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Edizione MAGGIO Copyright MMXVII KEY SRL VIA PALOMBO VICALVI (FR) P.I./C.F ISBN

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Edizione MAGGIO 2017 Copyright © MMXVII KEY SRL

VIA PALOMBO 29 03030 VICALVI (FR) P.I./C.F. 02613240601 ISBN 978-88-6959-890-6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione, di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.

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Cendon / Book

Collana diretta da Dario Primo Triolo

CENACOLO GIURIDICO: CASI E LEZIONI 31

IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Dario Primo Triolo

Seconda Edizione

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L’autore

Dario Primo Triolo è avvocato ed esercita presso il foro di Catania, Dottore di Ricerca in diritto amministrativo ha approfondito i suoi studi presso la scuola Galli di Roma.

Insegna presso la scuola di preparazione all’esame di avvocato e di magistratura Il cenacolo di studi giuridici etneo.

Ha scritto i 32 volumi della collana “Cenacolo giuridico: casi e lezioni”.

Ha scritto alcuni volumi della collana Esame avvocato ok di cui è anche direttore scientifico.

L’Opera

Il volume esamina la giurisprudenza più recente in materia di procedimento amministrativo, evidenziando i contrasti giurisprudenziali e le posizioni della dottrina. Si ripercorrono le tappe legislative e giurisprudenziali più rilevanti, con una particolare attenzione alle pronunce dell’Adunanza Plenaria. Viene dato risalto anche alla recente riforma Madia. Uno strumento indispensabile ed aggiornato per la preparazione all’esame di avvocato e ai concorsi superiori.

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INDICE GENERALE Capitolo Primo Il procedimento

1. Le caratteristiche ed i principi del procedimento ... 11

1.1. Le fasi del procedimento ... 23

1.2. La ricerca del consenso ... 24

Capitolo Secondo Il responsabile del procedimento 2. Definizione ... 25

2.1. I compiti del responsabile ... 28

Capitolo Terzo Le garanzie partecipative 3. La partecipazione del privato ... 37

3.1. La comunicazione di avvio del procedimento ... 38

3.2. Le deroghe legislative... 43

3.3. Le deroghe giurisprudenziali ... 49

3.4. I poteri del partecipante ... 54

3.5. L’art. 10 bis l. 241/90 ... 56

Capitolo Quarto Il silenzio 4. Definizione ... 67

4.1. Il silenzio inadempimento ... 70

4.2. L’obbligo di provvedere ... 77

4.3. L’azione avverso il silenzio ... 80

4.4. I poteri del giudice ... 88

4.5. Il provvedimento tardivo ... 95

4.6. Il silenzio procedimentale ... 97

4.7. Il risarcimento del danno ... 98

4.8. Il silenzio rigetto ... 104

4.9. Il silenzio assenso ... 106

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Capitolo Quinto Dalla dia alla scia

5. Definizione ... 115

5.1. La scia edilizia ... 119

5.2. La natura della scia ... 120

Capitolo Sesto Il diritto di accesso 6. Definizione ... 131

6.1. Natura del diritto ... 132

6.2. Titolarità del diritto ... 140

6.3. Segue: l’accesso civico ... 146

6.4. Oggetto del diritto ... 151

6.5. Deroghe ... 162

6.6. La tutela giurisdizionale e giustiziale ... 172

Capitolo Settimo La conferenza di servizi 7. Definizione ... 175

7.1. Le nuove ipotesi di conferenza di servizi ... 179

7.2. La disciplina legislativa e il superamento del dissenso ... 183

Capitolo Ottavo Gli accordi nella pubblica amministrazione 8.1. Definizione ... 187

8.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/90 ... 188

8.2. La natura giuridica ... 192

8.3. Il recesso ... 197

8.4. L’indennizzo e la giurisdizione ... 201

8.5. Gli accordi di programma ... 205

Capitolo Nono L’autotutela 9. Definizione ... 207

9.1. La revoca ... 208

9.2. L’annullamento d’ufficio ... 213

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9.3. La convalida ... 219 Bibliografia

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(12)

C

APITOLO

P

RIMO

I

L PROCEDIMENTO

Sommario 1. Le caratteristiche ed i principi del procedimento – 1.1. Le fasi del procedimento – 1.2. La ricerca del consenso

1. Le caratteristiche ed i principi del procedimento

Il procedimento amministrativo rappresenta l’iter attraverso cui l’amministrazione, per curare e perseguire l’interesse pubblico, giunge all’emanazione di un provvedimento amministrativo1.

Il procedimento veniva definito da F. Benvenuti2 come

“insieme di atti elaborativi della trasformazione del potere in atto”.

Tale iter rappresenta un modo non solo per l’amministrazione di valutare i diversi interessi in gioco e perseguire così al meglio l’interesse pubblico, ma rappresenta, altresì, il mezzo per il cittadino di far valere le proprie ragioni che devono essere esaminate all’interno del procedimento.

Le norme sul procedimento amministrativo scontano da sempre una doppia natura e sono poste al fine di garantire una duplicità di ratio: da un lato si vuole assicurare la massima efficienza dell’amministrazione, dall’altro si vuole fornire tutela al privato che deve poter azionare alcuni rimedi già in fase procedimentale.

Se, quindi, almeno storicamente le norme sul procedimento amministrativo sorgono per esigenze di buon andamento della pubblica amministrazione, le ultime

1 Viene definito in R. Galli – D. Galli, Corso di diritto amministrativo, Cedam 2004, pag. 609 e ss., come “sequenza coordinata di atti preordinata all’adozione di un provvedimento finale”.

2 F. Benvenuti, Appunti di diritto amministrativo, in Scritti giuridici, pag. 503

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riforme hanno, anche se non solo, accentuato anche le tutele del cittadino.

Si è infatti sempre più accentuata nel tempo la visione di un procedimento amministrativo partecipato, dove il privato non assume soltanto la veste di destinatario del provvedimento finale, ma partecipa all’iter, come contradditore necessario.

L’interesse legittimo, da sempre considerato come interesse meramente processuale o comunque privo di una valenza propria, trova adesso nuova linfa come interesse sostanziale.

Grazie al procedimento amministrativo, infatti, il privato trova uno spazio all’interno di esso, per manifestare le proprie esigenze e i propri interessi.

La legge 241/90 e le sue successive riforme hanno posto le basi proprio per tale visione del procedimento amministrativo, essendo previste, in tale legge, diverse garanzie che permettono al privato di conoscere le modalità di formazione della volontà della pubblica amministrazione e di partecipare al procedimento che riguarda i suoi interessi e incide sui suoi diritti.

Prima di tale legge, infatti, il privato era considerato un mero spettatore, destinatario del provvedimento finale, senza avere la possibilità di partecipare al procedimento o di conoscere gli atti della pubblica amministrazione3.

3 Si legge in F. Benvenuti, Disegno dell’Amministrazione Italiana, linee positive e prospettive, Cedam, 1996, pag. 223 che “”in quella situazione, allora, l’Amministrazione procedeva in vista della adozione dell’atto finale sulla base di apporti esclusivamente interni.

In parole più tecniche l’esercizio della funzione intesa, come si è visto, quale attuazione del potere, spettava alla sola amministrazione. Essa decideva se esercitare o meno un potere;

essa considerava la sussistenza della situazione su cui il potere andava ad incidere, modificandola giuridicamente, e attuava tutti i passaggi necessari quali l’effettuazione di indagini o l’ottenimento di pareri sia di carattere tecnico che di carattere politico amministrativo. Si comprende, perciò, come la funzione, intesa come

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Mancava, infatti, nel nostro ordinamento una legge che disciplinasse il procedimento amministrativo, con pesanti conseguenze sul piano della democraticità e della stessa efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa. Ed infatti, il procedimento amministrativo era considerato qualcosa di segreto e di oscuro per il privato, dominato da regole spesso a lui sconosciute.

Era evidente la posizione di soccombenza che doveva subire il privato dinnanzi all’attività amministrativa, con impossibilità da parte dello stesso di controllare tale attività e di prendervi parte.

Il legislatore aveva supplito ad una tale mancanza con leggi frammentarie e settoriali, ispirate non solo ad un’ottica sostanziale ma anche processuale. Il procedimento, cioè, in alcuni casi, era visto non tanto come sede di emersione degli interessi ma come luogo di risoluzione dei conflitti, in una visione più contenziosa che di tutela.

La legge 241/90, ispirata ai principi dell’efficienza, dell’efficacia, della trasparenza e della pubblicità, colma il vuoto che si era creato, ed apre al privato le porte del procedimento amministrativo4, rendendolo un contraddittore necessario e fondamentale5.

lo spazio della trasformazione del potere in un atto, ignorasse

completamente i destinatari”.

4 Come si legge in R. Galli – D. Galli, “il vuoto legislativo venne, comunque, colmato dall’opera della dottrina e della giurisprudenza, che elaborarono una serie di regole generali che sono poi refluite o date per presupposte dalla legge 241/90 (quali: la scomposizione del procedimento nelle quattro fasi dell’iniziativa, dell’istruttoria, della decisione, dell’integrazione dell’efficacia; la motivazione obbligatoria dei provvedimenti con effetti sfavorevoli per il destinatario; la necessità del contraddittorio per i procedimenti contenzioni). Lo stesso è da dirsi per i principi della massima acquisizione degli interessi, della convocazione delle parti necessarie e dell’intervento dei portatori di interessi e dell’obbligo di procedere e provvedere.”

5 Si legge, infatti, in R. Chieppa, I principi generali dell’azione amministrativa nella legge n. 241 del 1990 modificata dalle leggi n.

15 e n. 80 del 1995 (la trasparenza come regola della pubblica

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Ed infatti l’art. 1 c. 1 della l. 241/90, come successivamente riformato, prevede che “l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.”

La trasparenza che oggi governa il procedimento amministrativo, e che si manifesta tramite il diritto di accesso, permette al privato di prendere cognizione degli atti amministrativi, di rapportarsi alla pubblica amministrazione, di avere un soggetto responsabile con cui confrontarsi; sono tutte garanzie che assicurano un’effettiva democraticità, in quanto solo un soggetto informato, un cittadino con poteri attivi ed effettivi può controllare che i diritti vengano garantiti, che non vi siano diseguaglianze, che l’amministrazione, in breve, si comporti effettivamente in maniera efficiente e imparziale.

Ma la trasparenza assicura anche la legalità, poiché un’amministrazione aperta all’esterno, conoscibile, non può nascondere le sue illegalità che, pertanto, dovranno essere esclude o quanto meno limitate6.

Una trasparenza che oggi, a seguito del d.lgs. 33/13 risulta ancora più pregnante grazie alla figura dell’accesso civico che permette, per alcuni documenti, l’accesso

amministrazione), in Diritto e Formazione, vol. 12, 2005, pag. 1557,

che “proprio attraverso la trasparenza e la realizzazione degli aspetti del contraddittorio, sia in sede di scelte, sia di decisioni, si realizza un rapporto nuovo tra pubblica amministrazione e cittadino, per renderlo partecipe.”

6 Si legga G. Barone, op. cit., pag. 226 secondo cui “se per il passato le illegalità sono state favorite da situazioni di segretezza e di opacità, quando l’amministrazione diventa trasparente, le illegalità si ridurranno per via del controllo che sarà possibile esercitare. Si giungerà così ad un’amministrazione che sia più osservante delle leggi, più concentrata sulla cura del pubblico interesse e, in ultimo, più efficiente.

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indiscriminato, a prescindere dalla tutela di una posizione giuridica soggettiva in capo al privato. Del resto, come faceva notare G. Barone7 “il controllo che si realizza tramite l’esercizio del diritto di accesso potrebbe dirsi democratico se potesse essere esercitato da qualunque cittadino nell’interesse generale e non per tutelare un proprio interesse”. Da noi ancora tale ulteriore passo non risulta effettuato, poiché anche l’accesso civico è riservato ad ipotesi particolari di documenti che l’amministrazione è tenuta a pubblicare on line. Del resto, non può non considerarsi che se tutti potessero accedere ai documenti soltanto “per curiosità”, senza che vi sia alla base un interesse da tutelare, l’amministrazione si troverebbe nella difficoltà di gestire ed evadere tutte tali richieste, con il rischio di una effettiva paralisi della stessa.

Il procedimento amministrativo, a seguito della riforma del 1990, non è più soltanto un mezzo per assicurare l’ordinato esercizio delle funzioni amministrative, ma diventa qualcosa di molto più articolato e complesso.

Il privato non è più un mero spettatore, ma ne diventa partecipe. Ed infatti, come affermato da F. Benvenuti8, la partecipazione del cittadino al procedimento comporta la sua “elevazione a coamministratore (….). Colui che partecipa al procedimento riconosce l’autorità, partecipa quindi dell’autorità, ne diventa esso stesso soggetto.”

Da una democrazia elettorale ad una democrazia partecipativa, con un cittadino che non ha più soltanto il potere di impugnare gli atti dinanzi all’autorità amministrativa, ma anche la possibilità di partecipare alla

7 G. Barone, op. cit., pag. 223.

8 F. Benvenuti, L’impatto del procedimento nell’organizzazione e nell’ordinamento (quasi una conclusione autobiografica), in Scritti Giuridici, pag. 4383

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loro emanazione. Una vera e propria applicazione del principio di sovranità popolare9.

Si legga, quanto sostenuto da R. Chieppa10 secondo cui

“un ordinamento basato sulla democrazia si reggerà solo fino a quando vi sarà il cittadino che può conoscere e partecipare ed è messo in condizione di potere ricorrere consapevolmente; il cittadino che protesta, il cittadino che può rivolgersi in ogni ipotesi, senza limitazioni per categorie di atti, ad un organo prima amministrativo e poi ad un organo giurisdizionale (dotato di garanzie procedimentali) che gli possa dare ragione, anche se con un ragionevole ritardo. Ma è necessario che vi sia effettivamente questa possibilità. Il giorno in cui non ci saranno più questi strumenti o non saranno utilmente esperibili non vi sarà più un ordinamento civile”.

Il procedimento, infatti, “comporta una democratizzazione dell’amministrazione ponendosi come principio antiburocratico; e comporta una democratizzazione del provvedimento in termini di garanzia e adeguatezza dei bisogni ponendosi così come principi di antiarbitrarietà nell’attività dell’amministrazione”11 (Benvenuti).

L’interesse pubblico, quindi, non è più l’interesse della pubblica amministrazione o dell’ente Stato, ma è un interesse che nasce dal contemperamento, dalla fusione, degli interessi privati con quello pubblico.

Non a caso, infatti, qualche autore12 ha parlato di una sorta di tertium genus di interesse che nasce dal contemperamento dell’interesse pubblico e dell’interesse privato, facendo sorgere un nuovo interesse che non

9 F. Benvenuti, L’impatto del procedimento, op. cit. pag. 4388 parla di

“definitiva consacrazione del cittadino come membro attivo della società politica”.

10 In op. cit., pag. 1566

11 F. Benvenuti, L’azione amministrativa tra garanzia ed efficienza, in Scritti giuridici , pag. 3655

12 F. Benvenuti, Trasparenza e pubblica amministrazione, in Scritti giuridici, pag. 4505 e ss.

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combacia con nessuno dei due, ma è un interesse collettivo.

Tale impostazione non può che determinare anche un mutamento di rotta, non più una visione autoritativa dell’attività pubblica, poiché l’interesse perseguito è un interesse nuovo, diverso dal mero interesse pubblico, è un interesse a cui partecipa il privato, la funzione amministrativa non può che avere una visione tendenzialmente paritaria ed aperta agli interessi privati13. Una tale pubblicità e partecipazione non può che responsabilizzare sia il cittadino, dotato di un nuovo potere di intervento, sia il singolo funzionario che deve fare i conti con la pubblicità della sua attività e quindi con i controlli che il cittadino può esercitare. Ed infatti, grazie alla trasparenza il cittadino può controllare gli atti amministrativi di cui è, in fondo, copartecipe.

Soltanto grazie alla trasparenza, e quindi alla conoscenza, il cittadino può essere partecipe effettivo, fornendo così un contributo consapevole all’attività amministrativa.

Ma al procedimento amministrativo possiamo attribuire anche una funzione deflattiva e di efficienza, in quanto tramite la partecipazione del privato, l’amministrazione viene a conoscenza di eventuali vizi o inesattezze che altrimenti il privato farebbe valere in sede processuale, risolvendo così le problematiche in sede procedimentale, assicurando la piena efficienza dell’attività svolta14. Ed

13 Si legga quanto affermato da F. Trimarchi, Procedimento amministrativo e riforma del processo, in Scritti giuridici, pag. 404, secondo cui “una più soddisfacente interpretazione del principio di democrazia nell’amministrazione, conferendo da un altro, ai cittadini una nuova dignità, - costoro non vanno più considerati come destinatari o oggetto di provvedimenti amministrativi – ha, dall’altro, spiegato i suoi effetti sul terreno dell’organizzazione e dei metodi di azione che si sono “aperti” alle esigenze e agli interessi di quelli”.

14 Si legga quanto affermato, infatti, da G. Barone, op. cit., pag. 221 secondo cui “il privato, il quale partecipa al procedimento amministrativo, offrirà all’attenzione dell’autorità valutazioni e dati, che se serenamente esaminati, contribuiranno all’emanazione di

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infatti, evitando l’errore e conoscendo il “fatto” che il privato porta all’interno del procedimento, potrà essere assicurato il miglior perseguimento dell’interesse pubblico.

Ed infatti, come affermato da Francesco Trimarchi15, “è possibile che nel procedimento, possa realizzarsi il necessario equilibrio tra gli interessi e che l’interesse del singolo trovi adeguata soddisfazione e che ciò risulti formalizzato in atto unilaterale o in un atto sostitutivo. In questa ipotesi e data l’adesione preventiva al provvedimento o, addirittura, il concorso al suo farsi, il privato o l’ente, non hanno, di norma, interesse a ricorrere al giudice”.

Anche la giurisprudenza si è accorta dell’importanza dello strumento partecipativo anche per l’efficienza della pubblica amministrazione, come si evince anche dalla pronuncia del T.A.R. Liguria Sez. II, 28/01/1997, n. 14 secondo cui “l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento ai soggetti interessati si fonda sull'esigenza di porre i destinatari dell'azione amministrativa in grado di far conoscere il proprio punto di vista all'amministrazione, al fine di permettere a quest'ultima, nei procedimenti inerenti ad attività discrezionali, di meglio effettuare - una volta conosciute le ragioni esposte dall'interessato - una ponderata comparazione degli interessi coinvolti, e quindi di consentire alla p.a. una più efficace valutazione circa la migliore soddisfazione dell'interesse pubblico principale a fronte degli interessi, pubblici e privati eventualmente coesistenti, e comunque, nei procedimenti destinati a sfociare in atti vincolati, al fine di permettere all'autorità emanante di chiarire preventivamente in contraddittorio con l'interessato, i fatti e le questioni rilevanti da porre a fondamento del futuro provvedimento, evitando in tal modo di incorrere, all'atto dell'adozione del provvedimento finale,

provvedimenti che più facilmente il privato accetterà, con notevole

diminuzione delle controversie davanti ai giudici”.

15 F. Trimarchi, op. cit., pag. 411.

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in travisamenti e/o violazioni di legge, pervenendosi in ogni caso al risultato di limitare i ricorsi al giudice.”

Non a caso, come fa notare qualche autore, in altri Stati europei, la legge del procedimento è molto risalente (in Austria ad esempio è del 1912), proprio per assicurare già da allora una tale efficienza16.

Un tale ultimo requisito si valorizza già dal semplice fatto che il privato potrà far valere un eventuale errore commesso dall’amministrazione, in modo da risolverlo senza grandi perdite di tempo di energia, così assicurando il maggior perseguimento dell’interesse pubblico.

Come fa notare R. Galli17 “emerge la volontà di improntare l’azione dei pubblici poteri a regole di carattere imprenditoriale che consentono il raggiungimento dell’obiettivo prefissato attraverso lo snellimento e l’accelerazione dell’iter procedimentale”.

Anche il principio di imparzialità risulta tra quelli affermati dalla legge sul procedimento, in quanto non potrebbe mai essere efficiente un’amministrazione piegata ad interessi privati, che non contemperi gli interessi in gioco in maniera adeguata e che quindi risulti parziale.

Un tale principio ha una connotazione negativa, intesa come divieto di discriminazione ed un’altra positiva, intesa come necessità di contemperare tutti gli interessi in gioco, senza trascurarne alcuno.

16 Si legge, infatti, in F. Benvenuti, L’impatto del procedimento, op.

cit. pag. 4384 che “lo scopo perseguito dalla legislazione austriaca, conforme al genio di quel governo, era quello di porre ordine nella attività della amministrazione consentendo di anticipare al momento del procedimento la maggior parte delle controversie che potessero sorgere con gli interessati, così da rendere l’amministrazione più consapevole dei problemi dei sudditi e, al tempo stesso, rendere più corretta la sua azione; evitando, in definitiva, di portare avanti ai giudici questioni che potevano essere risolte prima, con vantaggio della efficienza e della economicità dell’agire amministrativo, come si direbbe ai nostri tempi”.

17 R. Galli, Nuovo corso di diritto amministrativo, Cedam, pag. 545

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Ma l’imparzialità deve manifestarsi, secondo parte della dottrina, anche nei confronti del medesimo interesse di cui l’amministrazione risulta portatrice. Infatti, come fa notare G. Barone18, “l’amministrazione che emana un provvedimento dopo aver acquisito la valutazione degli interessati in ordine ai risultati dell’istruttoria è veramente un’amministrazione imparziale, ma non imparziale soltanto nei confronti dei destinatari degli atti, ma imparziale nel senso che tende a non sopravvalutare il suo stesso interesse, rispetto a quello dei cittadini, cui i suoi atti si dirigono”.

L’art. 1 richiama tra i principi del procedimento amministrativo, anche quelli comunitari. La maggior parte di tali principi risultano già recepiti nel nostro ordinamento, come ad esempio per il principio di legalità, di trasparenza e di non discriminazione; ma vi sono anche altri principi che, sorti nell’ambito del diritto comunitario, devono avere applicazione anche nel nostro ordinamento.

Tra tali principi non può dimenticarsi il principio di proporzionalità, in forza del quale l’attività amministrativa deve essere posta in essere con il mezzo più idoneo allo scopo e proporzionato allo scopo da raggiungere, assicurando il minor sacrificio possibile degli interessi in gioco.

Ed infatti, come si legge nella pronuncia del Cons. Stato Sez. V, 20/02/2017, n. 746 “il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (…).Alla luce del principio di proporzionalità, nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il

18 G. Barone, La trasparenza amministrativa tra esigenze di tutela e controllo democratico, in Studi in onore di Feliciano Benvenuti, vol. I, pag. 220.

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minor sacrificio possibile; in questo senso, il principio de quo rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi”.19

Un tale principio, anche se oggi si fa rientrare tra i principi di diritto comunitario, in realtà era già stato affermato da Romagnosi20, secondo cui “la seconda regola pratica direttrice dell’amministrazione pubblica è far prevalere la cosa pubblica alla privata entro i limiti della vera necessità.

Ciò è sinonimo di far prevalere la cosa pubblica alla privata col minimo possibile sacrificio della proprietà privata e libertà.”

Il principio di proporzionalità, quindi, serve a contemperare il mezzo con il fine utilizzato, per poter ricercare e trovare la giusta misura del potere che non deve mai strafare, ma

19 In materia di appalti si legga Cons. Stato. 9/17 secondo cui “i bandi di gara possono prevedere requisiti di capacità particolarmente rigorosi, purché non siano discriminanti e abnormi rispetto alle regole proprie del settore, giacché rientra nella discrezionalità dell'Amministrazione aggiudicatrice di fissare requisiti di partecipazione ad una singola gara anche molto rigorosi e superiori a quelli previsti dalla legge. Il che in punto di adeguatezza corrisponde a un corretto uso del principio di proporzionalità nell'azione amministrativa: le credenziali e le qualificazioni pregresse debbono infatti - ai fini dell'efficiente risultato del contratto e dunque dell'interesse alla buona amministrazione mediante una tale esternalizzazione - essere attentamente congrue rispetto all'oggetto del contratto. Sicché tanto più questo è particolare, tanto più il livello dei requisiti da richiedere in concreto deve essere particolare.

Errerebbe l'amministrazione pubblica che, non facendosi carico di un tale criterio di corrispondenza, aprisse incautamente la via dell'aggiudicazione a chi non dimostri inerenti particolari esperienze e capacità. Naturalmente, sempre in ragione del criterio dell'adeguatezza, stavolta congiunto a quello della necessarietà, tali particolari requisiti vanno parametrati all'oggetto complessivo del contratto di appalto ed essere riferiti alle sue specifiche peculiarità, al fine di valutarne la corrispondenza effettiva e concreta alla gara medesima, specie con riferimento a quei requisiti che esprimono la capacità tecnica dei concorrenti.”

20 Romagnosi, I principi fondamentali di diritto amministrativo onde tesserne le istituzioni, Prato, 1835, pag. 15 e ss.

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deve sempre essere adeguato alle circostanze, in modo da contemperare l’interesse pubblico con quello privato al meglio.

Anche il principio di precauzione rientra tra i principi che il nostro ordinamento ha recepito dal diritto comunitario; in forza di tale principio le amministrazioni devono adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi anche sugli eventuali interessi economici.

Il principio in questione viene spesso in rilievo proprio con riferimento alla tutela dell’ambiente, in quanto, nel dubbio, si vuole privilegiare un comportamento che tenda ad evitare il “rischio ambientale”. Ed infatti, si legge nella pronuncia del T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, 02/02/2017, n. 153 che “il principio di precauzione permea di per se il diritto europeo e nazionale in materia di protezione ambientale e fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell'applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione”.21

21 Si legga anche la pronuncia del T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 21/06/2016, n. 1222 secondo cui “in tema di procedura di caratterizzazione e analisi di rischio (finalizzate a individuare le soluzioni più idonee per procedere alla bonifica e al ripristino ambientale di un sito) si giustifica un approccio cautelativo e rigoroso nell’impostazione delle indagini di carattere ambientale, visto che, in ossequio ai principi di precauzione e prevenzione, la sussistenza di incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone non impedisce (anzi, in alcuni casi, impone) l’adozione di misure di protezione o di cautela, senza necessità di una piena dimostrazione di effettiva esistenza e gravità dei rischi”.

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1.1. Le fasi del procedimento

Il procedimento amministrativo si apre con un’istanza del privato ovvero d’ufficio.

Se gli atti di iniziativa d’ufficio possono avere la forma più diversa e non si prestano ad una facile catalogazione, gli atti di iniziativa privata sono disciplinati dalla legge sia nella forma sia nel loro contenuto.

Con riferimento al contenuto, gli atti di iniziativa d’ufficio possono provenire anche da amministrazioni diverse da quella procedente ed in tal caso possono assumere il valore di mere richieste ovvero di vere e proprie proposte.

Nel primo caso, l’amministrazione sollecita un’altra amministrazione in quanto richiede l’emanazione di un qualunque provvedimento; nel secondo caso, invece, sollecita l’emanazione di un provvedimento con uno specifico contenuto.

A seguito di un atto di iniziativa l’amministrazione deve aprire il procedimento. Se però l’iniziativa spetta all’ufficio e non al privato, nel caso in cui sia il privato a sollecitare l’apertura del procedimento, l’amministrazione deve sempre verificare la sussistenza dei presupposti per procedere. Ragionando diversamente, infatti, si permetterebbe a qualunque privato di far avviare un procedimento anche in assenza di presupposti, in contrasto con l’efficienza e l’economicità dell’attività amministrativa.

Successivamente all’atto di iniziativa, viene nominato un responsabile del procedimento; inizia così la fase istruttoria, nella quale l’amministrazione valuta e pondera i diversi interessi in gioco, esamina i fatti e quegli elementi utili al fine di decidere.

L’istruttoria si può concludere con un provvedimento amministrativo, con un accordo ovvero con un’ipotesi di silenzio significativo.

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1.2. La ricerca del consenso

Ai sensi dell’art. 1 bis della l. 241/90 “la pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.” Il legislatore ha voluto espressamente prevedere la possibilità per l’amministrazione di agire con i moduli convenzionali, in luogo di quelli provvedimentali, con ciò affermando a chiare lettere che anche l’amministrazione gode di una capacità generica di diritto privato.

Ed infatti, proprio con l’introduzione di tale comma, ad opera della l. 15/05, viene generalizzato il ricorso agli accordi sostitutivi ex art. 11 della l. 241/90, proprio ad individuare la volontà del legislatore di riconoscere una equivalenza tra provvedimento e accordo.

Chiaramente non muta il fine che l’amministrazione deve perseguire che è sempre quello pubblicistico o comunque di contemperamento tra gli interessi in gioco, ma la ricerca di un consenso, di un accordo con il privato, permette di contemperare al meglio gli interessi in gioco, evitando anche i futuri contenziosi.

Come fatto notare in dottrina, già con la previsione del 1990 degli accordi, ancora limitati a quella data ai casi previsti dalla legge, comunque si assicurava una

“equiparazione tra atto amministrativo e modelli convenzionali o accordi che, in quanto sostitutivi del primo e con esso intercambiabili, svincolando l’interesse legittimo da momenti autoritativi, gli conferiscono una diversa e più paritaria dimensione”22.

22 F. Trimarchi, op. cit., pag. 414

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C

APITOLO

S

ECONDO

I

L RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO Sommario 2. Definizione - 2.1. I compiti del responsabile

2. Definizione

Dominus del procedimento amministrativo è il responsabile dello stesso.

Oggi la l. 241/90 prevede come obbligatoria la nomina di tale figura, prima prevista solo da alcune normative di settore.

In tal modo il privato cittadino ha un soggetto ben individuato cui può rivolgersi nello svolgersi del procedimento.

Lo scopo del legislatore era quello di assicurare “una maggiore trasparenza e un migliore funzionamento dell'apparato amministrativo, nonostante la frammentazione delle competenze, e un rapporto collaborativo fra Amministrazione e amministrati”23.

Il responsabile, infatti, assume il compito di vigilare sul procedimento amministrativo, gestendo le sue varie fasi, e rappresentando il punto di riferimento del cittadino, in omaggio ai principi di trasparenza e pubblicità24.

23 Ferrari G., Il responsabile del procedimento amministrativo e il titolare del potere sostitutivo,in Foro Amm. Tar, fasc. 1, 2013, pag.

351

24 Come sostenuto da R. Galli – D. Galli, in Nuovo Corso di diritto amministrativo, Cedam, 2016 pagg. 601 e ss. , “gli artt. 4 e ss. l.

241/90, consacrando la figura del responsabile del procedimento espressione della cd. personalizzazione dell’interlocutore pubblico, costituiscono chiaro inveramento dei principi di efficienza, efficacia, economicità e responsabilità dell’azione amministrativa, consentendo di individuare, in ogni procedimento, un centro di imputazione di poteri e responsabilità certo, titolare di una competenza “aperta” di

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Come sosteneva F. Benvenuti25 “è questa una figura che assume grande rilevanza nell’ambito del procedimento e ciò per due concorrenti ragioni: in primo luogo perché essa esteriorizza la struttura interna dell’Amministrazione e la pone direttamente e personalmente in contatto con i terzi, cessando così quella impersonalità o incertezza del soggetto con cui trattare che esisteva nel precedente ordinamento. E, correlativamente, tale figura assume su di sé direttamente e personalmente, ogni responsabilità relativa alla conduzione del procedimento”.

L’art. 4 della l. 241/90 prevede che le Pubbliche amministrazioni individuino per ciascun procedimento l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e poi, ai sensi dell’art. 5 della suddetta legge, al suo interno il dirigente assegnerà a sé o ad altri la responsabilità di quel determinato procedimento.

Il responsabile del procedimento, quindi, viene scelto all’interno dell’unità organizzativa di ogni pubblica amministrazione.

In mancanza di una sua indicazione da parte del dirigente preposto a quell’unità, ne deriverà che il procedimento verrà attribuito al titolare dell’ufficio. In tal senso si legga Tar Campania 101/14, secondo cui “la mancata indicazione del responsabile del procedimento, nel provvedimento amministrativo, costituisce, al più, una mera irregolarità che non ha alcuna refluenza sulla legittimità del provvedimento stesso; tale omissione non comporta l'invalidità dell'atto, ma implica soltanto che il funzionario preposto all'unità organizzativa è considerato responsabile del singolo procedimento, ai sensi dell'art. 5 l. n. 241/1990.”

Il responsabile quale dominus del procedimento assumerà la responsabilità nei confronti di terzi per eventuali

impulso, di direzione e di coordinamento dell’istruttoria

procedimentale”.

25 F. Benvenuti, Disegno dell’Amministrazione Italiana, linee positive e prospettive, Cedam, 1996, pag. 215.

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omissioni o ritardi, sia sul piano civile e amministrativo che su quello penale.

Particolare valore acquista l’indicazione del responsabile del procedimento nell’ambito degli atti dei concessionari della riscossione.

Ed infatti, già sotto la vigenza della legge 212/00 ci si chiedeva in giurisprudenza se la mancata indicazione del responsabile del procedimento potesse costituire un vizio di nullità del provvedimento emesso.

Tale legge infatti introduceva tale obbligo, ma non ne prevedeva la sanzione.

La giurisprudenza, quindi, si era suddivisa in due orientamenti; vi era chi riteneva che l’indicazione del responsabile del procedimento obbedisse a principi di trasparenza e di garanzia di tutela, e chi invece riteneva che stante l’assenza di qualunque riferimento ad una sanzione espressa, non dovesse applicarsi il vizio della nullità.

Sul punto è intervenuto il legislatore, con l’art. 36 comma 4 ter del d.l. 248/07 stabilendo espressamente la nullità per i ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dall’1 giugno 2008 in caso di mancata indicazione del responsabile del procedimento26.

Come visto sopra, invece, in genere, la mancata indicazione del responsabile del procedimento non determina alcuna invalidità, costituendo una mera irregolarità, in quanto, ai sensi dell’art. 5 della l. 241/90 si considererà responsabile il soggetto preposto alla competente unità organizzativa.

26 La suddetta norma è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza 58/09 in quanto non lesiva del principio di uguaglianza in quanto prevede un vizio grave solo per il futuro non applicandosi alle fattispecie precedenti, potendo il legislatore aggravare le conseguenze negative di un determinato atto.

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2.1. I compiti del responsabile

I compiti del responsabile del procedimento sono indicati all’art. 6 della l. 241/90.

Volendo esemplificare, allo stesso spettano tutti i compiti di impulso, direzione e coordinamento dell’istruttoria. Si legga sul punto la sentenza del Consiglio di Stato, 2941/12 secondo cui “il responsabile del procedimento amministrativo ha come compito essenziale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 e 6 della legge n. 241 del 1990, l'accertamento dei fatti disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari. La legge affida, pertanto, all'apprezzamento della menzionata figura il compito di individuare i mezzi istruttori più idonei per l'accertamento dei fatti da porre a fondamento del provvedimento conclusivo”.

Si ritiene che l’elencazione effettuata dalla legge dei compiti affidati al responsabile del procedimento non sia tassativa, potendo questi compiere ogni atto che ritiene utile al fine di fornire un quadro completo della situazione di fatto che permetterà poi l’emanazione del provvedimento finale.

Particolare valore assume l’attività istruttoria che viene affidata al responsabile del procedimento; lo stesso, infatti, dovrà compiere tutte quelle attività necessarie rivolte all’acquisizione di documentazione e pareri, anche tramite un’eventuale indizione della conferenza di servizi.

Il responsabile del procedimento può altresì chiedere al privato il rilascio di dichiarazioni o la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete.

Tale articolo di legge, solitamente noto come soccorso istruttorio, è ispirato alla collaborazione tra privato e pubblica amministrazione, e vuole assicurare l’efficienza di quest’ultima, tutte le volte in cui il responsabile ravvisi delle mere irregolarità nella presentazione documentale del privato, per cui apparirebbe antieconomico giungere al rigetto del provvedimento per insufficienza della

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documentazione, essendo più conferente all’interesse pubblico permettere al responsabile di richiedere l’integrazione documentale.

L’art. 6, comma 1, lettera b), L. 7 agosto 1990, n. 241 onera, quindi, il responsabile dell’istruttoria del compito di richiedere l’integrazione della documentazione che risulti, sì, incompleta, ma per la quale emerga altresì con chiarezza l’agevole possibilità di procedere al suo perfezionamento

La giurisprudenza ha chiarito, però, che tale compito di regolarizzazione è limitato ai casi in cui la documentazione sia incompleta e non quando sia assente del tutto.

Si legga, infatti, la sentenza del T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, 12/02/2015, n. 560 secondo cui “l'istituto del c.d. soccorso istruttorio è previsto in via generale dall'art. 6 lett. b), L. 7 agosto 1990 n. 241; il dovere di soccorso istruttorio, in base al quale l'amministrazione può invitare il privato a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, è subordinato alla sola esistenza in atti di dichiarazioni che siano state effettivamente rese, ancorché non in modo pienamente intellegibile o senza il rispetto dei requisiti formali. Viceversa, tale soccorso non può operare in presenza di dichiarazioni non già semplicemente incomplete, ma del tutto omesse, in quanto in tal modo l'amministrazione, lungi dal supplire ad una mera incompletezza documentale, andrebbe sostanzialmente a formare il contenuto di un'istanza”.27

27 Allo stesso modo si legga anche T.A.R. Puglia Bari Sez. I, 02/09/2014, n. 1046 secondo cui “la presentazione da parte del candidato, entro il termine perentorio previsto dal bando di concorso, di documentazione inidonea quale certificazione, ma tale da costituire un principio di prova relativa al possesso del requisito richiesto, costituisce una mera irregolarità documentale, sanabile ai sensi dell'art. 6, lett. b) legge n. 241 del 1990 (laddove è previsto che le dichiarazioni o istanze erronee o incomplete possano essere sostituite o rettificate, con il potere di ordinare, altresì, esibizioni documentali).”

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La disciplina del soccorso istruttorio è venuta in rilievo anche con riferimento alla presentazione delle domande in via telematica, per le quali la giurisprudenza ha applicato i medesimi principi di cui sopra, imponendo, quindi, al responsabile del procedimento, in un’ottica di collaborazione, l’onere di richiedere la documentazione integrativa anche in caso di discordanza tra la domanda cartacea e quella telematica, ovvero in caso di incongruità all’interno della stessa domanda telematica. Ed infatti, si legge nella pronuncia del T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 09/02/2017, n. 144 che “nell'ipotesi di discordanza nelle dichiarazioni presentate a corredo della domanda di partecipazione al concorso, tra quelle fatte pervenire tramite compilazione on-line del "form" predisposto nel sito web dell'Amministrazione e quelle contenute nella domanda presentata per iscritto e fatta arrivare per posta, l'Amministrazione, in base al principio di soccorso istruttorio, è tenuta a chiedere o accertare quale dei due dati discordanti dichiarati sia quello vero. Tale regola, applicata al caso della discordanza tra i dati della domanda telematica e quelli della domanda cartacea, deve ritenersi valevole, altresì, per l'ipotesi della discordanza tra i dati contenuti all'interno di una stessa domanda redatta con l'(obbligatorio) modello telematico”.

L’esigenza di limitare il potere di regolarizzazione da parte della pubblica amministrazione è particolarmente avvertito in materia di concorsi pubblici, dovendosi tutelare anche la par condicio tra i partecipanti al concorso; a tal fine, infatti, la giurisprudenza distingue l’attività di regolarizzazione da quella di integrazione e le rettifiche prettamente formali da quelle sostanziali.

Si legga sul punto la sentenza del T.A.R. Lazio Roma Sez.

II quater, 03/03/2014, n. 2454 secondo cui “le norme dell'articolo 6 della legge n. 241 del 1990 e dell'art. 43 del d.p.r. 445 del 2000, che attribuiscono all'amministrazione poteri di acquisizione di atti e di rettifica delle domande, sono interpretate dalla giurisprudenza restrittivamente

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rispetto alle procedure concorsuali, che sono improntate al principio della par condicio tra tutti i partecipanti alla procedura. Nei concorsi a pubblici impieghi, il bilanciamento tra il dovere della p.a. di provvedere alla regolarizzazione della documentazione presentata dai candidati ed il principio della par condicio tra i partecipanti va ricercato nella distinzione del concetto di regolarizzazione da quello di integrazione documentale.

Quest'ultima non è mai consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di pari trattamento tra i concorrenti, mentre alla regolarizzazione documentale la p.a. è sempre tenuta in forza del principio generale ricavabile dall'art. 6 comma 1 lett. b), l. 7 agosto 1990, n.

241. Il "dovere di soccorso istruttorio", in base al quale le Amministrazioni possono invitare i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, è comunque subordinato, oltre che al rispetto di detti limiti, alla esistenza in atti di dichiarazioni che siano state effettivamente rese, ancorché non in modo pienamente intellegibile o senza il rispetto dei requisiti formali.”28

Allo stesso modo, in caso di inadempienze prettamente formali, viene ritenuta eccessiva l’esclusione, spettando all’amministrazione il compito di richiedere l’integrazione o la correzione della documentazione, come si evince dalla pronuncia del T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, 06/06/2016, n. 483 secondo cui “la combinazione del principio di

28 In tal senso anche T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, 09/06/2016, n.

483 secondo cui “nei concorsi a pubblici impieghi il bilanciamento tra il dovere dell’Amministrazione di provvedere alla regolarizzazione della documentazione presentata dai candidati ed il principio della par condicio tra i partecipanti va ricercato nella distinzione del concetto di regolarizzazione da quello di integrazione documentale;

quest’ultima non è mai consentita risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di pari trattamento tra i concorrenti, mentre alla regolarizzazione documentale l’Amministrazione è sempre tenuta in forza del principio generale ricavabile dall’art. 6, comma 1, lett. b), della Legge n. 241 del 1990.”

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proporzionalità con quello di leale collaborazione determinano che l’esclusione da una procedura amministrativa per motivi di carattere squisitamente formale deve costituire l’eccezione e non la regola imponendo l’art. 6 Legge n. 241 del 1990, in tal caso, l'esercizio del dovere di soccorso istruttorio.”

Non viene ritenuta sanabile tramite il soccorso istruttorio, ad esempio, attenendo a profili non meramente formali, la mancanza dell’originale della sottoscrizione in una domanda per un concorso pubblico, come si evince dalla pronuncia del Cons. Stato Sez. IV, 24/08/2016, n. 3685 secondo cui “nei pubblici concorsi la necessità di presentare la domanda di partecipazione con sottoscrizione in originale non è solo frutto di una regola destinata a tutelare la parità tra i concorrenti alla selezione ma è anche coerente, in termini più generali, con il principio di autoresponsabilità atteso che in forza di detto principio, le conseguenze della non conformità della dichiarazione al modello fissato a pena di esclusione dall’Amministrazione ricadono inevitabilmente sul dichiarante; né in questo caso può invocarsi il soccorso istruttorio trattandosi di istituto che può operare solo in presenza di profili di incompletezza o di lacunosità della documentazione sanabili con l’attività, per così dire, di supplenza del responsabile del procedimento, ai sensi dell’art. 6 L. 7 agosto 1990 n. 241”.

Allo stesso modo, la pronuncia del Cons. Stato Sez. III, 04/10/2016, n. 4081 ha ritenuto non invocabile la disciplina del soccorso istruttorio “dal candidato ad un pubblico concorso incorso in una sia pure incolpevole mancata indicazione di un titolo, già per un elementare e certo non sproporzionato principio di autoresponsabilità in materia, prima ancora che per il rispetto della par condicio tra i candidati e dei principi di efficienza e di efficacia dell’azione amministrativa”.

Può essere affidato al responsabile anche il compito di emettere il provvedimento finale, ma tale ultima

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competenza di regola è rimessa al responsabile dell’ufficio, il quale se da un lato può affidare al responsabile del procedimento l’istruttoria procedimentale ed il compito di emettere anche il provvedimento finale, può sempre mantenere in capo a sé tale ultimo incombente29.

La legge sul procedimento (art. 6) espressamente prevede che l’organo competente ad emettere il provvedimento finale, comunque, non possa discostarsi immotivatamente dalle risultanze dell’istruttoria.

Si legga, infatti, quanto statuito da Cons. Stato Sez. IV, 10/07/2014, n. 3518 secondo cui “il sistema del procedimento amministrativo, a maggior ragione dopo la modifica dell'art. 6 della legge n. 241/1990 ad opera dell'art. 4, L. 11 febbraio 2005, n. 15, valorizza il raccorda tra momento istruttorio e quello decisionale, tanto da imporre l'onere motivazionale in capo all'organo

"competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento" nel caso in cui si discosti "dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento".

Ed infatti, se si permettesse all’organo competente all’emissione del provvedimento finale di discostarsi in maniera immotivata dalle risultanze del procedimento, si vanificherebbero tutte quelle esigenze di garanzia e tutela che la legge assicura al privato, nonché gli sforzi del legislatore nel potenziare il procedimento amministrativo.30

29 Si legga quanto sostenuto da T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, 08/07/2002, n. 1961 secondo cui “in forza dell'art. 4, l. 7 agosto 1990 n. 241, è legittimo far coincidere nella stessa persona fisica la competenza istruttoria e quella di adottare il provvedimento finale;

persona che può essere tanto il responsabile del procedimento, ossia il funzionario dell'unità organizzativa cui è stato assegnato il procedimento dal dirigente, quanto il dirigente che abbia assegnato a sé medesimo il procedimento in questione.”

30 Si legge, infatti, in R. Galli – D. Galli, op. cit., pag. 603 che “la norma si pone, inoltre, a presidio dell’assetto di interessi configurato dall’apporto partecipativo del privato, tendendo ad evitare che la

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Se quest’ultimo, infatti, è la sede privilegiata dove raccogliere ed analizzare i vari interessi in gioco, pubblici e privati, al fine di perseguire al meglio l’interesse pubblico, un provvedimento finale che immotivatamente non tenesse conto delle risultanze dell’istruttoria, non risulterebbe neanche confacente all’interesse pubblico perseguito.

Si rischierebbe, nuovamente, di sconfinare in figure di arbitrio perpetrate dai soggetti preposti dall’amministrazione all’emanazione del provvedimento finale, con vanificazione di qualunque garanzia posta in capo al cittadino.

Dalla democraticità del procedimento si ritornerebbe alla sovranità dell’amministrazione, dalla partecipazione e trasparenza si ritornerebbe all’unilateralità e all’imperio.

E tutto ciò oggi non può più ritenersi ammissibile.

Del resto già prima del 2005 la giurisprudenza riteneva che nel caso in cui il provvedimento finale non tenesse conto dei risultati dell’istruttoria, si era davanti ad un’ipotesi di eccesso di potere. Con l’introduzione espressa di una previsione legislativa, oggi tale vizio è confluito nella violazione di legge.

L'art. 1, comma 41, L. 6 novembre 2012, n. 190 ha introdotto all’interno della l. 241/90 l’art. 6 bis che prevede che il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

La norma impone chiaramente a tutti i soggetti che a qualunque titolo intervengono nel procedimento amministrativo (formulando pareri, valutazioni tecniche e atti endoprocedimentali o adottando il provvedimento finale) di astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

dialettica procedimentale privato-amministrazione sia vanificata per

effetto di scelte dirigenziali “immotivate”.

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Come sottolineato dalla pronuncia del T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 24/03/2016, n. 1564 “il Legislatore ha coniato un canone di generale applicazione che postula ineludibili esigenze di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento; l’alveo applicativo di tale principio va ricondotto alle determinazioni dal contenuto discrezionale, che implicano apprezzamenti di stampo soggettivo che ben possono, anche solo in astratto, essere condizionati dal fatto che chi concorre all’adozione dell’atto versa nella vicenda un interesse personale.”

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(38)

C

APITOLO

T

ERZO

L

E GARANZIE PARTECIPATIVE

Sommario 3. La partecipazione del privato – 3.1. La comunicazione di avvio del procedimento – 3.2. Le deroghe legislative – 3.3. Le deroghe giurisprudenziali – 3.4. I poteri del partecipante – 3.5. L’art. 10 bis l. 241/90

3. La partecipazione del privato

Come detto sopra, la legge 241/90 e le sue successive riforme hanno potenziato la figura del privato all’interno del procedimento amministrativo, precedentemente terreno esclusivo dell’amministrazione pubblica, oggi centro di esame dei differenti interessi, pubblici e privati.

Per tale ragione, il privato ha diritto di partecipare al suddetto procedimento, facendo confluire al suo interno le sue ragioni ed i suoi interessi.

Tale garanzia partecipativa ha acquistato particolare valore, poiché la sua mancanza può anche dar luogo all’invalidità del provvedimento finale.

Non vi è dubbio che tale modifica è frutto del mutato valore dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, in un’ottica sempre più di collaborazione e di rapporto paritario. L’amministrazione viene vista non più come un organo superiore ed autoritario rispetto al privato, ma viene posta in un rapporto alla pari con quest’ultimo; entrambi collaborano per il raggiungimento dell’interesse pubblico, sacrificando il meno possibile gli altri interessi differenti e concorrenti, tra cui vi possono essere quelli privati.

Il baricentro dell’azione amministrativa non è più il provvedimento, che risultava per il privato un “qualcosa caduto dall’alto”, ma diviene il procedimento, come luogo in cui si attua quella pubblicità e trasparenza dell’azione

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amministrativa voluta dalla legge 241/90 e diretta applicazione dell’art. 97 cost..

Viene così attuata definitivamente quella democrazia procedimentale31, voluta fortemente dalla dottrina più attenta, assicurando il contraddittorio tra privato e pubblica amministrazione, in modo da poter sempre assicurare effettività al principio del giusto procedimento32.

La partecipazione del privato al procedimento amministrativo, tramite strumenti dettati ad hoc dal legislatore, assicura tali principi, in quanto permette a quest’ultimo di “far entrare” all’interno del procedimento i suoi interessi, la sua visione, le sue ragioni: il privato diventa parte necessaria del procedimento amministrativo.

3.1. La comunicazione di avvio del procedimento

La comunicazione di avvio del procedimento rappresenta il primo atto in cui si estrinseca tale nuova visione del procedimento amministrativo.

Con tale atto l’amministrazione mette a conoscenza del privato che esiste un procedimento amministrativo che riguarda e coinvolgerà i suoi interessi.

Il procedimento amministrativo così si apre al cittadino, assicurando quella trasparenza e pubblicità e contrapponendosi a quella segretezza che dominava prima della legge del 1990.

Il privato messo a conoscenza dell’esistenza di un procedimento amministrativo, avrà la possibilità di interferire con questo, producendo memorie, documenti ed

31 Si legge, infatti, in F. Benvenuti,op. cit. pag. 234 che “la partecipazione procedimentale è, dunque, l’ultimo degli elementi della democratizzazione del nostro Stato, e al tempo stesso è la definitiva consacrazione de cittadino come membro attivo della società politica”.

32 Il suddetto principio è stato ritenuto dalla Corte Costituzionale un criterio di orientamento per il legislatore e l’interprete (Corte. Cost.

57/95).

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osservazioni, che l’amministrazione avrà l’obbligo valutare, anche se in maniera non necessariamente analitica e dettagliata, potendo limitarsi a fornire una motivazione che specifichi le ragioni del mancato accoglimento delle richieste del privato. Ma l’amministrazione non potrà ignorare quanto prodotto o richiesto dal privato, dovendo comunque motivare sulle ragioni del suo diniego.

La partecipazione del privato, quindi, assicura, oltre che la trasparenza del procedimento, anche la sua efficienza, in quanto valutando tutti gli interessi in gioco, anche quelli privati, l’amministrazione sarà in grado di perseguire al meglio l’interesse pubblico, sacrificando il meno possibile le esigenze del soggetto privato33.

Si legge in Ad. Plen. 14/1999 che “l'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, che pone l'obbligo della comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, ha innestato nell'attività amministrativa un elemento di riqualificazione di grande rilievo civile, consistente nell'introduzione nel procedimento amministrativo della cultura della dialettica processuale, per cui alla prassi della definizione unilaterale del pubblico interesse, oggetto, nei confronti dei destinatari di provvedimenti restrittivi, di un riserbo "ad excludendum" già ostilmente preordinato a rendere impossibile o sommamente difficile la tutela giurisdizionale, è subentrato il sistema della democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire.”

33 Si legge in F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, Giuffrè editore, III edizione, pag. 1437 che “è evidente la rilevanza che tale istituto riveste ai fini di una reale trasparenza e democratizzazione dell’azione amministrativa in quanto l’intervento del privato fin dalle fasi iniziali del procedimento consente la realizzazione di un’istruttoria partecipata”.

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