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E LA FINE DELLA GUERRA

6. La definitiva sconfitta pisana Tra il dicembre 1324 e quello del 1325 s

svolse un anno – il primo dalla partenza dell'infante Alfonso dall'isola – particolarmente convulso, nel quale emersero tutti i limiti militari, politici e sociali della conquista. Le maggiori preoccupazioni per il fronte catalano-aragonese venivano dalla possibilità che i fermenti di ribellioni nel nord dell'isola, all'interno della città di Sassari e tra le riottose signorie locali, si collegassero alle iniziative militari di Cagliari, con il sostegno esterno non solo di Pisa, ma anche di Genova, senza trascurare i contatti, però mai giunti ad esiti concreti, con i d'Angiò di Napoli. Il primo segnale venne, alla fine del 1324, dal tentativo di Vinciguerra e Branca Doria di prendere Sassari con un colpo di mano, cui seguì una dura reazione di Berenguer Carrós che aveva sostituito nella carica di governatore il defunto Filippo di Saluzzo528. Lo stesso nobile valenzano fece arrestare Federico Malaspina, sostenuto da esponenti della città di Sassari insofferenti verso il nuovo dominio, ne occupò le terre e assediò il castello di Osilo, che divenne il rifugio del signore logudorese e l'oggetto principale delle mire aragonesi nell'area529. Si stava determinando una sempre maggiore frattura tra l'officialità aragonese e alcune personalità cittadine sassaresi, anche tra quelle che in un primo tempo si erano mostrate collaborative: è il caso di caso di Paolo de Montaldo, già assessore del governatore, passato nelle fila dei fuoriusciti genovesi530. I motivi di tensione nell'isola non si riducevano ai focolai sassarese – collegato con le signorie doriana e malaspiniana - e cagliaritano;

528 ) A

RRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña, cit, p. 286: Vinciguerra e altri suoi compagni furono condannati a

morte, mentre Branca fu costretto all'esilio.

529 ) Su questo episodio, si veda ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña, cit, pp. 288-289. CASULA, La

Sardegna aragonese, cit., I, pp. 207-209; CADEDDU, Giacomo II d'Aragona e la conquista del regno di Sardegna e

Corsica, cit., pp. 286-287; e soprattutto Soddu, Introduzione, cit., p. XLIII, in cui afferma che il marchese Federico

cercò contatti con i i pisani di Cagliari e in Toscana, ma, sulla base dei documenti pubblicarti dallo stesso appare che questi contatti si stabilirono nel 1325, dopo la ribellione di Sassari e di altri Malaspina. Per le vicende di cui fu protagonista Federico, vedi I Malaspina e la Sardegna, cit., docc. 133 ([1324], dicembre 30), 135 ([1325], gennaio 8). A.CASTELLACCIO,Il castello di Osilo, in Primo Convegno internazionale di studi geografico-storici: La Sardegna nel mondo mediterraneo (Sassari, 7-9 aprile 1978), Sassari 1981, 2v, II, pp. 325-348

530 ) Passato da Sassari a Savona, il centro del fuoriuscitismo ghibellimo genovese,scrisse una lettera al re nella

quale accusava Berenguer Carrós di vole far decapitare alcuni tra i più eminenti cittadini sassaresi come Aliprando Pala 2 Barsolo Catoni, i protagonisti della ribellione del luglio 1325. ACA, Cancilleria, Cartas reales Jaume II, c. 10.353 (1325, gennaio 7). ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña, cit, p. 237.

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riguardavano anche i contrasti tra Bernabò Doria e Ugone II per i castelli di Monteacuto e Goceano531.

Nei primi mesi del 1325 a dominare la vita politica e militare nella Sardegna aragonese erano i nobili valenzani Carrós cui la corte aragonese confermava la fiducia, nominando, il 1° aprile 1325, l'ammiraglio Francesc Carrós fu nominato governatore generale della Sardegna532, al posto del figlio Berenguer che il 3 maggio diveniva capitano di Bonaria e del Regno di Cagliari533. Allo stesso ammiraglio fu affidata una flotta di venti galee per la difesa dell'isola e la conquista della Corsica534, compito, quest'ultimo, confermato, seppure subordinato alla sicurezza di Bonaria, da parte dell'infante nelle sue istruzioni di luglio535: un progetto che poteva essere percepito come un'ulteriore minaccia per i diversi soggetti della Sardegna settentrionale.

Le tensioni tra Cagliari e Bonaria condussero progressivamente alla ripresa della guerra. I comportamenti dei castellani e degli officiali pisani e degli abitanti di Cagliari – le uccisioni di catalani, il mancato servizio militare (exercitus e cavalcata) previsto dalla pace, la proibizione ai sudditi della Corona di entrare nel castello – non solo, come si è visto, spinsero a vietare qualsiasi scambio umano e commerciale tra Cagliari e Bonaria, ma furono considerati dall'infante e probabilmente dall'insieme della corte aragonese, una chiara volontà di ribellione rispetto al rapporto feudale grazie per cui il Comune toscano teneva la città sarda. Veniva detto esplicitamente nel più volte citato memoriale che il figlio del sovrano scrisse agli officiali a Bonaria, il 10 luglio 1325, sulla base delle informazioni ricevute: «[le autorità pisane] pacis

531 )

Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., doc. 129 (1325, aprile 8): Giacomo II rispondeva a

Ugone II che aveva ricevuto tre sue lettere sulle questioni con Bernabò Doria per i castelli di Goceano e Monteacuto, garantendogli che avrebbe agito a suo favore.

532 ) ACA,

Cancilleria, reg. 391, ff. 50v-51r (1325, aprile 1). TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 8.

533 ) ACA,

Cancilleria, reg. 391, f. 51r (1325, maggio 3).

534 ) Secondo ZURITA, Anales, cit. l. VI, cap. LIX, Giacomo II, alla fine di febbraio, ordinò di armare venti galee in

risposta ai preparativi bellici di Roberto d'Angiò contro la Sicilia, e la affidò a Francesc Carrós. TANGHERONI, Alcuni

aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 143.

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federa evadunt ruperunt et rumpunt»536, concetto ribadito in una successiva risposta a

capitoli inviatigli dal governatore e da altri, in cui l'infante dichiarò che i castellani di Cagliari desideravano «trencar la fe e avinçes», cui erano tenuti secondo il trattato di pace, in particolare imponendo il divieto di entrare nel castello che andava contro «tota natura de feu»537. Anche per i magistrati di Bonaria le iniziative dei pisani, volte a garantirsi i rifornimenti dall'entroterra, erano una chiara manifestazione della loro intenzione di proseguire la guerra538.

Dal mese di luglio, alcuni episodi, esiti forse di precedenti contatti tra gli avversari della Corona a nord e a sud dell'isola, in Toscana o in Liguria, o forse solamente di tensioni già esistenti che si coordinarono in un secondo momento, determinarono una crisi il cui sbocco furono nuove iniziative di guerra539. Il 21 di quel mese si verificò una nuova rivolta anti-aragonese a Sassari, in cui fu ferito mortalmente il podestà Ramon de Sentmenat e vennero uccisi altri catalani: ne furono protagonisti le più eminenti personalità del ceto dirigente cittadino alleati con alcuni tra i marchesi Malaspina540, che immediatamente stabilirono con Pisa e Cagliari

536 )

Ibidem, p. 161.

537 ) ACA,

Cancilleria, reg. 424, f. 20r (senza data, ma collocabile tra il luglio e il settembre 1325): l'infante

rispondeva aglia ambasciatori Bernat de Muntalegre e Guillelm Sorell, inviati dal governatore, dagli amministratori e da Bonanat Sapera.

538 )

Ibidem, doc. X (1325, settembre 7).

539 ) Propriamente osserva TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 147: «a

poco a poco, riprese la guerra. Più che di un inizio preciso, che i documenti, del resto, non fanno intravedere, si trattò solo da un progressivo aggravamento della situazione».

540 ) Sulla rivolta di Sassari, vedi ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña, cit., pp. 286-294.; L. GALOPPINI,

Ricchezza e potere nella Sassari aragonese, Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto sui rapporti italo-iberici, Cagliari

1989, pp. 21-25; CADEDDU, Giacomo II d'Aragona e la conquista del regno di Sardegna e Corsica, cit., pp. 294-296;

SODDU, Introduzione, in I Malaspina e la Sardegna, cit., pp. XL-XLIV. La relazione più ampia su questi avvenimenti si

trova nella lettera di Bonanat Sapera a Giacomo II, del 1° settembre 1325, pubblicata in ARRIBAS PALAU, La conquista

de Cerdeña, cit, doc. LI e in I Malaspina e la Sardegna, cit., doc. 147. In essa si ricorda che i protagonisti della

ribellione furono Bartolo Catoni major, Alipandino Pala, Gomita de Via e Pietro Tola, e che i primi tre furono nominati

rectores della città, mentre Azzone Malaspina fu scelto come capitano di guerra. Avevano a disposizione, secondo il

mittente, 800 uomini a cavallo e 6.000 fanti. Durante la rivolta erano stati assaliti gli alberchs in cui si trovavano i catalani; il podestà Ramon de Sentmenat fu ferito e morì dopo due giorni, e vennero uccisi altri venti tra cui uomini de

paratge, mentre quattordici, tra homens de paratge e bons homens, furono catturati. I ribelli avevano inviato tre o

quattro barche a Pisa e Savona e nell'isola si sapeva che il Comune toscano, d'accordo con Ranieri di Donoratico, stava facendo armare quindici galee a Savona secretament, e preparava l'armata di uomini a cavallo. Il Sapera riferiva in più punti l'opinione del giudice d'Arborea che, tra l'altro, credeva che i sassaresi, i marchesi e i cagliaritani premessero per far ribellare i sardi di Cagliari e Gallura. Il governatore Francesc Carrós si era recato a Porto Torres dove aveva preso possesso della torre, aveva costruito un muro e un fossato e aveva fatto rinforzare il vicino castello della Nurra. La guerra non poteva essere affronta se «aquelles dues foçes no.s seran en fort bon loch». Il 21 agosto era stato attaccato

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contatti, proseguiti fino alla fine dell'anno, in vista di un possibile fronte comune, che non trovò concreta attuazione541.. Il ribellismo nel Logudoro però indeboliva le posizioni aragonesi anche a Bonaria che fu lasciata da gruppi di soldati che seguirono l'ammiraglio Francesc Carrós il quale, con dieci galee, si diresse a Porto Torres, per riprendere il controllo del territorio settentrionale542.

Ad allarmarsi per una riapertura della guerra nell'isola e per un'alleanza tra sassaresi, Malaspina, pisani e cagliaritani, per cui gli aragonesi sarebbero stati costretti a dividere le loro poche forze su due fronti, senza poter contare più sull'aiuto dei sardi che mostravano delusione ed insofferenza verso il nuovo dominio, sentimenti evidenziati in alcuni, seppur limitati, episodi di rivolta543, era soprattutto Ugone II che, attribuendo la situazione di crisi e ribellione alla cattiva amministrazione e ai soprusi dei catalani544, sosteneva la necessità di una condotta di dai sassaresi e dai marchesi, ma era riuscito a respingerli tanto che in seguito non ritentarono l'impresa.

541 ) Sui contatti tra i castellani e il capitano di guerra di Cagliari e Azzone e Giovanni Malaspina e i rectores di

Sassari, vedi le lettere del giudice, che aveva intercettato, il 29 agosto, un corriere con un messaggero cifrato dei primi ai secondi datato due giorni prima, mandata a Berenguer Carrós, allora capitano di Bonaria, il quale a sua volta scrisse all'infante: CADEDDU, Giacomo II d'Aragona e la conquista del regno di Sardegna e Corsica, cit., p. 295. Per la lettera

degli officiali cagliaritani e il messaggio cifrato, vedi Acta Aragonensia, cit., II, n. 606, e Diplomatario aragonés de

Ugone II de Arborea, cit., doc. 133. I Malaspina e la Sardegna, cit., docc. 146 (1325, agosto 27), 148-149 (1325,

settembre 1), 150 (1325, settembre 6). Dell'inizio di dicembre sono alcune testimonianze di lettere giunte da Cagliari a Sassari per sollecitare il reclutamento di uomini e di imbarcazioni: i pisani promettevano il doppio dei salari, in caso di vittoria, per cui – commentava lo scrivente, Ugueto Morino al suo amico Dono, officiale del giudice d'Arborea - «credo

che se meterano a grande partito»: ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña, cit, p. 316, n. 14. Ancora alla fine di

dicembre, poco prima dell'arrivo della flotta pisano-genovese a Cagliari e della sua sconfitta, il Comune toscano inviava lettere, per conto di Gaspare Doria, ammiraglio di quella stessa flotta, a Sassari, dove mercanti come Colo Ranaldetti ricevevano notizie da amici pisani sulle operazioni di reclutamento di uomini e imbarcazioni Sembra che anche da Sassari fossero spedite lettere a Gaspare Doria. Vedi Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., doc. 137 ([1325], dicembre 31): lettera di Giovanni Uta, castellano di Serravalle, Michele de Caulis, potestà e capitano di Bosa, e Deodato de Porta, maior del porto della stessa città, al giudice d'Arborea.

542 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 164. doc. X (1325, settembre

1): lettera dei probi homines di Bonaria al re, in cui ricordavano che la compagnia, che aveva seguito il Carrós, non era particolarmente numerosa, e che nel centro catalano erano rimasti solo 40 uomini a cavallo e 50 fanti.

543 ) Risultava ribelle la villa di Seulo nella Barbagia agli officiali aragonesi, all'inizio del 1325. ASP, Comune A,

reg. 50, f. 67r (1325, febbraio 16): il comune di Pisa si lamentava che Berenguer Carrós, allora governatore, volesse obbligare i castellani di Cagliari, a partecipare alla spedizione alla villa per riportarla all'obbedienza regia, cosa che non avvenne. Infatti essa risultava ancora rebellis nell'aprile 1326, quando il giudice, nonostante quella condizione, decise di infeudarla a Obert des Llor (possibile parente del più noto Guillem des Llor), dal momento che non erano disponibili altre ville. ACA, Cancilleria, Cartas reales Jaume II, c. 11.226 (1326, aprile 15): lettera di Ugone II all'infante.

544 ) Nelle lettere del giudice in quei mesi, fino alla definitiva sconfitta dei pisani e il trattato con i ribelli,

l'argomento della cattiva amministrazione, dei soprusi dei feudatari e dei catalani indicato come causa dell'insofferenza sia dei ceti cittadini, come Sassari, che dei sardi anche delle terre già passate alla Corona, la Gallura e il Cagliaritano, era ricorrente. Non deve però essere tralasciato di osservare gli interessi che lo stesso giudice poteva ricavare da una linea di trattative piuttosto che una di contrapposizione, soprattutto a Sassari. Innanzitutto, probabilmente non voleva

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dialogo con Sassari e i marchesi, presentandosi egli stesso come mediatore tra i ribelli e la Corona545, in alternativa alla linea bellicistica dell'ammiraglio e governatore Francesc Carrós che, infatti, nonostante gli ordini di Alfonso, non tenne conto del consiglio del giudice d'Arborea546. Una posizione, quella del giudice, che probabilmente fu alla base delle insinuazioni sulla dubbia fedeltà all'Aragona, che essere identificato con un acritico sostenitore della Corona, soprattutto nei momenti di difficoltà di questa, agli occhi dei suoi vicini nel Logudoro, cioè in un'area in cui Ugone II rivendicava alcune curatorie, città (Bosa) e castelli, particolarmente strategici, contesi dai Doria. Forse esagerava nel prospettare i pericoli che dalla ribellione venivano a lui, trovandosi solo come un agnello in mezzo ai lupi, con lo scopo di attirarsi la benevolenza e la gratitudine della corte, anche se il sentimento sconfortante di solitudine fu confermata dalla lettera sopra citata di Bonanat Sapera. Infine, come si è visto, al giudice dalla ribellione di Sassari avrebbe potuto venire un notevole vantaggio se si fosse realizzata l'ipotesi, da Ugone attribuita ai nuovi rectores della città, che Sassari fosse affidata a lui stesso o a qualche suo parente o personalità arborense. Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., doc. 136 (1325, dicembre 19).

545 )

Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, doc. 131 ([1325], agosto post-1°): lettera di Ugone II a

Bonanat Sapera, sulla missione del frate Angelo, inviato dal giudice il 1° agosto a Sassari, «de coscientia domini

gubernatoris generali». L'ambasciatore era tornato con lettere dei sassaresi i quali affermavano che si erano ribellati

non contro il re o l'infante, che riconoscevano come loro signori, ma «contra catalanos existentes ibidem», accusati di ogni violenza anche sulle donne di Sassari. Gli stessi sassaresi avrebbero inviato un'ambasciata a Giacomo II per scusarsi e anche per chiedere che la città fosse retta dal giudice il quale annunciava al destinatario che gli avrebbe inviato il frate Angelo perché ne discutesse anche con il governatore, assicurando che egli era preparato ad accettare l'incarico in nome del re aragonese - «onus regiminis dicte terre recipere» - seppure lo considerava molto impegnativo:

«propter varietatem hominum predictorum nobis gravissimus». ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña, cit, doc. LI e

I Malaspina e la Sardegna, cit., doc. 147 (1325, settembre 1): Bonanat Sapera, scrivendo al re, riferiva il consiglio del

giudice affinché il governatore perdonasse i sassaresi e confermasse le terre dei marchesi, come agli altri signori dell'isola, altrimenti la guerra, che giudicava ma dannosa per gli aragonesi, non si sarebbe evitata. Se i sassaresi non avessero accettato la sottomissione al re, si sarebbe dovuto aspirare almeno ad una tregua: ciò avrebbe tranquillizzato i sardi di Cagliari. In una lettera al cardinale Napoleone Orsini, Ugone II avanzava i suoi dubbi sulla capacità delle forze aragonesi di affrontare u pisani «in Kallaro» e i Malaspina «in judicatu turritano», e sulla condotta dei sardi, che non amavano i catalani «propter eorum inordenata dominia», attribuita alla sistematica infeudazione, e avrebbero aderito ai nemici della Corona, e a causa del dominio dei catalani si sarebbero trasformati in loro avversari. Perché i nemici si riducessero ai soli pisani aveva posto la sua mediazione perché sassaresi e marchesi tornassero all'obbedienza regia, per evitare i pericoli che potevano derivare dall'unione dei nemici della Corona, «si cum Pisanis sicut credebatur unionem [i sassaresi e i marchesi] fecissent». I Malaspina e la Sardegna, cit., doc. 154 (1325, dicembre 19).

546 )

Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, doc. 131 ([1325], agosto

post-1°): a conclusione della lettera a Bonanat Sapera, il giudice ricordava che i sassaresi avevano munito di molti balestrieri le torri di Porto Torres, per cui aveva consigliato al governatore che rinunciasse a recarsi nel Logudoro, almeno fino a quando non si fossero concluse le trattative tra l'ambasciatore di Ugone, frate Angelo, e i sassaresi. La distanza tra il giudice e l'ammiraglio rispetto alla ribellione sassarese appare evidentissima nelle parole del primo a Giacomo II. Ugone II ricordava, infatti, che il governatore era passato in Oristano, diretto a Sassari, quando non conosceva ancora la rivolta: nel colloquio tra i due e con Guillem des Llor, allora capitano di Bonaria, il giudice ammonendo sul pericolo di dover affrontare la guerra al sud e al nord, consigliò un atteggiamento prudente verso i ribelli, i quali – secondo lui – avrebbero giurato obbedienza al re, ma non volevano un catalano capo della città, ma un nipote di Ugone o un sardo arborense. Il governatore, nonostante avesse accettato quei consigli, non li volle seguire, ma chiese che accettassero un catalano come «rector civitatis», condizione respinta dai sassaresi. L'alleanza di quest'ultimi con i marchesi Malaspina, a parere del giudice, fu una conseguenza dell'atteggiamento rigido del Carrós contro il quale quelli si unirono. La lettera continua ricordando la richiesta di aiuto da parte dell'ammiraglio-governatore ad Ugone e le difficoltà degli uomini di quest'ultimo a raggiungere Sassari, insieme a Bonanat Sapera, il cui racconto per questa parte coincide, dal momento che i passi erano stati chiusi dai ribelli. Il giudice continuò a consigliare di trattare sassaresi e marchesi «non potencia sed mansuetudine», senza successo. Rivelatrice dei sentimenti del giudice verso Francesc Carrós è anche l'annotazione, nella stessa lettera, di quando, lasciando Porto Torres, distrusse e bruciò ville e vigne nel contado sassarese. Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., doc. 136 ([1325], dicembre 19).

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circolavano a Barcellona e ad Avignone547: essa, però, appoggiata anche da importanti consiglieri dell'infante come Bonanat Sapera548, ispirò le decisioni di Alfonso. Questi, a settembre, ormai informato della nuova nuova e difficile situazione dell'isola, lanciò pesanti accuse di responsabilità a Francesc Carrós, per non averlo informato sollecitamente, per aver condotto una politica personalistica, contraria a quanto gli era stato affidato con l'invio nell'isola, accuse allargate a suo figlio Berenguer inadempiente nella costruzione del castello di San Michele presso Cagliari. Ordinava, quindi, all'ammiraglio di lasciare il nord dell'isola, rientrare a Bonaria il cui porto avrebbe dovuto rendere più efficiente con la costruzione di una palizzata, e attaccare quello di Cagliari, unendo le sue forze alle galee comandate da Bernat Ces-Pujades,

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