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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1428, 15 settembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno X X 7III - Voi. XXXII

Firenze, 15 Settembre 1901

»■ 1428

Sul diritto allo sciopero

Non possiamo far a meno di rilevare a pro­ posito delle questioni che i numerosi scioperi av­ venuti quest’ anno hanno sollevato, una lettera che 1’ on. Bassano Gabba, uomo moderato, ha in­ dirizzata in proposito al Direttore della Perse­

veranza.

L ’on. Gabba avendo letto nel giornale di Milano un articolo dove si combatte « la pretesa che la massima libertà accordata allo sciopero dal nostro Governo abbia costituito un utile e salutare esperimento », aggiunge di aver seria­ mente riflettuto in questi ultimi mesi sulla con­ dotta del Governo e sui suoi risultati, e confessa « di aver dovuto passare dalla sua alla opposta opinione. »

Non nega che gli scioperi troppo sovente valgano a suscitare e poi deludere aspettazioni eccessive ed anche folli nella classe dei lavora­ tori, e cita in proposito le conduzioni della Com­ missione americana sullo sciopero di Chicago.

Quindi l’on. Gabba espone alcune idee, che crediamo utile di riprodurre testualmente.

« Ma appunto per questo, e in Italia spe­ cialmente, pare a me che convenisse lasciarne fare lo sperimento più largo e più spinto. Era necessario mettere tanti illusi e traviati al co­ spetto delle conseguenze reali per agguerrirli in avvenire contro alle promesse ideali. Soltanto dopo di averli lasciati fare tutto il fattibile per indurre i padroni alle maggiori concessioni, è lecito ripromettersi che gli scioperanti saranno paghi dei risultati conseguiti. E se alcuni fra di loro ne saranno usciti colla peggio, e si sa­ ranno trovati esposti alle conseguenze di un li­ cenziamento immediato o prossimo o a venire per la diminuita ricerca della mano d’ opera, causata dall’ aumentato compenso, dovranno al­ lora riconoscere che vi è una necessità di còse contro alla quale follemente si vorrebbe lottare.

« Ella mi osserverà che questa volta lo sciopero in Italia assunse carattere addirittura rivoluzionario.

« E io Le voglio replicare che anche a questo estremo e con lotte ben piu formidabili si giunse in tutti gli altri Stati piu progrediti nelle industrie.

« Vivre en tvavaillant, mourir en combat-

tant, questo fu il motto degli scioperanti fran­

cesi fin dalla prima metà del secolo scorso. E

gli eccessi di Decazeville, di Roubaix e di Car- maux fanno ancora oggi raccapricciare.

« Ohi ha letto la storia delle Trades- Unions sa per prova di quali misfatti furono capaci qual­ che diecina di anni fa gli operai inglesi ascritti a quei consorzi.

« Negli Stati Uniti, poi, lo sciopero è ben sovente una vera guerra civile. L ’ ultimo nu­ mero della Ilumanité nouvelle di Hammon ci fornisce particolari spaventosi di conflitti avve­ nuti or fanno alcuni anni.

« Ma intanto dappertutto si segna un de­ crescimento di furore e di ferocia, dappertutto si constata la sostituzione su scala sempre più vasta della trattativa e dell’ arbitrato alla vio­ lenza.

« E credo che Ella vorrà pure convenire con me che, senza la prospettiva di una lotta decisa e, diciamo pure, minacciosa, i padroni e i proprietarii, data specialmente la nostra indole, non si sarebbero mai determinati a formare quelle Leghe o Unioni che varranno meglio che tutto a rinvigorirli e prepararli per nuove fu­ ture lotte.

« Infine, non v ’ è nessuno che possa negare come la buona ragione e la equità assistessero assai volte, se non quasi sempre, gli scioperanti; che soprattutto il patto colonico, nelle nostre regioni, esigesse una revisione e salutari modi­ ficazioni.

« Lasciare adunque a tutte le vittime di un regime contrattuale ingiusto e oppressivo libero campo a far valere le loro pretese fu, a mio av­ viso, consiglio equo, prudente e necessario.

« La libertà più spinta dello sciopero avrà costituito un vantaggio per molti, una salutare lezione per tutti, un utile sperimento per lo Stato.

« Il quale, al postutto, non si è trovato a quei duri, terribili cimenti cui fu esposto, come vedemmo, altrove; il quale ha superato la peri­ gliosa prova, quasi senza spargimento di san­ gue ; con una imparzialità che talvolta toccò invero alla indefferenza, forse eccessiva, ma che non tolse, a suo tempo, di spiegare energia e fermezza per fare accorti i sovversivi che forza doveva, pur sempre e soprattutto, rimanere alla

legge. . . . .

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564 L ’ E C O N O M IS T A 15 settembre 1901 stizia e merito al Governo, sotto la scorta del

quale abbiamo attraversato la gravissima crisi. » Diremo subito di non dividere compieta- mente la motivazione che l ’ on. Gabba dà alle sue conclusioni, in quanto non crediamo che sia nelle funzioni del Governo di adottare una linea di condotta liberale, affinchè chi ne usa abbia a trovarsene male, e perciò preferisca una politica diversa. Abbiamo già detto altra volta che, a nostro avviso, l’ errore di coloro che giudicano severamente la politica interna di questo scorcio d’ anno, sta nel ritenere che la libertà possa es­ sere un esperimento, mentre dovrebbe essere la linea generale e continua nella politica interna. Solo in casi gravissimi, eccezionali si possono ammettere le restrizioni alle ampie libertà che lo Statuto garantisce ai cittadini; ed anche que­ ste restrizioni debbono essere mantenute tran­ sitoriamente; poiché è già stato dimostrato, da secoli di storia, che i governi non riescono a nulla, quando pretendono di arrestare le idee o di gui­ dare il pensiero.

Ma a parte ciò, ci compiacciamo veramente che Ton. Gabba, uomo non certo sospetto di es­ sere sovversivo, abbia francamente manifestata una opinione che, sia pure per motivi indiretti, è favorevole alla libertà.

La Perseveranza, naturalmente, non si dà per vinta e soggiunge alcune considerazioni, af­ fermando che « questa libertà più spinta, pra­ ticamente, si cambiò nella licenza accordata ai propagandisti, nell’ acquiescenza contro la vio­ lazione dei patti contrattuali, nel permesso stato in Milano accordato agli scioperanti muratori di verificare se qualche collega lavorasse per conto suo nelle fabbriche e così via. Infine praticamente si cambiò nella tolleranza di reati. Ecco la ve­ rità vera ! — conclude la Perseveranza — e la tolleranza di un Governo non torna, in questo caso, che produttiva di maggiori miserie ».

Alla Perseveranza non sfuggirà certo di aver commesso l’artificio di prendere qualche singolo e parziale fatto avvenuto qua e là per giudicare degli scioperi numerosissimi che si sono verifi­ cati ; ma ove rifletta un momento, dovrà conve­ nire che mai sono avvenuti nè in Italia, nè in al­ tri paesi scioperi in tanto numero e cosi svariati per natura e qualità degli scioperanti, e con cosi scarso numero di disordini. Lo stesso sciopero dei muratori di Milano ha destato la maraviglia di tutti per l’ordine, quasi ostentato, in cui si mantenne.

Ma ciò che vorremmo che la Perseveranza esplicitamente ci dicesse è, quali provvedimenti legislativi o pratici crede sarebbe stato utile prendere.

Se si ammette che gli scioperi non sieno reati, che cosa domanda al governo la Perseve­

ranza? La applicazione di quale legge?

Noi vorremmo davvero che coloro i quali bia­ simano la condotta del governo, dicessero, non che la loro condotta sarebbe diversa, ciò è troppo vago; ma quale sarebbe la loro condotta, e dicessero anche se credono che una politica restrittiva sia possibile ed utile nella attuale situazione sociale.

Ma sono domande a cui per solito si guar­ dano dal rispondere.

IL METODO NELLA RIFORMA DEI TRIBUTI

Una delle condizioni essenziali per far qualche cosa di utile e di pratico nella riforma tributaria è quella di sapere ciò che si vuole e per l’ oggi e pel dimani ; in breve, di procedere con metodo e non a caso o alla cieca. Chiunque si faccia a studiare le riforme compiute all’estero, in questo campo, può convincersi facilmente che il successo si è avuto soltanto quando non è mancato un concetto preciso della meta che si voleva rag­ giungere, e dei mezzi più efficaci per pervenirvi. Del resto, le difficoltà sono certamente tali e tante, che non sarà mai abbastanza raccomandato di stabilire bene in precedenza ciò che si vuol fare e come si vuol attuare il programma pre­ stabilito.

Ora, in Italia, non siamo ancora giunti a un accordo, nemmeno di massima, sui punti intorno ai quali gli sforzi del Parlamento e del Governo dovrebbero rivolgersi per iniziare la riforma dei tributi. Gli uni pensano al sale o al petrolio, o al grano, gli altri alle quote minime immobiliari o al dazio consumo, e per compensare gli sgravi gli uni vorrebbero la imposta sulla entrata glo­ bale, gli altri l’aggravamento delle imposte sulle successioni, qualcuno la nullità degli atti non regi­ strati e altri ancora l'imbottato e via dicendo, per­ chè la ricerca degli aggravi non ha mai un limite. Nessun dubbio che ogni proposta abbia qual­ che buon argomento in proprio favore. Per ac­ cennare ad una di quelle, la imposta sul vino, quando fosse applicata dallo Stato con criteri razionali, non vessatori, ma senza privilegi in­ giusti, potrebbe essere una buona forma di tas­ sazione generale del consumo, come lo è, a cagion d’ esempio, il dazio sul thè per l’ Inghilterra, o la imposta sulla birra nei paesi tedeschi. E una imposta di Stato sul vino avrebbe il vantaggio di semplificare la questione del dazio consumo comunale, perchè è noto che 1’ abolizione delle barriere comunali incontra e incontrerà sempre le maggiori difficoltà, fin tanto che alla forma vecchia e intollerabile della tassazione all’ atto della introduzione del prodotto per lo scambio e pel consumo non si sostituisce la tassazione all’atto della produzione. E non si può nemmeno disconoscere che una imposta sulla entrata glo­ bale dei cittadini è, nella condizione odierna della economia sociale, una necessità e un atto di giustizia. La tassazione dei redditi specializ­ zati non può essere sufficiente, perchè non è mai completa nel senso che vi sono sempre redditi i quali per non avere una fonte visibile ben de­ terminata e valutabile sfuggono alla imposta ; mentre, quando con opportuni procedimenti si colpisce la entrata complessiva dei cittadini può certo avvenire che le valutazioni risultino infe­ riori al vero, ossia che sfuggano alcune parti di quella entrata globale, ma a lungo andare, non mancando i mezzi di verifica, di confronto, di correzione in genere, si può credere che la im­ posta riesca a colpire quel reddito che umana­ mente è lecito sperare di raggiungere.

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15 settembre 1901 L ’ E C O N O M IS T A 565

tare vantaggi, pregi e finalità non disprezzabili ; ma la questione, a nostro avviso, non va posta in questi termini, non va intesa cioè nel senso che si debba cercare quale imposta, in astratto, possa servire meglio di altre a procurare quella entrata che è necessaria a compensare gli sgravi. Bisogna, invece, tener conto di tutto il sistema tributario, dei suoi eccessi, delle sue sperequa­ zioni e ingiustizie, delle sue lacune e, infine, dell’ urgenza maggiore o minore che può presen­ tare ciascun provvedimento riformatore. Da que­ sto aspetto considerata, la riforma tributaria vuol essere compiuta per gradi, e la mancanza ap­ punto di graduatoria dei suoi vari momenti è il difetto che presentano talune proposte messe in­ nanzi negli ultimi anni, non esclusa quella più studiata e completa delPon. Wollemborg. Non è supponibile, infatti, che un paese come il no­ stro, così mal disposto et pour cause verso il fisco, si adatti a una riforma radicale e subita­ nea dei tributi; anche se potesse vedervi in modo indubbio dei vantaggi, una certa diffidenza per simili riforme sorgerebbe a deprezzare e forse a oscurare quei benefizi che dalla riforma si po­ trebbero sperare con qualche fondamento. La prima cosa, adunque, che occorre fare, è di sta­ bilire i vari gradi o momenti della riforma, vale a dire quale ne debban essere l’ inizio e le suc­ cessive fasi di svolgimento. Procedendo in que­ sto modo, non solo si opera con quel grande au­ silio di ogni riforma che è il tempo, ma si può combinare una riforma organica e dare la pre cedenza a quei provvedimenti che sono più ur­ genti e meno alterano d’un tratto la struttura della finanza.

Non intendiamo ora di prendere in esame tutto l’ordinamento dei tributi, che vogliamo solo richiamare il pensiero a quei criteri di metodo nella riforma dei tributi che ci paiono essen­ ziali; ma non possiamo esimerci dal dire quale, a nostro avviso, in una riforma per gradi dovrebbe essere appunto il primo grado, il primo passo su questo terreno così arduo e accidentato.

Se fosse possibile in questo momento di dare un colpo al protezionismo e agrario e industriale che ci delizia, non esiteremmo un momento a propugnare come primo atto riformatore ìa re­ visione in senso liberale della tariffa dei dazi di confine. Più che dagli sgravi su alcuni consumi o in genere da riduzioni di imposte, crediamo che la economia generale del paese avrebbe be­ nefìci copiosi dall’abbassamento delle barriere doganali. Ma non siamo soliti a illuderci, nè a illudere gli altri e vediamo quanto sarebbe vano nel momento attuale di convergere gli sforzi per la riforma dei tributi a una riduzione dei dazi di dogana. Si giudichi come si voglia la ten­ denza contemporanea nella questione doganale, e noi abbiamo già mostrato ciò che vi e di con- tradittorio nell’aspirazione di accrescer le espor­ tazioni, mentre si continua ad applicare rigida­ mente il protezionismo, è certo che siamo ancor lontani dal momento in cui sa 'à possibile una riforma del genere di quella compiuta in In­ ghilterra dal 1846 al 1860. Diventa quindi na­ turale che gli sforzi sieno rivolti al raggiungi­ mento di altri fini e noi ne vediamo due di im­ mediata necessità.

Il primo è quello di risolvere la questione delle quote minime immobiliari. Già in una certa misura, almeno per le quote minime mobiliari, il legislatore ha applicato il principio della esen­ zione ; si dica pure e noi lo ammettiamo, che occorrerebbe fare molto più a favore dei redditi mobiliari da esentare, ma sta il fatto che per essi si sono adottati temperamenti, dei quali non si trova la menoma traccia riguardo ai red­ diti immobiliari minimi. Dunque senza fare qui- stione di imposte reali e personali, anzi ricono­ scendo implicitamente che il criterio della rea­ lità della imposta sui redditi immobiliari va temperato, essendo di elementare giustizia che si tenga conto della condizione del proprietario delia terra o del fabbricato, alla esenzione delle quote minime della imposta si dovrebbe provve­ dere fin dal primo grado della riforma tributa­ ria. Nè, specie dopo gli studi del Nina che ab­ biamo pubblicato, ci occorre di entrare in parti­ colari su questo proposito. L ’ altro punto sul quale crediamo che dovrebbesi pure seriamente riflettere è quello dell’abolizione del dazio comu­ nale sui farinacei. Invero l’esenzione delle quote minime avvantaggerebbe soltanto i piccolissimi proprietari dei fondi rustici e dei fabbricati ; le masse operaie alla loro volta avrebbero invece qualche beneficio dall’ esenzione del pane da qualsiasi dazio interno. Ohe se questo provve­ dimento fosse stato già fatto precedere da una riduzione del dazio di confine sul grano, ad esempio da L. 7,50 a 5 lire, come era doveroso di fare fin dalla primavera decorsa, e stolta­ mente non si fece, niun dubbio che il primo passo nella politica degli sgravi si potrebbe dire d’averlo già fatto e il provvedimento dell’ aboli­ zione del dazio sulle farine tornerebbe più efficace. Anche nelle condizioni attuali, anzi più an­ cora col dazio sul grano immutato, si impone L’ intervento dello Stato a far sì che i Comuni tolgano in breve tempo il dazio sulle farine; provvedimento consigliato da ragioni superiori

di equità e di pace sociale.

Quest’ ultima riforma non è così semplice come l’ altra della esenzione delle quote minime, ma è di urgenza non minore e insieme possono costituire il primo momento della riforma dei tributi. Soltanto, non sarebbe certo da trascu­ rare quel complesso di disposizioni, altra volta proposte, per non impedire il sorgere di nuove industrie, l’allargamento delle imprese esistenti e in generale il movimento industriale. Qui non si tratta che di applicare alcuni canoni elemen- mentari di logica tributaria, se così possiamo dire, e non già di perdere una entrata che figuri in bilancio.

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Il primo grado della riforma lo abbiamo adunque sufficentemente tratteggiato; il secondo dovrebbe avere per obiettivo la riduzione del prezzo del sale e del dazio sul grano, non­ ché una revisione delle tariffe sul bollo e del re­ gistro per meglio applicare il principio della proporzionalità del tributo al valore dell’ atto. E non diremo di un terzo momento della ri­ forma, perchè non vogliamo rubare il mestiere al Ministro delle finanze dell’avvenire. Ma è fa­ cile comprendere che mentre la prima fase della riforma — quote minime immobiliari e dazio sulle farine — non avrebbe per la finanza che il significato di perdita di alcuni milioni, le fasi successive implicando riduzioni di imposte por­ terebbero a un maggior consumo e a una mag­ giore attività economica e quindi a un ricupero, almeno , parziale, della entrata, ossia quagli sgravi riescirebbero meno dannosi al bilancio e perciò stesso le riforme nei tributi meno dovrebbero ispirarsi al concetto di provvedere nuove en­ trate e più a quello di meglio applicare e di­ stribuire le imposte. Per questo non può dirsi che le difficoltà andrebbero crescendo così da rendere, a breve termine, frustraneo ogni sforzo diretto a proseguire l’opera riformatrice.

Certo vi è una condizione fondamentale perchè qualsiasi più modesto programma di ri­ forme nei tributi possa riuscire ed è quella che le spese non aumentino in misura sensibile.

Qui sta la maggiore difficoltà forse, quella ad ogni modo che non può essere vinta se non dal concorde volere del Governo, del Parla­ mento e del Paese ; se essa è vinta, e può es­ serlo quando veramente lo si voglia, la riforma tributaria è per non piccola parte assicurata.

Un paese che da oltre trent’ anni sopporta i maggiori aggravi tributari avrebbe ben diritto che, data tregua ai dissensi politici di partito, riunite le forze migliori, vagliate le idee più b e­ nefiche si iniziasse una feconda opera di revi­ sione, di semplificazione e di riforma dei tri­ buti. L ’ adottare e il seguire un metodo anche in cotesta materia non potrà essere se non di giovamento, perchè meglio resteranno tracciate la via da percorrere e le difficoltà da vincere ; me­ glio apparirà agli occhi di tutti la mèta lontana e il dovere di collaborare al suo raggiungimento. Gli unì sentiranno la responsabilità alla quale vanno incontro spingendo lo Stato ad essere largo nelle spese, gli altri comprenderanno che se nuovi sacrifici sono loro richiesti, è un grande pensiero di giustizia tributaria che impone di attuare quei provvedimenti.

Porse, dinnanzi a un uomo che sapesse scuo­ tere le classi dirigenti italiane dalla loro indif­ ferenza e mostrasse loro i pericoli della loro inerzia, i benefici generali della riforma, la pos­ sibilità di attuarla con rigore metodico, forse, cadrebbero molte opposizioni e il desideratimi di tanti anni potrebbe divenire una realtà.

Ma dov’è l ’uomo di Stato consapevole della più alta missione che possa toccargli nell’ ora presente ?

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afr-IL PORTO DI ANVERSA

Anversa, la seconda città del Belgio per la sua popolazione, la prima pel suo commercio ma­ rittimo esiste da oltre dodici secoli; ma è solo al X V secolo che lo stretto dell’ Escaut orien - tale fu reso facilmente navigabile e assicurò le comunicazioni col mare, nello stesso tempo l’in­ terramento dell’ estuario di Bruges, il Zwyn, aumentava l’ importanza di Anversa e diminuiva quella della città rivale. Nel 15(j3, i Portoghesi, principali trafficanti dell’ Europa con le Indie vi aprirono un comptoir; questo esempio fu tosto seguito dalla maggior parte delle nazioni euro­ pee. Al X V I secolo la prosperità della città rag­ giunse il suo massimo grado. Ma in seguito alle guerre spagnuole, la decadenza sopravvenne, gli olandesi padroni dell’ imboccatura dell’ Escaut ne ottennero la chiusura col trattato di Muuster, ed Amsterdam ereditò il commercio di Anversa che decadde per lungo tempo dal suo rango e dal suo splendore.

Non è che nel secolo X I X che la metropoli fiamminga doveva ritrovare la sua importanza passata. La riapertura della navigazione del- l’ Escaut, la costituzione del regno del Belgio furono avvenimenti decisivi a questo riguardo; 1’ energia della città che non aveva dimenticate le tradizioni comunali del medio evo affrettò il corso degli avvenimenti.

Nel 1853 il consiglio degli Scabini di An­ versa decise la creazione al di fuori delle forti­ ficazioni di una banchina di sbarco ed un bacino detto del Kattendyk lungo circa 500 metri e largo 140. Nel 1863 l’ Olanda, contro la somma di 17 milioni di fiorini, rinunziò ai diritti di pe­ daggio che nel 1839 il governo belga aveva preso a suo carico. E’ da questa epoca che data 10 sviluppo ininterrotto del porto.

La Camera di Commercio prese per pro­ gramma la esecuzione di nuovi lavori marit­ timi, il rettifilo, l ’ allargamento e il prolunga­ mento dei quais dell’ Escaut. Molti altri lavori sollecitò od eseguì la Camera di Commercio, così che oggi la superficie dei bacini è di 64 et­ tari, quella dei magazzini di 1.3 ettari e i quais hanno una lunghezza di 11 chilometri.

Mediante questi lavori il porto di Anversa è diventato in pochi anni uno dei primi dell’Eu­ ropa. Mentre nel 1860 il movimento non era an­ cora che di 500,000 tonn. esso raggiungeva nel ’67 uu milione di tonn.; nel ’ 71 un milione e mezzo, nel 1880, 3 milioni e nel ’97 6,300,000 tonn., ossia più di 12 volte il totale degli arrivi del 1860.

Gli arrivi di velieri che superavano i 2000 nel 1874 sono scesi a 459 nel ’97, ma quelli dei vapori sono passati da 1745 nel 1870 a 4647 non compresi 547 battelli, che vengono pei canali dell’ Olanda. Il totale delle navi è dunque press’a poco il medesimo da 25 anni a questa parte, ma 11 tonnellaggio ne è quintuplicato.

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raggiare i belgi a restare nella via liberale. Men­ tre l’ aumento dei dazi sul tabacco nel 1873 e nel 1883 ha avuto per effetto di restringere il mercato, quello dell’ avorio, del caoutehouc, del petrolio, dei cereali non ha cessato di estendersi. Le importazioni di avorio ad Anversa sono salite da 62 tonn. nel 1891, a 361 nel ’95; in Inghilterra esse scendevano da 502 nel ’91 a 339 nel ’97. In quest’ ultimo anno Anversa importava 1679 tonn. di caoutehouc, mentre Rotterdam ne importava 303, le Havre 2326, Londra 2053 e Liverpool 14,627. E ’ in gran parte lo Stato del Congo, questa fondazione del re Leopoldo che il Bel­ gio un giorno erediterà, che alimenta questo traffico anversese. Le importazioni di petrolio sono salite da 36,000 barili, nel 1862 a 975,000 nel ’97, quelle dei cereali da 5 a 30 milioni di ettolitri. Il bacino America, riservato al petrolio può ricevere 780,000 ettolitri d’ olio, in locali isolati dalle altre parti del porto. Lo scarico dei cereali si eseguisce col mezzo di installazioni che permettono di immagazzinare in 10 ore 4000 tonnellate, di mettere 2000 tonnellate sopra bat­ telli e di spedire 28,000 sacelli sui vagoni.

Nello stesso tempo una nave fa passare i suoi grani nel magazzino generale dove sono pu­ liti, pesati, insaccati. Al bacino della Campine, destinato al traffico dei minerali e dei carboni, i vagoni di carbone pesanti 25 tonnellate sono alzati a 12 metri e mossi a piacere sulle navi. L ’ apparecchio che può scaricare 10 vagoni per ora è mosso idraulicamente, come quasi tutto il macchinario dei bacini, i ponti giranti e le chiu­ sure delle chiaviche. Sorvolando su altre gran­ diose comodità, di cui è provveduto il porto di Anversa, noteremo che esso accorda per un certo numero di giorni l ’ uso gratuito delle capanne, dei quais e dei bacini.

La direzione o la gestione del porto sono affidate al Consiglio Comunale presieduto dal borgomastro e composto di 39 membri eletti. Il borgomastro e cinque scabini, nominati dal Con­ siglio Comunale costituiscono una commissione amministrativa ed esecutiva, le cui decisioni una volta approvate dal Consiglio sono sottoposte alla sanzione della deputazione permanente della provincia o a quella del Re. Lo scabino del commercio presiede agli stabilimenti marittimi e alla polizia del porto ; lo scabino dei lavori pub­ blici sorveglia il servizio tecnico diretto dall’ in­ gegnere in capo della città ; i bacini e le loro dipendenze, il macchinario del porto, il perso­ nale e il materiale di esercizio. La polizia della rada, i fari, le boe, il pilotaggio, l’esercizio delle strade ferrate dei quais, la dogana sono di spet­ tanza dello Stato. Una commissione consultiva composta di cinque funzionari dello Stato e di due dell’amministrazione comunale assicura la buona armonia dei vari servizi e la spedizione degli affari correnti. Il porto comprende gli sta­ bilimenti marittimi del nord, proprietà della città che ne riscuote le entrate; i quais dell’ Escaut e bacini di battellaggio del sud costruiti dallo Stato e il cui esercizio è fatto dalla città per suo conto e per quello dello Stato.

Una rete di strade ferrate unisce Anversa alle reti tedesche mediante tre tronchi Gladbaeh, Acquisgrana, Colonia ; all’ Alsazia-Lorena, la

Svizzera e l’ Italia per la linea Bruxelles-Na- mur-Lussemburgo ; alle ferrovie dell’ est e del nord della Francia con le numerose linee delle provinole di Lussemburgo, di Namur e del Hai- naut e della Fiandra occidentale ; alle ferrovie neerlandesi con le linee Rosendaal, Tilbourg e Eindhoven. L ’apertura del San Gottardo che ha avuto luogo nel 1882 ha esercitato una grande influenza sui destini d’Anversa più vicina mercè il tunnel a Milano e a Brindisi che gli altri porti del mare del Nord e della Manica. Il tra­ foro del Sempione diminuirà questa differenza a favore dei porti francesi quali Boulogne e Ca- lais.

La bandiera inglese rappresenta da sola più della metà del movimento del porto : nel 1897 sopra 5106 navi entrate nel corso dell’anno, 2839 erano inglesi col tonnellaggio di 3,4()3,000 sopra un totale di 6,215,000 tonn. La Germania veniva dopo con 807 navi e 1,278,000 tonn., il Belgio teneva il terzo posto con 386 navi e 496,000 tonn. La Francia non veniva che all’ot­ tavo posto con 94,000 tonn. dopo l’ Olanda, la Norvegia, la Danimarca, la Svezia. Un numero considerevole di Compagnie di navigazione fanno ad Anversa un servizio regolare ; parecchie So­ cietà belghe, come la Compagnia marittima del Congo e quella che collega Ostenda e Douvres vi si sono organizzate o stanno per farlo. Un movimento intenso si delinea nel paese per la creazione di nuove linee, la costruzione di navi e, in generale per incoraggiare lo sviluppo della marina belga che non esisteva per così dire prima delle imprese africane del re Leopoldo IL

Tuttavia Anversa ha progredito negli ul­ timi anni meno di Genova e di Amburgo. La Camera di Commercio preoccupata di questo stato di cose ha con una deliberazione motivata del 26 febbraio u. s., invitato il governo ad estendere al nord la rada e gli stabilimenti ma­ rittimi ; essa gli ha ricordato le parole del mi­ nistro delle finanze che nella nota preliminare al bilancio straordinario pel 1900 dichiarava che tutto ad Anversa è diventato ristretto, ingom­ bro, insufficiente pur dando il maximum di effetto utile possibile.

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costru-568 L ’ E C O N O M IS T A 15 settembre 1901

rioni navali speciali per le colonie e fornisce il materiale galleggiante dei corsi d’acqua, i rimor­ chiatori d’alto mare, eoe. La legge del 29 dicem­ bre 1899 ha permessa la libera entrata dei ma­ teriali per le costruzioni marittime e altri prov­ vedimenti sono in corso di preparazione.

Come vedesi, la metropoli marittima belga non è davvero alla vigilia di decadere; essa cerca, com’è necessario per chi vuol progredire avanzando, di adottare tutti quei miglioramenti, quelle comodità e agevolezze che valgono a ri­ chiamare in un porto il traffico e dà un esem­ pio non trascurabile di tenacia di propositi, di fermezza e ardimento nella lotta che i porti com­ battono tra loro.

P E R LA SC ISSIO N E D E L L ’ IM PO STA

sulla Ricchezza Mobile

Occupandoci di questo argomento *) ci li­ mitammo a notare che se la scissione dell im­ posta di ricchezza mobile avesse per effetto di lasciare isolati i redditi compresi sotto la cate­ goria A1, ossia gli interessi del debito pubblico, impedirebbe che questi potessero in avvenire es­ sere assoggettati ad un più grave tributo.

Ohe questo sia un grave inconveniente, nes­ suno può negare, date le presenti condizioni ge­ nerali dell’economia, dalle quali un aggravio di tali redditi è domandato.

Che l’inconveniente non si eviterebbe chiaro appare dall’art. 3 della legge 10 luglio 1861 sulla istituzione del Gran Libro del debito pubblico, dal quale viene disposto che le rendite inscritte nel Gran Libro non possano — in nessun tempo e per qualunque causa, anche di pubblica neces­ sità —. venire assoggettate ad alcuna imposta speciale.

Il che è quanto dire che se aumenti si do­ vranno portare nelle aliquote attuali, bisognerà farlo in modo generale, abbracciando cioè non i soli interessi del debito pubblico, ma ancora altri redditi i quali siano compresi sotto la stessa im­ posta.

A questo concetto risponde appunto la no­ stra imposta sulla ricchezza mobile, la quale si estende anche agli interessi del debito pubblico, ed ha il carattere di imposta generale; carattere che risulta in ispecial modo dagli articoli primo e terzo del Testo unico 24 agosto 1877.

Il primo lo mette in evidenza, dicendo che « è stabilita un’imposta sui redditi di ricchezza mobile nella aliquota uniforme eco.... » ; e più ancora il terzo, il quale dopo aver enumerate varie specie di redditi di natura mobiliare, ag­ giunge che si deve ritenere per tale « in gene­ rale ogni specie di reddito non fondiario ».

L ’ aver l’ imposta di ricchezza mobile questo carattere di tributo generale, e l’essere in questa compresi gli interessi del debito pubblico, per­ mise che su essi si potesse far gravare quella aliquota che a tutti è nota.

Un aumento qualsiasi o un tributo qualsiasi *) Si veda V Economista del 4 agosto 1901.

che si volesse imporre espressamente ed esclusi­ vamente su gli interessi del debito pubblico, sa­ rebbe contrario all’art. 3 della legge del 10 lu­ glio 18iil, che sopra abbiam citato, e che deve qui servir di norma; e per conseguenza il costi­ tuire indipendente dalle altre la categoria A che li comprende, implica la rinunzia ad ogni ulteriore aggravio dei medesimi.

Si può correttamente affermare l’ opportu­ nità di rinunziare ad ogni ulteriore aggravio di tale categoria ?

A noi pare di no, a meno che la conserva­ zione delle aliquote possa riuscire utile più che non l’ elevamento delle medesime, nel senso di agevolare in tempo non lontano la conversione del debito pubblico : se, come si spera, a questa operazione sarà dato di procedere, non e fuor di proposito l’ astenersi dall’ imporre un tributo maggiore.

Ma comunque si voglia, e per quanta fiducia si possa avere che i nostri governanti sappiano cogliere il momento opportuno alla conversione, non si vede perchè debbansi far poggiare tutte le speranze unicamente e semplicemente su tale operazione.

0 che non potrebbe forse — avanti che sieno maturi i tempi alla conversione — presen­ tarsi la necessità di aver nuovi fondi disponi­ bili ? e non potrebbe, questa degli interessi del debito pubblico, esser designata come la fonte più idonea ?

Ci sembra pertanto che sia atto per lo meno, prudente non pregiudicar nulla e conservare in­ tegra la possibilità di elevare le aliquote, gra­ vanti sugli interessi del debito pubblico, sino alla misura che potrà esser necessaria.

Conservar la possibilità di un aumento, non significa procedere all’ aumento ; anzi serve ad impedire una violazione del diritto pubblico, che si commetterebbe, allorquando, pregiudicata la facoltà di aggravar l’ imposta, all’ aggravio pur si procedesse.

Pertanto, siccome la scissione delle quattro categorie, soggette all’ imposta di ricchezza mo­ bile, e la costituzione autonoma della categoria A — comprendente gli interessi del debito pub­ blico — sarebbero, come abbiam dimostrato eco­ nomicamente dannose, bisognerà ricercare una via di mezzo, la quale mentre permetta ai Co­ muni di fruire dei redditi derivanti dalle energie locali — categorie B, C, D, — non lasci poi iso­ lata la categoria A1.

La via è presto trovata, perchè basta pro­ cedere ad una scissione non già pura e semplice, ma seguita da una fusione della categoria A in una nuova imposta generale che valga a far le veci dell’ imposta di ricchezza mobile.

Risponde a questo concetto l’ imposta glo­ bale sull’entrata, che faceva parte del progetto ideeto dall’ on. Wollemborg, imposta la quale dovrebbe venire estesa agli interessi del debito pubblico.

(7)

15 settembre 1901 L ’ E C O N O M IS T A 569

mutuati ai privati, e quella parte dei redditi di categoria B , C, D riguardante le Società ; e quanto ai secondi, le attuali tasse di famiglia, di esercizio e rivendita, e sul valore locativo.

L ’ ordinamento di questa nuova imposta e la estensione di essa agli interessi del debito pub­ blico, conserverebbe la facoltà di aggravar que­ sti, quando si volesse e si credesse necessario.

Potrebbe a taluno sembrare che la enorme differenza tra la percentuale d’imposta in vigore per gli interessi del debito pubblico (20 per cento), e quella che molto probabilmente verrebbe fissata per la nuova imposta (dal lp2 al 4 per cento) im­ pedisca di sottoporre a nuove norme tributarie varie specie di redditi, cui viene domandato un contributo molto diverso.

Ma questa difficoltà è agevolmente supera­ bile, sol che si conservi nella nuova futura im­ posta il sistema dell’imposta di ricchezza mobile, di conceder cioè speciali quote di deduzioni va­ riabili a seconda della natura dei redditi cui vanno applicate, sistema il quale ha per effetto di render la percentuale più o meno alta a pia cere, e tanto più bassa quanto più elevate sono le deduzioni.

Non altrimenti avviene oggi con 1’ imposta sui redditi di ricchezza mobile, la quale mentre ha il carattere di imposta generale, in effetti si riduce ad un’imposta speciale sulle diverse cate­ gorie che la legge stabilisce, giacché, con lo sta­ bilire quote diverse di deduzione, 1’ aliquota uni­ forme originaria del 20 per cento resta tale per la categoria A' e scende per le altre al 15, al 10, al 9 ed al 7,50 0[0.

Del resto, anche indipendentemente dal si­ stema delle quote di deduzione, si raggiunge lo stesso effetto, estendendo le nuove aliquote, ma­ gari le minime, da fissarsi per la futura imposta, anche agli interessi del debito pubblico, cui sa­ rebbe conservata l’imposizione odierna. [Fine).

Luigi Nina.

IL COMMERCIO ITALIANO

n e l decen n io 1891-1900.

I.

La discussione che, sebbene ancora in forma molto vaga, si fa in Italia sulla importante que­ stione della rinnovazione dei trattati di commer­ cio ci ha consigliato di fare qualche ampio studio degli elementi di fatto che valgano a precisare lo stato delle cose, il movimento cioè che in que­ st’ ultimo periodo presentò il commercio italiano.

Quantunque i trattati vigenti, tranne alcune limitate modificazioni, e tranne l’ accordo inter­ venuto colla Francia, siano precedenti al decen­ nio ; abbiamo riprodotto il prospetto del movi­ mento decennale perchè si può dire che nei primi anni dopo la rinnovazione dei trattati e la rot­ tura dei rapporti commerciali con la Francia, vi sia stato un movimento di faticoso adattamento, che meno esprime la fìsonomia complessiva del nostro movimento commerciale.

Nel prospetto che qui sotto^ riproduciamo vi sono nei diversi anni alcune modificazioni circa la provenienza e la destinazione delle mer­ ci ; si tratta in ogni caso di maggiori distinzioni che si resero necessarie; così il movimento com­ merciale colla Serbia fu distinto da quello del Montenegro; dalla Turchia europea venne du­ rante il decennio separata la Bulgaria e Oandia; Cipro e Samos vennero distinti dalla Turchia asiatica ; le Indie Britanniche furono separate dagli altri possedimenti inglesi dell’Asia; ebbero indicazione speciale i possedimenti olandesi e le Isole Filippine pure nell’Asia; si diede distinta la Tripolitania dalla Tunisia; pure furono separate nell’Affrica: la Colonia Eritrea, il Marocco, il Be- nadir, lo Zanzibar e la Colonia del Capo che prima erano comprese sotto la voce altre con­

trade dell’Affrica. Nell’ America poi si separò il

Canadà dagli Stati Uniti ; nella parte centrale si tennero distinti Cuba e Portorico, le Antille in­ glesi, e le Antille francesi, dalle altre Antille.

Nel prospetto il commercio è espresso in valore (migliaia di lire) poiché se è vero che le merci cambiano di prezzo e dei cambiamenti tien conto la Commissione per i valori delle dogane, è però vero che i prezzi stessi rappresentano la vera entità dei traffici; la quantità della merce spedita rappresenta cifre che sono più appro­ priate ai confronti tra periodi e periodi, ma qui ciò che importa è sapere quali siano i valori delle merci che si sono comprate o vendute.

Nel prospetto qui riprodotto si vedo intanto che nel decennio la importazione è aumentata da 1,126 a 1,700 milioni; ma l’ aumento si limita all’ultimo triennio, perchè mentre fino al 1897 non si era arrivati a 1200 milioni, nel triennio 1898-900 si ha:

1898 milioni 1413

1899 » 1506

1900 » 1700

Lo stesso movimento ebbe la esportazione, che dal 1891 al 1896 non aumentò se non len­ tamente da 876 a 1091 milioni; nel triennio 1898-900 diede invece:

1898 milioni 1203

1899 » 1431

1900 » 1338

11 che servirebbe a provare che lo stato di quasi stazionarietà nel quale si trovò il com­ mercio italiano dopo la ultima rinnovazione dei trattati di commercio, e la rottura colla Francia, costituì un periodo di penoso adattamento, dopo il quale cominciò quello di una maggiore attività, quale risulta appunto tanto alla importazione che alla esportazione nell’ ultimo triennio.

Nel 1891 dei 1126 milioni di importazione 914 erano dati da sette destinazioni, cioè:

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570 L ’ E C O N O M IS T A 15 settembre 1901

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15 settembre 1901 L ’ E C O N O M IS T A 571

MO 1891-1900 DISTINTO PER PAESI

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572 L ’ E C O N O M IS T A 15 settembre 1901

Dieci anni dopo sono avvenuti dei muta­ menti per cui la importazione aumentò di 574 milioni così divisi come segue:

Gran Brettagna... 358 Stati Uniti...226 Germania...203 Austria U ngh eria...191 F ra n cia ...167 R u ssia ... 135 Argentina... 94 Indie Britanniche... 61 Svizzera... 57

i quali nove paesi di provenienza rappresentano 1492 milioni, sui 1700 della totale nostra impor­ tazione. E se vogliamo tener conto delle differenze per i paesi che danno un movimento maggiore di 10 milioni in un anno troviamo tra il 1891 ed il 1900. Milioni Austria Ungheria . in più 58 Francia... ... 23

Germania... 81

Gran Brettagna... 196

R u ss ia ... 46

Stati Uniti ...153

Indie Britanniche in meno 30 Svizzera...in più 10 Argentina ... 79

Queste cifre denotano per la loro stessa provenienza un aumento della importazione di materia prima da lontane contrade, in corri­ spondenza alle difficoltà nostre agricole ed allo sviluppo delle industrie nazionali. - Rispetto alla esportazione, abbiamo già vi­ sto che essa è aumentata da 876 a 1338 milioni, cioè 462 milioni. Anche qui tenendo conto dei paesi che hanno dato nel primo o nell’ultimo anno del de­ cennio più di 50 milioni di movimento, abbiamo sul 1891, cioè al principio del decennio. Milioni Germania... 131 F ran cia ... 149 Svizzera... 149 Austria-Ungheria... 92 Stati U n it i... 73 Gran Brettagna... 115

Sopra 876 milioni questi sei paesi ne rap­ presentano 709. Alla fine del decennio invece troviamo. Milioni Austria-Ungheria... 144 F ra n cia ... 168 Germania... 221 Gran Brettagna...153 Svizzera ... 206 Stati Uniti... 126 A rgentina... 68

Cioè nel complesso i sette paesi di destina­ zione rappresentano 1086 milioni sul totale di 1338 milioni della esportazione italiana nel 1900. Facendo ora la differenza si ha: Milioni Austria-Ungheria in più. . 52 Francia... 19 Germania...90 Gran Brettagna... .38 S v iz z e r a ... 57 Stati Uniti... 53 A rgentina... 44

Si può anche notare nella importazione un aumento di 9 milioni dal Belgio, di 4 milioni dall’ Olanda, di 17 milioni dalla Spagna, di 7 milioni dalla Turchia asiatica, di 37 milioni dalla Cina, di 4 milioni dall’ Algeria, e di 13 milioni dalla Rumania.

Mentre è diminuita la importazione dal Por­ togallo, dalla Svezia e Norvegia e dall’ Egitto.

E circa alla esportazione da qualche aumento il movimento verso la Grecia, l’Olanda, la Spa­ gna, la Turchia Europea ed Asiatica, la Cina, l’Egitto, Tunisi e Tripoli, il Brasile, Paraguay ed Uruguay.

Le diminuzioni sono soltanto verso la Rus­ sia e verso alcune regioni dell’ Asia.

R ivista (Bibliografica

Paul Strauss. — Assistance sociale — Pauvres et meri -

diants. — Paris, Alean, 1901.

L ’argomento trattato dal senatore Strauss è uno dei più interessanti e di quelli che occorre portare a una maggiore conoscenza nel pubblico. Egli, infatti, con la grande competenza che gli viene dall’essersi già da tempo dedicato allo studio dei problemi relativi alla beneficenza, tratta in questo volume della Bibliotheque genérale des

Sciences sociales di tutti gli aspetti dell’ assi­

stenza sociale ai poveri e ai mendicanti, come può vedersi facilmente dal titolo dei capitoli : della beneficenza pubblica ; la legge dei poveri in Inghilterra ; la carità sotto 1’ antico regime ; la repressione della mendicità ; i laboratori di carità ; i laboratori di filatura ; i soccorsi pubblici sotto la rivoluzione; i soccorsi a domicilio; il do­ micilio di soccorso ; gli uffici di beneficenza ; l’assi­ stenza comunale ; gli uffici parigini ; i vecchi indi­ genti ; la miseria e la beneficenza ; il sistema di Elberfeld; scambio di informazioni; visitatori e visitatrici dei poveri; il delitto di mendicità; assistenza e previdenza.

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15 settembre 1901 L ’ E C O N O M IS T A

R ivista (Economica

1 periodi di prosperità e la loro liquidazione. •— La

tariffa doganale della Svizzera.

I periodi di prosperità e la loro liqui­ dazione. — L’ ¿.uropa è entrata in uno di quei periodi che si dicono di liquidazione, e che succedono inevitabilmente a quelli di prosperità.

Un’ occhiata alla tavola dei prezzi di Sauerbeck dimostra il cammino percorso dal 1897 al 1901, da che il prezzo medio delle merci salito a 2.235 milioni di franchi nel settembre 1900, è disceso a 2.006 mi­ lioni in maggio 1901.

Oggi in Kuropa sono quelli che hanno cammi­ nato più in fretta, coloro che si trovano più imba­ razzati a liquidare la loro posizione ed a, rimettere in equilibrio il loro credito, colla vendita dei pro­ dotti in ribasso.

II Juglar pensa che il rialzo dei prezzi che si osserva in tutti i periodi di prosperità e che con­ trasta col ribasso che si nota in tutti i periodi di liquidazione, ne sia la vera ed essenziale caratteri-

stica. .

Si prendano i bilanci delle grandi banche, le statistiche del commercio, i clearing-houses, le entrate del Tesoro, dei Comuni, delle ferrovie, dovunque appariscono queste oscillazioni di rialzo e di ribasso che caratterizzano i periodi prosperi e i periodi di liquidazione, che precedono o seguono le crisi com­ merciali.

I giornali parlano bensì ogni giorno di questi movimenti, ma per paragonarli a quelli del giorno precedente, di rado a quelli del mese anteriore ; con tali confronti limitati ad uno spazio di tempo cosi breve, senza abbracciare l’ assieme, non si può giu­ dicare la situazione generale. . . . . ...

Per trarre partito dai quadri statistici che illu­ strano tutte le relazioni ufficiali, bisogna farli par­ lare, senza fare delle medie ; spesso una media non ha esistito mai, ma sulle due colonne dei massimi e dei minimi, bisogna considerare se le cifre si sus­ seguono in rialzo od in ribasso, cioè notare se la cifra di ogni anno è superiore, in ciascuna delle due colonne, od inferiore alla cifra precedente

Stabilito questo punto, si hanno, meno rare ec­ cezioni, delle serie di cifre che si seguono nella co­ lonna dei massimi e in quella dei minimi nella me­ desima direzione. Se il movimento ha luogo in rialzo si è in un periodo di prosperità, se ha luogo in ri­ basso, si è in un periodo di liquidazione.

Ma occorre avere sotto gli occhi una serie di anni.

Ciò premesso ad intelligenza delle cifre, il Juglar passa all’ esame della situazione economica generale.

Senza risalire al di là del 1873, discendendo fino al 1901, ecco i movimenti del portafoglio della Banca di Francia (sconto)

Periodi Massimi Minimi

milioni di franchi

---

----

--1873 1.284 crisi 1879 » 373 liquid. 1882 1. 724 crisi 1885 » 400 liquid. 1891 1.361 crisi 1894 » 360 liquid. 1900 1.422 crisi 1901 *> 461 liquid.

Il portafoglio da 360 milioni nel 1891 si rialzo'a 1422 milioni nel 1900 e si abbassò a 461 nel 1901.

È sempre il medesimo movimento che segna la periodicità delle crisi dal 1800, in Francia ed in In­ ghilterra. In ciascun periodo, ì massimi ed ì minimi sono caratteristici e non si allontanano di molto dalle cifre già constate nelle crisi precedenti.

Questo enorme movimento che si rileva tra ì massimi ed i minimi negli sconti durante le crisi e la loro liquidazione, è accompagnato da movimenti

573

analoghi ed in senso contrario nell’ incasso, il cui minimo coincide col massimo degli sconti ed il mas­ simo col minimo.

Nel momento in cui il portafoglio nel 1900 si elevava a 1422 milioni, 1’ incasso d’ oro che nel 1895 era di 2152 milioni, si abbassava a 1876 milioni e nel 1901, con un portafoglio di 461 milioni, 1’ incasso si alzava a 2,466 milioni.

Dal punto di vista monetario, la situazione e eccellente, l’incasso oro oltrepassa di 314 milioni il massimo del 1695, il più alto constatato finora.

* # *

Spingendo più innanzi l’analisi, il Juglar ci dà il seguente movimento del Clearing house di Londra:

Periodi Massimi Minimi

milioni di sterline 1868 — 3.400 1873 6.000 — 1879 — 4.800 1881 6.300 — 1883 — 5.500 1890 7.800 — 1894 — 6.300 1899 9.100 1900 — 8.500

I movimenti del Clearing house, cioè a dire i movimenti dei cambi, dimostrano in Inghilterra e negli Stati Uniti le stesse serie ascendenti e discen­ denti in coincidenza coi massimi e eoi minimi degli sconti, come si è visto pei bilanci della Banca di Francia e per quelli di tutte le grandi Banche del mondo, giacche i grandi mercati sono solidali.

A Londra nel 1868, ultimo anno del periodo di liquidazione della crisi detta del venerdì nero (1866) si levano 3400 milioni di sterline e nel 1873 milioni 6000.

II periodo prospero non fu turbato dalla guerra franco-tedesca, e continuò la sua parabola fino al 1873.

Durante la liquidazione il minimo raggiunto nel 1879 fu di 4800 milioni. E cosi per i periodi succes- sivi.

Cifre analoghe per significato sono date dal Clea­

ring-house di Nuova York, che omettiamo per brevità.

Negli Stati Uniti, come in Francia, come a Lon­ dra, ritroviamo i massimi ed i minimi alle stesse date; i movimenti dei cambi, durante i periodi pro­ speri e di liquidazione, si sono dunque verificati nello stesso momento e per conseguenza sotto 1’ in­ flusso delle stesse cause. È il fatto economico che fa la legge.

I grandi movimenti di rialzo o di ribasso, dalle due parti dell’ Atlantico, il rialzo dei prezzi ed il loro ribasso, si sono effettuati contemporaneamente ; ciò che si spiega coi rapporti economici fra le na­ zioni.

Questi fatti constatati in F ancia ed in Inghil­ terra e negli Stati Uniti, si sono verificati anche in Germania.

I rapporti internazionali sono oggi talmente in­ timi che uno Stato non può essere prospero o sof­ ferente, senza che se ne risentino gli altri.

La solidarietà economica, ecco il fatto che emerge luminoso da questa analisi arida e minuta di cifre.

La tariffa doganale della Svizzera. —

Anche in Isvizzera cominciano a produrre i loro ef­ fetti le tendenze protezioniste del progetto di tariffa doganale tedesca. In seguito alla pubblicazione del progetto in questione, il Consiglio foderale Svizzero ha già ricevuto da vari circoli interessati parecchie domande di aumento dei dazi della tariffa svizzera, ed altre consimili domande si stanno preparando da altri produttori svizzeri.

II dipartimento delle finanze e dogane e quello del commercio e dell’ industria sono attualmente oc­ cupati ad elaborare una nuova tariffa. Il progetto che ne uscirà verrà sottoposto al Consiglio federale e presentato poi alle Camere nella sessione di di­ cembre.

(12)

574 L ’ E C O N O M IS T A 15 settembre 1901

Il Consiglio degli Stati se ne occuperebbe a sua volta nel mese di giugno e il termine referendario spirerebbe prima della fine del 1902. L ’amno 1903 sa­ rebbe consacrato alle negoziazioni pel rinnovamento dei trattati di commercio. Queste negoziazioni si ef­ fettuerebbero, naturalmente, sulle basi della nuova tariffa.

IL RACCOLTO DEL FRUMENTO

Le probabili disponibilità dei paesi esportatori

Il raccolto del frumento degli Stati Uniti, mal­ grado i forti calori del luglio scorso che pareva avessero prodotto danni gravissimi, risulta eccezio­ nale. I calcoli vanno da 700 milioni bushels (245 mi­ lioni di ettolitri) a 800 milioni di bushels (280 milioni d’ ettolitri). Sarebbe, per conseguenza, una media di ettol. 262,500,000. I Uorn Trade News, pur ammet­ tendo come possibile la cifra di ettol. 262,500,000, si fermano tuttavia a quella di 735,000,000 di bushels, ossia 257,250,000 ettolitri.

Per quanto concerne il Canada, seconde^ talune valutazioni, il raccolto sarebbe il doppio di quello del 1898, che già segnava il record della produzione di quel paese. Nel 1898 si ebbero 65,000,000 di bushels di frumento (22,750,000 ettolitri). Tenendosi lontani dalle esagerazioni si possono calcolare come segue i raccolti degli Stati Uniti e del Canada (in migliaia di ettolitri) :

produzione 1901 1900 1899

S t a t i U n i t i 257,000 210,000 203,600

Canada 28,000 15,400 20,300

Totale 285,250 225,400 223,300

Con una produzione totale di 285,250,000 ettolitri e tenendo conto del consumo interno degli stoks nor­ mali a riportare a fine di campagna, i Corn Trade

News valutano a 116,000,000 di ettolitri la quantità

di frumento, di cui i due paesi potrebbero disporre per l ’esportazione.

Per quanto riguarda la Russia, il citato giornale non calcola che a 23,200,000 ettolitri e le esporta- ziogi probabili; le notizie che giungono da questo paese sono, infatti, poco favorevoli e se il raccolto del frumento d’ inverno sembra dover dare un ot­ timo risultato, non è stato cosi del raccolto di pri­ mavera.

E’ noto che le esportazioni della Russia sono più o meno spinte dai corsi praticati sui mercati importatori ; se sono bassi, i russi consumano molto grano; se sono alti, sostituiscono il frumento colla segala e la esportazione del primo diventa perciò stesso importante. È perciò che, pure calcolando le esportazioni di questa campagna a soli 23,200,000 ettolitri, il giornale inglese fa osservare che la Rus­ sia, in caso di corsi rimuneratori, potrà portare le sue spedizioni all’ estero a 95,000,000 di ettolitri.

In Romania e in Bulgaria, i raccolti del fru­ mento che si annunciavani prima sotto auspici fa­ vorevoli, furono molto danneggiati dalle pioggie du­ rante la mietitura. Così, quantunque la quantità sia ancora importante, la qualità lascia assai a desi­ derare.

Ora, per l’ esportazione, che domanda sopratutto frumenti ottimi, bisogna tenere molto conto di que­ st’ ultimo fattore. È dunque probabile che la espor­ tazione della Romania e della Bulgaria non supe­ rerà i 14,500.000 ettolitri; sopratutto, se i prezzi del granoturco saranno cari, 1’ esportazione si porterà su questo articolo, perchè i rumeni e i bulgari, che non sono difficili sulla qualità del pane che man­ giano, consumeranno tutto ii loro cattivo frumento, piuttosto che spedirlo a corsi meno rimuneratori di quelli del granoturco.

Ora, il raccolto del granoturco presentandosi in cattive condizioni agli Stati Uniti, che sono il grande mercato di quel cereale, tutto lascia supporre che i prezzi del granoturco saranno, quest’anno, molto alti.

Per quanto riguarda le Indie, la loro esporta­ zione è, attualmente, di 145,000 ettolitri alla setti­ mana. É noto che la campagna agricola in quei paesi comincia al 1° aprile. Per poco che i frumenti di

Bombay e di Calcutta offrano un raccolto medio, si può valutare, coi frumenti del Kurrachee, la espor­ tazione probabile sino al 31 luglio prossima a 5,800,000 ettolitri.

Quanto alle esportazioni del frumento dalla R e­ pubblica argentina e dall’ Uruguay (in questi paesi la mietitura non incomincerà che a dicembre), esse non potranno essere molto importanti; possono tut­ tavia valutarsi intorno a ettolitri 17,400,000.

In Australia, tutto quanto si può dire, per ora, è che le prospettive del raccolto del frumento sono soddisfacenti e possono fare supporre una esporta­ zione media di 5,800,000 ettolitri.

La stessa cifra si ritiene per le esportazioni afri­ cane, della Turchia, del Chili, ecc., e si ammette che, quanto all’ Austria-Ungheria, per il raccolto scarso di questo anno, non vi possano essere espor­ tazioni.

Riassumendo, si avrebbero i seguenti quantita­ tivi di esportazione in confronto a quelli delle ul­ time due campagne (in ettolitri) :

Stati Uniti e Canadà 1 9 0 1 -1 9 0 2 116,' 0 0 , 0 0 0 Russia 23,200,000 Rum. e Bulg. 14,500,000 Indie 5,800,000 Rep. Argent. e Uruguay 17,400,000 Australia 5,800.000 Aust.-Ungh. — diversi 5,800,000 Eletto :itri 188,500,000 1 9 0 0 -1 9 0 1 1 8 9 9 -1 9 0 0 90,332,100 27,967,600 14,633,400 1,332,800 69,337,500 21,883,400 6,000,100 1,386,200 14,578,300 6.704.800 1,603,700 7.255.800 29,423,400 2,576,650 774,300 5,942,100 164,908,500 137,322,700 Si vede, dunque, che le disponibilità per l’ espor­ tazione, durante questa campagna, supererebbero quelle verificatesi nell’ ultima di ettol. 23,591,500 e quelle della penultima ettol. 51,176,300.

LE CASSE POSTALI DI EISPABMIO

Esercizio 1898.

Alla chiusura dell’ esercizio 1898 la somma dei depositi alle Casse postali di risparmio ammontava a L. 570,324,455, ripartite in 3,302,064 libretti — nella ragione media di L. 172,70 per ciascun libretto.

Nel corso dell’ anno si fecero depositi per lire 332,275,117 contro L. 314,002,790 di rimborsi. Ecce­ denza dei depositi 18 milioni ed un quarto.

I libretti creati nell’ anno sono stati 389,878 ; quelli estinti 229,119 — differenza in più 160,759 li­ bretti, per la quale erano in corso al fine dell’ eser­ cizio 3,302,064 libretti, nella ragione di 104 libretti con L. 18,117, di oredito per ogni 1000 abitanti.

La media delle operazioni per ogni ufficio fu di 988 con un movimento di 667 libretti.

Tra depositi e rimborsi il movimento fu di circa 650 milioni di lire, esclusi gli interessi e gli utili ea- nitalizzati, per i quali il movimento totale è rappre­ sentato da un valore di L. 661,738,922. . Lo specchio che segue, indica il movimento dei depositi dall’ istituzione delle Casse nel 1876. Anno Librettinura. migliaia L.Depositi Anno Librettinurn.

(13)

15 settembre 1901 L ’ E C O N O M IS T A 575

Come si vede lo sviluppo è costante ed è note­ volissimo dopo il primo quinquennio.

Gli anni 1897 e 1886 segnano gli anni d’ oro delle Casse postali, con un aumento di depositi di 58 mi­ lioni nel primo e di 43 nel secondo.

Mancano le cifre dei due esercizi ultimi, ma si sa dalle situazioni mensili che 1’ ascesa è continuata in misura superiore alla media.

Il saggio dell’ interesse variò dal massimo uel 3.50 per cento al minimo del 2.88 — al netto dell'im­ posta di ricchezza mobile.

*

•k ★

Le Casse postali francesi ed inglesi registravano al 31 dicembre del 1898 :

Francia... libretti 8,087,621 con L. 875,021,881 Inghilterra. » 14,651,b09 » » 3,278,988,846

Queste cifre danno una media di L. 407.50 per ogni libretto in Inghilterra e di L. 289.30 in Francia.

Da noi la media, come abbiamo veduto prima è, di sole di L. 172,70.

Il co m ercio della Cina meridionale

Da una circolare del sig. Ettore Marcenaro, ti­ tolare di una borsa di pratica commerciale sulla piazza di Hong-Kong, spigoliamo le seguenti notizie che possono avere un peculiare interesse per i com­ mercianti e industriali italiani.

Cominciamo, naturalmente, dalla seta.

Circa tre quarti delle sete greggie della Cina meridionale sono assorbito dalla Francia 6 sopra un totale di 34,000 balle inviate in Europa durante la ultima stagione, meno di 2000 soltanto hanno fatto capo a Genova.

Più importanti per noi sono ì cascami, che la nostra industria largamente richiède alla Cina.

I cascami di seta hanno un grande avvenire, specialmente ora che la loro lavorazione, un tempo difficilissima, ò stata di molto semplificata.

La lavorazione dei cascami richiede macchine specialissime e capitali considerevoli ; è per questo che ovunque i vari stabilimenti tendono a fondersi. Si può parlare di già di veri centri dell’ industria

dei cascami.

In Inghilterra essa viene esercitata nel Lanca- ster, a Manchester, e nel Yorkshire, ed ha alla testa la ditta Lister. La Francia ha le principali sue fab; briche a Briancon, Tenay e St. Rambert ; le restanti sono unite a Lione con direzione a Basilea, sotto la ragione sociale : Société Anonyme des filatures de

schappe a Lyon.

Questa Società ha pure fondati notevoli stabili­ menti in Russia, con buoni risultati. La Svizzera, oltre a questa, possiede fabbriche in Uster ed in Ba­ silea, e si dedica particolarmente alla produzione dei cordonnets e delle frangie.

In Italia 1’ industria dei cascami di seta ha sede nell’ Alta Italia ed impiega per la cardatura e la fila­ tura, esercitate in 17 _stabilimenti, 34,000 fusi, 339 macchine e 3500 operai.

Anche la Germania ha diverse fabbriche, le quali però conservano il carattere di Società private, le principali sono in Zeli (Baden).

Le considerevoli fabbriche dell’ Austna-Unghe- ria in Gorizia, si occupano sopratutto della lavora­ zione dei velluti.

Le convenzioni che esistono tra le principali Compagnie interessate nel commercio con l’ Estremo Oriente garantiscono 1’ uniformità dei noli per Ja Europa : come conseguenza quelle che hanno servizi migliori, come il Lloyd Germanico, si trovano sem­

pre preferite. .

I cascami sono spediti pei giunca ad Hong-Kong donde vengono inoltrati a destino ai noli seguenti : per Genova, Marsiglia e Londra scellini 7.8netti per cetwert ; per Milano e Novara scellini^ 45 per ton­ nellata ; per Basilea e Zurigo scellini 50 id. ; per Trieste e Venezia scellini 40 id.

E passiamo ad altri prodotti della industria ci­

nese. . . , . ,

La Cina è il paese classico dalla industria della paglia. Dato il buon mercato della mano d’ opera, finora non si era ricorso a procedimenti industriali perfezionati. Ora si sta fondando una fabbrica alla

europea. ,

L’ esportazione delle stuoie 1’ alino scorso fu eli 300,000 colli, dei quali ben 250,000 furono assorbiti dall’ America del Nord, non ostante che la tanfla Dingley aumenti di circa 80 per cento il valore delle qualità più basse. Il rimanente si diresse a Londra, all’Havre, ad Amburgo, a Brema ed ai porti

olau-desi. . _

Questa industria, che ha il suo centróla Cantón ma che viene esercitata pure a Macao e nei dintorni di Hong-Kong, provoca una considerevole richiesta di colori di anilina (rosso-verde-bleu). Dati la fine esecuzione ed il relativo basso prezzo dell’ articolo, sarebbe possibile un limitato smercio in Italia.

Col 1899 la canfora ha cessato di aver importanza per Hong-Kong, come centro di contrattazione.

Il monopolio fu proclamato a Formosa dal Go­ verno giapponese nel 1899, in parte per scopi fiscali in parte per impedire la distruzione delle foreste dell’ albero della canfora e meglio regolarne la pro­ duzione e sostenerne i prezzi.

L’ esportazione del thè da Cantón e grandemente diminuita nell’ ultimo decennio, causa la concorrenza del thè di Ceylan e dell’ India.

La cassia, o cannella della Cina, è prodotto ca­ ratteristico della Cina meridionale. Le qualità m i­ gliori vengono esportate in pacchi legati con strisce di bambù. La cassia rotta, invece, e messa in c<^?~ mercio in sacohi. Nel 1899 ne furono esportati 111,00J colli, dei quali 1600 a Genova.

I fiori di cannella (cassia buds) usati come con­ dimento, nonché nella liquoreria e nelle preparazioni farmaceutiche, vanno principalmente ad Amburgo, Trieste, New York. L’ esportazione totale e di 2<00

casse. . , v

Le setole si esportano in quantità considerevoli e costituiscono uno dei numerosi articoli trattati in Hong-Kong.

Anche le piume sebbene senza importanza per noi, animano un traffico notevolissimo nel sud della Cina. A Cantón l’ industria delle piume (cernita e preparazione per l’ esportazione) oltre che caratte­ ristica, è anche largamente esercitata.

L’ esportazione delle prime è in continuo aumento e non si limita più, come in passato, a quelle d’ oca anitra e gallina ma si estende anche ai molti splen­ didi uccelli del paese, come fagiani e uccelli acqua-

tici. . , ,

I tessuti di seta vanno a Marsiglia e Londra ed in generale si tratta di pongee, tessuto liscio molto a buon mercato che serve per fodere.

Lo zenzero è esportato secco, spesso sotto torma di zenzero condito in barili od in casse, a Londra, New York ed Amburgo.

II chínese non può concepire una festa senza

cracJcerst fuochi d’artifìcio ; ciò spiega come gli Stati

Uniti, che hanno immense colonie cinesi, assorbono pii di nove decimi dell’esportazione di questo arti­

colo. .

Altri generi abbastanza importanti di esporta­ zione sono pure: l ’ anice stellato e il relativo olio essenziale e l’ olio essenziale di cannella, di cui pro­ vengono piccole quantità anche a Genova.

I ventagli di foglia di palma vanno principal­ mente in America, ma ne arrivarono anche a Ge­ nova 122 casse nel 1899 e a Trieste 50 casse.

Le canne di bambù si esportano dappertutto per usarle nella fabbricazione di mobili leggeri e per scopi agricoli. A Genova nel 1899 ne arrivarono 1250 balle.

Anche i lavori di legno nero, bambù e di canna che comprendono i costosi mobili di blakwood e quelli leggieri ed a buon mercato, ma pure tanto graziosi, di bambù e rattan vanno molto a Londra, all’ Havre e in America. I rattanware sono esportati in buona quantità anche a Trieste pei sedili delle sedie di Vienna ed in bavibooioare ad Anversa, Lon­ dra, Amburgo e Brema.

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