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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1396, 3 febbraio

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(1)

L ’ECONOMISTA

G A ZZETTA SE T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA. FINANZA, COMMERCIO,

BANCHI, FERROVIE,

IN TER ESSI PR IV A TI

Anno XXVIII ■ Voi, XXXII

Domenica 3 Febbraio 1901

N. 1396

GLI ERRORI DEL GOVERNO

e l e r e s p o n s a b i l it à d e l l a C a m e r a

Sotto questo stesso titolo la autorevole Gaz­

zetta del Popolo di Torino pubblica una let­

tera del deputato on. Carlo Rizzetti e la fa se­

guire da alcune considerazioni.

Dice l’on. Rizzetti, prendendo le mosse da al­

cune rampogne che il giornale di Torino ha

rivolte alla Camera, che « la Camera Ita­

liana è buona tanto quanto qualunque altra di

qualsiasi nazione, e ne ha date e dà prove

nelle grandi discussioni, come quella sulla ri­

forma universitaria, dell’emigrazione, eco. » Ag­

giunge poi che « il torto ed il male sta nel Go­

verno, che non sa adoperarla e farla funzio­

nare. La Camera è come un ¡strumento dal

quale un valente ricava cose mirabili, e che un

inetto sciupa insensatamente ». Nè, secondo

l’on. Rizzetti, vale obiettare che il Governo è

fatto dalla Camera, perchè, se in teoria dovrebbe

essere così, in pratica succede che « da dieci anni

o quasi, la Camera non ha mai fatto un Go­

verno, cioè nessun Ministero si è costituito sulla

base di un voto della Camera, come vorreb­

bero le più elementari norme costituzionali; e

quindi se alla Camera è tolta la più alta sua

prerogativa, quale è quella di appoggiare o

licenziare i Ministeri, dando alla Corona la

orientazione indispensabile per chiamare al

Governo coloro che sono dalla Camera indicati,

che colpa ha la Camera ? »

« Potrà pertanto, prosegue 1’ on. Rizzetti,

sembrare paradossale, ma il vero è che ormai

non è più la Camera che fa i Ministeri, ma è

il Governo che fa la Camera.

« Data questa situazione, invece di denigrare

la Camera dei deputati a tutto vantaggio dei

sovversivi clericali e socialisti, i giornali auto­

revoli, come è in prima linea la Gazzetta del

Popolo, farebbero opera altamente patriottica

se bandissero una crociata per ottenere :

I o che si separi la politica dall’ Ammini­

strazione, ciò che avrebbe per primo effetto di

condurre ad una maggior continuità di governo:

« 2° che si rispettino a rigore le norme

costituzionali, e nessun Ministero possa fuggire

e sottrarsi ad un voto della Camera nell’ ab­

bandonare il Governo.

« Quando la stampa tuonasse fieramente su

ciò, non si accetterebbero più le dimissioni di

ministri, se prima questi non avessero affron­

tato il verdetto della Camera e dal voto fosse

scaturito un orienamento per la successione. »

Questa costatazione di fatti è espressa molto

chiaramente, ma con soverchia sobrietà, perchè

si può dire che non da dieci, ma da venti anni

furono nominati Governi extraparlamentari ; le

numerose incarnazioni Depretis ne sono la prova

eloquente.

La Gazzetta di Torino, pur riconoscendo

esatta la costatazione dell’on. Rizzetti e deplo­

rando il fatto, ritorce l’argomento dicendo:

« Da dieci anni, nota l’on. Rizzetti, non è più

la Camera che fa i Ministeri, ma il Governo

che fa Camera. E perchè la Camera non ha

protestato? E sarà una Camera ideale, impec­

cabile e insindacabile, quella, che per la massa

neutra dei temperamenti ministeriali ad ogni

costo, accetta qualunque Ministero, si rassegna

a qualunque programma, anzi all’essenza di ogni

programma, e condanna così sè stessa alla

inazione?

« L’on. Rizzetti ha troppo senso di equani­

mità per non convenire che se una colpa grave

c’è stata e c’è nel Governo, ogni cittadino può

bene rammaricarsi che da parte sua la Camera

abbia da qualche tempo perduto le _ occasioni

di dimostrare il suo valore, e di distinguere le

responsabilità. »

E non si può a meno di trovare che dal suo

punto di vista anche la Gazzetta di Torino ha

ragione nel riversare, almeno in parte, sulla

Camera la colpa di questo stato di cose, che

ha finito per allarmare seriamente il paese.

A noi pare però che il motivo per il quale

in questa discussione sembrano aver ragione

tutti e due i contendenti, che pur affermano

cose diverse, sia perchè ambedue si fermano

agli effetti e non osano risalire alle cause di

questa lunga impotenza che si manifesta, così

nella Camera, come nei Governi che si succe­

dono.

E, a nostro avviso, la vera causa sta in ciò

che non vi sono nè uomini di Stato, nè partiti

che abbiano veri convincimenti sulle diverse

questioni che si agitano, o, se ne hanno, sono

così languidi nel difenderli che volentieri, in

nome di un falso opportunismo, li abbandonano

ad ogni momento; e non è raro lo scandalo del

Ministro o del capo partito che sconfessa se

stesso con una disinvoltura non certo commen­

devole.

(2)

mentali, furono i principali uomini di Stato

quelli che, assunti alla Presidenza del Consi­

glio dei Ministri, cambiarono più e più volte

di Colleghi, non pur cercando i nuovi da que­

gli stessi banchi da cui venivano i congedati od

i dimissionari, ma, per la vanitósa credenza di

esser necessari al paese e forse per il desiderio

della Corona di non moltiplicare le crisi, si indu­

cevano facilmente a prendersi come collabora­

tori alternativamente uomini dalla Estrema si­

nistra alla Estrema destra.

Problemi tra i più importanti vennero messi

sul tappeto ed offerti alla discussione, e poi

abbandonati come cose che non meritassero

più nemmeno la memoria; transazioni, che

avevano 1’ aspetto di vere dedizioni si videro in

Parlamento, nello stesso momento in cui si di­

scutevano leggi importanti, denaturandone cosi

il fondamentale concetto.

- E quest’ uso, diremo così, di non avere convin­

cimenti a cui tenere, passò naturalmente dagli

uomini di Stato maggiori ai minori, dai capi

partiti ai gregari. Della riforma amministrativa

colla abolizione delle provincie, chi si ricorda

più ? — della abolizione del lotto, come questione

di alta moralità, chi ha memoria, sebbene fosse

un caposaldo di programma ? E i Comuni ru­

rali da far nascere ? E la imposta progressiva

sùl l’entrata?.— E le burlette sui premi p e rla

marina mercantile ; coi dieci anni promessi

nella legge, è coi catenacci, modificati poi da

decreti-reali contraddicentisi ? E la riforma uni­

versitaria,.nella quale si perdè tanto tempo per

discuterne la légge, sapendo benissimo che non

avrebbe avuto seguito? Chi crederebbe oggi che

la riforma della Camera di Commercio parve

per qualche anno una questione di urgente ed

imminente soluzione? E non ebbe periodica­

mente momenti di attualità la abolizione delle

Sottoprefetture e dei Commissariati distrettuali ?

E non si finirebbe più nella non lieta enu­

merazione del tempo perduto e delle energie

sprecate a promettere senza fine, a disvolere

oggi, quello che si voleva ieri, a cambiare in­

dirizzo: con uno. scetticismo che disgusta, a so­

stenere e magari proporre oggi quello che si

è combattuto ieri.

E così la Camera nella divisione dei suoi partiti

edèLsuoi gruppi, è diventata impotente al bene

ed impotenti sono diventati i Governi. Gli uo­

mini più segnalati si sono iscritti alla scuola

delFoppartùnismo e, rinnegato ogni principio,

persa di vista ogni meta, credono di governare

e sono governati inconsciamente dagli eventi.

Non è più la nave che procede bordeggiando

per approfittare di ogni opportunità onde rag­

giungere il porto, ma è il tronco, inanimato ed

inconscio che è sballottato , dalle: onde, trasci­

nato dalle, correnti, spinto dai venti, e, perchè

si muove, erede di andare.ed invece è condotto.

E non è, soltanto, nei Ministeri tecnici che

si ò. vista questa fluttuazione e questa indiffe-

renza; ma esse .hanno imperato nelle più de­

licate incombenze che sono demandate al Go­

verno. Basta ricordare che, collo stesso Presi­

dente; del Consiglio e Ministro dell’ Interno,

l’ on. Boriasi di destra spiccata e conservatore,

succedette all’ on. Fortis di sinistra e radicale.

Quante volte e nei discorsi-programma dei

Ministèri e nelle esposizioni di qualche capo

partito e perfino nei discorsi della Corona, fu­

rono avanzate promesse di progetti di legge,

di cui non si erano ancora iniziati gli studi, e

furono annunziati con parole abbastanza vaghe

per permettete che il progetto, se mai si fosse

dovuto concretarlo potesse avere tanto una tìso-

notnia quanto un’ altra affatto diversa?

Egli è che in molti dei nostri uomini di Stato

manca quella cultura che è necessaria per a-

vere la cognizione esatta delle questioni che

vengono sollevate e poste dinanzi alla Camera;

egli è pur troppo che da noi non si fa della

politica di Stato, ma della politica da dilettanti.

L’ odierna situazione lo prova luminosamente.

La riforma tributaria a Bergamo

Dopo Milano e Bologna, che hanno attuata

una riforma tributaria fondata sull’ allarga­

mento della cinta daziaria, è venuta la volta

di Bergamo, che ha invece proceduto alla abo­

lizione della cinta daziaria, passando così da

comune chiuso a comune aperto. Basterebbero

questi esempi a dimostrare che una maggiore

autonomia locale in materia tributaria potrebbe

dare risultati notevoli, quali forse ora non è nem­

meno possibile di immaginare. Milano e Bolo­

gna spostando la cinta, ossia togliendo una

causa di forti sperequazioni tra gli stessi abi­

tanti del Comune, hanno potuto esentare dal

dazio molti prodotti di consumo generale e ne­

cessari. Bergamo, sopprimendo la barriera, ha

diminuito alcuni dazi ed ha introdotto il sistema

del dazio forese in tutto il Comune, cercando di

compensarne i difetti innegabili con la riforma

della imposta sul valore locativo e con l’appli­

cazione di quella sulla produzione della luce

elettrica e del gas luce, nonché con altri se­

condari provvedimenti. L’ esperimento di Ber­

gamo è indubbiamente del maggior interesse e

merita di essere conosciuto. Perciò, valendoci

delle relazioni gentilmente inviateci dal'sindaco

comm. G. L. Malliani, daremo un cenno della

riforma attuata in quella industre città.

Il Comune di Bergamo ha ora una popola­

zione di circa 47,000 abitanti, dei quali 20,000

press’a poco erano nella parte aperta del Co­

mune.

(3)

3 febbraio 1901

L’ E C O N O M I S T A

67

in caso di abolizione avrebbe potuto ricorrere

il Comune.

Accenniamo a questi primi studi per mo­

strare come la questione del .dazio, consumo sia

stata di buon’.ora affrontata a Bergamo ; ma,

senza seguire tutte le vicende che attraversa­

rono le ideo è le proposte delle varie ammini­

strazioni comunali di quella città, veniamo ad­

dirittura a considerare le ragioni in base alle

quali Bergamo preferì, sopra ogni altra cosa, di

trasformarsi da Comune chiuso in aperto e con

quali provvedimenti raggiunse tale scopo,

Bergamo è un centro industriale importante,

che per ragioni topografiche mal sopportava la

cinta daziaria; agli inconvenienti che essa pre­

senta sempre, si aggiungevano appunto quelli

provenienti dalla situazione della città. «La bar­

riera, si legge in una relazione di speciale Com­

missione, non solo è causa di tante ingiustizie e

di tante sperequazioni, ma eziandio serra in in­

tollerabili strette lo svolgimento normale della

economia cittadina e concorre a quella disper­

sione di forze che è una delle deplorate carat­

teristiche della città. » Vi è infatti la

città alta

o vecchia e la città bassa o nuova. Nel volume

della Terra del compianto prof. Marinelli, de­

dicato all’Italia, si legge a pag. 684 : la città

alta è anche la città vecchia dalle contrade

strette, e contorte, dai palazzi e dalle idee ari­

stocratiche e conservatrici. Le stesse grosse e

potenti mura, con le quali la munirono, dopo

che perdutala nel 1509,. la riebbero nel 1559 i

Veneziani, contribuiscono a darle un certo ca­

rattere medioevale, che contrasta con 1’ aspetto

della città bassa, la città moderna, dalle vie

ampie e diritte, percorse da tramvie a cavalli,

la città degli affari, del progresso e della vita

nuova.... Nel 1871 il comune contava 37,363

abitanti, cresciuti a 39,704 nel 1881, a 44,802

nel 1894 e a oltre 47,000, come si disse, nel

1899. Dei 39,704 abitanti del 1881 soltanto 6,522

abitavano la città alta, 17,297 la media e bassa,

il resto dimoravano nei borghi, che, per la mag­

gior parte fan seguito alla parte bassa, d’onde

irradiano lungo gli stradali suburbani, a sem­

pre maggior contrasto con la serrata acro­

poli, da cui sono dominati ').

Abbiamo notato tutto ciò, perchè si comprenda

che Bergamo si trovava in condizioni affatto spe­

ciali e che occorreva provvedere con maggiore

urgenza di altre città. Tra l’allargamento della

cinta daziaria e il passaggio da comune chiuso *

)

*) Bergamo, di antichissima origine, sorge bel la­ mento sul monte S. Vigilio, uno degli sproni più avanzati delle prealpi, fra il Brembo e il Serio, o f­ frendo, dal_ basso, attraente spettacol > di sé e, d al-

halto, vastissimo panorama che si estende sulle col­ line e sui fertili campi lombardi. La stazione ferro­ viaria è appena a 247 m. sul mare, e la eo5ì detta città Bassa o P ia n a di poco la supera, ma, percor- correndo la bella strada Vittorio Emanuele o meglio una funicolare (lunga 229 m.) a motore elettrico, si raggiunge la città alta, il cui punto culminante, la chiesa di Santa Maria Maggiore, è ben elevato 380 metri, ed è ancora dominato dal Castello, che su­ pera i 500 in. Cosi Bergamo, dopi Belluno (490 in.) o con essa, ha il vanto di essere il più alto capo- luogo di provincia che contino il Veneto e la Lom­ bardia (La T erra, voi. IV, pag. 684).

in aperto, fini per prevalere quest’ultimo con­

cetto e certo fu bene, perchè 1’ allargamento

della cinta avrebbe, a Bergamo, richiesto spese

veramente enormi, in paragone al reddito finan­

ziario del dazio consumo. Questo nella parte

chiusa del comune ha reso circa 555,000 lire

e in quella aperta 175,000 lire, in totale Ber­

gamo ricavava 730,000 lire, dalle quali anda­

vano tolte 200,000 pel canone governativo.

Per attuare l’accennata abolizione della cinta,

la Commissione del 1897 proponeva di conver­

tire ed unificare alcuni prestiti comunali, con-

traendone all’uopo uno di due milioni e mezzo,

ottenendo così una economia annuale di circa

74,000 lire e di applicare le nuove tasse sulle

biciclette, sui cavalli, sul consumo del gas e

della luce elettrica e quella di famiglia e di rima­

neggiare quella sugli esercizi e sulle rivendite, ot­

tenendo in pari tempo qualche maggiore reddito

dalle roggie e dal cimitero.

Con questo piano di riforme tributarie la per­

dita derivante dall’abolizione della cinta e dal­

l’applicazione del dazio forese a tutto il Co­

mune era compensata. E Bergamo poteva pen­

sare a un simile riordinamento tributario ap­

punto perchè, da un lato non era possibile con­

tinuare senza gravi inconvenienti nel sistema

vigente, dall’altro le imposte dirette già appli­

cate non erano in misura eccessiva. Con le pro­

poste della Commissione del 1897 le imposte e

tasse dirette che prima rendevano il 35.78 del-

1’ entrata complessiva, avrebbero reso il 53.41

per cento e le imposte indirette sui consumi

dalla percentuale del 49.36 sarebbero passate a

quella di 23.91.

Con deliberazione 19 giugno e 11 settem­

bre 1899 il Consiglio Comunale di Bergamo,

dando forma concreta alle aspirazioni della citta­

dinanza, determinava l’abolizione della cinta da­

ziaria pel 1° gennaio 1901. E i provvedimenti

finanziari in massima adottati erano questi ;

1° applicazione del dazio forese a tutto il ter­

ritorio del Comune con riserva di alcuni ritoc­

chi alla tariffa, somma preventivata L. 450,000

2° riforma della tassa sugli eser­

cizi e rivendite sulla base della ele­

vazione del massimo di lire 200 a

lire 250, maggiore introito previsto . »

5,000

3° applicazione di una tassa sulla

luce elettrica e sul gas luce, introito

p r e v is to ...»

25,000

4° riforma della tassa sul valore

locativo, adottando il sistema della

progressività a sensi di legge, mag­

(4)

maggior introito della tassa esercizi e riven­

dite, con 20,000 lire da ricavarsi dalla tassa

snl gas e l’energia elettrica, con 37,000 lire di

maggióre entrata dalla tassa sul valore loca­

tivo e infine con 16,000 lire dalla tassa sugli

equini. Ci riserviamo di far conoscere, in al­

tro momento, con qualche particolare, quéste

nuove tasse; intanto è bene avvertire che il

Comune di Bergamo ha stipulato un contratto

Cól Consorziò degli Esercènti per la esazione dei

dazi di consumo nel quinquennio 1901-1905 ;

esso si è così assicurato il gettito previsto nel

progetto di sistemazione delle entrate comunali.

La riforma tributaria attuata a Bergamo non

va giudicata nelle sue singole parti, ma nel suo

complesso ; altrimenti il giudizio non potrebbe

essere in tutto favorevole. Abolire la cinta da­

ziaria è certo un’ idea ottima, ma quando si

ricorre alla riscossione dei dazi secondo il si­

stema dei Comuni aperti, ossia presso gli eser­

centi per la vendita al minuto di date quantità

di prodotti tassati, si va incontro al pericolo di

fare una riforma a beneficio principalmepte degli

abbienti che vivono entro la parte chiusa del

Comune. Per togliere la stridente diseguaglianza,

di trattamento si può certo ricorrere ai tributi

diretti ed è quello che ha fatto il Comune di

Bergamo, specie col modificare la imposta sul

valore locativo.

Vi è adunque nella riforma di cui ci siamo

occupati un concetto che merita considerazione ;

ed è questo : se si possa e in che modo, con

qualche imposta diretta, compensare le spere­

quazioni risultanti fra i cittadini dall’ applica­

zione del dazio forese. Che Bergamo abbia ri­

soluto il problema non possiamo affermarlo ora

in alcun senso, perchè troppi elementi ci oc­

correrebbero per avere una cognizione precisa

della distribuzione del dazio forese e della im­

posta sul valor locativo. Ad ogni modo è certo

lodevolissima l’opera del Comune di Bergamo ;

anche se la esperienza mettesse in luce qualche

difetto, non sarà diffìcile alla Amministrazione

Comunale di toglierlo. La cura indefessa con

cui ha studiato la riforma tributaria in questi

ultimi anni nè affida pienamente.

L’Istituto Italiano di Credito fondiario

(esercizio 1900)

Per l’Istituto di Credito fondiario quello del

1900 fu un buon esercizio, non tanto perchè

sieno gli affari straordinariamente più numerosi

di quelli degli anni precedenti, che a ciò non con­

sentirebbe nemmeno la natura stessa della a-

zienda, ina perchè da nna parte questo decimo

esercizio segna un passo di più nel solido svi­

luppo della azienda, dall’altra parte si confer­

mano ancora, e vanno così diventando tradi­

zionali, certi speciali risultati che dimostrano

che cosa si può ottenere mediante una ammi­

nistrazione oculata e perseverante nei suoi

intendimenti e nei mezzi che adopera per

raggiungerli.

Come è già noto, il Consiglio di Amministra­

zione proporrà quest’ anno che siano distribuite

agli azionisti L. 24 per azione, essendo _ stato

l’ utile netto di L. 2,023,744.37, per cui Lire

100,205.19 vanno alla riserva, L. 1,920,000 agli

azionisti e L. 3,539.18 a conto nuovo.

Nei sei anni ultimi, gli utili netti sono stati ;

1895

L, 1,859,449 — 1898

L. 1,919,545

1890

» 1,913,011 — 1899

» 1,956,217

1897

» 1,917,185 - 1900

» 2,023,744

L’aumento è stato costante e gli azionisti

videro mano a mano che si sviluppavano gli

affari, rimunerato più largamente il loro ca­

pitale, il che è indizio sicuro di un sano equi­

librio nelle risultanze di vario genere che deb­

bono derivare dagli affari stessi. Cosi va pure

tenuto conto per lo stesso ordine di idee del

costante e cospicuo aumento delle riserve che

nei sei anni diedero le seguenti cifre :

R iserva R iserva speciale rise rv a speciale statu taria di sponibilo differita

1 8 9 5 .. . . 277,923 221,620 598, 034 1 8 9 6 .... . 370,595 221,620 1,064, 664 1 8 9 7 .. . . 465,907 225,000 1,098, 408 1 8 9 8 .. . , 560,831 225,000 2,528, 234 1 8 9 9 .. . . 655,748 225,000 1,828,267 1 9 0 0 .. . . 752,325 225,000 2, 037, 173

Nel complesso pertanto le tre riserve, dopo

dieci anni di esercizio, essendo il capitale di 40

milioni, sono arrivate alla cospicua cifra di

L. 4,114,703.

Le quali risultanze, diremo cosi patrimoniali,

son tanto più degne di considerazione, in quanto

la parte

o p e r a z io n i d i m u tu i

dà cifre ancora

più confortanti, poiché dimostrano che 1’ anda­

mento dell’amministrazione è tale che non re-

istra probabilità alcuna di subire delle per­

ite. Ond’. è che le riserve accumulate debbono

avere per gli azionisti tanto maggiore valore

quanto minore è la probabilità che avveni­

menti anche straordinari intervengano a dimi­

nuirne la entità.

Infatti il Consiglio di Amministrazione non

può prender atto dei risultati sulle scadenze,

se non con una soddisfazione pari alla compia­

cenza con cui la Direzione le presenta.

Nel 1900 vi erano le seguenti scadenze:

Per arretrato . . . 1899 L. 42,853.51 Per l a semestralità 1900 » 2, 797,367.76 Per 2* semestraliltà 1900 » 2 ,8 8 3 ,0 0 2 .2 4

T otale L. 5, 713, 227. 57

Ora l’esercizio 1900 chiude

s e n z a a lc u n r e s i­ d u o d a r is c u o te r e p e r g l i e s e r c iz i p r e c e d e n ti,

un residuo di appena L. 4,071 per la scadenza

del 1° semestre 1890 ed uno di L. 32,248 per

il secondo semestre.

(5)

3 febbraio 1901

L’ E C O N O M I S T A

69

agraria, è più che confortante ; giacché è la

più chiara dimostrazione non solo della dili­

genza con cui sono studiati i mutui prima di

concederli, ma ancora della assidua vigilanza

che la Direzione esercita su ciascuno di essi,

onde impedire che i clienti credano possibile una

fiacchezza nell’ esigere che sarebbe di danno

all’ Istituto ed a loro stessi.

Andremo esaminando in seguito alcune parti

dell’azienda, ora chiudiamo questo, breve, cenno

colle seguenti eloquentissime cifre, le quali

danno la misura della attività . dell’ Istituto e

dei suoi risultati.

Mutui stipulati nel decennio N. 1260

p e r ... L.

Cartelle vendute N. 111,285 .

. »

Arretrato di semestralità al 31 di­

cembre 1900... »

Fondi aggiudicati diproprietà del-

l’ Istituto al 31 dicembre 1900. »

R i s e r v a ... »

89.185.500

55.642.500

36,320

4,570

3,114,703

E non possiamo concludere che augurando

la continuazione di simile solido progresso.

l’ELEHElTO F ilf f li E L'ELEHTO M I M I T I ) ”

NELLA VALUTAZIONE DEL MINIMO REALE

La inaccettabilità del sistema proposto dal Governo

A noi sembra che sia opportuno far com­

pleta astrazione dalla sovrimposta e prendere

per base del minimo un dato fisso, che solo può

esser l’imposta. Il provvedimento àeWinesigi-

bilità condizionata dovrebbe esser applicato alle

proprietà gravate dall’ imposta di L. 12.50.

Ma, e la sovrimposta ?

Non si può, dichiarata inesigibile la quota

erariale, esigere la quota addizionale, ma con

quale criterio si provvederà al trattamento di

quest’ultima %

Due sono i metodi che si possono seguire :

1) prender per base la quota erariale di

L. 12.50 ed estendere il provvedimento ad una

quota addizionale proporzionale ;

2) prender per base la quota erariale di

L. 12.50 ed estendere il provvedimento ad una

quota addizionale di L. 12.50.

Spiegheremo l’uno e l’altro e vedremo quale

sia da preferire; prima però di iniziare questa

ricerca faremo una constatazione di carattere

generale, che investe il metodo proposto dal

Governo come pure gli altri due, che noi sug­

geriamo.

Il problema : se si debba prender per base

del minimo la quota complessiva o la quota

erariale, per alcune Provincie si riduce ad una

questione puramente formale ; per queste è in­

differente che si adotti l’ uno o l’altro criterio,

il prescegliere il secondo al primo è un

muta-l) Vedi il numero precedente Ak\V Economista.

mento di forma, perché essendo in esse il to­

tale delle sovrimposte, nel rapporto di 100:100

o si prenda per minimo la quota complessiva

di L. 25 o si prenda la quota erariale di Lire

12.50, il margine per la sovrimposta è sempre

quello di L. 12.50 o giù di li.

Sono 16 Provincie, che però vanno distinte

in due gruppi a seconda che la piccola diffe­

renza da L. 12.50 sia in aumento o in dimi­

nuzione ; risentono un piccolo beneficio 11 di

esse perchè, essendo la sovrimposta in un rap­

porto alquanto più elevato di 100 : 100, il prov­

vedimento si estenderà ad una quota addizio­

nale alquanto superiore a L. 12.50.

Cosi, ad esempio, ad Avellino, essendo la

sovrimposta provinciale del 59.3 per cento, e

del 45.2 per cento la comunale, la quota

addi­

zionale sarà leggermente superiore a L. 12.50

perchè al posto di L. 6.25 di provinciale e co­

munale figurano rispettivamente L. 7.41 e 5.65.

A Benevento la quota addizionale sarà 13.69

perchè, essendo il rapporto della provinciale

59.4 e della comunale 50.2 per cento, al posto

di L. 6.25 andranno rispettivamente L. 7.42

e 6.27.

A Brescia avviene lo stesso, perchè nè la

sovrimposta provinciale nè la comunale sono

nel rapporto 50 : 100, ma un po’ meno la prima

36.8, e un po’più la seconda 72.1 ; onde la quota

addizionale sarà superiore a 12.50 e precisa-

mente 13.61.

Come a Benevento ed a Brescia avviene a

Cremona : essendo la sovrimposta comunale nel

rapporto di 42,2 e la provinciale nel rapporto

di 66.9, la quota proporzionale è 13.63.

Lo stesso fenomeno avviene, in misura più

sensibile, a, Campobasso', essendo i centesimi

addizionali 79.4 per la Provincia e 34.1 pel

Comune, non può la quota addizionale essere

12.50 perchè quella provinciale è superiore al

6.25 e quella comunale inferiore ; ma sarà 14.18.

Milano e Salerno sono pressoché nello stesso

livello : nella prima, la quota addizionale, sarà

13.81, nella seconda 13.78, e ne è evidente la

causa. A Milano la sovrimposta provinciale è

quasi inferiore della metà al limite normale,

onde la quota sarà inferiore a L. 6.25, quasi

della metà ; ma questa diminuzione è compen­

sata, anzi sorpassata da un corrispondente e-

levamento della comunale, la quale fa sì che

la quota addizionale si elevi alquanto su 12.50.

A Salerno i centesimi comunali sono 40, quindi

la quota comunale non sarebbe 6.25 ma 5 ; vi­

ceversa poi sono più elevati i centesimi pro­

vinciali, onde la quota provinciale supera un

pochino il 12.50.

Per il maggior elevamento va annoverato

Chieti, Potenza, Novara, per il minimo Roma.

(6)

Posta come minimo la quota erariale di Lire

12.50, la quota addizionale sarà:

con elevam ento nel lim ite norm ale

1. 14.56 a Chieti ripartita j g' ^3 ^ ^ 96 2. 14.55 » Potenza » 3. 14. 18 » Campobasso » 4 14.04 » Novara » 5. 13. 81 » Milano »

6.

13.

78 »

Salerno » 7. 13.69 5 Benevento » 8. 13.63 » Cremona » 9. 13.61 » Brescia - » 10. 13. 17 » Koma » 11. 13. 06 » Avellino »

Siccome l’ interessante è di vedere quali sieno

gli effetti nelle varie regioni d’ Italia, poniamo

le provincie nei rispettivi compartimenti :

£.2 Provincie, in cui nel minimo di L.25 ° § O S3

S 'm * 2

fc * •Ü

Com partim enti e n tra la quota addizionale in proporzione d i poco superiore a lla e rariale

a | Ö ?

1 Piemonte Novara 1

o

a Lombardia Brescia, Cremona, Milano 2

9 Roma Roma 3

10 Abruzzi Campobasso, Chieti 4

11 Campania Avellino, Benevento, Salerno 5

13 Basilicata Potenza 6

In queste 11 Provincie la differenza massima

è di L. 2 e qualche centesimo, onde si può per

esse supporre che la quota di sovrimposta si

bilanci con la quota d’ imposta.

Vedremo poi come la piccola differenza in più

agisca sull’ erario pubblico e sui contribuenti.

Le altre 5 Provincie, per le quali dicemmo

che la quota addizionale è alquanto inferiore

alle L. 12.50, sono Bari, Caserta, Lecce, Na­

poli, Torino, le cui quote sono le seguenti :

diminuzione rispetto quota • alla normale

Torino L. 11,57,

di L. 0.93

Caserta

(10.81 ( 1.69

Napoli

* 12.22 ( 0.28

Bari

(17.17

( 0.33

Lecce

* (11.99

ì 0.51

In queste 5 Provincie, di cui la prima è nel

Compartimento catastale Piemontese, la seconda

e la terza in quello di Campobasso, e le due

ultime in quello Pugliese, il limite delle sovrim­

poste è di poco inferiore al normale, onde se

C O .15 I 4.40 ( 9.92 ( 4.26

i 6.21

) 7.83 3 55 10. 26 8. 78 I 5.0 0 t 7.04 ì 6. 27 \ 5.27 ( 8. 36 S 4.60 I 9.01 4.40 8. 77 7. 41 5. 65 2.0 5 1.68 1.54 1.31 1.28 1.19 1. 13

1, 11

0. 67 0. 56

non può la loro quota addizionale

essere 12.50

non è nemmeno di molto inferiore ; la differenza

màssima si ha per Caserta con L. 1.69, che,

ripartita tra Comune e Provincia dà una per­

dita, pei contribuenti, di centesimi 84 e un e-

guale guadagno per le finanze locali : una dif­

ferenza sì piccola non impedisce di presupporre

che le due quote, erariale

e addizionale

si bi­

lancino.

#

* *

Passando ora ad esaminare il primo metodo

da noi suggerito, una circostanza va subito

messa in evidenza e cioè: se si adottasse per

la valutazione del minimo la quota fissa era­

riale di L. 12.50, estendendo il provvedimento

ad una. quota proporzionale addizionale, vari

sarebbero gli effetti nella maggior_ parte dei

compartimenti, e precisamente in tutti quelli, nei

quali non esiste neppure approssimativamente,

il rapporto 100 : 100 della sovrimposta alla im­

posta.

Togliendo quei pochi che abbiamo enumerato,

in tutti gli altri va esaminato l’effetto di una

tale applicazione.

La categoria per la quale sarebbe indiffe­

rente partire dalla quota complessiva o dalla

quota erariale, è composta di 11 provincie spet­

tanti a soli 7 compartimenti, 3 dei quali, il ro­

mano, il campano e quello della Basilicata sono

completamente indifferenti alla soluzione del

quesito che per loro ha un’importanza solo

formale: siccome hanno la sovrimposta nel

limite normale, ossia tanto alta quanto l’im­

posta, la quota complessiva sarà costituita da

due parti eguali, 1’ una erariale l’altra addizio­

nale ; e nel caso concreto, il minimo comples

sivo di L. 25 risulterà formato da L. 12.50 e-

rariali e da altre 12.50 addizionali; onde, o si

dica che il minimo è di L. 25 complessive, o

di L. 12.50 erariali più una quota addizionale

proporzionale (che qui è uguale) si giungerà

sempre alla quota di L. 25.

Ma questi sono soli 3 compartimenti, per gli

altri 13 adunque, la questione suddetta ha una

importanza sostanziale perchè la preferenza per

1’ una o per l’altra soluzione può esser dettata

da una politica di regione. Tra questi 13 vanno

in parte esclusi alcuni altri, ossia il piemontese,

perchè ha nella prima categoria due delle sue

provincie : Novara e Torino; il lombardo, perchè

ha nella prima categoria 3 provincie : Brescia,

Cremona, Milano ; l’abruzzese, perchè ha nella

prima categoria due provincie: Campobasso e

Chieti; il pugliese, perchè ha nella prima ca­

tegoria due provincie : Bari e Lecce. Onde la

questione investe completamente 9 comparti-

menti e in parte 4 :

1. Piemonte, solo in parte, ossia per 2 Provincie su 4; 2. Liguria, per intero;

3. Lombardia, solo in parte, ossia per 5 Prov. su 8 ; 4. Veneto, per intero :

5. Emilia, »

6. Toscana, »

7. Marche, »

(7)

3 febbraio 1901

L’ E C O N O M I S T A

71

9. Abruzzi, solo in parte, ossia per 2 Provincie su 4; |

10. Puglia » » 2 » su 3; !

11. Calabria, per intero;

12. Sicilia »

13. Sardegna »

Sono 53 Provincie, nelle quali la sovrimposta

supera il limite normale 100 :100 di una quan- !

tità considerevole, onde non potevamo parlarne

cumulativamente con le altre 16, ma dobbiamo

farne una seconda categoria : se si prende per

base L. 12.50 erariali, la quota -proporzionale

addizionale non è 12.50, ma ben superiore ;

si verificherà su questa una differenza in più,

che poi vedremo come agisca rispetto ai con­

tribuenti e rispetto allo Stato.

Intanto, disposte in ordine, a seconda della

più o meno alta quota proporzionale addizionale,

le provincie sono le seguenti :

tra la quota addizionale di L. 51.84 e

quella di L. 31.99 le provincie di Sondrio, Bel­

luno e Porto Maurizio ;

tra L. 28.81 e L. 25.03, Rovigo, Ravenna,

Ferrara, Grosseto, Udine, Reggio Calabria, Ve­

rona, Massa, Pesaro, Lucca;

tra L. 24.66 e L. 20.38, Padova, Forlì, Pisa,

Treviso, Siena, Girgenti, Caltanisetta, Parma,

Arezzo, Como, Ascoìi, Bergamo ;

tra L. 19.98 e L. 19.29, Alessandria, Pia­

cenza, Bologna, Firenze, Cosenza, Livorno ;

tra L. 18.96 e L, 18.01, Trapani, Messina,

Aquila, Vicenza, Venezia;

tra L. 17.88 e L. 17.02, Macerata, Perugia,

Ancona, Teramo ;

tra L. 16.76 e L. 16.07, Mantova, Genova,

Sassari, Modena, Cuneo, Reggio Emilia ;

tra L. 15.99 e L. 15.07, Cagliari, Foggia,

Pavia, Palermo, Catania e Siracusa ;

e finalmente con una quota addizionale di

L. 14.85 la sola provincia di Catanzaro.

Con questo sistema si verifica il fatto che la

quota proporzionale addizionale è tanto più

alta quanto più alto è il rapporto tra l’imposta

e la sovrimposta. Così a Sondrio, siccome la

sovrimposta provinciale è il doppio e più della

normale, anche la quota proporzionale sarà il

doppio di L. 6.25 e più, e quindi sarà 13.17 :

parimenti, essendo la sovrimposta comunale

sestupla della normale, anche la quota propor­

zionale dev’ essere tale.

Rispetto alla sovraimposta dunque si avrebbe

una disparità di trattamento perchè — fermo

restando in tutto il Regno il beneficio per la

quota erariale di L. 12.50 — la quota addizio­

nale varierebbe da L. 51.84 a 33.88 in Belluno ;

a 27.43 in Reggio Calabria ; a 25.47 in Pesaro;

a 23,40 in Girgenti ; a 21.09 in Ascoli; a 19.45

in Firenze; a 18.96 in Trapani; a 16.27 a

Sassari ; a 15.99 a Cagliari ; sino a 14.85 a

Cosenza, superando ancora la quota addizionale

normale.

E’ chiaro però che sino a L. 12.50 siamo

nel limite normale, onde vanno limitate le no­

stre ricerche alla quantità superiore, i cui ef­

fetti ci si riveleranno quando avremo distri­

buito le Provincie nei rispettivi Compartimenti :

Aumento della quota

addizionale Numero sul lim ite

norm ale progressivo

Compartimenti Provincie di L. 12.50 d’aumento

Alessandria Lire 7. 48 26

Piemonte j Cuneo » 3.58 45

Liguria | GenovaPorto Maurizio . > 19.49» 3.8 3 423

r Bergamo » 7 .8 8 25 L Como » 8 .6 9 23 Lombardia / Mantova » 4 .2 6 41 f Pavia » 3 .3 5 49 { Sondrio » 39. 34 1 Be'in no » 21 33 ¡j Padova » 12. 16 Î4 Rovigo » 16. 31 4

Veneto <1 Treviso 1 Udine » 11.73» ¡5 .2 3 178

1 Venezia » 5.51 36 Verona » 14.57 10 Vicenza » 6 .0 2 35 / Bologna » 7. Od .28 , -v | Ferrava » 15. 99 6 j Forlì » 12. 11 15

Emilia ;1 Modena i Parma » » 3.6 8 9.2 7 4421

1 Piacenza » 7.01 27 Ravenna » 16. 11 5 i Reggio Emilia » 3.5 7 46 1 Arezzo » 9 .2 5 22 Firenze » 6 .9 5 29 1 Grosseto » 15.75 7

Toscana 1 Livornoj Lucca » » 13.476 .7 9 3112

1 Massa » 14.48 11

Pisa » 12.06 16

\ Siena » 11.06 18

1 Ancona » 5 .0 8 40

Ma rche ) Ascoli) Macerata » » 8.595 .3 8 2438 f Pesaro c Urbino ». 12.97 13

U mbria ! Perugia » 5 .1 6 39

Abruzzi i Aquila j Teramo » » 6. 18 5.4 8 3437

Puglie i Foggia » 3.3 6 48 1 Catanzaro » 2 .3 0 58 Calabrie < Cosenza » 6 .8 4 30 ( Reggio Calabria » 14.93 9 I Caltanisetta » 9 .8 8 20 1 Catania » 2 .5 9 51 \ Girgenti » 10.90 19 Sicilia \ Messina » 6 .2 0 33 1 Palermo » 2 .6 3 50 1 Siracusa » 2.5 7 52 \ Trapani 1 6.4 6 32

Sardegna l Cagliari ( Sassari » » 3 .4 9 3.7 7 47 43

I Compartimenti, in cui la quota addizionale

proporzionale — alla quale dovrebbe essere

esteso il provvedimento — presenta un mag­

gior aumento sulla normale, sono comprési di

preferenza nell’ Italia settentrionale.

Si potrebbe anche annoverare Girgenti per

la Sicilia, Reggio per la Calabria, Pesara-Ur-

bino per le Marche, e alcune Provincie per la

Toscana, ma saremmo tuttavia bea lontani dal

livello del Settentrione.

(8)

altissima, tranne che a Pavia, Mantova, Ge­

nova, Venezia, Modena, Reggio Emilia.

Le conseguenze della applicazione del prov­

vedimento a questa maggiore quota sono di­

verse secondo che si abbia riguardo alle finanze

pubbliche o a quelle dei contribuenti; s sic­

come le colpite sarebbero le finanze dei comuni

e delle provincie, è indispensabile che si cono­

sca quale è la quota

comunale

da sostituire

alla

normale

è quale la quota

provinciale

da

sostituire parim enti alla normale ; giacché la

differenza tra la quota che ora riferiremo e la

quota normale, ossia di L. 6.25 è appunto la

m isura del vantaggio dei contribuenti e la mi­

sura della perdita a carico delle Provincie e dei

Comuni rispettivi. In base ai dati che espor­

remo sarà possibile constatare gli effetti pei

Comuni e per le Provincie :

PR O V IN C IE M w •

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5. 35

117.1

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14. 63

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fl19. 98

A n con a...

57.9

7.23

82.8

10. 35

17.58

A quila...

82.3

10. 28

67.2

8. 40 18.68

Arezzo...

47.0

5. 87

127. 1 15.88 21. 79

Ascoli P iceno..

68.6

8. 57

100.2

12. 52 21.05

A v e llin o ...

59.3

7.41

45.2

5. 65 13.06

B a r i...

34.5

4.31

62.9

7. 86

12.17

B ellu n o...

70.7

8. 83 200.4 25. 05 33.88

Benevento...

5. 94

7.42

50.2

6.27

13. 69

Bergam o...

52.2

6. 90 107.9

13. 48 20. 38

Bologna...

61.9

7-73

94. 2 11. 77 15. 50

B rescia ...

36.8

4.60

72.1

9.01

13.61

Cagliari...

76.7

9. 58

51.3

6.41

15. 99

C altanisetta.. .

83.4

10.42

95.7

11,06

4.26

22.38 C am pobasso.. . 79 .4 9.92 34.1 14.18 C a se r ta .. . . . 3 4 .7 4. 33 51 .9 (3. 4b 10. 81 C a ta n ia ... 67. 1 8.38 53.7 6.71 15. 09 Catanzaro... 58 .7 7. 33 60.2 7. 52 14. 85 C h ie ti... 70.7 8. 83 45. 9 5. 73 14. 56 Como... 5 3 .3 6. 66 116.3 14. 53 21.19 Cosenza... 9 7 .3 12.16 57.5 7al8 19.34 Cremona... 4 2 .2 5 .2 7 66.9 8. 36 13. 63 C u n eo... 44 .7 5. 58 83.0 10. 50 17. 08 Ferrara... 8 0 .7 10. 08 147.3 18.41 28. 49 F iren ze... 4 7 .2 5.9 0 108.4 13.55 19. 45 F oggia... 49 .7 6.21 77 .2 9. 65 15. 86 F o r lì... 6 7 .6 8. 45 129.3 16. 16 24.61 G en o v a ... 5 5 .0 6. 08 74. 8 9,35 10.18 16. 33 G irg en ti... 105.8 13. 22 81.5 23. 40 G rosseto... 94 .4 11.80 211.6 26.45 38. 25 Lecce... 3 9 .5 4 .9 3 56 .5 7. 06 11.99 Livorno... 48.6 6.07 105.8 13. 22 19. 29 L u c c a ... 75 .8 9. 47 114.5 15. 56 25.03 M acerata.. . . . . 4 9 .8 6 .2 2 93.3 11.67 17. 88 M antova... 49. 1 6 .1 3 85. 3 10. 63 16. 76 Massa e Carrara 9 4 .5 11.81 113.7 14.21 26.02 Messina... 8 2 .0 10. 25 67.6 8. 45 18. 70 Milano... 2 8 .4 3 .5 5 82.1 10. 26 13. 81 Modena... 59 .1 7. 38 70 .4 8. 80 16.18 N ap oli... 35 0 4. 37 62.8 7. 85 12. 22 N o v a ra ... 4 9 .7 6.21 62.7 7. 83 14.04 P a d o v a ... 5 6 .1 7.01 141.2 17. 65 24. 66 P a lerm o ... 9 4 .3 8. 03 56.8 7.10 15.3 Parm a... 6 7 .2 8. 40 107.0 13.37 21. 77 P avia... 3 4 .6 4 .3 5 92.0 11.55 15. 85 P eru sia ... 5 6 .0 7 .0 0 8 5 .3 10. 66 17. 66

Pesaro e Urbino

8 4 .8 10. 90 1 1 9 .0 14.87 25.47 P R O V IN C IE OR

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(Continua).

L . Nin a

Una risposta della Mediterranea

In risposta ad alcune osservazioni pubblicate dalla Gazzetta del Popolo di Torino, circa le gravi defi­ cienze del servizio ferroviario, al giornale stesso è pervenuta la seguente comunicazione ufficiosa cbe è utile conoscere :

« L’articolo contenuto nel numero del 5 corrente della Gazzetta del Popolo tende a dimostrare che la Società Mediterranea non ha saputo o voluto trarre dalla costruzione della linea succursale dei Giovi quei benefizi che si potevano legittimamente sperare a vantaggio dei commercio nazionale.

« Benché la Mediterranea abbia già dato delle spie­ gazioni, pure data l’importanza della questione, non è superfluo continuare il discorso.

« Anzitutto si può osservare che il confronto fra il numero dei treni segnati nell’orario del 1888 per l ’ascesa del tronco Pontedecimo-Busalla, ed il numero dei treni portato dall’orario attuale per la salita sulle due linee dei Giovi, non ha carattere di prova rispetto alla tesi del giornale.

(9)

L’ E C O N O M I S T A

73

3 febbraio 1901

« Quindi, limitandoci all’esame del movimento delle sole merci, il criterio che meglio d’ogni altro può va­ lere a dare un’ idea dell’ aumento verificatosi dal­ l’anno 1888 al 1900, è quello del tonnellaggio della merce caricata in quegli scali marittimi, merce che è diretta alle linee dei Giovi in ragione di circa tre quarti del carico totale. Ora le statistiche dim ostrano che il tonnellaggio della merce che ascese ì Giovi nel 1900 f u a ll' incirca doppio di quello del 1888.

« Tale notevole aumento è stato reso possibile da­ gli importanti lavori eseguiti nel porto di Genova dopo il 1888, e solo quando, coll’esecuzione di nuove opere nel porto, sarà accresciuta la potenzialità fei- roviaria di quegli scali, aumenterà ancora l’ intensità del traffico che le linee dei Giovi sono chiamate a smaltire; ed è appunto in previsione di ciò che si sono eseguite e si stanno eseguendo opere di miglio­ ramento destinate ad aumentare la potenzialità di quelle linee.

« Intanto nel 1900 il servizio ferroviario sulle due line dei Giovi fu tale da corrispondere giornalmente alle necessità del porto, e lo dimostra il fatto che i carri caricati durante il giorno vennero sempre inol­ trati a destino nella notte successiva, senza _ che si verificassero mai delle rimanenze per ritardato inoltro.

« E se il carico negli scali marittimi non fu mag­ giore, sebbene in qualche periodo dell’anno le richie­ ste del commercio non abbiano potuto essere comple­ tamente soddisfatte, ciò non devesi attribuire a de­ ficiente potenzialità ed utilizzazione delle linee dei Giovi, ma alla potenzialità limitata degli impianti portuari, ed in parte anche alla limitata quantità di carri disponibili in quei periodi, in cui, per l’accu­ mularsi di diverse circostanze, crebbe in modo ec­ cezionale la richiesta dei carri nelle stazioni interne della rete.

« Quindi al commercio non derivò alcun danno dal fatto che nel 1900 la Mediterranea utilizzò la linea vecchia dei Giovi in modo molto limitato per il tra­ sporto delle merci, valendosi invece per queste, fin dove era possibile dalla linea succursale, di esercizio più sicuro e più economico.

* Non è poi il caso di prendere in considerazione il movimento delle merci in discesa verso il porto, pel quale la potenzialità delle linee dei Giovi è tale che certamente non sarà raggiunta dall’ intensità del traffico, quand’anche esso dovesse di molto svilup­ parsi. E le sospensioni ripetute dell’accettazione delle spedizioni per Santa Limbania non dipese da insuf­ ficienza delle linee d’accesso, ma, come è noto, dagli ingombri che si verificarono in quello scalo per in­ sufficienza delle fronti destinate all’ imbarco, e per la mancanza di spazi per il deposito temporaneo delle merci dirette oltre mare.

« Con ciò non si è mirato a dimostrare che il ser­ vizio sulle linee dei Giovi è fatto dalla Società in modo perfetto e scevro di mende, ma di fronte alla speciale questione sollevata da un giornale autore­ vole come la Gazzetta del Popolo, giova chiarire che le due linee dei Giovi sono state sinora utilizzate nei limiti del bisogno, in modo cioè da smaltire il fraf- fico di cui è stato capace il porto, e non si avrebbe ragione di lamentare la preferenza data alla linea succursale, tanto più che la linea vecchia riservata come sussidiaria, non potrebbe oggi disimpegnare un movimento pari a quello raggiunto prima del 1889 con sistemi di esercizio che oggi non sono più am­ messi, perchè non rispondenti a quelle garanzie di sicurezza ed a quei criteri di umanità che dal pro­ gresso della tecnica si ha diritto di esigere nell'eser­ cizio ferroviario. »

R iv is t a B ib lio g r a fic a

0. Ammon. — L ’ordre social et ses bases natarelles. Esquisse d ’ime anthroposociologie. T ra d u it sur la seconde édition allemande p a r H : M uffang. - - Pa- x-is, Albert Fontemoing, 1900, pag. xxvil-5115 (10 franchi).

L’autore seguendo il Weismann afferma la

onnipotenza della selezione naturale _e si ado­

pera a dimostrare che questa funziona nella

specie umana esattamente come nelle specie

inferiori. Come - egli dice - nella lotta animale

per la vita i più forti e migliori trionfano, men­

tre i peggiori languono o si estinguono, altret­

tanto avviene nella società umana. E poiché i

vincitori della lotta sociale sono i ricchi, i ca­

pitalisti ed i proprietari, mentre i vinti sono i

poveri ed i lavoratori, cosi secondo il Loria,

l’Arnmon si arrovella a provare questa tesi sba­

lorditola che forte e ricco, debole e povero sono

sinonimi, o, in altre parole, che i ricchi sono

tutti uomini di genio o d’ ingegno, ed i poveri

tutti cretini. A tale intento egli incomincia dal

classificare gli uomini secondo il loro ingegno

e trova che essi dispongonsi in conformità ad

una curva binomiale, o ad una parabola. E un

andamento analogo presenterebbe la curva dei

redditi. Dal combaciamento della curva dei red­

diti con quella degli ingegni egli trae la di­

mostrazione che la ricchezza è il correlativo

infallibile dell’intelletto, che la proprietà è il

serto terreno del genio, che un uomo è tanto più

ricco, quanto e perchè la sua intelligenza è

maggiore.

La differenza psicologica e morfologica delle

classi sociali, la ineguaglianza ereditaria delle

attitudini umane e la loro ripartizione matema­

tica secondo il calcolo delle probabilità, l’u-

sura più rapida delle popolazioni urbane e delle

classi sociali superiori, la loro eliminazione e

il loro rinnovamento mediante il contributo

incessante degli elementi rurali, tali sono i fatti

elementari che servon di base alle teorie del-

l’Ammon. In politica è piuttosto un conservatore,

ma un conservatore che favorisce talune riforme

sociali pur volendo ch’esse prendano per punto di

partenza le realtà constatate scientificamente.

Ammiratore della politica bismarckiana, parti­

giano delle misure protettive in favore della clas­

se operaia, è anche avversario risoluto del suf­

fragio universale, del socialismo rivoluzionario

dei Liebknecht e dei Bebel, dell’ internaziona­

lismo, dell’anarchismo e in generale di tutte le

teorie metafisiche letterarie oggi alla moda.

Il libro deil’ Ammon comprende due parti :

la prima tratta della teoria dell’ordine sociale

secondo le scienze naturali ; la seconda delle ap­

plicazioni pratiche della teoria sociale secondo le

scienze naturali. Le molteplici questioni che son

trattate dall’A. rendono interessante questo li­

bro, che è certo assai discutibile in alcuni punti.

Ludwig Stein. — L a question sociale au point de vue philosophique. — Paris, Alcan, 1900, pag. 506 (10

franchi).

L’opera dello Stein è uscita nel 1897 e la

edizione originale comprende tre parti : la prima

tratta delle forme primitive della vita sociale e

(10)

della vita in comune; la seconda contiene una

storia della filosofia sociale e la terza espone

i principali tratti di un sistema di filosofia sociale.

La edizione francese si limita alla prima e all’ul­

tima parte e rinvia a più tardi la pubblicazione

della seconda che ha carattere storico. Il libro

dello Stein dimostra nel suo autore una larga

cultura e riesco utile perchè riassume molte

teorie e tendenze sui principali fatti sociali e

fornisce molte utili indicazioni a chi voglia stu­

diare questo e quell’argomento che si riannodi

alla questione sociale. Ma dal punto di vista

economico non offre nulla meritevole di parti­

colare menzione, e da quello filosofico si limita

a sostenere una specie di socialismo giuridico,

per usare la espressione che fu già in voga da

noi. Ad ogni modo il lettore potrà vedere trat­

tate nello studio dello Stein con molta dottrina

filosofica questioni sociali contemporanee, che

non è possibile passare sotto silenzio. Per

questo segnaliamo il libro dello Stein, sebbene

esorbiti dal campo puramente economico.

John Jay Knox. — A history o f banlcing in thè Uniteci States. New York, Bradford Rhodes and Co. 1900, pag. xxu-880.

assai suggestivi e istruttivi ed è desiderio ve­

ramente giustificato che questa bella opera sia

tradotta in italiano e letta e criticamente ana­

lizzata anche nel nostro paese.

Rivista Economici

L’industria dei bestiame in ItaliaIl marchio sui

metalli preziosiLe riforme finanziarie del Por­

togallo.

L’ industria del bestiame in Italia. — E stato distribuito ai membri del Parlamento il progetto sulla polizia sanitaria degli animali, che l’on. Carcano ha calcato su quelli già presentati dagli on. Guicciar­ dini e Fortis, con aggiunte e varianti suggerite da­ gli elementi che raccolsero le Commissioni parla­ mentari, le quali esaminarono i due disegni prece­ denti

La necessità di una legge di polizia veterinaria, diretta ad infienare e spegnere le malattie infettive non ha bisogno di essere dimostrata. Basterebbe l’ in­ cremento preso dall’allevamento e quindi dalla pro­ duzione e dal commercio del bestiame in Italia, per indurre il Parlamento a sollecitare, senza perderai in quisquilie, l’approvazione del nuovo progetto.

Per ora ci limitiamo a riassumere alcune cifre

sta-L’Autore non ha avuto la consolazione di

vedere ultimata questa*sua storia delle banche

negli Stati Uniti. Egli veramente ha scritto sol­

tanto la prima parte, ossia poco più di trecento

pagine che trattano delle banche e dei banchieri

sotto il regime delle leggi federali ; la seconda

parte dedicata alle banche sotto il regime delle

leggi dei singoli Stati è stata scritta sulle note

dello stesso Knox da un gruppo di uomini par­

ticolarmente competenti nella storia delle ban­

che degli Stati formanti - la Confederazione ame­

ricana del Nord. Abbiamo ad ogni modo una

eccellente storia bancaria degli Stati Uniti, sul

cui interesse sarebbe superfluo insistere, perchè

è noto che nessun paese al mondo può egua­

gliare gli Stati Uniti nel numero delle banche

o nella varietà dei sistemi bancari. Tutte le

teorie furono applicate e nell’ uno o nell’ altro

periodo storico si possono trovare molti pre­

ziosi insegnamenti. La narrazione storica pro­

cede in modo chiaro e ordinato, abbondano i

dati statistici-e le informazioni legislative, così

che il volume del Knox sarà sempre consultato

con profitto da chi vuol conoscere le vicende

bancarie degli Stati Uniti.

Dr. Robert Pohlmann — Gesclùchte des antiken Kom-munismus u nd Sozialismus. — 2° volume. Monaco, C. H. Beek 1901, pag. xi-G17.

Il valente autore dello studio sulla economia

fiorentina nel rinascimento ha pubblicato il

secondo volume della sua dottissima

S t o r i a d e l­ l ’a n tic o c o m u n iS m o e s o c ia lis m o .

Abbiamo quindi

la fine dello studio sul socialismo nella Grecia e

quello su Roma

La parte maggiore di questo "volume è dedi­

cata alla democrazia sociale in Grecia, e si può

dire che 1’ autore ha fatto qui una delle più

acute e interessanti analisi del socialismo an­

tico. Lo studio della rivoluzione sociale a Sparta

e delle condizioni sociali di Roma, e del resto

tutti i capitoli dell’opera del Pohlmann sono

Astiche, che dimostrano come l'industiia del bestiame in Italia rappresenti una ricchezza, quali da pochi si suppone.

Tranne negli ovini, tutto le altre specie di be­ stiame sono notevolmente aumentate. Ecco le cifre attuali : cavalli... num. 720,000 a s in i... » 1,000,000 muli e condotti .. » 300,000 bovini... » 5 ,000,000 ovini... » 6,0 0 0 ,0 0 0 caprini... » 1,800,000 su in i... » 1,800,000

Queste sono le quantità approssimative, il cui va­ lore è stimato a due miliardi e 200 milioni.

Secondo i calcoli del ministero, in 20 anni si s a ­ rebbe avuto un incremento di 400,000. il quale, date le condizioni della nostra penisola, è suscettibile di notevole progresso.

La rendita lorda (carne, ossa, lana, latte, pelli, lavoro) si può calcolare in 1200 milioni a ll’anno — forse più, non meno di certn.

Il valore delle nostre esportazioni è pure aumen­ tato, sebbene lentamente.

Nel 1899, secondo i dati delle dogane, si sono e- sportate all'estero le seguenti quantità :

cavalli n. 1,981 L. 990,300 muli > 7,852 » 2,554 » 5,103, 800 asini » 255,000 bovini » 40, 143 » 15,204, 170 ovini e capriu i » 36, 603 » 548,026 suini In totale : 27 » 73,391 milioni, circa. 5> 5,380, 750

Come si vede si tratta di una notevole ricchezza che merita di essere tutelata, e la prima tutela con­ siste n ell’ igiene, mezzo di conservazione o fonte di sviluppo.

Il marchio sui metalli preziosi. — Riferiamo le disposizioni principali del disegno di legge, davanti alla Camera, circa il marchio sui metalli preziosi,

I primi quattro articoli prescrivono che tutti i la­ vori d’oro e d’argento, per poter essere smerciati o posti in vendita, devono essere muniti del marchio che-ne attesti l’autenticità, la finezza, o, per dir me­ glio, i titoli legali.

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