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Le problematiche relative all’equo accesso al processo decisionale.

Nel documento Le lobbies in Europa. Regole e trasparenza (pagine 183-200)

Una delle maggiori preoccupazioni relative allo svolgimento dell’attività di

lobbying consiste nel fatto che spesso la prassi non permette di garantire

l’equo accesso da parte dei gruppi di pressione al decisore pubblico. Ciò innanzitutto contribuisce ad accrescere la concezione negativa del fenomeno lobbistico come espressione di corruzione presso l’opinione pubblica ed in secondo luogo impedisce al policy maker di avere una visione esaustiva degli interessi in campo e quindi in ultima analisi di prendere decisioni che rappresentino gli interessi più meritevoli, piuttosto che quelli meglio rappresentati. Sebbene sia inevitabile che vi siano gruppi con risorse economiche e finanziarie maggiori tali che permettono loro un accesso privilegiato alla rappresentanza dei propri interessi, non per questo il

466 Labour demands response over Theresa Villiers's meeting with lobbyist. Opposition call for publication of letter that will indicate whether Northern Ireland secretary broke ministerial code. Nicholas Watt, Chief Political Correspondent, 18 dicembre 2013, The

Guiardian,

https://www.theguardian.com/politics/2013/dec/18/labour-theresa-villiers-meeting- helioslough-lobbyist-northern-ireland-secretary.

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soggetto pubblico si deve ritenere autorizzato ad assecondare tale tendenza, quanto piuttosto, in ragione dell’interesse generale che esso rappresenta si può ragionevolmente affermare che sia suo compito contrastare una deriva di questo genere, che ha come risultato quello di non premiare gli interessi più meritevoli, ma solo quelli che, in virtù dell’ampia disponibilità economica, vengono rappresentati più efficacemente. Inoltre, ammessa la difficoltà di comprendere con assoluta certezza gli innumerevoli casi che fanno parte della vita politica di ogni giorno, è tuttavia un dovere del legislatore e dei soggetti che rivestono un ruolo pubblico cercare almeno di tendere verso la messa in pratica del principio dell’equo accesso al processo decisionale da parte dei gruppi di pressione.

Ulteriore problematica connessa all’accesso al decision making è quella derivante l’utilizzo sempre maggiore di soggetti esperti in determinati settori, oggetto dell’elaborazione di politiche pubbliche, quali i gruppi consultivi accademici e non, così come i Think tank attraverso la loro opera di predisposizione di reports e documenti di approfondimento su varie tematiche467. Questi soggetti si rendono necessari dal momento che il policy

making è diventato sempre più tecnico e complesso ed indubbiamente

costituiscono un apporto più che positivo al processo decisionale. Tuttavia, non sussiste per detti soggetti un vincolo legale in base al quale essi debbano avere una composizione interna bilanciata, per esempio tra settore privato e rappresentanti della società civile. Inoltre, il processo di selezione dei membri dei gruppi consultivi è discrezionale ed ispirato ad una logica di assunzione privata e non pubblica, con il possibile risultato che i consiglieri esterni preferiscano promuovere gli interessi personali o del gruppo al quale appartengono piuttosto che approcciarsi alla materia oggetto d’analisi con la dovuta oggettività. Infatti, quando le società di consulenza forniscono proprio personale468 per aiutare il policy maker lavorando sui dettagli tecnici di una politica di sviluppo di un determinato settore, c’è il rischio che detti

467

Per maggiori informazioni sui gruppi si veda https://www.gov.uk/government/groups.

468

Il personale può essere fornito anche sotto forma di tirocinanti che entrano a far parte dello Staff del decisore pubblico.

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soggetti possano modellare le policies per soddisfare i propri interessi o quelli dei propri clienti469.

Nel gennaio 2014, il British Medical Journal (BMJ) ha pubblicato un report con cui denunciava l’operato del governo circa la questione della politica dei prezzi degli alcolici470. Il governo infatti, secondo quanto riportato dal

report, si sarebbe fatto influenzare dall’industria delle bevande alcoliche al

punto da arrivare ad invertire il piano di politica pubblica del settore che aveva inizialmente avviato. Nel 2012 il governo inglese aveva pubblicato un piano di policy relativo agli alcolici, stabilendo di istituire un prezzo minimo per ogni unità di alcol471. La policy del governo, afferma il report, avrebbe avuto il pregio, attraverso l’introduzione del prezzo minimo sui prodotti più economici, di contribuire a ridurre l’uso di alcol nei bevitori abituali, così come il tasso di criminalità e di mortalità collegato al suo consumo. Nel luglio del 2013 però l’impegno del governo nell’attuazione di detta misura è stato ritirato. Secondo quanto affermato dal British Medical Journal, il cambio di politica sarebbe da attribuire alla massiva attività di lobbying esercitata da parte dell’industria delle bevande alcoliche. Infatti, gli incontri tra i ministri, così come i funzionari pubblici con competenze in materia di salute pubblica, ed i lobbisti dell’industria dell’alcol, così come le catene dei supermercati, sarebbero stati circa 130, svolti tutti nel periodo nel quale si stava vagliando l’opportunità dell’approvazione delle misura governativa472

. Sebbene il governo affermi che vi siano stati un numero simile di incontri anche con gli attivisti per la salute, il BMJ è convinto della disparità di trattamento tra i diversi rappresentanti, fatto, sostiene il report, dimostrato se non altro dal ritiro della policy e dalla rinuncia all’introduzione di una seppur

469

Per una vicenda pratica si veda infra il caso della NHS England e dell’apporto fornito nell’elaborazione di policies in materia di malattie degenerative delle cellule da parte del gruppo Specialised Healthcare Alliance.

470

Under the influence, the BMJ feature Alcohol and Public Health, Jonathan Gornall,

http://www.bmj.com/content/348/bmj.f7646.

471

Government's Alcohol Strategy - Health Committee, 19 luglio 2012,

http://www.publications.parliament.uk/pa/cm201213/cmselect/cmhealth/132/13206.htm.

472

Alcohol pricing: government 'dancing to the tune of drinks industry'. Officials and ministers had 130 meetings with industry lobbyists while government was considering alcohol price controls. Rowena Mason, Political Correspondent, 8 January 2014, The

Guardian, https://www.theguardian.com/society/2014/jan/08/government-dancing-tune- drinks-industry-doctors.

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minima aliquota sul prezzo di ogni unità di alcol rispetto a quella originariamente prevista. Anche la comunità scientifica ha espresso il suo disappunto circa il ritiro della politica del governo quando 21 dottori attivisti per la tutela della salute pubblica, incluso Sir Ian Gilmore, consigliere speciale in materia di alcolici per il Royal College of Physicians473, hanno esternato la propria costernazione per il ritiro della policy e per il fatto che l’interesse particolare dell’industria degli alcolici, attraverso il dispiegamento dei propri poteri economici, stia mettendo sempre più a repentaglio l’interesse generale di tutela della salute pubblica474

.

Nel febbraio 2014, la testata giornalistica The Indipendent ha riportato che il

NHS England475 ha invitato un gruppo interamente composto dall’industria farmaceutica a determinare un report di influenza delle politiche del governo in materia di trattamento di malattie complesse come il cancro, all’interno di una commissione strategica di 5 anni per il valore di 12 milioni di sterline. I costi del gruppo The Specialised Healthcare Alliance476, il quale afferma di rappresentare almeno 90 gruppi di pazienti ed enti di beneficienza, sono interamente finanziati da 13 compagnie farmaceutiche, e il direttore del gruppo, John Murray, è anche capo di uno studio lobbistico i cui clienti includono alcune delle aziende di medicinali e di dispositivi medici più gradi del mondo. Il medico e membro dell’House of Commons Health Select

Committee477, Sarah Wollaston, ha avvertito che, date le elevate somme di denaro pubblico che il NHS England ha commissionato, è estremamente importante sapere chi sia invitato e sedersi, quali siano i panels di esperti chiamati a pronunciarsi su temi delicati quali la salute pubblica e la cura delle malattie degenerative, ma soprattutto, oltre ogni altro aspetto, quali siano i potenziali conflitti di interessi che questi soggetti possono avere. Secondo quanto riporta l’articolo dell’Indipendent, il NHS England non

473

https://www.rcplondon.ac.uk/.

474 Lifting the Lid on Lobbying: The Hidden Exercise of Power and Influence in the UK, pp.

24 ss, Transparency International UK, publication, febbraio 2015,

http://www.transparency.org.uk/publications/liftthelid/.

475 Si tratta del servizio sanitario nazionale inglese https://www.england.nhs.uk/. 476

http://www.shca.info/.

477

Comitato per la salute pubblica del Parlamento inglese

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registrerebbe i suoi incontri con i lobbisti, né si adopererebbe per svelare al pubblico i potenziali conflitti di interesse dei suoi impiegati o soggetti appaltatori478. Tuttavia sia il NHS England che il gruppo Specialised

Healthcare Alliance rigettano le accuse di porre in essere attività

inappropriate479. È chiaro come la vicenda in questione abbia posto non pochi dubbi sull’appropriatezza della condotta dei soggetti coinvolti e soprattutto occorre notare che tutti questi disguidi, i quali hanno comportato inefficienze e ritardi nella conduzione dei lavori della macchina pubblica, dovute al dispiegamento di forze ed energie nel tentativo di fare chiarezza a posteriori anziché fin da subito, si sarebbero potuti evitare semplicemente se

NHS England avesse disposto un semplice registro elettronico per gli

incontri svolti e per chiarire gli eventuali conflitti di interesse in modo che fosse visibile chi stava facendo lobbying a chi e su quali temi. È nel senso di protendere finanche verso un’eccessiva trasparenza che vanno quindi interpretate le parole del legislatore, soprattutto in un settore come quello della sanità inglese che, per il fatto di caratterizzarsi sempre più da servizi distribuiti tramite complesse relazioni pubblico – privato, risulta un settore “magnete” per l’industria del lobbying.

478 Revealed: Big Pharma's hidden links to NHS policy, with senior MPs saying medical industry uses ‘wealth to influence government’. Specialised Healthcare Alliance is entirely funded by ‘commercial’ members, Oliver Wright, 11 febbraio 2014, The Indipendent,

http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/revealed-big-pharma-links-to-nhs-policy- with-senior-mps-saying-medical-industry-uses-wealth-to-9120187.html.

479

Per la risposta dello Specialised Healthcare Alliance all’articolo dell’Indipendent si veda

http://www.shca.info/blog/post.php?s=2014-02-11-shca-statement-in-response-to-the- independent-newspaper-article ed anche le lettere inviate tra il Chair of the Health Committee Stephen Dorrell MP ed il Secretary of State for Health Jeremy Hunt MP,

https://www.parliament.uk/documents/commons-committees/Health/Correspondence-with- the-Secretary-of-State-for-Health-on-NHS-England's-dealings-with-commercial-

188 CONCLUSIONI

Nel corso della presente trattazione si è proceduto ad analizzare il tema del lobbying nell’ambito delle istituzioni europee e di quelle del Regno Unito, con particolare riguardo alle norme “interne” ed “esterne” inglesi.

Nel primo capitolo è stato introdotto il tema della rappresentanza degli interessi fornendo una serie di definizioni propedeutiche alla comprensione dell’indagine che ne è seguita. Pertanto, sono stati evidenziati i soggetti attori dell’attività di lobbying, quali i lobbisti e i gruppi di pressione da un lato, e i decisori pubblici dall’altro, occupandosi altresì di introdurre le molteplici categorie nelle quali questi si suddividono, a seconda del luogo istituzionale nel quale essi collocano la loro attività. Per rendere più completa l’introduzione è stato fatto riferimento anche alle categorie di soggetti attori nel panorama italiano, specificamente con riguardo ai decisori pubblici. Sulla base delle relazioni che si instaurano tra questi, si è proceduto ad evidenziare le possibili problematiche che possono sorgere dallo svolgimento di detta attività. Pertanto, grazie agli studi condotti da Transparency

International UK sono state individuate le possibili criticità in materia di lobbying480. Quelle legate più propriamente alla trasparenza consistono nell’esistenza o meno di una regolamentazione del fenomeno lobbistico che sia sufficientemente improntata ad un regime di trasparenza inerente lo svolgimento degli incontri, l’oggetto della discussione, gli interessi economici e finanziari dei soggetti che vi partecipano, gli eventuali accordi raggiunti, e tutte le informazioni che, se rese pubbliche attraverso un registro, possono rendere la cittadinanza più consapevole delle modalità e delle dinamiche attinenti allo svolgimento dei processi decisionali pubblici. Sono state individuate anche problematicità legate

480

Per l’individuazione delle problematiche si veda Lifting the Lid on Lobbying: The Hidden

Exercise of Power and Influence in the UK, Transparency International UK publications,

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specificamente all’integrità del decisore pubblico, riguardanti i possibili conflitti di interesse che possono sorgere quando questi svolga i due ruoli contemporaneamente, essendo allo stesso tempo decisore pubblico ed anche lobbista per conto terzi, oppure quando si verifichino episodi di

revolving door, vale a dire quando il soggetto pubblico passi in maniera

repentina dallo svolgimento di una funzione pubblica, che si auspica essere svolta nell’ottica della garanzia dell’interesse generale della collettività, alla cura di interessi privati di soggetti particolari, con il rischio concreto che possa utilizzare le informazioni di cui è a conoscenza in virtù della funzione pubblica svolta per agevolare il soggetto privato per il quale si trova ad operare rispetto agli altri soggetti privati che finiscono per essere ingiustamente svantaggiati da questa pratica. È stato posto l’accento anche sul problema dell’accesso al

decision making cercando di evidenziare l’importanza di fare in modo

che questo sia il più possibile equo tra i vari soggetti interessati. Infatti, è emerso chiaramente il nesso tra l’equo accesso al processo decisionale e l’efficacia delle decisioni assunte dal decisore pubblico. In altre parole, più l’accesso è equo, più le decisioni pubbliche corrispondono alle reali necessità della collettività, anziché agli interessi di alcuni soggetti più influenti solo perché più forti economicamente. Si è così proceduto ad individuare l’oggetto della ricerca nell’indagine delle regole in materia di

lobbying, sia “interne” che “esterne”, esistenti presso le istituzioni

europee ed inglesi. Si è ritenuto infatti che la garanzia di trasparenza in generale costituisca il punto focale della questione e che, se garantita da un appropriato “pacchetto” di norme, essa porti con se anche la soluzione a problemi quali quello dell’integrità del decisore pubblico e quello dell’equo accesso al processo decisionale. Prendendo spunto dalla classificazione dei sistemi normativi in modelli regolamentazione – trasparenza, regolamentazione – partecipazione e regolamentazione – strisciante481, si sono introdotte le differenze principali tra il sistema

481

Si tratta dei tre modelli elaborati da Petrillo a partire da un’analisi comparata delle forme di regolamentazione del fenomeno lobbistico, in Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto

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europeo ed inglese, rispettivamente appartenenti al secondo ed al primo modello, ed anche alcune caratteristiche del sistema italiano della regolamentazione – strisciante “ad andamento schizofrenico”. Il primo capitolo quindi introduce al tema della rappresentanza ed è stato ideato come uno strumento di ausilio al lettore, anche a colui che per la prima volta si trova a relazionarsi con la tematica del lobbying, per una migliore comprensione delle informazioni di carattere tecnico contenute nel prosieguo della trattazione.

Il secondo capitolo analizza la vigente normativa europea relativa al fenomeno lobbistico presso le istituzioni di Bruxelles. L’analisi parte dall’individuazione di una serie di fattori che determinano il coinvolgimento attivo delle lobbies nel processo decisionale europeo. Infatti, il c.d. deficit democratico che caratterizza la struttura delle istituzioni europee comporta la necessità di interagire con i gruppi di rappresentanza degli interessi della società civile per garantire l’efficacia delle decisioni europee. Allo stesso modo si è riscontrata la capacità delle

lobbies di contribuire al progetto di integrazione europea, soprattutto con

riguardo a quei gruppi di interesse, o associazioni di categoria, che si connotano per essere transnazionali, facendosi promotori degli interessi propri di realtà simili appartenenti a diversi Stati membri e quindi operando nel senso di dare all’Europa una sua identità, anziché lasciare che essa sia solo una somma di diversi Stati tra loro isolati. Prima di analizzare la normativa vigente, sono state riportate le tappe che l’hanno preceduta. Innanzitutto è stata analizzata la base giuridica su cui l’attività di lobbying trova la sua legittimità, vale a dire quelle fonti europee che abilitano l’apporto degli interessi delle lobbies nel processo decisionale europeo, come è avvenuto con il Protocollo sociale allegato al Trattato di Maastricht, il Trattato di Lisbona ed il Libro bianco sulla governance europea, i quali contengono al loro interno disposizioni ed enunciazioni di principio che gettano le basi affinché il lobbying venga concepito

e Petrillo Pier Luigi, Democrazie e lobby: è tempo di regolare la pressione, Forum di quaderni costituzionali, 2015, n. 7, p. 1 – 8, spec. p. 4

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come pratica legittima, come per esempio l’articolo 11, Titolo II del nuovo TUE, il quale afferma la necessità che le istituzioni diano ai cittadini ed alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori d’azione dell’Unione, mantenendo perciò un dialogo aperto, trasparente e costante attraverso ampie consultazioni delle parti interessate. In secondo luogo sono state fornite informazioni relative alle funzioni ed ai ruoli che vengono svolti dalle istituzioni europee, quali Parlamento, Commissione e Consiglio, concentrando l’attenzione sulle modalità di interazione che si vengono a creare tra queste e i soggetti portatori di interessi. Dall’analisi è risultato che la maggior parte dell’attività di lobbying si concentra nella fase iniziale del processo legislativo, soprattutto durante l’elaborazione di una proposta normativa presso la Commissione europea. Tuttavia, a seguito dell’ampliamento delle competenze legislative del Parlamento all’interno del processo di co – decisione insieme al Consiglio, si è assistito ad un aumento del carico di pressione che viene esercitato sull’Assemblea. Risulta invece poco penetrabile il Consiglio, soprattutto per il fatto che esso è composto da rappresentanti dei governi degli Stati membri verso i quali lo svolgimento di attività di pressione, soprattutto da parte degli uffici di rappresentanza degli interessi con sede a Bruxelles, risulta particolarmente dispendioso dal momento che necessita di un network e di forme elaborate di coordinamento tra la sede di Bruxelles e le sedi presenti nei vari Stati membri. La normativa europea in materia di

lobbying si può dividere tra quella costituita dalle norme verso

l’“interno”, vale a dire l’insieme delle disposizioni che le istituzioni europee indirizzano ai propri membri decisori pubblici, così come ai soggetti che collaborano con i decisori pubblici, quali ad esempio i loro assistenti, e contenenti molteplici obblighi, tra cui quello di esplicitare i propri interessi economici e finanziari, e quella composta dalle norme verso l’“esterno”, ossia quelle disposte dalle istituzioni ed indirizzate ai soggetti lobbisti e gruppi di pressione che svolgono attività di influenza sui decisori pubblici, riguardanti l’istituzione di un registro e di un codice

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di condotta. La ricerca ha evidenziato che Parlamento e Commissione hanno due discipline diverse per regolare l’attività svolta dai propri membri e dai loro assistenti, ovvero il Regolamento parlamentare all’articolo 11, l’allegato I allo stesso Regolamento, relativo al codice di condotta degli eurodeputati in materia di interessi finanziari e conflitti di interesse, e l’articolo 34 del Regolamento relativo ai c.d. intergruppi parlamentari. La Commissione europea nel 2000 si è dotata di due codici di condotta, uno relativo agli oneri comportamentali dei commissari, i quali sono tenuti a comunicare i propri interessi economici e finanziari e ad evitare di accettare incarichi potenzialmente in conflitto una volta cessato il mandato, l’altro relativo al personale amministrativo presente ed operante presso l’organo esecutivo dell’Unione. Per quanto attiene alla normativa verso l’“esterno”, l’analisi si è concentrata prima sulle tappe che hanno portato al primo accordo interistituzionale del 2011 tra Commissione e Parlamento, con il quale le due istituzioni hanno avuto per la prima volta una disciplina uniforme, mentre prima di questo momento esse avevano discipline distinte, e poi più approfonditamente sul vigente accordo interistituzionale del 2014 tra Commissione e Parlamento, il quale si trova contenuto nella parte B dell’allegato IX del Regolamento Parlamentare, e che, insieme all’articolo 11, paragrafo 5 dello stesso regolamento, ed alla parte A dell’allegato IX, contenente le disposizioni di attuazione dell’articolo 11 del Regolamento, costituisce la normativa europea indirizzata ai lobbisti. La disciplina attualmente vigente prevede un registro dei lobbisti ed un loro codice di condotta

Nel documento Le lobbies in Europa. Regole e trasparenza (pagine 183-200)