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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1399, 24 febbraio

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA. FIN A N Z A , COMMERCIO, BAN CH I, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XXYIII - Yol. XXXII

Domenica 24 Febbraio 1901

N. 1399

LE SPESE MILITARI

La recente rivelazione che nei magazzini mili­ tari figuravano come in buono stato molti milioni di cartucce da fucile e che non possono util­ mente servire agli usi di guerra, per i quali usi sono esclusivamente confezionate, ha sol­ levata di nuovo la questione delle spese mili­ tari ed ha dato occasione, ad una parte della stampa, di manifestare un’ altra volta le solite generiche persuasioni sulla opportunità che si i metta la cosa in tacere per amor di patria, I per decoro dell’esercito, ecc. ecc.

E non possiamo a meno, giacché si tratta di una questione veramente tecnica, a far tacere j la quale a quest’ ora dovrebbero essere state ! precisate e punite severamente le persone, al- 1 tolocate o no, che hanno od hanno avuto la responsabilità effettiva di quel servizio,-non | possiamo a meno, diciamo, di manifestare il nostro dissenso sul modo col quale alcuni ere-

j

dono utile di giudicare le cose che riguardano l’esercito. Comprendiamo perfettamente che la | consuetudine ed un certo processo storico man- j tengano alcuni nella persuasione che vi possono j essere delle istituzioni, le quali si rafforzano e progrediscono quanto più sono sottratte al sin­ dacato pubblico; ma, pur spiegandoci questo frutto di antiquati metodi di governo, crediamo doveroso di unire la nostra voce a quella di coloro che condannano tali sistemi e doman­ dano che nell’ interesse stesso dell’ esercito e dell’armata sia concesso un più largo mezzo di sindacato sul modo con cui procedono quelle istituzioni, alle quali è affidata tanta parte ciglia sicurezza del . paese.

Fra tutte le istituzióni, di cui si compone la complicata macchina governativa, le militari sono quelle che meno hanno sentito la influenza dei tempi e, per quanto hanno potuto, hanno resistito ad ogni contatto colle idee moderne, sfuggendo sempre alla critica dei Parlamento, della, stampa e del pubblico. Dal codice penale speciale che governa nelle pene quello istitu­ zioni, alle sfolgoranti uniformi delle parate, è tutto un inondo quasi mediovale che ancora si conserva nelle file dell’ esercito e dell’ar­ mata, e che ne impedisce il progresso, cioè lo adattamento alle più moderne esigenze. Certo, e in Italia specialmente, i singoli individui che fanno parte delle istituzioni militari hanno se­ guito abbastanza lo svolgersi delle idee e dei

metodi delie civili istituzioni, cosi che si in­ contrano facilmente degli uomini moderni anche sotto gli elmi piumati e le tuniche gallonate, ma la istituzione in sé, come tale, è ancora retta da principi, da pregiudizi e da sistemi che ri­ pugnano a ciò che esiste ormai come conquista intangibile di civiltà nel mondo civile.

Lasciando 1’ esame di alcuni particolari ri­ guardanti la cieca obbedienza, la supina sot- tomessione, la trascuranza degli elementi del­ l’igiene, il distacco tra la apparenza e la sostanza della forza, la inaccessibilità dei superiori, la eccessiva complessità dei congegni burocratici, la quasi completa soppressione della individua­ lità, ciascuno dei quali punti potrebbe dar luogo a melanconiche riflessioni, è a deplorarsi vi­ vamente che ancora, nemmeno il potere legi­ slativo, abbia saputo fare nella mediovale for­ tezza del militarismo, una breccia sufficiente

per essere quanto occorre informato che quel milione al giorno, che. viene all’incirca impie­ gato per le spese militari, sia efficacemente ri­ volto allo scopo per il quale viene versato dalle tasche dei contribuenti.

Ed invero appariscono, quando qualche oc­ casione si presenta per sollevare la discussione sull’argomento, due scuole ben distinte.

Gli uni affermano che è nell’ interesse del­ l’esercito che se ne discuta il meno possibile, e sia lasciato nel suo campo ermeticamente chiuso, lasciandolo raggiungere, nella ignoranza di tutti sulla efficacia dei suoi ordinamenti, lo scopo per cui è istituito ; — gli altri invece credono che per l’esercito, per l’armata, come per qualun­ que altra istituzione, il vero eccitamento al pro­ gresso utile, all’ energia efficace, alla migliore linea di condotta, provenga soltanto dall’ esame pubblico degli ordinamenti e dei fatti, dalla

.ritica fatta alla luce del sole.

E francamente noi siamo per questo secondo convincimento,, perchè gli abusi non si impe­ discono o non si prevengono, gli errori non si scoprono e non si riparano, le lacune non si avvertono e non si colmano, i deviamenti non si riconoscono e non si rimediano, se non quando il timore della pubblica sanzione non metta coloro, che degli abusi, degli errori, delle lacune, dei deviamenti sarebbero responsabili, in mora di non cadervi.

Opportet ut adoeniant scandalo,; nè i mili­

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nione pubblica, che opportunamente illuminata dai suoi diversi organi, giudica, assolve o con­ danna qualche volta a precipizio, ma nella maggior parte dei casi con sani criteri.

Ma, dicono alcuni, come si può mettere in discussione l’esercito davanti l’estero ? —

Sarà molto meglio, rispondiamo noi, che l’estero sappia che ministri, generali, direttori capitani o caporali, hanno fabbricato male delle car­ tucce e furono puniti, piuttostochè i soldati si trovino davanti al nemico con cartucce che non sparano.

Ed è falsa idea il credere che, con questi si­ stemi da ordini religiosi, si mantenga il pre­ stigio dell’esercito.

Il pubblico in genere è poco informato di ciò che succede negli stabilimenti militari e nelle caserme, come poco conosce di ciò che avviene nei conventi; ma i militari ed i frati sanno be­ nissimo tutto ciò che accade nelle loro impe­ netrabili abitazioni, e il prestigio verso i capi se ne va lo stesso, quando sono noti e non pu­ niti gli errori che commettono.

Nell’interesse stesso delle istituzioni militari è conveniente che si aprano le porte di quei misteriosi locali dove si elabora in gran se­ greto niente altro che la difesa nazionale; è necessario che penetri un poco di più la cri­ tica, e nel momento presente in cui tante an­ gustie economiche travagliano il paese, è ne­ cessario che un serio sindacato sulle spese mi­ litari possa essere istituito affinchè non avvenga, più presto di quello chè non si creda,che l’eccesso stesso della pressione che le spese militari eser­ citano sul paese, non sia causa di eccessiva reazione.

Nè si tratta di piccola cosa: dal 1862 al 1899 il Ministero della guerra domandò una spesa di circa nove m iliard i e mezzo e quello della ma­ rina circa due m iliard i e mezzo ; in totale sono dodici m iliard i circa, senza calcolare l’ onere delle pensioni che, come è noto, nei due dica­ steri ammonta già ad una spesa annua di 40 milioni.

Si può parlare di necessità che un religioso silenzio copra le responsabilità di quegli sper­ peri che cosi raramente vengono a cognizione del pubblico, quando le spese militari doman­ dano un milione il giorno, mentre per la pubblica istruzione lo Stato non spende in tutto il Regno che poco più di 100,000 lire il giorno?

Il mercato finanziario inglese!)

Il capitolo delle banche comprende a un tempo le azioni di banche inglesi e di banche estere. I grandi stabilimenti di deposito di Londra, quali la London City and M idland B ank, le cui a- zioni sulle quali sonò state versate 12 sterline e mezzo, valgono presentemente circa 53 1[2, ossia 428 per cento, la London and County Battiti le; cui azioni valgono 500 per cento, cioè 100 sterline, per 20 versate, la London P rovin

-9 Continuazione e fine; vedi il numero 13-98.

d a l B ank, le cui azioni valgono il 420 per cento, la London Westminster B an k quotata 360 per cento, l’ Union B an k o f London quotata il 260 per cento hanno adottata la formóla di un pic­ colo versamento sui loro titoli in modo che la parte non versata costituisce una specie di ri­ serva, una garanzia eccellente pei depositanti e i creditori dello stabilimento.

Fra le banche estere coloniali vanno notate quelle d’Australasia, della Colombia britannica, di Maurizio, della Nuova Zelanda, dell’ India, dell’Australia e della Cina, di Delhi e di Londra, di Hong-Kong e Shangai; quest’ ultima è uno dei più potenti stabilimenti di credito dell’ E­ stremo Oriente, dove la sua influenza è pre­ ponderante.

Il capitolo che segue è consacrato alle fab­ briche di birra e alle distillerie, fra le quali figurano dei nomi conosciuti anche fuori della Inghilterra (gli Allsopp, gli Alton, le Guinness) le cui imprese sono ora per azioni. Un certo numero di fabbriche di birra americane, di Chi­ cago, di Cincinnati, Baltimora, Milwaukee, Nuova York, San Paolo, rammentano 1’ epoca in cui il capitale inglese era accomandato dalla industria americana. Questa parte del listino comprende parecchie centinaia di titoli.

I canali, i docks, non sono al contrario rap­ presentati che dalle azioni ed obbligazioni di un numero ristretto di imprese, quali i docks delle Indie orientali a. occidentali, di Londra e Santa Caterina, di Millwall, di Surrey. Questo dipartimento comprende le azioni ed obbliga­ zioni del canale che collega Manchester al mare, canale che destò tante speranze al tempo della sua costruzione e che non ha dato tutti i ri­ sultati sperati.

Veniamo così alla parte più importante del listino, almeno a giudicare dalle sue dimen­ sioni; essa è intitolata «commercio e industria» e comprende una varietà di titoli, la cui enu­ merazione sola potrebbe dare un’ idea esatta di che si tratta: dal pane aereato fino a una compagnia di strade ferrate e di traffico in Assam, dal B o rrii fino al Grand H ôtel di

Brighton, dai famosi ristoratori Spiers e Pond

che danno da mangiare a una parte della Gran Brettagna, fino alle fabbriche d’ armi

H otchkiss e M axim N ordenfeld che vendono

i loro prodotti a tutti i governi. In queste tre colonne del listino si trovano la Compagnia

Chartered del Niger, i Grangers di Chicago,

l’Acquario reale, dei telegrafi, delle Compagnie di Nitrato al Chili, 1’ Unione dei sali, il Savoy H ôtel, delle fabbriche di bicicli. Un carattere speciale alla maggior parte di queste Società è che esse hanno conservato come ragione so­ ciale il nome dei loro fondatori, degli antichi proprietari della impresa che è stata trasfor­ mata in società per azioni. Si può trovare in ciò una prova dello spirito individualista in­ glese che dà valore alla persona alla reputa­ zione che essa si è fatta, ai successi che essa ha ottenuti e che desidera conservare il suo nome anche quando essa non è più alla testa della impresa o non è più sola.

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municipali, come quelle di Auckland, di Boston, di Capetown, di Durban, della contea di Essex della città di Melbourne, di Messico, di Mont­ real, di Ottawa, di Porto Elisabetta, di Quebec, di Rio de Janeiro, Rosario, San Luigi, Sydney, Toronto, Valparaíso, Vancouver, Wellington, Winnipeg.

La sezione financial, land and investment, vale a dire finanza, terra e investimenti, comprende dei crediti fondiari, delle compagnie territoriali, delle compagnie di esplorazione, delle società finanziarie. Una. rubrica speciale è riservata ai trusts finanziari che formano una parte o- riginale della finanza inglese e . non hanno equivalenti sul continente. Quasi tutti questi trusts hanno azioni di preferenza, azioni diffe­ rite, cioè ordinarie, ed obbligazioni. Essi danno luogo a una grande varietà di combinazioni. Sono, in generale, società costituite per acqui­ stare i titoli di un certo numero di imprese di natura simile, assicurar loro così, in modo in­ diretto, un mercato più largo e maggiori faci­ lità di negoziazione o ancora per ricercare occasioni di collocamenti favorevoli in una certa categoria di valori, diminuendo i rischi colla molteplicità degli impieghi. Questi trusts non hanno altro di comune che il noine, coi: rusts americani.

Le compagnie di illuminazione a gas e col­ l’elettricità non presentano alcun carattere che meriti d’ essere specialmente segnalato, non più delle compagnie di assicurazione; ci limite­ remo quindi a rammentare lo sviluppo con­ siderevole preso da queste ultime nel Regno Unito. Le assicurazioni sulla vita rispondono bene al carattere degli inglesi che non amano di economizzare come i francesi e che deside­ rano tuttavia, imponendosi un sacrificio an­ nuale, di lasciare alla loro morte un capitale alla moglie e ai figli. Le assicurazioni marit­ time hanno naturalmente una grande funzione in un paese di cui la flotta effettua i trasporti di una parte del mondo.

Le azioni delle compagnie del ferro, del car­ bone e dell’ acciaio contrariamente a ciò che si potrebbe supporre, sono poco numerose, lo stesso è a dire di quelle delle miniere d’oro e delle miniere in generale di cui alcune soltanto figurano sul listino officiale. Fra le azioni di compagnie di navigazione sono iscritte quelle delle potenti società inglesi Cunará, Peninsular

and Orientai, Union Steamship, Castle mail, il

cui nome è conosciuto nel mondo intiero, ma di cui alcuna non eguaglia tuttavia in impor­ tanza la compagnia tedesca Hamburg A m eri- kanische P acketfahrt Gesellschaft.

Le compagnie di piantagione del thè e del caffè hanno 1’ onore di un capitolo speciale, dove si leggono molti nomi indiani: Ceylan, Cachar el Dooars, Chargola, Darjeeling, Doom Dooma, Jorehaut, Lungla, Makum. Da un certo numero di anni gli inglesi hanno sviluppato in maniera intensa la coltura del thè nel loro impero indiano, e la esportazione del thè cresce tutti gli anni alle spese di quella della Cina. Alcuni anni sono a una esposizione coloniale inglese a Londra nel meseo di South Kensing- ton si vedeva una serie di diselli, di grandezze

e di colori differenti, che mostravano con le loro dimensioni l’ importanza crescente della produzione di questo thè indiano e il posto che esso toglie, poco a poco, al thè cinese nel con­ sumo inglese. Il listino di Londra ne porta le traccie palesi.

Fra le azioni di telegrafi e di telefoni noi vediamo quelle della maggior parte delle po­ tenti imprese che racchiudono il globo in una rete di fili inglesi e che hanno ancora una volta mostrato, durante la guerra sud-africana, quale forza danno all’ Inghilterra, assicurando le sue comunicazioni istantanee con le sue co­ lonie ed obbligando gli altri governi a ricor­ rere all’ intermediario dei cavi britannici.

I due ultimi capitoli trams, omnibus, acque, comprendono un certo numero d’ imprese in­ glesi e straniere.

Ecco ciò che contiene il listino ufficiale di Londra, cioè quello che è pubblicato dai diret­ tori e amministratori dello S tock Exchange. Malgrado le sue dimensioni esso è ben lunge dal comprendere tutti i valori che si negoziano allo Stock Exchange. La maggior parte delle azioni minerarie non vi sono iscritte, il che non impedisce che siano negoziate dai membri della corporazione. Non tenendo conto che delle iscrizioni al listino ufficiale, si trova che al 31 dicembre 1899 il valore nominale dei titoli quotati era di oltre 200 miliardi di franchi.

Non vi è a Londra la separazione che esiste a Parigi tra la coulisse e il parquet. E ’ per questo che un certo numero di stoekbrokers pubbli­ cano un listino di parecchie pagine che riferisce i corsi giornalmente fatti sulle azioni delle mi­ niere. Una delle differenze tra i valori quotati ufficialmente e gli altri è che i banchieri non anticipano denaro, o in altre parole, non fanno volentieri riporti che sui primi.

II funzionamento del mercato è in fondo sem­ plicissimo : esso è libero e si governa col re­ golamento che si è imposto a sè medesimo senza che nulla rassomigli a un monopolio. Ciascuno può acquistare e vendere valori mo­ biliari al di fuori del mercato. Lo Stock Exchange è una società privata che possiede un locale dove si riuniscono i membri della corporazione. Varie formalità sono stabilite per ottenere l’am- missione d’ un valore alle negoziazioni, vale a dire una liquidazione (Settling day) e la inscri­ zione sul listino (quotation), ma non è il caso di riferirle qui. Diciamo solo che il Comitato ordina la inscrizione dei titoli di una nuova compagnia al listino officiale, se la compagnia è bona fide e di una importanza sufficiente, se essa ha fornito i documenti richiesti, se l’atto costi­ tutivo è stato pubblicato con gli statuti; se la me­ tà del capitale d’una società a responsabilità li­ mitata è emesso, col 10 0[0 almeno pagato ; se le somme da pagare in moneta e titoli ai conces­ sionari sono specificate ; se due terzi del capi­ tale nominale emesso sono stati sottoscritti e attribuiti senza condizioni al pubblico. Una com­ pagnia che emettesse senza motivi speciali nuove azioni nei dodici mesi che seguono la prima liquidazione {Settling day) potrebbe essere esclusa dal listino.

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U 0 L ’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1901

provinciali: Aberdeen .Birmingham, Bristol, Cork, Dublino, Edimburgo, Glasgow, Leeds, Liverpool, Manchester, Newcastle on Tyne, Steffield. Cia­ scuna di esse in generale ha una specialità, cosi ad es. Birmingham ha quella dei bicicli. Un cen­ tinaio di fabbriche di biciclette, molte fabbriche di pneumatici e altri accessori vi danno luogo od almeno vi hanno dato luogo per parecchi anni a transazioni animate. La maggior parte hanno diviso il loro capitale in azioni di una lira sterlina. In seguito alle esagerazioni com­ messe, questo mercato ha perduto la sua im­ portanza.

Da quanto siamo venuti esponendo, _ emerge tutta la importanza del mercato finanziario in­ glese che rimane il più attivo, più originale e più importante del mondo.

I l DAZIO VARIABILE SUL GRANO

Non mi sembra inutile di ritornare un mo­ mento sulla questione della « scala mobile » o, come si dice oggi di preferenza, del dazio va­ riabile sul grano.

E ’ necessario che il paese stia bene in guar­ dia contro le insidie che si celano nella pro­ posta avanzata e sostenuta da una parte, e dalla parte più intelligente degli ag rari italiani, di so­ stituire al sistema del dazio fisso alla importa­ zione quello di un dazio da determinarsi perio­ dicamente a seconda delle oscillazioni del prezzo del grano, preso per base il prezzo di lire 25 al quintale che si vorrebbe mantenere costante sui mercati italiani.

Ho già mostrato in un precedente articolo (n. 1385) come in realtà lo scopo che si pro­ pongono i fautori del dazio variabile è quello di far argine al crescente movimento contro la conservazione del dazio sul grano e di. mante­ nere e, possibilmente, di aumentare ancora il protezionismo a favore della.proprietà fondiaria.

Negano gli a g ra ri che il dazio variabile che essi suggeriscono .sia un ristabilimento puro e semplice della scala mobile che a tanti e cosi flaganti abusi ha dato luogo in passato. Ma negare non è provare. Le stesse cause, nelle stesse condizioni, producono necessariamente gli stessi effetti e non è punto confermato che in un secolo la sapienza e la moralità di coloro che governano ed amministrano i popoli siano progredite in ¡tal* modo da ..potere dare la fidu­ cia assoluta che ciò che funzionò malissimo nella prima metà del secole X IX funzionerà ora a perfezione e colla soddisfazione uni­ versale.

;E’ sintomatico che tutti coloro che propon­ gono la sostituzione del dazio variabile al dazio fìsso si accordano sulla base di un prezzo li­ mite di lire. 25 al quintale.

Ma che cosa ò questo prezzo di lire 25? — Gli ag ra ri dicono che è il prezzo rimuneratore della coltura del grano in Italia.

Rispondo. che tutto . sta . ad intenderci sulla misura di questa rimunerazione, cioè della ren­ dita fondiaria che agli a g ra ri piace di

asse-gnarsi sulle loro terre, perchè è provato, pro­ vatissimo che il costo del grano in molte terre italiane, speciamente in quelle della ubertosa regione padana, non supera comunemente le lire 15 a 17 per quintale; ed è ugualmente di­ mostrato da esperimenti di agronomi ed agri­ coltori distintissimi, come, per citarne uno solo, il Solari, che questo costo può essere ridotto, pei buoni terreni e grazie a metodi perfezionati di coltura, col concorso di concimazioni appro­ priate, a 12 ed anche a 10 lire per quintale.

Ma ammettiamo pure che in certe provincie d’Italia il costo medio di produzione del grano si aggiri di fatto intorno alle lire 25 per quint. Ciò significa che, in tali regioni, la coltiva­ zione del grano riesce passiva e che, se non ci fosse il dazio, nessuno si sognerebbe di se­ minare frumento su terreni che non sono na­ turalmente adatti ad una tale coltura.

Resterebbero incolti questi terreni — No se, ed è questo il caso di gran lunga più proba­ bile, qualche altra coltura vi vien bene, co­ prendo le spese di produzione senza l’aiuto ar­ tificiale del dazio. — Sì, nel caso contrario ; ma, presa la cosa nel suo complesso, sarebbe pur sempre male minore che non sia lavorare questi terreni e scaricarne la perdita sulle do­ cili spalle dei consumatori, cioè sulla Nazione tutta 'quanta, e, in misura maggiore, sugli ope­ rai e sui poveri costretti a pagare una iniqua e durissima imposta alla classe dei proprietari fondiari.

Tuttavia, soggiungono gli agrari, non colti­ vandosi queste terre, mancherebbe lavoro ad una parte della nostra popolazione agricola, alla quale, assai più che di avere il pane a buon mercato, deve importare di guadagnare ed avere i mezzi di acquistarlo.

Ma, brava gente, con che cosa pagate i con­ tadini che attendono alla coltura del frumento sulla parte più ingrata delle vostre terre? — Evidentemente, in gran parte coi denari che, col mezzo del dazio, spillate al Paese.

Lasciateci dunque questi denari, non rovina­ teci. colle vostre esazioni aggiunte a quelle già più che sufficienti del Governo, e noi troveremo tutti insieme il modo di dar lavoro a quelle poche dozzine di contadini miseramente da voi impiegati. Avremo quanto meno questo van­ taggio sicuro di potere ciò fare senza pagarvi una costosa commissione per un concorso che è troppo premuroso per essere disinteressato.

Il grano a 25 lire il quintale può essere un bel programma per gli agrari, i quali sanno per esperienza che, più sono cari i generi di prima necessità, più i salari sono bassi ed ab­ biette le condizioni del lavoro.

Non aveva dunque torto l’imperatore di Ger­ mania quando alcuni anni or sono — prima che le vicende della sua irrequieta politica — lo portassero a cercare 1’ appoggio del partito degli ag ra ri — accusava questi di voler prati­ care lo strozzinaggio dei bocconi d i pane.

I consumatori tedeschi non hanno punto di­ menticato quelle parole dell’ imperatore e con vigore si agitano oggi contro il minacciato au­ mento dei dazi sui cereali.

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non si lascino forviare nella loro campagna per l’abolizione del dazio sul grano dalla insidiosa proposta del dazio variabile.

Si tenga presente il fatto che un dazio, il quale si proponga di mantenere il prezzo del grano in Italia intorno al limite costante di 25 lire al quintale, non difende punto i consuma­ tori contro un maggiore rincaro del grano, mentre serve solo a tutelare gli a g ra ri contro un ribasso di prezzi, in modo anche più effi­ cace che non faccia l’ attuale dazio fisso di lire 7,50 al quintale.

Infatti, dato che il prezzo del grano dovesse discendere nuovamente, come era alcuni anni or sono, al disotto delle lire 15 per quintale sul mercato libero europeo, col sistema della scala mobile, il dazio salirebbe a 10 ed a più lire il quintale, ai tre quarti del valore della merce.

Non si sa ancora se il nuovo ministero sia o no favorevole al sistema del dazio variabile.

Nel dubbio conviene fargli capire di non per­ dere tempo in un tale progetto.

Quello che il Paese vuole è l’abolizione pura e semplice della tassa chiamata dal Magliani •— prima che ne divenisse fautore — col nome di « imposta sulla fatile ».

Sia l’abolizione immediata o graduale, su ciò è possibile venire ad una ragionevole intesa, ma è necessario che la riforma sia tosto ini­ ziata e che ci sia dato serio affidamento di ve­ derla compiuta in un termine non troppo lungo. Quanto agli ag rari possono tenersi il loro dazio variabile. Li ringraziamo della spontanea loro offerta, ma saremmo troppo ingenui, se per fare loro piacere acconsentissimo a mutare un male grande in un male maggiore.

Questo devono sapere i nuovi ministri. Se de­ siderano che si desista dalla agitazione legale contro la ingiusta e sovversiva imposta, cono­ scono il modo di contenersi.

Da parte nostra siamo risoluti a non la­ sciarli in pace fino a che — colla forza vitto­ riosa della opinione e valendoci di tutti i mezzi di propaganda che la legge ci accorda e ci deve garantire — saremo riusciti a strappare dal Parlamento il grande ed urgente e doveroso atto di giustizia e di liberazione sociale.

Edoardo Gir e t t i.

L’ IMPOSTA SIILI1 RICCHEZZA I.0B IL!

n ella odierna riform a trib u ta ria *)

Fa impressione la forte diminuzione presen­ tata nell’ imponibile della categoria A 2 dei pri- ; vati, ossia negli interessi di capitali, nei redditi i di natura perpetua, diminuzione che si raggua- | glia a L. 4,500,231 imponibili ed è quasi doppia di quella già data dal 1897 sul 1896, che fu \ di L. 2,576,310. E" un fenomeno che ormai si f

l) Vedi il fascicolo precedente dell 'Economista.

può dir costante in tale categoria di redditi, dacché dal 1891 si verifica ogni anno, fatta eccezione pel 1895 : e, arrestandoci a quest’anno basta dare uno sguardo alle cifre di un qua­ driennio 1895-1898 per rilevare come la dimi­ nuzione sia, non soltanto continua, ma anche rilevante. Nel 1895 gli imponibili di categoria A 2 salivano in cifre tonde

a milioni 113 9 ;

nel 1898 scesero a » 113.3 con dimin. di in. 0.5

nel 1397 » » » 110.7 » » 2.6

nel 1898 » » » 106.2 » » 4.5

onde in 3 anni subirono una diminuzione sul 1895 di milioni 7.6. Sono invece in aumento sul 1897 i redditi della categoria B e C; quelli con un supero di L. 3,994,676 imponibile, questi con un supero di L. 1,353,236 imponibili. Dal 1895 al 1898 i primi diedero un aumento nientemeno che di 20 milioni, ossia dell’ 11 per cento, ed i secondi un aumento di 6 milioni, ossia dell’11.30 per cento.

Il che porta alla constatazione di una dimi­ nuzione nei redditi di capitale e di un aumento nei redditi àe\Y attività industriale, com m erciale e professionale.

Quanto alle cause della prima, non si può fare a meno di ricercarle nella diversa forma di investimento dei capitali privati da un lato, e dall’altro nei mezzi escogitati per eludere la imposta, la quale, per l’elevatezza dell’aliquota, costituisce un più forte incentivo a porli in atto.

Se adunque non si può : mettere in dubbio

l’aumento del reddito, imponibile nelle categorie

che rappresentano il risveglio economico, poi­ ché questo risveglio equivale ad aumento nel gettito dell’ imposta, è un dovere dello Statò di secondare questo movimento, accordandó quante più agevolazioni può. Il movimentò in questo senso sarà accentuato ove le aliquote attuali vengano ribassate, il commercio ne avrà inco­ raggiamento e porgerà all’imposizione un mar­ gine tassabile molto maggiore. Non.occorre poi dire che l’economia nazionale ne risentirebbe un enorme vantaggio, che è bea più da ap­ prezzarsi.

Da quanto dicemmo risulta che se il minimo d’ esenzione per la categoria B si portasse a Lire 900 lo Stato perderebbe un’ imposta di L. 3,155,000 corrispondenti ad un imponibile di L. 89,000,000. Siccome l’aumento spontaneo dell' imponibile è di 7 milioni annui, se non si ponesse mano ad alcuna economia o se non si trovasse da altra fonte la corrispondente im­ posta, si richiederebbero 12 anni per riempire questo vuoto.

Ma posto pure che lo Stato non possa fare a meno di questi 3 milioni, è proprio vero che non riesca a trovarli nei limiti stessi dell’ im­ posta di ricchezza mobile ? E non è la catego­ ria A capace di fornire questa somma, che — ove si aggiungano L. 1,410,865 necessarie per elevare a L. 1,200 il minimo della categoria C — non supera i 4 milioni e mezzo?

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non può concedersi nella misura necessaria, se non aggravando le categorie capaci. Bisogna adunque una buona volta riconoscere la impre­ scindibile necessità di calcar la mano più gra­ vemente sulla categoria A , la quale per la sua larga base e per la sua natura si presta mi­ rabilmente a render possibili maggiori benefici. Il Governo nei suoi studi si è arrestato da­ vanti ad essa e ne ha proclamato tacitamente la inviolabilità, che oggi invece non si può più riconoscere di fronte ai principi politico-sociali predominanti.

E’ inutile opporsi alla coscienza pubblica, la quale col pieno assenso della scienza pretende che si aggravi tutto ciò che è rendita nella quale non vi sia il concorso del lavoro attuale : è inutile più a lungo tentennare e bisognerà pur decidere a mettersi per quella via la quale rappresenti il risultato di due diversi indirizzi che regolino la tassazione nelle categorie B , C, D da una parte ed A dall’ altra ; è ora di attuare quello che dicesi programma minimo, è ora di colpire più gravemente gli interessi del debito pubblico, se si vuole che cessino di propugnare il programma massimo che suona abolizione completa di essi ; è ora di mostrare alla Nazione che le sue aspirazioni sono se­ condate da chi sta al potere sgravando i red­ diti delle ultime categorie a spese della prima. Se sui 95 milioni e mezzo rappresentanti l'im­ posta di ricchezza mobile che grava sugli in­ teressi del debito pubblico si volesse ripartire i 4 milioni e mezzo rappresentanti lo sgravio delle categorìe B e C, ne verrebbe un aggra­ vio di 4 centesimi per ogni lira : ora che ag­ gravio è questo, quando si pensa ai redditi che da esso sono colpiti ? E fosse anche più forte chi dubita che sia giustificato una. volta che non e diretto a colpire il lavoro attuale?

Senonchè qui ci troviamo di fronte alla nota obiezione non potersi cioè tali, redditi colpire

con un imposta speciale. Bisogna premettere

che questa è una difficoltà più che altro spe­ ciosa, giacché non sono mancati i casi, in cui essa è stata tenuta in disparte. Nel momento attuale non è a far questione se gli interessi del debito pubblico debbano esser colpiti ovvero andare esenti da imposta, giacché ci troviamo di fronte ad un fatto compiuto. Per quanto la seconda opinione sia sostenibile, ormai è ac­ cettato il principio contrario è entrato a far parte del nostro sistema tributario fin dal 1865. In quell’anno con. una legge Sella si applicò per la prima volta con la forma della ritenuta, e nel 1894 con la legge Sennino il principio ebbe la conferma: quindi oggi l’obbiezion grave, a cui abbiam già accennato, è una sola, e fatta- dall’art. 3 della « Legge sulla istituzione del Gran L ibro del Debito pubblico » : L e rendite inscritte sul Gran L ibro non potranno m ai in nessun tempo e per qualunque causa, anche di pubblica necessità, venire assoggettate ad una speciale imposta.

Sembrava che con questa disposizione si fosse eliminato il pericolo che lo Stato abusi della sua facoltà di far leggi tributarie per li­ berarsi dai debiti contratti con privati, giacché insieme con l’aliquota che colpisce gli interessi

della rendita pubblica dovrebbe elevare tutta 1’ imposta sui redditi mobiliari ; ma quanto sif­ fatta garanzia sia efficace, lo indica chiara­ mente la legge del 1894.

In un paese, in cui vi fosse un imposta unica sul reddito, una simile disposizione darebbe ef­ fettivamente la massima garanzia possibile, come sarebbe in Inghilterra; io tali paesi quando si trattasse di colpire gli interessi del debito pubblico, non si potrebbe elevare soffi la per­ centuale che colpisce la categoria dei redditi mobiliari; non potrebbe esservi assoggettata - mento ad imposta senza mettere a contributo tutte le varie forme di reddito. Allora la limi­ tazione stabilita per legge, che la rendita pub­ blica non possa esser colpita da un imposta speciale, costituirebbe una solida garanzia per- chè anche gli interessi delle altre forme di red­ dito (fondiario, edilizio, industriale) rappresen­ tati al governo della cosa pubblica, cospirereb­ bero insieme perchè non sieno^ colpiti da un nuovo aggravio. Invece, in un sistema come il nostro, di’ imposta plurima, è facile eludere quella disposizione. Infatti se l’ imposta sulla rendita non può esser materia di una legge speciale, vale quanto dire che non può rientrare altro che in una delle leggi esistenti, e quindi m quella che riguarda i redditi mobiliari.

E’ possibile un trattamento diverso tra. ì vari redditi mobiliari per il modo con cui si fa la discriminazione di essi e si consentono le varie deduzioni ; sicché elevando la percentuale del- l’ imposta di ricchezza mobile, si potrebbero con­ sentire delle larghe epurazioni alle varie forme di redditi mobiliari, e censire integralmente la rendita pubblica.

E 1’ on. Sonnino non fece infatti così l Mal­ grado la difficoltà esistente, non fu nel 1894 aggravata l’imposta sulla categoria A in molto maggior misura dell’ imposta sugli altri redditi mobiliari 1 Nelle leggi antecedenti, dal 1864 al 1877, i redditi capitalistici erano censiti al loro valore integrale, quelli industriali ai 6 ottavi, i professionali ai 5 ottavi, gli stipendi ai 4 ot­ tavi. Con la nuova classificazione introdotta dalla legge del 1894 e con l’ elevamento delle imposte al 20 per cento, le deduzioni furono stabilite in modo che l’ aggravio, apparentemen­ te generale, colpisse di preferenza la categ. A . Infatti la percentuale vecchia del 13.20 e quella nuova del 20 per cento, tenuto conto delle de­ trazioni, si riducono alle seguenti :

Categorie Legge 1877 Legge 1894 Differenza

A 13.20 20.— -j- 6.20

A' 13.20 15.— + 1.80

B 9.90 1 0 . - -j- 0.10

c 8.25 9.— 0.75

D 6.60 7.50 -f- 0.90

(7)

24 febbraio 1901 L ’ E C O N O M I S T A 119

l’aggravio sarebbe stato portato con una legge generale.

E ’ evidente che non tarderà a rivelarsi il ca­ rattere vero di tale provvedimento ed i mutuanti comprendendo chiaramente la realtà che in esso si annida, non potendo in nessun modo impe­ dire l’atto legislativo, staranno guardinghi pel futuro e negheranno il loro concorso in even­ tuali bisogni.

Si obbietterà ancora che, essendo gran parte del debito pubblico collocata all’ estero, si fa­ rebbe contribuire gli stranieri al costo di pro- duzione dei servizi pubblici. A parte che tale difficoltà oggi è eliminata dal fatto stesso del­ l’esistenza di un’ imposta, non può essere asso­ lutamente invocata perchè destituita di ogni fondamento giuridico. Il reddito è accertato in Italia nello stesso modo, qualunque ne sia la fonte; éól carattere d’ imposta obbiettiva, tanto vale un fondo quanto una cartella del debito pubblico; l’ uno e l’ altro reddito sono prodotti in Italia e sono colpiti, presso chiunque si tro­ vino.

Adunque all’adozione del provvedimento in­ vocato non ostano ragioni di indole giuridica: nella peggiore ipotesi si potrebbe invocare il

summum imperium dello Stato, riconoscendo in

lui due diverse figure giuridiche, e ammettendo che - nei rapporti eoi suoi creditori - agisca come un privato quando promette l’interesse; agisca invece come potere pubblico, investito della sovranità, quando leva l’ imposta.

Il tutto quanto si è detto vale a salvare le apparenze ed a gistificare il provvedimento in­ vocato, lascia d’ altro lato pienamente liberi i creditori dello Stato sull’atteggiamento che cre­ deranno di prendere pel futuro, al fine di sal­ vaguardare i loro legittimi interessi.

Potrebbe, in altre parole, lo vedersi negare credito per l’avvenire; ma chi dice che i mu­ tuanti stessi non sieno impediti di mettersi su questa via dalle condizioni stesse del mercato1? Chi dice che l’elevazione dell’aliquota dal 20 ai 25 per cento renda gli interessi del debito pub­ blico inferiori a quelli ordinari ‘? E se ciò non avverrà — come noi crediamo — con quale van­ taggio pecuniario si ridurrebbero i terzi a ne­ gare allo Stato quei fondi, che non riuscireb­ bero a collocar sul mercato in modo da ri­ trarre un utile tanto maggiore quanto minore è il rischio cui si espongono facendo il mutuo allo Stato ?

E poi, perchè se dobbiamo prendere come presupposto la necessità di ricorrere a nuovi debiti1? forse che abbiamo obliato tutti i danni che da questo seducente partito vennero al paese ? forse che abbiam dimenticato le cure dolorose e le gravezze che esso ha tratto seco? Nessun altro paese civile — se non si toglie la Spagna in seguito all’ ultima guerra disgra­ ziata — ha aperto più del nostro solchi pro­ fondi nel suo bilancio in servizio di debiti; ma questo sistema, che altri vagheggia, deve es­ sere abbandonato e abbandonato per sempre. Se per giunta il dubbio di non trovar fidu­ cia — come conseguenza dell’ aumento di ali­ quota — avesse la probabilità di diventare pe­ ricolo reale, si avrebbe un impedimento di più

alla creazione di nuovi debiti e quindi a nuòve spese.

Oggi la coscienza pubblica invoca un prov­ vedimento siffatto ; e se non vogliamo seguire quelli che vagheggiano misure troppo ardimen­ tose, se non possiamo ammettere che d’ un tratto lo Stato si creda autorizzato a negare il riconoscimento ai propri debiti, non neghiamogli almeno il diritto di gravare un po’ più la mano sugli interessi di questi, perchè mentre non si crea un sacrifizio economico per i portatori della rendita pubblica, si raggiunge il fine no­ bilissimo, il fine supremo dello Stato moderno: sgravio degli umili rappresentanti del lavoro attuale, aggravio degli altri.

Avv. Luigi Nina.

LI

IEL PRESENTE M E N T II S T B I T

La rassegna che il prof. Loria ha fatto dei vari sistemi sociologici è pure, nella sua bre­ vità, del maggiore interesse. Egli inizia la sua acuta e brillante analisi con la sociologia a base psicologica, al qual riguardo espone ra­ pidamente le idee fondamentali di Saint-Simon per fermarsi più a lungo sulla sociologia di Augusto Corate. Il Loria trova che là distinzione comtiana tra la statica e la dinamica sociale è accettabile e può riuscire feconda, perché se è vero che 1’ applicare al corpo sociale, le no­ zioni puramente meccaniche di statica e dina­ mica non è più compatibile col moderno eon- | cetto che nella società ravvisa un organismo e questi finché vive è di sua natura irrequieto, nè cessa di vibrare se non colla morte, è però anche sempre vero che molti fenomeni sociali non si possono profondamente analizzare, se non quando la società venga supposta in stato di equilibrio. Vi sarebbe adunque nella distin­ zione del Comte un canone di ricerca che non può essere trascurato. Ed esposta la dottrina del filosofo francese sulla statica é sulla dinà­ mica, il nostro dotto autore si pone il quesito se la dottrina del Comte della dipendenza dèlia evoluzione sociale dalla evoluzione intellettuale sia davvero conforme alla verità. Merita essa davvero l’ assenso della sociologia scientifica contemporanea ?

La più ovvia osservazione risponde il Loria, basta anzitutto a provarci che là teoria fonda- mentale del Comte lungi dall’ essere il frutto di una ideazione Solitaria, si riannoda ad una serie numerosa di-pensatori precedenti e con- 1 temporanei. Ed egli ricorda Condorcet, Jdegèl ; | da ciò gli pare di poter asseverare che il con- 1 cetto comtiano va considerato come una ne­

cessaria produzione mentale delle condizioni sociali di quel tempo. « Nè certo, mai le. con­ dizioni della società erano state meglio propizie alla germinazione di tale teoria. Erano infatti quei tempi, nei quali i pensatori solitari

(8)

L ’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1901

120

tavano rivoluzioni profonde e decisive nel mondo delle cose. Franklin addomesticava la folgore; W att inventava la,macchina a vapore che ri­ voluzionava le industrie.; Adamo Smith la teo­ ria del libero scambio che abbatteva le dogane. Rousseau col suo Contratto sociale sommoveva la politica e detronizzava le dinastie ; Kant esiliava la divinità;dal regno dèlia ragione e. scoteva i cardini della fede. I meditanti crede­ vano ormai di poter cangiare la faccia del mondo, q. farlo camminare secondo i dettati inflessibili della logica astratta. Ora in tale con­ dizione di cose, quale teoria più naturale e spontanea di questa - che1 l’ idea sancisce e prefissa il moto sociale, ohe là scienza deter­ mina la trajettoria della umanità e presiede con. sovrano arbitrio ai suoi fati 1

La teoria comtiana, a giudizio del Loria, manca di base e di verità. « L ’errore del Corate è di considerare il pensiero, l’ intelligenza u- mana come un primo, o come qualche cosa di increato, che si sviluppi per forza propria e secondo una legge immanente. Ora tutto ciò è assolutamente infondato. Lungi dall’ essere un primo increato, qd agente indipendentemente sulle cose, il pensiero umano è il prodotto ne­ cessario ed il fatale riflesso della realtà, in cui vive, delPambiente in seno al quale si svolge. La ricerca moderna e veramente positiva giun­ ge per tal riguardo ‘ad assolutamente capovol­ gere le basi del Còmte e conclude che non già la evoluzione sociale è un prodotto della evo­ luzione mentale, ma questa al contrario è un prodotto di quella ; in altre parole che non il modo di pensare degli uomini determina il loro modo di essere/ ma il loro modo di essere de­ termina il loro modo di pensare ».

Questo concetto pecca, è chiaro, per asso­ lutismo, non meno di quello del Comte. Che la evoluzione del pensiero, che tutto il movimento intellettuale subisca l’influsso dell’ambiente non si può negare, ma che questo alla .sua volta non si modifichi per l’azione del progresso men­ tale è assurdo il crederlo. In fondo la critica del Loria è che il concetto comtiano di uno sviluppo del pensiero indipendente dal corso dei fatti reali, non si può riconoscere per vero c in cip egli ha certo ragione, ma per correg­ gere Comte non occorre andare fino a negare qualsiasi azione dell’ evoluzione mentale su quella sociale,. Bernheim ha scritto nel suo

M anuale del metodo storico che gli avveni­

menti storici non sono altra cosa che la ap­ plicazione del pensiero, del sentimento e della volontà dell’ uomo, la applicazione della unità psico-fisica che chiamiamo anima o spirito; se tale veduta è unilaterale, come tante altre, forse che non contiene un elemento di verità?

La divergenza che il Loria ha notato tra l’evoluzione mentale e quella sociale, compro­ vandola col fatto che le epoche di più completa dissoluzione sociale son di regola età di glo­ riosa produzione mentale,, si spiega se si tien conto del fatto che i fenomeni storici sono pure da distinguere secondo che spn governati da leggi di coesistenza o da leggi di successione. È quindi una indagine altrettanto necessaria, quanto ancora incompleta, quella relativa al

rapporto di correlazione tra l’evoluzione sociale e quella mentale.

Ad ogni modo, il Loria, non disconosce i meriti del Comte e se a questi e allo Spencer dirige critiche che tendono a demolire il loro sistema sociologico, ammette che la sociologia moderna possa attingere dalle opere, di quei due pensa­ tori idee feconde e originali. Dello Spencer, espo­ sta la teoria sociologica, mostra gli errori del metodo:, analogico e del fondamento biologico dato alla sociologia. Al quale ultimo riguardo, egli dice, che è evidente che a produrre i fe­ nomeni sociali, i quali si svolgono in seno al- 1’ aggregato umano e non già agli aggregati inferiori non basta più il fenomeno biologico che è a tutti comune, ma occorre inoltre qualche altro fatto speciale ed esclusivo all’essere umano. E qui dichiara che non è certo il meno grave dei vizi della dottrina dello Spencer quello del­ l’assoluta ignoranza del fattore storico dell’as­ setto sociale.

(9)

que-L ’ E C O N O M I S T A 121 24 febbraio 1901

ste fasi sono altrettanti mondi storici rigorosa­ mente distinti, altrettanti organismi cosi l’ uno dall’altre diversi.. .. Infine il Loria crede che la legge universale della sopravvivenza del più adatto si trovi negata brutalmente dalla realtà, perchè nella lotta umana per la vita nè vin­ cono i migliori, mentre il più delle volte trion­ fano i più furbi, i più vili, i più ricchi, nè i vinti si estinguono, mentre all’opposto essi deb­ bono vivere per nutrire, servire e divertire i vincitori. Onde mancano alla lotta sociale tutti gli elementi, che si ravvisano nella lotta biolo­ gica, e che ne formano un poderoso fattore di miglioramento e di progresso.

Queste obbiezioni critiche allo Spencer, il Loria le aveva già esposte in precedenti scritti; qui trovano maggiore brevità e precisione e si accompagnano a un giudizio complessivo della sociologia spenceriana che vuole ispirarsi alla maggiore equità. Riconosce il Loria che l’indi­ rizzo scientifico dello Spencer ha pur sempre un valido fondamento di verità, che è e sarà sempre incontestabile che la biologia forma la fondamentale premessa della sociologia. Nè l’analogia fra società e organismo gli pare inu­ tile, perchè approda alla convinzione che la so­ cietà non è una creazione artificiale dell’uomo, non è una macchina che questi abbia costrutta e possa a sua voglia modificare o spezzare, ma è una produzione naturale che ottempera ad una legge severa di evoluzione e di pro­ gresso e che è impossibile all’uomo distruggere o sostanzialmente mutare. In ciò il grande pro gresso della teoria di Spencer rimpetto a quella di Comtó ; quest’ ultima lasciava credere che l’uomo di suo arbitrio potesse mutare l’assetto della società, la prima invece dimostra che vi sono leggi naturali inflessibili alle quali la so­ cietà è soggetta è che ogni riforma deve te­ nerne il debito conto.

Ma vi è la fase ulteriore della sociologia biolo­ gica, che è pure esaminata dal Loria, e vedremo in altro articolo il giudizio eh’ egli ne ha dato.

Rivista Economica

La nostra esportazione agricola negli Stati-Uniti

La linea diretta Parigi-Sempione.

La nostra esportazione agricola negli

Stati-Uniti. — Dalle tabelle, compilate dal R . console a

Filadelfia, sulla media dell’ultimo quinquennio, ri­ produciamo alcuni dati interessanti sulle nostre espor­ tazioni di prodotti animali ed agricoli negli Stati Uniti, in paragone alle importazioni similari delle altre nazioni concorrenti.

Il calcolo è fatto sui valori. Cominciamo dai prodotti animali.

Nella seia greggia l’ Italia col li),(il per cento del

totale viene terza, dopo la Cina che dà il 50 per cento ed il Giappone che dà il 24 per cento; e pre­ cede la Francia, la quale arriva appena al 4,82 per cento.

Nei form aggi la Svizzera viene prima in una per­

centuale di 47 per cento, poi l’ Italia con 29,65 per­ cento; la Francia che è terza non dà che il 9,57 per cento.

Nel grasso e sego l’ Italia è al terzo posto, col 17,38

per cento, dopo 1’ Inghilterra e la Francia.

Nelle petli di capra, occupiamo il 19° posto con

0,96 per ecuto, sopra 56 paesi, dei quali il contributo totale è di dollari 12,090,998.

Nt-i cascami di seta prima è la Francia col 48,8o

per cento, poi vengono l’Inghilterra e la Cina ; quarta e l’Italia coll’8,07 per cento unitamente al Giappone.

Nel crino animale siamo al settimo posto con una

percentuale di 4,73, Inghilterra e Germania stanno alla testa col 23,20 per cento rispettivamente.

Nella carne ed estratto di carne l’Italia è buon

ottavo, con 1,08, perchè il Belgio fornisce da solo 44,41 per cento.

Nelle lane, teniamo il 22“ posto con 0,02, e cioè

il penultimo fra i paesi importanti di questo pro­ dotto negli Stali Uniti.

Mei sa'ami (di Bologna) l’ Italia tiene il secondo

posto (5,83 per cento) e distanzia la Franchi, la quale ha una percentuale di solo 1,65 Ma ciò non deve inorgoglirci : deve invece sconfortare il vedere che mentre tale prodotto porta in America il nomo italiano di Bologna, la Germania ci sta sopra col 91,60 per cento dell’ importazione!

Nel latte condensato la Svizzera è prima con la

percentuale del 94 ,1 9 ; viene poi l’ Italia col 3,24 e terza l’ Inghiltefrk coll’ 1,52 pél- cento.

Passiamo ai prodotti agricoli propriamente d etti.

Nel limoni il 95,59 per cento, bel primato, cui però,

come è noto, farà concorrenza col tempo la Califor­ nia, aiutata da tariffe doganali protettive, per cui la nostra esportazione va di anno in anno diminuendo.

Nei tartari o feecie di vino siamo i primi col 56,53

per cento; in Francia che ci segue non concorre.che col 30 per cento.

Negli aranci l’ Italia è pure la prima col 49,35 per­

cen to ; poi vengono le Indie inglesi occidentali; ma anche qui la California, aiutata dalle tariffe quasi proibitive, ci va soppiattando.

Eceo la progressione decrescente subita da questo prodotto negli ultimi quattro anni :

1896 doli. 1.458.259 1898 doli. 697.193

1897 » 1.149.640 1899 » 207.463 _

Nell’où'o d’otiva col. 49,85. per cento siamo i primi,

ma potremmo essere anche, detentori del monopolio di questa esportazione se la Franeia la quale ci viene appresso col 44 per cento non riuscisse coi nostri prodotti a fabbricare buenè marche, che poi sa in­ trodurre nel mercato americano con sempre maggiore nostro danno. Per ora però la nostra esportazione si mantiene stazionaria.

Anche nelle paste alimentari l’ Italia è prima

(42.86 per cento) e le Indie inglesi occidentali che vengono appresso hanno un coefficiente di soli 18 centesimi. L a Francia come terza apporta il 13.57 per cento.

Nella canapa primi col 60 per cento, distanziando

l’ Inghilterra che è seconda col 17 per cento. Nelle noci e nocciuole solo la Fran cia ci precede,

dando il 51.55 per cento di questo prodotto che noi formiamo pel 39.60.

Negli olii essenziali Italia (19.42 per cenlo) e In­

ghilterra sono prime; vengono poi L ran cia e ,Ger­ mania.

Nei vini in bottiglia non spumanti, prima è la

Francia col 43 per cento, poi viene la Germania col 31.90. L ’ Italia con 15.03 per cento ottiene il terzo posto. Però l’avere conquistato nel mercato ameri­ cano, dove pochi anni ¡fa regnavano solo vini fran­ cesi, questo posto può essere ragione di compiacenza per noi e spinta a far meglio. Bisogna imitare i fran­ cesi pei vini rossi e i tedeschi pei bianchi, che sono i più noti e graditi agli americani.

Nelle mandorle prima è la Spagna col 51.44 per

cento, poi segue l’ Italia col 2 1 59.

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122 L ’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1901 per cento. La Germania è prima coll’ esportazione

del 39 per cento, ciò che prova quanto possa l’a tti­ vità ed abilità commerciale in cui essa ò oramai maestra.

L a Spagna segue col 28.73, la Francia col 15.41 e, a distanza, il Portogallo col 5 33.

Nei fru tti conservati e conserve di frutti siamo

quarti (7.81 per cento). Alla testa è la Francia che dà il 42.25. Seguono Inghilterra e Spagna.

Nei legumi ed altri vegetali veniamo col 12.71 per

cento dopo il Canadà (42.74) e la Germania (17.74).

Nel riso la Germania 'supera perfino la Cina,

dando il 27.36 per cento, mentre questa ha una per­ centuale di 21.67.

L a Germania ha poi quasi il monopolio della fa­ rina di riso, importandone negli Stati Uniti in media doli. 839,677 all’ anno. L ’ Italia figura con 1.34 per cento.

Nei fagiuoli e piselli primeggia il Canadà, avendo

il 63.32 per cento, segue l’A ustria-U ngheria col 20 per cento, la Francia viene appresso restando di poeo sopra all’ Italia che figura col 3.34 per cento. A ltre esportazioni agricole italiane suscettibili di sviluppo sarebbero quelle degli spiriti distillati, in

cui occupiamo il settimo posto, dei fichi secchi, delle piante da vivaio, delle cipolle, delle prugne e susine

c. pii specialmente delle uve fresche, per le quali fi­

gura appena con 0.05 per cento.

Non si comprende questa cifra minima in confronto a quella della Spagna che importa annualmente per dollari 284,000 (cioè il 54.32 per cento) e della Tur­ chia che importa per doli. 207,400.

L ’ Italia, purché volesse, potrebbe anche negli Stati Uniti, come già alt ove, estendere il commercio delle sue uve da tàvola di lunga conservazione, tanto più che essa tiene già il campo nel mercato dei frutti coi suoi agrumi.

La linea diretta Parigi-Sempione. — Il progetto di ferrovia, destinato a collegare Lons-le-Saulnier con Ginevra, è stato presentato al Congresso di geo­ grafia commerciale ed economica, che l'ha dichiarato dei più favorevoli al grande traffico internazionale. Il semplice paragone delle cifre seguenti mette in luce i vantaggi del tracciato proposto, per il quale le distanze Milano-Parigi verrebbero a disporsi come segue :

Via Moncenisio per Màcon e Culoz, 1049 km.; per Bellegarde e Annemasse, 1031 km.; per Louhans e Bourg, lu92 km.

Via San Gottardo : 993 km.

Via Sempione : per Bellegarde e Annemasse, 951 km.; per Frasne e Losanna, 891 km.; e per la linea in progetto Lons-le- aulnìer, Ginevra e Anne­ masse, 885 km.

11 percorso da Parigi a Milano, che può essere ef­ fettuato in 17 ore per il Moncenisio e in 16 ore per il Gottardo, potrebbe venir fatto in 14 ore e mezza per Ginevra e il Sempione.

L a nuova linea formerebbe sino a Ginevra, pas­ sando per San Claudio, il prolungamento della linea attualmente in costruzione fra Bigione e Lons-le-Saulnier: essa dovrebbe valicare la catena princi­ pale del Giura verso Gex, a un’ altezza massima di 55 metri, con rampate non eccedenti il 10 per mille e curve di raggio non inferiore a 500 metri, in modo da permettere il passaggio dei treni più rapidi. La linea, lunga 80 km. fra Lons-le-Saulnier e Ginevra, comprenderebbe una serie di gallerie, delle quali le due più importanti misurerebbero rispettivamente 14,4U0 e 15,200 metri di lunghezza.

LI a r a l i DEL T E » I l 31 M B 1 *

Il Conto di Cassa al 31 gennaio 1901 dava i se­ guenti resultati :

Pondo di Cassa olla chiusura d ell’eserc. 1890-901 L . 204,272,787.24 ■» » al 31 gennaio 1901 ... 178,423,872.75 D ifferenza in più L . 23,848,914.49 Pagamenti di Tesoreria dal 1° luglio al 31 gen­ naio 1901 :

Per spese di Bilancio. . . 949,035.030.86

D ebiti e crediti dì Tesoreria 2,254,113.115. 62 B .3 ,203,350,436. 66 D ecreti m iaist. di scarieo 202,270-18

Incassi di Tesoreria dal 1“ luglio al 31 gennaio 1901 : P er entrate di B ilan cio . . 1 .0 3 4 ,9 0 8 ,3 2 1 .4 6 1

P e r Debiti e Crediti di (1.-3,177,501,522.17 T esoreria ... 2 ,1 4 2 ,593,200.71 1

Eccedenza dei pagamenti sugli incassi . . . dj. 2 5 ,8 4 8 ,9 1 4 .4 9 L a situazione dei Debiti e Crediti di Tesoreria al 31 gennaio 1901 risulta dai seguenti prospetti :

D E B ITT al 30 giugno 1900 al 31 gennaio 1901 migliaia migliaia Buoni del T e s o r o ... L ire 294.585 296.159 Vaglia del T e s o r o ... 27.689 16.C42 Banche, Ant cipazioni statu tarie . — 63.000 Ammin. Debito Pub. in conto cor. infruttifero 211.889 211.307 Id . Fondo Culto id. id. 19 830 117 751 Ammin. Debito pub. in c. co r. frutti ero 1 8 .5»0 31.236 Altre Amministrazioni in c. cor. infruttifero 37.402 42 441 Buoni di cassa... 20.665 13 770 Incassi da regolare . . . . .

B ig lietti di Stato emessi per l ’a rt. 11, legge 3 55 340

18.928 marzo 1898, n. 47... 11.250 11. 2ù0 T otale debiti 697.174 723.887 al 30 a l .31 C R E D IT I giugno gennaio 1900 1901

V aluta presso la Cassa Depositi e P restiti

ar-m igliaia m igliaia ticolo 21 della legge 8 agosto 1885. . L .

Amministrazione del Debito Pubblico per

91.250 91.250 pagamenti da rimborsare . . . . 62.663 181.262 Amminisirazione del fondo per il Culto 17. 246 11.287 Alire a m m in is tr a z io n i... 47.185 48.148 Obbligazioni dell’Asse Ecclesiastico

Deficenze di Cassa a carico dei contabili del 12 11 Tesoro . ... 1.933 1.933 D i v e r s i ... 14.801 39.431 T otale dei crediti 235.092 373,325 Eccedenza dei debiti sui crediti . 462.081 350.361 T o tale 697.174 723.887 La eccedenza dei debiti sui crediti al 31 gennaio 1901 era di milioni 350.3 e al 30 giugno 1900 di milioni 462. Il totale dell’attivo del Tesoro formato dal fondo di Cassa e dai crediti risulta al 31 gen­ naio 1900 di milioni 551.7 contro 439.3 alla chiusura dell'esercizio.

I debiti di Tesoreria ammontavano alla fine di gennaio a 723.8 milioni contro 697.1 alla chiusura dell’es -rcizio. Vi è quindi una eccedenza delle pas­ sività per milioni 172.1 alla fine di gennaio contro 257.8 al 30 giugno ossia una differenza attiva di milioni 85.6.

(11)

24 febbraio 1901 L’ E C O N O M I S T A 123 IN C A S S I M es e di g e n n a io 1901 D if fe re n z a n e l 19 01 D a l lo lu g li o 1900 a t u tt o g e n n . 19 01 I. -D if fe re n z a n e l 1901

E n t r a t a o r d in a r ia migliala migliaia migliaia migliaia

E n trate effettive : di lire di lire di lire di lire Redditi patrim oniali dello

S tato ... L. 12.780 - 140 63,595 4 - 51 Imposta sui fondi rustici

e sui fabbricati 600 -t- 245 98,227^4- 339 Imposta sui redditi di r ic ­

chezza m obile... 2,919 - 1 ) 1 ,2 1 1 148,164 - 4.323 ’l'asse in am m inistraz. del

Ministero delle Finanze. 24.550 4- 135 124,471 4 - 2,097 l assa sul prodotto del mo­

vimento a grande e pic­

cola vel. sulle ferrovie . 1,9644- 248 17,326 4- 4,374 D iritti delle Legaz. e dei

Consolati a ll’ e s te ro .. .

_

- 23 304 - 148 T assa sulla fabbricazione

degli spiriti, b irra , ecc. 13,014 6,712 65,972 139,117-f- 2», 593 Dogane e diritti marittimi 20,903 —3) 1,858 4- 3,739 Dazi in tern i di cousumo,

esclusi quelli di Napoli

e di Roma . ... 4,203 4- 17 28,972 - 359 Dazio consumo di Napoli. 1,153 — 52 7,787 115 Dazio consumo di Roma 1,706 +• 36 10.379 4- 523 Tabacchi . . . . ... 16,892 4- 514 117,969 -H 3,053 S a l i ... ... ... 7,326 -+- 281 45,500 4- 864 Lotto... 10,080 4-4) 2,896 47. 190 4- 7.05« P o ste... 5,307 4- 71 37,799 4- 1,639 T e le g ra fi... 1,303 9224- 33 8,910 11,1244- 560 Serv izi diversi ... - 147 - 1,184 Rim borsi e concorsi nelle

s p e s e ... 3,202 4- 639 12,761 4- 131 E n tra te diverse... 1,171 - s) 347 18,031 - 1.038 Tot. E n tra ta ordin aria. L. 130,010 4- 8,051 1,003,607 4- 41,906

E n t r a t a s t r a o r d in a r ia Ca t e g. I . E n trate ejffett.: 648 4- 470 3,996 4- 2,068 4- 258 » I I . Costr. str. ft.r. 19 — 6 1,034 » I I I . Movimento d i C a p ita li... 523 - 110 5,138 - 3,718 T otale E n tra ta straord. L. 1,192 4- 365 10,170 - 1,391 P artite di g ir o ... 4,652 4- 1,872 21,130 4 - 4,903 T otale g e n e ra le . . . . 135,85Va 10,289 1,034.908 t - 45,417 I pagamenti poi effettuati dal Tesoro per le spese di bilancio nel mese di gennaio, risultano dal se­ guente prospetto : Dal Pagamenti Mese di ci __

1

s b 'S" 1° Luglio 1900 ee N a 9t»

1

gennaio Id « a tutto «d's 1901

S

gennaio P 1901 migliaia migliaia migliaia | migliaia

di lire di lire di lira di lire M inistero del T e s o r o .. . !.. 11,428 *+- 1,986 388,510 — 6,358

Id. delle fin a n z e ... . 20,525 4 - 3,144 120.825 -f- 8.608 Id. di grazia e giust. 3,473— 36 23.396 — 475 Id. degli affari esteri 710 — 1,019 •16,393 4- 1,146 Id. dell’istruz pubb. 4,838 4 - 1,358 26,754 4 - 1,707 Id. dell’ in t e r n o ... . 5,409 H- 210 39, 272 — 5,359 Id. dei lavori pubbl. 13.9 5 4- 7,612 60,426 4 - 8,151 Id. delle poste e tei. 6,834 4- 2.115 37,618 4- 791 Id. della guerra . . . . 24,154— 5,548 153,712 — 12,501 Id. della m a r in a ..,. 16.092 4- 4,554: 74,303 — 1,382 Id . della ag ric. ind. - 1 1

e commercio . 965 — 163 7,821 4- 730 T otale pagam. di bilancio. 108,421 4 - 14 213 949,035 [— 4,940 D ecreti minist, di scarico. — — I 202 4- 190 108,421 4- 14.213 9 tà ,2 3 7 — 4,749 27,433 3,924 85,6711 B 0 ,167

— —

T o t a l e ... 135,854 4 - 10,289 1,034,908 4 - 45,417

*) L a diminuzione data dalla imposta di ricchezza mobile si deve a ritardati versamenti di ritenute sopra stipendi ed assegni a carico del bilancio pas­ sivo del Ministero della guerra.

s) L ’aumento dato dalla tassa sulla fabbricazione degli spiriti, birra ecc., è dovuto principalmente alla fabbricazione di zucchero indigeno.

*) La diminuzione data dalle dogane e diritti ma­ rittimi si deve a minori importazioni di zuccheri e-steri.

*) L’aumento avuto sul lotto si deve a maggiori

regolarizzazioni di vincite.

5 L ’aumento dato dalle pa tite di giro dipende da somme prelevate, dal conto corrente con la Cassa depositi e prestiti, costituito dalle assegnazioni de­ stinate alle opere straordinarie di bonificamenti. — Tale entrata non ha corrispondenza con 1’ esercizio passato.

BANCHE POPOLARI COOPERATIVE

n e ll’ e s e rc iz io 1 9 0 0

Banca di Vercelli. — Questa banca ha chiuso

l’esercizio 1900 con L, 29,246.9(5 di utili netti.

Banca di Busto Arsizio. Abbiamo sott’ occhio

la relazione del Consiglio d’amministrazione di que­ sta Banca ed il bilancio approvato nell’ assemblea generale degli azionisti.

L ’esercizio 1900 fu più degli altri notevole per im­ portanza e risultato, chiudendosi coll’ utile netto di L. 115,478,06 pari al 27 per cento sul. capitale di L. 600,000, prò rata temporis. Sono in aumento no­

tevole i profitti per interessi, sconti, provvigioni, a t ­ tese le ottime condizioni d’impiego in portafoglio, ri­ porti. anticipazioni, eoe.

L a Banca aumentò nell’ anno il capitale da L. 400,000 a 609,000 e tanto l'opzione quanto la sot­ toscrizione pubblica ebbero esito brillante.

Il conto cassa segna in entrata L. 30,601,063.79; all’uscita Ij. 30,491,413.12: rimanenza 109,650.67 — portafoglio Italia ed estero (sconti! 13,946,199.32 — valori di proprietà tutti di prim'ordine 528,689.60 — riporti 705,979.70 — correntisti debitori 197,833 — banche e corrispond., movimento 101,539,868.47 all’a t­ tivo e 101,349,467.19 al passivo — sofferenze 5,982.51 — depositi a risparmio e buoni fruttiferi 2,356,657.02 — dividendo 86,060 alle azioni — alla riserva 5,998.80. L a riserva è quindi prossima a garantire l’intero ca­ pitale sociale.

Piccolo Credito bergamasco. — Le rendite del­

l’esercizio 1900 salirono a L. 2 4 6 ,016.13; le spese a

L. 198,935.91 ; per cui si verificò un utile di lire 4 7 ,080.90; del quale L. 23,525.45 va dato agli azio­ nisti, nella misura di L. 1.70 per ogni azione ; li. 9,416.04 alla riserva; L . 2,354.01 agli impiegati, con altrettan ta somma al fondo pensioni ; L. 2,354.01 alle Società di mutuo soccorso azioniste per il fondo cronici e impotenti al lavoro; L. 2,354.01 ai cliènti

e in rimborso sconti pagati ; L. 4,708.02 a disposi­

zione del Consiglio, da erogarsi a norma del Rego­ lamento; L. 14.67 in aggiunta alla riserva.

Banca Popolare di Pallanza. — Alcuni giorni fa

ebbe luogo l’ordinaria adunanza degli azionisti per l’approvazione del bilancio del 1900 e le nomine pel­ le cariche sociali.

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