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IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI

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TAGETE 3-2008 Year XIV

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THE BIOLOGICAL DAMAGE AS IT IS DESCRIBE THE BIOLOGICAL DAMAGE AS IT IS DESCRIBE THE BIOLOGICAL DAMAGE AS IT IS DESCRIBE THE BIOLOGICAL DAMAGE AS IT IS DESCRIBED D D D

IN THE INSURANCE CODE IN THE INSURANCE CODE IN THE INSURANCE CODE IN THE INSURANCE CODE

IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI IL DANNO BIOLOGICO NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI

Dott

Dott Dott

Dott. . . . Angelo Bianchi Angelo Bianchi Angelo Bianchi Angelo Bianchi

****

1. Gli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni private hanno il merito di portare un contributo chiarificatore su uno dei capitoli più controversi in tema di danni non patrimoniali, ossia l’incerto confine concettuale l’incerto confine concettuale l’incerto confine concettuale l’incerto confine concettuale tra danno biologico e danno esistenziale.

*

Dipartimento salute mentale USL 8 - Arezzo

ABSTRACT ABSTRACT ABSTRACT ABSTRACT

The biological damage as it is described in the insurance code.

The author analyzes the blur boundary between the biological and the existential damage,

regarding in particular the description of the biological damage made in the insurance code. In

fact in the articles 138 and 139 of the code the biological damage seem to consider even the

existential damage. Moreover the author analyzes the role of the medico legal specialist in the

evaluation of the existential damage and he think that such a specialist has all the instrument to

evaluate even this damage, as far as he is supported by other specialists.

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2 2. La questione si può riassumere in questi termini:

a. se il danno biologico viene inteso in senso stret in senso stret in senso stret in senso stretto to to to, cioè come lesione dell’integrità psicofisica medicalmente accertabile, esso per così dire si ritrae e lascia spazio al danno esistenziale, inteso come totalità dei riflessi negativi che la lesione dell’interesse protetto (compreso quello alla salute) provoca sulla vita del danneggiato. In questo caso, è il danno esistenziale che “allarga” il proprio confine.

b. Se invece il danno biologico viene inteso in senso ampio in senso ampio in senso ampio (come fa appunto in senso ampio il Codice), esso esplica di per sé “un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”, e tende pertanto a riassorbire al proprio interno la sostanza del danno esistenziale.

Non di tutto il danno esistenziale, beninteso, ma solo di quello che discende da una lesione della salute.

3. A seconda delle preferenze terminologiche – o della tradizione di appartenenza -

si potrà scegliere se denominare questa zona di confine come “esistenziale esistenziale esistenziale esistenziale

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3 biologico

biologico biologico

biologico”, aderendo così ad un modello di danno biologico in senso stretto;

oppure se chiamarla “biologico dinamico biologico dinamico biologico dinamico biologico dinamico----relazionale relazionale relazionale relazionale”, aderendo invece ad una visione allargata di danno biologico. In nessun caso, comunque, l’autonomia concettuale delle due figure di danno viene meno. Accanto alla compromissione derivante dalla lesione dell’integrità psicofisica, infatti, sussiste una vasta gamma di compromissioni esistenziali indipendenti da tale lesione, ontologicamente irriducibili alla sfera biologica ed autonomamente risarcibili.

4. Sul piano applicativo, tuttavia, regna ancora una notevole confusione, come un’analisi anche solo sommaria della giurisprudenza potrebbe facilmente dimostrare.

5. Sia che si parta dalla lesione del diritto alla salute, sia che si parta dalla lesione di

altri diritti/interessi, è sempre e comunque all’esistenza che occorre arrivare, ed

alla concreta dimostrazione di un peggioramento della qualità della vita rispetto

alla situazione antecedente. Quando si accerta la natura, intensità, durata e

credibilità delle compromissioni che l’illecito ha prodotto sulle attività realizzatrici

della persona, l’oggetto dell’indagine è sempre e solo l’esistenza concreta del

danneggiato, indipendentemente dalla natura del diritto leso. Si potrebbe dire che

il non poter più fare, o l’essere costretti a fare altrimenti, comunque lo si voglia

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4 denominare, non conserva memoria delle proprie origini, e deve pertanto essere considerato solo nella sua fenomenologia concreta, non nella sua genealogia. A ben guardare, proprio la confusione tra fenomenologia e genealogia rappresenta una costante della casistica relativa al danno esistenziale.

6. Non è giuridicamente né scientificamente corretto confondere la lesione di un diritto od interesse protetto (genealogia) con la compromissione negativa che da questa lesione eventualmente discende (fenomenologia). Solo la iniziale concezione “eventista” del danno biologico aveva potuto consentire questo equivoco concettuale, che ora finalmente il Codice spazza via defnitivamente, rendendo chiaro che la sola menomazione – senza le concrete conseguenze negative sulla vita – non soddisfa i criteri per il danno biologico, come per tutti gli altri tipi di danno, sia non patrimoniale che patrimoniale. Lo stesso rapporto, infatti, è rinvenibile pure nel danno patrimoniale, ove la riduzione della capacità lavorativa specifica e la dimostrazione di un effettivo lucro cessante rappresentano momenti concettualmente e metodologicamente distinti, senza spazio alcuno per automatismi né confusioni.

7. Nel caso del danno biologico dinamico-relazionale, così come delineato dal

Codice, la compromissione esistenziale è per così dire “incorporata” (almeno in

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5 una certa misura standard) nella stessa quantificazione tabellare dell’inabilità temporanea e/o dell’invalidità permanente, stabilite secondo le note metodologie di accertamento medico legale. In questo modo, genealogia e fenomenologia tendono a coincidere, salvo correttivi ulteriori (personalizzazione del danno).

Nel caso del danno esistenziale, invece, una volta stabilita la genealogia (ovvero la lesione dell’interesse costituzionalmente tutelato), la fenomenologia dovrà essere analiticamente descritta e provata, anche per via presuntiva, non potendo in alcun modo essere semplicemente identificata con l’illecito che ne è all’origine.

8. Quando il Codice delle assicurazioni definisce il danno biologico come

intrinsecamente dotato di valenze esistenziali, in ciò “smarcandosi” decisamente

rispetto alla asciutta definizione del decreto leg. 38/2000, esso compie

un’operazione epistemologica di largo respiro, che va ben al di là della

discussione relativa alle varie figure di danno non patrimoniale. Questa nuova

definizione, infatti, allargando il danno alla salute, implicitamente fa propria una

visione più larga e comprensiva del concetto stesso di salute. Non più solo

assenza di malattia, neppure solo assenza di menomazione: perché si abbia

salute, suggerisce la definizione, occorre che sia integralmente preservata anche

la sfera delle attività realizzatrici della persona. In ciò ritrovando, dopo tanto

pellegrinare, la 184/1986…

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6 9. In termini strettamente tecnici: non basta più che il medico legale accerti

l’eventuale perdita anatomica o funzionale che la malattia ha prodotto (le sezioni Struttura e Funzioni dell’ICF

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, per intenderci); occorre d’ora in poi che il medico legale – meglio ancora se assistito, in un’ottica di feconda cooperazione interdisciplinare, da altri specialisti, non necessariamente di estrazione medica – getti il suo sguardo anche sulla vita quotidiana del soggetto leso e dei suoi familiari, sulla fitta rete delle relazioni e degli affetti, sulla comunità e sulla società (le sezioni Attività e Partecipazione dell’ICF, per intenderci). Per questi scopi, sia le tabelle che la tradizionale metodologia di accertamento non sono né adeguate né sufficienti, e necessitano di opportune integrazioni ed aggiornamenti.

10. I barèmes medico legali attualmente in uso conservano una struttura eccessivamente – o forse: esclusivamente - incentrata sulla descrizione della menomazione anatomo-funzionale. Non stupisce, vista l’epoca della loro iniziale diffusione, sia in Europa che negli Stati Uniti. Nella gran parte dei casi, si tratta di una elencazione di quadri patologici di tipo deficitario, caratterizzati dalla perdita, indebolimento o deformazione – perlopiù di tipo traumatico o chirurgico – di

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L’ICF è la versione più recente della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e

della Salute proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Erickson, Trento, 2002).

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7 organi o segmenti corporei. La tassonomia sottostante è quella dell’anatomia descrittiva, ovvero per organi ed apparati. All’ispezione anatomica è pure improntato il metodo principale di accertamento, che è sostanzialmente di tipo visivo, magari corroborato da opportune indagini di natura tattile e cinesiologica, anch’esse proprie dell’anatomia funzionale e della fisiopatologia d’organo.

Anche gli eventuali esami strumentali aggiuntivi sono solitamente finalizzati alla ricerca di ulteriori evidenze, ancora una volta di natura visiva (fossero pure le immagini colorate di una PET), come la parola stessa – oggi così abusata in medicina – esplicitamente suggerisce. L’invisibile, infatti, è da sempre considerato – dalle scienze positive – o come esclusivamente metafisico o come necessariamente insignificante. Non c’è nulla da fare: lo sguardo della clinica – come ci ricorda Foucault - è uno sguardo oggettivante, che presuppone l’assoluta irrilevanza – se non la metodologica soppressione - sia del soggetto osservante che del soggetto osservato, pena la (temuta) perdita di intelligibilità di entrambi. Al posto del soggetto osservante, un ideale “registratore” passivo di segnali immaginati come interamente – e fedelmente - provenienti dalla “realtà”

là fuori. Al posto del soggetto osservato, una somma di oggetti parziali

immaginati come interamente conoscibili e comparabili, una volta note le leggi

del loro funzionamento. La scienza moderna, per fortuna, ha da tempo imparato

a considerare ingenue simili pretese…

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8 11. Il problema è che i nuovi oggetti d’indagine – così come delineati dal

Codice delle assicurazione: attività quotidiane, aspetti dinamici e relazionali della vita del danneggiato – sono per l’appunto i soggetti umani stessi, còlti nella loro concreta apertura al mondo della vita, nella mondanità del loro esser-ci (usiamo volutamente un lessico esistenzialista, in senso filosofico e non giuridico, beninteso). Questo tipo di oggetti – che sono gli altri soggetti – si lasceranno cogliere nella loro essenza - senza dover sopportare inaccettabili riduzioni - dalle stesse metodologie finora utilizzate per l’accertamento della menomazione somatica? E’ lecito dubitarne?

12. Il problema metodologico, comunque, ammette soluzioni possibili, anche

se non semplici. Già il danno psichico, infatti, aveva introdotto elementi di

complessità che fin dall’inizio erano risultati difficili da integrare nel tradizionale

sapere medico legale, forse uno dei più refrattari a far posto all’impalpabile,

imponderabile ed invisibile – certamente immateriale! - soggettività. E tuttavia,

grazie anche alla feconda collaborazione con altri specialisti, il danno psichico è

ormai entrato a pieno titolo nel campo d’indagine proprio della medicina legale.

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9 13. Occorre tuttavia che la medicina legale sciolga definitivamente i dubbi e le

ambiguità che sembrano ancora attraversarla a proposito della dimensione esistenziale del danno. Lo stesso oggetto d’indagine – l’esistenza concreta del soggetto danneggiato - viene ora orgogliosamente respinto (quando si chiama danno esistenziale), ora troppo sbrigativamente assimilato (quando si chiama danno biologico dinamico-relazionale). Dopo aver proclamato, anche molto recentemente,

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una sorta di non expedit nei confronti della “leggerezza” del danno esistenziale, ora la medicina legale deve evitare di affrontare a sua volta con leggerezza le sfide che il Codice delle assicurazioni le pone: includendo la dimensione esistenziale nel proprio campo d’indagine, la medicina legale ha il compito di sviluppare una competenza nuova, e per certi versi inedita, che in

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Il riferimento è ad un recente editoriale della Riv It Med Leg, 2007, 2, dove F. Buzzi esprime profondo scetticismo circa il rapporto tra medicina legale e danno esistenziale: “E’ pertanto fondatamente

revocabile in dubbio che la medicina legale possa/debba intervenire con il proprio rigore metodologico, irrinunciabilmente caratterizzato dalla ricerca di obiettività biologico-cliniche, nella lettura della “sfera giuridica” del sedicente danneggiato, ancorché in essa si voglia stipare anche la qualità della vita”. Il danno esistenziale, secondo Buzzi, consiste in “una serie di categorie del fare e del relazionarsi che non appartengono certo alla “sfera biologica” e che vengono prese in considerazione non attraverso un vaglio oggettivante, com’è quello proprio della medicina legale, bensì attraverso la percezione soggettiva dell’interessato”. Traspare da queste parole una radicale opposizione tra metodo medico legale e

soggettività, piuttosto sorprendente da parte di chi – più di ogni altro – ha contribuito alla costruzione della competenza medico legale in tema di danno psichico, che è e resta – anche nelle metodologie di accertamento – un danno soggettivo per eccellenza! La medicina legale non deve temere il confronto con la soggettività: essa è effettivamente un oggetto difficile da indagare, certamente non assimilabile agli oggetti del mondo fisico, ma non scientificamente insensato né necessariamente metafisico. I fenomeni umani sfuggono al determinismo dei fenomeni naturali, ma non per questo sono caotici. La scienza moderna ha da tempo abbandonato la pessimistica, radicale inconciliabilità tra scienze umane e scienze naturali, eredità dell’Ottocento romantico e positivista.

La nostra prospettiva – consistente nell’auspicare un consapevole, ma per nulla acritico, rinnovamento

metodologico - è senz’altro più vicina a quella di Norelli G.A., Focardi M.: La medicina legale e la

valutazione “olistica” del danno alla persona. Riv It Med Leg, 2, 2007, 379-404.

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10 nessun modo si identifica con quella precedentemente acquisita ed egregiamente sperimentata nel campo della valutazione della menomazione psicofisica. Alla costruzione di questa nuova metodologia di valutazione della dimensione esistenziale andranno dedicati, negli anni a venire, sforzi analoghi a quelli a suo tempo dispiegati nell’accertamento della dimensione biologica del danno.

Certamente al sapere medico legale, insostituibile, dovranno aggiungersi altri saperi. La stessa medicina legale, come già è accaduto per il danno psichico, ne uscirà alla fine rigenerata.

14. Oltre il problema metodologico, tuttavia, si profila un problema di natura per così dire epistemologica, o di rapporto tra scienza e diritto.

15. In linea generale, si può accettare che la presenza di una menomazione

dell’integrità psicofisica – qualora accertata con le nuove metodologie – esoneri il

giudice da ogni altra attività probatoria rivolta alla specifica individuazione e

quantificazione delle aree di compromissione esistenziale. In questo senso, la

consulenza medico legale avrebbe già di per sé fornito al giudice elementi

probatori sufficienti per inferire – sulla base dell’id quod plerumque accidit - una

corrispondente quota di compromissione esistenziale per così dire normale, o

standardizzata. Vista la mole di lavoro delle corti, si tratta di una più che

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11 ragionevole semplificazione procedurale. Resta poi comunque spazio per la necessaria personalizzazione (danno biologico idiosincratico).

16. A condizione tuttavia che gli attori del processo civile siano consapevoli che

– così facendo – essi in qualche modo operano una sorta di deroga rispetto alle

regole generali della responsabilità civile, e più in generale del rapporto tra

scienza e diritto. In nessun caso, infatti, l’interprete della legge può affidare alla

scienza compiti che vadano palesemente al di là dei giudizi di fatto,

empiricamente fondati (l’accertamento della menomazione), assegnandole

surrettiziamente compiti di natura as as assiologica as siologica siologica (la definizione della esistenza siologica

desiderabile), che finirebbero per risultare – qualora spacciati per scientifici -

necessariamente autoritari, e prevaricanti. Quale giudice accetterebbe, per

esempio, che una diagnosi medica (poniamo di demenza) valga come

automatico ed incontrovertibile – e pertanto sottratto alla circolarità ermeneutica

– giudizio di incapacità di agire? Oppure che una accertata anomalia genetica,

ad esempio, valga come automatica esclusione di imputabilità? Oppure, per

restare nel campo della responsabilità civile, che una percentuale di incapacità

lavorativa specifica configuri automaticamente un danno patrimoniale? E’ chiaro

che tra le evidenze scientifiche e l’ermeneutica giuridica si apre uno spazio –

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12 immenso – che solo uno sguardo pigro, o infastidito dalla complessità, potrebbe voler cancellare, o anche solo comprimere.

17. Né la scienza – oggi la scienza medico legale, ieri la scienza psichiatrica - dovrebbe lasciarsi lusingare da simili tentazioni. Ogni volta che la scienza accetta deleghe improprie, soprattutto se provenienti dal potere politico, essa distorce profondamente la propria missione sociale, e certamente rallenta il proprio progresso conoscitivo.

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| 25 IL DANNO BIOLOGICO DOPO IL CODICE DELLE

ASSICURAZIONI: PROSPETTIVE GIURIDICHE E MEDICO-LEGALI di Angelo Bianchi

– Dipartimento salute mentale USL 8 - Arezzo

e di

Francesco Bilotta

– Ricercatore di diritto privato nell’Universita`di Udine

Il Codice delle assicurazioni private ha introdotto nel sistema una nozione di danno biologico che solo in apparenza si limita a recepire l’evoluzione giurisprudenziale in materia. Dall’analisi della nuova definizione legislativa derivano importanti riflessi sul piano applicativo, soprattutto per cio` che concerne il ruolo del CTU nel processo.

Sommario 1. La nuova nozione di danno biologico. — 2. La giurisprudenza di merito dopo la riforma. — 3.

La giurisprudenza di legittimita` dopo la riforma. — 4. L’utilita` del danno esistenziale. — 5. La consulenza tec- nica medico-legale oggi. — 6. La medicina-legale e il diritto a confronto.

1. LA NUOVA NOZIONE DI DANNO BIOLOGICO

Gli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni private hanno il merito di portare un contributo chiarificatore su una delle questioni piu` controverse in tema di danni non patrimoniali: quale sia il rapporto sussistente tra danno biologico e danno esi- stenziale(1).

La questione per come si era posta fin’ora si puo` riassumere nei termini che se- guono.

Da taluni, il danno biologico viene inteso in senso stretto, cioe` come lesione dell’in- tegrita` psicofisica medicalmente accertabile. Da un tale approccio consegue una mag- giore autonomia sul piano concettuale e applicativo del danno esistenziale, inteso come totalita` dei riflessi negativi che la lesione dell’interesse protetto (ossia la salute) provoca sulla vita del danneggiato. In questo caso, e` il danno esistenziale che « al- larga » il proprio confine.

Da altri, invece, il danno biologico viene inteso in senso ampio (come oggi fa ap- punto il Codice delle assicurazioni). In questa accezione, tale pregiudizio assorbe ogni

«incidenza negativa sulle attivita` quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato ». In tal modo, si tende ad inglobare nel concetto di danno biologico la sostanza del danno esistenziale. Non di ogni danno esistenziale, beninteso, ma solo di quello che discende da una lesione della salute.

A seconda delle definizioni accolte — o della tradizione di pensiero a cui si appar- tiene — si potra` di volta in volta scegliere se denominare tale zona di confine come

(1)Sul tema si veda, A. Negro e M. Sella,Il danno esistenziale dopo la riforma del codice delle assicurazioni, Maggioli, Bologna, 2007; P. Ziviz,

La valutazione del danno biologico nel nuovo co- dice delle assicurazioni, in questa Rivista, 2006, 637.

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« esistenziale-biologico », aderendo cosı` ad un modello di danno biologico in senso stretto; oppure, se chiamarla « biologico dinamico-relazionale », aderendo, invece, ad una visione allargata di danno biologico. In nessun caso, comunque, l’autonomia delle due figure di danno viene meno, almeno sul piano concettuale. Accanto alla compro- missione derivante dalla lesione dell’integrita` psicofisica, infatti, sussiste una vasta gamma di compromissioni esistenziali indipendenti da tale lesione, ontologicamente irriducibili alla sfera biologica ed autonomamente risarcibili.

2. LA GIURISPRUDENZA DI MERITO DOPO LA RIFORMA Sul piano applicativo, regna ancora una notevole confusione, come un’analisi anche solo sommaria della giurisprudenza puo` facilmente dimostrare. Se si trattasse di una confusione solo terminologica o tassonomica, non ci sarebbe da preoccuparsi eccessi- vamente. Il punto e` che non distinguere le due figure di danno in considerazione, a causa della sovrapponibilita` delle stesse nella fase della liquidazione, ha effetti pratici di non poco momento, perche´ rischiaa) di creare duplicazioni risarcitorie, b) difficolta`

sul piano probatorio,c) sviamento nell’attivita` di valutazione da parte del consulente tecnico, impedendo, in definitiva, un’equa riparazione del pregiudizio e un’effettiva personalizzazione del risarcimento. Tali effetti distorsivi si ritrovano tanto nelle sen- tenze che adottano una nozione allargata di danno biologico, tanto nelle sentenze che distinguono le due figure, ma fanno largo uso delle presunzioni per la prova del danno esistenziale.

In giurisprudenza, possiamo rinvenire due diversi orientamenti. Innanzi tutto, vi sono Tribunali che si richiamano ad una nozione allargata di danno biologico, cosı`

come recepita dal Codice delle assicurazioni.

In un caso « classico » della responsabilita` civile, il Tribunale di Venezia, solita- mente favorevole ad un risarcimento autonomo del danno esistenziale, si esprime a favore del danno alla salute in senso allargato, negando l’autonomo risarcimento del danno esistenziale(2).

Un uomo, a seguito di un incidente stradale, riporta un’invalidita` permanente che non solo gli impedisce di continuare a svolgere il suo lavoro, ma lo ostacola anche nello svolgimento dell’attivita` sportiva. La motivazione del giudice e` piuttosto detta- gliata nel sostenere la decisione di riportare nell’alveo del danno biologico in senso dinamico il danno esistenziale. Ma — va notato — il giudice ha l’accortezza, nella fase della liquidazione, di affermare che non si possa prescindere da una personalizza- zione del risarcimento nella valutazione tabellare del danno biologico. Dunque, per una strada diversa, la decisione giunge alle stesse conclusioni di quanti ritengono pre- feribile considerare in maniera autonoma il risarcimento delle alterazioni esistenziali indotte dalla menomazione fisica.

In genere, pero`, i giudici non sono inclini ad affermare la necessita` di una perso- nalizzazione del risarcimento. Il tal modo, si rischia di non prendere affatto in consi- derazione i pregiudizi alla quotidianita` della vittima, indotti dalla menomazione fisica.

Infatti, a causa della prassi, invalsa presso gli avvocati, di limitarsi ad allegare una pe- rizia medico legale di parte, cosı` fornendo un principio di prova del danno (biologico)

(2)Trib. Venezia, 11 luglio 2005, G.U. Simone, inedita.

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lamentato, il giudice, astretto dal principio della domanda — a parte le indicazioni che puo` fornirgli il CTU — non potra` personalizzare il danno biologico accertato e li- quidato in base alle tabelle, per mancanza di allegazione dei profili idiosincratici delle alterazioni esistenziali. Insomma, il difetto dell’estensore di questa sentenza e` confi- dare eccessivamente nella sensibilita` e nella cultura degli operatori del diritto italiani, riconoscendo ad altri le proprie qualita`. Purtroppo, l’esperienza ci insegna che non e`

sempre cosı`.

Nota e` la posizione di alcuni magistrati in servizio presso il Tribunale di Bologna, chiusi al riconoscimento del danno esistenziale, conformemente a quell’indirizzo della terza Sezione della Suprema Corte fondato sull’asserita tipicita` del danno non patri- moniale.

Tra le altre sentenze si ricorda il caso di un uomo vittima di un incidente stradale, mentre viaggiava sul suo motorino(3). La CTU disposta in giudizio accertera` un’invali- dita` permanente del 23%. Va sottolineato, pero`, che l’incidente aveva provocato la sla- tentizzazione di una patologia alla spina dorsale, con conseguente comparsa di un’al- gia insopportabile per la vittima, al punto da consigliare un’operazione chirurgica.

Verra` risarcito tanto il danno biologico quanto il danno morale, ma interessante e` il ragionamento seguito dal decidente per negare il risarcimento al danno esistenziale.

Il giudice ritiene « fuorviante » il risarcimento del danno esistenziale e per sostenere tale affermazione si richiama alle sentenze della Cassazione che manifesterebbero, a suo dire, una diffidenza nei confronti di siffatta figura di pregiudizio, senza dimenti- care — ovviamente — di menzionare la giurisprudenza sulla tipicita` del danno non patrimoniale. Probabilmente il giudice si rende conto della debolezza di tali argomen- tazioni — tanto da essere costretta ad affermare una « necessaria » valenza esisten- ziale della lesione degli interessi afferenti alla persona di rilievo costituzionale — e non trova niente di meglio che riproporre la vecchia visione allargata del danno biolo- gico, quale danno alla salute, capace di ricomprendere tutte le alterazioni del fare areddituale della vittima.

Presso altri Tribunali, invece, il problema della distinguibilita` del danno biologico dal danno esistenziale e` ormai questione assolutamente risolta. Di tale orientamento e`

fautore in particolar modo il Tribunale di Genova. Le ragioni teoriche di questa posi- zione sono state ribadite dalla sezione del Tribunale ligure, che si occupa di responsa- bilita` civile, in numerose sentenze. V’e` da dire, pero`, che il beneficio maggiore di tale orientamento (ossia un rigoroso riscontro nella fase istruttoria della sussistenza del danno esistenziale) nel tempo e` stato vanificato dal ricorso al meccanismo presuntivo, che spesso rende automatica la rilevanza aquiliana delle alterazioni della quotidianita`

della vittima. E cio` non e` particolarmente in linea con la visione consequenzialistica di tale pregiudizio, di cui pure i magistrati genovesi sono pienamente consapevoli.

Un esempio, che vale a dimostrare tale appunto, e` rappresentato da una sentenza che ha condannato un condominio al risarcimento del danno perche´ una signora, abi- tante all’interno del condominio stesso, inciampa in una catenella (non posta all’in- terno della sua sede) posizionata in un passaggio antistante all’immobile al fine di im- pedire alle macchine di transitare o sostare in quella zona(4). Nella caduta, l’attrice ri-

(3)Trib. Bologna, 30 ottobre 2006, G.U. Candidi Tommasi, inedita.

(4)Trib. Genova, 16 febbraio 2007, G.U. Braccia- lini, inedita.

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porta la frattura mediale del collo femorale sinistro, dalla quale derivano postumi in- validanti permanenti, stimati dal CTU nell’ordine del 25%. A parte il danno biologico e il danno morale, il giudice risarcisce anche il danno esistenziale, che francamente non si capisce bene in cosa consista e perche´ non sia assorbito nel danno biologico permanente liquidato.

Ora, che la rottura del femore, soprattutto per una donna di una certa eta`, non sia evento da poter archiviare con leggerezza e` evidente. Ma non si capisce perche´ una tale circostanza dovrebbe essere apprezzata autonomamente sotto il profilo esisten- ziale, quando e` facile immaginare che il CTU nel quantificare la percentuale di danno biologico permanente, patito dalla signora, avra` tenuto conto di tutte le « normali » al- terazioni della qualita` della vita della vittima, legate all’alterazione funzionale del- l’arto. Questo e` uno di quei casi in cui il danno esistenziale standard dovrebbe essere totalmente assorbito dal danno biologico permanente, anche perche´ non si evince dalla motivazione che la signora abbia allegato e provato pregiudizi alla propria agenda quotidiana, degni di essere riscontrati come danni esistenziali.

Stesso automatismo in una diversa sentenza dello stesso giudice, nel caso di una donna rimasta menomata dallo scontro con il capotreno, mentre si accingeva a salire sul vagone(5). A causa dell’urto la signora, dalla corporatura minuta, cade tra il binario e il marciapiede, fratturandosi l’omero e riportando un’invalidita` permanente del 25%. La motivazione circa il riconoscimento di una somma a titolo di danno esisten- ziale riposa su un meccanismo presuntivo. Si tratta — come e` evidente — delle conse- guenze standard della lesione biologica, che stante anche l’eta` della vittima (68 anni), non giustificano da sole uno specifico riconoscimento del danno esistenziale. Non ri- sulta, peraltro, che l’attrice avesse allegato particolari alterazioni della propria quoti- dianita`.

Tali rilievi, pero`, non bastano a celare i vantaggi di una distinzione del danno esi- stenziale dal danno biologico in senso stretto. La dimostrazione che operare tale diffe- renziazione sia utile ad una maggiore personalizzazione del risarcimento ci e` fornita da una sentenza dello stesso Tribunale di Genova, che, di fronte ad un’invalidita` per- manente pari appena al 4%, liquida separatamente tale voce di pregiudizio, apprez- zando le specifiche ricadute sulla quotidianita` della vittima(6). In particolare, si trattava di un danno estetico al volto di una ragazza, causato da un’operazione non corretta- mente eseguita a seguito di un incidente stradale. La donna aveva riportato, infatti, sia una frattura alla mandibola sia una frattura al viso. I sanitari erano intervenuti per ridurre solo la prima frattura e non la seconda. Il giudice prende in considerazione non il danno estetico in se´, ma le ricadute negative sulla vita della vittima, cagionate dal difetto estetico, stante la giovane eta` dell’attrice. In definitiva, risarcira` autonoma- mente tale danno esistenziale, dopo aver liquidato il danno biologico.

3. LA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA` DOPO LA RIFOR- MA

In questa velocissima rassegna giurisprudenziale, non si puo` non prendere in consi- derazione quanto fin’ora e` stato affermato dai giudici di legittimita`. Emerge netta-

(5)Trib. Genova, 19 aprile 2007, G.U. Braccialini, inedita.

(6)Trib. Genova, 13 settembre 2006, G.U. Silva, inedita.

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mente nelle sentenze della Cassazione, successive al Codice delle assicurazioni, la consapevolezza di un rinnovamento della categoria del danno biologico. Anche se l’e- spressione utilizzata e` sempre la stessa rispetto al passato, e` sotto gli occhi di tutti — e la Suprema Corte non perde occasione per ribadirlo — che la definizione legislativa non si sia limitata ad una positivizzazione della nozione elaborata in giurisprudenza, ma abbia introdotto del nuovo capace di riflettersi sul meccanismo tabellare di quan- tificazione di quel pregiudizio.

Molto interessante in proposito la sentenza della Cass. civ., 18 novembre 2005, n. 24451 (pres. Sabatini, rel. Petti), che cassa una decisione della Corte d’appello di Roma. I giudici del gravame non avevano personalizzato il risarcimento riconosciuto alla vittima a titolo di danno biologico, limitandosi ad una quantificazione automatica sulla base delle tabelle. Tra gli argomenti della motivazione, volti a sostenere la ne- cessita` di una personalizzazione del risarcimento, v’e` proprio la nuova nozione di danno biologico, introdotta dal Codice delle assicurazioni. Sono quattro le componenti che secondo i giudici di legittimita` d’ora in avanti dovranno essere tenute presenti per la quantificazione di tale pregiudizio: la dimensione fisica, quella psichica (en- trambe a prova scientifica, cioe` rilevabili medicalmente), l’incidenza negativa sulle at- tivita` quotidiane e la perdita degli aspetti dinamico relazionali della vita del danneg- giato (ossia il danno esistenziale). Coerente con tale ricostruzione, e` il monito della Corte, rivolto ai giudici, a non appiattirsi su una liquidazione tabellare attraverso cal- coli automatici, ma a valorizzare il momento della personalizzazione attraverso l’uso dell’equita`.

E` bene ricordare, da ultimo, una recente sentenza sempre della Cassazione, che in unobiter si sofferma appunto sulla distinguibilita` tra danno biologico e danno esisten- ziale con riferimento al Codice delle assicurazioni(7). Anche in tale decisione si ricono- sce « la struttura complessa del danno biologico, che ha una componente a prova scientifica medico legale e due componenti a prova libera (la incidenza negativa sulle attivita` quotidiane e la incidenza negativa sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato) ».

Con il che e` evidente che anche i giudici di legittimita` sono consci del fatto che la nozione normativa del danno biologico, offertaci dal Codice delle assicurazioni, rende palese cio` che prima era implicito nel sistema, ossia che sotto l’etichetta danno biolo- gico, riconduciamo tanto la menomazione anatomo-funzionale, tanto l’alterazione standard della quotidianita` della vittima che normalmente consegue a quella invali- dita` medicalmente accertabile, ossia il danno biologico-dinamico, che e` un altro modo di chiamare il danno esistenziale da lesione della salute.

Se non vi fosse tale profilo ulteriore rispetto alle evidenze nosografiche, non si vede per quale motivo il giudice avrebbe la possibilita` di personalizzare il risarci- mento, giacche´ a fronte della stessa menomazione le vittime dovrebbero sempre otte- nere la stessa somma. E` evidente che fondare sul Codice delle assicurazioni la « pan- biologizzazione » del danno alla persona e` una specie diboomerang. In tal guisa, si tenta di occultare i profili esistenziali della lesione della salute, evocando norme che fanno esattamente il contrario.

(7)Cass. civ., 8 ottobre 2007, n. 20987, Pres. Vit- toria, Rel. Petti.

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4. L’UTILITA` DEL DANNO ESISTENZIALE

Sia che si parta dalla lesione del diritto alla salute, sia che si parta dalla lesione di altri diritti/interessi, e` sempre e comunque all’esistenza che occorre arrivare, ed alla con- creta dimostrazione di un peggioramento della qualita` della vita rispetto alla situa- zione antecedente.

Quando si accerta la natura, l’intensita`, la durata e l’effettiva sussistenza delle com- promissioni che l’illecito ha prodotto sulle attivita` realizzatrici della persona, l’oggetto dell’indagine e` sempre e solo l’esistenza concreta del danneggiato, indipendente- mente dalla natura del diritto leso. Si potrebbe dire che il non poter piu` fare, o l’es- sere costretti a fare altrimenti, comunque lo si voglia denominare, non conserva me- moria delle proprie origini, e deve pertanto essere considerato solo nella suafenome- nologia concreta, non nella sua genealogia. A ben guardare, proprio la confusione tra fenomenologia e genealogia rappresenta una costante della casistica relativa al danno esistenziale.

A dimostrare tale assunto vi e` un altro passaggio della recente sentenza della Cas- sazione appena richiamata(8). Nell’argomentare la (presunta) mancanza di autonomia del danno esistenziale, la Corte ci offre una lettura riduttiva della sentenza a Sezioni Unite n. 6572/2006(9). Come e` noto, tale sentenza, pur essendo stata emanata per ri- solvere un conflitto in materia di prova del danno non patrimoniale da demansiona- mento, ha rappresentato l’occasione per delineare un vero e proprio statuto del danno esistenziale. E cio` non sorprende, perche´ — soprattutto per il danno esistenziale non biologico — la considerazione di cio` che il danno esistenziale e` nella concretezza della vita della vittima, richiama (o dovrebbe richiamare) subito alla mente la necessita` di fornire con puntualita` la prova del danno non patrimoniale (diverso dal biologico e dal morale) in modo da consentire al giudice di liquidare una somma proporzionale all’effettiva alterazione della sfera giuridica del danneggiato.

Tale pronuncia viene spesso sminuita come utile solo a ribadire la natura conse- quenzialistica del danno da demansionamento, mentre altri tentano di giustificarne l’esistenza alla luce del contesto particolare in cui e` stata emanata: l’ambito lavoristico.

Secondo costoro, vi sarebbero ragioni non esportabili in altri ambiti dell’ordinamento, che hanno indotto le Sezioni Unite ad esprimersi nei termini dianzi ricordati.

Una definizione « peculiare e pragmatica » legata ai valori solidaristici propri del di- ritto del lavoro, cosı` si esprime la Cassazione nella decisione n. 20987/2007. Eppure, l’art. 2 Cost. fa del principio di solidarieta` — ammesso che sia questo il punto della questione — un valore cardine dei rapporti sociali, a prescindere dall’ambito lavori- stico. Quindi, se e` vero che e` la solidarieta` la ragione che ha indotto le Sezioni Unite

(8)Cass. civ., 8 ottobre 2007, n. 20987,cit.

(9)Sez. Un. civ., 24 marzo 2006, n. 6572, in questa Rivista, 2006, 1041; in Danno resp., 2006, 858, con nota di Malzani; inD&G, 2006, n. 17, 10, con nota di Cimaglia e Meucci; inForo it., 2006, I 1344, e ivi, 2335, note di Cendon e Ponzanelli. Il danno esi- stenziale viene descritto dalle Sezioni Unite come un (i) danno conseguenza; (ii) ben distinguibile dal danno morale; (iii) suscettibile di essere provato in tutti i modi consentiti dall’ordinamento; (iv) capace di assorbire in se´ tutti i pregiudizi di carattere non

patrimoniale conseguenti al demansionamento; (v) discendente dall’inadempimento datoriale e ricon- ducibile direttamente all’art. 1218 c.c.; (vi) non ne- cessitante di un aggancio costituzionale tutte le volte in cui gia` la legge ordinaria predica la risarci- bilita` della lesione di un interesse di carattere per- sonale; (vii) presumibile, alla luce delle allegazioni di parte; (viii) non risarcibile laddove non sia ri- scontrato concretamente nella fase istruttoria; (ix) valutabile equitativamente; (x) funzionale alla pro- tezione del diritto alla realizzazione personale.

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ad esprimersi in quel modo, non si vede perche´ negare la possibilita` di estendere quell’interpretazione ad altri tipi di relazioni tra privati. Tanto piu` che la stessa Cassa- zione, prima di disconoscere la portata sistematica della sentenza n. 6574/2006, af- ferma: « questa Corte, nella sentenza delle Sezioni unite citata (n. 6572/2006) ha posto in evidenza la possibilita` che dal fatto lesivo (nella specie da inadempimento contrat- tuale per illegittimo demansionamento del lavoratore) derivi una pluralita` di danni al lavoratore, da risarcire a titolo biologico, esistenziale e morale; la stessa logica si veri- fica nella fattispecie di un illecito sanitario, ascrivibile ai sanitari e a titolo solidale alla struttura sanitaria »(10). Insomma, in poche righe si afferma e si nega la predicabilita`

del danno esistenziale nel nostro sistema a prescindere dalla tipologia dell’interesse leso a monte.

Non e` giuridicamente ne´ scientificamente corretto confondere la lesione di un di- ritto od interesse protetto (genealogia) con la compromissione negativa che da questa lesione eventualmente discende (fenomenologia). Solo l’iniziale concezione « eventi- sta » del danno biologico aveva potuto consentire questo equivoco concettuale, che ora finalmente il Codice spazza via definitivamente, rendendo chiaro che la sola me- nomazione — senza le concrete conseguenze negative sulla vita — non soddisfa i cri- teri per il danno biologico, come per tutti gli altri tipi di danno, sia non patrimoniale che patrimoniale. Lo stesso rapporto, infatti, e` rinvenibile pure nel danno patrimo- niale, ove la riduzione della capacita` lavorativa specifica e la dimostrazione di un ef- fettivo lucro cessante rappresentano momenti concettualmente e metodologicamente distinti, senza spazio alcuno per automatismi ne´ confusioni(11).

Nel caso del danno biologico dinamico-relazionale, cosı` come delineato dal Codice, la compromissione esistenziale e` per cosı` dire « incorporata » (almeno in una certa misura standard) nella stessa quantificazione tabellare dell’inabilita` temporanea e/o dell’invalidita` permanente, stabilite secondo le note metodologie di accertamento me- dico legale. In questo modo, genealogia e fenomenologia tendono a coincidere, salvo correttivi ulteriori (personalizzazione del danno).

Nel caso del danno esistenziale (non biologico o puro, che dir si voglia), invece, una volta stabilita la genealogia (ovvero la lesione dell’interesse costituzionalmente tutelato), la fenomenologia dovra` essere analiticamente descritta e provata, anche per via presuntiva, non potendo in alcun modo essere semplicemente identificata con l’il- lecito che ne e` all’origine.

Quando il Codice delle assicurazioni definisce il danno biologico comeintrinseca- mente dotato di valenze esistenziali, in cio` « smarcandosi » decisamente rispetto alla asciutta definizione dell’art. 13 d.lgs. n. 38/2000, esso compie un’operazione epistemo- logica di largo respiro, che va ben al di la` della discussione relativa alle varie figure di danno non patrimoniale. Questa nuova definizione, infatti, allargando il danno alla sa- lute, implicitamente fa propria una visione piu` comprensiva del concetto stesso di sa- lute. Non piu` solo assenza di malattia, neppure solo assenza di menomazione: perche´

si abbia salute, suggerisce la definizione, occorre che sia integralmente preservata an-

(10)Cass. civ., 8 ottobre 2007, n. 20987,cit.

(11)M. Bona, Quantumdel danno patrimoniale e li- quidazione equitativa, in Danno resp., 2006, 1073 ss.;

F. Buzzi,Il danno patrimoniale da lucro cessante e la riduzione della capacita` lavorativa: una relazione molto equivoca, in Riv. it. med. leg., 2007, 405 ss.

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che la sfera delle attivita` realizzatrici della persona. In cio` ritrovando, dopo tanto pel- legrinare, il cuore della sentenza della Corte costituzionale n. 184/1986.

5. LA CONSULENZA TECNICA MEDICO-LEGALE OGGI

Quanto si e` cercato di chiarire fin’ora ha una immediata ricaduta sul piano applica- tivo, giacche´ non basta piu` che il medico legale accerti l’eventuale perdita anatomica o funzionale che la malattia ha prodotto (le sezioniStruttura e Funzioni dell’ICF(12), per intenderci). Occorrera`, d’ora in poi, che il medico legale — meglio ancora se assi- stito, in un’ottica di feconda cooperazione interdisciplinare, da altri specialisti, non ne- cessariamente di estrazione medica — getti il suo sguardo anche sulla vita quotidiana del soggetto leso e dei suoi familiari, sulla fitta rete delle relazioni e degli affetti, sulla comunita` e sulla societa` (le sezioniAttivita` e Partecipazione dell’ICF, in altre parole).

Per questi scopi, sia le tabelle sia la tradizionale metodologia di accertamento non ap- paio piu` sufficientemente adeguate, necessitando di opportune integrazioni ed aggior- namenti.

Ibare`mes medico legali attualmente in uso, conservano una struttura eccessiva- mente — o forse: esclusivamente — incentrata sulla descrizione della menomazione anatomo-funzionale(13). E cio` non stupisce, vista l’epoca della loro iniziale diffusione, sia in Europa sia negli Stati Uniti. Nella gran parte dei casi, si tratta di un’elencazione di quadri patologici di tipo deficitario, caratterizzati dalla perdita, indebolimento o de- formazione — perlopiu` di tipo traumatico o chirurgico — di organi o segmenti corpo- rei. La tassonomia sottostante e` quella dell’anatomia descrittiva, ovvero per organi ed apparati. All’ispezione anatomica e` pure improntato il metodo principale di accerta- mento, che e` sostanzialmente di tipo visivo, magari corroborato da opportune indagini di natura tattile e cinesiologica, anch’esse proprie dell’anatomia funzionale e della fi- siopatologia d’organo. Anche gli eventuali esami strumentali aggiuntivi sono solita- mente finalizzati alla ricerca di ulteriori evidenze, ancora una volta di natura visiva (fossero pure le immagini colorate di una tomografia ad emissione di positroni), come la parola stessa esplicitamente suggerisce.L’invisibile, infatti, e` da sempre considerato

— dalle scienze positive —o come esclusivamente metafisico o come necessariamente insignificante. Ed e` forse questo il retroterra culturale che giustifica certe valutazioni negative del danno esistenziale, considerato generico, astratto, indeterminato.

Non c’e` nulla da fare: lo sguardo della clinica — come ci ricorda Foucault(14)— e`

uno sguardo oggettivante, che presuppone l’assoluta irrilevanza (se non la metodolo- gica soppressione) sia del soggetto osservante sia del soggetto osservato, pena la (te- muta) perdita di intelligibilita` di entrambi. Al posto del soggetto osservante, un ideale

(12)L’ICF e` la versione piu` recente dellaClassifi- cazione Internazionale del Funzionamento, della Di- sabilita` e della Salute proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanita` (Erickson, Trento, 2002). Cfr.

L. Sammicheli-C. Pisoni-G. Sartori,ICF, classifica- zione internazionale del funzionamento, della disabi- lita` e della salute: possibili applicazioni in tema di danno alla persona, in questa Rivista, 2006, 202-216.

(13)L. Palmieri-G. Umani Ronchi-G. Bolino-P.

Fedeli,La valutazione medico-legale del danno bio- logico in responsabilita` civile, Milano, 2006; G. Ci-

maglia-P. Rossi,Danno biologico: le tabelle di legge, Milano, 2006; G. Bruno-P. Cortivo-A. Farneti-A.

Fiori-L. Mastroroberto,Guida alla valutazione del danno, Milano, 2003; R. Luvoni-F. Mangili-L. Ber- nardi,Guida alla valutazione medicolegale del danno biologico e dell’invalidita` permanente, Milano, 2002;

M. Bargagna-M. Canale-F. Consigliere e al., Guida orientativa per la valutazione del danno biolo- gico, Milano, 2001.

(14)M. Foucault,Nascita della clinica, Einaudi, Torino, 1969.

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« registratore » passivo di segnali immaginati come interamente — e fedelmente — provenienti dalla « realta` » la` fuori. Al posto del soggetto osservato, una somma di og- getti parziali, immaginati come interamente conoscibili e comparabili, una volta note le leggi del loro funzionamento. La scienza moderna, per fortuna, ha da tempo impa- rato a considerare ingenue simili pretese.

Il problema e` che i nuovi « oggetti » d’indagine — cosı` come delineati dal Codice delle assicurazione: attivita` quotidiane, aspetti dinamici e relazionali della vita del danneggiato — sono per l’appunto i soggetti umani stessi, colti nella loro concreta apertura al mondo della vita, nella mondanita` del loro esser-ci (usiamo volutamente un lessico esistenzialista, in senso filosofico e non giuridico, beninteso). Questo tipo di oggetti (che sono gli altri soggetti) si lasceranno cogliere nella loro essenza — senza dover sopportare inaccettabili riduzioni — dalle stesse metodologie finora utilizzate per l’accertamento della menomazione somatica? E` lecito dubitarne?

Il problema metodologico, comunque, ammette soluzioni possibili, anche se non semplici. Gia` il danno psichico, infatti, aveva introdotto elementi di complessita`(15)che fin dall’inizio erano risultati difficili da integrare nel tradizionale sapere medico legale, forse uno dei piu` refrattari a far posto all’impalpabile, imponderabile ed invisibile — certamente immateriale! — soggettivita`. E, tuttavia, grazie anche alla feconda collabo- razione con altri specialisti, il danno psichico e` ormai entrato a pieno titolo nel campo d’indagine proprio della medicina legale(16).

Occorre, tuttavia, che la medicina legale sciolga definitivamente i dubbi e le ambi- guita`, che sembrano ancora attraversarla, a proposito della dimensione esistenziale del danno. Lo stesso oggetto d’indagine — l’esistenza concreta del soggetto danneg- giato — viene ora orgogliosamente respinto (quando si chiama danno esistenziale), ora troppo sbrigativamente assimilato (quando si chiama danno biologico dinamico- relazionale), come un vino nuovo troppo in fretta versato nelle vecchie cantine. Dopo aver proclamato, anche molto recentemente(17), una sorta dinon expedit nei confronti

(15)A. Bianchi,La complessita` del danno psichico (I e II parte), in questa Rivista, 2007, 2013, e 10, 2007, 2238.

(16)F. Buzzi-M. Vanini,Guida alla valutazione psichiatrica e medicolegale del danno biologico di natura psichica, Milano, 2006; D. Pajardi-L. Macrı`- I. Merzagora Betsos,Guida alla valutazione del danno psichico, Milano, 2006; P. Pappone-A. Citro- O. Natullo-E. Del Castello,Patologia psichica da stress, mobbing e costrittivita` organizzativa. La tu- tela dell’INAIL, INAIL, Roma, 2005.

(17)Il riferimento e` ad un recente editoriale della Rivista italiana di Medicina Legale, 2007, 265 ss.

(Compete al medico legale la lettura della « sfera giu- ridica » del sedicente danneggiato?) dove F. Buzzi esprime profondo scetticismo circa il rapporto tra medicina legale e danno esistenziale: « E` pertanto fondatamente revocabile in dubbio che la medicina legale possa/debba intervenire con il proprio rigore metodologico, irrinunciabilmente caratterizzato dalla ricerca di obiettivita` biologico-cliniche, nella lettura della ‘‘sfera giuridica’’ del sedicente dan-

neggiato, ancorche´ in essa si voglia stipare anche la qualita` della vita ». Il danno esistenziale — se- condo Buzzi — consiste in « una serie di categorie del fare e del relazionarsi che non appartengono certo alla ‘‘sfera biologica’’ e che vengono prese in considerazione non attraverso un vaglio oggetti- vante, com’e` quello proprio della medicina legale, bensı` attraverso la percezione soggettiva dell’inte- ressato ». Traspare da queste parole una radicale opposizione tra metodo medico legale e soggetti- vita`, piuttosto sorprendente da parte di chi — piu`

di ogni altro — ha contribuito in modo decisivo alla costruzione della competenza medico legale in tema di danno psichico, che e` e resta — anche nelle metodologie di accertamento — un danno soggettivoper eccellenza! La medicina legale non deve temere il confronto con la soggettivita`: essa e`

effettivamente unoggetto difficile da indagare, cer- tamente non assimilabile agli oggetti del mondo fi- sico, ma non scientificamente insensato ne´ neces- sariamente metafisico. I fenomeni umani sfuggono al determinismo dei fenomeni naturali, ma non

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della « leggerezza » del danno esistenziale, ora la medicina legale deve evitare di af- frontare a sua volta con leggerezza le sfide che il Codice delle assicurazioni le pone.

Includendo la dimensione esistenziale nel proprio campo d’indagine, la medicina legale ha il compito di sviluppare una competenza nuova, e per certi versi inedita, che in nessun modo si identifica con quella precedentemente acquisita (ed egregia- mente sperimentata) nel campo della valutazione della menomazione psicofisica. Alla costruzione di questa nuova metodologia di valutazione della dimensione esistenziale andranno dedicati, negli anni a venire, sforzi analoghi a quelli a suo tempo dispiegati nell’accertamento della dimensione biologica del danno. Certamente, al sapere me- dico legale, insostituibile, dovranno aggiungersi altri saperi. La stessa medicina legale, come gia` e` accaduto per il danno psichico, ne uscira` alla fine rigenerata.

6. LA MEDICINA-LEGALE E IL DIRITTO A CONFRONTO

Oltre il problema metodologico, tuttavia, si profila un problema di natura per cosı` dire epistemologica, o di rapporto tra scienza e diritto.

In linea generale, si puo` accettare che la presenza di una menomazione dell’inte- grita` psicofisica — qualora accertata con lenuove metodologie — esoneri il giudice da ogni altra attivita` probatoria rivolta alla specifica individuazione e quantificazione delle aree di compromissione esistenziale. In questo senso, la consulenza medico le- gale avrebbe gia` di per se´ fornito al giudice elementi probatori sufficienti per inferire

— sulla base dell’id quod plerumque accidit — una corrispondente quota di compro- missione esistenziale per cosı` dire normale, o standardizzata. Vista la mole di lavoro delle Corti, si tratta di una piu` che ragionevole semplificazione procedurale. Resta poi, comunque, spazio per la necessaria personalizzazione (danno esistenziale idiosin- cratico).

A condizione, tuttavia, che i protagonisti del processo civile siano consapevoli che

— cosı` facendo — essi, in qualche modo, operano una sorta di deroga rispetto alle re- gole generali della responsabilita` civile, e piu` in generale del rapporto tra scienza e di- ritto. In nessun caso, infatti, l’interprete della legge puo` affidare alla scienza compiti che vadano palesemente al di la` dei giudizi di fatto, empiricamente fondati (l’accerta- mento della menomazione), assegnandole surrettiziamente compiti di natura assiolo- gica (la definizione della esistenza desiderabile), che finirebbero per risultare — qua- lora spacciati per scientifici — necessariamente autoritari, e prevaricanti. Quale giu- dice accetterebbe, per esempio, che una diagnosi medica (poniamo di demenza) valga come automatico ed incontrovertibile — e pertanto sottratto alla circolarita` ermeneu- tica — giudizio di incapacita` di agire? Oppure che una accertata anomalia genetica, ad esempio, valga come automatica esclusione di imputabilita`? Oppure, per restare

per questo sono caotici. La scienza moderna ha da tempo abbandonato la pessimistica, radicale incon- ciliabilita` tra scienze umane e scienze naturali, ere- dita` dell’Ottocento romantico e positivista.

La nostra prospettiva — consistente nell’auspi- care un consapevole, ma per nulla acritico, rinno- vamento metodologico — e` senz’altro piu` vicina a quella di G.A. Norelli-M. Focardi,La medicina le- gale e la valutazione « olistica » del danno alla per-

sona, in Riv. it. med. leg., 2007, 379 ss. Sulla stessa linea, riteniamo si situino i contributi di G. Del- l’Osso-F. Ingravallo,Danno esistenziale e qualita`

della vita, in questa Rivista, 2006, 1568; e R. Cata- nesi-G. Di Vella-T. Bandini, e al.,Danno alla per- sona biologico, psichico, esistenziale, diretto e indi- retto, in V. Volterra (a cura di), Psichiatria fo- rense, criminologia ed etica psichiatrica, Masson, Milano, 2006.

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nel campo della responsabilita` civile, che una percentuale di incapacita` lavorativa specifica configuri automaticamente un danno patrimoniale? E` chiaro che tra le evi- denze scientifiche e l’ermeneutica giuridica si apre uno spazio « rig »immenso — che solo uno sguardo pigro, o infastidito dalla complessita`, potrebbe voler cancellare, o anche solo comprimere.

Ne´ la scienza — oggi la scienza medico legale, ieri la scienza psichiatrica — do- vrebbe lasciarsi lusingare da simili tentazioni. Ogni volta che la scienza accetta dele- ghe improprie, soprattutto se provenienti dal potere politico, essa distorce profonda- mente la propria missione sociale, e certamente rallenta il proprio progresso conosci- tivo.

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