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Elementi di criticità della normativa Le vicende Cash for questions affair

Nel documento Le lobbies in Europa. Regole e trasparenza (pagine 165-174)

Come si è potuto constatare dall’analisi fin qui svolta, in Inghilterra l’attenzione del legislatore è rivolta principalmente verso i soggetti decisori

431 A maggio 2015 sono solo 8 gli studi legali che hanno la licenza di operare come agenti

parlamentari. Dati verificabili all’indirizzo

http://www.parliament.uk/about/how/laws/bills/private/parliamentary-agents/

432All’art.73 del Regolamento della House of Commons dell’epoca si stabiliva l’obbligo per

gli agenti parlamentari di iscriversi in un Registro, di dichiarare l’impegno a rispettare le regole di buona condotta e ad osservarle, pena il pagamento di una sanzione di £2 000. L’agente doveva presentare un “certificato di onorabilità” rilasciato da un parlamentare in carica, da un “giudice di pace” o da un avvocato di chiara fama. L’agente registrato poteva inviare ai deputati e ai membri del loro staff documenti, ricerche, studi, position papers, nonché l’articolato del bill presentato o da presentare. In Petrillo Pier Luigi, ult. op.cit., p. 126 -127

433 Per comprendere meglio le funzioni che vengono esercitate dagli agenti parlamentari

all’interno del procedimento decisionale si consulti il documento How to Petition against a

Private Bill in the House of Commons, session 2013-14 all’indirizzo

https://www.parliament.uk/documents/commons-committees/petitions/commons-private- bill-petitioning-kit.pdf.

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pubblici, coloro che hanno la responsabilità del loro operato verso la cittadinanza e l’elettorato. Viceversa, la tradizione prevede che per quanto riguarda il comportamento dei lobbisti ci si affidi ai codici etici di condotta stabiliti autonomamente dagli organi di autoregolamentazione del settore, salvo la categoria dei lobbisti Consultants, per i quali è stato introdotto un registro legale obbligatorio attraverso la legge del 2014. Questa scelta non va confusa con una mancanza di attenzione verso il fenomeno della rappresentanza degli interessi da parte del legislatore, dello Stato in generale e dell’opinione pubblica. In altre parole, il fatto di rimettere le regole circa le modalità di esplicazione della pratica lobbistica agli organi di autoregolamentazione non significa automaticamente disinteressarsi della condotta che i lobbisti tengono sul lavoro. Si deve rilevare infatti che nel Regno Unito i codici etici di condotta emanati dalle associazioni rappresentative del settore sono percepiti come vincolanti alla stregua di quanto lo siano le leggi statali, sebbene nel caso della loro violazione la sanzione non consista in una restrizione della libertà personale (sanzione penale) oppure nell’irrogazione di una multa (sanzione civile di tipo pecuniario), quanto invece in una sanzione di natura morale e sociale. Nel caso in cui un lobbista violi il codice di condotta del corpo di appartenenza, la sua reputazione infatti risulta compromessa e con essa anche tutti i rapporti e le relazioni che questi aveva avuto fino a quel momento. Ciò impedisce al lobbista che si sia accertato essere “scorretto” di continuare ad operare nel settore perché da quel momento nessuna società lo vorrà assumere e nessun decisore pubblico lo vorrà più incontrare434. Un sistema di questo tipo può ragionevolmente reggere laddove vi sia un elevato senso civico, di responsabilità e di serietà sul lavoro, così come un alto tasso di attenzione da parte dell’opinione pubblica circa il verificarsi di vicende di questo genere. È infatti prevalentemente per mano della stampa indipendente inglese che le vicende legate al mondo della rappresentanza degli interessi vengono fatte emergere per essere così giudicate dalla cittadinanza, la quale dal canto suo si dimostra essere attiva e partecipe. Se si guarda agli scandali della storia del lobbying inglese, dal Cash for questions affair del 1994 al

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167 Cash for influence del 2009435, solo per fare due esempi, sono state le testate giornalistiche, quali il Sunday Time, il Guardian e l’Indipendent, a portarli alla luce. Questo indubbiamente è segno di una grande attenzione verso il fenomeno lobbistico e verso le modalità nelle quali tale attività viene esercitata dagli operatori del settore.

Va tuttavia precisato che le vicende che hanno caratterizzato, e che continuano a caratterizzare, l’esperienza del lobbying inglese, evidenziano come anche nei casi in cui vi sia stata una maggiore attenzione del legislatore verso il fenomeno, questo non abbia di per sé comportato la riduzione delle violazioni commesse dai soggetti operanti nel settore. Infatti, sia nel caso dei decisori pubblici, i quali sono destinatari di regole più stringenti per quanto riguarda i rapporti che essi intrattengono con i lobbisti, che per quanto riguarda i lobbisti Consultants, i quali sono gli unici che hanno ricevuto le attenzioni del governo con l’istituzione di un registro obbligatorio, non si riscontra una minore tendenza alla violazione delle regole in questi settori rispetto a quelli che non sono regolati. Anche se è impossibile impedire in modo assoluto il verificarsi di violazioni e condotte contrarie agli standard etici imposti, e ciò lo dimostra il fatto che questi casi si verificano anche quando le discipline vi sono, non per questo allora si deve pensare che regolamentare il settore sia inutile e che quindi non vada fatto. Anzi, solo laddove vi sia una regolamentazione che riguardi tutte le categorie lobbistiche e solo se essa comprenda al suo interno anche procedimenti sanzionatori nel caso della commissione di violazioni, allora si può affermare che il settore è sufficientemente regolato. In questo senso va letta l’aspra critica al Transparency of Lobbying, Non – party Campaigning

and Trade Union Administration Act del 2014, ad opera delle maggiori

associazioni della società civile interessate nel settore, tra le quali vi sono la rete mondiale no profit per la libertà d’informazione, attraverso l’utilizzo degli open data, Open Knowledge Fundation; l’associazione per la trasparenza nel settore del lobbying, The Alliance for Lobbying

Transparency; l’organizzazione per i diritti umani con sede a Madrid Access Info Europe; il gruppo di pressione per la libertà d’informazione nel Regno

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Unito Campaign for Freedom of Information; l’organizzazione inglese per la libertà di stampa e delle emittenti Campaign for Press and Broadcasting

Freedom; l’organizzazione no profit che analizza gli effetti della pratica

lobbistica Corporate Europe Observatory (CEO); il gruppo di ricerca no

profit che studia gli effetti del potere delle imprese sul sociale Corporate Watch; Greenpeace; il Think tank britannico che si occupa della

partecipazione pubblica Involve; l’organizzazione per i diritti digitali The

Open Rights Group; l’organizzazione no profit composta da giornalisti ed

accademici per indagare gli interessi pubblici Spinwatch; l’organizzazione

no profit americana che sostiene la trasparenza delle politiche pubbliche Sunlight Foundation; ed infine l’organizzazione britannica che fa pressione

per accrescere la democrazia partecipativa Unlock Democracy436. Queste associazioni sono tra quelle che hanno contestato più aspramente la legge del 2014, soprattutto per il fatto che, come esse sostengono, la maggior parte dei 2 miliardi di sterline che vale l’industria lobbistica inglese non viene di fatto inclusa nella normativa e che anche per quella categoria di lobbisti

Consultants disciplinati, il tenore della regolamentazione risulta poco

incisivo. Le categorie escluse, le quali rimangono regolate, su base volontaria, solo dai codici di condotta degli organi di autoregolamentazione, sono tutti i lobbisti In – House, categoria che comprende i Trade Unions (sindacati), i Trade Bodies (enti commerciali), i Charities & non – profit

lobbyists (gli enti caritatevoli e le lobby no profit), il consorzio Customer to Business Interaction (CBI), la lobby del settore finanziario The City UK,

l’associazione di rappresentanza degli imprenditori IoD, oltre che i maggiori marchi, aziende e multinazionali quali, per fare solo alcuni esempi, l’azienda leader nei servizi digitali Atos; la società multimediale inglese Virgin; la multinazionale americana del tabacco Philip Morris; il primo gruppo di

436 Per Open Knowledge International si veda https://okfn.org/; The Alliance for Lobbying

Transparency http://www.lobbyingtransparency.org/#home; per Access Info Europe

https://www.access-info.org/; per Campaign for freedom of information

https://www.cfoi.org.uk/; per Campaign for Press and Broadcasting Freedom

http://www.cpbf.org.uk/; per il Corporate Europe Observatory https://corporateeurope.org/; per Corporate Watch https://corporatewatch.org/; per Involve http://www.involve.org.uk/; per The Open Rights Group https://www.openrightsgroup.org/; per Spinwatch

http://www.spinwatch.org/; per Sunlight Foundation http://sunlightfoundation.com/; per Unlock Democracy http://www.unlockdemocracy.org/;

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distribuzione britannico attivo a livello internazionale Tesco; l’azienda statunitense Google; la società londinese operante nel settore energetico del petrolio e del gas BP; la multinazionale bancaria e dei servizi finanziari

Barclays Corporate; l’azienda di e – commerce statunitense Amazon; la

società inglese del settore aerospaziale Bae Systems; la multinazionale di telefonia cellulare Vodafone; la società britannica di prestiti a breve termine

Wonga; l’azienda tedesca leader mondiale in chimica e farmaceutica Bayer CropScience; l’azienda inglese per l’alta velocità ferroviaria High Speed 2

(Hs2)437. La legge del 2014 avrebbe inoltre il difetto di lasciare privi di una regolamentazione vera e propria anche parte dei lobbisti all’interno della categoria Consultant, come per esempio tutti gli studi legali (law firms), le società di consulenza aziendale (Management Consultants), le società di revisione contabile (Accountancy firms) e tutti i Think Tank, dal momento che ad essere interessati dalla normativa sarebbero solo le società di consulenza in affari pubblici (lobbying Agencies). Ma non solo. Infatti, l’altro serio motivo di preoccupazione per le associazioni del settore riguarda le informazioni che il lobbista Consultant è chiamato a fornire con l’introduzione di detta legge, le quali si ritengono essere troppo poche per poter dire di aver stabilito un regime di trasparenza vero e proprio. Ad essere criticata è la mancata introduzione dell’obbligo di rendere pubblici anche gli incontri e il budget impiegato per le azioni di lobbying, obbligando invece a riportare solo il nome dell’agenzia di lobby, i lobbisti che vi operano al suo interno e i clienti per i quali l’agenzia ha ricevuto l’incarico e lavora438

. Anche se la tradizione dell’industria lobbistica inglese vede prevalere la

437

Per Atos si veda https://www.atos.net/; per Virgin https://www.virgin.com/; per il principale produttore di tabacco a livello mondiale

http://www.pmi.com/ita/pages/homepage.aspx#; per TESCO http://www.tesco.com/; per la British Petroleum http://www.bp.com/; per la Barclays

https://www.barclayscorporate.com/#; per Amazon https://www.amazon.com/; per la Bae Systems http://www.baesystems.com/en/home?r=IT; per Vodafone

https://www.vodafone.com/content/index.html; per Wonga https://www.wonga.com/; per Bayer https://www.cropscience.bayer.com/; per Hs2

https://www.gov.uk/government/organisations/high-speed-two-limited.

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Gianluca Sgueo, La legge inglese sulle Lobby. Ugly and useless, Formiche, Analisi, Commenti e Scenari, 28 gennaio 2014, http://formiche.net/2014/01/28/la-legge-inglese- sulle-lobby-ugly-and-useless/ e la petizione online Stop Secret Corporate Lobbying di Open Knowledge Foundation https://you.38degrees.org.uk/petitions/stop-secret-corporate- lobbying.

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regolamentazione ad opera degli organi indipendenti di settore ed anche se la prassi e il sentire comune riconosce ai codici di condotta delle associazioni di categoria valore vincolante, va precisato che a fronte degli innumerevoli scandali che si sono verificati nel corso degli anni, è indubbio che le critiche al legislatore del 2014 abbiano una loro ragion d’essere, evidenziando un

gap tra quello che la tradizione afferma debba essere il comportamento del

lobbista in teoria e quello che invece si rivela essere nella pratica. Sulla base delle critiche mosse alla normativa esistente, molte associazioni interessate al tema della rappresentanza degli interessi hanno effettuato indagini e pubblicato reports individuando strumenti nell’ottica di garantire maggiore trasparenza e di combattere gli episodi di corruzione nella gestione della cosa pubblica. Transparency International UK, in How Open Data Can Help

Tackle Corruption – Policy Paper439, dispone delle raccomandazioni al governo inglese, con le quali lo esorta innanzitutto a riformare il registro dei lobbisti, andando ad includervi anche i lobbisti In – House, ed in secondo luogo richiede l’aumento delle informazioni da rendere pubbliche relative agli incontri tra lobbisti, ministri, segretari permanenti e special advisers440.

Transaprency International UK, in collaborazione con l’Università di

Nottingham, il Centro di studi sulla corruzione e la trasparenza dell’Università di Oxford, il centro spagnolo Blomeyer & Sanz441

ed il Centro Ricerche e Studi su sicurezza e criminalità italiano, nonché con la collaborazione anche di Transparency Italia, ha condotto uno studio, lo Studio TACOD442, con cui esorta il legislatore all’utilizzo degli open data al fine di ridurre la corruzione ed aumentare la trasparenza. Il progetto TACOD misura l'impatto che le politiche e le leggi che introducono gli open data

439 How Open Data Can Help Tackle Corruption – Policy Paper, Transparency International

UK, pubblicato nel giugno 2015, http://www.transparency.org.uk/publications/how-open- data-can-help-tackle-corruption-policy-paper/

440

Gli special adviser sono consiglieri speciali dei ministri, assegnati a questi

personalmente, ma pagati con fondi pubblici. spesso accade che questi soggetti vengano selezionati dalle relative industrie del settore privato.

441http://www.blomeyer.eu/.

442 Lo studio è stato finanziato dall’Unione Europea all’interno del Prevention and Fight Against Crime Programme 2013 e pubblicato nel 2015. Il rapporto analizza il potenziale

degli open data nella lotta alla corruzione in quattro paesi: Italia, Regno Unito, Austria e Spagna. Per l’accesso integrale allo Studio si veda http://www.tacod.eu/wordpress/wp- content/uploads/2015/04/National_Research_UK_def.pdf.

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hanno sugli episodi di corruzione. Grazie alla trasparenza delle informazioni si ritiene che possa aumentare la percentuale di rilevamento dei casi di corruzione e soprattutto, con questo strumento, si dimostra la possibilità concreta di introdurre un meccanismo deterrente di quelli stessi episodi corruttivi, riducendone così la frequenza con cui si verificano attualmente. Anche dal lato del decisore pubblico, sebbene vi sia in questo caso una disciplina particolareggiata approntata dal legislatore, l’esistenza di norme “interne” non ha impedito il verificarsi di scandali dovuti ad evidenti violazioni dei codici di condotta in capo a questi ultimi. Tuttavia, va riconosciuto che l’emergere di dette vicende non è passato inosservato nell’opinione pubblica con conseguenze che si sono potute apprezzare quanto alle sanzioni che hanno interessato i decisori pubblici. A seguito dello scandalo Cash for questions affair cinque società di consulenza hanno istituito l’organo di autoregolamentazione del settore lobbistico Association

of Professional Political Consultant (APPC), il quale ha creato un proprio

codice di condotta, nel quale tra le altre cose dispone il divieto assoluto di intraprendere qualsiasi rapporto finanziario tra i propri soci e i decisori pubblici, ed ha disposto la redazione di un registro pubblico dei propri soci. Agli inizi degli anni ’90 il quotidiano The Guardian aveva riportato che il lobbista di maggior successo di Londra, Ian Greer443, della Ian Greer

Associates, aveva corrotto due deputati conservatori del Parlamento, Neil

Hamilton e Tim Smith, in cambio della loro disponibilità a proporre interrogazioni parlamentari per conto del proprietario del grande magazzino

Harrods, Mohamed Al-Fayed444. Smith si è dimesso subito ammettendo di aver accettato pagamenti, anche se non da Ian Greer, bensì da Al – Fayed stesso, il quale, nel dicembre del 1994 ha dichiarato di aver pagato anche Hamilton, seppure quest’ultimo continuasse a negare di aver ricevuto il denaro. In base a quanto già affermato precedentemente, lo scandalo ha

443 Ian Greer, morto all'età di 82 anni, è stato il più autorevole dei gruppi di pressione politici

fino al 1996 quando la sua carriera e la sua reputazione sono crollate in seguito all’accusa di aver pagato alcuni deputati per presentare interrogazioni alla Camera dei Comuni per conto del proprietario di Harrods Mohamed al-Fayed. In articolo del The Telegraph, novembre 2015,

http://www.telegraph.co.uk/news/obituaries/12001034/Ian-Greer-lobbyist-obituary.html

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spinto il primo ministro John Major ad istituire il Comitato Nolan al fine di rivedere la questione delle norme sullo svolgimento della vita pubblica dei parlamentari. Sulla base di quanto fatto emergere dalla testata giornalistica, il Parlamento ha avviato una commissione d’inchiesta ufficiale guidata da Sir Gordon Downey, il quale ha licenziato il suo rapporto nel luglio del 1997 decretando che le testimonianze dei tre dipendenti di Harrods, in base alle quali si era proceduto ad effettuare i pagamenti in contanti in favore dei due deputati, dovessero considerarsi prove convincenti, sebbene non si ritenesse sufficientemente provato altresì che ad effettuare i pagamenti fosse stato il lobbista Ian Greer. Inoltre, Standards and Privileges Committee ha pubblicato in quell’occasione una sua relazione circa le denunce del The

Guardian, nella quale ha concluso che Smith aveva accettato pagamenti in

contanti direttamente dal signor Al – Fayed tra le 18 000 e le 25 000 sterline in cambio dello svolgimento di attività di lobbying. Il comitato ha affermato che il modo in cui questi pagamenti erano stati ricevuti ed il modo in cui erano stati nascosti fosse sceso drasticamente al di sotto degli standard di comportamento previsti per i membri del Parlamento. Infatti, Smith aveva ammesso di ricevere i pagamenti, esprimendo a quel punto anche il rammarico per la mancata registrazione degli interessi, ma non fin dal momento in cui gli venne chiesto nel 1994, bensì solo dopo. Sulla base di queste risultanze, il Comitato ha consigliato alla Camera di prevedere un periodo di sospensione per il deputato dalle sue funzioni. La stessa cosa è valsa per il deputato Hamilton, il cui comportamento si è accertato, così come per Smith, che fosse andato seriamente al di sotto degli standard di condotta propri di un membro del Parlamento britannico445.

Negli anni 2000 tuttavia la situazione è parsa riverificarsi nelle stesse forme con cui era accaduta all’inizio degli anni ’90. Infatti, in un articolo pubblicato il 25 gennaio del 2009446, la testata giornalistica Sunday Times ha denunciato che, durante una serie di interviste segrete condotte da propri

445

Informazioni reperibili all’indirizzo https://www.revolvy.com/main/index.php?s=Cash- for-questions%20affair&item_type=topic.

446

Per maggiori informazioni si vedano gli articoli del The Guardian

https://www.theguardian.com/commentisfree/2009/jan/25/lords-cash-labour e

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giornalisti sotto copertura, quattro Lords, Snape, Moonie, Taylor di Blackburn e Truscott, avevano affermato che avrebbero potuto usare la loro influenza politica per modificare le normative447. I giornalisti si erano spacciati per soggetti facenti parte di un’azienda che voleva creare una catena di negozi nel Regno Unito e che era intenzionata ad ottenere l’esenzione dalle leggi vigenti in materia di tasse per le attività commerciali. I quattro Lords del partito laburista si erano offerti di contribuire ad effettuare modifiche alla legislazione per un importo di £ 120 000. Nelle registrazioni che sono state pubblicate, Lord Taylor ha rivelato al giornalista sotto copertura che le aziende con cui egli collaborava lo pagavano fino a £ 100 000 all’anno. Il Lords Interests sub Committee448

è stato incaricato di condurre un’indagine sugli avvenimenti che si presumeva fossero occorsi in base alle denunce del Giornale. Il sub – comitato ha disposto che per quanto riguardava Lord Moonie e Lord Snape non si fosse riscontrata la chiara volontà di violare il codice promuovendo a titolo oneroso emendamenti per conto dei gruppi di pressione. Per quanto riguardava gli altri membri, Lord Taylor e Lord Truscott, invece era evidente che essi avessero manifestato chiaramente la volontà di violare il codice di condotta, in particolare la “no

paid advocacy rule” e pertanto se ne raccomandava la sospensione per un

periodo di sei mesi. La House of Lords ha così esaminato la relazione del Comitato e ha disposto la sospensione per sei mesi, non essendovi una norma che disponga l’espulsione dal Parlamento o il ritiro del Titolo ai

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