus», spiega: «i catalani e gli

aragonesi e i loro discendenti, nati in Sardegna conservarono la loro nazionalità d’origine; i discendenti da altre popolazioni non sarde, nati in Cagliari, si chiamarono pollini o pullini, rampolli», ripresa da A. ERA, Ugone II d'Arborea, governatore generale dei Sardi, cit., pp. 103-115. Il termine polins derivava da poulains con cui

s’indicavano discendenti da unioni fra cristiani occidentali e donne cristiane siriache e armene, all'indomani delle crociate. Cfr. C.DU CANGE, Glossarium ad scriptores mediae et infimae latinitatis, auctore Carolo Dufresne, Sub Oliva

Caroli Osmont, Parisiis 1733-1736, 6 voll., V, col. 168, alla voce Pullani. Per quanto riguarda Cagliari - il termine non è utilizzato per le altre città conquistate dall’Aragona – si parla di polins solo nei primi anni della dominazione aragonese, in riferimento a chi viveva nel castello ed era di origine pisana, ma distinguendoli dai pisani. La condizioni dei polins sembra dunque coincidere con quella di burgenses per l’epoca pisana. Un documento dell’agosto 1326 che può far pensare che polin indicasse una condizione analoga, ma non coincidente con quella di burgensis è l’ordine per chi fosse stato «ho burguès ho pollí», di non portare armi nel castello di Cagliari: M.E.CADEDDU, Giacomo II d'Aragona e la

conquista del regno di Sardegna e Corsica, in «Medioevo. Saggi e Rassegne» 20 (1995), p. 304. Forse però esso

testimonia, in un momento in cui la condizione degli abitanti del castello era ancora incerta, in quanto i pisani non erano stati ancora cacciati, che una stessa realtà – i residenti nel castello – era indicata con due termini, uno pisano, l’altro catalano, fotografando così la situazione di passaggio (su questo documento, v. il capitolo Il popolamento di Castrum

Callari. Tempi, direzione, protagonisti, paragrafo: La cacciata dei pisani e dei polins). Un altro documento, invece,

conferma l'identità tra i burgenses della documentazione pisana e i polins delle fonti catalane. Si tratta della lettera di Guillelm Oulomar che racconta la congiura anti-pisana della fine del 1324, i cui protagonisti chiama «los polins del

Castel», quelli che per i documenti pisani sulla stessa vicenda sono i burgenses. Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., n.127 (1325, gennaio 8). Su queste fonti e sull'episodio, v. l'ultimo paragrafo del capitolo.

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Una conferma del clima difficile tra i pisani e i burgenses di Cagliari, alla notizia della guerra vicina, proviene da un'altra e diversa fonte: la relazione dell'interrogatorio cui fu sottoposto l'ambasciatore cagliaritano, Guccio da Fabriano, catturato nell'iglesiente da alcuni uomini del giudice, nei gironi di giugno del 1323, mentre stava per giungere la flotta guidata dall'infante Alfonso206. Il prigioniero fornì al nemico preziose notizie sulle condizioni di Cagliari e di Iglesias, che aveva visitato nei giorni precedenti: il numero di uomini e di soldati, i rifornimenti presenti, i comandanti, le fortificazioni delle due città. Quando gli fu chiesto se nel castello cagliaritano, a causa dell’arrivo dei catalano-aragonesi – «proprter istas novitates» –, vi fossero stati dei morti, rispose che era stata tagliata la testa ad un burgensis, il

magister Bernardino, medico, per essersi augurato l’arrivo dei catalani ed aver

esclamato «Diabolo placet, quo isti catalani venient», e aggiunse che la condanna a morte aveva suscitato molto turbamento tra gli abitanti della città e alimentato odio verso i pisani. Pur tenendo presente la particolare situazione dell’interrogato, l’episodio raccontato rimane indicativo, così come è significativo che lo stesso nunzio, che in altre risposte aveva dimostrato di aver chiara la distinzione tra cives pisani e burgenses all’interno del castello207, precisasse che protagonista dell’episodio era stato uno tra i secondi. Si trattò di un evento isolato? O può considerarsi rivelatore di una più ampia inquietudine serpeggiante dentro il castello cagliaritano e di una prima avvisaglia della trama anti-pisana della fine del 1324? Come si dirà, quest’ultima va collocata nella nuova situazione seguita alla prima pace, ma non può escludersi che, già nel 1323, vi fossero tra i burgenses elementi sfiduciati, se non ostili, verso il Comune toscano e le sue scelte.

Posizioni anti-pisane erano presenti in Iglesias e nell'iglesiente, dove Ugone II aveva reclutato sostenitori e spie anche tra espulsi dalla città, ma probabilmente –

206 ) La relazione dell'interrogatorio, del 13 giugno 1323, è in Codex Diplomaticus Sardiniae, cit., I, sec. XIV .

207 )

Ibidem: alla domanda su quanti burgenses cagliaritani potessero avere un cavallo, Guccio da Fabriano rispose

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nonostante probabilmente vi esistesse una tradizione guelfa risalente alla signoria dei Donoratico – si trattò di pochi casi208. Iglesias, infatti, dimostrò una notevole resistenza all’assedio aragonese, tanto che il suo comportamento, per un osservatore pisano, avrebbe smentito l’opinione di una facile vittoria dell’infante Alfonso209.

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