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5. Definizione

6.5. Deroghe

L’art. 24 della l. 241/90 individua i casi in cui non opera il diritto di accesso. Tale articolo contiene un’elencazione tassativa di tali casi, rinviando tra l’altro ad un regolamento per individuare gli ulteriori casi di esclusione del diritto di accesso, in relazione ad interessi determinati, quali la sicurezza nazionale, la politica monetaria e valutaria, l’ordine pubblico e la riservatezza. La legge però specifica espressamente che deve sempre essere garantito l’accesso anche in tali casi, qualora venga in rilievo il diritto di difesa dell’istante.

In particolare, il diritto di accesso che qualunque cittadino, sussistendone i presupposti può esercitare, può scontrarsi con il diritto alla riservatezza di alcuni dati che il suo

titolare, che assumerà la veste di controinteressato140, può avere interesse a mantenere segreti.

In tali casi si ritiene si debba effettuare un bilanciamento di interessi tra l’interesse dell’istante ad ottenere i dati e quello alla riservatezza opposto dal soggetto che non vuole farli conoscere.

Tale bilanciamento dipende dal tipo di dati che vengono in rilievo, dovendosi distinguere tra dati sensibili e dati sensibilissimi141.

In particolare, per quanto riguarda i primi e quelli giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile, mentre per quanto riguarda i dati sensibilissimi, vale a dire quelli relativi allo stato di salute o alla vita sessuale, è necessario che la situazione che si intende tutelare con la richiesta di accesso sia di rango almeno pari ai diritti dell’interessato o consista in un diritto della personalità o altro diritto fondamentale. In tal senso si legga Consiglio di Stato 2472/14 secondo cui “la modifica della legge n. 241 del 1990, operata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, ha codificato la prevalenza del diritto di accesso agli atti amministrativi e considerato recessivo l'interesse alla riservatezza dei terzi, quando l'accesso sia esercitato prospettando l'esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante. L'equilibrio tra accesso e privacy è dato dal combinato disposto degli artt. 59 e 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (c.d. Codice della privacy) e delle norme di cui alla legge n. 241 del 1990. La disciplina che ne deriva delinea tre livelli di protezione dei

140 Il Consiglio di Stato nella sentenza 1065/13 ha precisato che “per controinteressati, in materia d'accesso ai documenti amministrativi, si devono intendere tutti coloro i quali non tanto sono nominati, o coinvolti, nel documento che incorpora le informazioni cui si vuole accedere, quanto, piuttosto, potrebbero vedere pregiudicato il loro diritto alla riservatezza, la qual cosa è un quid pluris rispetto alla mera circostanza d'esser, o no chiamati in causa in tal documento”

141 Nessun problema di tutela si pone per i cd. dati comuni, per i quali, stante l’assenza di una disciplina espressa, si applicherà la disciplina generale di cui all’art. 22 e ss. l. 241/90.

dati dei terzi, cui corrispondono tre gradi di intensità della situazione giuridica che il richiedente intende tutelare con la richiesta di accesso: nel più elevato si richiede la necessità di una situazione di "pari rango" rispetto a quello dei dati richiesti; a livello inferiore si richiede la "stretta indispensabilità" e, infine, la "necessità". In tutti e tre i casi, quindi, l'istanza di accesso deve essere motivata in modo ben più rigoroso rispetto alla richiesta di documenti che attengono al solo richiedente”.

Quindi qualora vengano in rilievo dati sensibili di terze persone, l’istante dovrà provare che l’accesso risulta indispensabile in relazione alla posizione giuridica da tutelare e sarà compito dell’autorità amministrativa prima, e di quella giudiziaria dopo, verificare la sussistenza sia di tale indispensabilità sia dell’interesse dell’istante. Inoltre, l’autorità amministrativa potrà anche individuare particolari modalità di accesso al fine di contemperare le due esigenze in conflitto.

Nel caso di dati sensibilissimi l’istante, invece, dovrà fornire la prova di dover tutelare con l’accesso un diritto di rango almeno pari a quello che si vuole sacrificare, e sarà l’amministrazione a dover valutare la sussistenza di un tale diritto.

Il problema del diritto di accesso si è posto in relazione alle cartelle cliniche, le quali rientrano nel concetto di documento amministrativo redatte nello svolgimento di un’attività di pubblico interesse, quale quella rivolta alla cura e alla salute del cittadino.

I dati contenuti in tali cartelle sono sicuramente dati sensibilissimi, per cui non ne è ammessa un’immediata estensibilità, dovendosi provare l’esistenza di un diritto che l’istante vanta che sia di grado pari a quello sacrificato.

Viene ammesso dalla giurisprudenza, ad esempio, il diritto ad accedere alle cartelle cliniche in caso di informazioni da acquisire per poterle produrre nel corso di un giudizio di

divorzio o di annullamento del matrimonio.142 In tali ipotesi, infatti, il diritto allo scioglimento del matrimonio prevale sulla tutela della riservatezza, in quanto la giurisprudenza qualifica il primo come diritto della personalità di rango pari a quello della riservatezza poiché propedeutico alla celebrazione di un nuovo matrimonio, e quindi tutelato dagli artt. 2 e 29 cost..

Alcuna tutela della riservatezza si rende necessaria, invece, secondo la giurisprudenza, nel caso in cui si richieda la cartella clinica di un soggetto deceduto, dovendo in tali casi valutare l’amministrazione esclusivamente la sussistenza dell’interesse attuale e concreto dell’istante. In tal senso si legga Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 1761/11 secondo cui “le istanze di accesso alle cartelle cliniche possono essere accolte, in tutto od in parte, solo se la richiesta sia giustificata dalla documentata necessità di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria ai sensi dell'art. 26, comma 4, lett. c), del Codice della Privacy (D.Lgs. n. 196 del 2003), che sia di rango pari a quello dell'interessato ovvero consistente in un diritto della personalità od in un altro diritto o libertà fondamentale ed inviolabile; oppure tutelare, in conformità alla disciplina sull'accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della

142 In tal senso Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 144/13 secondo cui

“qualora l'ex moglie di un soggetto che, dopo aver contratto con lei matrimonio ed aver divorziato aveva contratto nuove nozze ed era poi deceduto, presenti istanza di accesso ad una Asl per avere copia della cartella clinica dell'ex marito (defunto) al fine di accertare se questi fosse capace di intendere e di voler al momento della prestazione del consenso al secondo matrimonio - avvenuto due giorni prima del decesso - e motivi la richiesta con l'esigenza di valutare la possibilità di proporre un'azione di annullamento del detto matrimonio allo scopo di vedersi poi riconosciuto il diritto all'intera pensione di reversibilità (anziché ad una quota in concorso con il secondo coniuge dell'ex marito), l'Asl è tenuta a consentire l'accesso richiesto.”

personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile. Il problema di una comparazione di interessi confliggenti non si pone allorquando l'accesso si riferisca a cartelle cliniche di persone decedute, dato che il diritto alla riservatezza si estingue con la morte del titolare. Di talché, è irrilevante che gli istanti siano o meno titolari di un diritto

"di rango pari a quello dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile", né che siano o meno eredi effettivi del soggetto cui si riferiscono i dati. Ciò che il giudice deve accertare è se gli istanti abbiano maturato

"iure proprio" il diritto all'accesso ai dati contenuti nella cartella clinica, in conformità a quanto sancito dall'art. 9, comma 3, del predetto Codice, ovvero se siano titolari di una "situazione giuridicamente rilevante" che li legittima a pretendere l'esibizione di atti potenzialmente capaci di giovare alla salvaguardia dei propri interessi (nella fattispecie della propria aspirazione ad una porzione di patrimonio del defunto, dalla successione del quale erano stati a loro avviso ingiustamente estromessi).”

Per quanto concerne i pareri resi da professionisti esterni o interni all’amministrazione, bisogna distinguere se gli stessi sono destinati ad inserirsi all’interno di un iter procedimentale, ovvero sono destinati alla tutela giurisdizionale dell’ente.

Per quanto concerne questi ultimi, si deve ritenere che sono sottratti al diritto di accesso, come sostenuto da Tar Puglia Bari, sez. I, 1903/10 che ha stabilito che “sono sottratti all'accesso i pareri legali resi da professionisti esterni allo scopo di definire la strategia difensiva dell'Amministrazione, rispetto ad un contenzioso già in essere ovvero imminente, mentre deve essere consentita, a chi vi abbia interesse, la conoscenza dei pareri legali

utilizzati dall'Amministrazione nell'ambito della normale istruttoria procedimentale.”143

Per quanto riguarda i primi invece si ammette il diritto di accesso, come statuito da Tar Calabri, Reggio Calabria, 370/13 secondo cui “i pareri o le relazioni legali riservati sono suscettibili di accesso (artt. 22 ss. legge n. 241/1990) se posti alla base del provvedimento amministrativo finale, costituendone parte integrante della motivazione.”

Nel primo caso, infatti, si rientra tra le ipotesi di divieto del diritto di accesso in quanto viene in rilievo il segreto professionale.

Per quanto riguarda invece i pareri legali che si inseriscono nella formazione del provvedimento amministrativo, questi, rientrando nell’istruttoria procedimentale, sono accessibili come qualunque altro documento.

Rientrano tra le deroghe al diritto di accesso anche gli atti relativi al procedimento tributario fino all’emanazione del provvedimento finale, poiché nella fase procedimentale sussistono esigenze di segretezza connesse all’istruttoria in atto144.

143 In tal senso si legga anche la pronuncia del Cons. Stato Sez. IV, 18/10/2016, n. 4338 secondo cui “il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta (anche) nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito del procedimento, ma precedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale precontenzioso o della controversia vera e propria, perché, in tali casi, il ricorso alla consulenza legale persegue lo scopo di consentire alla P.A. di articolare le sue strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale”.

144 In tal senso Consiglio di Stato 53/10, secondo cui “la corretta interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall'art. 24 della legge 07/08/1990, n. 241 ("Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi") - che accede ad una lettura costituzionalmente orientata di tale disposizione - è nel senso che l'inaccessibilità agli atti di cui trattasi è limitata, temporalmente, alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi

Ultimata la fase istruttoria, però, sussiste in capo all’agente della riscossione un vero e proprio dovere ex lege di ostensione del documento. Si legga, infatti, quanto contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato 4046/14 secondo cui “una volta concluso il procedimento di accertamento, il diritto di accesso non può essere ulteriormente differito di talché la parte pubblica deve, su istanza della parte privata interessata, rendere disponibili tutti gli atti di riferimento dato che, di norma, deve riconoscersi in capo al contribuente un interesse giuridicamente rilevante ad accedere agli atti relativi al procedimento tributario che lo vede coinvolto.

Diversamente opinando, risulterebbe difficile comprendere come la parte privata possa altrimenti far fronte alla necessità di difendersi concretamente in altra sede giudiziaria se non le venisse consentito di accedere agli atti tributari che la riguardano.”

Un problema di segreto si era anche posto per quegli atti presentati dalle imprese che partecipano a procedure concorsuali. In particolare tali atti possono contenere informazioni progettuali o aziendali (cd. Know how), che l’impresa ha interesse a mantenere segreti.

In tali ipotesi, il soggetto non aggiudicatario, al fine di poter esercitare il suo diritto di difesa deve poter accedere a tutta la documentazione, anche tecnica, presentata dalla ditta poi risultata aggiudicataria.

Ed infatti, il punteggio che viene attribuito ad ogni impresa, nel corso di una procedura concorsuale, dipende anche dall’offerta tecnica presentata, per cui qualora non si permettesse l’accesso anche a tale documentazione, ne deriverebbe la frustrazione del diritto di difesa delle imprese non aggiudicatarie.

esigenze di "segretezza" nella fase che segue la conclusione del

procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo.”

Tali considerazioni sono condivise dalla giurisprudenza amministrativa145, che ritiene però di dover contemperare gli interessi in gioco e di poter quindi limitare l’accesso esclusivamente a quei documenti o a quella parte della documentazione che risulta effettivamente essere stata presa in considerazione dall’amministrazione nella valutazione della sussistenza dei requisiti di partecipazione e per l’attribuzione del punteggio. In tal modo si assicura il soddisfacimento del diritto di difesa dell’istante, senza sacrificare, oltre quanto necessario, la posizione del soggetto aggiudicatario.

Si legga sul punto Cons. Stato 3418/06 secondo cui “deve essere riconosciuto il diritto del partecipante ad una gara d'appalto, risultato non aggiudicatario, di prendere visione dell'intera offerta presentata dalla società aggiudicataria, spettando però all'amministrazione l'adozione di adeguate misure di tutela della riservatezza (cancellature, omissis,) in relazione alle eventuali parti dell'offerta, idonee a rivelare i segreti industriali e che non siano state in alcun modo prese in considerazione in sede di gara. In tal modo, non si tratta di rimettere all'amministrazione la verifica circa la necessità del documento per la cura o la tutela di interessi giuridici del privato (il che si porrebbe in contrasto con il principio di parità delle armi, che esclude che una delle

145 Si legga a titolo esemplificativo Cons. Stato 2814/10 secondo cui

“ai sensi dell'art. 13, comma 5, d.lgs. n. 163/2006, è esclusa dal raggio di azionabilità del diritto di ostensione la documentazione suscettibile di rilevare il know-how industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti, sì da evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l'accesso non già per prendere visione della stessa allorché utile a coltivare la legittima aspettativa al conseguimento dell'appalto, quanto piuttosto per giovarsi delle specifiche conoscenze possedute da altri al fine di conseguire un indebito vantaggio commerciale all'interno del mercato. È consentito l'accesso solo al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso.”

parti della controversia possa verificare l'utilità del documento per la difesa della controparte); si tratta, invece, di imporre all'amministrazione di evidenziare gli elementi del progetto che ha valutato in favore dell'aggiudicatario (e conseguentemente di limitare l'accesso, nella forma della visione, a quei documenti o a quelle parti di documento).

Tale soluzione consente di contenere la descritta prevalenza del diritto di accesso sul diritto alla riservatezza industriale nei limiti strettamente necessari alla cura o difesa degli interessi giuridici, precludendo anche la visione di quelle parti di documento, non utilizzate - per stessa ammissione dell'amministrazione procedente - ai fini della positiva valutazione dell'offerta dall'aggiudicataria.”146

Di recente il Consiglio di Stato, con la pronuncia 1013/17 ha precisato che “il diritto di accesso può esercitato anche su documenti oggetto di tutela del diritto di autore. Ai sensi dell'art. 24 della legge 7 agosto 1990 n. 241, la natura di opera dell'ingegno dei documenti, di cui si chiede l'ostensione, non rappresenta una causa di esclusione dall'accesso, tenuto conto che la disciplina dettata a tutela del diritto di autore e della proprietà intellettuale è funzionale a garantire gli interessi economici dell'autore ovvero del titolare dell'opera intellettuale, mentre la normativa sull'accesso è funzionale a garantire altri interessi ed in questi limiti va consentita la visione e l'estrazione di copia.”

In giurisprudenza risulta pacifico il divieto per il datore di lavoro di accedere agli atti ispettivi, ed in particolare alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori, per l'esigenza di proteggere questi ultimi da eventuali ritorsioni o da indebite pressioni nonché per assicurare l'interesse generale ad un compiuto controllo della regolare gestione dei rapporti di

146 Di recente sul punto si veda anche Tar Liguria Genova, sez. II, 259/15 che ha ammesso l’accesso a dati contenenti segreti industriali della Costa Crociera, in quanto ha ritenuto che sussisteva l’interesse degli istanti che dovevano curare e difendere i propri interessi giuridici.

lavoro. Tale orientamento risulta ribadito di recente dalla sentenza del Consiglio di Stato 5779/14 che fonda il suo ragionamento anche su altre argomentazioni, ed in particolare, “alla luce della normativa costituzionale ed Europea (art. 4, 32 e 36 Cost. e art. 8 CEDU), nonché in base all'art. 8 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300 del 1970), per cui si deve ritenere "in via generale prevalente, se non assorbente, la tutela apprestata dall'ordinamento alle esigenze di riservatezza delle suddette dichiarazioni, contenenti dati sensibili la cui divulgazione potrebbe comportare, nei confronti dei lavoratori, azioni discriminatorie o indebite pressioni"; costituendo "la prevalenza del diritto alla riservatezza dei lavoratori che hanno reso le dichiarazioni rispetto alla tutela garantita dall'art. 24, comma 7, della L. n. 241 del 1990...un principio generale che, come tale, opera a prescindere dalla circostanza che l'istante sia o meno il datore di lavoro dei soggetti che hanno reso le dichiarazioni".”147

147 In senso conforme anche Consiglio di Stato 714/15, che ha esteso i principi di cui sopra anche ai casi in cui la richiesta di accesso venga effettuata da altro lavoratore. Si legge, infatti, in sentenza che “è stata pertanto ritenuta, in via generale, prevalente la tutela alla necessità di riservatezza delle suddette dichiarazioni contenenti dati sensibili, la cui divulgazione potrebbe, come innanzi rilevato, comportare azioni discriminatorie o indebite pressioni nei confronti dei lavoratori, i quali devono essere posti in grado di collaborare con le autorità amministrative e giudiziarie, nonché di presentare esposti e denunce, senza temere negative conseguenze nell'ambiente di lavoro in cui vivono. Tale tutela è sembrata quindi fondativa dell'intero sistema dei diritti fondamentali, ove la riservatezza riguardi coloro che risulterebbero ragionevolmente i più deboli nell'ambito del rapporto di lavoro, considerato peraltro che, anche in assenza dell'accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori, la tutela degli interessi giuridici vantati dalle predette società risulta comunque pienamente garantita dall'ordinamento. Nè la questione è diversa, quando il diritto di difesa riguarda un altro lavoratore ugualmente in una posizione di debolezza rispetto al datore di lavoro.

Ciò in quanto la compiuta conoscenza dei fatti e delle allegazioni contestate risulta, di norma, assicurata dal contenuto del verbale di