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L’importanza del sindaco-revisore alla luce della Legge Delega n°155 del 2017 Art.4

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

Consulenza professionale alle aziende

Tesi di Laurea

L’importanza del sindaco-revisore

alla luce della Legge Delega n°155 del 2017 Art.4

Relatore:

Prof. Marco Allegrini

Candidato:

Federico Muzic

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Indice

INTRODUZIONE ...4

CAPITOLO UNO: IL RUOLO DEGLI ORGANI DI CONTROLLO SOCIETARI...5

1. Il revisore legale e le società di revisione legale ...7

2. Il collegio sindacale...8

2.1 Vigilanza del collegio sindacale non incaricato della revisione legale ...9

2.2 Collegio sindacale e revisione legale ... 11

2.3 Attività di vigilanza “economico-aziendale” del collegio sindacale ... 13

CAPITOLO 2: IL COLLEGIO SINDACALE NELLA PREVENZIONE ED EMERSIONE DELLA CRISI ... 17

1. Dalla definizione del rischio allo stato di crisi ... 19

2. Il requisito della continuità aziendale ... 24

2.1 La continuità aziendale secondo il nuovo OIC 11 ... 27

3. L’evoluzione del ruolo di vigilanza del collegio sindacale ... 29

3.1 La legge delega n. 155/2017 (Art.4) ... 30

CAPITOLO 3: GLI STRUMENTI DI ALLERTA ... 37

1. Una procedura operativa ... 39

2. L’applicazione degli early warning ad alcuni dealer automobilistici ... 51

2.1 Trevisauto S.p.a. ... 53

2.2 Look Auto S.r.l. ... 61

2.3 Rova S.r.l. ... 70

2.4 Scotti & Co S.r.l. ... 78

2.5 Giustiauto S.r.l. ... 86

CAPITOLO 4: IL COLLEGIO SINDACALE TRA OBBLIGHI, OPPORTUNITÀ E VANTAGGI ... 94

CONCLUSIONI ... 110

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INTRODUZIONE

La crisi finanziaria, il modesto sviluppo dell’economia e l’evoluzione dei sistemi informativi aziendali hanno riacceso il dibattito sul ruolo della corporate governance e sulla necessità di nuove regole per le imprese in materia di risk management e controllo interno.

È importante, per la stabilità del sistema economico garantire la continuità aziendale e gestire tempestivamente le situazioni di crisi prevedendo, con opportuni interventi lo stato d’insolvenza. L’ordinamento italiano, in recepimento anche di standard internazionali più stringenti e vincolanti si sta operando già da qualche tempo in tale direzione. L’ultima proposta è la Legge n.155 del 19 ottobre 2017 recante, la “delega al Governo per la riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.

Al suo interno è prevista l’estensione dei casi in cui sarà obbligatoria la nomina dell’organo di controllo, anche monocratico, da parte delle società a responsabilità limitata. Per cogliere il senso pieno dell’estensione dell’obbligatorietà della nomina del collegio sindacale o del revisore unico, è necessario, dunque, porre in collegamento la novità stessa con le rilevanti funzioni attribuite all’organo di controllo nell’ambito della innovativa disciplina della crisi d’impresa.

L’importanza dell’innovazione può essere colta solo ricordando due capisaldi della Legge delega finalizzati a rendere rilevante l’anticipazione del momento di emersione della crisi di impresa; rendere operativi ed efficaci gli sforzi tesi a un risanamento aziendale prima che la situazione degeneri in insolvenza; rendere centrale una “procedura di allerta”, stragiudiziale e confidenziale, capace di “sfociare in un servizio di composizione della crisi assistita attraverso organismi professionalmente dedicati alla ricerca di una soluzione negoziata”.

Sarà quindi richiesto agli organi di controllo interno (sindaci) e alla funzione di revisione contabile un approccio non più solo consuntivo (backward-looking), ma necessariamente previsionale (forward-looking), orientato alla “cultura della pianificazione e controllo” e alla salvaguardia della capacità di generare un adeguato flusso di cassa, ovviamente tenendo conto degli specifici ruoli, funzioni, compiti e responsabilità di ciascun soggetto, come previsto dalla legge e dai principi professionali di riferimento.

Tale approccio operativo, è da considerarsi, infatti, l’unico in grado di monitorare adeguatamente l’insorgenza di un prolungato squilibrio economico-finanziario, intese come cause sintomatiche di crisi d’impresa, che possono generare incertezza sul presupposto della continuità aziendale (going concern) e su una gestione finanziariamente sostenibile nel medio-lungo periodo (crescita del valore economico del capitale).

Con l’introduzione di procedure innovative di controllo esterno e interno (Alert) finalizzate al rafforzamento dei sistemi di segnalazione tempestiva (early warning) delle situazioni d’insorgenza di crisi d’impresa ed enunciando il principio generale di una definizione dello stato di crisi; intesa come probabilità di futura insolvenza, si renderà possibile il passaggio verso un sistema più efficiente e soprattutto orientato a un’effettiva prevenzione degli stati di crisi, prima che d’insolvenza.

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CAPITOLO UNO: IL RUOLO DEGLI ORGANI DI CONTROLLO SOCIETARI

Il ruolo degli organi di controllo societari, è stato negli ultimi anni oggetto di svariati interventi legislativi, volti a definire un quadro sempre più chiaro e preciso di questa complessa disciplina. In relazione anche all’importanza che questo sta rivestendo nel contesto economico.

In particolare è possibile fare riferimento a determinate novità che hanno migliorato il sistema dei controlli:

 La separazione dell’attività di vigilanza sulla legalità e sull’amministrazione della revisione legale anche nelle società non quotate (D.Lgs. n. 39/2010);

 L’ampliamento della vigilanza dell’organo di controllo di società non quotate rispetto all’adeguatezza degli assesti organizzativi, amministrativi e contabili adottati;

 L’estensione al collegio sindacale di società non quotate di poteri simili a quelli di società quotate a seguito della riforma del diritto societario del 2003.

Il quadro generale normativo mostra che, nonostante alcune parti si faccia forte pressione per il ridimensionamento del concetto, e più precisamente, dell’ambito dei controlli, relegando questi ultimi solo ed esclusivamente alla verifica ex post compiuta dal revisore, il legislatore continua a dare maggiore rilevanza alla figura del collegio sindacale.

Questo è di facile comprensione andando a leggere l’art 19 dello stesso D.Lgs. n.39/2010, il quale ha identificato nel collegio sindacale di enti di interesse pubblico -o negli altri organi di controllo dei sistemi alternativi di governance – il comitato per il controllo interno e la revisione contabile, e che la legge n. 183/2011 abbia previsto che le funzioni di Organismo di Vigilanza possano essere svolte dal collegio sindacale (o da uno degli organi di controllo dei sistemi alternativi al tradizionale).

Nell’ambito di tale prospettiva e a proposito d’interferenze con la revisione legale, bisogna specificare che il comitato per il controllo interno e la revisione contabile istituito ai sensi dell’art.19 D.Lgs. n.39/2010 è per legge tenuto a vigilare su:

 Il processo d’informativa finanziaria;

 L’efficacia dei sistemi di controllo interno, di revisione interna (se applicabile) e di gestione del rischio;

 La revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati;

 L’indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale, con particolare riguardo alle prestazioni di servizi non di revisione all’ente sottoposto a revisione.

Senza dimenticare che il revisore legale o la società di revisione presenta al comitato per il controllo interno una relazione sulle questioni fondamentali emerse in sede di revisione legale e, in particolare sulle carenze significative rilevate nel sistema di controllo interno in relazione al processo d’informativa finanziaria, in linea con la prassi operativa delle società di revisione. Alla luce di ciò si può allora sostenere, che il collegio sindacale, anche a seguito della nuova disciplina di cui al D.Lgs. n. 39/2010, è posto al vertice del sistema dei controlli svolti nella società, rispetto alla quale il revisore è un mero interlocutore esterno.

Dopo la riforma del diritto societario avvenuta nel 2003, qualunque società di capitali ha la possibilità di adottare uno dei sistemi di controllo alternativi previsti dagli art. 2409- octies c.c. e

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2409-noviesdecies c.c. che non prevedono il collegio sindacale, il sistema monistico e il sistema dualistico. In particolare il sistema monistico prevede che l’amministrazione e il controllo siano esercitati rispettivamente dal Consiglio di Amministrazione, di nomina assembleare e da un comitato per il controllo sulla gestione. Quest’ultimo è nominato dallo stesso Consiglio di Amministrazione, ed è costituito da amministratori in possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza. Gli sono attribuiti compiti di vigilanza analoghi a quelli del Collegio Sindacale. Il controllo contabile invece spetta a un revisore o a una società di revisione esterna cui l’assemblea attribuisce l’incarico. La funzionalità di questo sistema pertanto si gioca tutta sulla effettiva “indipendenza” degli amministratori chiamati alla funzione di controllori. Il sistema dualistico invece prevede la presenza di un Consiglio di Sorveglianza e di un Consiglio di Gestione, nominato dal Consiglio di Sorveglianza. La gestione aziendale è quindi affidata a un consiglio di gestione che ha l’esclusiva responsabilità della gestione dell’impresa e compie tutte le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale. L’organo di controllo invece è l’Organo di sorveglianza. Durante la vita della società è lo stesso organo di controllo, il Consiglio di Sorveglianza, che nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione. Pertanto i soggetti deputati all’amministrazione della società sono diretta espressione dell’organo che procederà al controllo dell’amministrazione stessa. Il controllo contabile è invece affidato a un organo esterno nominato dalla stessa assemblea. Il sistema dualistico, determina quindi un più accentuato distacco fra azionisti e organo gestorio della società. È un modello adatto per società con azionario diffuso e privo di uno stabile nucleo di azionisti imprenditori. Questi modelli non hanno però trovato ampia diffusione nel panorama italiano, anche perché come si è detto, non prevedono una netta separazione tra l’organo che gestisce la società e l’organo che controlla tale gestione.

Nel sistema italiano, si da invece ampio spazio e rilevanza al ruolo rivestito dal Collegio Sindacale come organo preposto alla vigilanza della società. Va però ricordato che la governance e i controlli nelle società quotate sono piuttosto complessi, dal momento che ulteriori organi rispetto al collegio sindacale, o al corrispondente organo dei sistemi alternativi al tradizionale, compaiono con funzioni, se non simili, analoghe. Precisando anche che all’evoluzione delle diverse funzioni che esercitano i controlli, corrisponde un mutamento di concetto di controllo. Quest’ultimo, infatti, non viene a coincidere con quello tradizionalmente accettato – fondato su controllo di merito e controllo di legalità – dal momento che, come già accennato, il baricentro dei controlli si è spostato sui principi di corretta amministrazione, sull’adeguatezza degli assetti amministrativi e contabili e sulla legalità (formale e sostanziale).Il controllo si svincola così dall’accezione tradizionale di verifica ex post e si evolve in un elemento coessenziale dell’esercizio dell’impresa e del potere amministrativo1.

1 Sul supporto tra controllo e amministrazione, C.ANGELICI, Organizzazione, governo e controllo, in La

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1. Il revisore legale e le società di revisione legale

La revisione legale rappresenta l’evoluzione dell’istituto della revisione contabile obbligatoria, introdotto nel nostro ordinamento dal D.P.R 31.3.1975, n.136, e successivamente disciplinato dagli artt.2409-bis e seguenti del codice civile e dagli artt. 155 e segg. del TUF. La nozione di revisione legale è stata introdotta dal legislatore con il D.Lgs. n. 39/210 che ha recepito la direttiva 2006/43/CE. In base alla definizione contenuta nell’art.1, comma 1, lettera m, è “revisione legale: la revisione dei conti annuali o dei conti consolidati effettuata in conformità alle disposizioni del presente decreto legislativo o, nel caso in cui sia effettuata in n altro Stato membro dell’Unione europea, alle disposizioni di attuazione della direttiva 2006/43/CE vigenti in tale stato membro”. L’attività di revisione legale è riservata ai soggetti (persone fisiche e società) iscritti nel Registro dei revisori legali tenuto a cura del Ministero dell’economia e delle finanze. Il revisore legale o la società di revisione legale devono verificare, nel corso dell’esercizio, la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili; devono inoltre verificare che il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato corrispondano alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano. In base al D.Lgs. n. 39/2010, la revisione legale è svolta in conformità ai principi di revisione adottati dalla Commissione europea, e – fino all’adozione di tali principi – in conformità ai principi di revisione elaborati da associazioni e ordini professionali e dalla Consob (art.11), nonché alle disposizioni sancite in materia d’indipendenza dall’art.10 e, con riferimento alla revisione legale di Enti di Interesse Pubblico, dall’art.17.

Per poter adempiere i propri incarichi il revisore legale o la società di revisione legale hanno il diritto ad ottenere dagli amministratori delle società documenti notizie utili alla revisione e possono procedere ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione2.

Alla fine di ogni esercizio la società di revisione esprime con apposita relazione il proprio giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato (art. 14, D.Lgs. n.39/2010).

Tale giudizio può assumere tipologie differenti:

Giudizio senza rilievi, se il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato sono conformi alle norme

che ne disciplinano i criteri di redazione;

Giudizio con rilievi, se sono presenti deviazioni o non sono stati osservati i principi contabili che

però non distorcono completamente l’immagine che il bilancio fornisce;

giudizio negativo, se sono presenti notevoli errori di applicazione dei principi contabili tali da

distorcere l’immagine dell’impresa o del gruppo cui appartiene che il bilancio dovrebbe dare;

Dichiarazione d’impossibilità di esprimere un giudizio, se sono presenti notevoli incertezze che

nessuno è in grado di prevedere dovute anche dall’impossibilità di svolgere procedure di revisione importanti, o in caso di dubbi sulla continuità aziendale dell’impressa o del gruppo.

Negli ultimi tre casi la relazione di revisione deve indicare analiticamente i motivi della decisione. Inoltre dai bilanci chiusi al 31.12.2008, il revisore o la società di revisione, deve esprimere un giudizio inerente anche alla relazione sulla gestione.

2 Art.14, comma 6, D.Lgs. n.39/2010.

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La relazione sul bilancio, sottoscritta dal responsabile della revisione legale, che deve essere iscritto nel Registro dei revisori legali, deve essere depositata presso l’ufficio del registro delle imprese oltre che restare depositata presso la sede della società durante i quindici giorni che precedono l’assemblea che approva il bilancio e finché il bilancio non è approvato.

La revisione legale può essere svolta, ricorrendo determinate condizioni e ad eccezione degli Enti di Interesse Pubblico, anche dal collegio sindacale.

2. Il collegio sindacale

Il Collegio sindacale rappresenta l’organo di controllo delle società, e ha il compito di vigilare sull’attività degli amministratori e controllare che la gestione e l’amministrazione della società si svolgano nel rispetto della legge e dell’atto costitutivo.

È sempre obbligatorio nelle società per azioni (S.p.a.), nelle società in accomandita per azioni (S.a.p.a.) e nelle società a responsabilità limitata (S.r.l.) al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 2477 comma 3 c.c.3 Negli altri casi invece, il collegio sindacale è facoltativo e può essere previsto nell’atto costitutivo.

Nel sistema italiano è ampiamente diffuso quale organo preposto alla vigilanza della società, è costituito da un numero variabile fra i tre e i cinque membri effettivi e due sindaci supplenti. Non è necessario come requisito, per diventare membro effettivo la condizione di socio.

I sindaci devono però essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Tuttavia non possono ricoprire la carica di sindaco coloro che subiscono la cancellazione e la sospensione dal registro dei revisori (istituito presso il MEF), i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori o coloro che son legati alla società da un rapporto di lavoro subordinato e continuato. Il codice civile prevede che i sindaci vengano nominati per la prima volta nell’atto costitutivo e successivamente dall’assemblea e che restino in carica per un periodo di tre anni. L’assemblea provvede alla nomina del presidente del collegio sindacale. Durante tale periodo i sindaci non possono essere revocati, se non per giusta causa. In caso di morte, rinuncia o decadenza di un sindaco subentrano, in ordine di età i supplenti, i quali rimangono in carica finché l’assemblea non provvede alla nomina dei nuovi sindaci in sostituzione di quelli usciti. I sindaci sono retribuiti secondo quanto stabilito dall’assemblea.

Come si avrà modo di approfondire in seguito, il collegio Sindacale, organo di controllo proprio del sistema tradizionale, assume funzioni sostanzialmente limitate al controllo dell’amministrazione. Spetta, infatti, a un revisore contabile esterno, o a una società di revisione, iscritti nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia, il controllo contabile della società.

Tuttavia alla luce sia del D.Lgs. n. 39/2010 che gli attribuisce una posizione al vertice del sistema dei controlli svolti nella società, rispetto alla quale il revisore è un mero interlocutore esterno; che della Legge Delega n.155 del 19 ottobre 2017 che prevede un ruolo chiave, in altre parole quello di monitorare costantemente la coerenza dei risultati economico-finanziari conseguiti con gli

3 Superamento dei limiti previsti per la redazione del bilancio in forma abbreviata (art. 2435 bis c.c.);

obbligo di redazione del bilancio consolidato (cfr. D.Lgs. 27.1.2010 attuativo della direttiva 2006/43/CE); controllo esercitato nei confronti di società obbligate alla revisione legale (cfr. D.Lgs. 27.1.2010 attuativo della direttiva 2006/43/CE).

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obiettivi programmatici formalizzati, anche e soprattutto in una prospettiva di valutazione prospettica di medio periodo (forward looking approach), la figura del sindaco, e ancor più del sindaco-revisore sarà posta sempre più al vertice del sistema integrato della governance aziendale.

2.1 Vigilanza del collegio sindacale non incaricato della revisione legale

Partendo dalla distinzione fra il concetto di controllo, concernenti strumenti di verifica più pervasivi, e quello di vigilanza che richiama una funzione di sintetica e generale sorveglianza; possiamo mettere in risalto che quella dei sindaci è attività di vigilanza e in tal modo è qualificata dalla legge.

Resta esclusa, dunque, l’attività di revisione legale che nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati è sempre svolta dall’incaricato della revisione legale e l’attività di revisione svolta, all’occasione, dal collegio sindacale incaricato della revisione legale di S.p.a. o anche dal sindaco unico di S.r.l.

Delimitando pertanto l’ambito dell’indagine all’attività di sorveglianza che il collegio compie ai sensi dell’art. 2403 c.c. e dell’art. 149 TUF4, l’organo è tenuto a:

 Vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto;

 Vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione;

 Vigilare, in particolare, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.

L’attività di vigilanza che il collegio sindacale deve svolgere, è resa possibile da un insieme di poteri doverosi riconosciuti dalla legge, attuabili in svariate occasioni (in primis atti di ispezione e controllo, richiesta di informazioni agli imprenditori e, in subordine, potere di convocazione dell’assemblea e denuncia al tribunale), a monte dei quali vi è la possibilità di intervento nelle adunanze del Cda, alle assemblee e alle riunioni del comitato esecutivo che gli consentono di monitorare efficacemente la situazione e ancor più le scelte di gestione. Inoltre il collegio sindacale è messo al centro degli scambi di flussi informativi tra organi societari e organi extra società, in quest’ultimo caso è possibile fare riferimento allo scambio periodico d’informazioni con l’incaricato della revisione legale.

Ne consegue quindi che il collegio sindacale può efficacemente porre in essere tutte le attività di monitoraggio e d’istruttoria che gli consentono di svolgere le proprie funzioni. La legge gli fornisce gli strumenti per poterlo fare, ancorché esistano ipotesi, a dire il vero poco rare, in cui l’amministrazione, essendo statutariamente affidata a un solo soggetto, non è il frutto di decisioni condivise di cui il collegio è informato.

4 L’art 2403 c.c. reca una formulazione simmetrica ma non perfettamente coincidente a quella dell'art. 149

TUF dove, la vigilanza dell’organo di controllo si articola sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile, nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti (lett.c) e, altresì, sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi (lett. c-bis).

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Tutto questo è sintetizzato nelle norme di comportamento del collegio sindacale (Norma 3.15 ) per le società non quotate e Q.3.16 per le società quotate, relative a caratteristiche e modalità dell’attività di vigilanza), secondo cui, l’attività di vigilanza, oltre ad essere esercitata secondo i generali criteri di vigilanza professionale, è “effettuata tenendo in considerazione le dimensioni, la complessità e le altre caratteristiche, anche organizzative, specifiche della società.

“Nella propria attività di vigilanza il collegio applica una modalità di selezione dei controlli basata sull’identificazione e valutazione dei rischi con modalità adeguate alle dimensioni e alle altre caratteristiche, anche organizzative, specifiche dell’impresa assoggettata a controllo.

Nel definire le modalità di vigilanza, il collegio sindacale pianifica le attività da porre in essere sulla base della rilevanza dei rischi indicati nei flussi informativi acquisiti dall’organo amministrativo, dalla direzione aziendale, dagli altri organi societari, nonché a seguito dello scambio d’informazioni e dall’incaricato ella revisione legale, e degli esiti delle operazioni di ispezione e controllo, attribuendo agli stessi una diversa intensità e periodicità di controllo.

Nella pianificazione delle attività di vigilanza il collegio sindacale esprime un giudizio professionale tenendo in considerazione le valutazioni che un professionista indipendente, ragionevole e informato, dopo aver considerato le informazioni a disposizione del collegio in quel momento, trarrebbe circa la rilevanza dei rischi aziendali come indicati nei flussi informativi acquisiti.

L’organo di controllo svolge tali funzioni anche tecniche motivate di campionamento.

Laddove l’attività di vigilanza dovesse evidenziare significativi rischi di possibili violazioni di legge o di statuto, d’inesatta applicazione dei principi di corretta amministrazione, d’inadeguatezza dell’assetto organizzativo o del sistema amministrativo-contabile, il collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’adozione di azioni correttive e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico. Nel caso in cui le azioni correttive non vengano poste in essere, ovvero siano ritenute dal collegio non sufficienti, ovvero in casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro di violazioni, il collegio adotta iniziative previste dalla legge per la rimozione delle violazioni riscontrate.

La Norma di comportamento è chiara nel rendere comprensibile i modi con cui il collegio sindacale deve svolgere la propria attività di vigilanza nel rispetto delle prescrizioni di legge e indica direttive operative ben precise circa l’importante attività di valutazione dei rischi in relazione alle procedure concrete tramite cui effettuare la vigilanza, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche della società. È altresì, chiara nell’individuare i passaggi che il collegio deve porre in essere rispetto all’organo di amministrazione. Si tratta di poteri-doveri riconosciuti dalla legge ai sindaci e insiti negli artt. 2403-bis e ss. c.c. che, secondo un climax ascendentale, prevedono, dapprima, la segnalazione all’organo di amministrazione e successivamente, in caso di esiti non positivi, la convocazione (per la denuncia dei fatti) dell’assemblea, fino alla denuncia al Tribunale in caso di fondato sospetto di gravi irregolarità.

5 CNDCEC, Norme di comportamento del collegio sindacale, Principi di comportamento del collegio

sindacale di società non quotate, 30 settembre 2015.

6 CNDCEC, Norme di comportamento del collegio sindacale, Principi di comportamento del collegio

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2.2 Collegio sindacale e revisione legale

Passando agli aspetti più peculiari, occorre condurre l’analisi su diversi piani d’indagine, mettendo in evidenza:

i. I rapporti tra collegio e incaricato della revisione legale e l’utilità degli scambi informativi;

ii. Le ipotesi di convergenza tra l’attività di vigilanza del collegio e quella del revisore, confluenza intesa come possibile punto d’incontro tra attività esercitata da soggetti che svolgono funzioni differenti, la quale trova ancora riscontro, più che altro, negli adempimenti richiesti in occasione della predisposizione delle relazioni al progetto di bilancio;

iii. Le ipotesi in cui esista convergenza, in senso sostanziale, tra i soggetti incaricati della vigilanza sulla legalità e della revisione legale.

Sub i) e sub ii) ricadono, evidentemente, i casi in cui la società, non affidi l’incarico di revisione legale al collegio sindacale.

Come già detto, la legge tiene distinta la funzione di revisione da quella di vigilanza sul rispetto della legge e dei principi di corretta amministrazione attribuendola a un revisore persona fisica o a una società di revisione iscritta nel registro di cui agli artt.6 e ss. D.Lgs. n.39/2010.

Tale regola, tuttavia può essere derogata7.

Infatti, gli statuti delle S.p.a. non tenute alla redazione del consolidato, possono attribuire la funzione della revisione al collegio sindacale che, solo in questo caso dovrà necessariamente essere composto da revisori iscritti nel registro8.

Gli statuti di S.r.l. possono attribuire la funzione di revisione all’organo di controllo

(monocratico o pluripersonale) dovendosi, pertanto rispettare, quanto a composizione e a professionalità, le stesse indicazioni previste per il collegio sindacale di S.p.a.

Nelle S.r.l. il legislatore accorda la preferenza all’organo di controllo costituito da un solo componente (sindaco unico), permettendo alla società, per tramite di un’espressa previsione di statuto che ne determini anche competenze e poteri, ivi compresa la revisione legale, la nomina di un organo di controllo collegiale o un revisore, in altre parole di non nominare nessun organo di controllo.

La differenza con il sistema di controllo delle S.p.a. è avvalorata anche rispetto a c.d. organo di controllo obbligatorio in quanto, al superamento dei parametri di cui all’art. 2477 terzo comma c.c. (Tabella 1.1), il legislatore impone alla S.r.l. di dotarsi di un organo di controllo (senza ulteriore specificazione circa la composizione) o del revisore.

Scelta abbastanza singolare perché in presenza di circostanze e parametri dimensionali significativi la società potrebbe optare solamente per la nomina di un revisore senza attribuire la vigilanza sulla legge e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione al sindaco unico o, preferibilmente al collegio sindacale.

7 “A parità di competenze la regola generale della separazione tra revisione e vigilanza si fonda soprattutto

sulla necessità di evitare cumuli di ruoli e compiti”. G.E. Colombo, La revisione contabile nelle società non

quotate, in Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Liber amicorum Antonio Piras, Torino 2010,

526.

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Tabella 1.1 - Parametri per la nomina obbligatoria di un organo di controllo o di un Revisore nelle

S.r.l. (art.2477 c.c.)9

Nonostante, le menzionate importanti accezioni alla regola del sistema tradizionale di controllo, esiste un ambito in cui l’attività del collegio sindacale o del sindaco unico, si pone in posizione di “prioritaria interferenza” rispetto alla revisione legale. Ci si riferisce alle previsioni di cui all’art. 13 D.Lgs. 39/2010 in forza delle quali, il collegio è tenuto sia a formulare una proposta motivata all’assemblea che deve conferire l’incarico di revisione, sia a esprimere un proprio parere in caso di revoca, parere che è esteso dal regolamento attuativo del D.Lgs. n. 39/2010 anche in caso di dimissioni e risoluzione del contatto di revisione10. Bisogna precisare che, al verificarsi di queste situazioni, è disposto l’obbligo di comunicare al MEF, per il tramite della Ragioneria dello Stato, il “parere” dell’organo di controllo. Sull’adempimento di tali obblighi vigila il collegio sindacale, così come impone il menzionato regolamento attuativo.

Si ritorna quindi al punto chiave di questo discorso, in altre parole all’asserzione, per niente scontata, ma tutta da provare, per cui il collegio è l’organo posto al centro del vertice del sistema integrato della governance aziendale, e non anche il revisore che è, invece, terzo rispetto alla società “ quanto a valutazione, selezione dei dati e degli elementi a verifica della legittimità e della correttezza nell’operato della struttura complessiva dell’impresa”11.

Tale assunto non deve essere trascurato anche rispetto a quelle S.r.l. di maggiori dimensioni tenute al c.d. controllo obbligatorio ex art. 2477, terzo comma, c.c. e cui prima si è fatto cenno e rispetto alle quali, in base ad un’interpretazione meramente letterale e non sistematica delle norme, sembrerebbe non trovare applicazione.

Il ruolo centrale del collegio e la rinnovata fiducia del legislatore sembrano trovare conferma non solo in quanto appena detto, ma anche, come chiarito fin dalle premesse, nelle nuove competenze del collegio sindacale che sia investito della funzione del comitato per il controllo interno e la revisione contabile. Funzioni che ricadono nel punto sub ii).

Si tratta infatti di competenze specifiche svolte dall’organo di controllo degli enti d’interesse pubblico rispetto all’incaricato della revisione legale previste al fine di garantire che l’attività di revisione sia svolta in modo corretto e con indipendenza rispetto all’organo di amministrazione.

9 Art.2477 c.c.

10 Artt. 6,7, 10 e 11 del Decreto Ministeriale n. 261 del 28 dicembre 2012 recante “ Regolamento

concernente i casi e le modalità di revoca, dimissioni e risoluzione consensuale dell’incarico di revisione legale, in attuazione dell’art 13, comma 4, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n.39”.

11 P.BENAZZO, Controlli interni, autonomia privata e collegio sindacale nelle società chiuse, in “IL diritto

delle società oggi, innovazioni e persistenze”, diretto da P.Benazzo, M.Cera, S.Patriarca, Milano, 2011, 410 e ss..

Attivo dello Stato patrimoniale 4.400.000€

Superamento per due esercizi conseguitivi, di almeno due parametri.

Ricavi delle vendite e prestazioni

8.800.000€

Numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio

50 unità

Controllo di una società obbligata alla revisione legale dei conti Redazione del bilancio consolidato

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Così facendo, non si è inteso reintrodurre una competenza contabile in capo al collegio sindacale con ciò derogando al generale principio in base al quale la revisione legale è stata, esternalizzata rispetto agli organi della società; piuttosto sembrerebbe che l’art.19 D.Lgs. n.39/2010, nella parte in cui affida al collegio la revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati, riconosca al collegio sindacale una vigilanza specifica in materia, intesa come supervisione sintetica e procedurale rispetto allo svolgimento della revisione legale.

Allo stesso tempo, il comitato per il controllo interno e la revisione contabile di cui a sopramenzionato art. 19 D.Lgs. n. 39/2010 non condivide natura e prerogative del comitato controllo e rischi previsto nel Codice di Autodisciplina per le società quotate.

Un’articolazione operativa del Cda, costituita da amministratori indipendenti (o da amministratori non esecutivi in maggioranza indipendenti), che ha il compito di supportare, con adeguata attività istruttoria, le valutazioni e le decisioni del consiglio di amministrazione relative al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi, nonché quelle relative all’approvazione delle relazioni finanziarie periodiche. Oltre a quando è chiamato in causa per valutare i risultati esposti dal revisore nella lettera (eventuale) di suggerimenti e nella relazione sulle questioni fondamentali emerse in sede di revisione.

Ciò posto, il legislatore del D.Lgs. n.39/2010 facendo ricadere le funzioni del comitato per il controllo interno e la revisione contabile sull’organo di controllo interno ne ribadisce l’essenzialità e la centralità nell’ambito della governance.

Occorre quindi soffermarsi sulle funzioni del collegio sindacale che più direttamente attengono al campo delle verifiche contabili.

2.3 Attività di vigilanza “economico-aziendale” del collegio sindacale

Nell’ambito delle attribuzioni riconducibili all’attività di vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. esistono delle aree d’intervento del collegio sindacale in cui le competenze economico-aziendali sono prevalenti rispetto a quelle tipicamente giuridiche.

SI fa riferimento, in particolare, alla:

Vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento

Come delineato, con riferimento all’adozione e al controllo degli assetti contabili, l’art. 2403, primo comma, c.c. prevede una triplicità di adempimenti, nel senso che gli organi delegati ne curano l’adozione e l’adeguatezza. Nella fattispecie il Cda ne valuta l’adeguatezza sulla base delle informazioni ricevute, e, infine, il collegio sindacale vigila su tale adeguatezza e sul concreto funzionamento degli assetti.

La Norma di Comportamento 3.6. oltre a indicare le attività da espletare per vigilare sugli assetti, declina la definizione di sistema amministrativo-contabile nel modo che segue:

“il sistema amministrativo-contabile può definirsi come l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative diretta a garantire la completezza, la correttezza e la tempestività di una informativa societaria attendibile, in accordo con i principi contabili adottati dall’impresa.

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 La completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione;

 La produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale;

 La produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d’esercizio”12

Pertanto, l’attività di vigilanza svolta dal collegio sindacale, anche tramite motivate tecniche di campionamento, si concretizza nell’analisi delle caratteristiche del sistema, da porre al confronto con un modello teorico identificato come best practise, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dell’impresa nella quale il collegio sindacale si ritrova a operare.

Al fine di controllare il concreto funzionamento dell’assetto organizzativo-contabile, avvalendosi a tal fine dello scambio d’informazioni con l’incaricato della revisione legale13 che offre un importante riferimento esterno e indipendente, con particolare riguardo agli aspetti di attendibilità del sistema amministrativo-contabile.

L’attività di vigilanza del collegio sindacale, è dunque, volta a verificare l’esistenza di un sistema idoneo ad assicurare la completezza dei dati economico-finanziari, che è riassunta in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio. È opportuno ricordare che non si tratta di un giudizio di merito sui risultati dell’attività ammnistrativo-contabile, bensì di un giudizio sintetico sull’efficienza e la funzionalità del sistema, svolto alla luce dei rischi rilevanti in tali aree operative. Laddove l’analisi dovesse evidenziare rischi inerenti al sistema amministrativo-contabile, il collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’attuazione delle opportune azioni, la cui realizzazione va monitorata nel corso dell’incarico, al fine di verificarne l’efficacia. Nel caso in cui essa non sia ritenuta sufficiente il collegio, adotta le azioni previste dalla legge per rimuovere eventuali violazioni.

Con finalità meramente ricognitiva, in relazione alla vigilanza del collegio sindacale rispetto all’adeguatezza degli assetti di società quotate, occorre segnalare la peculiare, ma per molti versi assimilabile a quella dell’ art. 2403 c.c., formulazione dell’art. 149 TUF, in forza del quale la vigilanza dell’organo di controllo si articola sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo contabile.

Vigilanza in ordine al bilancio di esercizio e alla relazione sulla gestione

Il collegio sindacale, anche non incaricato della revisione legale, conserva alcuni compiti di vigilanza alla redazione, all’approvazione e alla pubblicazione del bilancio di esercizio che possono definirsi assolutamente non residuali.

Quest’attività è sintetizzata nella Norma di comportamento 3.7. e 3.8. sia nelle simmetriche norme Q.3.7. e Q.3.8. indirizzate al collegio sindacale di società quotate.

In tutti i casi, tali norme evidenziano il generale principio in base al quale il collegio sindacale è tenuto vigilare che gli amministratori si attengano alle norme procedurali inerenti alla redazione,

12 Vigilanza in ordine al bilancio di esercizio e alla relazione sulla gestione, Norma 3.6, Norme di

comportamento del collegio sindacale, in vigore dal 1 Gennaio 2012.

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all’approvazione, al deposito e alla pubblicazione del bilancio (anche consolidato). La quotazione della società sui mercati renderà ulteriormente necessaria l’osservanza della specifica disciplina prevista nella disciplina di riferimento.

Per quanto attiene alle società c.d. chiuse, la Norma 3.7 oltre a precisare quanto sopra, puntualizza che il collegio non incaricato della revisione legale non è tenuto a eseguire controlli analitici di merito sul bilancio, né a esprimere un giudizio sulla sua attendibilità. Esso, infatti, è tenuto a verificare14:

 Che gli schemi di stato patrimoniale e conto economico siano conformi alle disposizioni degli artt. 2424, 2424- bis, 2425 e 2425-bis c.c.;

 Che nella nota integrativa siano stati indicati i criteri di valutazione seguiti e che siano conformi alla legge (art. 2423-bis ss. c.c.) e ai principi contabili adottati;

 Che la nota integrativa e la relazione sulla gestone abbiano il contenuto previsto dalla legge ( rispettivamente dagli artt.2427 e 2427-bis e 2428 c.c.);

 La completezza e la chiarezza informativa della nota integrativa e della relazione sulla gestione alla luce ei principi stabiliti dalla legge;

 Che la relazione sulla gestione fornisca adeguate informazioni, se rilevanti ai fini della valutazione della situazione economico-finanziaria, sui principali rischi d’incertezza di natura sia organizzativa sia funzionale, cui la società è esposta, nonché sugli indicatori finanziari e non finanziari pertinenti all’attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale;

 Che l’iscrizione in bilancio dei costi d’impianto e di ampliamento e dei costi di ricerca, sviluppo e pubblicità siano conformi alle prescrizioni dell’art. 2426, comma 1, n.5, c.c.

 Che l’iscrizione in bilancio dell’avviamento sia conforme alle prescrizioni dell’art. 2426, comma 1, n.6, c.c.;

 La correttezza e la legittimità dell’eventuale deroga dell’art. 2423, comma 4, c.c. cui abbiano fatto ricorso gli amministratori;

 La rispondenza del bilancio ai fatti e alle informazioni di cui il collegio sindacale è a conoscenza a seguito della partecipazione alle riunioni degli organi sociali, dell’esercizio dei suoi doveri di vigilanza e dei suoi poteri d’ispezione e controllo (artt. 2403, 2043-bis, 2405 c.c.).

La stessa Norma di comportamento precisa che in alcune ipotesi il collegio sindacale, pur non essendo incaricato della revisione legale, è chiamato a svolgere compiti che presentano significativi profili contabili, il che rende necessaria l’acquisizione di opportune informazioni dall’incaricato della revisione legale. L’organo, infatti:

 Esprime il consenso per l’iscrizione in bilancio di costi d’impianto, e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale, ai sensi dell’art. 2426, comma 1, n.5, cc.;

 Esprime il consenso per l’iscrizione in bilancio dell’avviamento, ai sensi dell’art.2426, comma 1, n.6, c.c.;

14 Vigilanza in ordine al bilancio di esercizio e alla relazione sulla gestione, Norma 3.7, Norme di

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 Formula il parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni alla presenza di esclusione o di limitazione del diritto d’opzione, ai sensi dell’art. 2441, comma 6, c.c.;

 Redige una relazione di accompagnamento al rendiconto finale del patrimonio destinato a uno specifico affare ai sensi dell’art.2447-noves c.c.

Le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere saranno riassunte in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio. Ciò significa che al revisore legale compete la verifica analitica delle principali voci, sia sotto il profilo della rispondenza alla contabilità, sia sotto il profilo dell’applicazione delle regole di redazione, mentre al collegio sindacale spetta esclusivamente il controllo sull’osservanza da parte degli amministratori delle norme procedurali sancite dalla legge e dallo statuto, inerenti alla formazione, deposito e pubblicazione, non dovendo effettuare controlli analitici di merito sul contenuto del bilancio né esprimere un giudizio sulla sua attendibilità.

Per quanto concerne la relazione sulla gestione, l’attività di vigilanza riguarda l’accertamento della sussistenza del contenuto obbligatorio secondo quanto previsto dall’art. 2428 c.c.

Tabella 1.2 - Le diverse figure del revisore nelle S.p.a. e nelle S.r.l15

15 Tabella elaborata sui dati presenti nelle slide del corso di Revisione Contabile, Prof. Alberto Tron,

Università di Pisa, a.a. 2016/2017.

LE DIVERSE FIGURE DEL REVISORE NELLE S.P.A E S.R.L

A LT ERN A TIVA M EN TE

Spa che non redige il bilancio consolidato a) Società di revisione b) Revisore unico c) Collegio sindacale Spa che redige il bilancio consolidato a) Società di revisione

b) Revisore unico S.r.l. che nomina il collegio per effetto del

capitale o del superamento dei limiti

a) Società di revisione b) Revisore unico c) Sindaco unico S.r.l. che redige il bilancio consolidato a) Società di revisione

b) Revisore unico c) Sindaco unico S.r.l. che controlla altra società tenuta alla

revisione legale dei conti

a) Società di revisione b) Revisore unico c) Sindaco unico

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CAPITOLO 2: IL COLLEGIO SINDACALE NELLA PREVENZIONE ED

EMERSIONE DELLA CRISI

Il Collegio sindacale, nello svolgimento delle funzioni riconosciutegli dalla legge, e alla luce delle Norme di Comportamento cui è sottoposto, vigila che il sistema di controllo e gli assetti organizzativi adottati dalla società, risultino adeguati a rilevare tempestivamente segnali che facciano emergere dubbi significativi sulle capacità dell’impresa a continuare a operare in modo da onorare i propri impegni debitori e/o versi in uno stato di crisi e/o ne sia compromessa la continuità aziendale.

Il Collegio verifica quindi che esista un sistema di controllo interno aziendale, il quale faccia perno su un sistema che non si basa su verifiche ex post, ma, al contrario, privilegia l’adozione di strumenti organizzativi che siano capaci di rilevare tempestivamente il rischio, secondo le dimensioni e della tipologia dell’attività dell’impresa e che siano quindi in grado di riconoscere i segnali dell’imminenza della crisi.

Il “rischio” è insito nella stessa attività imprenditoriale, molte operazioni aziendali posseggono un certo grado di rischio, essere in grado di valutarlo conferisce un primo parametro di valutazione del possibile sviluppo temporale delle operazioni di gestione. Quando i rischi delle operazioni aziendali sono troppo numerosi e/o troppo elevati, può innestarsi uno “stato d’insolvenza”. Lo stato d’insolvenza può essere superato, se sono poste in essere tempestivamente le necessarie operazioni correttive. Quando lo stato d’insolvenza perdura, si evidenzia uno “stato di crisi” che può compromettere la stessa continuità aziendale, quando lo stato di crisi diventa irreversibile. Nello svolgimento della sua attività di vigilanza, in un’ottica di prevenzione della crisi, il Collegio deve quindi, poter attingere a uno scambio d’informazioni con tutti soggetti che operano nell’azienda sul piano dei controlli: il risk manager, l’organo di vigilanza, la società di revisione e l’internal auditing.

Inoltre ogni volta che il Collegio ritenga che il sistema di controllo interno e gli assetti organizzativi non risultino adeguati a far emergere segnali sull’incapacità dell’impresa a far fronte in modo sistematico al rimborso dei debiti contratti, il collegio stesso:

 Deve richiedere all’organo amministrativo di intervenire tempestivamente ponendo in essere provvedimenti idonei a garantire il superamento dello stato di crisi;

 Deve vigilare sui provvedimenti adottati dall’organo amministrativo, sollecitando se ne ricorrano le condizioni, l’adozione di uno degli istituti di soluzione negoziale della crisi d’impresa;

 In caso di omessa o inadeguata risposta, deve informare il competente organismo di composizione della crisi;

 Può convocare l’assemblea dei soci, in caso d’inerzia degli amministratori;

 Può presentare, qualora ne ricorrano i presupposti, denuncia al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c.

Al Collegio spetta quindi vigilare che tali assetti risultino validi sotto un profilo informativo e procedurale anche a rilevare tempestivamente quei segnali che possono far emergere significativi dubbi sulla capacità dell’impressa di continuare a operare nella prospettiva della continuità. È messa quindi in atto una procedura che prende il nome di Allerta, “interna”.

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Tuttavia nelle società che non hanno organi di vigilanza e controllo, l’attivazione di questo tipo di allerta è lasciata alla buona volontà degli organi di amministrazione, presentandosi quindi come un problema di non scarso rilievo.

Questo è diventato nel corso degli ultimi anni un tema di ampio dibattito, che si sta cercando di definire anche a livello legislativo; in ultima battuta con l’Art 4. della Legge Delega n.155 del 19 Ottobre 2017- in conformità del principio della salvaguardia dei valori di un’impresa in difficoltà, riportati nella Raccomandazione della Commissione europea del 12 Marzo 2014-, si prevede l’istituzione di apposite procedure di allerta volte ad anticipare l’emersione della crisi mediante una rapida analisi delle cause del malessere economico e finanziario dell’impresa, e successivamente mirate a supportare i negoziati in vista del raggiungimento dell’accordo con i ceditori o con alcuni di essi.

Questo è molto importante perché spesso i motivi di una crisi potevano essere colti con ampio anticipo rispetto al suo esplicito manifestarsi (uno o anche due anni prima), ma spesso non venivano quasi mai correttamente interpretati, contribuendo così all’aggravarsi della crisi.

È fondamentale quindi ascoltare attentamente e capire i primi segnali di crisi, anche i più contradditori, i così detti “Alert”, evitando così il duplice rischio di sottostimarli o di fraintenderli (scambiando per esempio gli effetti per le cause).

Tali procedure dovranno essere implementate dal collegio sindacale, il quale attraverso l’abbattimento degli attuali parametri, sarà presente nelle società che prima non lo prevedevano. Viene dunque sempre più alla luce l’importanza che Il Collegio rivestirà all’interno delle società, per quanto concerne l’attività di vigilanza nonché prevenzione ed emersione della crisi.

Cosi come si è detto in precedenza, sarà l’organo posto al centro del vertice del sistema integrato della governance aziendale.

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1. Dalla definizione del rischio allo stato di crisi

Per meglio inquadrare il momento temporale in cui le operazioni di allerta da parte del Collegio devono essere implementate, è opportuno definire i seguenti concetti: “Rischio”, “stato d’insolvenza”, “probabilità d’insolvenza”, “stato di crisi” e “continuità aziendale”.

Il “rischio”, secondo la definizione del CoSo (Comitee Of Sponsoring Organizations) è il possibile evento negativo di un fenomeno aleatorio, in altre parole di un accadimento futuro le cui possibili manifestazioni (positive o negative) possono essere statisticamente descritte da una determinata distribuzione di probabilità16. È opportuno quindi che il Collegio abbia presente una mappatura dei rischi aziendali, che può essere costituita dalle seguenti categorie17:

 Rischi finanziari

 Rischi di approvvigionamento

 Rischi di vendita

 Rischi del mercato del lavoro

 Rischi ambientali

 Rischi legati alla normativa del settore

 Rischi reputazioni

 Rischi strategici

 Rischi dovuti a comportamenti umani

 Rischi da reato introdotti dalla normativa D.Lgs.: 231/200118  Rischi legati a operazioni speculative

Nella fattispecie particolare il rischio oggetto d’identificazione, misurazione e monitoraggio è lo “stato d’insolvenza” (default risk), inteso come evento aleatorio negativo che identifica lo stato di un soggetto debitore quando questi risulti impossibilitato ad adempiere regolarmente e tempestivamente alle obbligazioni assunte, e conseguentemente, di garantire, nel caso delle imprese, il mantenimento della continuità aziendale.

Per probabilità d’insolvenza, nota nel campo anche come Probability of Default (PD), così come disciplinato dalla normativa in materia di vigilanza bancaria prudenziale, s’intende la misura quantitativa, espressa da un numero compreso tra 0 e 1, del rischio d’insolvenza.

Essa esprime, sulla base di un’ordinata e sistematica analisi e valutazione di tutte le informazioni disponibili in un dato istante, la ragionevole convinzione del soggetto valutatore (nel nostro caso, il sindaco o il revisore, nei limiti delle loro rispettive funzioni) circa la possibilità che l’impresa diventi insolvente, con conseguente interruzione della continuità aziendale, entro un determinato intervallo temporale, secondo i casi, identificato in 1,3,5 anni.

La stima della PD può essere effettuata sulla base di congetture esclusivamente soggettive (judgemental approach), attraverso l’utilizzo esclusivo di metodologie statistiche (statistical

16 Secondo il CoSo Report 2004, gli eventi possono avere impatti negativi, impatti positivi o entrambi gli

impatti sulla creazione del valore o sul valore esistente di un’attività. Quelli che hanno un impatto negativo sono configurati come dei rischi che si contrappongono alle opportunità che rappresentano eventi con un impatto positivo.

17 Sistemi di allerta interna , Quaderno nr.71 , Commissione Controllo Societario , ODCEC Milano, 2017. 18 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni i

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approach), o seguendo una procedura che integri i due precedenti approcci (adjusted approach) secondo criteri avanzati di valutazione del rischio “ERM- Enterprise Risk Management”.

Attraverso l’implementazione di tecniche statistico–matematiche ricomprese in alcuni modelli19, è già possibile effettuare un’analisi preliminare dei fattori discriminanti di rischio (indicatori e grandezze di riferimento) che come vedremo in seguito, dovranno sempre più essere corrette e

integrate, dall’indispensabile e insostituibile giudizio professionale del sindaco o revisore.

Dal punto di vista operativo, esso implica l’applicazione di una metodologia multicriteria (contabile ed extra-contabile) nell’analisi e valutazione dei diversi set informativi, che costituiscono la base di dati a disposizione del valutatore. Tale approccio implica, inoltre, una considerazione sistemica di tutte le diverse informazioni che a diverso titolo impattano sulla stima della probabilità d’insolvenza e sul giudizio finale del relativo rischio (rating).

Per “stato di crisi”, invece, s’intende la condizione nella quale l’azienda non è più in grado di generare, in via continuativa, un adeguato flusso di cassa operativo. La capacità di generare liquidità dovrebbe infatti essere tale da garantire un tempestivo regolare servizio del debito contratto verso enti finanziari ed erariali.

Quindi sul piano giuridico lo stato di crisi si può definire come la situazione attesa di tendenziale e temporanea inadempienza contrattuale, potenzialmente reversibile, ma contraddistinta da un’elevata probabilità d’insolvenza. Quando l’impossibilità di adempiere le proprie obbligazioni diventa irreversibile viene compromessa la stessa continuità aziendale.

Gli eventi segnaletici che devono indurre i sindaci (così come i revisori) a considerare una situazione di allerta, nel caso venga a mancare la continuità aziendale, sono dettagliati nel principio di revisione ISA 57020.

Le azioni messe in atto dall’organo di vigilanza seguono invece la Norma 11 PCCS predisposta dal CNDCEC21.

La sequenza in cui sono riportati i termini succitati suggerisce anche il possibile sviluppo temporale degli avvenimenti aziendali da “stato d’insolvenza” in “stato di crisi”, a compromissione della “continuità aziendale”.

Nella tabella riportata qui di seguito, viene fornita una sintesi degli elementi scaturenti e delle azioni che possono essere messe in atto da parte dell’organo di vigilanza per ogni stadio evolutivo della crisi con la quale ogni realtà aziendale può trovarsi a fare i conti; dopo ovviamente un attento e mirato lavoro di analisi valutativa.

19 Attualmente, esistono diversi software per l’analisi del merito creditizio che consentono di stimare la PD

multi-periodale. I più utilizzati sono CE.BI-Centrale dei Bilanci-Cerved Group per l’analisi storica, SINTESI-Centrale dei Bilanci-Cerved Group per l’analisi prospettica e RiskCale 3.1-Moody’s KMV che ingloba entrambe le tipologie di analisi. “ ODCEC Milano, RatingAdvisory. Linee guida per il monitoraggio proattivo del merito creditizio e l’assegnazione del rating d’impresa, 2015.

20 Confermati dal documento “banca Italia/ISVAP/Consob num.2 del 6.2.2009”.

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Tabella 2.1. - Crisi d’impresa e insolvenza, un ruolo dinamico dell’organo di controllo22.

22 Sistemi di allerta interna, Quaderno nr.71 , Commissione Controllo Societario, ODCEC Milano 2017.

Stadio della crisi Elementi/azione Valutazione

Incubazione

(fase straordinaria di declino, fisiologica)

Si manifestano iniziali fenomeni d’inefficienza

Idonea verifica mantenimento presupposto continuità aziendale secondo il Principio di Revisione (ISA 570)

Azioni organo di vigilanza:

Monitoraggio, analisi dinamica con Norma 11 PCCS del CNDCEC

Gravità/evoluzione rilevabile solo internamente e con strumenti prognostici di

determinazione degli equilibri economici e finanziari in ottica di continuità

(es. business plan)

Maturazione

(fase straordinaria di declino, fisiologica)

Si cominciano a intaccare le risorse aziendali (la cassa, il patrimonio).

Alert interno

Idonea verifica mantenimento presupposto continuità aziendale secondo il principio di Revisione (ISA 570)

Azioni organo di vigilanza

Monitoraggio, analisi dinamica con Norma 11 PCCS del CNDCEC, valutazione congiunta con la direzione

Progressivi segnali all’esterno in ottica

backwardlooking (lettura dei dati

consuntivi, info bilancio). Gravità/ evoluzione rilevabile solo internamente e con strumenti prognostici di

determinazione degli equilibri economici e finanziari in ottica di continuità (es. business plan, cash-flow prospettici)

Crisi conclamata

(fase straordinaria, reversibile)

Si osservano gravi squilibri finanziari, ripercussioni sulla fiducia degli stakeholder.

Coincide con questa fase anche la difficoltà finanziaria conclamata.

Idonea verifica mantenimento presupposto continuità aziendale secondo il principio di Revisione (ISA 570)

Azioni organo di vigilanza

Monitoraggio, analisi dinamica con Norma 11 PCCS del CNDCEC, valutazioni critiche delle azioni progettate dalla direzione.

Rilevabile internamente e con strumenti prognostici di determinazione degli equilibri economici e finanziari in ottica di continuità

(es. business plan, impairment test). La valutazione affidabile da parte di terzi richiede di poter accedere a informazioni di

dettaglio disponibili alla sola impresa (la qualità dell’informazione è decisiva). Impostazione dei piani d’intervento da parte

della direzione, valutazione critica da parte degli organi di vigilanza..

Insolvenza reversibile

(fase straordinaria)

Idonea verifica mantenimento presupposto continuità aziendale secondo principio di Revisione (ISA 570)

con adozione strumento previsto dall’ordinamento per il superamento della crisi e recupero della continuità aziendale

Azioni organo di vigilanza:

Monitoraggio, analisi dinamica con Norma 11 PCCS del CNDCEC,

Valutare:

Ricorso a istituti di composizione

Rilevabile lo stato d’insolvenza con valutazioni di dettaglio sul bilancio ma con

approfondimenti su dati aggiornati e prospettici economico, finanziari e

patrimoniali.

La valutazione da parte di terzi della reversibilità dell’insolvenza richiede l’accesso a informazioni di dettagli disponibili alla sola impresa che, invece,

sono accessibili agli organi di vigilanza. Impostazione dei piani d’intervento da parte

della direzione, valutazione critica da parte degli organi di vigilanza. Intervento di professionalità specialistiche

esterne.

Insolvenza conclamata

(irreversibile)

Ricorso a istituti di composizione, liquidazione giudiziale,

Cui si giunge in assenza di tempestive manovre di risanamento attuate nelle precedenti fasi

Rilevabile lo stato d’insolvenza con valutazioni su dati di bilancio per evidenza

degli squilibri. La manifestazione esteriore dell’inadempimento delle obbligazioni sono

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22

La procedura che quindi risulta a carico degli organi di controllo, può essere riassunta con il termine di Allerta “interna”, e pone l’obbligo della comunicazione tempestiva all’organo di amministrazione della società, dell’esistenza di fondati indizi della crisi e in caso di omessa o inadeguata risposta, di informare direttamente il competente organismo di composizione della crisi. Tuttavia nelle società che non hanno organi di vigilanza e controllo, l’attivazione di questo tipo di allerta viene lasciata alla buona volontà degli organi di amministrazione, presentandosi quindi come un problema di non scarso rilievo.

Dall’analisi della sopra presentata tabella, è evidente come la “crisi” anticipi l’insolvenza conclamata e quest’ultima ne costituisce lo sviluppo e la sua manifestazione irreversibile in assenza di azioni correttive.

È possibile inoltre osservare come, mentre le fasi d’insolvenza irreversibile o conclamata siano

progressivamente e facilmente rilevabili ex post anche dall’esterno, l’individuazione e la

valutazione della gravità dello stato di “crisi”, non ancora sfociato in insolvenza conclamata, presuppone l’accesso a un set informativo non disponibile all’esterno dell’azienda e una visione diversa da quella soltanto storica (basata su analisi statiche di grandezze patrimoniali e indici di bilancio), bensì anche prospettica quindi tesa a individuare l’incapacità in futuro di adempiere non solo alle obbligazioni già assunte, ma anche quelle prevedibili nel corso della gestione attesa, sia sotto il profilo inerziale sia se corretta da iniziative della direzione.

Questo concetto assume ancor più valenza se si considera come nelle prime quattro fasi di manifestazione siano tipicamente possibili, nella maggioranza dei casi, interventi correttivi e strutturali che possano condurre a un’accettabile/positiva risoluzione dello stato di difficoltà e, al limite, ma pressoché sempre, ridurre l’impatto negativo delle conseguenze dell’insolvenza, se irreversibile (la tutela della massa dei creditori).

Grafico 2.1 - Stadi e individuazione della crisi23

23“Gli strumenti di misurazione della crisi d’impresa: i segnali di allerta”, Convegno regionale prevenzione

della crisi d’impresa, necessità o opportunità, Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti contabili di Lecco, luglio 2017.

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23

È inoltre opportuno, ancorché fondamentale osservare come la trasparenza e la tempestiva disponibilità dei dati aziendali attendibili e verificati, non solo contabili, sia essenziale per condurre un’analisi affidabile, da parte degli organi della governance societaria, o di terzi, circostanza non sempre verificata soprattutto nelle entità dimensioni minori, spesso carenti di risorse, di adeguate strutture organizzative e di un controllo interno.

Su questi ultimi temi i soggetti della governance deputati alla vigilanza, quando istituiti, possono e devono, disponendo di strumenti poteri d’indagine, giocare un ruolo decisivo sia nell’ambito della qualità dell’informativa societaria, sia nella necessaria disponibilità di affidabili informazioni di natura gestionale e, infine, nell’ambito di una tempestiva valutazione dell’insorgere delle situazioni critiche.

In altri termini, è incontestabile l’assunto che il miglior modo per affrontare uno stato di squilibrio economico-finanziario (la crisi), sia quello di conoscerlo e intervenire prima che questo si aggravi, basando le analisi e le valutazioni, su una corretta e affidabile base informativa (quality information). Troppo spesso infatti gli imprenditori si ritrovano a porre attenzione a determinate situazioni solamente al momento della loro esplicita manifestazione, quando magari i sintomi e i relativi segnali erano conoscibili già da tempo.

Grafico 2.2 - Con quanto ritardo l’imprenditore si è reso consapevole che sintomi e segnali erano

di una crisi da affrontare in modo straordinario.24

24 Dati emersi da una ricerca nazionale effettuata da Entriage, (prima società italiana specializzata nella

gestione del primo intervento straordinario in situazioni di criticità aziendali) con gli specialisti del

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2. Il requisito della continuità aziendale

A seguito della crisi economica che ha interessato il nostro Paese nell’ultimo decennio, fioriera purtroppo di molte incertezze, la valutazione della continuità aziendale nell’ambito delle imprese ha assunto un importantissimo rilievo. Tenendo in considerazione che la continuità aziendale insieme alla prudenza, alla rappresentazione sostanziale, alla competenza, alla costanza nei criteri di valutazione, alla rilevanza e alla comparabilità costituisce i postulati che devono essere rispettati per la redazione di un bilancio con chiarezza idoneo a rappresentare una situazione veritiera; l’attività di revisione -nella valutazione del bilancio per accertare se il bilancio presenta il quadro fedele- e quella dei sindaci -vigilanza sull’andamento della società- non può quindi esimersi dal volgere il proprio sguardo al futuro.

All’art. 2423-bis del c.c., comma 1, si stabilisce che: “La valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività”.

La mancanza del requisito di continuità aziendale comporta che il bilancio non possa più essere redatto seguendo i principi di funzionamento ma applicando i criteri di liquidazione, ossia di realizzo delle attività ed estinzione delle passività25.

I principi contabili italiani non fanno esplicito riferimento al principio della continuità aziendale e non indicano in modo esplicito e chiaro le verifiche che gli amministratori devono fare e come darne corretta informativa nel bilancio e nella relazione sulla gestione.

Anche in conseguenza di ciò, gli amministratori spesso omettono di riflettere correttamente nei documenti di bilancio i dubbi in materia di continuità aziendale.

Tuttavia, recentemente, sono state introdotte novità a livello normativo inerenti la continuità aziendale; esplicate dal nuovo Principio contabile OIC 11 –Finalità e postulati del bilancio d’esercizio- ( vedi paragrafo 2.1).

I principi contabili internazionali sono invece più puntuali in materia e richiedono agli amministratori di effettuare una valutazione sulla capacità dell’impresa di continuare l’attività in funzionamento sulla base di tutti gli elementi a disposizione con esplicita informativa in bilancio. A livello internazionale l’IFRS 1 richiama il principio della continuità aziendale, ove è detto che: “Il bilancio deve essere redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività salvo che la direzione generale, non intenda liquidare l’entità, interrompere l’attività oppure non abbia alternative a ciò”.

Qualora la direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni di significative incertezze per eventi o condizioni che possano comportare l’insorgere di seri dubbi sulla capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento, tali incertezze devono essere evidenziate. Tanto il Codice Civile quanto i principi contabili internazionali riprendono quindi il concetto di “continuità aziendale”, obbligando il revisore legale a esprimere un giudizio esplicito a riguardo. Nell’ambito dei principi di revisione internazionali, nella nostra fattispecie, assume particolare rilevanza il principio ISA (Italia) 570 – Continuità aziendale- e il principio ISA (Italia) 260 –Comunicazioni con i responsabili delle attività di governance-. Al revisore, ai fini dell’espressione del proprio giudizio sul bilancio, è richiesto dai Principi di Revisione applicabili di

25 Ad esempio nella valutazione delle rimanenze, in un’ottica di continuità aziendale sono determinate

come il minor valore tra il costo e il valore di mercato dei beni in giacenza, mentre in fase di liquidazione o in situazioni di discontinuità aziendale, si valutano solo al valore di realizzo.

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