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Bonaria: i privilegi e l'organizzazione istituzionale Il 1° agosto 1325, a

E LA FINE DELLA GUERRA

5. Bonaria: i privilegi e l'organizzazione istituzionale Il 1° agosto 1325, a

più di un anno dalla pace con Pisa e quando ancora la costruzione di Bonaria mostrava le difficoltà sia nell'edificazione urbanistica che nelle attività commerciali, Giacomo II concesse al nuovo insediamento una serie di privilegi miranti ad organizzare le magistrature del castello e sostenere i suoi abitanti507. La concessione, infatti, più che la conseguenza sul piano istituzionale e politico di un'ormai costituito centro di tipo cittadino, serviva a garantire ai pobladors che Bonaria avrebbe avuto un'importante prospettiva, in competizione con Cagliari, capace d'attrarre nuovi arrivi e per favorirne la permanenza.

Innanzitutto il re concedeva che mai il castello e la villa di Bonaria e la sua popolazione sarebbero potuti essere trasferiti o l'insediamento abbandonato508.

Il secondo provvedimento riguardava l'organizzazione del mercato: le merci dovevano essere scaricate, vendute ed esportate solo nel castello, nella villa o nel porto. Si precisava più avanti (cap. 12) che, nonostante l'uso contrario, lo scarico e il carico delle merci erano vietati ai patroni delle navi e permessi ai soli mercanti e proprietari delle merci stesse.

Due capitoli (3 e 4) riguardavano il territorio di Bonaria, che si estendeva fino alla villa di Decimo esclusa. Nel primo erano definite le località che in esso

506 ) V. capitolo Cagliari nella conquista aragonese della Sardegna, paragrafo: La congiura anti-pisana e filo-

aragonese dei burgenses. La villa Seulo si trovava nella curatoria di Barbagia Seulo, al confine meridionale con la parte centrale della Barbagia. Su questo territorio nel Trecento, S. PETRUCCI, Al centro della Sardegna: Barbagia e

barbaricini nella prima metà del XIV secolo. Lo spazio, gli uomini, la politica, in Sardegna, Mediterraneo e Atlantico tra Medioevo ed Età Moderna, I: Sardegna, cit, pp. 283-318.

507 ) Il documento è pubblicato in PUTZULU, La prima introduzione, cit. pp. 330-334. Si trova anche in ACA,

Cancilleria, reg. 342, ff. 370v-372v.

508 )

Ibidem, p. 331: «quod nullo unquam tempore dictium Castrum et villa seu populacio eiusdem tranferatur seu mutetur ad locum alium aut deseratur seu depopuletur».

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comprese: Santa Gilla – l'antica sede giudicale -, le ville salinarie di Pirri, Sanvitrano e Cepola, quelle di Pauli, Palma, Selargius, Quartuccio, Quatu jus, Quarto donico e Capo Sant'Elia, mentre l'area si estendeva nel mare per sessanta miglia, ma vi erano esclusi i diritti regi del porto. Pur appartenendo al territorio di Bonaria, al suo interno le località avrebbero mantenuto i propri confini, mentre gli abitanti del castrum e della villa vi avrebbero goduto degli ademprivia, gli usi civici riguardanti la caccia, il legnatico, il pascolo, l'uso della acque e delle coste, privilegio esteso a tutta l'isola, secondo le consuetudini dei diverse località.

Solo due capitoli (5, 6) riguardavano la “costituzione” politica della villa e del castello: Bonaria doveva retta da cinque consellers e da cinquanta o cento iurats, con le stesse attribuzioni dei magistrati cittadini di Barcellona e le stesse modalità di elezione. I pobladors di Bonaria ottenevano perpetuo «libertates, franquitates,

immunitates et privilegia ac eciam consuetudinem» della città catalana: laddove nei

privilegi e consuetudini scritte si leggeva «universitas Civitatis Barchinone», andava inteso «universitas Castri et ville d Bonayre», e quanto faceva riferimento al veguer e al batlle dei Barcellona doveva riguardare il capitano di Bonaria e gli altri officiali con incarichi assimilabili a quelli dei due massimi officiali regi nella città catalana509.

Proseguivano i privilegi agli abitanti di Bonaria: erano escludi dal servizio armato - «exercitum seu cavalcatam»- salvo nei casi in cui il re o l'infante o un loro procuratore si fossero recati nell'isola per combattervi o in cui l'isola fosse stata attaccata da nemici. I patua su cui edificare dovevano essere assegnate ai pobladors in allodio franco, comprese quelle già concesse in enfiteusi, secondo una linea stabilita da Alfonso fin dall'inizio, mentre le terre e i possedimenti assegnate o da assegnare erano libere anche dalla decima. Per la misurazione del grano e dell'orzo veniva ordinata l'uso della quartera barcellonese510, del cui pagamento, però, gli

509 )

Ibidem, p. 332.

510 ) La quartera barcellonese era pari a 1,25 starelli (49,2 litri) di Cagliari, quindi 39,36 litri: MANCA, Aspetti

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abitanti di Bonaria erano resi franchi, mentre rimaneva esplicitamente per tutti gli altri “non privilegiati”. Venne concessa la possibilità di istituire una o due fiere l’anno, secondo i privilegi in vigore a Barcellona.

Coloro che avessero acquistato terre dai sardi, avrebbero dovuto pagare solo i diritti a cui erano tenuti gli antichi proprietari, e comunque anche da quelli venivano esentati per sei anni. Un’altra misura per favorire l’emigrazione e il radicamento a Bonaria riguardava la franchigia da ogni obbligazione sugli immobili acquistati o avuti in donazione per eventuali debiti contratti dai pobladors (11).

Infine (cap. 13) il re garantiva che non sarebbero stati istituiti officiali contrari ai privilegi e alle franchigie concesse, a parte quello di del console in Sardegna la cui scelta era stata affidata alla città di Barcellona. Seguivano il giuramento e l'ordine al governatore e agli altri officiali regi di rispettare quanto stabilito.

Su questo documento la storiografia si è soffermata quasi esclusivamente sulla pur importante constatazione che si tratta della prima introduzione del modello cittadino barcellonese in Sardegna, trascurando però di spiegare come si arrivasse a quella decisione di Giacomo II nel contesto delle vicende militari e politiche, dell'evoluzione dell'insediamento voluto da Alfonso, degli orientamenti degli officiali regi nell'isola o dei diversi gruppi di pobladors. Domande a cui, in verità, risulta difficile rispondere: infatti, a differenza della concessione regia dell'agosto 1327, il cosiddetto Coeterum, la “costituzione” cittadina di Cagliari catalano-aragonese, per i privilegi di Bonaria la documentazione non permette di ricostruire l'insieme delle discussioni che precedettero la scelta del sovrano di Giacomo II. Lo stesso documento del 1325 non offre indizi che rimandino a richieste da parte dei pobladors e dei loro rappresentanti, come spesso accade in occasione di concessione di privilegi, né è nota un'ambasciata di Bonaria a corte, a questo proposito. Appare, dunque, giustificata l'impressione che si trattò di un'autonoma decisione di Giacomo II di fronte - secondo le parole del documento - ai progressi del popolamento del

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nuovo centro, che il re volle sostenere, dandogli una configurazione politica ed amministrativa e una personalità giuridica di tipo cittadino.

Non deve apparire superflua l'osservazione che, proprio fino all'agosto 1325, non esisteva una rappresentanza degli abitanti dei Bonaria, dei loro interesse e richieste: essa sorgeva proprio allora. Infatti, Giacomo II si rivolgeva, nel documento in questione, ai pobladors presenti e futuri («universis et sigulis incolis dicti Castri et

ville presentibus e futuris venerint populatum et successoribus vestris»511) e non a

magistrature locali o ai loro rappresentanti.

Si formava così un nuovo centro di potere, concorrente a quello dei massimi officiali regi – il governatore, l'ammiraglio, gli amministratori, il castellano – che fino ad allora – in particolare, i primi tre – avevano dominato la vita politica di Bonaria, soprattutto controllando e gestendo la distribuzione delle terre e degli spazi abitativi.

Le nuove magistrature – consellers e iurats - , garanti dei privilegi ai

pobladors, al castrum e alla villa, sarebbero divenuti anche i maggiori difensori

dell'identità e del ruolo di Bonaria che trovavano definizione documento regio. Bonaria, in questo modo, difficilmente poteva considerarsi un insediamento provvisorio rispetto a Cagliari. Il primo capitolo, proibendo futuri spostamenti dei

pobladors, probabilmente costituiva una risposta ai dubbi di chi, volendo recarsia

popolare Bonaria, temeva che non si trattasse di un insediamento stabile e che il suo futuro rimanesse incerto, condizionato alla sorte di Cagliari e alle condizioni dell'eventuale resa pisana. Quel capitolo – anche se non si hanno indizi – dovette pesare un anno e mezzo dopo, al momento della decisione di popolare il castello già di Pisa da parte degli abitanti di Bonaria.

Non aiuta, almeno direttamente, a capire l'origine della concessione regia, il più volte citato memoriale di Alfonso agli officiali, del 10 luglio, di solo venti giorni prima: in esso, infatti, non vi è alcuna allusione ad un'organizzazione politica e ai

511 )

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privilegi per Bonaria: indizio di divergenze tra il sovrano e suo figlio, osservate – erroneamente, però – per la fase successiva proprio in merito alla concessione dei privilegi barcellonesi a Cagliari? Probabilmente va escluso.

Piuttosto quel memoriale può aiutare a capire il contesto politico in cui collocare l'atto di Giacomo II e anche illuminarne alcuni passaggi. La lettera di Alfonso, infatti, come si è detto, rappresentava la sanzione di una situazione di fatto: l'impossibile convivenza tra Cagliari e Bonaria e stabiliva il divieto di ogni scambio umano e commerciale tra i due centri. L'inferiorità di Bonaria, rispetto a Cagliari, non riguardavano solo le strutture urbanistiche e portuali, ma anche quelle istituzionali e di organizzazione del mercato per cui ad un centro cittadino, da una parte, si opponeva un insediamento dall'identità incerta non solo per i mercanti e gli armatori che vi accedevano, ma anche per gli stessi pobladors: si trattava di una condizione non più tollerabile, nel nuovo quadro di una contrapposizione, in cui la descritta «magna alteratio» che Bonaria avrebbe dovuto rappresentare ai danni di Cagliari, non era pienamente realizzabile senza l'indispensabile “costituzione” politico- economica, necessaria per competere con la città avversa. I privilegi del 1° agosto possono essere letti come sviluppo e termine della situazione di fatto caratterizzata da sempre più forti ed inevitabili tensione, fino alla ottura sancita nelle istruzioni alfonsiane di luglio. In quest'ultime, tra l'altro, l'infante ricordava di essere stato informato del fatto che gli amministratori pretendevano il pagamento del censo e del

laudimio a coloro che volevano risiedere a Bonaria, mentre ne era esenti, dal

momento - ribadiva Alfonso - che si voleva unicamente che Bonaria si popolasse («ut

locus de Bonayre totaliter popularetur»), anche rinunciando agli ingressi previsti.

L'esenzione era ribadita in un capitolo della concessione regia del 1° agosto, che può essere visto come una risposta ad un'esplicita richiesta dei pobladors. Nelle istruzioni alfonsiane si precisava che il contenzioso si era aperto, in particolare, tra gli amministratori e gli uomini «qui volebant populare in Bonayre», cioè coloro che,

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lasciata la propria città iberica, non era ancora abitante di Bonaria, non possedendo un nuovo status, né potendo essere inqudrato in istituzioni che lo avrebbero garantito di fronte alle pretese dell'officialità regia. Anche a questo genere di problemi rispondeva l'atto del 1° agosto: la determinazione di un potere cittadino che, tra l'altro, interpretasse la volontà del sovrano, liberandosi dal controllo dei funzionai regi.

Nell'area in cui sorse Bonaria il primo officiale regio della futura amministrazione economica a Bonaria fu l'amministratore e scrivano delle saline, Miquel des Eres, documentato nel settembre 1323, quando le strutture salinarie erano già passate in mano aragonese, quale esito delle iniziative militari che precedettero l'arrivo di Alfonso nel Cagliaritano512.

A capo del castrum di Bonaria fu posto un capitaneus, un officiale con compiti militari – era anche detto capitaneus guerre –, carica affidata, nell'aprile 1325 a Berenguer Carrós, quando il padre, l'ammiraglio Francesc, era governatore: in questa fase la famiglia valenzana, come si è visto, dominava la vita politica e militare a Bonaria e nell'isola. Scontento delle loro iniziative giudicate troppo individuali e delle mancate esecuzioni di ordini, all'indomani della rivolta sassarese, a settembre del 1325, Berenguer fu sostituito con Guillem des Llor e poi a novembre, con Ramon de Peralta, il principale avversario dei Carrós, scelto come capitaneus guerre. Ne seguì uno scontro politico ed armato tra i due rivali che coinvolse il castrum di Bonaria e costrinse l'infante ad uno nuovo intervento: ai reformators Bernat de Boixadors e Felip de Boyl furono assegnate, rispettivamente le cariche di ammiraglio, già di Francesc Carrós, al primo, e di governatore e di capitaneus di guerra e di

512 ) ACA,

Cancilleria, reg. 396, f. 17r (1323, settembre 27): lettera dell'infante all'amministratore delle saline

Miquel des Eres affinché fosse concesso ad Arnau ça Cassa mig carrech della nave, mentre il resto del sale sarebbe stato venduto a 6 lire genovesi il centenario. Ibidem, f. 57v (1323, dicembre 4): risposta dell'infante alla domanda dell'amministratore delle saline, Miquel des Eres, su quali fossero le località in cui non doveva essere esportato il sale. Alfonso indicò Pisa e le terre dei Saraceni. Inoltre gli ordinò di gestire le saline come facevano i pisani, in particolare nel certificare i luoghi di destinazione delle esportazioni, chiedendo l'albarà (ricevuta), mezzo che risultava più sicuro, anche se, secondo Guillem Sapera, consigliere di Alfonso, tale richiesta scoraggiava i mercanti.

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Bonaria, al secondo.

Il carattere militare della prima carica del centro catalano mutò dopo la seconda pace con Pisa e la fine della guerra, nel maggio del 1326, quando si realizzò un nuovo passaggio nel modellare Bonaria sul modello cittadino di Barcellona. Su richiesta dei

proceres del castello catalano, il re e l'infante concessero che da allora il capitaneus si

chiamasse veguer con le stesse prerogative di quello di Barcellona513, e che venisse costituito il batlle con le stesse competenze di quello della città catalana, comprensive di quanto spettava al doganiere e al portolano - cioè degli officiali che si occupavano rispettivamente della raccolta dei dazi legati ai commerci, rappresentanti le maggiori entrate per l'amministrazione regia nell'isola, e della gestione del porto -, salvo i diritti del console dei catalani nell'isola, eletto dai consellers barcellonesi. In precedenza, infatti, erano stati nominati diversi officiali: per gli anni 1325-1326 sono documentati un lapolario, officiale di Lapola, il luogo di imbarco e scarico merci514, un portolano, un collettore dei proventi del porto515, i doganiere nelle persone di Jacme de Truyl, che fu anche feudatario516 e sostenitore di Ramon de Peralta contro i Carrós, e di Pere ça Mascorda517, e un custode del porto, Arnau ça Guardia518.

L'ampliamento della giurisdizione fino a comprendere gli offici di doganiere e portolano venne confermato nella nomina a batlle di Guillem Sabadia519 e a quella di

513 ) ACA,

Cancilleria, reg. 342, f. 376v (1326, maggio 8); reg. 400, f. 231v-232r .

514 )

Ibidem, reg. 397, f. 189v (1324, giugno 9): lettera di Alfonso al lapolario Callari, Pere Oliver, in cui lo

informava che Pere Solanes con il suo lembo e nove marinai avrebbe lasciato l'esercito.

515 )

Ibidem, reg. 398, f. 101v (1325, aprile 24): lettera dell'infante «collectori iurium et proventum portolanie seu duane castri nostri de Bonayre».

516 )

Ibidem, reg. 403, f. 5v (1327, febbraio 2). Fu doganiere fino al 24 febbraio 1326, quando fu sostituito dal ça

Mascoda (v. succesiva). Ebbe in feudo la villa di Paulis, nella curatoria del Campidano, ma una volta terminato l'incarico la vendette a Bonanat Sapera: ibidem, re. 403, f. 6v (1327, febbraio 6).

517 )

Ibidem, reg. 403, f. 192v-196r (1327, novembre 4): approvazione regia dei conti dell'amministrazione da cui

risulta che fu doganiere dal 24 febbraio, quando sostituì Jacme de Truyl, al 22 giugno 1326, quando nell'officio subentrò Guillem Sabadia.

518 )

Ibidem, reg. 403, f. 153v.

519 )

Ibidem, reg. 400, f. 241r (1326, maggio 5); f. 242r (stessa data): lettera di Alfonso ai militari, patroni di navi,

mercanti e marinai di Bonaria affinché obbedissero e rispettassero la giurisdizione «prout illi de foro baiuli

Barchinone», salvo per i diritti del console, giurisdizione comprensiva «etiam de hiis de quibus portulanis et duaneriis nostri de Bonayre», a cui fino ad allora essi ricorrevano. Ibidem, f. 242r-v (stessa data): lettera dell'infante ai consellers

di Bonaria con contenuto analogo. Guillem Sabadia era un heretat per 2.000 soldi e il servizio di un cavallo: ibidem, 403, f. 5v (1327, febbraio 1). Ibidem, 402, f. 153v (1326, maggio 29): nomina di Climent de Salavert a scrivano dl

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sotsbatlle di Pere e ça Mascorda520, già doganiere. Gli esistenti doganiere e portolano

di Bonaria, quindi avrebbero, dovuto lasciare l'incarico521. Al nuovo batlle, che ebbe un ruolo centrale nell'amministrazione degli anni successivi e in particolare nella definizione dei dazi dogali, ruolo che lo condusse ad un forte scontro con le magistrature cittadine di Cagliari, fu anche ordinato di far edificare una torre sul colle di Monfort dove si trovavano le forche e dove avrebbe dovuto porvi la sua residenza522.

La reggenza della vegueria di Bonaria fu affidata a Felip de Boyl, insieme alle cariche di governatore dei catalani e di capitano del castello di Cagliari. Qualche giorno dopo l'istituzione della vegueria per Bonaria, Ramon de Montpaó fu nominato

capitaneus di Cagliari, e contemporaneamente ebbe gli offici della podestaria di

Sassari e della capitania del Logudoro523.

Il maestro razionale de Boyl, allora investito, con Bernat de Boixadors, del ruolo di riformatore per organizzare la nuova situazione uscita dalla seconda pace con Pisa, lasciò l'officio di castellano a Sanxo Aznarez de Arbe che lo tenne per un breve periodo524. Ricompensato della castellania di Quirra, lo lasciò in agosto, quando

batlle.

520 )

Ibidem, reg. 400, f. 241v (1326, maggio 5): «et etiam exerceri et etiam officium q1uod nunc regebatur in Bonayre per duanierios et portulanos Bonayre».

521 )

Ibidem, reg. 400, f. 242v (1326, maggio 5): l'infante ordinava che «ex exercicio dicti officii portulani seu duanerii penitus desistatis».

522 )

Ibidem, f. 242v (1326, maggio 5).

523 )

Ibidem, reg. 401, f. 4r (1326, maggio 17): l'infante gli concesse di essere «castellanus sive alcaydus Castri Callari», «ad consuetudinem Yspanie». Avrebbe potuto trasferirsi nel castello con la sua «familia equitum et peditum»

al cui approvvigionamento avrebbero provveduto gli amministratori dell'isola. Ibidem, ff. 22v-23r (1326, maggio 26): lettera dell'infante al giudice d'Arborea e allora governatore dei sardi, in cui gli comunicava che aveva concesso al Montpahó il castello di Cagliari e la podestaria di Sassari. Ibidem, ff. 4v-5r (1326, maggio 18). Analoga possibilità ebbe per Porto Torres, il porto di Sassari di cui era podestà: ibidem. Sulla nomina a podestà di Sassari, v. Costa, Oficials, cit., pp. 309-310. Quando la carica di podestà fu trasformata in quella di veguer, egli tenne quest'ultima, insieme alla castellania della città sarda. Ricoprì anche gli offici di capitano del Logudoro e di vicegovernatore dell'isola. Nello stesso mese di maggio del 1326, ebbe l'incarico di condurre le trattative con i Malaspina e i sassaresi ribelli: I

Malaspina e la Sardegna, cit., doc. 162 (1326, maggio 20); v. anche ibidem, doc. 202 (1326, settembre 27), 203 (1326,

ottobre 6), 217 (ante 1327, agosto 13), 218 (1327, agosto 13), 225 (1328), 270 (1332, dicembre 18), 323 (1339, luglio 21), 324 (1339, agosto 11), 340 (1341, ottobre 25), 341 (1341, ottobre 25), 360-361 (1343, aprile 26); per la carica di podestà di Sassari, ibidem, docc. 182 (1326, agosto 8), 194 (1326, agosto 28), 206 (1327, gennaio). Nel 1355 risulta già morto: ibidem, docc. 503-504 (1355, marzo 17).

524 ) CONDE, Castell de Cáller, cit., doc. III, 4 (1326, agosto): l'inante voleva che il «dit castell sia comanat» ad

Aznarez de Arbe, dal momento che la vegueria era stata data a Pere de Montpaho. Sanxo Aznarez de Arbe aveva avuto un alberch nella ruga Comunale del castello di Cagliari, e nei decenni successivi conobbe una discreta carriera

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Alfonso nominò Pere de Montpaho alla vegueria dei castelli di Cagliari e di Bonaria

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