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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1434, 27 ottobre

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L ’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

A n o m i n - V o i . r a i l

Flreize, ZI OUnfire

1901

» .

»34

L’ INCHIESTA SU NAPOLI

Non abbiamo mai dubitato che la Commissione incaricata dell’ inchiesta su tutti gli atti delle am­ ministrazioni comunali di Napoli avrebbe saputo compiere il suo dovere, tutto il suo dovere, sen­ za riguardi per alcuno. La relazione ora pubbli­ cata, e delle cui proposte e conclusioni diamo un lungo sunto più innanzi, sta a dimostrare che la Commissione presieduta dal Senatore Sa-redo ha messo tutto lo zelo di cui era capace a smascherare gli abusi, le corruzioni, le arti disoneste, le irregolarità che hanno inquinato, so­ prattutto negli ultimi anni,^a vita comunale della grande città meridionale. E quello un documento che appartiene ai dominio della patologia poli­ tica e sociale e che va studiato da quanti s’ in­ teressano ai gravi problemi della vita munici­ pale. Più che perdersi in vane disquisizioni ac­ cademiche, bisogna prendere per base di qualsiasi feconda discussione sui provvedimenti per Na­ poli quella relazione, altrettanto densa di tatti suggestivi, quanto è ricca di pagine. Nella vita dei nostri giorni cotali inchieste sono una ne­ cessità assoluta, ogni qualvolta si hanno ragioni fondate di credere che il disordine amministra­ tivo sia diventato un male cronico e che possa divenire irrimediabile, se non interviene 1’ opera senza pietà del chirurgo che recide, amputa, sop­ prime tutto ciò che nuoce e minaccia la esisten­ za di un organismo vitale. Troppo di rado in Italia si è fatto ricorso alle inchieste e troppo spesso sono rimasti ignorati fatti, che invece an­ davano messi nella luce più viva. Perchè è bene ripeterlo, oggi che l’inchiesta su Napoli ha avuto per risultato una relazione che solleva grande rumore, troppo spesso in Italia si eseguita la politica che diremo delle pietre sepolcrali, si è messo a tacere tutto ciò che poteva disturbare interessi privati, clientele, consorterie che di nul-l’ altro si davano pensiero se non di procurare

j

a sè vantaggi e privilegi. Ne va taciuto che | quanto si è scoperto a Napoli non è del tutto j ignoto in altri comuni; le proporzioni non saran­ no così grandi, ma non è certo Napoli la sola ed unica città dove vanno male i servizi pub­ blici, dove si sono fatte concessioni rovinose e ; dove la corruttela ottiene qualche trionfo.

Questo diciamo perchè sarebbe stolto cre­ dere che soltanto a Napoli siano possibili certi fatti e che una volta rimediato ai mali

ammi-nistrativi e risanato l’ambiente nella grande me­ tropoli napoletana tutto vada per lo meglio nella vita locale del noutro paese. Di qui, come è fa­ cile capire, un problema politico amministrativo che non si risolve davvero con certi articoli incon­ cludenti che si sono scritti di recente su N apoli

interdetta. Si tratta di ben altro che d’interdire

una o più città finora pessimamente ammini­ strate ; si tratta di instaurare un regime di sin­ dacato che renda impossibili certi fatti, come quelli denunciati nella relazione del Senatore Saredo. Ed è su questo punto che il Governo deve rivolgere la propria attenzione e i propri studi, è sulla inefficacia degli ordinamenti am­ ministrativi di controllo che il Parlamento deve fare le sue indagini e discussioni, perchè si trovi il modo di far agire ed efficacemente e a tempo quei congegni che ora esistono per il sindacato amministrativo o si perfezionino o alla peggiosi mutino. Su tale necessità, per chiunque dia una anche rapida corsa attraverso a’due volumi della relazione, non può sorgere dubbio e noi atten­ diamo dal Governo ohe ponga allo studio questo problema, che già da troppo tempo aspetta una soluzione.

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660 L ’ ECONOMISTA 27 ottobre 1901

Conversione della rendita o sgravi ?

Verso la metà di questo mese la Stam pa di Torino pubblicò, e tutti i giornali riportarono, una conversazione avuta da uno dei suoi corri­ spondenti romani con 1’ on. Di Rudinì. Di essa una parte concerne il parere manifestato da que­ st’ ultinm sulla politica interna del presente Mi­ nistero. E importante', ma non per noi, che alla politica propriamente detta cerchiamo di rima­ nere estranei ; perciò la trascuriamo. Un’ altra parte invece ci interessa maggiormente, perchè volge sull’ indirizzo finanziario inteso a procurare qualche alleviamento d’ oneri ai contribuenti, po­ sto a confronto con altro indirizzo finanziario, secondo il quale nulla dovrebbe rinnovarsi per ora in materia di tributi, ma, rafforzandosi sem­ pre più il bilancio con gli avanzi annui, il cumulo di questi dovrebbe servire a render possibile, in un tempo più o meno prossimo, la conversione della rendita pubblica, ossia la riduzione del suo interesse ad un saggio minore.

Le idee schiettamente espresse in proposito dall’on. Rudinì mostrano una volta di più che altro è il pensiero e il contegno degli uomini politici quando si trovano al potere, e altro è quando se ne trovano fuori.

Con piena chiarezza e lodevole sincerità, egli dichiarò al suo interlocutore che in materia di sgravi forse hanno sbagliato un po’ tutti, egli per primo insieme col suo amico Luzzatti, in quanto, pur tutelando con ogni cautela l’ inte­ grità del bilancio, che lasciarono in buone con­ dizioni, iscrissero per così dire all’ordine del giorno la questione degli sgravi, con l’alto in­ tendimento sociale e politico di tutelare la pic­ cola proprietà ; ma — aggiunse — sarebbe stato meglio non sollevarla, mentre riconosce egli pure che adesso sarebbe uu po’ difficile metterla da parte. Continuò poi affermando che ogni tenta­ tivo di sgravi non potrà essere fuorché un con­

tentino di 2B o 30 milioni, e che pei contribuenti

sarebbe senza confronto più vantaggiosa la con­ versione della Rendita, a cui si dovrebbe ten­ dere concordemente con tutte le forze, tenendo a freno le spese, rinunziando per qualche anno a quelle nuove non indispensabili, rinforzando il tesoro, che appartiene a tutti ed è il vero sal­ vadanaro della Nazione. E tutti dovrebbero vo­ ler ciò : Destra, Sinistra, Estrema, neri, rossi, commercianti, industriali, capitalisti operai. Ma — concluse — nulla di questo si farà, perchè c’ è di mezzo pur troppo la questione parlamen­ tare, ci sono le promesse fatte, che il mio amico Zanardelli non vuole sentirsi rinfacciare, a sca­ pito della sua autorità e del suo prestigio. Al suo posto, disse, forse farei lo stesso aneh’ io, ma farei male.

Confermiamo la qualifica di sincero, data al linguaggio dell’ on. Rudinì, per avere anche il diritto di ripetere che il fenomeno negli uomini politici è sempre quello: parlare e vedere in buona fede le cose in un modo quando sono mi­ nistri, parlare e vederle in buona fede in un altro quando sono semplici deputati o senatori.

Ma veniamo al merito della questione. Se preferiamo, oggi come oggi, il programma degli

sgravi, da attuarsi cautamente, a quello d’ una preparazione da iniziarsi per la conversione della Rendita, non neghiamo già che quest’ultimo sa­ rebbe provvedimento più radicale, più vasto, fecondo poi di conseguenze finanziarie e tribu­ tarie migliori. Siamo per altro persuasi che il primo provvedimento è più facile, più presto at­ tuabile, perciò nelle sue prime tappe meno in­ certo, e che non esclude il secondo, a suo tempo, e nemmeno lo allontana.

Certo, ove mediante la conversione della Rendita, si possa risparmiare una sessantina di milioni annui, si viene ad aver margine dispo­ nibile per fare di gran belle e utili cose, tanto nel miglioramento dei servizi pubblici, quanto an­ che e più nello alleviamento dei carichi che pe­ sano sui cittadini. La riforma tributaria potrebbe anzi essere allora più larga e più sensibilmente efficace, perchè eseguita con più mezzi e quindi a passi più sicuri, più franchi e spediti. Se non che quale è, per la conversione, il quando ragio­ nevolmente prevedibile ? Chi pretendesse indi­ carlo, parlerebbe, crediamo, del tutto a caso, giac­ ché farebbe, esplicitamente o no, assegnamento indispensabile sopra due condizioni una meno certa dell’altra. La prima è che la situazione in­ ternazionale si presti (pace generale un po’ dure­ vole, nessuna grave questione politica nuova, si­ tuazione normale e favorevole del mercato finan­ ziario europeo, ecc. eco.).

L a seconda è che gli avanzi annui del bilan­ cio perdurino e non vadano erogati in aumenti di spese.

È vero che la prima delle due condizioni bi­ sogna sia sempre sottintesa : un po’ anche per la politica degli sgravi. Ma per la seconda, che nel caso nostro dovrebbe esserlo egualmente, vi sono moltissimi scettici, e noi siamo nel numero. P a ­ recchie volte, anche con prospetti numerici, ora anno per anno, ora a quinquenni, ora a decenni, abbiamo posto sott’ occhio ai lettori l’ aumento quasi incessante verificatosi nella parte passiva del bilancio italiano. Nessuno poi ignora che, mentre solo da pochi anni esso presenta un poco d’ avanzo, perchè in questi ultimi anni una poli­ tica finanziaria più rigida ha messo alle spese un po’ di freno, mentre il paese riprendeva un po’ di forza economica e quindi di potenza contributiva, d’altra parte le richieste di nuove spese, fino a un certo punto la loro necessità, niente niente che sembri inevitabile secondarle in parte, rap­ presentano di bei milioni.

Ferrovie da gran tempo desiderate e rispet­ tivamente promesse, dotazioni alla marina, boni­ fiche di terreni malarici, acquedotti, migliora­ mento della condizione dei magistrati e dei mae­ stri, estensione del servizio consolare, riforma della pubblica sicurezza, fondi per scuole, per biblioteche, musei, scavi.... Citiamo alla rinfusa, non diciamo poco e ci sarebbe da dire dell’ altro. Tutti no, ma alcuni di questi bisogni pubblici bi­ sognerà pure sodisfarli. E v ' è chi crede sul serio che gli avanzi degli esercizi finanziari ce li ritro­ veremo tali e quali, intatti e accumulati, fra qualche anno, come se si fossero a mano a mano sotterrati nell’orto o chiusi a chiave nella cassa forte ?

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27 ottobre 1901 L ’ ECONOMISTA 661

cosa è alquanto diversa. Prima di tutto potreb­ bero stabilirsi, diremo anzi dovrebbero, a mano

a m ano che vi sono somme a cui si possa rinun­

ziare, in altri termini veri avanzi netti, e dunque

se e in quanto vi siano davvero. Pare che oggi

effettivamente ve ne siano : ebbene, è il caso di cominciare. Non si fa molto, ma non si compro­ mette nulla, si entra nella via da percorrere, la quale è lunga, ma non è priva di stazioni e am­ mette riposi; e se nel seguente esercizio il so­ pravanzo dell’ entrata sull’ uscita segue il suo promettente incremento, si fanno passi ulteriori nell’applicazione degli sgravi, in caso diverso si fa sosta fino a momento migliore. Intanto si acquista un po’ d’ esperienza circa gli effetti degli sgravi attuati, e se non si comincia ad acquistarla così — è una osservazione semplice, corrispon­ dente a una verità elementare che per lo più viene affatto trascurata — non vi sono calcoli e previsioni, anche di ministri competentissimi, che possano aver altro fuorché un valore assai re­ lativo. A questo punto 1’ obbiezione più comune è la seguente : uno sgravio di lieve entità, che si riduce per ogni cittadino a pochi centesimi l’anno, non è sentito, non fa godere nessuno ; e allora perchè danneggiare, sia pur di non molto, la finanza dello Stato? Ma questo è un errore. Se, da quando si parla di riforme tributarie come di cosa urgente, si fosse cominciato a disporre, in luogo di maggiori spese, la rinunzia di po­ chissimi milioni ogni anno a favore dei contri­ buenti , i pochissimi milioni sarebbero, gradino per gradino, diventati molti, oggi i cittadini, e prima che da ieri, proverebbero un sollievo non insensibile, e per forza di cose, migliorata la loro condizione economica, senza soffrirne dareb­ bero all’ erario il giusto contraccambio, perchè sarebbero divenuti più contribuenti di prima.

Ciò che non fu fatto sinora, si dovrebbe cominciare a farlo adesso. Qui però bisogna di­ stinguere. Se si sceglie il criterio di affrontare con pochi mezzi i problemi tributari più ardui, per la ragione intrinsecamente buona che corri­ spondano ai mali oggi più lamentati, v’ è il caso che nell’ intento lodevole non si riesca affatto. P er esempio, T on. Budini chiama inestricabile quello dei bilanci dei Comuni ; il ch e, in senso assoluto, sarebbe una esagerazione. Ma è certo che contentandosi per ora non delle cose più de­ siderabili ma delle più f a c i l i , di mitigare, per dirne una, i balzelli su un dato genere di largo consumo, e mitigarli gradatamente, cioè un poco più ogni anno, si avrebbe un risultato poco av­ vertito, è vero, da principio, ma di sicuro effetto crescente. Lo abbiamo detto molte altre volte . possiamo avere delle preferenze per uno o più provvedimenti tributari, ma purché qualcuno ne passi dalla categoria delle promesse in quella dei fatti, siamo pronti ad applaudire.

Bisogna — pare, ma non è, un assurdo — che lo Stato, a somiglianza d’ un individuo non buono amministratore della propria sostanza, si

avvezzi, d’ alcune particelle della sua entrata, a

poterne far senza. È l’unico modo, sempre come quel tale individuo, per lar si che non assuma qualche nuovo impegno, che non si lasci andare a qualche spesa nuova. Diversamente, non c’è caso, l’esperienza lo prova, anche quei pochi li spende.

Ecco la vera ragione per la quale prefe­ riamo ad ogni altro partito quello di almeno un principio di sgravi. L a conversione della ren­ dita sarebbe un gran bene, dovrà venire an­ eli’ essa e non sarà neppure ritardata, giacché una condizione florida dell’ economia nazionale è il miglior coefficiente per la solidità e il cre­ dito della finanza dello Stato. Sarebbe e anzi è e sarà un ideale anche per noi, come per l’on. Rudinì. Ma la ragione che egli indica, per la quale il Governo sembra deciso ad iniziare finalmente una qualche maniera di sgravi tri­ butari, cioè le promesse fatte, il proprio pre­ stigio, la situazione parlamentare, e simili, sarà forse la vera, ma non la migliore. La buona, a parer nostro, è un’ altra : la necessità ohe negli sgravi, i quali non potevano precedere il pa­ reggio, si facciano i primi passi, anco se piccoli, ora che il pareggio c’ è ; la necessità che tali passi siano proporzionati ai modesti avanzi di bilancio, che pur ci sono ; la necessità che pro­ seguano parallelamente al probabile ripetersi degli avanzi stessi; la necessità che non ven­ gano erogati, fuorché in piccolissima parte se proprio indispensabile, in nuove e maggiori spese, come altrimenti accadrebbe senza fallo.

LA STATISTICA INTERNAZIONALE

dei valori mobiliari

(Vedi il num. 1432 d&lVEconomista). Agli Stati Uniti una effervescenza straordi­ naria ha avuto luogo sulla maggior parte dei valori, e specialmente sui titoli ferroviari, effer­ vescenza seguita da non meno bruschi indietreg-giamenti. Malgrado i numerosi e rumorosi cracs, la speculazione sulle ferrovie americane è stata più febbrile che nel 1881, 1883, 1887. Per ren­ dersene conto, bisogna confrontare i più alti ed i più bassi corsi quotati al momento dei boom s, come dicono gli americani, ossia della pazza spe­ culazione, con quelli raggiunti dopo il mese di decembre 1899. Il seguente prospetto indica i corsi estremi quotati dal 1881 al 1897 :

RIA LZO R IB A SSO RIA LZO

corso quotato Atchison... ■_.... 118 7^8 Baltimora e Ohio... 1001(4 Chicago Mihvaukee. 100 7j8 Denver... <0 Illinois...155 E rie.. . . ... 54 Louisville... 90 Missouri... 391x8

New York Central.. 159 3(4 New York Ontario. 437x8 Pennsilvanla... 72 3x8 R eading... 37 1(2 Southern Pacific. . . Union Pacific... 84

Wabash... 531x2

anno quotatocorso auno luglio1901

1887 31x2 1891 891(2 1892 83x4 1897 1151T2 1383 50 1893 176 1887 24 1x2 1894 55 1882 82 1895 147 1881 7 3(4 1895 45 1889 231x4 1884 113 1886 7 1(4 1890 33 1881 831t2 1885 160 1882 7 1885 38 1|2 1881 46 1(4 1885 781x2 1881 1L 8 1896 23 1(2

_

7 1x2 1897 63 1884 8 1 t2 1896 118 1883 43x4 1885 4 4 1x2

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662 L ’ EC O N O M ISTA 27 ottobre 1901

a 8 3j4 nel 97, 1’ Erie dal corso di 54 54 scende a 7 3[4, la New York Central in quattro anni da 159 3[4 passa a 83 1\2.

A partire dal 1897, salvo leggere interruzioni, il movimento di rialzo riprende forza e dal di­ cembre 1899 sino al luglio scorso si ha un altro movimento vertiginoso, di cui si vedono gli ef­ fetti nelle cifre indicate più sopra alla data del luglio. Ma è da avvertire che i corsi attuali di ottobre sono già molto inferiori a quelli di tre mesi fa.

L ’ aumento del corso di quei valori ferroviari è stato puramente il risultato della speculazione; esso non può essere attribuito all’ aumento dei dividendi, perchè negli ultimi otto anni o le com­ pagnie di cui trattasi non hanno dato dividendo o non l’ hanno sensibilmente variato o non in proporzione all’ aumento del corso. Ciò che è vero è che da due anni a questa parte alla Borsa di Nuova York tutto è stato un pretesto buono per movimenti violenti di rialzo e di ribasso. Si è visto quest’ anno le azioni della Northern Pa­ cific salire in un giorno da 150 e 1000 dollari in causa del tardato arrivo in tempo utile per la consegna delle azioni legalmente possedute da compratori che alla lor volta le avevano vendute, ma che per poterle consegnare aspettavano che treni speciali ordinati su tutti i punti del terri­ torio della confederazione, dove si trovavano de­ tentori delle azioni Northern Pacific, fossero ar­ rivati. Ed è curioso di notare che questa gi'ande piazza di Nuova York, dove si conchiudono affari per miliardi e per centinaia di migliaia di titoli in una seduta, non ha mercato a termine. Con una organizzazione meno difettosa le speculazioni inaudite che si sono avute sarebbero state impos­ sibili.

In Germania i mercati finanziari sono stati agitati dalla crise delle banche ipotecarie e da quella recente della Banca di Lipsia che ha tra­ scinato con sè nella caduta alcune banche private. Questa crise finanziaria dei mercati tedeschi era preveduta dagli osservatori più attenti, per­ chè i medesimi errori hanno prodotto in ogni tempo e in tutti i paesi le stesse catastrofi. B a­ stava ricordarsi degli avvenimenti che ebbero luogo in Germania nel 1873 e 1891, in Inghil­ terra nel 1886-1880 e negli stessi periodi in Au­ stria, in Francia, in Russia, in Italia, in America. Il movimento commerciale e industriale della Germania era stato da qualche anno addirittura vertiginoso; le creazioni di società aumentavano annualmente e in pari tempo anche le emissioni di titoli di società industriali non cessavano.

Secondo l’ Econom ista tedesco, il valore quo­ tato delle azioni industriali emesse nel 1897 era di 318 milioni di marchi, raggiungeva nel 1899 gli 860 milioni e sorpassava un miliardo di mar­ chi nel 1900: l’ aumento è stato adunque in quattro anni di 700 milioni di marchi pari a 875 milioni di franchi. Il capitale sociale delle banche tedesche saliva dal 1897 al 1899 da 2163 milioni di marchi a 2713, ossia aumentava di 700 mi­ lioni di franchi e in pari tempo 1’ aumento dei corsi delle azioni prendeva un grande slancio. Se le creazioni di società, di banche, d’imprese industriali prendevano una considerevole esten­ sione, le operazioni di sconto segnavano un

an-damento parallelo. Da un prospetto pubblicato dalla Gazzetta d i F r a n c o fo r te risulta che la cir­ colazione media degli effetti di commercio calco­ lato sulle riscossioni del bollo è stata di 3588 milioni nel ’9 8 ; 3877 milioni nel ’9 9 ; 4316 mi­ lioni nel 1900 e nei primi cinque mesi del 1901 sino all’ ultimo giorno prima della crise di 4481 milioni di marchi.

Ma in questo quadro che presentava tutte le apparenze di una prosperità meravigliosa, gli osservatori seri potevano mostrare un’ ombra crescente ed era l’ aumento continuo della cir­ colazione dei biglietti delle banche di emissione, mentre l’incasso di quelle stesse banche subiva forti diminuzioni. Dal 1897 al 1899 l’ incasso scendeva da 964 milioni di marchi a 839, men­ tre la circolazione saliva da 1518 milioni a 1567. E ra l’ indicazione dell’ avvicinarsi della crise od almeno di una liquidazione violenta di opera­ zioni impegnate temerariamente e in troppo gran numero.

Questa crise è scoppiata repentinamente, come un uragano violento in mezzo a un bel sereno. Essa ha sorpreso molti, tant’è vero che nei periodi di rialzo e per tutto il tempo che dura questo aumento, il pubblico non dubita e non si accorge di niente; l’ aumento o la fer­ mezza dei corsi di un valore è per lui la prova d’ una situazione sana e prospera; soltanto il ri­ basso dà 1’ allarme al suo spirito. Alla vigilia della sua caduta rumorosa la Banca di Lipsia era negoziata ancora col 40 per cento di premio. Gli aumenti, scriveva Leon Say, fanno sem­ pre piacere. L a febbre che fa acquistare i cat­ tivi valori, cioè i valori più incerti, quelli che lasciano maggiori speranze agli amatori dello ignoto, e, per dirlo con una sola parola, ai giuo-catori, non è senza una influenza reale sul mer­ cato dei valori seri di quelli medesimi che hanno minore attrattiva per la speculazione. L ’aumento del prezzo dei valori fittizi fa credere all’abbas­ samento del saggio dell’ interesse nel prezzo, e i capitalisti meno inclini a lasciarsi sedurre, si affrettano di collocare il loro deuaro per godere ancora un saggio di interesse che essi temono di non potere ottenere qualche giorno dopo. Il loro buon senso, è vero, li allontana dalle Com­ pagnie che non presentano serietà, essi acqui­ stano rendita, azioni od obbligazioni di vecchie Compagnie ferroviarie, ma uon risulta meno che l’aumento si diffonde sui buoni valori e vi pro­ voca la speculazione. Cosi ne risultano non solo degli utili pei giuocatori, ma un aumento appa­ rente della fortuna di coloro che si acconten­ tano di restare tranquilli in casa, dei piccoli ca­ pitalisti che non giuocano e che leggendo il listino della borsa possono dire a sè stessi che il loro patrimonio è aumentato quel giorno del 3, 4, 5 o 10 per cento.

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27 ottobre 1901 L ’ ECONOMISTA. 663

Società, gl’ intermediari tutti, e tutto per turno vengono accusati e s’ invocano leggi restrittive, fiscali, penali, senza sapere bene quello che si vuole.

Gli azionisti sono dappertutto identici, il loro stato psicologico è stato ben definito da Léon Say: essi perdono il sentimento della realtà e credono al sovranaturale e come le farfalle si bruciano a tutte le candele.

Quanto a noi non crediamo nella efficacia dell’ intervento dello Stato in cotesta materia. Le misure restrittive non hanno mai avuto il potere di preservare e di salvare ciò che è cat­ tivo, vizioso, male amministrato. E al pubblico

che spetta di sorvegliare da sè o per mezzo di persone indicate all’ uopo, gli affari nei quali hanno impegnato i loro capitali. Ciò che egli deve domandare nettamente, imperiosamente, è che le Società alle quali egli si affida, pub! li­ chino dei bilanci chiari, particolareggiati, facili a comprendersi; se gli si rifiutano queste in­ formazioni non ha che una cosa da fare: riti­ rare i suoi capitali e se non lo la, vuol dire che ha, ciò nonostante, fiducia in quella Società.

{Continua).

L E PROPOSTE E L E CONCLUSIONI

della Commissione d’ inchiesta su Napoli

L e p ro p o ste .

La Commissione lia esposti, nelle varie parti della relazione, i suoi criteri circa i provvedi­ menti che occorrono in ogni servizio pubblico ed in tutti i rami dell’ amministrazione comunale, sia per porre rimedio ai mali del passato, sia per assi­ curare Un nuovo ordine di cose per 1’ avvenire.

Essa pertanto si riferisce ai rispettivi capi per ciò che concerne l’ igiene, l’ istruzione, il risana­ mento, le guardie municipali, 1’ ordinamento dei tributi e le altre proposte speciali.

Ma 1’ opera della Commissione sarebbe incom­ piuta se non si formulassero anche alcune proposte per la soluzione delle più vitali questioni di ordine generale, quali sono quelle concernenti la finanza del Comune e 1’ avvenire industriale e commerciale della città, strettamente fra di loro collegate, in quanto che il disagio economico dei cittadini non può non ripercuotersi sulla consistenza della civica azienda.

X provvedimenti che all’ uopo si propongono ri­ flettono : 1. 1’ assestamento del bilancio ; 2. la siste­ mazione delle deficienze e passività del 1900 e degli esercizi precedenti ; 8. la municipalizzazione dei pub­ blici servizi ; 4. il riordinamento del porto e dei ser­ vizi marittimi ; 5. il riordinamento dei servizi ferro­ viari ; 6. la creazione di una zona franca annessa al

porto.

P ro v v e d im e n ti p e r a s s e s ta re il b ila n c io . Il bilancio ha bisogno di una maggior dotazione di circa 2,200,000 lire, che permetta, di riportare a misura più rispondente alle riscossioni effettive la previsione delle entrate, e di dare ai varii capitoli della spesa quei maggiori stanziamenti, che la lunga esperienza ha dimostrato esser ' necessarii per assi­ curare il normale funzionamento dei servizi.

La macchina tributaria funziona a Napoli ad una pressione tale che sarebbe follia pensare ad attin­ gere a questa fonte i mezzi per un ulteriore au­ mento delle entrate comunali. Non è dunque possi­ bile pensare ad un inasprimento dei tributi : bensì si può aumentare il prodotto effettivo delie tasse co­

munali con una diligente revisione dei cespiti tassa­

bili, con una più attenta compilazione dei ruoli, e sopratutto con una rigorosa sorveglianza sul servi­ zio di riscossione. L ’ aumento che cosi si potrà otte­ nere può venire calcolato in 200 mila lire.

Oltre l’ impossibilità di inasprire i tributi, biso­ gna porre anche un altro caposaldo : ed è l’ impos­ sibilità di ridurre le spese per i servizi pubblici, poiché delle 39 lire di entrata per ciascun abitante, ohe ha il comune di Napoli, appena 19 rimangono disponibili per i servizi pubblici, e le altre 20 sono assorbite dal servizio degli interessi e degli ammor­ tamenti, mentre Torino e Milano con un’ entrata di L. 36 e 41 rispettivamente, spendono pel servizio dei debiti soltanto L. 15.50 e 10.60 per abitante.

Escluso 1’ inasprimento dei tributi, esclusa la di­ minuzione delle spese, ne consegue che al pareggio dovesi provvedere con mezzi fuori bilancio.

Il primo mezzo, cui si è già pur troppo ricorso altre volte, è la proroga a più lontana scadenza dei prestiti in corso.

I debiti attuali convertibili ammontano a 50 mi­ lioni e mezzo, e importano un’ annualità di lire 3,006,923.

Unificando l’ intero debito di 50 milioni e mezzo, col riportare al saggio del 3.50 per cento anche i 12 milioni e mezzo pei quali ora il Comune corrisponde 1’ interesso del 4.50 e del 5 per cento, ed allungando per tutti il periodo di ammortamento a 50 anni, l’an­ nualità complessiva si troverebbe ridotta a lire 2,122,348.08 e, di fronte all’ annualità che ora si paga in lire 3,006,923.86, il Comune realizzerebbe un’ eco­ nomia di L. 884,575.78.

Prorogando poi a 24 anni la scadenza dei due debiti che il Comune ha col Banco di Napoli, e che ammontano complessivamente a 7 milioni, si otter­ rebbe un vantaggio di 300 mila lire annue nel paga­ mento delle annualità.

Inoltre, con i varii provvedimenti suggeriti caso per caso dalla Commissione, si verrebbero a togliere molti pesi minori che ora concorrono a produrre il disavanzo annuo di 2,200,000 lire, con un vantaggio annuo di 470 mila lire, comprendendovi lire 130 mila per il cessato sconto delle cambiali, le quali, siste­ mato il bilancio, più non sarebbero necessarie.

Cosi, ridotto di 200 mila lire al deficit annuo per

il migliorato servizio delle tasse, detratte ancora L. 884 mila e L. 302 mila economizzate con le ope­ razioni verso la Cassa depositi e prestiti e verso il Banco di Napoli, e tolte le altre 470 mila lire di cui sopra, il deficit annuo verrebbe ridotto da L. 2,200,000

a sole L. 322,000.

II r is c a tto d e ll’ a c q u e d o tto d el S e rin o . In seguito a parere del Consiglio di Stato essen­ dosi con Regio decreto annullata 1’ ultima conven­ zione fra il Comune e la Società del Serino rivive l’ antico patto che fissava in 30 milioni di lire il rezzo del riscatto. Comprendendovi tutte le conta-ilità arretrate, tuttora in contestazione fra Municipio e Società, occorre per il riscatto una somma di qua­ ranta milioni.

II servizio di un prestito di 40 milioni, animor-tizzabile in 50 anni, richiede L. 1,862,000 annue. L ’ac­ quedotto renderebbe L. 2,300,000 annue (essendo di L. 3,100,000 il prodotto della vendita dell’ acqua, e ammontando a L. 800 mila le spese di esercizio e di amministrazione : sicché vi sarebbe una differenza disponibile in favore del Municipio di L. 437,992 an­ nue, cioè più di quanto mancherebbe a completare il fabbisogno, che fu ridotto (come si è visto) a lire 322,000.

Inoltre si può essere certi che migliorando il servizio delle erogazioni e delle riscossioni, 1’ utile annuo netto non tarderebbe a salire a lire 800 mila. Quanto alla gestione dell’ acquedotto, dopo la cattiva prova fatta fin qui dalle amministrazioni succedutesi a palazzo San Giacomo, essa non po­ trebbe essere affidata al Comune. Quindi, il Comune dovrebbe essere il proprietario dell’ acquedotto e avvantaggiarsi di tutti gli utili di questo ; altri do­ vrebbe averne 1’ amministrazione e curarne 1’ eser­ cizio.

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acque-664 L ’ EC O N O M ISTA 27 ottobre 1901

dotto ad una Società, comò ha fatto il comune di

Milano per i tramways, interessandola all’ incre­ mento dei prodotti e ponendola sotto la sorveglianza d’una Commissione composta di rappresentanti del Governo e del Comune ; o costituire una speciale amministrazione burocratica, con prevalenza di ele­

mento tecnico, che, sotto la sorveglianza ed il con­ trollo dell1 anzidetta Commissione, ed all’ infuori di ogni influenza locale, esercitasse in economia V ac­

quedotto. Vedrai)no il Governo — nell’ atto di pro­ porre la legge speciale che autorizzi il prestito — ed il Parlamento nell’ atto di discutere la legge stessa quali sieno i provvedimenti migliori per as­ sicurare tutte le garanzie cui dianzi abbiamo fatto

cenno. . .

Per la stessa ragione non crede la Commissione di precisare quale forma sia da preferirsi per far ever al Comune i 40 milioni necessari per il riscatto; se cioè convenga — come altra volta sp è fatto pei lavori di risanamento — emettere dei titoli speciali garantiti dallo Stato, o se sia più opportuno ricor­

rere, anziché al prestito, alla forma del mutuo da

concedersi o dalla Cassa depositi e prestiti o da un Consorzio di istituti di emissione e di risparmio. Niuno, meglio del Ministro del Tesoro, è in grado di prendere sopra 1’ argomento una determinazione assennata.

L a s is te m a z io n e d ei d isa v a n z i p a s s a ti. Assicurato però il pareggio del bilancio con una più esatta valutazione cosi delle entrate come delle spese necessarie al buon andamento di tutti i pub­ blici servizi, non è possibile pensare che possano le future amministrazioni mantenerlo, se prima non si elimini un’ altra delle cause dell’ attuale dissesto, se non si provveda, cioè, al non lieve disavanzo e alle passività allo scoperto, che alla fine del 1900 rag­ giunsero la cospicua cifra di 9,300,000 lire.

Come provvedervi ? La relazione ricorda che, in seguito a sentenza della Cassazione di Napoli, e a convenzione 6 maggio 1899 il Ministero del tesoro si obbligò di corrispondere in perpetuo al Munici-io di Napoli la somma di L. 400,000 come contri-uto annuo agli istituti di beneficenza di Napoli.

Ora si propone che il Governo affranchi questa annualità perpetua, che grava il suo bilancio, con­ segnando al Comune tanta Rendita del Debito pub­ blico, quanta corrisponde all’ annualità di L. 400,000 nette.

L ’ alienazione graduale di tale Rendita forni­ rebbe al Comune appunto il capitale di 10 milioni, che potrebbe servire pel saldo completo di tutte le antiche deficienze e lasciare un margine per soppe­ rire eventualmente ad un maggior aggravio deri­ vante dalla perfetta liquidazione di taluna di dotte passività.

Che se il Ministro del tesoro non ritenesse con­ veniente procedere a questa affrancazione, dovrebbe, a sua cura, autorizzarsi con legge la Cassa dei depo­ siti e prestiti a fornire al Comune un prestito per 1’ anzidetta somma capitale di lire 10 milioni, estin­ guibile in 60 anni, al tasso del 3 e mezzo per cento, trattenendosi, a garanzia degli interessi e dell’ am­ mortamento 1’ annualità di lire 400,000 che, lo Stato deve al Comune in forza della ricordata convenzione. Una speciale Commissione, composta di rappre­ sentanti del Governo, del Municipio e del Comune, vigilerebbe all’ esatta destinazione del capitale al-1’ uso esclusivo di estinguere le passività arretrate. Complessivamente, per tanto, si chiede al Gover­ no la somministrazione al Comune di Napoli d’ un capitale di 50 milioni.

M u n ic ip a liz z a z io n e elei se rv iz i p u b b lic i. Esposti i vantaggi, in genere, della municipa­ lizzazione dei servizi pubblici, la relazione osserva come per 1’ acquedotto del Serino il quesito sia di fa­ cile soluzione, perchè nella convenzione relativa è incluso il patto del riscatto e ne è anche fissato il prezzo.

Diversa è la cosa per i due contratti della tra­ zione e della illuminazione, che non prevedono la clausola del riscatto e, quindi, non possono dichia­ rarsi sciolti che per virtù di legge, rimborsando na­ turalmente alle due Società il valore integrale del

patrimonio e accordando loro un equo compenso pei maucati profitti degli anni per cui dovrebbe ancora durare la concessione. La realizzazione del capitale occorrente a questi contratti forzati verrebbe an-ch’ essa stabilita per legge, e per 1’ esercizio dei ser­ vizi si pròvvederebbe con un ufficio e con una Com­ missione di sorveglianza analoghi a quelli già propo­ sti pel Serino.

Il porto di Napoli non può avere un grande mo­ vimento di transito, perchè esso non ha alle sue, spalle, come quello di Genova, vaste e ricche regioni di consumo e di produzione industriale. Ma cerio alla sua depressione attuale contribuiscono lo con­ dizioni in cui ancora esso si trova, benché il governo italiano lo abbia trasformato in modo irriconoscibile da quel che era nel 1860, spendendovi 32 milioni.

Altri lavori di arredamento e di completamento sono ancora necessari. Ad alcuni di essi, determinati in un memoriale della Camera di commercio di Na­ poli, si può provvedere con il milione residuato dai 5 milioni stanziati per la diga foranea: cosi pel pro­ lungamento del ponte Trapezionale, pel completa­ mento della rete ferroviaria nel porto, p'er l’allarga­ mento della banchina del Piliero.

Un’ altra importantissima opera può essere de­ cretata, anche questa senza aggravi pel bilancio dello Siato : cioè un secondo bacino di carenaggio, di soli metri 117 (quello in costruzione è di 210 me­ tri) : e potrebbe costruirsi dall’ impresa stessa cui è affidato il bacino grande, con le 600,000 lire di ribasso ottenuto sui 5 milioni stanziati pel grande bacino. Questo bacino basterebbe ai quattro quinti delle navi, che non eccedono i 100 metri di lunghezza, e richie­ derebbe assai minori le spese di immissione e per­

manenza delle navi. .

Altro provvedimento urgente è la costruzione di un ufficio postale marittimo da sostituire all’attuale, veramente indecoroso, e niente sicuro per i valori e le corrispondenze che devono venirvi depositati.

Necessario è altresi un ufficio di emigrazione, in un porto da cui partono ogni anno 100 mila emi­ granti. Il complesso di questi lavori non richiede­ rebbe più di un milione. _ ;

Inoltre bisognerebbe diminuire le tasse che col­ piscono il commercio di scalo e che sono, da noi, di L. 14 per passeggierò e L. 5 per ogni tonnellata di merci, mentre in Francia sono di una lira per pas­ seggierò e per tonnellata. Così Napoli, che non può aspirare ad essere un porto di gran traffico, vedrebbe svilupparsi il commercio di scalo, servendo di punto di appoggio agli scambi fra l’ Europa e le regioni oltre il Canale di Suez.

Le aree demaniali disponibili attigue al porto devono essere sollecitamente concesse alle industrie legate al movimento marittimo, superando 1’ avver­ sione dell’ amministrazione delle gabelle.

Anche lo tariffe della Navigazione generale ita­ liana dovrebbero essere modificate nei riguardi di Napoli, ai cui danni sembrano veramente stabilite.

I l serv izio f e rro v ia rio .

Oltre alcuni binari reclamati da ragioni locali, bisogna essenzialmente considerare la questione delle tariffe ferroviarie.

Esse sono attualmente tali che un quintale di grano da Foggia a Napoli paga lire 1.25 e lire 1.4C fino a Gragnano, presso a poco cioè quanto impor­ terebbe il farlo venire dall’ America ! Rendere meno gravosi i prezzi di trasporto dalla Puglia e dalle altre provincie del Mezzogiorno a Napoli, special­ mente per i prodotti del suolo, è 1’ unico mezzo per attivare un movimento di scambio, che ora si e ve­ nuto talmente affievolendo, da presentare questo sin­ golare fenomeno, che mentre il movimento delle merci da e per la stazione di Napoli è in continuo aumento, diminuiscono invece gli introiti.

Altro importante obbiettivo sarebbe il fare di Napoli il punto d’ approdo e di imbarco preferito, tanto pei viaggiatori in provenienza dalla Germania, dall’ Olanda, dall’ Inghilterra, dalla Francia, ecc. ed in destinazione dell’ India, dell’ Affrica Orientale, della Cina, del Giappone e dell’ Australia, quanto per quelli provenienti da questi ultimi paesi e diretti

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in Europa. Ed anche la Valigia delle Indie — dice la relazione — troverebbe a Napoli, ben più oppor­ tuno instradamento che non a Brindisi, perchè sa­ rebbe scongiurato il pericolo eh’ essa in avvenire faccia capo a Salonicco od a Marsiglia.

Infine, la direttissima Roma-Napoli risponderebbe ai legittimi voti dei napoletani.

L a z o n a f r a n c a .

Non un porto franco, ma una zona franca si ri­

chiede per Napoli, abbastanza vasta da permettere che in essa s’ impiantassero depositi e stabilimenti industriali, e per di più in vicinanza al porto ed alla ferrovia.

Tale zona potrebbe essere, a nostro avviso, quella che si trova ad oriente della città, e che confina col canale di Pollena al sud, col muro finanziario al-1’ ovest, colla ferrovia Napoli-Roma al nord e colla linea ideale unente il canale di Pollena e la ferrovia Róma-Napoli nel punto in cui sono più vicine, al-P est. Se si determinasse il confine orientale al punto in cui è minoro la distanza fra la ferrovia Napoli-Roma ed il canale di Pollena, si avrebbe un’ area di più di 7 chilometri quadrati, che verrebbe dichiarata

franca.

Questa zona è intersecata da nord a sud dalla strada rotabile che conduce da Poggioreaie a S. Gio­ vanni a Peduccio, ed è in grande vicinanza delle linee ferroviarie esistenti, dalle quali sarebbe facile costruire, con lievissimo dispendio, diramazioni nella zona suddetta per il servizio dei depositi e degli stabilimenti che vi s’ impiantassero. Anzi si potrebbe studiare, se non fosse utile approfondire il canale di Pollena, nel tratto in cui serve di confine alla detta zona, per rendere ancor più facile io sbarco delle merci direttamente dalle navi ancorato nel porto, ai depositi e stabilimenti che s’impiantassero nella zona suddetta.

In questa zona le merci dovrebbero essere im­ messe iu esenzione dai dazi doganali e potrebbero essere ivi manipolate e trasformate in esenzione dalle tasse di fabbrii azione. Un Consorzio ira provincia e comune provvederebbe all’ espropriazione graduale delle terre contenute nel perimetro della zona.

Cosi si formerebbe in Napoli un centro di depo­ sito, un vero centro commerciale, che determinerebbe poi la formazione di un centro industriale, sopratutto per certe industrie come le meccaniche, la fabbrica­ zione delle conserve alimentari, e quelle che impor­ tano dall’ India la materia prima.

Altre antiche propo-te — così si chiude questa parte delia relazione — sono state, specialmente in questi ultimi mesi, messe di nuovo innanzi, da riviste e periodici per il risveglio economico di Napoli. Quella, ad esempio, dell’ aggregazione a Napoli dei Comuni limitrofi da S. Giovanni a Resina e fors’ an­ che a Torre del Greco; e 1’ altra dello sfrutiamento delle grandi energie idrauliche del Tusciano e del Volturno, pel trasporto a Napoli di grandi quantità di corrente elettrica da cedere a prezzo di costo agli industriali. L ’ uno e 1’ altro progetto, pur non man­ cando di genialità, non affidano a priori della loro

pratica riuscita, e sono ad ogni modo da compren­ dersi fra quelli i cui vantaggi per Napoli non sor­ gerebbero che a lontana scadenza.

L e c o n clu sio n i d e ll ’ i n c h ie s ta . Sarà bene riferire, qui, testualmente :

« Giunta al termine dell’ opera sua, la Commis­ sione sente il dovere di riassumere a grandi linee i risultati complessivi, e dichiarare apertamente gli insegnamenti che ha creduto di trarne: nella spe­ ranza che essi.valgano come contributo per agevolare la soluzione di quella che, ben a ragione, si chiama la « questione di Napoli » e che, mentre è pensiero assiduo degli spiriti migliori di questa nobile città, occupa e preoccupa la coscio za italiana.

« Questa preoccupazione si comprende e lo di­ cemmo: ma importa ripeterlo: tutti sentiamo che la questione di Napoli non è una questione localo: che fino a quando le condizioni di vita e di sviluppò di questa città non siano ristabilite in guisa da lare di essa una parte attiva e feconda della vita nazio­ nale, il paese porterà nella sua azione un elemento di debolezza, da cui possono derivare le più serie

conseguenze. Non è senza gravi, intime-, persistent ragioni che a periodi quasi normali sorge la que­ stione di Napoli : che le amministrazioni straordi­ narie si succedono alle ordinarie, e queste a quelle, senza che le une e le altre compiano opera efficace di durevole ricostituzione.

« Ora, sarebbe errore sommo, e non senza peri­ coli, il non intendere il significato di questi fatti, e non trarne norma per quello che occorre fare. Una nazione che si sente, come la nostra, chiamata ai destini che le sono assegnati dalla sua storia, dalla sua situazione, dal crescente sviluppo delle sue forze; una nazione cui nulla di ciò che accade nel mondo può essere indifferente, ha per primo dovere di pren­ dere pieno possesso di sè medesima: deve volere che tutte le parti dei suo organismo abbiano funzioni armoniche; che scompaiano o si riducano alla mi­ nore misura possibile i disaccordi economici fra le ' diverse regioni; e clic alla unità politica, ormai co­ stituita su salda base, corrisponda quella potente unità di vita e di fini, che è frutto della comune prosperità. 11 raggiungere questa unità è quindi il primo dei doveri per tutti : che ogni provincia del Regno deve considerare che sua res agitar quando lo

stato anormale di una di essa turbi quella necessaria solidarietà che deve congiungerle tutte per il bene comune.

Ora lo stato anormale si verifica appunto in una fra le provincia più importanti del Regno, nella prima tra le nostre città ; ed è necessario ad ogni costo farlo cessare.

A questi concetti si è ispirata la Commissione nelle sue indagini laboriose, nei provvedimenti che essa propone; ai concetti medesimi essa si ispira nel riassumere brevemente le cause generali, alle quali, oltre a quelle particolari già esaminate nelle diverse parti di questa relazione, sono da attribuirsi i mali la­ mentati, additando i rimedi più acconci per porvi fine.

E queste cause sono:

L ’ insufficienza e 1’ errato indirizzo dell’ azione del Governo centrale.

L ’ insufficienza e l’ errato indirizzo dell’ azione dell’ autorità governativa e tutoria locale.

La irresponsabilità dei pubblici amministratori. L ’ a z io n e d e l G overn o.

L ’ azione del Governo nelle cose di Napoli è sta­ ta o insufficiente o mal diretta.

Dovunque il Governo abbia a /uta sede a Torino, a Eirenze, a Roma, per la maggior parte dei Mini­ steri che si sono succeduti, Napoli è statala «terra incognita, » e poiché si era certi che, politicamente, non sarebbe stata mai un pericolo, vedendosi anzi in essa, e con ragione, una città facile a governare, si trasse da questa sicurezza argomento per dispen­ sarsi da ogni seria preoccupazione.

E ben vero che di tanto in tanto qualche fatto rumoroso, lo scoppio di qualche scandalo determi­ navano i ministri del tempo a un’ inchiesta, a una, ispezione : ma siccome le rivelazioni che ne veni­ vano turbavano la desiderata quiete e potevano su­ scitare incidenti e fastidi, le relazioni andavano agli archivi. Tutto al più. quando non si poteva fare di­ versamente, o, quando lo consigliavano ragioni di convenienza o di opportunità, si procedeva allo scio­ glimento delle rappresentanze elettive. Ma da que­ sti provvedimenti isolati, temporanei, non deriva­ vano effetti fecondi, durevoli, e qualche volta le amministrazioni straordinarie aggravavano i mali che dovevano guarire.

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Ma argomento .di più sconfortanti riflessioni è il fatto che delle cause della continua, visibile deca­ denza e della necessità di studiare i mezzi per av­ viare questa città a migliori destini, non si preoc­ cuparono gli stessi rappresentanti che essa mandava al Parlamento; tutto al più questi miravano a qualche interesse di ordine locale secondario ; nessuno elevò la mente alla grandezza del problema.

E qui sarebbe indagine non inopportuna quella della influenza delle rappresentanze politiche di Na­ poli sul Governo, del Governo sulle rappresentanze stesse, dal liffil in poi : si dovrebbero ricercare gli effetti di questi rapporti nell’ indirizzo dell’ azione dello Stato verso Napoli; determinare, con 1’ indica­ zione di nomi e di fatti, il carattere di questi rap­ porti in ordine ai voti dati in Parlamento, alle di­ verse combinazioni politiche, e alla loro connessione con la vita amministrativa di Napoli ; accertare nei vari periodi della storia del Municipio e della pro­ vincia la ripercussione delle vicende parlamentari, indicarne le conseguenze.

Ma questa indagine, che pure getterebbe tanta luce sulla questione di Napoli, e che potrà essere compiuta da chi ne abbia la legittima competenza e l’ autorità necessaria, la Commissione ha creduto di non dovere intraprenderla, come quella che, condu­ cendola sul terreno politico, mentre essa ha un man­ dato amministrativo.

Tranne la legge sulla unificazione dei debiti re­ dimibili del Comune (1881) e quella del Risanamento (1885), nessun provvedimento di indole generale ven­ ne adottato per Napoli, ma soltanto espedienti fram­ mentari e di temporaneo effetto. E per risultato si è avuta la rapida dispersione dei milioni, dei prestiti e 1’ aumento degli oneri per pagarne gli interessi e 1’ ammortamento.

Quindi è che la Commissione, nel presentare le sue proposte, ha voluto sostituire al sistema degli espedienti un complesso di provvedimenti organici, intesi a sistemare con criteri economici la finanza comunale. L ’ intervento che si chiede allo Stato, se a primo aspetto, e anche in una certa misura, rap­ presenta un temporaneo sacrificio della nazione per Napoli, quando si esamini nella sua indole e nei suoi risultati reali, apparirà, non come atto di semplice liberalità da porsi a carico dei contribuenti italiani, sibbene come un atto di previdenza, che si tradurrà in un vantaggio generale per la nazione medesima. Ristabilita l’ amministrazione di Napoli in condi­ zioni morali, ne verrà un rinascimento economico fecondo di risultati, grazie al quale avranno vita risorse latenti o neglette, che abbondano e che at­ tendono per svilupparsi 1’ ordine, la moralità nel-1’ amministrazione, e la sicurezza.

L ’ azione d e lle a u to r i tà g o v e rn a tiv e . L ’ eloquenza dei fatti obbliga la Commissione ad affermare questa dura verità: l’ amministrazione co­ munale di Napoli non ha trovato, o ha trovato rara­ mente, nell’azione dell’ autorità locale quella vigi­ lanza e quella tutela che si richiedevano per impedire il verificarsi delle illegalità, delle irregolarità e degli errori summentovati.

Prefetti, Consigli di prefettura, Deputazione pro­ vinciale prima, Giunta provinciale amministrativa dopo, dal 1861 in poi, non sono evidentemente stati all’ altezza del loro compito.

E lo stesso giudizio dee farsi dell’ opera dei capi e del funzionamento di altri uffici: che intendenti di finanza, provveditori agli studi, questori, ed altri funzionari.

La provinola di Napoli ebbe alcuni prefetti ec­ cellenti, ne ebbe di mediocri ; ma questa distinzione fra le persone non basta per sè medesima a risolvere la questione, ce involge un’altra, più alta e comples­ sa, non ristretta a Napoli sola e la cui soluzione esce, per vero, dai confini della competenza di questa Commissione, che si limita a formularla; ed è questa : Le istituzioni amministrative vigenti danno esse al prefetto quella situazione, per la quale egli sia in grado di bene adempiere le molte, complesse, gravissime funzioni di vigilanza, di direzione e di azione che le leggi gli conferiscono ? La posizione dell’autorità cui è commessa la tutela della provincia, dei Comuni grandi e piccoli, è essa tale da renderla superiore agli ostacoli inerenti all’esercizio delle sue

funzioni? Occorrono riforme, e quali, per assicurare ai prefetti in ¡specie a quelli delle grandi provincie, la situazione necessaria che li ponga in grado di esercitare, senza trovare difficoltà, senza subire in­ fluenze, i loro poteri, assumendo la piena ed effet­ tiva responsabilità dei loro atti? Occorrono riforme, e quali, per mettere 1’ autorità tutoria in grado di compiere gli uffici suoi con l'efficacia e il prestigio necessari alla sua potestà, alla sua giurisdizione ? L ’ ordinamento delle diverse autorità locali, i loro rispettivi rapporti, i rapporti loro con le amministra­ zioni centrali sono essi tali da assicurare un’ armo­ nica combinazione di azione per il conseguimento del fine comune ?

La Commissione, nel limitarsi a formulare la quistione, anzi, questa serie di quistioni, non può tuttavia non esprimere il voto che vengano prese in ponderato esame dal Governo e dal Parlamento, convinta come è che da una sapiente soluzione di esse soltanto potrà derivare un salutare rimedio a molti dei mali, forse ai più serii, che ha dovuto ac­ certare nell’ esame dei rapporti fra le autorità go-vernatice e le amministrazioni locali. Certamente rimane il giudizio sulle responsabilità incorse da amministratori che non hanno corrisposto al loro compito : e questa Commissione non ha mancato di rilevarlo. Ma le sarebbe parso incompleto e non equo il giudizio se, accanto agli errori imputabili all’uomo non avesse posto quelli per l’apprezzamento dei quali si deve risalire all’ imperfetto ordinamento delle istituzioni, all’ azione, che queste esercitano sul funzionario.

Da queste considerazioni di ordine generale pas­ sando a quelle che sono più particolari alla pro­ vincia di Napoli, basta un rapido esame della storia dello diverse amministrazioni per vedere a qual punto sia arrivata la insufficienza della vigilanza e della tutela. Nel leggere le relazioni Astengo e Conti sul-1’ amministrazione provinciale, nella disamina di tanti atti dell’ amministrazione municipale, sorge irresisti­ bile la domanda: che facevano i prefetti, le autorità, tutorie, i Consigli di prefettura, quando avvenivano, quei disordini, quello sperpero del pubblico denaro? Quali cause hanno potuto far si che anche ammini­ stratori provetti, di carattere integerrimo, devoti al pubblico bene, non siano riusciti a dominare la si­ tuazione, a risanare 1’ ambiente, e abbiano dovuto limitare l’opera loro a fare il bene che era loro pos­ sibile, non a impedire il male, ma a riconoscerlo, a temperarne gli effetti ? E per pronunciare un nome, quello di uno dei più recenti fra i capi della pro­ vincia di Napoli, come si spiega che durante Pam -min strazione di G. Cavasola, riconosciuto a giusto titolo fra i migliori prefetti del Regno, si sieuo svolte in Napoli tutte le dolorose vicende del quadriennio 1898-1900? Una sola spiegazione è possibile: e g a b ­ biamo data : i vizi inerenti alle nostre istituzioni amministrative.

Da quanto precede si ha anche la spiegazione della insufficienza dell’ azione tutoria della Giunta provinciale, amministrativa; a questa insufficienza sono evidentemente dovuti in grandissima parte ai disordini che la Commissione ha dovuto verificare nell’ amministrazione di Napoli. ^

Tutte le deliberazioni le più illegali, le più ro­ vinose del Consiglio comunale di Napoli, sulle quali abbiamo innanzi portato la più severa censura, hanno avuto 1’ approvazione o 1’ autorizzazione del-l’ autorità tutoria.

Come poi la Giunta provinciale eserciti le sue funzioni tutorie sugli altri campi della provincia, si è avuto modo di verificarlo, per i soli comuni di Portici e di Casoria; ma si posseggono elementi più che sufficienti per affermare con triste certezza che per gli altri la tutela non è migliore.

Quanto al Consiglio di prefettura, cui la leg-ge affida una delle più importanti funzioni, quella, cioè, di pronunciare sui conti consuntivi dei Comuni, an­ eli' esso venne meno ai suoi obblighi.

Giammai i conti consuntivi vennero esaminati e decisi nei modi e nei termini previsti dalle leggi e dai regolamenti, nè dal Consiglio comunale, nè dal Consiglio di prefettura di Napoli.

L ’ ultimo consuntivo approvato dal Consiglio di prefettura fu quello del 1892.

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