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Capitolo 2 – L’accesso al fatto

2.1 Il giusto processo

2.1.2 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

La convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 No- vembre 1950, contiene, all’articolo 1, una clausola generale che garantisce ad ogni persona a cui sia applicabile la convenzione medesima il pieno godimento dei diritti e delle libertà definiti nella convenzione stessa e nei successivi protocolli allegati:82

“le Alte parti contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti dal Titolo I della seguente Convenzione”.

In questa cornice di riconoscimento globale di protezione, ad occuparsi, nello specifico, di giusto processo sono gli arti- coli 6 e 13 della convenzione.

L’articolo 6 prescrive: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un

80 Decreto legislativo del 2 Luglio 2010, n. 104 81 Legge 69 del 2009

82 E. PICCOZZA, Il giusto processo amministrativo, in Cons. di Stato, 2000,

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termine ragionevole da un giudice terzo e imparziale, costi- tuito per legge il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. […]”. Essa rappresenta la disposizione cui maggiormente si è ispirato il riformato arti- colo 111 della costituzione.83

L’articolo 13 completa il principio del giusto processo84, at-

traverso l’esaltazione del principio di effettività del processo: “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella pre- sente convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali”.

Queste norme rappresentano la codificazione di importanti principi fondamentali di diritto processuale, e, anche grazie all’opera di una cospicua giurisprudenza di tipo pretorio, la dottrina processualistica ne ricava alcune importanti statui- zioni.

Il diritto di adire il giudice, per quanto non espressamente consacrato dall’articolo 6, può essere tratto da un’interpreta-

83M. DE STEFANO, In tema di applicazione dell’art. 6 par. 1 della Conven-

zione europea dei diritti dell’uomo nelle controversie relative ai rapporti di pub- blico impiego, in Giustizia civile, 1997, 2970. E. MARZADURI, L’identifica- zione del diritto di difesa nell’ambito della previsione dell’art. 6 n. 3 lett. C della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Archivio penale, 1996, 178. L. P.

COMOGLIO, Diritti fondamentali e garanzie processuali comuni nella prospet-

tiva dell’unione europea, in Foro italiano, 1994, V, 153 ss. G. RAITI, Democrazia, processo civile e art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Legalità e giustizia, 1995, 131 ss.

84 G. MALINVERNI, Il diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza

nazionale: osservazioni sull’art. 13 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, in Riv. Internaz. diritti dell’uomo, 1989, 398 ss.

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zione estensiva secondo cui il diritto all’ “equità”, alla “cele- rità”, ed alla “pubblicità” del procedimento giurisdizionale non può escludere ma anzi implica e presuppone necessaria- mente, sul piano logico-giuridico, lo stesso diritto al promovi- mento del giudizio.

La durata “ragionevole del processo” (il cui apprezzamento si fonda, in concreto, sul comportamento delle parti e della stessa autorità giudiziaria) rappresenta un valore essenziale di civiltà, che il giudice, anche d’ufficio, deve garantire ed at- tuare, anche nei modelli processuali retti dal principio dispo- sitivo, dove il potere di iniziativa e di impulso sia istituzional- mente rimesso alle parti medesime.

La pubblicità dei dibattimenti e delle udienze è espressa- mente prevista nell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, tuttavia c’è la possibilità di una sua limita- zione purché ne venga costantemente giustificata e compro- vata la razionalità.

Dal combinato disposto dei due articoli si ricava il diritto alla possibilità della difesa in giudizio, tale difesa, inoltre deve essere effettiva secondo l’articolo 13 della Convenzione, tale effettività si commisura anche al grado di efficienza dei mezzi di protezione giudiziaria dei non abbienti.

La difesa tecnico-professionale, al pari del contraddittorio in senso proprio, è diritto inviolabile di qualsiasi tipo di pro- cedimento giurisdizionale.

In ogni caso il processo “equo” non è e mai potrebbe essere tale, laddove non siano congruamente assicurate, con idonee

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guarentigie per la corretta composizione dell’organo giudi- cante, l’indipendenza e l’imparzialità del giudice adito.85

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo filtra nel di- ritto comunitario attraverso il richiamo effettuato dall’articolo 6 del Trattato di Amsterdam (ex lettera F del Trattato di Maa- stricht): “L’unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 Novembre 1950 e quali risultano dalle tradizioni costitu- zionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”.

Quindi la nozione di “giusto processo” era già ben nota nel panorama giuridico e fa ingresso nel dibattito giuridico ita- liano dal momento in cui, a partire dalla prima metà degli anni Sessanta del secolo scorso, la cultura processualistica ha volto la propria attenzione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo;86 così a partire dagli anni Ottanta nella giurispru-

denza della Corte costituzionale, entra stabilmente la nozione di giusto processo di cui all’articolo 6 della Convenzione eu- ropea dei diritti dell’uomo, prima con riferimento al processo civile e successivamente in relazione al processo penale. Ciò non deve sminuire il forte impatto e le grandi novità che ha portato, nel 1999 (23 Novembre), la legge costituzionale n. 2.

85 L. P. COMOGLIO, Diritti fondamentali e garanzie processuali comuni

nella prospettiva dell’Unione Europea, cit., 171.

86 V. ANDRIOLI, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e processo

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2.1.3 Legge costituzionale n. 2 del 1999

La legge costituzionale n. 2 del 1999 scaturisce a seguito di una forte tensione tra il legislatore e la Corte costituzionale in ordine al cosiddetto principio di non dispersione del materiale probatorio, di stretto ambito processual-penalistico.87 Tutta-

via la riforma ha forte impatto in tutti gli altri ambiti proces- suali del nostro ordinamento.

Al processo in generale, quindi anche al processo ammini- strativo, sono dedicati i primi due commi dell’articolo, mentre gli altri riguardano più nello specifico il processo penale.

Il giusto processo è stato valorizzato, da parte della dot- trina, nella sua accezione sostanziale o funzionale,88 incentrata

sull’effettività della tutela giurisdizionale, secondo cui il pro- cesso è giusto se offre una garanzia di adeguate forme di tutela della posizione giuridica soggettiva fatta valere.89

Tuttavia il nuovo articolo 111, come risultante dalle modi- fiche del 1999, sembra aver codificato solo l’accezione proce- durale del giusto processo. Infatti il secondo comma del rifor- mato articolo 111 prevede che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragione- vole durata”. Alla luce di ciò si conviene che l’esaltazione che una parte della dottrina ha dato dell’accezione sostanziale di

87 Vedi V. GREVI – G. CONSO – M. BARGIS, Compendio di procedura

penale, Padova, 2014.

88 M. CAPPELLETTI, Processo e ideologie, Bologna, 1969, 121 ss; V. VI-

GORITI, Garanzie costituzionali del processo civile. “Due process of law” e art.

24 Cost., Milano, 1970; V. DENTI, Valori costituzionali e cultura processuale,

in Riv. Dir. proc., 1984, 443 ss.

89 L. P. COMOGLIO, Il “giusto processo” civile nella dimensione comparati-

stica, in Il giusto processo, Roma, 2003, 213 ss; F. G. SCOCA, Giustizia ammi- nistrativa, IV ed., Torino, 2011, 166 ss.

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giusto processo nell’interpretare il nuovo articolo 111 della Costituzione,90 pare oltremodo eccessiva. A conferma, lo

stesso codice del processo amministrativo, unico tra tutti i co- dici di procedura, dedica espressamente una disposizione al giusto processo nella sua accezione procedurale. L’articolo 2 del Codice prevede che “il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giu- sto processo previsto dall’articolo 111 della Costituzione. Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizza- zione della ragionevole durata del processo”.

Il principio di effettività della tutela, pur non essendo pre- visto nell’articolo inerente il giusto processo, è disciplinato dall’articolo 1 del Codice, il quale dispone che “la giurisdi- zione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva se- condo i principi della Costituzione e del diritto europeo”. An- che a livello costituzionale il principio di effettività, più che all’articolo 111, deve ricondursi all’articolo 24, I e III comma, e con riferimento specifico al processo amministrativo all’arti- colo 113, II comma, interpretati nel senso che la tutela giuri- sdizionale costituzionalmente garantita non consiste sempli- cemente nella possibilità di rivolgere al giudice un’istanza; l’articolo 24 della Costituzione rappresenta “ garanzia di effet- tività che alle singole situazioni sostanziali corrispondano forme di tutela omogenee e cioè tali da assicurare la soddisfa-

90 S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività

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zione agli interessi dei quali quelle situazioni sono espres- sione”91 e vi è una “correlazione indiscutibile tra il riconosci-

mento sostanziale di un diritto o di un interesse, giuridica- mente protetti, e le possibilità di una loro tutela piena nel pro- cesso, attraverso un’adeguata gamma di strumenti di attua- zione o di realizzazione giurisdizionale”.92

Stessa scissione in differenti norme delle garanzie insite nel principio di effettività della tutela giurisdizionale e delle ga- ranzie ricomprese nella nozione di giusto processo è operato anche a livello europeo e sovranazionale.

Come visto, nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo l’articolo 13 prevede che ogni persona “ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale” ed è in- vece l’articolo 6 della Convenzione a disporre che ogni per- sona “ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un ter- mine ragionevole, davanti ad un tribunale indipendente e im- parziale, costituito per legge”.

Così anche l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dispone al I comma che ogni individuo “ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, mentre è nel II comma dove prevede che ogni individuo “ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge”.

Vero è che pur essendo, l’articolo 111 della Costituzione, incentrato sulla dimensione strutturale di giusto processo,

91 A. DI MAIO, La tutela civile dei diritti, Milano, 1982, 3.

92 L. P. COMOGLIO, I modelli di garanzia costituzionale nel processo, in Riv.

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non si deve dimenticare che esiste un solido legame tra garan- zie procedurali e garanzie sostanziali.93

Il processo deve essere strutturato in maniera tale da favo- rire il perseguimento di una decisione giusta: il rito ha una funzione strumentale, le garanzie procedurali sono solo mezzi per ottenere una migliore giustizia sostanziale. Così contrad- dittorio e parità delle parti sono garanzie volte allo scopo di “far scaturire, grazie alla dialettica processuale, la soluzione giusta delle questioni di fatto e di diritto dedotte nella contro- versia”. Analogamente le garanzie di terzietà e di imparzialità sono dei presidi volti ad evitare decisioni ingiuste. 94

Il rischio da scongiurare è quello di cadere nelle concezioni della “procedural justice”, per le quali “il processo è giusto se ed in quanto è giusto il procedimento cui si articola: ciò che attiene alla decisione è sotto questo profilo irrilevante”. Ep- pure “difficilmente potrebbe considerarsi giusto un processo che sia sistematicamente orientato a produrre decisioni ingiu- ste”, per quanto siano rispettate le garanzie procedurali.95

Una decisione per essere giusta deve essere formulata se- condo diritto, deve realizzare il fine della giurisdizione. Nei sistemi di stretta legalità la giurisdizione assolve una fonda- mentale funzione di garanzia, che investe sia la dimensione giuridica della controversia, la situazione giuridica soggettiva fatta valere, sia la dimensione fattuale della controversia, ossia

93 M. RAMAJOLI, Giusto processo e giudizio amministrativo, in Dir proc.

amm., 2013, 104.

94 S. CHIARLONI, voce Giusto processo (diritto processuale civile), in Enc.

dir., Annali, vol. III, Milano, 2008, 403 ss.

95 M. TARUFFO, La semplice verità. Il giudice e la costruzione dei fatti, 2009,

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l’individuazione delle circostanze concrete che fondano l’esi- stenza di quella situazione.96 Quindi elemento del giusto pro-

cesso, accanto alle varie garanzie procedurali, è anche l’attua- zione della giurisdizione che in definita è sì soluzione della lite ma attraverso l’accertamento della legge diventata concreta.97

A conferma del legame tra giurisdizione e giusto processo vi è la stessa formulazione dell’articolo 111, I comma della Co- stituzione: “La giurisdizione si attua mediante il giusto pro- cesso regolato dalla legge”. C’è quindi una correlazione nel senso che il processo è giusto solo se la sua struttura e il con- seguente suo funzionamento siano idonei ad attuare la giuri- sdizione.

Il peso di questo importante primo comma è finito per es- sere schiacciato dall’enunciazione analitica delle specifiche garanzie contenuta nel secondo comma, lasciando sostanzial- mente priva di autonoma consistenza la clausola di apertura della disposizione. Questa soluzione si deve in particolare all’atteggiamento della Corte costituzionale volto a depoten- ziare la riforma del 1999.98 Per questo scopo ha utilizzato due

principali argomenti.

96 L. FERRAJOLI, Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia, vo-

lume II, Teoria della democrazia, Roma-Bari, 2007, 203 ss.

97 M. RAMAJOLI, Giusto processo e giudizio amministrativo, cit., 105. 98 L. ELIA, Procedimento costituzionale, in Il giusto processo, Roma, 2003,

31 ss., 42, parla di tendenza continuista della Corte costituzionale. Nella stessa direzione M. MENGOZZI, Giusto processo e processo amministrativo.

Profili costituzionali, Milano, 2009, 132; M. BIGNAMI, I modelli processuali della giurisprudenza costituzionale: il processo tributario, in www.associazione- deicostituzionalisti.it. Soltanto in relazione alle disposizioni riguardanti

esclusivamente il processo penale la Corte costituzionale ha modificato la propria precedente posizione in virtù del riformato articolo 111 (come, ad esempio, con Corte costituzionale, 25 Ottobre 2000, n. 440).

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Per un verso la Corte ha evidenziato il carattere esclusiva- mente ricognitivo dell’articolo 111 rispetto a principi che sa- rebbero comunque già ricavabili attraverso il combinato di- sposto di più norme costituzionali. Si parla di depotenzia- mento in ordine a questa visione, perché mette in risalto l’idea che il riformato articolo 111 non abbia aggiunto niente di nuovo al panorama normativo, e che quindi non aggiunga nulla al livello di garanzie che è stato già raggiunto in prece- denza. Esempio emblematico è la giurisprudenza circa l’im- parzialità del giudice, nello specifico si pensi all’ordinanza n. 112 del 2001, per cui “la nuova formulazione dell’articolo 111, II comma, della Costituzione imponendo che il processo si svolga davanti ad un giudice terzo e imparziale, non innova sostanzialmente rispetto ai principi già desumibili dagli a suo tempo invocati articoli 24 e 3 della Costituzione”.

Per altro verso, la Corte costituzionale per depotenziare la riforma costituzionale utilizza l’argomento dell’esigenza di “tener conto delle particolarità e diversità dei sistemi proces- suali”.99 Mentre in dottrina prevale l’idea che il nuovo articolo

111 della Costituzione definisca, insieme ad altre disposizioni (articoli 24, 25, 101, 102, 104, 108, Cost.), un modello costitu- zionale processuale unico, che sia espressione di un sistema unitario di tutela giurisdizionale che prescinda dalle partico- larità dei singoli processi. La Corte costituzionale sostiene l’idea della possibilità che vi siano più tipologie di processi giusti, adattando il criterio costituzionale unico alle particola-

99 Sentenza n. 384 del 1999; sentenza n. 72 del 2002; sentenza n. 497 del

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rità di ciascun procedimento. In verità, anche lo stesso legisla- tore costituzionale della riforma del 1999, mette in luce una diversità tra le garanzie costituzionali nei diversi processi, poiché solo nel processo penale vale il principio del contrad- ditorio nella formazione della prova (articolo 111, IV comma, della Costituzione). Però questo fatto è facilmente spiegabile in ragione delle circostanze storiche che sono alla base della riforma costituzionale stessa. Negli anni Novanta vi fu un con- trasto tra Legislatore e Corte in ordine all’assetto del contrad- dittorio nel processo penale disciplinato dal nuovo codice. La Corte, in nome della ricerca di una verità oggettiva e del prin- cipio di non dispersione delle fonti di prova acquisibili, si op- pone alle scelte fatte dal codice di procedura penale del 1988 favorevoli a una connotazione di contraddittorio “forte”. Fatto che provocò la reazione del Parlamento che, in risposta, costi- tuzionalizzò il principio del contraddittorio nella formazione della prova nel processo penale (III, IV e V comma dell’arti- colo 111 della Costituzione).

Una lettura forte dell’articolo 111 dovrebbe, invece, analiz- zare le specificità dei singoli processi e confrontarle con il mo- dello unico previsto in Costituzione, per vedere se queste spe- cificità siano compatibili con il modello minimo irrinunciabile di giusto processo come strumento finalizzato a realizzare la giurisdizione che ottiene rango costituzionale per la prima volta solo grazie all’articolo 111, I comma.100

La posizione presa dalla Corte costituzionale attribuisce maggior peso al retaggio storico di ciascun tipo di processo,

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dato che le specificità cui allude si sono formate attraverso la continua relazione tra il modello legalmente previsto e la sua implementazione data nell’esercizio concreto della singola giurisdizione.

Quest’atteggiamento della Corte è visto con estremo disap- punto da quanti101 avevano ritenuto che l’articolo 111 della

Costituzione avrebbe potuto alzare il livello di garanzie pro- cessuali e tolto alcuni tipi di processi dalla loro condizione di giurisdizione minore.

Nonostante questo orientamento e il relativo disappunto, ogni riflessione scientifica sul tema deve porre in primo piano l’autonoma capacità espressiva del primo comma dell’articolo 111, evidenziando la capacità precettiva del principio per il quale solo un processo giusto costituisce idonea attuazione della giurisdizione.102

Il primo comma dell’articolo 111 della Costituzione rac- chiude un’altra prescrizione significativa: esprimendosi in ter- mini di “giusto processo regolato dalla legge” esso costituzio- nalizza il principio di legalità processuale, comunque già rica- vabile indirettamente dall’articolo 101, II comma, Cost. (“i giu- dici sono soggetti soltanto alla legge”) o dall’articolo 108, Cost. (“Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistra- tura sono stabilite con legge”). Tuttavia mentre la preesistente

101 Sostengono il carattere non meramente ricognitivo dell’articolo 111

della Costituzione G. CORSO, Il nuovo art. 111 Cost. e il processo amministra-

tivo. Profili generali, in Il giusto processo, cit., 51 ss.; N. TROCKER, Il valore costituzionale del “giusto processo”, in M. G. CIVININI – C. M. VERARDI, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il giusto processo civile, Milano, 2001, 36

ss.; più cauta la posizione di A. TRAVI, Giusto processo e processi ammini-

strativi speciali, in Il giusto processo, cit., 67 ss.

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riserva di legge di cui gli articoli 101 e 108 è essenzialmente una riserva di legge “per l’ordinamento giudiziario”, diverso per la riserva di legge dell’articolo 111 della Costituzione, che invece deve essere inteso come riserva di legge “per la disci- plina del processo”.103 E’ pur sempre vero che, per consuetu-

dine costituzionale, da sempre è presente una riserva di legge in materia processuale ma la sua esplicita affermazione pre- senta comunque la possibilità di fissare dei punti fermi non più derogabili.

In primo luogo questa formula coinvolge i rapporti tra le- gislatore ordinario e Corte costituzionale e deve essere inter- pretata come una riserva di legge nei confronti proprio di essa, e che quindi ha lo scopo di impedire interventi nomopoietici della Corte, intesi come indebite invasioni di campo della Consulta, nei confronti del legislatore ordinario.104 Anche in

relazione alla genesi della riforma e del percorso che l’ha pro- dotta, la formula del giusto processo regolato dalla legge deve essere anzitutto interpretata come decisa affermazione del le- gislatore di riprendere la sua funzione istituzionale, come rea- zione all’opera, non di controllo, ma di demolizione della Corte costituzionale.105

In secondo luogo, la riserva di legge del primo comma coin- volge il rapporto tra Parlamento e Governo, specificamente tra fonti normative primarie e fonti regolamentari. La dottrina

103 G. TARZIA, Il giusto processo di esecuzione, in Il giusto processo, 2003,

185 ss., 194.

104 Come visto, quest’esigenza di limitazione nei confronti della Con-

sulta ha riguardato in primo luogo processo penale, in riferimento allo scontro tra potere legislativo e Corte costituzionale che poi portò alla ri- forma del 1999.

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unanime concorda sul fatto che l’articolo 111, I comma, pre- veda una riserva di legge assoluta, quindi fonti diverse dalla