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cronache
economiche
mensile a cura della camera di commercio industria e agricoltura di tori nonumero 253 - 254 gennaio - febbraio 1964
Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni deb-bono esser. indirinali alI. Di,ezione della Rj6 \lista. l'accaUuione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati • siglati rispecchiano ,oltanto il pen-siero dell'aufor. e non impegnano la Direzione della Rivista nè l'Amministrazione Camerale. P., I. recensioni I. pubblicazioni debbono es-ser. inviai. in duplice copia. E' vietala la ,i. produzione degli arlicoli e d.ll. note senza ".uloriuuione della Direzione. I manoscritti, .nche se non pubblicali, non si restituiscono.
Comitato di redazione: Ono 0011. Giuseppe Alpino Pro!. 0011. Augusto Bargoni Dott. Clemente Celidonio Pro/. 0011. Giovanni Dalmasso 0011. Giuseppe Franco 0011. Giacomo Friselli Pro!. Dott. F. Palazzi - Trivelli Pro!. Emilio Zaccagnini Direttore responsabile: Pro/. 0011. Giuseppe Carone
sommano
... orlgone3 Torino, la zona archeologica A. Garino C~nin~
4 Problemi di Intervento statale nel quadro dello sviluppo economico nazionale discussi al Congresso della Confederazione nazionale dell'industria.
D. C,emona DellilclSi
11 Il monopolio e la libera conCOrrenza nella teoria economica. G. C~ss~no
17 La funzione di distribuzione dell'azienda: sua ndtura ed importanza. c.. F. Mlehelefll
21 L'industria e la ricerca L. Mose,
24 Un viaggio di studio di economia montana in Francia C. F,egol~
30 L'agricollura e lo sviluppo industriale C. Cos'ilntino
32 La bieticoltura nel Mezzogiorno E. 80llislelll
39 La rivincita del grano L. Morislo C.uidelll
41 Importanza alimentare del lafte A. Z~mpieri
44 La cooperazione in agricoltura L ... dreoli
46 Pubblicitil fenomeno del nostro tempo V. Badini Confalonferi
53 La position internationale de l'Europe G. Silcerdote
60 Prospellive per l'ftalia in Africa M .... brole
64 PopolaZione e benessere a Torino nell'ultimo decennio F. Rolo
66 Torino guarda all'Europa e al mondo U. Bordelli
68 Episodi dello sviluppo industriale torinese .... Rlchelli
72 Organizzazione, automazione e società. La rivoluzione scientifica nell'industria 74 Il servizio di informazione e documentazione tecnica del C.R.A.T.E.M.A. l-IV L'acustica al servizio dell'industria
c.. F. Mlehelolll
77 Rassegna della tecnica 82 Tra i libri
84 In biblioteca
I finalini di Guido Jannon illustrano aspelli di Torino e Provincia
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A que ·to numero hanno collaborato:
In copertina
:
Torino, la zona archeologica
co] Teatro
romano e la Porta Palatina
Angelo Dragone
InsielTll' alla Porta Decumana, le cui torri alte circa tren-ta metri afllorano d,ti tetto di Palazzu ?\ladama nelle strut-(urc del quale vennero incorporate (dalla parte di lia Gari-baldi), la Porla P'llatina e il \icino Teatro costituiscono i IlKlgglori resti della Torinu romana, l'antica Julia Augusta Taurilloruill, c gudono d'una smgolare considerazione pres-.su gli studiosi.
La Porta P,llalina, del I secolo dell'Impero, è infatti il piÙ antico, maestoso e meglio conservato tra i monumenti di questo tl\)Cl, anche rispetto ad altri co picui esempi del mon-ùo romanu; ('ome la Porta 0Jigra di Treviri e quelle di J imes, Verona (' di Roma stessa.
Con la facciata a due piani, compresa tra le torri a sedici lati. alte anche qui una trentina di metri, l'antica Porto prin-cipale dextera della città costituì una vera e propria opera fortdìcat.l, chbmata Palatium nel corso del Medioevo, dan-do originI' al nome eli Porla Palalii es, endo stata probabile dimora d'un polerc politico, al tempo dei duchi longobardi l' dei conti franchi che dOlettero awr avuto in feudo la città prima che il matrimonio di Adelaide con Oddone, figlio di Umbl'rlo Biancamano, la portasse tra i possedimenti ' a-haudi. Come si apprende attraverso i documenti, venne anche chiamata Porta Comitale e Porla Doranea.
« Quando nel 1699 si costruì presso l'antica Porta di San ~1ichele, più a ponente nella Piazza delle Frutta, oggi" Por-la PaPor-lazzo", Por-la nuol'a PorPor-la Vittoria ricorda Marziano Bernardl in una pagina dell'ottima sua guida "Torino e i suoi dintorni" (Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1957) - la Porta Palatina fu chiusa, ma il popolo prese a chiamare col nome della lecchia porta la nuova e tutta la località circostante '>.
Corse anche il rischio di finire abbattuta per volere di Vittorio Amedeo Il che i arrese soltanto agli argomenti di Antonio Bertola, famoso ingegnere militare che non esitò ad illustfiugll J'importanza del monumento. In alcune vedute settecentesche l'edificio appare però trasformato nelle car-ceri del Vi cariato, poi in carcere femminile, sino al secolo scorso quando, dopo gli studi che \'i conùus e il Promis, or-mai al1'alb.l del I o\Ccento si diede finalmente inizio ai ra-dicali rest.luri, completati con l'abbattimento delle antiche costruzioni da cui era circondata.
Del resti ùel Teatro romano, da ascril'ersi ad un'epoca (ra la fine del I secolo egli inizi del secondo, s'era persa persino la memoria, dopo che era stato raso al suolo e dive-nuto quasi cava di materiale per i nuolÌ edifici e le tombe cristiane l'rette intorno alla Basilica di S. all'atore. Vennero tuttavia all", luce llel 1899 durante i lavori di demolizione dell'ala occidentale del reale « Palazzo vecchio» in luogo della quale, parallelamente a \'ia XX ettembre, dove\'a e, ser co truita la nUOI'o. « manica lunga» per gli uffici e i sen'izi di corte.
La rilevante import,lnza del monumento l'a attribuita anche ,\lIe c,\ratteristiche strutturali dell'impianto che, come
(Fo~o E P T • Torino!
ha messo in el idcnza lo stesso Soprintendente alle antichità del Piemonte, prof. Carlo Carducci, costituisce un e empio tra i più singolari, anche se meno noti, di edifici del genere, Attraverso i suoi ruderi è possibile misurare in circa 25 metri l'ampiezza dell'orchestra, mentre nel suo ma simo svi-luppo dOI'ette toccarc i 120 metri. :\on è pOI d.ilficile indivi-duare la forma della « cavea ), con le gradinate emiciTco!a1 i
(in parte attualmente occultate dalla manica di Palazzu Reale), ìa platea riservata al «coro", e la zona del palco-scenico. Tradizionale era d'altra parte la ubicazione del Teatro l'icino alla cinta mumria di cui non manca un esem-pio in un tratto di muro vicino alla stessa Porta Palalina.
Di notevole interesse sì pre enla dunque un compiuto recupero dei monumenti della zona che per il Teatro porti in certo qual modo a compimento gli soovi che all'inizio del secolo l'cnnero condotti sotto la direzione dell'in,g. Bertea e dcI proi. Tammellì, dando una nuova sistemazione anche urbanistica all'intera ":wna archeologica" cui fa riferi-mento lo stesso Piano Regolatore adottato dal Comune di Torino nel decorso decennio con un particolare piano di ricostruzione.
Vi si riferisce naturalmente .il progetto redatto oolla So-printendenza alle antichità, in cui si prevede tra l'altro il dirottamento delle correnti di traffico dall'ultimo tratto di via XX Settembre (fra piazza S. Gio\'anni e corso Regina Margherita) per dar vita ael un ambiente raccolto, intonato alla suggestiva presenza di quei resti insigni.
Una scalinata è destinata a collegare il piano di piazza S. Giovanni col livello clella città romana, liberando l'intera zona del Tealro sino l'erso corso Regina Margherita, oltre iJ porticus pmt scaenam in cui verrebbe creata una zona ver-de. La parte della cal'ea ora coperta dall'ala di Palazzo Reale, una 1'0It.l portata alla luce con la demolizione dei muri cliairammi che la dividono daIla parte all'aperto, (so-stituiti magari cb pHretiin cristallo) offrirebbe il miglior in 'erimento COn una soluzione ambientale C,lpace di lar posto ad un vero e proprio « museo» del Teatro romano, Le opere di sistemazione, avviate con nUOli cavi e i ne-cessari assaggi stratigrafici, utili anche per chiarire definiti-vamente mteressanti problemi cronologici oltre a certi aspet-ti relaaspet-til'i ai caratteri degli edifici, si concluderebbero col restauro filologico dei monumenti per quanto lo consenta l'entità dei frammenti architettoniCI e clecoratil'i l'enuli in luce durante i lavori.
Preziosa testimonianza dell'antica città fatta fortificare cla AU,gusto e caratterizzata dalla Sua forma rettangobre, di i70 metri per ilO, ripartiti in 72 insulae {\bitate da non più di 5 mila uomini, gli edifici della zona archeologica di To-rino seppure meno noti e celebrati di tanti altri - ben a ragione po sono esser presi come insegna cl'una bellezza un po' austera forse, ma non priva di un equilibrio, d'una cordialità e d'una misura in cui si specchiano altresì lo spi-rito e il sentimento d'una popolazione.
Problemi di intervento statale nel q
uadro
dello sviluppo economico naziona
le
discussi al Congresso della
Confederazione nazionale de
ll' industria
t
Attilio Carino Canina
Dal 20 al 22 dicembre dello scorso anno si è tenuto a Rapallo l'XI Convegno di studi di economia e poli-tica industriale, organizzato, come al solito, con molta cura dalla Confederazione generale dell'industria, Con-vegno, che, data !'impostazione dei problemi discussi, relativi all'intervento statale nel quadro dello sviluppo economico nazionale, richiamò un numero assai consi-derevole di studiosi, come di operatori economici, giungendo a conclusioni di alto rilievo.
Assai interessanti riuscirono le due relazioni, affi-date, l'una, relativa all'attività finanziaria dello Stato con particolare riguardo alla finanza, al prof. Cesare Cosci ani, presidente della commis ione per la riforma tributaria; l'altro, concernente l'attività imprenditoriale dello Stato, al Cav. del Lav. Dott. Angelo Costa. Relazione del prof. Cosciani
Rilievo essenziale assun e la relazione del prof. Co-sciani, sia per l'ampiezza e la profondità della tratta-zione degli svariati argomenti, sia anche per i diversi problemi discus i, che porsero occasione ad interventi, non di rado particolarmente note\'oli.
Dati i pregi dell'ampia impostazione dei problemi finanziari prospettati dal Cosciani, si può, anzi, affer-mare che la finanza assume in tal guisa più vasto respiro e più larghi orizzonti, essendo stati messi conveniente-mente in luce i suoi rapporti colla politica del risparmio e degli investimenti, con quella dei consumi, cogli squi-libri territoriali, coUo sviluppo, infine, economico del paese.
Partendo dalla considerazione che è necessario abo-lire nell'ordinamento tributario una finanza neutrale, il Cosciani mise in evidenza l'importanza assunta nello tato moderno da una programmazione indicatit;Q, tale da non opprimere, ma soltanto limitare, la libera decisione degli operatori economici nei riguardi del-l'impiego dei fattori della produzione, senza ricorrere
4
/
CRONACHE ECONOMICHEa norme di imperio nei confronti del settore pubblico dell'aggregato imprese, o mediante misure indirette })(,1' quanto concerne il settore privato, lasciando sempre il rischio, nell'ambito dei vincoli posti dalla pubblica autorità, ai singoli operatori.
Il Cosciani, tra gli strumenti della pianificazioDt· globale - dai quali esclude la nazionalizzazione, quale
« strumento superfluo ai fini della realizzazione de'I piano, anzi pericoloso da un punto di vista economico ". - considera in modo sociale il bilancio pubblico. il quale, quando controlla, come avviene in Italia, attra-verso il prelievo e la spesa. il 35 per cento all'incirca del reddito nazionale (considerando insieme col prelievo dell'imposizione anche quella degli oneri sociali), modi-fica il livello dei risparmi, dei con umi, nonchè la loro direzione. Altera, inoltre, anche il livello degli investi-menb. dell'occupazione, la ituazione della bilancia dei pagamenti ecc. Deve pertanto essere esclusa la politica finanziaria della neutralità, in altri tempi largamellte seguita.
Oggi quella, che un tempo si chiamava finanza
« extra-fiscale », perchè non si propone\'a, almeno COl\ll' fine ultimo, soltanto la copertura dei costi dei st'l'\ izi pubblici, e che doveva costituire una eccezione, è di-venuta una regola e si confonde, anzi, sul piano logico colla finanza vera e propria.
di puntan' sovrattutto su di 1111 migliore impiego delle ~1)PS(' attuali accn.'scendo la produtti\ ità del settore pubblico {col promuovere nd miglior modo la scuola, 1.1 n(TrCa ~ci('ntifica, l'assistenza sanitaria e spedallera, i ~('rdzi pubblid fondamentali, quali gli acquedotti, l'irrig<lzioJw (' Il' altre opere pubblidw, intese a ren-dN(' la spl'sa dt>lIo St.lto più t'fficil'nte e più utile alla nazioJle, \1a il bilancIO pubblico può anche essere stru-mt'nto d(,lIa politica dei COllsumi pri\'ati, \ia coi tributi dirt'tti - mediante un'imposta unica progressiva ul reddito, - .~ia eon quelli indiretti.
Sinora la politica tributaria si era preoccupata es-s( nzialmentc del gt'ttito dell'imposizione, come, ad ('s('mpio, è a\ \l'n~lto, nell'ambito della tassazione indi-rdta, per l'I.C,E., anche se questa imposta a cascata (' aS.solutanH'nt(' ingiusta e tale da determinare danno,e distorsioni, Per quanto riguarda la politica dei consumi, o(corre naturalmente che lo strumento fi cale si associ ad un controllo (jualitativo della domanda, con un op-portuno regolamento delle \endite a rate, che incidono direttamente sul risparmio disponibile,
Ma lo stmmento tributario può anche esercitare una particolare azione sugli squilibrii territoriali mediante spese per i 11\ es t 1l1H' n ti diretti in opere di infrastruttura, t'on un'accentuazione de'gli inn'stimenti delle impr je a partecipazione statall' nelle zone arrt'trate cd, infine, perft'zionando gli incenthi fiscali (prescindendo da quelli dì altro genere, quali i creditizi), che il Cosciani considl'ra con riferimento anche alle più recenti pro-poste intese a creare un sistema di incenth i -disin, centivi (secondo la tesi sostenuta dal Fuà e dal Sylos-Labini ed in modo particolare dal Baumol). Di que to sistema, del quale il Cosciani mette in luce anche gli il1(,oJlVl'J1ienti, osSt'n'ando ben a ragione come in una ('conomia di sviluppo occorra andar molto cauti prima di introdurrt' disincentivi cOl11e strumenti permanenti, Anche per la redistribuzione dei redditi il bilancio pubblico può sHllgere un'azione \'olta ad attenuare gli squilibri sociali. Il trasferÙllento di redditi per finalità sociali con erogazioni dett.ate da motivi di equità
e
so-cialilù. t' non quale corrispetti\'o di una pre tazione di la\"oro. dev'l'ssen' considerato ancl1t' in relazione all'in-RUt'nza d(,l fatto che, allorquando il livello della retri-buzione .'.upem quello della produttività, si corre verso l'infilaziolll" n'ritù tjue ta, troppo spesso non tenuta m'Ila dm'uta considerazione dall'attuale gO\ erno,"la l'attività finanziaria ha anche dei limiti. Come ha OSSl'T\'ato 01111 Clark. la pressione tributaria quando supera et'rti limiti (indicati dall'economista americano nl'! 2.'5 l) o) del reddito nazionale, costituisce un inevitabile fattore di inRazione. Per quanto riguarda la pre -siOllt' tributaria italiana, che nel 1962 ammontava al 24,1
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del reddito nazionale e raggiungeva il 35,3 % includendo anche gli oneri sociali, il osciani, tenuto conto della tendenza ad un aumento della fi calità, ri-tiene che peril
prossimo a\,\'enire un piano di sviluppo non potrà contare su ulteriori significathi postamenti n'rso l'alto ùeJrinùice di pressione per far fronte a 1l1l0\'l' cresct'nti spese. Appare pertanto inevitabile per~li eventuali a~~ravi finanZiari che la programmazione imporrà, il poter contare, sia sull'incrt'mento del reddito nazionale, sia SO\Tattutto su una mi~lior(' qualificazione dt'lIe spese correnti, nonchè su una più alta produttività dei sen'izi pubbliCI, settore que~t'ultimo, che ha an-cora larghi marglOi di possibilità di s\iluppo.
i impone pertanto una. riforma della struttura tri-butaria del paese.
Occorre anzitutto considerare, a que to riguardo, l'influenz.a che l'attività finanziaria può esercitare sugli incentivi a la\'orare. Sono pertanto da favorin' anzitutto le spese intese a rafforzare la struttura del]'jtruzione tecnica e professionale. E' questa una spesa ingente, la quale potrà dare ottimi risultati. a condizlOne, però, che \ enga coordinata nelle singole sue parti, essendo nota la complementarietà delle diverse voci di code te spese.
Il Cosciani ha, inoltre, preso in esame le ripercus-sioni della progressività dell'impoizion ' attuale nei ri-guardi dei suoi effetti disincentivi su chi lavora, con-\into che sarà necessario ristrutturare i nostri tributi attuali ul reddito in un 'imposta unica personale pro-gressi\'a, aIIinchè la situazione economica e finanziaria della nazione possa migliorare.
Anche se si vuole a sociare la progettata imposta unica progressiva ul reddito effettivo, di carattere per-sonale, ad un'altra impostaul patrimonio, commisurata al reddito di questo, al fine di aVE're una diversificazione dei redditi, vi sarebbe sempre un el 'mento negativo, per quanto limitato, allo stimolo volto ad aCCTE' cere gli sforzi per inten ifìcare la produttività, a motivo del-l'aliquota progressiva, con effE'tti sfavorevoli sulla for-mazione del risparmio.
I! Cosciani è favorevole all'istituzione di un'imposta. sugli incrementi di valori patrimoniali realizzati, la quale, in confronto alla maggior parte degli altri tributi, presenta minori inconvenienti nei riguardi dello svi-luppo economico. iffatta impo ta avrebbe, inoltre, il vantaggio di disciplinare in modo organico la materia in Italia, dove, gli incrementi patrimoniali sono tassati in ricchezza mobile quando sono realizzati da una so-cietà di capitali, o sono p rtinenti aU'impre 'a, o co ti-tuiscono il frutto di atti\'ità speculativa; sono tassati con un'imposta autonoma locale se concernono le aree fab-bricabili; sono
e enti
negli altri ca..<;i. L'imposta, pro-posta dal Casciani, costituirebbe un tributo autonomo di carattere generale, destinato a sostituire le tas azioni disorganiche attualmente in vigore.Un problema di es enzjale rilievo, che provocò inte-ressanti e numerosi interventi è stato quello degli effetti della fi calità sul livello degli investimenti e del ri-sparmio. Questo problema, importante quanto delicato a motivo della possibilità di variazione di dette riper-cussioni sulle ,arie categorie di contribuenti, a econda della loro propensione al consumo ed a econda della dÌ\er a congiuntura, venne dal Cosciani considerato sotto i vari loro aspetti,
Egli ha quindi esaminato con particolare acutezza i pregi ed i difetti dell'imposta sulla spesa, recentemente
sostenuta con particolare vigore, oltre che da diversi altri economisti, in modo speciaJe daI Kaldor. Pur ap-prezzando il pensiero dell!' eminente economista inglese sovrattutto per le acute osservazioni sulla tassazione dei rischi, il relatore è giunto alla conclusione ,che deve considerarsi preferibile a siffatto tributo un'imposta generale su tutti i consumi, graduata a seconda del posto occupato in media nelle varie classi di reddito, - tenendo conto dei bilanci familiari, - deQ bene di consumo trattato. Naturalmente in questo tributo do-vranno essere esentati i consumi minimi, mentre si potrebbe introdurre per gli altri, non strettamente ne-cessari, la progressività della tassazione.
Il Co'sciani è quindi passato a considerare il vasto ed importante problema degli effetti della fismlità sugli investimenti del1le imprese ed in particolare quelli rela-tivi agli incentivi fiscali al risparmio ed all'investimento. Egli ha trattato, inoltre, degli autofinanziamenti, abba-~tanza frequenti nell'ambito delle società per azioni. In modo speciale ha preso in esame i casi in cui un' im-posta, che decurti i redditi del'l'impresa, ha un effetto negativo sul ritmo della formazione delle ùserve e sul-l'autofinanziamento, al qUa'le, occorre in alcune circo-stanze, però, porre dei limiti per evitarne le forme pato-logiche. A questo riguardo è stato interessante in modo particolare l'intervento de'l prof. Dell'Amore, il quaIe ha affermato che non di rado, sia l'autofinanziamento, sia anche il risparmio pubblico si sviluppano a detri-mento del risparmio familiare con danno economico generale; di guisa che o·ccorre impedire che quest'1l'l-tima forma di risparmio, indispensabile per alimentare quel,le private iniziative, che tutti vogliono difendere, abbia a 'contrarsi. Egli ha, inoltre, osservato che questo pericolo può derivare anche dal'!' eccessiva espansione degli investimenti pubblici, alla quale non di rado assi-stiamo oggi. A questo proposito giova ricordare anche l'acuta osservazione del Prof. Bat1:'ara in un interes-sante intervento, in cui egli ha osservato che non di rado ha luogo un trasferimento di risparmio privato a favore di investimenti, che avrebbero, <tI contrario, do-vuto essere interamente coperti dal risparmio pubblico - come avviene, ad esempio, per il finanziamento deBe auto-strade. Notevole H fatto che l'E.N.I. coll'assorbi-mento dicospique quantità di risp'annio privato ha pra-ticamente sottra.tto una parte di questo ad imprese pri-vate attraverso ai suoi partico1lari investimenti all' estero, dei quali il nostro paese non ebb~ che vantaggi indiretti di scarso rilievo; mentre veniva turbato
r
equilibrio tra risparmi ed investimenti privati in Itali.a.NeI trattare degli incentivi fiscali per gli investi-menti, con~iderati in modo particolareggiato neHa rela-zione Cosciani, questi conclude, riferendosi alla situa-zione concreta del nostro paese, che questa materia deve essere radicalmente riveduta con nuove provvi-denze, a.tteanche a restringere il sistema delle esen-zioni da tributi a quei pochi casi, in cui l'effetto positivo di tali provvedimenti è effettivamente dimostrato ed è pertanto tale da ritenersi congruo con i sacrifici sop-portati daIla finanza pubblica.
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CRONACHE ECONOMICHEContinuando l'esame dei complessi problemi ine-renti aI risparmio ed agli investimenti, il relatore ha messo in luce la diversità tra investimenti privati ed investimenti pubb'lici, sovrattutto in considerazione de]'l'ammortamento, che nell'impresa privata ha luogo, trasformando ili risparmio accantonato, nuovamente in investimenti; mentre gli investimenti pubblici vengono finanzi:ati attraverso il debito pubblico, a meno che questo sia ammortizzato effettivamente (senza, cioè, che per altro verso aumentino altre voci del debito) attra-verso un eccesso delle entrate correnti sulle spese cor-renti; di guisa che il risparmio viene effettivamente consumato col deperire degli impianti. Ed in reaJtà neNe imprese pubbliche si devono anche considerare i costi sociali, che esse debbono sopportare; poichè -come osservò iI prof. Papi in un brillante intervento nel-l'adunanza finaIe del Convegno, - non è possibile per esse fronteggiare detti costi, di difficile determinazione, che potrebbero considerarsi quali costi - « connessi» a quelli di 'carattere economico, a diversità di quanto avviene, al contrario, nene aziende private, le quali possono modificare i prezzi di altri beni ottenuti ap-punto a costi congiunti equilibrando le diverse risul-tanze aziendali. Detti costi sociali gravano sull'attività dell'impresa, determinando non di rado il disavanzo, che deve, poi, essere fronteggiato con una più severa tassazione, ovvero con un maggiore indebitamento pub-blico, o con l'inflazione.
Riferendosi aNa situazione finanziaria italiana, il Co'sciani ne considera le caratteri'Stiche salienti citando alcuni dati parti~olarmente interessanti deHa Relazione generale sulla situazione economica del paese del 1962.
Secondo questa relazione il risparmio netto (4.000 mi-liardi) rappresenta iQ 18,5 % del reddito nazionale (21.594 miliardi). La pubhlica amministrazione (Stato, enti locali e previdenziali) aveva operato un prelievo tributario del reddito naziona1le di 7.537 miliardi am-montare questo, che venne così distolto dalle libere de-cisioni dell' economia di mercato. Il saldo tra le entrate correnti ed i pagamenti correnti, che all'incirca rappre-senta il rispannio del settore pubblico, era di 1.005 mi-liardi di Ilire pari al 13,4%. Essendo tale percentuale inferiore a quella media nazionale, che fu, come già si è detto, del 18,5
%,
si può affermare che, n~ll'ambito dell' appprossimazione consentita dalle cifre esposte, il bilancio pubblico presenta una minore propensione al risparmio dell'intera nazione contribuendo a rallen-tare, da questo punto di vista, il ritmo di sviluppo del reddito naziona'le.Il Cosciani, a conclusione della sua dotta relazione, riassume le linee fondamentali di quello che dovrebbe essere il nostro sistema tributario per rispondere alle esigenze attuali.
Il primo settore da riform::re concerne la struttura delle imposte dirette. Il reddito oggi è colpito da num e-rosi tributi, sovrimposte ed addizionah tra loro non coordinati, con aliquote sostanziali di gran lunga supe -riori a quelle formali, prevalentemente reali, e diversi-Bcati in modo sperequato a seconda de'lla fonte del re d-dito, sia come metodo di accertamento, sia come tasso di .imposizione. Alloro posto dovrebbe sorgere l'imposta personale progressiva, il cui saggio dovrebbe essere aH'inciroa quello totale risultante dal computo di tutti i tributi ed addizionali sul reddito. Per attuare ,la neces-saria discriminazione dei redditi colpiti da:ll'imposta unica generale, di carattere personale, si dovrebbe ri-correre ad un'imposta ordinaria sul patrimonio, di ca-rattere reale, che dovrebbe essere ragguagliata al red-dito del patrimonio stesso con un tasso moderato sullo 0,750/0.
Oli incrementi di vallore dei cespiti patrimonia.Ji dovrebbero cO'stituire oggetto di un'imposta autonoma da applicarsi al momento del rea'lizzo, con un tasso che colpisca, previa la necessaria compensazione, entro un certo tempo, dei singoli plus-valori tra di loro e tra questi e le perdite patrimoniali, il plus-valore in fun-zione del tempo di maturazione e dell'importanza wla -tiva dell'accrescimento. Tale tributo dovrebbe essere di carattere generale e sostituire, come già si disse, le at-tuali imposte parziali sugli incrementi di valore.
L'imposta di successione dovrebbe essere riveduta nei metodi di accertamento e. strettamente collegata, da questo punto di vista, coll'imposta generale personale su'l reddito globale, esentando le successioni in linea l'etta entro un limite di va-lore più consistente di quello attuale. Ove si ritengano ingiustifìcati doppioni l'attuale imposta sul valore globale dell'asse ereditario e quella suHe singole quote, la seconda, anzid1è la prima, do-vrebbe venir soppressa.
Nel·campo delle indirette l'attuale imposta generale sull' entrata dovrebbe venir soppressa: e sostituita da un'imposta sul valore aggiunto, - il cui accertamento dovrebbe sh'ettamente coHegarsi con l'accertamento dei redditi deltl'impresa, - e da un'imposta sull'ultimo produttore o grossista. Consolidate queste due imposte, sul valore aggiunto e sulle vendite finali, si dovrebbero gradualmente eliminare alcuni tributi indiretti, che ag-gravano attualmente i costi di produzione (imposta di registro, - da conservmsi, però, con un tasso modico
(0,50
% -
l 0/0) per i trasferimenti patrimonali a titolo oneroso, - l'imposta di boHo, Ile imposte surrogatorie, le tasse sulle concessioni governative, !'imposta sulla pubblicità, che dovrebbe essere radicalmente rive du-ta, ecc.).Quanto aHa finanza locale, questa dovrebbe fondarsi su un sistema di partecipazione ai tributi erariali, di sovvenzioni, di contributi stata1li. Verrebbero pertanto a cessare l'attuale imposta di famiglia, che rappresenta un duplicato, imperfetto, dell'imposta generale sul red-dito. Una certa autonomia dovrebbe restare ancora agli enti locali, limitatamente, però, all'imposta comunale di consumo, la qua'le, tuttavia, nella fase di
accerta-mento dovrebbe essere strettamente collegata all'im-posta generale sui consumi.
Considerazioni sulla proposta riforma tributaria
Il vasto argomento, del quale con particolare com-petenza si è occupato il prof. Cosciani, si presterebbe a più vasta trattazione, se si volessero di essa consid e-rare tutti gli aspetti. Ci -limiteremo pertanto .ad alcune considerazioni, che ci paiono di qualche interesse.
E' di facile constatazione Ila necessità di riformare anzitutto la struttura delle imposte dirette nel nostro ordinamento tributario. Esiste, infatti, una vasta e varia congerie di tributi, che colpiscono il reddito nazionale con imposte, sovrimposte ed addizionali, per i quali sia il metodo di accertamento, sia il tasso di imposizione - 'come già si disse - è, non di rado, sperequato. Tutti questi prelievi (imposta di ricchezza mobile, sui redditi agrari, sui l'edditi dei terreni e dei fabbricati, imposta comuna1le su}t]e arti, professioni e commerci, sovrimposta comunaIe e provinciale, contributi camerali, contributi E.C.A., pro Ga'labria, aggi esattoriali, imposta compl e-mentare progressiva
mI reddito
globale, imposta di fa-miglia con le relative addizionali), ben a ragione si pensa di sopprimere. Dovrebbe in loro sostituzione es-sere introdotta, un'unica imposta personale progressiva,la quale dovrebbe colpire il reddito totale risultante dal computo di tutti gli attuali tributi e delle relative a ddi-zionali sul reddito. Per f:a ,diversificazione dei vari r ed-diti, a seconda 'che sono fondati o non fondati,al fine di semplificare il sistema, dovrebbe essere istituita, come già si è detto, un'unica imposta ordinaria sul patri-monio, di carattere reaIe, ragguagliata al reddito di questo. Giova, però, a questo riguardo osservare che il criterio scelto per tale diversificazione rappresenta, a mio modo ,di vedere, solo un mezzo alquanto approssi-mativo per conseguire il firre voluto, in quanto esistono anzitutto diffi'coltà di carattere tecnico per la necessaria differenziazione, la quale dovrebbe tener conto, sia della natura dei redditi, sia anche dei rischi delI'attività produttiva e della diversa importan:ZJa deH' apporto alla produzione da parte del soggetto passivo di imposta. Ma vi sono ancora altre difficOlltà più ardue per 'l'accerta-mento dei redditi dei patrimoni costituiti prevalente-mente da obbligazioni, titoli di Stato, depositi bancari, sinora esenti da nominatività, ·come pure per ,la vaIuta-zione del patrimonio delle aziende piccOlle e medie. A ciò si aggiunga ancora che le successive svalutazioni monetarie hanno oggi reS«l dubbia la possibilità che
il
patrimonio consenta sempre redditi destinati a mante -nersi costanti nel tempo.
Naturalmente per ottenere con quest'unica imposta persona'le su'l-reddito lo stesso gettito di quello, che si percepiva prima per mezzo di svarLati tributi, reali e personah occorrerà modificare le a.Jiquote attuali. Data
la psicologia del contribuente del nostro paese il livello di tassazione di quest'unica imposta personale sul re d-dito non dovrebbe essere troppo elevato, toccando
pena il 50 Ofo del reddito cOllpito in corrispondenza del mezzo miliardo aM'incirca, - pur comprendendo detta imposta, oltre l'imposta complementare oggi esistente, anche le imposte reali, attualmente in vigore che ver-rebbero essere soppresse.
Quanto aH'imposta sugli incrementi di valore rea-lizzati, proposta dali Cosciani, si può affermare che eSAA presenta il vantaggio di non produrre direttamente per-turbazioni di fenomeni traslati vi, che sono da esoludersi, tranne nel 'caso in cui si h'atti di incrementi di valore prevedibih e che -la previdibilità del sorgere e del cre-scere di siffatte rendite positive possa influire sull' offerta del bene 'considerato riducendola in attesa di ulteriori incrementi di prezzo. Indirettamente, però, può l'im-posta sugli incrementi di valore determinare ripercus-sioni partico'lari, quale un rallentamento della vendita dei beni che beneficiano dell'aumento di valore. II Co-sciani ritiene, ino'ltre, che « non soltanto gli incrementi reali, ma altresì quelli puramente monetari dovrebbero essere colpiti », tesi questa, che non credo si possa acco-gliere, trattandosi di incrementi essenzialmente nomi-nali, in quanto in tale 'caso varia soltanto l'espressione numerica. D"aItro canto, occorrerebbe anche distin-guere, per evitare incertezze e scoraggiamenti nell'im-prese produttive, tra incrementi di valore dovuti unica-mente alla congiuntura e talora anche ad attività, non sempre corrette di alcuni gruppi sociali, ed in'crementi di valore conseguenti alI' o'pera intelligente e previdente degli operatori economici.
Il Casciani è favorevole, poi, ad una severa impo-sizione che 'certi tipi di ,consumi propri delle da'ssi più ri:cche, i quali, dtre ad affaticare direttamente la bi-lancia dei pagamenti, presentano anche !'inconveniente di spingere, per spirito di imitazione, i meno abbienti à
più rilevanti spese, assai dannose per la co'llettività, in quanto incidono sui risparmi a scapito degli investi-menti, alterando il normale rapporto tra questi ed i con-sumi. Ma la proposta istituzione di un'imposta genera,le sui consumi, graduata 'a seconda del posto occupato in media nene varie dassi di redditi, secondo i bilanci fa-miliari, dei beni di consumo tassati, se merita spec~a:le
considerazione a motivo dei vantaggiosi effetti sopra ricordati, ha però qualche inconveniente. Si può, infatti, a questo riguardo osservare che
1a
gradazione deHe ali-quote progressive, regolata a seconda del posto occu-pato in media, secondo i bilanci finanziari, nelle varie ola'ssi di redditi del bene di consumo tassato potrebbe presentare, non solo qualche difficoltà anche nella sua pratica attuazione, ma l'applicazione della progressività non potrebbe rea'lizzarsi se non con un 'critelio empirico ed approssimativo, in quanto si riferirebbe, non già a redditi netti accertati, bensì soltanto a~la semplice pre-sunzione di redditi.Nei riguardi del.la successoria - della quale, come è noto da tempo si attende in Italia una riforma, - a ragione il Cosciani osserva che essa dovrebbe venir ri-formata nei metodi ,di accertamento e dovrebbe stret-tamente collegarsi, sotto questo punto di vista, coU'im-posta genera'le sul reddito globale per evitare evasioni.
81
CRONACHE ECONOMICHEEgli sostiene, inoltre, che le esenzioni nelle successioni in linea retta dovrebbe essere concessa entro un iimite
più consistente deH'attuale, - criterio questo da
acco-gliersi senza dubbio, essendo necessario per tutelare
l'istituto familiare, evitare che con imposizioni ecces-sive si venga a disintegrare il patrimonio, che è
ce-mento materiale dell'unità della famiglia, Non credo si
possa, al contrario, a'ccogliere senza non poche riserve, la proposta di sopprimere !'imposta successori a sulle singale quote, lasciando sopravvivere quella sul valore netto deH' asse ereditario qualora quest'ultima fosse un doppione della prima, In realtà !'imposta sul va'lore
netto globale dell'asse ereditario è in Itaha, come in vari altri paesi, un tributo casuale, assai male conge
-gnato, sul capitale, avente carattere reale, che in diversi Stati si aggiunge ad un'altra imposta permanente sul
patrimonio. TaIe tributo, avente carattere di imposta
patrimoniale discontinua, che ad intervalli irregolari inc~de sul capita'le senza a.\cuna precisa graduazione dell' onere fì.scale in rapporto alla capacità contributiva, presenta in diversi paesi, tra i quah anche \'Italia, non poche manchevolezze, sia dal punto di vista deHa razio-nalità del tributo, sia sotto l'aspetto de\.la perequazione, tanto che si è più di una valta pensato in aJ.cuni Stati di sostituirla con un'imposta permanente sul patrimonio, di 'carattere personale. In confronto delle deficienze
della sU'ccessoria sul valore netto globale del.J'asse ere-ditario, quale vediamo, ad esempio, in Italia, quella suHe singole quote - per quanto imperfetta sotto vari aspetti - presenta almeno i,l vantaggio di tenere in con-siderazione, sia pure solo approssimativamente, la capa-cità contributiva dell' erede. Essa tiene conto, infatti, non solo deH'ammontare dell'eredità ma anche del grado di parentela dell' erede col
de cuius,
deHe sue con-dizioni familiari e sociali, nonchè di altri elementi, quali la ricchezza del contribuente pre-esistente all' eredità,che influi'scono suna capacità ,contributiva (come già av-viene, 'ad esempio, nella Svizzera secondo Ila legge dei Cantoni di Basilea, di Argovia e del Comune di Coire). A ragione il Cosciani afferma che la successoria ita-liana deve essere sottoposta a revisione, perchè precisa-mente l'imposta sul valore globale netto dell'asse
ere-ditario presenta nel nostro paese non 'lievi difetti. Questo
tributo, istituito nel 1942 per far fronte alle impe\llenti
necessità del bilancio, di 'carattere del tutto occasionale, verificata si durante il periodo bellico, non solo è un du-plicato di quella sulle singole quote ereditarie, ma di questa accresce Ila sperequazione a motivo essenzial-mente dell'imperfetto accertamento. Essa è, poi, anche ingiusta in quanto 'con siffatto tributo vengono colpiti in misura relativamente maggiore i piccoli legati e le pic-cole quote ereditarie conglobate nell'unico imponibile (<< asse »). Ed invero, in forza dell'articolo 11 del D
e-creto del 1942, per il pagamento della totalità dell
'im-posta gli eredi sono responsabili in solido
proporzional-mente
alle rispettive quote, in quanto le attuali dispo-sizioni relative a detto tributo, - quello che suoi dsulle altre, che possono essere di ben più rilevante im-portanza, dato che in questo caso l'aliquota sull'asse globale, unica, riesce regressiva.
Qualche maggiore particolare sulla riforma della finanza locale sarebbe riuscito particolarmente interes-sante, dati i complessi problemi, che travagliano questa branca del nostro sistema tributario. Sono, però, già così vari e rilevanti quelli trattati dal Cosciani nei riguardi dell'ordinamento tributario statale, che si può facil-mente spiegare la sua concisione relativamente al pro-gramma ·di intervento dello Stato per quanto concerne la finanza comunale e provinciale - la cui funzione riveste, del resto, assai minore importanza di queHa st a-tale nel quadro dello sviluppo economico del paese.
Il programma, proposto da'l presidente della com-missione per la riforma tributaria è, nel suo insieme, un programma organico, che merita di essere preso in par-ticolare considerazione per un'immediata, graduale, sua attuazione - della qua,le, però, occorre non sottova-lutare le difficoltà; tanto più che il programma è assai vasto e neNa relazione del Cosciani, se corretta appare l'impostazione teorica, mancano ta'lora precise notizie su alcuni particolari dell'attuazione della riforma.
Ma questa importante opera di risanamento della fi-nanza e dell' economia nazionale, cui devono accingersi gli uomini di governo, deve inevitabtlmente associarsi ad una decisa e coraggiosa politica di lotta contro '!'in-flazione per realizzare, senza pericolosi indugi, la tanto auspicata stabilizzazione monetaria ed economica del paese.
Relazione del dotto Costa
La relazione del Dott. Costa è stata una coraggiosa ed acuta analisi del complesso problema deWattività im-prenditoriale dello Stato, del quale egli ha considerato dapprima il fondamento teorico per passare, poi, a prendere in esame l'attuale situazione in Italia nei ri-guardi dell'intervento statale nd ·campo imprendito-riale.
Egli ha anzitutto distinto l'intervento dello Stato in regime monopolio e quello in regime di mercato, ana-1izzando i diversi casi in cui esso svolge un'attività in concorrenza coi privati, oppure in regime di monopolio a) per fini fiscali ovvero b) per raggiungere scopi di ca-rattere sociale. Il problema dei prezzi politici è stato correttamente preso in esame, con speciale riferimento al noto principio dei prezzi multipli.
Il Dott. Costa non ha escluso la convenienza di imprese a partecipazione statale quando queste per con-siderazioni di finalità superiori, non strettamente eco-nomiche, oppure a motivo di dimensioni, ovvero per il fatto che la possibilità di reddito è troppo differita nel tempo, presentano utilità di carattere generale, che dif-ficilmente potrebbero venir conseguite da privati -come, ad esempio, nell'impresa forestale. In questo caso - egli ha osservato - l'intervento dello Stato può es -sere giustificato, sempre che non sia possibile realizzare
i fini perseguiti con sistemi meno costosi. Lo stesso di-casi anche quando l'intervento statale è necessario per eliminare, od almeno ridurre, la disoccupazione, ovvero nel caso in cui l'azienda possa utilizzare unità produt-tive, che altrimenti andrebbero perdute. In compren-sibile appare, al contrario, l'atteggiamento di un mo-nopolio statale, istituito per apprestare servizi ai citta-dini che importano oneri aUa coi]lettività, quando esso si preoccupa dell'eventualità che, attraverso 'la co ncor-renza privata, gli utenti possano essere meglio serviti.
Il relatore ha, poi, affrontato coraggiosamente il tema del!' attività imprenditoriale dello Stato in Italia, ricordando anzitutto in un lungo elenco le svariate forme assunte da siffatta attività nel nostro paese, come risulta dal seguente lungo elenco:
l) Le cosidqette «gestioni dirette di attività dei Ministeri destinate a fornire beni e servizi necessari al funzionamento della pubblica amministrazione », quale, ad esempio, la Cassa depositi e prestiti;
2) Le« aziende pubbliche» (aziende autonome, che hanno sostanzialmente natura di organi dello Stato, ma ·che sono dotate di autonomia di bilancio (Azienda auto-noma deNe ferrovie, Anu11inistrazione autonoma dei monopoli di Stato, Azienda autonoma poste e telegrafi, Azienda di Stato per i servizi telefonici, Azienda nazio-nale autonoma dehle strade statali, Azienda di Stato per le foreste demaniali) ecc.;
3) Le« aziende patrimoniali », gestite direttamente dal demanio o date in concessioni a privati;
4) Le «pubbliche imprese », cioè quegli enti pub -blici economici, che hanno come oggetto lo svolgimento di un' attività imprenditoriale di produzione e di scam-bio. Esse possono essere suddivi'se da un punto di vista pratico in: a) enti destinati esolusivamente o preva len-temente a produrre beni o servizi coHettivi per l'ammi-nistrazione pubblica, quale, ad esempio, l'Istituto poli-grafico dello Stato; b) enti COStitlÙti in forma pubblica e destinati ad esercitare l'attività finanziaria o ' credi-tizia. Trattasi di « holdings », quali n .R.!. e l'E.N.I., oppure di istituti di crediti, quali ad esempio la Banca Naziona'le del Lavoro, il Banco di Napo'li ecc.
5) Le« imprese sociali di natura privatistica ». Trat-tasi di imprese che operano in regime di diritto privato (società per azioni), alle quali lo Stato partecipa diretta-mente o indirettamente «uti-socius ». In queste im-prese la partecipazione statale è totale; in altre coes~ste con la partecipazione di capita!le privato. Rientrano in questo gTUppO di imprese, sia produttive, qua,li, ad esempio, l'Agips, i' Ansaldo, l'AMa Romeo, l'Italsider,
r
Anic ecc. che finanziarie, quali, ad esempio, la Fin-meccanica, la Fincantieri, la Finsider, la Finmare ecc.Oggi il Ministero de'lle partecipazioni statali isti-tuito con legge 22 dicembre 1956 per inquadrare e controllare una buona parte delle imprese statali, ha alle sue dipendenze, oltre l'Iri e rEni, l'Ente aziende termali, l'Ente aziende cinematografiche, l'Api, l'Ammi, la Finanziaria Breda, la Carbosarda, la Cogne e varie alh·e.
Il Dott. Costa ha, inoltre, ricordato le va'ste
dimen-sioni assunte a·ttualmente in Italia in questo -campo dal1'organizzazione di dette imprese, l'aumento degli investimenti neHe aziende a partecipazione statale, che si possono cailcolare suUa media annua di 770 mi-liardi di lire (p. 17 della relazione).
Egli ha, poi fatto un'acuta critica dell'attuale
fi-nanziamento del'l'Iri, le cui deficienze, - ha osservato - sono dovute anche a disposizioni dello statuto di detto ente e aliJ'interpretazione di esse. Solo una
la-boriosa e sempre imperfetta rielaborazione dell'Isti-tuto permette di ricostituire l'ordine di grandezza dei
complessivi dati di gestione. E comunque, quando si arriva, sul.Ja base dei bikmci dell'Iri, a certe
conclu-sioni, nuna si può dire dei risultati economici com-plessivi del.]' attività a partecipazione stata'le conside-rata, in quanto dal bil{lncio dell'IRI si possono desu-mere soltanto i risultati di pertinenza dell'IRI o che sono giunti al suo bilancio. Ma, anche quando fosse
possibile, attraverso queste compIica-te indagini,
pres-sochè impossib~li suHa base dei documenti pubhlici, giungere a conoscere il reddito complessivo
contabi-lizzato, nulla ancora si potrebbe dire del risultato eco-nomico complessivo del settore considerato a motivo
sovrattutto dei criteri seguiti nella valutazione delle
varie partite del bilancio (p. 22 della relazione). Il Dott. Costa a ragione ritiene pertanto occorra al più
presto regolare la materia.
Egli nelle conclusioni alla sua interessante esposi-zione, ha inoltre citato dati positivi sulla situazione deH'IRI, come su quella dell'ENI, in risposta al Dott.
Arduin, ricordando che le aziende Iri costituiscono un
complesso di imprese che guadagnano e perdono, ma
che nel complesso danno risultati negativi, per quanto
si tratti di un capitale investito di 350 miliardi. Quanto
all'ENI, egli ha osservato che con 70-80 mrliardi di
patrimonio, con il regalo da parte dello Stato dell'uso
10
I
CRONACHE ECONOMICHEdel metano per un valore di almeno 30 miliardi a l-l'anno - senza parlare delle a!ltre facilitazioni - ha guadagnato appena 5 miliardi.
Non ostante la coraggiosa critica dell'atth'ità svolta da codesti grandi Istituti, il Dott. Costa ha affermato
che non è da escludersi l'attività proficua di imprese a partecipazione statale accanto alle aziende private, sovrattutto· a motivo delle utilità indirette che ne
de-rivano. Particolarmente importante è, a questo
riguar-do, il problema dei servizi pubblici eserciti dallo Stato
- telefoni, ferrovie, poste e telegrafi, energia elettrica,
viabilità ecc. - dei quaH sono evidenti le finalità di carattere elétra-fi.s'cale. Ma per il bene dei cittadini
oc-corre evitare 'le gestioni non produttive, dannose per
lo sviluppo economico del paese, quando queste
pos-sono essere affidate ad aziende private redditizie.
Raggiunta quasi del tutto la piena occupazione -aUa quale siamo, infatti, ormai prossimi, - il problema
dello svi'luppo economico viene a coincidere con quello della massima produttività; di guisa che più che mai occorre evitare 'la distribuzione di ricchezza,
conse-guente a gestioni che non siano redditizie - sempre quando non si tratti di imprese che perseguono
fina-Htà superiori, di carattere non strettamente economico. Il Convegno colle ampie discussioni svoltesi, come è consuetudine nei Congressi della Confindustria, la-sciando ad ognuno degli oratori piena libertà di opi-nione, ha reso un notevole apporto aH' esame dei più
importanti problemi attuali concernenti l'attività dello
Stato relativamente allo sviluppo dell' economia
nazio-nale. Così, - come ha osservato Furio Cicogna, Pre-sidente della Confederazione generale delI'industria
-pur nell'assenza di Ministri, è riuscito particolarn1ente
utile a motivo anche dei numerosi interventi, i quali
e
la libera concorrenza
•
Il
monopolio
nella
teoria economIca
1. - L'analisi delle forme di mercato, che inizial-mente è stata configurata sotto i due aspetti estremi del monopolio e della libera concorrenza assoluti, ha subito nel tempo, e particolarmente a partire dal 1930 in poi, un notevolissimo approfondimento nella teoria economica. Dall'iniziale bipartizione si è giunti, at -traverso successive analisi ad opera di numerosi stu-diosi, ad elaborazioni molto complesse le quali, se dal lato teorico a volte si presentano con sottigliezze e raffinatezze tali da riproporre, ancora una volta, l'or-mai annoso quesito del grado di corrispondenza tra teoria e realtà economica, dall'altro hanno messo in risalto i limiti del monopolio e della libera concorrenza assoluti, e soprattutto le caratteristiche e l'importanza delle forme intermedie, le quali di fatto dominano il mercato.
Pertanto il delineare l'approfondimento di pensiero che ha condotto ai risultati attuali è indagine che esor-bita dagli intendimenti della presente trattazione, che si limita a tracciare, per sommi capi, l'evoluzione aY-venuta in questo particolare settore dell'analisi econo-mica, facendo riferimento soltanto ad alcuni - per non dire a pochi - tra i principali economisti che hanno trattato l'argomento.
Esamineremo quindi le affermazioni in merito con-tenute nell' opera di alcuni tra i principali economisti della Scuola classica inglese: il problema del mono -polio e della libera concorrenza vi appare soprattutto collegato alle considerazioni relative al valore, alla sua espressione monetaria rappresentata dal prezzo, nonchè al processo di formazione dei prezzi nei due regimi: d'altronde, il problema del valore ha rappresentato, per gli economisti appartenenti a questo indirizzo, uno dei campi più fertili di studio e di indagine. Passe -remo poi ad esaminare, schematicamente, gli sviluppi delle più recenti impostazioni in materia.
Come punto di partenza si può prendere l'opera di Adamo Smith che, nelle sue fondamentali « Rice1'che sopm la natum e le cause della 1'icchezza delle nazioni» apparse nel 1776 dava al problema una formulazione rimasta classica nella letteratura economica, enuncian-do quelle proposizioni riguardanti il livello dei prezzi
D
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ellacasa
e la quantità offerta sul mercato, in regime di mono-polio e di concorrenza, che si sono tramandate attra-verso generazioni di economisti, e che costituiscono gli aspetti caratteristici più evidenti dei due regimi. E' interessante il citare le parole stesse dello Smith, il quale sviluppa la sua analisi attraverso la considera-zione del prezzo di mercato, che per effetto del preva-lere della domanda sull'offerta o viceversa, oscilla at-torno a quello da lui chiamato « prezzo naturale ».
«I monopolisti - dice A. Smith, - tenendo il mercato costantemente scarso, non facendo pienamen-te fronpienamen-te alla domanda effettuale, vendono le loro merci molto al di sopra de'l prezzo naturale, ed e'levano molto al disopra del saggio naturale i loro emolumenti, con-sistano questi di salario o di profitto ». Ed ancora: « Il prezzo di monopolio è in ogni occasione il più alto che possa ottenersi. Invece il prezzo naturale o prezzo di libera 'concorrenza, è il più basso che possa essere ac -cettato, se non proprio in ogni occasione, per un consi-derevole periodo consecutivo. Il primo è in ogni occa-sione il più alto che possa essere strappato ai compratori, o che si suppone che essi siano disposti a pagare: jLl se-condo è il più basso che i venditori possono general-mente permettersi di accettare, pur continuando nello stesso tempo i loro affari»
(
l
).
Ne viene che « ... il monopolio è un grande nemico di una buona amministrazione, la quale non si può mai affermare universalmente se non in conseguenza di quella concorrenza libera ed universale che costringe ciascuno, per amore del suo proprio interesse, ad am-ministrare bene i suoi affari » (2).
Non si può davvero negare che, anticipati di quasi due secoli, ed espressi in termini perentori, ritroviamo qui gli estremi della polemica, tante volte ripresa e sempre di attualità, che contrappone la libertà di ini -ziativa al potere monopolistico, accentrato nelle mani di un solo operatore.
(1) A. SMITH: Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle Nazioni - UTET, « Sociologi ed economisti, 1» - 1954 - pagg. 57-58.
(2) A. SMITH: Op. cito - pago 137.
Lo Smith poi non si limita ad osservazioni gene-riche, ma esamina casi particolari di monopolio: come quello che deriva da « un segreto nel commercio o nelle industrie» (argomento sviluppato, ai giorni no-stri, ad esempio dal Chamberlin il quale, nella sua « TeoTia della conconenza monopolistica}) di cui par-leremo in seguito considera appunto marchi di fab-brica e brevetti come elementi monopolistici); i privi-legi delle corporazioni, gli statuti di apprendistato e tutte quelle norme in genere che restringono la con-correnza in particolari mestieri ad un numero di
in-dividui minore di quello che spontaneamente vi si dedicherebbe. Questi monopoli, dice lo Smith, « ... pos-sono mantenere il prezzo di mercato di certe merci al disopra del prezzo naturale, mantenendo sia i salari del lavoro che i profitti del capitale impiegato alquanto al disopra del loro saggio naturale ».
Di particolare rilievo sono poi i riferimenti alle coalizioni di lavoratori e di datori di lavoro (3), al fine di far innalzare o abbassare il salario, al monopolio nel mercato interno che trae origine da proibizioni all'importazione (4), al monopolio del commercio con le colonie di cui godeva l'Inghilterra del tempo ed alla sua influenza sull'innalzamento del saggio di profitto, sulla direzione degli investimenti e sul si'stema
produt-tivo in genere (5).
Sempre riferendo ci ad economisti appartenenti alla Scuola classica inglese, possiamo notare come le affer-mazioni del Ricardo, contenute nei « Principi dell'
Eco-nomia politica e delle imposte» che risalgono al 1817 (6) appaiono oggi alla luce delle successive e la-borazioni teoriche, quali interessanti anticipazioni, anche se richiedono una certa integrazione interpre-tativa. Secondo il Ricardo, il prezzo delle merci og-getto di monopolio di un singolo individuo o di una singola società varia in conformità alle leggi enunciate da Lord Landerdale (secondo le quali il prezzo aumenta al diminuire della quantità o .all' aumentare della
do-manda, e viceversa diminuisce all'aumentare dell'
of-ferta o al flettere della domanda). Vale a dire che il prezzo di questi merci diminuisce « in ragione della quantità portata da chi le vende; aumenta in ragione del desiderio di chi le vuole acquistare. Tale prezzo non ha alcun nesso necessario col valore naturale (7) (va-lore -che, 'secondo R., consiste nel costo di produzione).
Ciò significa, in altre parole, éhe il monopolista, del quale peraltro l'Autore non enuncia la finalità che lo muove nella sua azione, nel fissare il prezzo considera la curva di domanda dei compratori ai quali intende ri-volgersi, ed è consapevole che, per le caratteristiche
fondamentali della curva di domanda stessa,
all'aumen-tare della quantità immessa sul mercato il prezzo co!,ri-spondentemente diminuisce.
L'osservazione che il prezzo aumenta « secondo il desiderio di chi vuole acquistare» si riferisce ad uno dei moventi che concorrono a determinare il comporta-mento del compratore, che è già implicitamente espresso dalle caratteristiche della curva di domanda. In
parti-121
CRONACHE ECONOMICHEcolare, potremmo considerare questa annotazione come una frammentaria anticipazione degli ampi sviluppi che la teoria del consumatore ha ricevuto in seguito,
par-tendo dalla teoria delle curve di indifferenza e delle scelte sviluppata dal Pareto.
Per quanto riguarda le merci soggette alla concor-renza, « la cui quantità può sempre venire aumentata in una certa misura» i prezzi « dipendono invece in definitiva, non già dallo stato della domanda e
del-l'offerta, ma dal loro cresciuto o scemato costo di pro-duzione ». Ciò significa che già il R. aveva notato come per effetto delle caratteristiche del regime di concor-renza, tra cui in primo luogo la pluralità degli operatori, il prezzo tende allivello minimo rappresentato dal costo di produzione: affermazione anche questa entrata a far parte del patrimonio della scienza economica.
Ma, in definitiva, non tutte le affermazioni ricar-diane sono oggi accettabili in quanto dalle parole di
questo Autore si ricava che il prezzo, in regime di mono-polio, dipende dalla domanda e dall' offerta (mentre secondo sviluppi più recenti è proprio questa la forma-zione tipica in regime di libera concorrenza), ed in re-gime di concorrenza dipende esclusivamente dal costo di produzione.
In conclusione ci sembra si possa dire, anche sulla scorta degli esempi riportati dall' Autore, che l'analisi
del Rkardo, così acuta e anticipatrice in altri campi, in questo settore appare parziale e frammentaria in quanto sono stati trascurati, o vi appaiono solo impl ici-tamente, alcuni elementi di fondamentale importanza negli sviluppi successivi: come ad esempio la distin-zione tra beni riproducibili e non riproducibili, e quella
tra periodo lungo e periodo breve.
Come ultimo economista appartenente alla Scuola classi-ca inglese esamineremo
J
ohn S tuart Mill, i cui « Principi di Economia politica» apparsi nel 1848 (8) ci sembrano partico.larmente interessanti ai fini dell' evo-luzione del pensiero economico sull'argomento qui con-siderato. Il Mill, infatti, sviluppa l'analisi della forma-zione del prezzo facendo riferimento ai beni riproduci -bili e non riproducibili, distingue tra periodo breve e periodo lungo, e introduce nell'analisi quegli elementi di natura extra economica, che così larga parte occu-pano negli attuali sviluppi per quanto attiene alladif-ferenziazione del prodotto.
Anche secondo il Mill, nel caso dei beni che
quanti-(3) A. SMITH: Op. cito - pago 60. (4) A. SMITH: Op. cito - pago 407.
(5) A. SMITH: Op. cito - pagg. 543 e segg.
(6) DAVIDE RICARDO: Principi. dell'Economia Politica e delle imposte -UTET, « Sociologi ed economisti, 3", 19,54.
(7) D. Ricardo: Op. cito -pago 293.
(8) JOHN STUART MILL: Principi di Economia Politica
tativamente possono essere al1mentati a piacere (cioè in libera concorrenza) il prezzo non dipende dalla do-manda e dall'offerta (<< salvo che accidentalmente e per il tempo necessario all'adeguamento della produzione») perchè esso si adegua, a lungo andare, al costo di pro-duzione (9). Invece nel caso dei beni che « non possono essere a'ccresciu ti indefinitamen te » (cioè in monopolio) il prezzo è determinato dalla domanda e dall' offerta. Pensiamo che questa affermazione vada interpretata nel senso già visto sopra, parlando del Ricardo, e cioè nel senso che il monopolista sceglie, nel campo dei pos-sibili equilibri rappresentato dalla curva di domanda dei compratori, la configurazione confacente con le proprie finalità.
Sempre secondo il Mill, la caratteristica del mono-polio consiste nella limitatezza della quantità (<< una cosa che è limitata in quantità, anche quando i suoi pos-sessori non agiscono di concerto fra loro, è sempre un articolo di monopolio»), e nel trattare questo argo-mento viene sfiorato l'importante capitolo degli accordi tra produttori, che di fatto si sono moltiplicati e poten-ziati in epoca posteriore a quella nella quale l'A. scri-veva.
Nell'anaIrsi del Mill è molto interessante l'appari-zione di considerazioni 'Sulla differenziazione dei pro-dotti, che porta alla pratica dei prezzi multipli soprat-tutto nel commercio al minuto, dovuta a fattori extra economici, come elementi di prestigio, di comodità personale, di consuetudini. Il riconoscimento di questi limiti a carattere psicologico al funzionamento della li-bera concorrenza ci appare un'interessante anticipa-zione dell'importanza che oggi è loro attribuita.
Del resto il
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evons stesso, nella sua opera apparsa nel 1878, basa la sua nota «legge d'indifferenza del prezzo» sulla perfetta omogeneità e uniformità della merce, in quanto «una minima differenza di qualità liscontrata in una merce può... originare preferenza e far sì che diverso sia il rapporto di scambio». Questa diversità di prezzo può dipendere non soltanto dalla differenziazione merceologica e dall'imperfetta conoscenza del mercato da parte dell' acquirente, ma anche da elementi psicologici, come la fiducia, il pre-stigio, ]' abitudine e così via.II - In quanto precede si è delineata, per sommi capi, la posizione di alcuni tra i maggiori economisti della Scuola classica inglese ·che hanno svolto le loro elaborazioni secondo la forma discorsiva. Ma nella let-teratura economica del secolo scorso, nel settore riguar-dante il monopolio, Wl posto di particolare rilievo spetta
al fondatore della Scuola matematica, Antonio Agostino Cournot il quale, nel volume ReTcheches SUT les prin -cipes mathématiques de la théol'ie des Tichesses ap-parso nel 1838, seguendo un rigoroso procedimento ma-tematico giunse a formulazioni conclusive tali da pre-sentarsi, tuttora, come un punto fermo nell'analisi eco -nomica ed alle quali si ricollegarono vivaci e
approfon-dite polemiche che si estesero per un lungo periodo di tempo.
Numerosi sono i problemi considerati dal Cournot: quello del monopolio (un produttore di un solo bene), del duopolio (due produttori di due beni di identica qualità), del monopolio bilaterale (due produttori di due fattori di produzione, la cui unica utilizzazione è rappresentata dalla fabbricazione di un certo prodotto finito), e infine, attraverso l'aumento nel numero dei produttori, il problema della conconenza indefinita. Questi vari problemi sono esaminati sotto l'as unzione di ipotesi via via più complesse, sui costi di produzione, le spese di trasporto, l'imposizione di imposte, e per la soluzione il Coumot utilizza varie funzioni (che peraltro appaiono nella loro più generale espressione analitica), nelle quali sono comprese le v'ariabili che traducono le varie grandezze economiche considerate.
Volendo riportare qui alcune tra le più significative e interessanti conclusioni del Cournot diremo che il problema del monopolio è sviluppato partendo da due distinte ipotesi di base: la prima delle quali comporta spese di produzione così irrilevanti da poter essere tra-scurate. La finalità del monopolista, unico produttore, è indicata dal C. nella massimizzazione dell'incasso to-tale (che in questo caso particolare coincide col massimo di utile). Attraverso successivi aggiustamenti il produt-tore fisserà il prezzo al livello che gli consente di ven-dere la quantità ,che dà il massimo di incasso, e questo prezzo risulta determinato dall' equazione che si ottiene eguagliando a zero l'incasso marginale.
Nella seconda ipotesi, che contempla le spese di produzione, la finalità del monopolista consiste nella massimizzazione dell'utile netto totale, inteso come dif-ferenza tra incasso totale e costo totale. Anche in questo caso, il prezzo risulta determinato dall' equazione che si ottiene egu.agliando a zero l'uti:1e marginale. E' nello svolgimento matematico di questo problema, che il C. ha formulato la condizione di equilibrio data dall' egua-glianza tra costo marginale e incasso marginale che co-stituisce tuttora uno dei ,cardini della teoria economica della produzione. Graficamente, la condizione è rappre-sentata dal punto di intersezione tra le due curve di costo marginale e di incasso marginale, che in omaggio all' Autore viene tuttora designato col nome di « punto di Cournot ».
Altre anticipazioni molto interessanti fatte dal C. sono rappresentate dalle considerazioni sul costo mar-ginale, dato come funzione della quantità prodotta, e sul suo andamento (crescente, decrescente o costante) tuttora valide.
Il problema del duopolio, trattato dal Cournot (l'esempio specifico contempla il caso di due proprie-tari di due sorgenti di acque minerali, aventi le mede-sime caratteristiche), è stato considerato con particolare attenzione nei successivi sviluppi teorici, sia per le
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