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Dall'atto al fatto nel processo amministrativo: l'accesso al fatto nella discrezionalità tecnica

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Sommario

Introduzione ... 3

Capitolo 1 – Evoluzione dell’istruzione probatoria nel giudizio amministrativo... 6

1.1 Nascita del sistema di giustizia amministrativa .... 6

1.1.1 Legge 20 Marzo 1865, n. 2248 ... 6

1.1.2 Le Leggi Crispi del 1889 ... 9

1.1.3 Il regolamento di procedura del 1907 ... 14

1.1.4 Il testo unico del Consiglio di Stato ... 16

1.2 La legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali (T.A.R.) ... 21

1.3 Interventi settoriali ... 23

1.4 Giurisprudenza e Corte Costituzionale ... 24

1.5 Riforme: Dlvo n. 80/1998 e l. n. 205/2000... 30

1.6 Il Codice del processo amministrativo ... 35

Capitolo 2 – L’accesso al fatto ... 38

2.1 Il giusto processo ... 38

2.1.1 La costituzione del 1948 ... 38

2.1.2 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo 41 2.1.3 Legge costituzionale n. 2 del 1999 ... 45

2.1.4 Giusto processo e processo amministrativo .. 56

2.2 Discrezionalità tecnica ... 59

2.2.1 Sindacabilità della discrezionalità tecnica ... 70

2.2.2 Sindacato diretto e sindacato indiretto ... 76

2.2.3 L’intensità del sindacato ... 77

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2.2.5 Una sentenza importante ... 82

2.2.6 Orientamenti recenti ... 98

2.3 Le valutazioni dell’autorità antitrust ... 108

Capitolo 3 – Consulenza tecnica d’ufficio e verificazione ... 117

3.1 L’istruttoria ... 117

3.2 Novità della legge n. 205 del 2000 ... 124

3.2.1 Presupposto per la nomina del consulente e specialità del giudice amministrativo ... 132

3.2.2 C.T.U. e Verificazione nella legge n. 205 del 2000 137 3.2.3 L’utilizzo della consulenza tecnica nelle giurisdizioni amministrative ... 138

3.3 C.T.U. nel Codice del processo amministrativo . 141 3.3.1 Verificazione e rapporto con la consulenza tecnica d’ufficio dopo il codice del processo amministrativo ... 153

3.4 Accertamento tecnico preventivo ... 159

3.5 La consulenza tecnica preventiva ... 164

Conclusioni ... 170

Bibliografia ... 175

Giurisprudenza ... 190

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Introduzione

Nella seguente trattazione viene analizzata la disciplina dell’istruttoria nel processo amministrativo con particolare ri-ferimento alla sua evoluzione, partendo da un sistema istrut-torio prevalentemente basato sull’atto, dove opera un filtro tra l’autorità giurisdizionale e il fatto presupposto del provvedi-mento impugnato, filtro che si sostanzia nella pubblica ammi-nistrazione che ha emanato il provvedimento; per arrivare a un sistema che consente al giudice amministrativo un pieno accesso al fatto.

In primo luogo si compie una ricostruzione della normativa riguardante la fase istruttoria: dalla formazione della giurisdi-zione amministrativa fino all’attuale codice del processo am-ministrativo. Successivamente si analizza l’impatto che su di essa ha avuto il principio del giusto processo, soprattutto con riferimento al principio di effettività della tutela: dalla sua ela-borazione in sede europea, fino al suo esplicito riconosci-mento in Costituzione ad opera della legge costituzionale nu-mero 2 del 1999 che ha riformato l’articolo 111 della Costitu-zione.

In secondo luogo si affronta direttamente il tema dell’ac-cesso al fatto nel del prodell’ac-cesso amministrativo, con particolare riferimento alla sua analisi attraverso leggi che fuoriescono dall’ambito normativo, che sono definite leggi tecnico-scienti-fiche. Quindi si passa ad un’analisi delle varie teorie dottrina-rie sulla discrezionalità tecnica, o più propriamente sul potere di valutazione tecnico, e sul suo sindacato ad opera del

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dice amministrativo. Bisogna partire descrivendo le più risa-lenti teorie che identificano la discrezionalità tecnica con la di-screzionalità amministrativa pura; poi ci si sposta alla rivolu-zione operata dal pensiero di Giannini che restringendo l’am-bito della discrezionalità amministrativa solamente alla “pon-derazione comparativa degli interessi pubblici, primari e se-condari con interessi privati”, nega in tal maniera che la di-screzionalità tecnica possa essere ricompresa in tale ambito. Si arriva poi alle teorie che scindono il potere di valutazione tec-nica in due momenti distinti, uno più incentrato sul fatto e sulla applicazione ad esso della legge tecnico-scientifica di ri-ferimento, e uno invece più strettamente valutativo, che può essere ricompreso nel merito amministrativo.

Il vero nodo problematico riguarda il limite fino al quale il giudice possa spingersi nel sindacato sulla discrezionalità tec-nica. Si passa quindi ad una analisi delle varie teorie sulla sin-dacabilità della discrezionalità tecnica da quella che concepi-sce un sindacato meramente estrinseco sulla valutazione ope-rata dall’amministrazione, a quella che prevede un controllo intrinseco, quindi che scende nell’analisi concreta del fatto, che prevede al suo interno una corrente maggioritaria che ri-serva alla pubblica amministrazione degli spazi di sua esclu-siva competenza che il giudice non può sindacare, e una mi-noritaria che prevede la completa sindacabilità e sostituibilità delle scelte della pubblica amministrazione con quelle operate dall’autorità giurisdizionale. Si analizza poi l’evoluzione della giurisprudenza, con particolare attenzione alla nota sentenza del Consiglio di Stato n. 601 del 1999 che segna un’importante svolta nell’orientamento del supremo giudice amministrativo.

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In ultima analisi si affronta il tema dell’esiguità dei mezzi istruttori finalizzati ad un efficace accesso al fatto a disposi-zione del giudice amministrativo, ma anche della scarsa atti-tudine del giudice medesimo ad utilizzare quelli che ha a di-sposizione. Anche da questo punto di vista c’è un’evoluzione con un incremento del novero dei mezzi istruttori grazie prima al decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente della legge n. 205 del 2000; si fa quindi riferimento all’introdu-zione della consulenza tecnica d’ufficio nel processo ammini-strativo e alla sua importanza per garantire un effettivo potere al giudice amministrativo, nell’accertamento della realtà sot-tostante al provvedimento oggetto del processo.

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Capitolo

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Evoluzione

dell’istruzione probatoria nel

giudizio amministrativo

1.1 Nascita del sistema di giustizia

ammi-nistrativa

Il nostro sistema di giustizia amministrativa trova fonda-mento in due norme fondamentali, rispettivamente del 1865 e del 1889. Con la prima venne affermata la giurisdizione del giudice ordinario per la soluzione delle controversie laddove fosse coinvolta la pubblica amministrazione, abbandonando il precedente sistema di contenzioso amministrativo.1 Con la

se-conda venne istituito un organo collegiale, la IV sezione del Consiglio di Stato, che solo successivamente sarà riconosciuto come organo avente natura giurisdizionale; il giudice ordina-rio (unico) viene affiancato da un altro giudice, venendosi così a creare un sistema c.d. binario2.

1.1.1 Legge 20 Marzo 1865, n. 2248

A seguito dell’unificazione dello Stato Italiano, che come noto avvenne attraverso l’espansione del Regno di Sardegna,

1 Sistema esistente presso la maggior parte degli stati preunitari e che

poi passò nel Regno d’Italia. Sistema ancorato ad una concezione illumini-stica basata su una rigida separazione dei poteri in cui non è concepibile che l’Amministrazione sia in qualsiasi modo sottoposta agli organi giuri-sdizionali. Modello di derivazione francese che viene ripreso da molti Stati preunitari a seguito della Restaurazione del 1815.

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rimasero transitoriamente in piedi i vari sistemi degli Stati preunitari, in attesa di una riforma che unificasse anche il si-stema amministrativo del neoformato Regno d’Italia.

C’erano due possibili alternative all’attenzione del Parla-mento: il mantenimento o l’abolizione del sistema del conten-zioso amministrativo. Il modello alternativo trova fonda-mento nella costituzione belga del 1831 ed è caratterizzato dal fatto che le controversie riguardanti l’amministrazione ven-gono deferite al giudice ordinario, al pari di ogni altra contro-versia. Il dibattito parlamentare non giunse a termine per il sopraggiungere della guerra contro l’Impero Austro-Ungarico (terza guerra d’indipendenza); furono concessi pieni poteri all’esecutivo, che approvò la legge n. 2248/1865, di unifica-zione amministrativa.

Questa legge conteneva nell’All. D la disciplina del Consi-glio di Stato, e, nell’All. E disciplinava il contenzioso ammini-strativo. L’articolo 1 dell’All. E prevedeva l’abolizione dei tri-bunali del contenzioso amministrativo e l’articolo 2 stabiliva che “tutte le cause per contravvenzioni e tutte le cause nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico” fossero devolute al giudice ordinario: in altre parole si prevedeva che, qualsiasi diritto soggettivo, vantato dal cittadino nei confronti dell’amministrazione, aveva acquisito la tutela giurisdizio-nale.3

La legge assicurava tutela giurisdizionale ai soli diritti sog-gettivi, lasciando così numerose controversie con

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strazione (quelle che non rientravano nella fattispecie dell’ar-ticolo 2: “diritti civili o politici”) al di fuori della giurisdizione, e risolvibili solo attraverso i ricorsi amministrativi, di solito decisi dalle autorità amministrative gerarchicamente sovraor-dinate a quelle che avevano adottato il provvedimento impu-gnato.

Ad accentuare la parzialità della riforma contribuì il modo restrittivo nel quale fu attuata. Da una parte il giudice ordina-rio non allargò la portata della propria azione fino ai limiti che la legge gli avrebbe consentito. Dall’altra il Consiglio di Stato, nello svolgimento del suo compito (dirimere i conflitti di attri-buzione tra organi amministrativi e giurisdizionali), ridusse significativamente l’ambito della tutela giurisdizionale. Tutto ciò si spiega in ragione di un piano teorico dei rapporti tra am-ministrazione e cittadino in evidente contrasto con la lettera della legge: un piano teorico dove si percepivano due sfere se-parate (e non sovrapposte), l’una riservata al potere dell’am-ministrazione e l’altra ai diritti dei cittadini4, laddove si

eser-citava un potere non c’era spazio per i diritti dei cittadini. Le due sfere erano delimitate dalle leggi, “leggi amministrative” da cui deriva il potere amministrativo e “leggi civili e politi-che” su cui si fondano i diritti soggettivi dei cittadini. Per que-sto orientamento, quindi, una legge amministrativa attribuiva potere all’amministrazione e ciò escludeva automaticamente

4 G. AZZARITI, Dalla discrezionalità al potere: la prima scienza del diritto

amministrativo in Italia e le qualificazioni teoriche del potere discrezionale,

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9

che potesse attribuire diritti ai cittadini, quindi l’assenza di di-ritti soggettivi comportava l’assenza della tutela giurisdizio-nale.

In definitiva la riforma del 1865 fu una prima risposta uni-taria al problema della tutela nei confronti dell’amministra-zione5 ma non di certo pienamente soddisfacente.

1.1.2 Le Leggi Crispi del 1889

Ben presto però ci si rese conto della scarsa attenzione pre-stata ai cosiddetti “diritti minori” ossia i diritti nascenti dalle “leggi amministrative”, questo il vero limite della legge del 1865. La soluzione venne dal governo di sinistra presieduto dall’on. Francesco Crispi che il 31 Marzo del 1889 varò la legge n. 59926, poi coordinata con l’All. D della legge del 1865 nel

testo unico approvato con regio decreto 2 Giugno 1889, n. 6166. Con essa venne modificata la composizione del Consi-glio di Stato, con l’istituzione della IV Sezione, denominata “per la giustizia amministrativa”. Questa Sezione assunse il compito di “decidere i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo

5 A. SALANDRA, La giustizia amministrativa nei governi liberi, Torino,

1904, 101

6 Nella relazione della legge, riportata da G. BARBAGALLO, La

giusti-zia amministrativa, sistemi monisti e dualisti a confronto. La giurisdizione del Consiglio di Stato dalle origini al 1923, nel Regno di Sardegna e nel Regno d’Italia,

in www.giustizia-amministrativa.it, si legge che la finalità di tale legge era quella di dare tutela agli interessi sacrificati dalla legge 20 Marzo 1865, All. E (“La legge 20 Marzo 1865, allegato E, […] se per una parte fu applica-zione del principio di libertà, segnò per l’altra un vero regresso, in quanto che lasciò al solo apprezzamento dell’autorità amministrativa interessi che prima avevano un giudice”).

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deliberante, che abbiano per oggetto un interesse di individui o di enti morali giuridici, quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell’autorità giudiziaria, né si tratti di materia spettante alla giurisdizione e alla attribuzioni contenziose di corpi o collegi speciali” (art.3).

Permaneva tuttavia il dubbio circa la natura giuridica della IV Sezione del Consiglio di Stato; la sua natura giurisdizionale sarà positivamente affermato solo dalla successiva legge del 7 Marzo 1907, n. 62, anche se tale convinzione si era già prece-dentemente affermata per merito dell’attività della Corte di Cassazione7: in base alla legge n. 3761 del 1877 essa poteva

“regolare la competenza tra l’autorità giudiziaria e quella am-ministrativa quando l’una o l’altra siansi dichiarate incompe-tenti” (art. 3 n.2), quindi decidere i conflitti negativi di attribu-zione; oppure giudicare dei conflitti di giurisdizione positivi o negativi fra i tribunali ordinari e le altre giurisdizioni spe-ciali. Di fronte a decisioni della IV Sezione sulla propria com-petenza, le Sezioni Unite, per evitare l’usurpazione delle pro-prie attribuzioni, non avevano altro mezzo (trattandosi di con-flitto positivo di attribuzione) che trasformare il concon-flitto di attribuzione in un conflitto di giurisdizione, basandosi quindi sul presupposto che le decisioni siano in realtà delle sentenze e che la IV Sezione abbia natura di giurisdizione speciale.8

Per quanto riguarda più nello specifico l’istruzione proba-toria, bisogna osservare una forte ostilità degli artefici della

7 Alla Corte di Cassazione, con la legge n. 3761 del 31 Marzo 1877, fu

trasferita la competenza di risolvere i conflitti di attribuzione.

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normativa del 1889 verso un ampliamento dell’arsenale pro-batorio. Emblematico di ciò fu l’accoglimento molto ostile9 che

l’Ufficio centrale del Senato riservò all’art. 15 del Progetto Cri-spi10. Questo testo non disciplinava direttamente l'istruzione

ma, attraverso un rinvio al Codice di procedura civile per tutto quanto “non è regolato dalla presente legge” (articolo 15 Pro-getto Crispi), sull’esempio, al tempo sempre attuale11, dei

tri-bunali ordinari del contenzioso amministrativo12, intendeva

9 Nella relazione Costa al Senato si legge sul punto: “Se l’istruzione è

incompleta deve spettare al magistrato amministrativo di ordinarne il compimento: ma come la materia del giudizio è l’atto o provvedimento dell’autorità, è all’autorità che lo ha emanato che si devono richiedere gli elementi di fatto occorrenti per decidere se, nei diversi casi, sia legale, o giusto, o l’uno e l’altro insieme” (Così relazione Costa, 21).

10 Il testo dell’art. 15 del Progetto Crispi si ritrova in A. SALANDRA, La

giustizia amministrativa nei governi liberi, cit., 554. L’Autore, a proposito

della soppressione, voluta dall’Ufficio Centrale del Senato, su proposta del Senatore Costa, dell’art. 15 del Progetto Crispi, scrive: “Si volle creare un tipo autonomo di procedura…” e in particolare; “…Appare nella mente dei legislatori il proposito di istituire un sistema di procedimento che fosse un quid medium fra il giurisdizionale e l’amministrativo, in guisa che, pur accordandosi in larga misura tutte le guarentigie della contesa giudiziale pubblica e orale, la trattazione dell’affare, specie nel periodo istruttorio, non uscisse dall’ambito della gerarchia amministrativa e fosse condotta con criteri e mediante strumenti amministrativi”.

11 Non bisogna dimenticare che come ci ricorda SALANDRA, La

giusti-zia amministrativa nei governi liberi, cit., Crispi era stato uno degli oppositori

della legge abolitiva del contenzioso amministrativo e già dal 1873 aveva denunciato l’assoluto vuoto di tutela riservato agli interessi dalla legge abolitiva, quindi, come ci riporta SALANDRA, op. cit., 489-490: “A suo pa-rere, lasciando sussistere un tale stato di cose, mancherebbe sempre quella difesa, che era stata tolta ai cittadini con la legge del 1865; dappoiché que-sta non aveva abolito il contenzioso, aveva tolte le garanzie del giudizio ed era, per questo rispetto, uscita non di vantaggio ma di danno al paese”.

12 Sull’ampiezza dei mezzi istruttori nel sistema del contenzioso v. S.

SAMBATARO, L’abolizione del contenzioso nel sistema di giustizia

amministra-tiva, Milano, 1977, 205 e ss.. Da cui emerge il costante ricorso dei giudici

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chiaramente aprire il nuovo processo all'intero arsenale pro-batorio del processo civile.13 Da ciò emerge che l’intento di

Crispi era quello di dare un vero e proprio giudice agli inte-ressi legittimi che a seguito della legge del 1865, erano rimasti privi di tutela.14 Per tali ragioni, forte si dimostrò la sua

con-trapposizione in Parlamento al progetto De Pretis, che pren-deva il nome da A. De Pretis, Presidente del Consiglio dei Mi-nistri e Ministro per l’Interno che lo presentò il 18 febbraio 1884. Questo progetto si basava su una configurazione rigida-mente cassatoria per il nuovo giudizio, prevedendo all’art. 41 che “quando il consiglio ritenga che l’affare su cui si deve pro-nunciare non è ben istruito, o che i fatti dichiarati nel ricorso o risultati dall’atto impugnato sono in contraddizione con i do-cumenti, può sospendere la cognizione dell’affare, riman-dando all’autorità dalla quale è emanato il provvedimento im-pugnato perché, previa nuova istruzione, proceda ad una nuova decisione o ad un nuovo provvedimento”.15

13 N. DI MODUGNO, La nuova giurisdizione esclusiva e la prova nel

pro-cesso amministrativo: prime riflessioni sulla recente riforma, in Dir. Proc. Amm.,

2000, 13 ss.

14 Ciò appare confermato leggendo la sua Relazione al senato il 22

No-vembre 1887: “Quella legge (legge 20 Marzo 1865, n. 2248) … segna… un vero regresso, in quanto che lasciò al solo apprezzamento dell’autorità am-ministrativa interessi che prima avevano un giudice. Il bisogno di provve-dimenti legislativi, che dessero guarentigie ai cittadini, fu sentito nel mo-mento stesso in cui il Parlamo-mento discuteva quella legge: e da allora si fece sempre più numerosa la schiera dei pubblicisti e degli uomini parlamen-tari che invocassero garanzie atte a contenere l’azione amministrativa nei limiti della giustizia”. (Così Crispi, Rel. Cit., in SALANDRA, La giustizia, cit., 497)

15 Il testo dell’art 41 del Progetto De Pretis del 18 febbraio 1884 è in M.

LA TORRE, Il sistema delle prove davanti al Consiglio di Stato in sede

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Fra l’indirizzo più innovatore di Crispi, che rischiava di met-tere in forte crisi l’equilibrio creatosi dopo il 1865,16 e quello

più conservatore, che prevaleva in Senato, si dovette giungere ad un compromesso. Al modello rigidamente cassatorio del Progetto De Pretis si impose un temperamento: vi sarebbe stata un’istruzione processuale ma la raccolta delle prove sa-rebbe stata demandata, in caso di incompletezza dell’istru-zione procedimentale o di contraddittorietà fra fatti che risul-tavano dall’atto e i documenti, all’Amministrazione interes-sata.17

In definitiva prevalse un sistema probatorio basato sulla prova documentale e sulla verificazione affidata alla stessa pubblica amministrazione parte in causa rispetto al recepi-mento del diritto probatorio civile proposto, implicitamente ma chiaramente, da Crispi.18 Immagine speculare di un

pro-cesso amministrativo visto come un’ulteriore istanza di veri-fica della legittimità dell’atto successiva a un procedimento in cui la situazione di fatto era già stata acclarata e a una fase contenziosa amministrativa in cui i vari aspetti erano già stati dibattuti; al Consiglio di Stato si chiedeva esclusivamente di

16 La nascita della IV sezione come vera e propria “giurisdizione

spe-ciale di diritto pubblico” allarmò non poco “… i numerosi propugnatori della giurisdizione unica” (così SALANDRA, La giustizia, cit., 511). Dato che non potevano apertamente contrapporsi alle nuove idee favorevoli alla nascita della giurisdizione amministrativa, intesero comunque “negare alla nuova istruzione ogni carattere giurisdizionale” (SALANDRA, La

giu-stizia, cit., 511).

17 N. DI MODUGNO, La nuova giurisdizione esclusiva e la prova nel

pro-cesso amministrativo: prime riflessioni sulla recente riforma, in Dir. Proc. Amm.,

2000, 43.

18 Recepimento che ricordava troppo i giudici ordinari del contenzioso

amministrativo soppressi nel 1865 e che quindi avrebbe alimentato le resi-stenze del partito della giurisdizione unica, ancora forte in Senato.

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esprimere una valutazione finale e definitiva circa la legitti-mità de provvedimento.19

Da tale contesto si forma la convinzione che ha influenzato fino ad oggi l’attività istruttoria, ovvero che mentre il giudice civile è pienamente giudice del fatto, con i connessi poteri di accertamento corrispondenti alla funzione, il giudice ammini-strativo è giudice dell’atto e deve recepire la situazione fat-tuale come assunta dall’amministrazione stessa a presupposto dell’atto impugnato.20

1.1.3 Il regolamento di procedura del 1907

La legge del 7 Marzo 1907 n. 62 (coordinata con il testo unico del 17 Agosto 1907, n. 638 e con il relativo regolamento di procedura, approvato con il regio decreto 17 Agosto 1907, n. 642.) modificò le leggi sul Consiglio di Stato e sulla giustizia amministrativa.

Anzitutto essa istituì la V Sezione del Consiglio di Stato a cui venne affidata la giurisdizione estesa al merito (per le con-troversie successivamente elencate all’art. 23 del t.u.

19 C. E. GALLO, Lo svolgimento del giudizio nel processo amministrativo, in

Dir. Proc. Amm., 1986, 513.

20 A. CHIZZINI, Il potere istruttorio del giudice amministrativo nel quadro

delle recenti riforme delineate dal d.lgs. 80/1998 e dalla l. 205/2000, in Dir. Proc. Amm., 2001, 872 ss. che, nell’analizzare l’origine del nostro sistema di

giu-stizia amministrativa, afferma che “la natura autoritativa del potere pub-blico impone che la possibilità di tutela per il cittadino non si indirizzi verso un giudizio pieno di diritto e sul fatto, ossia sugli interessi in con-flitto, ma deve affidarsi solo ai principi di tipicità e vincolatezza dell’agire amministrativo, consentendo una tutela di mera conformità dell’atto alla norma” (877).

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638/1907), e confermò alla IV sezione la giurisdizione gene-rale di legittimità. Inoltre, come accennato, dichiarò esplicita-mente giurisdizionali ambedue le sezioni.21

Finalmente anche la disciplina dell’istruttoria ebbe una sua regolamentazione infatti il regio decreto del 17 Agosto 1907, n. 642 riserva alla fase istruttoria un intero Titolo, il II.22 Per di

più furono previsti poteri istruttori più ampi per le materie oggetto di giurisdizione estesa al merito, infatti la V Sezione poteva ordinare qualsiasi mezzo istruttorio nei modi previsti dal regolamento di procedura. Il sistema quindi muta rispetto al testo unico 6166/1889 dove l’attività istruttoria abbiamo vi-sto essere limitata alle verificazioni e agli schiarimenti posti in essere dalla stessa amministrazione parte in causa e in assenza di contradditorio con il privato.

Il regolamento n. 642 del 1907 disciplinava particolarmente le modalità di assunzione dei mezzi di prova, contenendo tut-tavia alcune disposizioni di carattere generale.23

21 Sulle innovazioni apportate dalla legge 62/1907 v. A. CERRETO,

L’istituzione della V sezione del Consiglio di Stato e le altre innovazioni introdotte dalla L. 7 Marzo 1907 n. 62, con accenno alle questioni fondamentali emerse nella giurisprudenza della V sezione nel periodo 1907-1923, in www.giustizia-ammi-nistrativa.it,

22 Nel previgente sistema l’attività istruttoria era disciplinata

unica-mente dall’art. 37 del testo unico 6166/1889, visto precedenteunica-mente.

23 La qualificazione formale del regolamento di procedura del 1907 ha

creato non pochi problemi, esso oscilla tra la natura di regolamento dele-gato e regolamento di esecuzione. In particolare la Corte Costituzionale ha assunto al riguardo posizioni contrastanti: la sentenza 23 Aprile 1987, n. 146 (in Foro Amministrativo, 1987, 1341) ha implicitamente affermato la na-tura di norma primaria del regolamento, mentre tale nana-tura è stata espres-samente negata dalla successiva sentenza del 18 Maggio 1989, n. 251 (in

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Tuttavia, pur riconoscendo il carattere giurisdizionale alla IV Sezione e aprendo la strada al contraddittorio con il pri-vato24, anche il regolamento del 1907 riferisce tutte le prove ivi

previste all’amministrazione, è quindi la pubblica ammini-strazione ad essere incaricata dell’attività istruttoria (per la giurisdizione di legittimità). Infatti ai sensi dell’art. 27 del re-golamento n. 642 il giudice poteva chiedere all’amministra-zione di produrre quegli atti e documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia; e poteva pure richiedere che l’amministrazione eseguisse “nuove” verificazioni. Que-ste disposizioni si ponevano in evidente contrasto con l’affer-mata natura giurisdizionale del Consiglio di Stato e con le ga-ranzie difensive proprie di qualsivoglia giudizio.25

Questo sistema probatorio si inseriva nel quadro comples-sivo di un processo che era sì rivestito di forme giurisdizionali, ma di fatto impediva al giudice di giudicare l’atto oltre quel limite invalicabile rappresentato dalla necessaria mediazione dell’amministrazione interessata nell’accertamento del fatto.26

1.1.4 Il testo unico del Consiglio di Stato

Successivamente la disciplina normativa venne integrata dalla legge 30 Dicembre 1923, n. 2840 e coordinata nel testo unico del Consiglio di Stato 26 Giugno 1924, n 1054.27 Tale

24 L’art 26 del regio decreto n. 642 del 1907 prevede al terzo comma che

“le parti sono, a cura dell’amministrazione, avvisate, almeno cinque giorni prima, del luogo, della data e dell’ora in cui si eseguiranno le verificazioni.

25 Tra tali garanzie vi è l’imparzialità che deve essere riferita a tutta

l’at-tività giurisdizionale, quindi non soltanto alla fase decisoria ma anche a quella istruttoria (V. per tutti, F. BENVENUTI, L’istruzione nel processo

am-ministrativo, Padova, 1953, 140)

26 N. DI MODUGNO, La nuova giurisdizione esclusiva, cit., 44 27 Che dedica solo l’art. 44 all’attività istruttoria.

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complesso normativo ha costituito la disciplina di riferimento per quanto riguarda l’istruzione probatoria, per un lungo arco temporale, unitamente a poche disposizioni contenute nella legge TAR, sino alle riforme del XXI secolo.28 Difatti, insieme

alle norme sull’assunzione delle singole prove, contenute nel regolamento di procedura del 1907, l’art. 44 del testo unico sul Consiglio di Stato diviene la norma centrale per la definizione dei poteri istruttori del giudice, stabilendone i presupposti per l’esercizio (quando “l’istruzione dell’affare è incompleta” o i “fatti affermati nell’atto o provvedimento sono in contraddi-zione con i documenti”29) e prevedendo i soli tre mezzi di

prova esperibili: documenti, schiarimenti e verificazioni. I poteri del giudice riconosciuti dal testo unico sono stati scarsamente valorizzati mentre, invece, si fece strada la con-vinzione che al giudice amministrativo spettasse una sorta di prosecuzione dell’istruttoria procedimentale piuttosto che un riesame autonomo e diretto della realtà dei fatti posti a fonda-mento della decisione impugnata. In particolare, data l’ambi-gua formulazione (istruzione “dell’affare”), al principio l’art

28 La limitatezza dei mezzi di prova ammessi nella giurisdizione di

le-gittimità “non ad altro può essere ascritta se non ad insufficiente stadio di sviluppo di questo momento nel processo amministrativo” (F. BENVE-NUTI, L’istruzione nel processo amministrativo, cit.,5 ove si precisa che tale insufficienza dipende da una assimilazione della giurisdizione ammini-strativa al sistema dei ricorsi gerarchici che per ragioni storiche e solo nel “momento” istruttorio, persiste).

29 Come rilevato da P. DE LISE, La prova nella procedura delle giurisdizioni

amministrativa, in Cons. di Stato, 1974, 963, il giudice può provvedere

d’uf-ficio al perfezionamento dell’istruzione “sulla base di una contraddizione che egli abbia rilevato sussistere negli stessi atti acquisiti al processo”, e per quanto riguarda l’incompletezza, significa “da un lato, un’insufficiente evidenza o certezza di alcuni elementi, rilevanti ai fini della decisione, che emergono dal materiale acquisito dalle parti al processo, ma che non sono ancora essi stessi acquisiti, e, d’altro canto, una insufficienza degli elementi già acquisiti a fondare la decisione”.

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44 viene interpretato nel senso che il giudice deve disporre una nuova attività istruttoria solamente se non risultasse com-pleto quanto affermato dall’amministrazione nel provvedi-mento impugnato e negli atti del procediprovvedi-mento. La disposi-zione è stata quindi intesa nel senso di una limitadisposi-zione dei po-teri istruttori del giudice ai soli casi in cui risultasse incom-pleta l’istruzione procedimentale.30 Per di più, come visto, i

mezzi istruttori previsti erano solo tre (richiesta di documenti, o atti in possesso dell’amministrazione, gli schiarimenti forniti dalla pubblica amministrazione e le verificazioni condotte dalla stessa amministrazione parte in causa cioè le indagini volte alla conoscenza dei fatti), ma, soprattutto, erano posti in essere direttamente dall’amministrazione.

Completamente diversa la questione per la V Sezione, l’istruzione necessaria per “la scoperta della verità” è inevita-bilmente più ricca rispetto a quella necessaria per la legittimità dell’atto emanato31 sulla scorta di un’attività istruttoria già

compiuta seppure da una sola delle parti in causa. Nello spe-cifico, per la giurisdizione di merito, l’art. 36 del testo unico del 1924 prevedeva che la V Sezione potesse “ordinare qua-lunque mezzo istruttorio” oltre quelli previsti per il giudizio di legittimità.

Il sistema istruttorio del giudizio di legittimità non si rivela adeguato per due ordini di ragioni, una prima perché si rivela inidoneo a fornire ai soggetti del processo gli strumenti per

30 Tesi sostenuta da V. SPAGNUOLO VIGORITA, Notazioni

sull’istrut-toria nel processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1984, 7 ss

31 G. DE GIORGI CEZZI, La ricostruzione del fatto nel processo

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19

accertare pienamente i fatti, una seconda per la ridotta possi-bilità concessa al giudice di avere accesso diretto al fatto, se non attraverso l’atto impugnato.32

Emerge il tratto caratteristico dell’attività istruttoria se-condo cui il giudice amministrativo conosce la realtà attra-verso il filtro dell’atto33, o, in altri termini, nel giudizio, il

giu-dice amministrativo poteva conoscere i fatti solo sulla base delle allegazioni delle parti e dei documenti da essi prodotti soprattutto attraverso il provvedimento impugnato.34 Nella

prassi giudiziale, vero è che nella larga parte dei casi l’esi-genza di delucidazione dei termini della lite o della base fat-tuale del provvedimento poteva essere appagata attraverso l’esame degli atti e dei documenti cartacei che il giudice am-ministrativo ha tutto il potere di acquisire al giudizio. Tuttavia nei casi in cui non poteva sopperire l’esame approfondito dei documenti, nonché in presenza di espressa richiesta delle parti di disporre specifici mezzi di prova, poteva emergere la necessità di assunzione di adeguati esperimenti probatori. In aggiunta la crescente complessità della materia del contendere veniva accentuando la necessità di assicurare al processo am-ministrativo strumenti capaci, al tempo stesso, di accrescere la conoscenza del giudice in ordine al fatto e di dimostrare de-terminate circostanze.

32 R. GIOVAGNOLI – L. IEVA – G. PESCE, Il processo amministrativo di

primo grado, a cura di F. CARINGELLA – R. GAROFOLI, Trattato di giustizia amministrativa, Milano 2005, 787

33 M.NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 2002, 229

34 G. ABBAMONTE – R. LASCHENA, Giustizia amministrativa, in G.

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Partendo da un processo amministrativo concepito come strumento di verifica della legittimità degli atti amministra-tivi, coerentemente, la disciplina probatoria ivi prevista risulta essere in una certa maniera impermeabile rispetto all’accerta-mento dei fatti.35 Ciò è espressione di una visione che

conce-piva il giudizio amministrativo di legittimità come diretto alla demolizione dell’atto impugnato. E anche in relazione al giu-dizio in sede di giurisgiu-dizione esclusiva, dove ancora maggiore era l’esigenza di un accesso pieno al fatto, si era instaurata una tendenza assimilatrice al giudizio di legittimità in sotto il pro-filo dell’istruzione probatoria.

Era evidente che un tale sistema non tutelasse adeguata-mente il ricorrente, ponendosi, successivaadeguata-mente in contrasto con i principi Costituzionali riconducibili al diritto di difesa, tuttavia dal punto di vista legislativo si assiste ad un sostan-ziale immobilismo sino alle riforme di fine anni ’90 e successi-vamente al Codice del processo amministrativo che riscriverà l’intera disciplina. Infatti la disciplina non è cambiata con l’istituzione dei tribunali amministrativi regionali (TAR). Il principale artefice della rivisitazione dei principi dell’istru-zione probatoria non è stato né il legislatore né la Corte Costi-tuzionale, quanto piuttosto la dottrina, che vi procedette a le-gislazione invariata, interpretando in senso opposto rispetto al passato36 le medesime disposizioni del Testo unico, con lo

35 F. G. SCOCA, Sulle implicazioni del carattere sostanziale dell’interesse

le-gittimo, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, III, Milano, 1988, 670.

36 Ciò lo dobbiamo soprattutto all’opera di Benvenuti (G. MANFREDI,

Il regime probatorio nel codice del processo amministrativo, in Urbanistica e ap-palti, 2011, 476.

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scopo di portare il sistema verso una dimensione più con-forme ai parametri costituzionali del giusto processo.

1.2 La legge istitutiva dei Tribunali

Ammi-nistrativi Regionali (T.A.R.)

La normativa vista sinora (Testo unico del Consiglio di Stato e il regolamento di procedura del 1907) costituì per quasi cinquant’anni la disciplina di riferimento dell’attività istrutto-ria del giudice amministrativo. In questo periodo il legislatore è intervenuto solo con normative settoriali e con le poche di-sposizioni sull’istruttoria contenute nella normativa istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali (legge n. 1034 del 1971). In particolare, quest’ultima ha introdotto delle novità in materia di istruttoria, senza tuttavia modificare il piano di ri-ferimento e i suoi principi ispiratori. Nello specifico l’art 19 della legge TAR stabiliva che nei giudizi dinanzi ai tribunali amministrativi regionali si sarebbero applicate, ove non con-trastanti, le “norme di procedura” previste per il giudizio da-vanti al Consiglio di Stato “fino a quando non verrà emanata apposita legge sulla procedura”.37

L’articolo 21 afferma espressamente i poteri istruttori, rife-riti al presidente, al V e VI comma: al V attribuisce al presi-dente la potestà di pronunciare ordinanza per ottenere dall’amministrazione l’esibizione degli atti e dei documenti, al

37 Secondo la dottrina il richiamo era riferito sia al Testo unico del

Con-siglio di Stato, sia al regolamento di procedura del 1907 (R. LUCIFREDI – V. CAIANIELLO, I tribunali amministrativi regionali, Torino, 1972, 185

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VI viene estesa tale facoltà anche a soggetti diversi dall’ammi-nistrazione.

L’articolo 22 è relativo alla costituzione in giudizio e con-sente alle parti che intervengono o si costituiscono in giudizio, di presentare istanze, che possono assumere anche natura istruttoria.

L’articolo 23, V comma prevede un’istruttoria presiden-ziale da svolgersi prima dell’udienza di discussione, nel cui ambito, il presidente, ove occorra, può disporre incombenti istruttori.

Più interessante risulta essere l’articolo 21, III comma, che ha esonerato il ricorrente dall’obbligo di depositare in giudi-zio il provvedimento impugnato, facendo incombere tale ob-bligo in capo all’amministrazione, insieme a tutti gli atti del procedimento su cui esso si fonda. Questa è una significativa novità poiché appare molto più coerente addossare l’onere del deposito del provvedimento impugnato all’amministrazione che lo ha emanato piuttosto che alla parte che lo ha impu-gnato.38

Quest’obbligo può essere letto come un’attività istruttoria rivolta all’amministrazione, che prescinde dalla sua posizione nel giudizio, ma in relazione della funzione collaboratrice della pubblica amministrazione verso il giudice.39 Pur

accen-tuandosi il carattere “neutrale” di questa istruzione prepara-toria dell’amministrazione, l’accertamento degli elementi di fatto continua a svolgersi prima e al di fuori della naturale

38 L. MIGLIORINI, L’istruzione nel processo amministrativo di legittimità,

Padova, 1977,63 ss.

39 A. ANDREANI, L’istruzione nei processi davanti ai tribunali

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sede processuale ed esclusivamente sul provvedimento impu-gnato, per poi essere semplicemente recepita dal giudice am-ministrativo.

1.3 Interventi settoriali

Dopo la legge istitutiva dei tribunali amministrativi regio-nali il legislatore è intervenuto nella materia soltanto con di-scipline settoriali.40 Esempio emblematico è l’articolo 16, della

legge del 28 Gennaio 1977, n. 10 (“Norme per l’edificabilità dei suoli” e detta anche legge Bucalossi), che, nei ricorsi giurisdi-zionali contro il provvedimento con cui la concessione edilizia viene data o negata41 ovvero contro la determinazione e la

li-quidazione del contributo e delle sanzioni previste dagli arti-coli 15 e 18 della medesima legge, ammette, oltre i tradizionali mezzi di prova previsti dal Testo unico, anche le perizie di cui all’articolo 27, regio decreto 17 Agosto 1907, n. 642.42

Siano pure settoriali, questi interventi danno comunque il segnale che un allargamento dei mezzi istruttori era ormai ne-cessario per consentire un pieno accesso al fatto da parte del giudice amministrativo. Inoltre bisogna rilevare che per una rilevante parte della dottrina l’articolo 16 della legge del 28

40 Quindi che non hanno portata generale

41 Cioè “in una materia, quale quest’ultima, che pacificamente ha ad

oggetto interessi legittimi” (N. DI MODUGNO, La nuova giurisdizione

esclu-siva e la prova nel processo amministrativo: prime riflessioni sulla recente riforma,

cit., 29).

42 Sui profili istruttori di questa normativa si rinvia a G.

MAR-CHIANO’, L’ampliamento dei mezzi di prova nel giudizio amministrativo di

le-gittimità ex art. 16 l. n. 10 del 1977, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1983, 126 ss.

Essa ritiene che con tale modifica legislativa viene consentito “il supera-mento del limite rappresentato dall’atto impugnato attraverso la perce-zione diretta della realtà di fatto che ha dato origine al provvedimento”

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Gennaio 1977, n. 10 costituisce il primo vero passo verso l’in-gresso della consulenza tecnica d’ufficio nel processo ammi-nistrativo.

1.4 Giurisprudenza e Corte Costituzionale

Un tale sistema istruttorio non poteva certo dirsi conforme ad una concezione moderna di stato di diritto e tantomeno con il sistema delle garanzie in tema di tutela dei diritti e degli in-teressi contenuti nella nostra Carta costituzionale.

L’articolo 24 della Costituzione riconosce a tutti la tutela dei diritti e degli interessi legittimi, anche nei confronti della pubblica amministrazione e verso i suoi atti. Esso richiede, af-finché la sua tutela sia effettiva, anche il diritto alla prova, cioè il diritto alla possibilità di provare, o far accertare, in giudizio, l’esattezza delle proprie affermazioni.43

La Costituzione, che riconosce la giurisdizione amministra-tiva, ha espressamente affermato il diritto di agire da parte del cittadino sia di fronte alla giurisdizione civile sia dinanzi a quella amministrativa.44 Quindi se una parte non può far

ve-rificare, dal giudice, l’esattezza delle sue affermazioni o co-munque questi non accerti i presupposti di fatto controversi, non può dirsi realizzato il diritto costituzionale alla prova. Quindi un sistema istruttorio che impedisce un’adeguata va-lutazione della situazione di fatto, deve ritenersi

43 V. VIGORITI, Garanzie costituzionali del processo civile. Due process of

law e art. 24 Cost., Milano, 1970

44 G. PESCE, Poteri istruttori e mezzi di prova nel processo amministrativo,

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mente illegittimo, poiché limita solo ad alcuni vizi (quelli for-mali contenuti nella vecchia normativa) la tutela giurisdizio-nale verso gli atti della pubblica amministrazione.

Nonostante la palese violazione, la Corte Costituzionale si pronunciò soltanto nel 23 Aprile 1987, con la sentenza costitu-zionale n. 146, che dichiarò l’illegittimità costitucostitu-zionale dell’art. 44 del testo unico sul Consiglio di Stato nella parte in cui non ammetteva nelle controversie in materia di pubblico impiego tutti i mezzi istruttori previsti dal codice di procedura civile per il processo del lavoro.45 Nello specifico, la Consulta

ha ritenuto che violasse gli art. 3 e 24, primo e secondo comma della Costituzione, la limitazione nell’accesso al fatto nelle controversi in materia di pubblico impiego, dovuto alla scar-sità dei mezzi istruttori previsti dall’art 44 del testo unico e dell’art 26 del regolamento del 1907, poiché ritenuti in contra-sto con il principio dell’azione in giudizio e con la garanzia del diritto di difesa. Si tratta di una pronuncia rilevante poiché ha il ruolo di apripista verso un’evoluzione del sistema di istru-zione probatoria, e con essa, dell’intero processo amministra-tivo.46 Pur se ovviamente circoscritta alla giurisdizione

45 Tale sentenza è stata commentata da M. E. SCHINAIA, Notazione sul

regime probatorio nelle controversie di pubblico impiego, in Dir. Proc. Amm.,

1988, 5 ss; G. VACIRCA, Prime riflessioni sul nuovo regime delle prove e delle

controversie in materia di pubblico impiego, in Foro Amm., 1987, 1344 ss; F.

SAITTA, Nuovi orientamenti in tema di mezzi di prova nel contenzioso sul

pub-blico impiego, in Dir. Proc. Amm., 1987, 599 ss.

46 Secondo A. TRAVI, Garanzia del diritto di azione e mezzi istruttori nel

giudizio amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1987, 588 questa pronuncia

rap-presenta “l’intervento più radicale ed incisivo della Corte costituzionale sul processo amministrativo” riguardante il diritto d’azione in quanto tale nel suo profilo costituito dal diritto alla prova che non dovrebbe essere condizionato dal tipo di situazione soggettiva dedotta in giudizio.

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siva, questa sentenza mette in luce quale sia il fulcro dell’esi-genza riformatrice del processo amministrativo: l’insostenibi-lità della limitatezza dei mezzi istruttori poiché limitatrice dell’accesso al fatto da parte del giudice. Infatti la Corte so-stiene che gli strumenti di indagine a disposizione del giudice amministrativo non sarebbero stati sufficienti ad una com-pleta ricostruzione degli elementi di fatto delle controversie che gli fossero sottoposte.

Al passo avanti nell’evoluzione dell’istruttoria, dettata dalla sentenza appena esaminata, segue una battuta d’arresto dettata da una successiva sentenza della Consulta, la n. 251 del 1989.47

Tale sentenza vedeva la Corte investita della questione ri-guardante la legittimità costituzionale dell’art. 44 del testo unico del Consiglio di Stato in relazione all’art. 24 Cost., ed ha ritenuto costituzionalmente legittimo il sistema istruttorio del processo amministrativo di legittimità essendo strutturato in modo da assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali, pur avendo a disposizione un meno ampio potere di indagine in confronto al processo civile, considerando che è il legisla-tore a dover individuare i mezzi probatori adatti ad attuare tale tipo di sindacato, e tale scelta è censurabile solo ove risulti inidonea a garantire una piena tutela giurisdizionale. Quindi per la Corte costituzionale, in questa sentenza, l’estensione dei mezzi probatori propri del processo civile al processo ammi-nistrativo (quando esso riguardi interessi legittimi) spetta al

47 Sentenza n. 251 del 18 Maggio 1989, in Foro it., 1989, I, 2704.

Com-mento approfondito della quale lo si trova ad opera di G. AZZARITI,

Li-mitazione dei mezzi di prova e istruttoria del processo amministrativo di legitti-mità, in Giur. Cost., 1990, 1698.

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potere discrezionale del legislatore, in considerazione del fatto che le limitazioni rispetto alla possibilità di utilizzare certi mezzi istruttori, è caratteristica propria di tutti i sistemi pro-cessuali, in relazione alla particolarità delle controversie, e non possono certamente considerarsi in contrasto con i prin-cipi costituzionali se rispondono alle esigenze proprie del pro-cesso in considerazione.

Le due sentenze a ben vedere muovono da presupposti di-versi: in quella del 1987 la Corte censurò la disparità di tratta-mento tra lavoratore sottoposto alla disciplina del pubblico impiego e lavoratore privato, dovuta dalla differente sede giu-risdizionale. Secondo la Corte la diversità di sede non poteva comportare una disparità nella tutela poiché in presenza di si-tuazioni soggettive nascenti entrambe da un rapporto di la-voro subordinato.

Per quanto riguarda invece la sentenza n. 251 del 1989, si possono individuare le tracce del percorso evolutivo dell’atti-vità istruttoria, diretto verso un ampliamento dei mezzi per l’indagine, pur essendo un passo indietro sul piano della tu-tela raggiunto. Infatti vi è un riferimento esplicito alla limita-tezza dei mezzi di prova esperibili dal giudice, poi però tem-perato dalla considerazione che se, nella pratica, il giudice non giunge ad una adeguata conoscenza del fatto, lo si deve so-prattutto “al ridotto esercizio che egli fa di detti poteri”. Per di più tale sentenza, non ha affatto escluso la possibilità di un allargamento dell’arsenale istruttorio a disposizione del giu-dice amministrativo; essa ha semplicemente affermato che tale

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ampliamento non può essere realizzato con una sentenza ad-ditiva, ma necessita di uno specifico intervento legislativo.48

La dottrina è divisa nell’accoglimento di questa sentenza poi-ché l’esigenza di ampliamento dei mezzi istruttori era grande-mente sentita e questa viene per lo più vista come un passo indietro e numerose sono le perplessità che essa desta come autorevolmente osservato, la “concezione autoritativa di pub-blica amministrazione sottesa alla sentenza n. 251 del 1989 e, con essa, la concezione di giudizio di legittimità di cui la Corte ha inteso proteggere l’autonomia sono ormai – per fortuna – ampiamente superate nel nostro ordinamento; lo sono indub-biamente oggi, ma in buona parte, in base alla norma della Co-stituzione, lo erano e lo dovevano essere già all’epoca della pronuncia in questione, sebbene vada riconosciuto che la legge n. 241 del 1990, successiva alla stessa, abbia recato un contributo decisivo al superamento, dando avvio a una sta-gione di riforme senza precedenti nel diritto amministra-tivo”.49

48 V. CAIANIELLO, Rapporti tra procedimento amministrativo e processo,

cit., 257 che osserva come la Corte abbia “dichiarato la questione infondata

e non inammissibile, sotto il profilo della violazione dell’art. 24 Cost., rile-vandosi come con essa venisse in realtà proposto un quesito d’ordine legi-slativo e non di costituzionalità”.

49 M. RENNA, Giusto processo ed effettività della tutela in un cinquantennio

di giurisprudenza costituzionale sulla giustizia amministrativa: la disciplina del processo tra autonomia e “civilizzazione”, in G. DELLA CANNEA – M.

DU-GATO, Diritto amministrativo e Corte costituzionale, collana cinquant’anni della Corte costituzionale della Repubblica italiana, Napoli, 2006, 575. In senso critico anche F. P. LUISO, Il principio del contraddittorio e l’istruttoria

nel processo amministrativo e tributario, in Dir. Proc. Amm., 2000, 335. Secondo

cui “la soluzione della Corte sarebbe pienamente soddisfacente se il giudi-zio di legittimità fosse un giudigiudi-zio di puro diritto, come è quello di Cassa-zione”.

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La necessità di un allargamento dei mezzi istruttori è ulte-riormente dimostrata dal fatto che la Corte costituzionale venne nuovamente investita della questione di legittimità della disciplina in tema di istruttoria con riferimento agli arti-coli 3, 24 e 113 della Costituzione, nella parte in cui non con-sentiva al giudice amministrativo, nella giurisdizione di legit-timità, di disporre perizie, accertamenti tecnici e consulenze tecniche d’ufficio, facendosi leva ancora sulla effettività della tutela, che risulta compromessa dall’impossibilità, per il giu-dice, di giungere ad una piena cognizione della realtà fattuale. Inoltre tali limitazioni darebbero luogo ad aree di privilegio dell’attività amministrativa, sottratte al controllo del giudice, impedendo altresì il controllo giurisdizionale del vizio di ec-cesso di potere per travisamento dei fatti, per falsità dei pre-supposti, per difetto di istruttoria e per irrazionalità della scelta tecnica.50

In assenza delle novità legislative51 che hanno ampliato i

mezzi di prova per il giudice amministrativo, il sistema istrut-torio della giurisdizione amministrativa generale di legitti-mità sarebbe stata nuovamente sottoposto a scrutinio di costi-tuzionalità; ma, visto l’intervento del legislatore, la Corte co-stituzionale emana l’ordinanza n. 430 del 21 Dicembre 200152

con cui dispose la restituzione degli atti al Consiglio di Stato affinché il giudice remittente valutasse, se, a seguito dell’in-tervenuta modifica normativa la questione potesse ritenersi

50 V. Consiglio di Stato, sez. IV, ordinanza del 17 Aprile 2000, n. 2292,

in Cons. Stato, 2000.

51 Ci si riferisce al decreto legislativo n. 80 del 1998 e della legge n. 205

del 2000.

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ancora rilevante per quel giudizio. Il Consiglio di Stato ha con-cluso per la sopravvenuta irrilevanza della questione di costi-tuzionalità in ragione dell’applicazione delle nuove regole probatorie anche ai giudizi in corso.53

1.5 Riforme: Dlvo n. 80/1998 e l. n. 205/2000

La situazione dell’attività istruttoria subì una profonda tra-sformazione ad opera delle riforme del 1998 e del 2000.54

La norma chiave per l’attività istruttoria contenuta nel de-creto del 1998 è l’articolo 35, III comma, il quale prevede che il giudice amministrativo, nelle controversie che riguardano materie ricomprese nella giurisdizione esclusiva ai sensi degli articoli 33 e 34, può disporre l’assunzione dei mezzi di prova previsti del codice di procedura civile, ovvero la consulenza tecnica d’ufficio. In un primo momento, quindi, l’estensione dei mezzi istruttori è limitata alla sola giurisdizione esclusiva, la motivazione di ciò risiede nel fatto che in questo primo mo-mento, la questione che maggiormente viene avvertita come prioritaria era l’eliminazione della differenza di trattamento tra diritti soggettivi tutelati dal giudice ordinario e diritti sog-gettivi rientranti in quelle materie che il legislatore ha affidato al giudice amministrativo.

53 Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 Settembre 2002, n. 5026, in Foro

Amm.-Cons. Stato, 2002, 5026.

54 Le previsioni contenute negli articoli 33, 34 e 35 del decreto legislativo

n. 80 del 1998 sono state considerate, prima del 2005, alla stregua di una riforma talmente profonda paragonabile solo alla legge abolitiva del con-tenzioso amministrativa del 1865 (N. DI MODUGNO, La nuova

giurisdi-zione esclusiva e la prova nel processo amministrativo: prime riflessioni sulla re-cente riforma, cit., 18).

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Per quanto riguarda la legge n. 205 del 2000, bisogna rile-vare che tra le due riforme c’è una importante sentenza del Consiglio di Stato che verrà analizzata meglio in seguito, cioè la sentenza n. 601 del 1999 con cui il Consiglio di Stato ha am-messo la sindacabilità da parte del giudice amministrativo, dei provvedimenti tecnico discrezionali, rendendo evidente la ne-cessità di prevedere idonei strumenti istruttori.

Infatti nella legge n. 205 del 2000 osserviamo in primis l’ar-ticolo 1, II comma, che si pone in sostituzione del III comma dell’articolo 44 del risalente testo unico sul Consiglio di Stato, regio decreto n. 1054 del 26 Giugno del 1924, modificando in-cisivamente anche la disciplina delle attività istruttorie che precedono lo svolgimento dell’udienza pubblica, previste dal V comma dell’art 23 della legge istitutiva dei tribunali ammi-nistrativi regionali. Come già illustrato, quest’ultima norma assegna al presidente il potere di disporre, ove occorra, ulte-riori attività istruttorie oltre a quelle già poste in essere su ri-chiesta di parte in sede di costituzione in giudizio ed alle altre successivamente già disposte successivamente alla scadenza dei termini previsti per suddette costituzioni; il nuovo III comma dell’articolo 34 del testo unico sul Consiglio di Stato abilita espressamente lo stesso presidente, o un magistrato da lui delegato, ad ammettere la consulenza tecnica preventiva e alla eventuale ammissione testimoniale in sede di giurisdi-zione esclusiva. La ricorrente previsione della possibilità di delegare i poteri presidenziali istruttori consente, oggi, di pre-sentarsi la figura, sia pure eventuale, del giudice istruttore nel processo amministrativo tutte le volte che il presidente eserciti

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personalmente tali poteri istruttori o deleghi un magistrato in-caricato di curarne gli interessi nel processo, a partire dalla fase di costituzione delle parti e sino al momento nel quale il giudizio dovesse essere ritenuto maturo per un esame colle-giale e per la sua decisione. Tuttavia, in tale legge, non sono per nulla coordinati i rapporti tra giudice istruttore e collegio decidente.

L’articolo 7 della legge n. 205 del 2000 prevede la possibilità di esperire tutti i mezzi di prova previsti per il processo civile (fatta eccezione per le prove legali che non sono coniugabili con il principio del libero convincimento del giudice proprio del processo amministrativo), non solo nelle materie indicate negli articoli 33 e 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998, ma in tutti i casi devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Infine l’articolo 16 della legge 205 del 2000 ha poi introdotto nel processo amministrativo, integrando l’art. 44 del regio de-creto del 16 Giugno 1924, n. 1054, la consulenza tecnica d’uffi-cio, ammessa per ogni tipo di controversia che rientri nella co-gnizione del giudice amministrativo; disposizione che si pone come formale riconoscimento di quel lungo e tortuoso cam-mino diretto verso un giudice amministrativo non più sog-getto alla conoscenza della situazione fattuale attraverso il fil-tro dell’amministrazione, ma che tale situazione fattuale la analizza attraverso autonomi poteri istruttori.55

55 Come sottolineato da G. LO PRESTI, L’istruttoria, in G. MORBIDELLI,

Codice della giustizia amministrativa, cit., 726, “la recente opzione legislativa

si pone in linea di coerenza con una tendenza ad una maggiore articola-zione della struttura logica del giudizio, che richiede anche il confronto tra

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La ratio generale di queste riforme è quella di realizzare nel processo una più adeguata uguaglianza delle parti e una più effettiva tutela attraverso un immediato e diretto accesso al fatto da parte del giudice. E ciò è realizzato attraverso un am-pliamento dei mezzi di prova esperibili dal giudice ammini-strativo (anche se soprattutto nella giurisdizione esclusiva), attraverso l’introduzione della consulenza tecnica d’ufficio e attraverso la valorizzazione del ruolo del magistrato delegato alla assunzione e ammissione delle prove.56

Viene dunque meno una delle tradizionali giustificazioni “all’autolimitazione” del sindacato giurisdizionale, che si fon-dava appunto, sulla limitatezza dei mezzi probatori a disposi-zione del giudice amministrativo. Gli vengono attribuiti mag-giori strumenti per accedere direttamente al fatto, in modo così da rispettare l’effettività della tutela giurisdizionale, e di-ventando in questo modo giudice della controversia, e non più solamente arbitro della legittimità del provvedimento.

L’effetto della legge del 2000 si rivela molto più blando di quanto ci si potesse aspettare agli albori, dato che la giurispru-denza non ha modificato la propria prassi in tema di istrutto-ria, osservando, nel complesso, un atteggiamento conserva-tore, e ciò anche in relazione alla consulenza tecnica d’ufficio

il fatto, visto nella sua realtà obiettiva, ed il fatto ricostruito dall’ammini-strazione nel procedimento; articolazione richiesta dall’introduzione di parametri sempre più incisivi di controllo della legittimità dell’atto ammi-nistrativo, sotto i profili della ragionevolezza, della proporzionalità, della logicità, che impongono l’estensione dei poteri non solo cognitori ma an-che istruttori del giudice amministrativo, affinchè il giudice possa esten-dere la sua indagine anche ai presupposti di fatto del provvedimento im-pugnato”.

56 V. G. LO PRESTI, L’istruttoria, in G. MORBIDELLI, Codice della

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che è stata usata con molta parsimonia e, come si vedrà, suc-cessivamente relegata ad un ruolo di secondo piano rispetto alla verificazione.57

In un tale ambito interviene il Codice del processo ammini-strativo (decreto legislativo del 2 Luglio 2010, n. 104). In parti-colare l’articolo 44 della legge 69 del 2009 ha delegato il Go-verno per il “riassetto del contesto davanti ai tribunali ammi-nistrativi regionali ed al Consiglio di Stato”, prevedendo la possibilità di attribuire l’elaborazione del decreto al Consiglio di Stato, con l’ausilio di magistrati amministrativi esperti, esterni e rappresentativi del libero foro e dell’avvocatura ge-nerale dello stato (IV comma). In attuazione del citato articolo, la commissione a cui era stato affidato l’incarico, ha redatto la bozza di codice,58 poi trasmesso alle Camere amministrative e

all’Associazione dei professori di diritto amministrativo. La prima stesura del testo è stata opera di tale commissione, e conteneva importanti aperture verso un processo idoneo a raggiungere un buon livello di tutela verso l’amministrazione. Su tale prima stesura ha poi lavorato il Governo, apportando notevoli modifiche, motivate da un generico richiamo al con-tenimento dei costi e, in parte, anche per conservare l’origina-rio modello di processo.59

57 Ci si riferisce alla sua collocazione nel nuovo Codice del Processo

Amministrativo.

58 Commissione nominata dal Presidente del Consiglio di Stato con

pro-prio decreto del 23 Luglio 2009, composta da professori ordinari, magi-strati amminimagi-strativi e avvocati dello stato.

59 F. G. SCOCA, Considerazione sul nuovo processo amministrativo, in

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1.6 Il Codice del processo amministrativo

Il codice si pone in una prospettiva di unificazione e coor-dinamento dell’intera disciplina. Esso offre “finalmente anche agli operatori e agli utenti della giustizia amministrativa un quadro normativo omogeneo e, per quanto possibile, chiaro e definito in un’ottica di maggiore garanzia di effettività della tutela delle posizioni soggettive sottoposte alla giurisdizione amministrativa”.60

Restano, comunque, fermi i principi e le assunzioni elabo-rate dalla giurisprudenza e dalla dottrina precedenti; del resto è un tipico codice moderno, che quindi non si prefigge di es-sere un punto di arrivo e di definitiva sistemazione, quanto piuttosto uno strumento aperto a successivi sviluppi, rimessi soprattutto ad opera della giurisprudenza e degli interpreti.61

Bisogna rilevare che l’opera del giudice nella formazione del diritto processuale amministrativo è stata più incisiva rispetto ad altri settori dell’ordinamento: “un ruolo così importante che, a ben ragione, a proposito di tale giurisprudenza si è par-lato di giurisprudenza pretoria, di giurisprudenza creativa, di formazione giurisprudenziale della legge”.62

Oltre alla conferma positiva di approdi giurisprudenziali e dottrinali, nel Codice, si possono chiaramente cogliere spunti evolutivi di rilievo, tra cui spicca l’ampliamento dei mezzi di

60 M. SANDULLI, Anche il processo amministrativo ha finalmente un codice,

in Foro amm.-Tar, 2010, 65

61 V. TORCHIA, Il nuovo codice del processo amministrativo, in Giornale dir.

amm., 2010, 1118.

62 N. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 2002, 336 ss, che rileva

come la giurisprudenza non solo ha integrato o meglio configurato istituti già previsti dalle norme, ma ha anche creato veri e propri nuovi istituti.

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prova che coincidono in larga parte con quelli previsti nel co-dice di procedura civile, pur affiancandosi a quelli tradizio-nali, tipici del giudizio amministrativo (richiesta di docu-menti, verificazione e schiarimenti).

Non basta però un’espansione dell’arsenale istruttorio (che con il Codice è finalmente stata realizzata, sebbene desti non poche perplessità l’articolazione della norma sulla consulenza tecnica d’ufficio63) per consentire una effettiva conoscenza del

fatto, si rende necessario un deciso atteggiamento del giudice verso questa direzione, atteggiamento che non sempre, in pas-sato, si è avuto. Infatti spesso le autolimitazioni del giudice amministrativo nella cognizione del fatto non sono dipese unicamente dalla limitatezza dei mezzi istruttori a sua dispo-sizione, visto che ciò è avvenuto anche nella giurisdizione di merito64 e nella giurisdizione esclusiva, nelle quali persino

l’istituto delle verificazione è rimasto in larga parte inutiliz-zato.65 In altre parole, anche laddove non esistono preclusioni

normative, che con il Codice si sono ulteriormente ridotte, persiste una certa riluttanza ad avvicinarsi al fatto, al di là di

63 Art. 63, IV comma, che verrà analizzata nello specifico in seguito. 64 G. CORAGGIO, voce Merito amministrativo, in Enc. dir., XXVI, Milano,

1973, 144, il quale osserva che “per la struttura dell’organo giudicante, la sua organizzazione, la sua formazione culturale-psicologica, di solito non è fatto ricorso ad atti di acquisizione di prove diversi da quelli previsti dall’art. 26 del Reg. Proc.”, cioè documenti, schiarimenti e verificazioni.

65 Come evidenziato da P. SALVATORE, Il sistema probatorio del processo

amministrativo e le direttrici di riforma, in Scritti per Mario Nigro, III, Giustizia amministrativa e giustizia civile, Milano, 1991, 534. Non concorda con questa

affermazione S. BACCARINI, giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, in Dir. Proc. Amm., 2001, che ritiene che analizzando le cause della non sin-dacabilità ad opera del giudice amministrativo della discrezionalità tec-nica, ne attribuisce la causa prevalentemente alla mancanza di strumenti istruttori idonei. Anzi l’Autore ritiene che spesso, le verificazioni, nel giu-dizio generale di legittimità, siano “state caricate di contenuti valutativi impropri”.

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quanto affermato negli atti e nei provvedimenti.66 Il giudice

amministrativo ha spesso sentito in modo eccessivo le limita-zioni delle sue possibilità istruttorie, non sfruttando i (sia pur pochi) mezzi che aveva a disposizione per l’accesso al fatto, e trincerandosi, per il controllo della realtà, dietro i soli docu-menti, e quindi vietando quasi totalmente l’accesso al con-trollo della genuinità e completezza della situazione di fatto.67

In conclusione, accanto al dato normativo, occorrerà assi-stere anche ad un’evoluzione dell’atteggiamento culturale proprio del giudice amministrativo, per vedere realizzata ap-pieno questa evoluzione del processo amministrativo.

66 L. ACQUARONE, Riflessioni e proposte in tema di riforma del sistema

probatorio, in Dir. Proc. Amm., 1988, 155 ss

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Capitolo 2 – L’accesso al fatto

2.1 Il giusto processo

Con la legge costituzionale del 23 Novembre 1999, n. 2 è stato modificato e integrato l’articolo 111 della nostra Costitu-zione: al vecchio testo sono stati premessi cinque commi, e nel primo di essi è stata inserita l’espressione “giusto processo”.

La nozione di giusto processo, e la serie di principi e garan-zie in cui esso si articola, non era una novità sul piano norma-tivo né tantomeno estranea al processo amministranorma-tivo.

Analizziamo quindi questi vari principi sin dalla loro ge-nesi.

2.1.1 La costituzione del 1948

Già la nostra Costituzione entrata in vigore il 1° Gennaio del 1948, contiene norme che riguardano specificamente la giustizia amministrativa, e in aggiunta altre generali, che ri-guardando la magistratura o la tutela giurisdizionale, coinvol-gendo quindi anche l’ambito amministrativo.

Nonostante parte dell’assemblea costituente era incline a perseguire l’obiettivo dell’unicità della giurisdizione, affi-dando qualsiasi tipo di controversia al giudice ordinario, i co-stituenti preferirono lasciare immutate le linee fondamentali del sistema come si presentava all’epoca, anche per il ruolo di

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prestigio del Consiglio di Stato derivatogli dal suo atteggia-mento di indipendenza dal regime dittatoriale del ventennio fascista.68

La Costituzione quindi riconosce il sistema dualistico, ri-partendo le controversie con l’amministrazione tra giudice or-dinario e giudice amministrativo secondo il criterio delle si-tuazioni soggettive, conservando la giurisdizione esclusiva “in particolari materie indicate dalla legge”69

Il Consiglio di Stato mantiene la sua doppia vocazione fun-zionale: organo di consulenza giuridico amministrativa e or-gano giurisdizionale (“di giustizia nell’amministrazione”70) è

preso in considerazione sia nel Titolo IV, relativo alla Magi-stratura, sia nel precedente Titolo III relativo agli organi ausi-liari del Governo.

I magistrati del Consiglio di Stato si annoverano tra i “giu-dice delle giurisdizioni speciali”71 poiché si collocano al di

fuori dell’ordine giudiziario, pur avendo, comunque, giurisdi-zione generale in tema di interessi legittimi: quindi possono essere considerati “giudici generale esercenti una giurisdi-zione generale”72

Il sistema disegnato dalla costituzione per quanto attiene ai giudici e al riparto di giurisdizione è espressione e conferma del sistema che si era andato formando nel tempo. Diversa-mente ad altre disposizioni costituzionali relative all’esercizio della funzione giurisdizionale.

68 F. G. SCOCA, Giustizia Amministrativa, cit., 18 69 Art 103, I comma, Cost.

70 Art. 100, I comma, Cost. 71 Art. 108, II comma, Cost.

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