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riguardò solo la parte direttamente controllata da Poisa, il cagliaritano e la Gallura. Quando essa ebbe inizio, Giacomo II aveva già stabilito legami feudali con i domini

Sardiniae del Logudoro: nel 1308 riconobbe i territori, con la giurisdizione alta e

bassa, il merum e mixtum imperium, di Brancaleone e del figlio Benabò Doria che dichiararono di tenerli in feudo «iuxta consuetudinem Catalonie, secundum modum et

morem illorum de Catalonia, qui feudum aliquod haberent magi largum et gentile»158, e all'inizio dell'anno successivo, a conclusione di una serie trattative,

vennero concessi a Moruelllo, Corradino e Franceschino Malaspina i castelli di Bosa ed Osilo con i territori e le ville ad essi collegati, «in feudum honoratum secundum

Usaticos Barchinone», con il «mero et mixto imperio et omni iurisdictione criminali et civili», per cui era escluso l'appello al sovrano: «nulla nobis appellacione servata in eis»159. Questi accordi avrebbero dovuto anticipare la spedizione che in quegli anni

il re aragonese stava meditando, ma che fallì dopo l'episodio di Almeria.

Negli anni precedenti la spedizione del 1323 non mancarono le relazioni tra il sovrano ed esponenti della società sarda, in particolare ecclesiastici che espressero

158 ) SALAVERT Y ROCA, Cerdeña y la expansion mediterranea de la Corona de Aragòn, cit., II, doc. 258 (1308,

luglio 11). In cambio i due Doria erano tenuti al servizio di cento cavallo per tre mesi l'anno.

159 )

I Malaspina e la Sardegna, cit., doc. 100 (1309, maggio 9): a sua volta, Giovanni di Castiglione giurava di

ricevere i castelli dal re «iuxta usaticos predictos Barchinone», a nome dei tre Malaspina che si dichiaravano «fideles et

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il sostegno al passaggio dell'isola alla Corona iberica. Questi rapporti che testimoniavano le speranze da parte di ampi settori della società sarda – popolani, nobili, ecclesiastici – verso il re aragonese si fecero più numerose nei primi anni del Trecento, quando presentavano un quadro isolana caratterizzato da tensioni, discordie, divisioni, dovute anche alla crisi dinastica in Arborea, contesa tra più pretendenti. Tra i casi più significativi va segnalato quello di Tedisio, arcivescovo di Torres, che tra il 1305 e il 1307 propose a Giacomo II un piano d'invasione dell'isola a partire da Sassari, entrò in contatto con Vanni Gattarelli, fuoriuscito pisano e mediatore tra le città guelfe toscane e il sovrano aragonese, l'inviato del quale il presule sardo avrebbe voluto incontrare per definire la sua strategia. Un altro caso importante è quello del frate domenicano Federico di Foligno, confessore del giudice d'Arborea che nella sua lettera, di un anno imprecisato, a Giacomo II esprimeva il punto di svita anche del titolare del giudicato sardo, quando invocava la venuta del sovrano indicato come pastore di un gregge disperso, la popolazione sarda160.

L'alleato sardo determinante per la realizzazione della conquista dell'isola da parte dell'infante Alfonso, fu il giudice d'Arborea Ugone II161. Fin dal momento del suo arrivo al vertice del giudicato, prese contatto con Giacomo II e manifestò ostilità verso il Comune di Pisa che aveva messo in discussione la legittimità del suo

160 ) SALAVERT Y ROCA, Cerdeña y la expansion mediterranea de la Corona de Aragòn, cit., I, pp. 311-322. 161 ) Su Ugone II, vedi A. Era, Ugone II d'Arborea, governatore generale dei Sardi, in Atti del VI Congresso

Internazionale di Studi Sardi (Cagliari, 2-8 maggio 1955), Centro Internazionale di Studi Sardi, Cagliari, 1962, I: Storia, pp. 103-115; V.SALAVERT Y ROCA, Jaime II de Aragon y Ugone II de Arborea y la conquista de Cerdena (sobre un

nuevo documento), in XIV Congresso di storia della Corona d'Aragona (Sassari-Alghero 19-24 maggio 1990), Il Regnum Sardiniae et Corsicae nell'espansione mediterranea della Corona d'Aragona (XIV-XVIII sec.), C. Delfino,

Sassari 1993-1996, pp. 143-154; CASULA, La Sardegna aragonese, I: La Corona d’Aragona, cit., pp. 134-138. Le sue

scelte filo-aragonesi e il suo comportamento politico sono stati variamente giudicati. Per Casula, La Sardegna

aragonese, I, pp. 134-13, 219, egli fu «l'artefice di buona parte del successo dei Catalano-Aragonesi per ingenuità o per

errato calcolo politico», sperando forse di diventare re dell'isola, seppure in condizione di vassallo dei un re più lontano di Pisa. Di tutt'altro avviso, con qualche aspetto convergente come il rischio, Conde, il quale morì improvvisamente mentre curava l'edizione del Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, Edizione di Rafael Conde y Delgado de Molina, Stampacolor Industria Grafica, Muros (SS) 2005 (Raccolta di documenti editi e inediti per la storia della Sardegna, vol. 6), ma alcune sue note, in preparazione dell'introduzione sono state pubblicare a cura di A. Torra Pérez (ibidem, p. 7): «Sigo pensando que Ugone II fue un gran politico. Que creó el judicado de Arborea. Que lo salvó de la voracidad de las potencias continentales italianas. Que, sin su apuesta, arriesgada, cierto, pero coherente, el judicado habría caído en las manos de Pisa. Que Ugone preferió cobijarse bajo el paraguas de la monarchía aragonesa, que hacerlo bajo la arriesgada dependencia de Pisa. Y que, por tanto, si prescindimos de una visíon nacionalista de vuelo gallináceo, y vemos su opción en suj momento, Ugone II tenía razon».

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potere, sulla base di argomenti dinastici, e aveva preteso una sottomissione e il pagamento di un censo feudale che Ugone II considerava inaccettabili162.

Alla vigilia dell'impresa aragonese sembrerebbe che il passaggio dell'isola dai pisani alla Corona aragonese fosse condiviso da ampi settori della società arborense, in particolare da esponenti ecclesiastici163. Come si è osservato, l'orientamento ani- pisano e filo-aragonese era ampiamente diffuso in Arborea. Ugone II, oltre che nel proprio giudicato, poteva contare su sostegni da parte della società iglesiente e cagliaritana, con cui stabilì contatti: l'avversione a Pisa era diffusa, dunque, in ambienti seppure limitati della parte meridionale dell'isola, la più soggetta al controllo del Comune toscano164.

L'episodio che, nell'isola, aprì le ostilità arborensi contro Pisa, prima ancora della partenza dell'esercito aragonese e che anzi affrettò quest'ultima, si verificò nell'aprile del 1323, con l'uccisione di alcune centinaia tra soldati, inviati nel giudicato sardo per assumerne il controllo e accolti da Ugone sembrerebbe con l'inganno, e semplici pisani verificatasi in diversi luoghi dell'Arborea, in particolare Macomer e Bosa, dietro l'ordine del giudice165: un'azione probabilmente non a caso

162 ) Il vescovo di Santa Giusta, già nel 1321 descriveva Ugone II «prudentissimus, cautus et inimicus pisanorum

occultus»: Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., doc.1.

163 )ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña por Jaime II de Aragón, cit., pp. 198-199. Il vescovo di Santa

Giusta, in Arborea scriveva nel 1321 a Giacomo II: «Quasi omnes prelati Sardinie appetunt dominium domini regis, et

populum minutum». Paolino Doria nel maggion 1323 descriveveva a suo zio Piacentino Doria l’attesa dei sardi, in

particolare quelli «qui sunt sub dominacionem pissanorum plus dexiderant dominum regem», per la venuta del re aragonese che avrebbe ottenuto l’isola «sine aliquo contrasto», eccetto per i castelli in mano ai pisani. Diplomatario

aragonés de Ugone II de Arborea, Edizione di Rafael Conde y Delgado de Molina, Stampacolor Industria Grafica,

Muros (SS) 2005 (Raccolta di documenti editi e inediti per la storia della Sardegna, vol. 6), docc. 2, 35.

164 ) ACA,

Cancilleria, Cartas reales Jaume II, c. 9.931 ([1323], giugno 12), in Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., n.46. Il giudice segnalava all’infante Aldobrando de Serra e Gomita de Asene «qui sunt de melioribus et potentioribus sulcitanarum partium», da tempo sostenitori della causa aragonese, e il medico Riccardo,

l’ebreo Bernardo e suo fratello «qui sunt per pisanos expulsi de Villa Ecclesie e in banno», come utili informatori sulle condizioni di Iglesias. Sulla presenza di ebrei ad Iglesias, anche in epoca pisana, v. C.TASCA, Gli ebrei in Sardegna nel

XIV secolo. Società, cultura, istituzioni, Deputazione di Storia Patria per la Sardegna, Cagliari 1992, pp. 112-116.

165 ) A.ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña por Jaime II de Aragón, Horta, Barcelona 1952, pp. 138-139.

Per F.C.CASULA, La Sardegna aragonese, Chiarella, Sassari 1990, 2 v, I: La Corona d’Aragona, p. 138, che accenna a diverse versioni dell’episodio, l’eccidio dei pisani da parte del giudice sarebbe avvenuto vicino a Sanluri, nella parte meridionale dell’Arborea. Lo stesso giudice scrivendo, il 18 aprile 1323, a Giacomo II ricordava che aveva fatto uccidere i pisani che transitavano in Arborea per preparare la difesa contro l’Aragona e che molti altri erano stati trucidati dalla sua gente: «et ipsius corone gentibus inimicis que veniebant pro municione terrarum et ut vestre maiestati

restirent feci obstaculum preparari et usque hodie transire nullatenus potuerunt, et illi qui transire voluerunt, fuerunt omnino interfecti et mortui. Et de illis gentibus per gentes meas sunt in magna multitudine inerfecti». Il 23 aprile

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coincidente con la rivolta di Sassari che, capeggiata da uno dei massimo esponenti del ceto dirigente cittadino, Guantino Catoni, e appoggiata da alcuni Doria, nello stesso aprile cacciò i genovesi dalla città logudorese, episodio che rese possibile la nomina di un podestà da parte dell'infante Alfonso166. Ugone II, preoccupato delal reazione pisana, sollecitò il rapido arrivo dell'esercito aragonese, ormai preparato, che partì da Portfangos (la stessa località da cui era partito Pietro III, nel 1282, per la Sicilia) il 1° giugno 1323, e probabilmente consigliò anche lo sbarco nel Sulcis piuttosto che nel Logudoro o a Cagliari.

Il 5 luglio 1323, durante l'assedio di Iglesias, Ugone, che aveva iniziato le attività belliche con i nobili Rocabertí che avevano preceduto l'infante Alfonso, riceveva da quest'ultimo in feudo il giudicato d'Arborea in cambio del cospicuo censo di 3.000 fiorini annui: il giudice diventava vassallo del re aragonese167.

Guillem Oulomar in una lettera al re, di cui era uomo di fiducia ad Avignone e che divenne più tardi console dei catalani in Sardegna e uno dei migliori osservatori delle vicende isolane, sulla base di informatori diversi, scriveva che gli eccidi di diverse centinaia di pisani si erano verificati in più luoghi, tra cui Bosa : «a Bosa, lo dit dimenge a vestre se moch

rumor per le gentes del dit loch de Bosa contra pisans ell estant aquí, axí que les gens dela dita vila ocieren tots quants pisans trobaren en la dita vila. […] en loch appelat Sina del destret del dit jutge d’Arborea, se era atressí moguda rumor, e que·y avien morts bé CCC pisans. E atretant avien fet a Oristan qui és del dit Jutge. En axí que en lo destret del dit jutge avien morts bé DCC pisans. E que tota la terra en la dita manera se era tota levada contra los pisans».

Paolino Doria, invece, parlava di più di mille morti tra i pisani: «de mense aprilis fuit magnum prelium inter domino

iudici et pissanis, in modo quod de pissanis mortui fuerunt in numero plus de mille ut dicitur». Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., docc. 24 (p. 40), 28 (p. 47), 35 (p. 56). Diverse le versioni cronachistiche. Per Ranieri

Sardo, «Ughetto giudicie d’Arborea tradì Pisa et fe’ uccidere molti Pisani i quali erano iti al suo soldo»: R.SARDO,

Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti, Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma 1963, p. 77. Giovanni Villani data

l’uccisione dei pisani e dei soldati inviati in Arborea dal Comune toscano, al 21 aprile: «avenne che ‘l detto giudice, il

quale tenea ed era signore d’Arestano e bene del terzo di Sardigna, a dì XI d’aprile tradì i Pisani, e si rubellò da lloro per trattati fatti al re d’Araona, e dece mettere a morte quanti Pisani e loro soldati che si trovarono in sue terre, e eziandio i Pisani suoi famigliari e soldati». G. Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, Fondazione Pietro Bembo,

Milano 1990-1991, 3v, II, l. X, p. 384. Molto ampi, e con particolari non sempre coerenti tra loro e punti di vista diversi, i racconti dell’episodio nei versi di Ranieri Granchi, al cui centro vi è il tradimento del giudice - GRANCI, De proeliis

Tusciae, cit. vv. 1212-1326 -, e nella Memoria de las cosas que han aconteçido en algunas partes del reino de Çerdeña,

a cura di P. Maninchedda, Centro di Studi Filologici Sardi, Cagliari 2000, pp. 22-29, i quali meriterebbero un attento esame che non è possibile compiere qui. Cfr. MANINCHEDDA, Introduzione, in Memoria, cit., p. LI-LII.

166 ) ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña por Jaime II de Aragón, cit., pp. 283-286. Il 10 febbraio 1323 lo

stesso Catoni aveva scritto a Giacomo II perché ricevesse il medico Michele di Pietro. La nomina del primo podestà sassarese in ACA, Cancilleria, reg. 341, f. 144r-v.

167 ) La concessione feudale ad Ugone è in Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, cit., doc. 60 (1323,

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