2.1 Materiali
Gli enzimi utilizzati per la preparazione dei mutanti (T4 PNK, Pfu DNA polimerasi, T4 DNA ligasi, DpnI) e i relativi buffer, il DNA ladder, il dNTPs mix e la soluzione di bromuro di etidio sono stati acquistati dalla ditta Promega
I primers utilizzati per la reazione di PCR mutagenica sono stati acquistati dalla ditta Sigma Proligo
Il kit Wizard Plus SV Minipreps utilizzato per l’estrazione del DNA plasmidico dalle cellule batteriche è stato acquistato dalla ditta Promega
I terreni per crescita batterica Luria Broth (LB) e Luria Agar, la kanamicina, l’imidazolo, l’ATP, il 2,3-BPG, l’IMP, l’inosina, l’ammonio formiato e l’albumina di siero bovino (BSA) sono stati acquistati dalla ditta Sigma Aldrich, St.Louis MO. USA
Il glicerolo e il TRIS base sono stati acquistati dalla ditta J.T. Baker.
L’SDS, il cloruro di magnesio, il cloruro di sodio e il -mercaptoetanolo sono stati acquistati dalla ditta BDH Chemicals
L’Ammonio persolfato, l’acrilammide, la bis-acrilammide, il TEMED, il colorante Coomassie Brillant Blue G250, l’agarosio e il TBE (Tris/Acido Borico/EDTA) buffer sono stati acquistati dai Laboratori Biorad
Il ditiotreitolo (DTT) è stato acquistato dalla ditta Sigma Chemical Co La resina agarosio Ni-NTA è stata acquistata dalla ditta Qiagen S.p.a.
I composti radiomarcati 8-14Cinosina e 8-14CIMP sono stati acquistati dalla ditta Moraveck Biochemical
I fogli di carta cromatografica DE-81 sono stati acquistati dalla ditta Whatman, Maidstone, England/LKB WALLAK
Le lastre di PEI-cellulosa sono state acquistate dalla ditta Merck (prima di essere utilizzate vengono pre-lavate una volta con 10% NaCl e tre volte con acqua deionizzata)
Il liquido di scintillazione Optiphase Hi Safe II è stato acquistato dalla ditta Wallac/BECKMAN
L’acqua MilliQ utilizzata per le preparazioni che richiedono acqua estremamente depurata è stata preparata mediante il sistema Millipore. L’acqua DNase/RNase free è stata acquistata dalla ditta Invitrogen
Tutti i rimanenti reagenti chimici utilizzati sono della migliore qualità e del massimo grado di purezza
2.2 Metodi
2.2.1 Mutagenesi sito-specifica
I mutanti sito-specifici sono stati realizzati seguendo il metodo descritto da Fisher e Pei (1997). La reazione di PCR che ha portato alla formazione degli enzimi mutanti è stata condotta utilizzando come templato il plasmide pET-28c contenente al suo interno la sequenza della nucleotidasi citosolica II bovina (la clonazione del gene della 5’-nucleotidasi citosolica II bovina all’interno del plasmide pET-28c è descritta in Allegrini et al., 1997).
Il plasmide pET-28c (figura 20) utilizzato per la clonazione della cN-II ha una lunghezza di 7019 paia di basi; al suo interno è stata inserita la sequenza della cN-II bovina, lunga 2923 paia di basi. Il plasmide codifica per una sequenza His TAG/Trombina (MGSSHHHHHHSSGLVPRGSHMAS; Allegrini et al., 2004) posizionata all’estremità amminica della proteina ricombinante. Il sito His TAG/Trombina è una sequenza codificante un tratto di poli-istidina (sarà necessario per la purificazione della proteina ricombinante), separato dalla sequenza della proteina enzimatica tramite un sito di taglio riconosciuto dalla trombina (si ricorda comunque che la presenza della sequenza di poli-istidina non interferisce con le proprietà cinetiche dell’enzima, come dimostrato da Spychala et al. (1999b)). Il plasmide contiene inoltre un gene codificante la resistenza Figura 20 Il plasmide pET-28c utilizzato per la clonazione del
all’antibiotico kanamicina (necessario per la successiva selezione dei batteri trasformati) e l’operatore lacI, le cui caratteristiche sono sfruttate all’interno dei batteri E. coli BL-21(DE3) per ottimizzare i livelli di espressione della proteina ricombinante.
L’espressione del gene della cN-II inserito nel plasmide è quindi posta sotto il controllo dell’operatore lacI (permette l’induzione dell’espressione tramite l’utilizzo di IPTG, isopropil D tiogalattopiranoside) e del promotore artificiale tac (ottenuto modificando il promotore lac della T7 RNA polimerasi) riconosciuto dalla RNA polimerasi T7 (codificata dal genoma ingegnerizzato dei batteri del ceppo di espressione, E. coli BL-21(DE3); vedi il paragrafo 2.2.3).
La reazione di PCR mutagenica, tramite la quale è possibile inserire mutazioni sito-specifiche che interessino un qualsiasi residuo della sequenza proteica, prevede l’utilizzo di due primers (tabella 2): il primer forward contiene il codone codificante il residuo da mutare in posizione 5’, mentre il primer reverse ha la stessa sequenza del gene wild type. I due primers si appaiano sul templato in posizione adiacente e non sovrapposta.
200 pmol di ciascun primer vengono inizialmente fosforilate utilizzando 10 U dell’enzima T4 PNK (fosfonucleochinasi) in una miscela di reazione contenente 1 mM ATP e l’apposito buffer in un volume finale di 10 µl. La reazione di fosforilazione viene condotta incubando la miscela di reazione a 37°C per 30 minuti.
La reazione di PCR (figura 21) viene condotta utilizzando 10 ng del plasmide pET-28c contenente la sequenza della cN-II bovina come templato, cui si aggiungono i primers forward e reverse precedentemente fosforilati (concentrazione finale 0,5 µM), dNTP mix (concentrazione finale 0,2 mM), 3 U di Pfu DNA polimerasi (estratta dal batterio
Pyrococcus furiosus: è una polimerasi ad alta fedeltà grazie all’attività esonucleasica 3’-5’
che permette la correzione di bozze) e Pfu buffer in un volume finale di 50 µl. Il protocollo di PCR prevede un passaggio iniziale di denaturazione a 94°C per 4 minuti, dopodiché si procede con 16 cicli organizzati nel modo seguente: 1 minuto a 94°C (denaturazione), 1
Primer Sequenza
M436W-Reverse 5’ CCGTAGCACATGTCCA 3’
M436W-Forward 5’ GTGGATGGGGAGCCTG 3’
F127E-Reverse 5’ TTAAATCCATGTGCACAG 3’
F127E-Forward 5’ CGAGATAAGGGGACCAG 3’
Tabella 2 I primers utilizzati per le reazioni di PCR mutagenica. In rosso è evidenziato il codone del primer
minuto a 50°C (annealing), 20 minuti a 72°C (elongazione); alla fine dei 16 cicli avviene un passaggio di elongazione finale (10 minuti a 72°C). Il prodotto di PCR viene in seguito conservato a 4°C fino al momento del suo utilizzo.
Il DNA amplificato dalla reazione di PCR viene estratto utilizzando il metodo del fenolo/cloroformio; l’estrazione è necessaria per favorire la successiva reazione di ligazione tramite la quale il DNA amplificato prodotto dalla PCR viene circolarizzato. Il prodotto di PCR viene portato a volume di 150 µl con acqua DNase/RNase free e si aggiungono in seguito 150 µl di soluzione fenolo/cloroformio/isoamilalcool (25:24:1) a pH leggermente basico (il fenolo è un composto organico capace di trattenere la frazione proteica; è importante controllare che il pH della soluzione utilizzata in questa fase sia basico, in quanto il fenolo a pH acido trattiene, oltre alle proteine, anche il DNA). Dopo un
passaggio di
centrifugazione a 12000xg per 10 minuti la fase acquosa viene prelevata e trasferita in una nuova provetta; si aggiungono quindi 150 µl di cloroformio e si esegue una nuova centrifuga a 12000xg per 10 minuti. Alla fase acquosa (prelevata e trasferita in una nuova provetta) si aggiunge in seguito 1:10 acetato di sodio (NaOAc 3M pH 4,6) e 2,5 volumi di etanolo assoluto. I campioni devono essere a questo punto mantenuti alla temperatura di –20°C per almeno 60 minuti. In seguito i campioni vengono centrifugati a 12000xg per 20 minuti alla temperatura di 4°C; al pellet si aggiungono 300 µl di etanolo al 70%, e si procede con un’altra centrifuga 12000xg per 5 minuti alla temperatura di 4°C. L’etanolo viene in seguito eliminato e il pellet, costituito dal DNA amplificato purificato dalla frazione proteica, viene risospeso in 17 µl di acqua DNase/RNase free e conservato alla temperatura di –20°C.
Il prodotto di PCR purificato viene in seguito circolarizzato tramite la reazione catalizzata dall’enzima T4 DNA ligasi. Si aggiungono alla soluzione contenente il DNA purificato
1,25 µl di enzima T4 DNA ligasi e 2 µl del suo buffer; la reazione procede over night a temperatura ambiente. La reazione di ligazione viene in seguito bloccata prima di proseguire con il protocollo di mutagenesi/trasformazione: il blocco avviene tramite inattivazione dell’enzima con il calore, mantenendo la miscela alla temperatura di 65°C per 20 minuti.
4 µl della miscela di ligazione vengono in seguito prelevati e incubati con 12 U di enzima di restrizione DpnI nell’apposito buffer in un volume finale di 10 µl. La reazione di digestione avviene incubando la miscela a 37°C per 5 ore; i campioni vengono in seguito conservati a 4°C fino al successivo utilizzo. La digestione con l’enzima DpnI, che agisce tagliando il DNA in corrispondenza della sequenza 5’-GATC-3’, è necessaria per eliminare il DNA templato (contenente la cN-II con sequenza wild type) presente nella miscela di DNA derivata dalla PCR mutagenica (figura 21). L’enzima di restrizione DpnI degrada infatti selettivamente il DNA metilato, quindi non va ad intaccare il DNA mutato prodotto dalla reazione di PCR che non possiede il pattern di metilazione del plasmide templato (il plasmide contenente la sequenza della cN-II viene conservato all’interno di cellule E. coli del ceppo di mantenimento DH5α, e presenta quindi il pattern di metilazione inserito dagli enzimi batterici). Il prodotto della digestione con l’enzima DpnI verrà in seguito utilizzato per la trasformazione delle cellule competenti.
2.2.2 Preparazione delle cellule competenti e trasformazione
I ceppi batterici utilizzati in questi esperimenti sono di due tipi: il ceppo di mantenimento (E. coli DH5α) e il ceppo di espressione (E. coli BL-21(DE3)); poiché le procedure di preparazione della competenza e trasformazione sono analoghe, verranno descritte di seguito una sola volta (le caratteristiche dei diversi ceppi saranno elencate in seguito). La preparazione delle cellule competenti sfrutta in questo caso un metodo chimico: l’incubazione delle cellule con cationi divalenti contribuisce infatti a rendere la membrana permeabile per favorire il successivo ingresso del DNA plasmidico durante il processo di trasformazione.
Alcuni µl di cellule batteriche (conservate in glicerolo alla temperatura di –80°C) vengono inoculati in terreno Luria Broth (LB) fresco e mantenuti in agitazione a 37°C over night. Il mattino successivo viene controllata l’assorbanza della coltura alla lunghezza d’onda λ = 600 nm alla temperatura di 25°C, e la coltura viene fatta ripartire da un valore di densità ottica (OD) pari a 0,05. Le cellule prelevate vengono inoculate in terreno LB fresco e mantenute in agitazione a 37°C; l’assorbanza viene periodicamente valutata fino a che non
raggiunge un valore pari a 0,35 (la valutazione periodica dell’assorbanza viene effettuata per identificare il momento in cui le cellule siano in fase di crescita esponenziale). A questo punto le cellule vengono tolte dall’incubatore e poste in ghiaccio per 10 minuti, e successivamente centrifugate a 1100xg alla temperatura di 4°C per 10 minuti. Il pellet viene in seguito risospeso in 12,5 ml di TFB I buffer (30 mM KAc, 50 mM MnCl2, 100
mM RbCl), lasciato in ghiaccio per 10 minuti e nuovamente centrifugato a 1500xg alla temperatura di 4°C per 10 minuti. Il pellet viene a questo punto sospeso velocemente in 2 ml di TFB II (10 mM MOPS (3-(N-morpholino) propanesulfonic acid), 75 mM CaCl2, 10
mM RbCl, 15% glicerolo): le cellule sono ora competenti, e vengono quindi suddivise in aliquote da 100 µl e conservate alla temperatura di –80°C.
Al momento della trasformazione, le aliquote di cellule competenti necessarie vengono prelevate e scongelate lentamente in ghiaccio. Dopo la PCR mutagenica, 1 µl di miscela di digestione viene diluito in 10 µl di acqua DNase/RNase free e aggiunto alla soluzione contenente le cellule DH5α (ceppo di mantenimento) competenti (nel caso della trasformazione di cellule BL-21(DE3) (ceppo di espressione) la trasformazione viene effettuata utilizzando 10 ng di DNA plasmidico estratto dalle cellule del ceppo di mantenimento); parallelamente alla trasformazione con il plasmide recante la proteina mutata, viene effettuato anche un controllo positivo (trasformazione con il plasmide pET-28c + 5’-N contenente la sequenza della cN-II wild type) e un controllo negativo in assenza di plasmide. La trasformazione viene eseguita con il metodo dello shock termico: dal momento dell’aggiunta del DNA le cellule vengono mantenute 60 minuti in ghiaccio, dopodiché vengono incubate per 60 secondi alla temperatura di 42°C, al termine dei quali vengono di nuovo trasferite immediatamente in ghiaccio. Dopo l’aggiunta di 300 µl di terreno LB fresco le cellule vengono incubate a 37°C in agitazione per almeno un’ora: durante questo periodo le cellule che hanno incorporato il plasmide sono in grado di esprimere il gene codificante la resistenza all’antibiotico kanamicina che viene utilizzato per selezionare i batteri trasformati. Il gene di resistenza acquisito con il processo di trasformazione codifica per l’enzima aminoglicoside fosfotransferasi, che modifica l’antibiotico impedendone l’interazione con la subunità 70S del ribosoma batterico ed annullandone perciò l’effetto tossico.
L’intero volume di cellule trasformate viene in seguito piastrato in piastre Petri del diametro di 10 cm contenenti circa 20 ml di terreno solido Luria Agar cui è stato aggiunto l’antibiotico kanamicina 50 µM. Le piastre vengono in seguito incubate alla temperatura di 37°C over night.
Dopo aver selezionato un singolo clone tra quelli cresciuti all’interno di ciascuna piastra, questi vengono prelevati e incubati singolarmente in terreno LB addizionato di kanamicina 50 µM per ottenere delle colture monoclonali: dopo l’incubazione a 37°C over night, un’aliquota di 700 µl di ciascuna coltura viene posta in una provetta sterile e si procede alla preparazione degli stock aggiungendo 300 µl di glicerolo sterile al 98%. Gli stock vengono conservati alla temperatura di –80°C fino al momento dell’utilizzo (il glicerolo agisce quindi come agente crioprotettore, facendo sì che il congelamento non danneggi la membrana batterica).
5 ml della coltura vengono invece utilizzati per l’estrazione del DNA plasmidico con il kit Wizard Plus SV Minipreps. Una parte del DNA plasmidico estratto viene caricato su un gel di agarosio 1%; viene effettuata un’elettroforesi a 100 V per circa 30 minuti. A questo stadio l’elettroforesi viene eseguita per verificare la presenza del plasmide e controllare le sue dimensioni. Per verificare la presenza della mutazione desiderata il plasmide viene spedito per essere sequenziato (tramite il metodo di Sanger modificato) presso i laboratori della Bio-Fab Research di Pomezia (Rm).
Una volta appurata tramite il sequenziamento la presenza della mutazione sito-specifica desiderata, 5 ng del DNA plasmidico estratto dal ceppo di mantenimento (DH5α) vengono utilizzati per trasformare le cellule del ceppo di espressione (BL-21(DE3)), con un protocollo analogo a quello precedentemente descritto.
2.2.3 Caratteristiche delle cellule batteriche utilizzate per la produzione dei mutanti sito-specifici
Ceppo di mantenimento: Escherichia coli DH5α
Le cellule batteriche del ceppo di mantenimento vengono utilizzate per conservare ed amplificare il DNA plasmidico contenente la proteina ricombinante. Tali cellule sono ingegnerizzate in modo da massimizzare la qualità del DNA plasmidico in esse introdotto. In particolare, il genoma delle cellule DH5α presenta due mutazioni molto importanti: la mutazione del gene EndA1, codificante per la endonucleasi I, consente un incremento del grado di purezza del plasmide e un aumento della resa durante l’estrazione, mentre la mutazione del gene hsdR impedisce la degradazione del DNA plasmidico esogeno non metilato.
Ceppo di espressione: Escherichia coli BL-21(DE3)
Le cellule del ceppo di espressione sono ingegnerizzate in modo tale da massimizzare la resa dell’espressione proteica. Il DNA genomico delle cellule BL-21(DE3) contiene l’operone lacI, che codifica per il repressore lac, ed ha inoltre inserito al suo interno, stabilmente integrato nel genoma, il gene λ DE3 codificante la RNA polimerasi T7 del fago λ. Il plasmide pET-28c contiene infatti il gene della cN-II bovina posto sotto il controllo del promotore artificiale tac, un promotore forte riconosciuto dalla RNA polimerasi T7; tra il promotore e la sequenza dell’enzima ricombinante è presente l’operatore lacI, cioè una sequenza riconosciuta e legata dal repressore lac che è codificato dall’operone lacI presente sia nel genoma batterico che all’interno della sequenza plasmidica. La presenza dell’operatore lacI permette di modulare il tasso di espressione della proteina ricombinante: il promotore posto sotto il controllo dell’operatore lacI può infatti essere indotto in seguito all’aggiunta, nel brodo di coltura, di IPTG (isopropil D tiogalattopiranoside), un analogo non idrolizzabile del galattosio. Il legame dell’induttore al repressore lacI provoca infatti in quest’ultimo un cambio conformazionale che ne modifica l’affinità per il DNA, causando quindi il suo distacco e permettendo in questo modo l’inizio della trascrizione. Al termine della sequenza codificante la cN-II è invece presente il terminatore della T7 RNA polimerasi, che indica alla polimerasi il sito di arresto della sintesi di mRNA
2.2.4 Espressione e purificazione della proteina ricombinante
Una piccola aliquota di cellule E. coli BL-21(DE3) contenente il plasmide pET-28c + 5’-N con la mutazione desiderata viene incubato in 200 ml di terreno LB addizionato di kanamicina (50 µM) e mantenuto in agitazione a 37°C over night. La sospensione batterica viene in seguito centrifugata a 1000xg per 20 minuti alla temperatura di 4°C.
Dopo il passaggio di centrifugazione il terreno viene scartato, e al pellet si aggiungono 4 ml di una soluzione composta da Lysis buffer Ni-NTA (Tris-HCl 50 mM pH 8.0, NaCl 300 mM, imidazolo 10 mM) e lisozima 1 mg/ml, necessaria per indebolire la parete delle cellule batteriche. La soluzione viene mantenuta per 60 minuti in agitazione in ghiaccio. La completa lisi delle cellule batteriche si ottiene con il successivo passaggio di sonicazione: vengono eseguiti 8 cicli di sonicazione della durata di 30 secondi ciascuno, con un intervallo di 30 secondi tra ciascun ciclo. Anche durante la sonicazione la soluzione
viene mantenuta in ghiaccio, in modo da evitare che il calore sviluppato possa causare denaturazione proteica.
La sospensione contenente le cellule lisate viene quindi centrifugata a 12000xg per 40 minuti alla temperatura di 4°C. Al sovranatante recuperato vengono aggiunti 1,2 ml di sospensione di resina Ni-NTA (la quantità finale di resina aggiunta corrisponde a 600 µl): la soluzione così ottenuta viene mantenuta in agitazione in ghiaccio per almeno 60 minuti. In questo passaggio avviene il legame della proteina ricombinante alla resina utilizzata per la purificazione: con un procedimento analogo ad una cromatografia di affinità, infatti, la sequenza di poli-istidina presente in posizione N-terminale interagisce con lo ione Ni2+ legato alla resina Ni-NTA (Nichel-acido nitrilotriacetico). L’acido nitrilotriacetico (NTA) è
un chelante tetradentato che lega uno ione Ni2+ lasciando liberi due legami di coordinazione, che vanno ad interagire con gli anelli imidazolici dei residui di istidina contenuti nella His TAG della proteina ricombinante (figura 22). In questo modo la purificazione avviene in un unico passaggio, ed è altamente specifica in quanto sono minimizzati i legami con proteine aspecifiche che non possiedono la sequenza di poli-istidina presente nell’enzima ricombinante.
Successivamente la soluzione contenente la resina viene fatta decantare in ghiaccio e sottoposta a tre lavaggi effettuati con 5 ml di wash buffer (Tris-HCl 50 mM pH 8.0, NaCl 300 mM, imidazolo 20 mM): i lavaggi sono necessari per favorire il distacco di eventuali proteine aspecifiche legate alla resina.
La proteina ricombinante viene in seguito eluita dalla resina utilizzando 500 µl di elution buffer (Tris-HCl 50 mM pH 8.0, NaCl 300 mM, imidazolo 250 mM): la sospensione viene mantenuta in ghiaccio ed agitata più volte per almeno 30 minuti. Durante questo passaggio l’imidazolo contenuto nell’elution buffer si lega all’atomo di nichel della resina causando quindi il distacco dell’enzima e il suo rilascio in soluzione. Passati i 30 minuti la resina viene fatta decantare in ghiaccio e il sovranatante contenente l’enzima viene prelevato e trasferito in una nuova provetta che sarà conservata a 4°C fino al momento dell’utilizzo.
Figura 22 Interazione dei residui di istidina della His TAG
della proteina ricombinante con lo ione Ni2+ chelato dal gruppo funzionale della resina cromatografica
2.2.5 Determinazione della concentrazione proteica
La concentrazione della proteina recuperata dopo la purificazione viene valutata con il metodo di Bradford (1976) utilizzando come colorante il Coomassie Brillant Blue (reattivo di Bradford: soluzione acquosa di Blu di Coomassie 0.01%, etanolo 4.7% e acido fosforico 8.5%). Il colorante utilizzato si lega agli amminoacidi basici (arginina, triptofano, tirosina, istidina e fenilalanina) presenti nella sequenza proteica: la stima della concentrazione proteica effettuata con questo metodo è quindi relativa, in quanto la percentuale di amminoacidi basici presenti all’interno delle diverse sequenze proteiche è altamente variabile. Per questo motivo, la scelta dello standard per questo tipo di saggio è cruciale per il suo successo: in questo caso la retta di taratura utilizzata per stimare la concentrazione proteica dei campioni è stata costruita utilizzando la BSA (albumina di siero bovino). A soluzioni con concentrazioni crescenti di BSA (0-6 µg/µl) sono stati aggiunti 200 µl di colorante su un volume totale di 1 ml finale; dopo aver atteso 15 minuti a temperatura ambiente (tempo necessario perché avvenga lo sviluppo del colore) è stata misurata l’assorbanza della soluzione alla lunghezza d’onda λ = 595 nm alla temperatura di 25°C: i valori ottenuti sono stati utilizzati per costruire un grafico (retta di taratura) nel quale l’assorbanza della soluzione viene messa in relazione con la concentrazione proteica. La retta di taratura sarà in seguito utilizzata per interpolare i dati relativi ai campioni in esame.
I campioni di proteina purificata, opportunamente diluiti per ottenere valori di assorbanza compresi nel range della retta di taratura, sono stati trattati con Blu Coomassie nello stesso modo descritto per la BSA utilizzata per la costruzione della retta di calibrazione (200 µl di colorante su un volume finale di saggio pari a 1000 µl); i valori di assorbanza ottenuti sono stati riportati sulla retta di taratura tramite la quale, per interpolazione, sono stati ricavati i valori di concentrazione dei campioni (ogni campione viene suddiviso in tre soluzioni a concentrazione crescente: la stima della concentrazione è data quindi dalla media aritmetica delle concentrazioni delle diverse soluzioni, in modo da aumentare la precisione del saggio).
2.2.6 Analisi elettroforetica delle proteine purificate
Gli enzimi ricombinanti recuperati tramite il protocollo di purificazione precedentemente descritto vengono sottoposti ad analisi elettroforetica in condizioni denaturanti
(SDS-PAGE) per verificarne il grado di purezza. Si utilizza a tale scopo un gel di poliacrilammide al 10% procedendo secondo il protocollo descritto da Laemmli (1970). I campioni (5-10 µg di proteina) vengono disciolti in sample buffer (blu di bromofenolo 0.25%, glicerolo 52.6%, SDS 15.8% in TRIS-HCl 0.5 M, pH 6.8), cui è stato precedentemente aggiunto β-mercaptoetanolo fino ad una concentrazione finale del 5%, e caricati all’interno dei pozzetti del gel insieme a standard di peso molecolare noto. L’utilizzo degli standard (range da 180 a 19 KDa) permette di costruire una retta di taratura nel quale il logaritmo del peso molecolare viene correlato alla mobilità elettroforetica: in questo modo sarà possibile ricavare, per interpolazione dalla retta così costruita, il peso molecolare della proteina campione caricata all’interno del gel. La corsa elettroforetica viene effettuata ad amperaggio costante (20 mA) per circa 40 minuti. Le bande proteiche sono in seguito visualizzate per mezzo del colorante Blu Coomassie nel quale viene immerso il gel (in agitazione) alla fine della corsa. In seguito ad un passaggio di decolorazione (50 % metanolo/acqua) è possibile osservare le bande corrispondenti alle specie proteiche caricate.
2.2.7 Determinazione dell’attività fosfotransferasica
L’attività fosfotransferasica della 5’-nucleotidasi citosolica viene quantificata utilizzando il metodo radiochimico descritto da Tozzi et al. (1991): secondo questo metodo l’attività fosfotransferasica viene valutata misurando la quantità di 8-14CIMP formata a partire da 8-14Cinosina (accettore di fosfato) e IMP (donatore di fosfato). Per ogni punto sperimentale viene quindi preparata una miscela di reazione contenente 8-14Cinosina (4000 Dpm/nmol), MgCl2, IMP, ATP, DTT, enzima e tampone TRIS-HCl fino a un
volume finale di 50 µl. Le diverse miscele di reazione vengono incubate a 37°C, ed un’aliquota (10 µl) di ciascuna viene prelevata ai tempi 0 (corrisponde al momento in cui l’enzima viene aggiunto alla miscela di reazione), 10, 20 e 30 minuti; la reazione viene bloccata depositando l’aliquota su dischetti di carta a scambio ionico DE-81 che, essendo carichi positivamente, trattengono il nucleotide radiomarcato prodotto dalla reazione tramite interazioni ioniche. Alla fine della reazione i dischetti vengono lavati in modo tale da allontanare eventuale radioattività aspecifica (8-14Cinosina non trasformata) che potrebbe interferire con le successive misurazioni: ad un primo lavaggio in una soluzione contenente ammonio formiato 1 mM per 15 minuti seguono quindi due lavaggi da 10 minuti ciascuno con acqua deionizzata. In seguito i dischetti vengono asciugati, inseriti in
apposite fiale (vials) e immersi in liquido di scintillazione Hi safe II: i vials contenenti i dischetti vengono a questo punto inseriti all’interno dello scintillatore per la misura della radioattività presente nel campione.
Il calcolo della Km per l’inosina viene effettuato utilizzando concentrazioni crescenti di
inosina comprese tra 0,2 e 3 mM per un totale di otto punti sperimentali, mentre gli altri reagenti presenti nella miscela sono: MgCl2 20 mM, IMP 2 mM, ATP 4,5 mM e DTT 1
mM, portati ad un volume finale di 50 µl con TRIS-HCl 100 mM pH 7,4. La valutazione della K50 (concentrazione alla quale si osserva una velocità di reazione pari al 50% della
velocità massima) per i diversi attivatori viene effettuata in modo analogo, ma in questo caso la concentrazione di 8-14Cinosina è costante (1,4 mM) mentre variano di volta in volta le concentrazioni dell’attivatore di cui si sta valutando la K50: per il Mg2+ si
utilizzano concentrazioni comprese tra 0 e 15 mM; per il 2,3-BPG si utilizzano concentrazioni comprese tra 0 e 1,5 mM; per l’ATP si utilizzano concentrazioni comprese tra 0 e 8 mM; per l’ADP si utilizzano concentrazioni comprese tra 0 e 15 mM; per l’Ap4A
si utilizzano concentrazioni comprese tra 0 e 1 mM. In tutti i casi (compreso il calcolo della Km per il substrato inosina) si utilizzano concentrazioni crescenti che variano in un
range comprendente il valore presunto di Km o K50. Il calcolo della costante di inibizione
del fosfato inorganico (Pi) viene effettuato allestendo l’esperimento in modo del tutto
analogo e utilizzando concentrazioni di inibitore comprese tra 0 e 6 mM.
2.2.8 Determinazione dell’attività 5’-nucleotidasica
La velocità della reazione 5’-nucleotidasica viene valutata con metodo radiochimico misurando la quantità di 8-14Cinosina formata dall’idrolisi del substrato 8-14CIMP. L’attività nucleotidasica viene dosata subito dopo la purificazione in parallelo all’attività fosfotransferasica del mutante purificato: per questo scopo si preparano due miscele di reazione (per i due punti sperimentali necessari per dosare l’attività nucleotidasica) contenenti 8-14CIMP 2 mM (4000 Dpm/nmol), MgCl2 20 mM, inosina 1,4 mM, ATP 4,5
mM e DTT 1 mM, portati ad un volume finale di 50 µl con TRIS-HCl 100 mM pH 7,4. Per la valutazione della Km dell’IMP si utilizzano invece concentrazioni crescenti di substrato
(8-14CIMP) comprese tra 0,02 e 1,2 mM.
Aliquote da 10 µl ciascuna vengono prelevate dalle miscele di reazione al tempo 0 (corrisponde al momento in cui l’enzima viene aggiunto alla miscela di reazione), 10, 20 e 30 minuti e depositate su una lastra di polietileneimina cellulosa (PEI-cellulosa) per
cromatografia su strato sottile sulla quale era stata precedentemente depositata una piccola quantità (30 nmol) di inosina non radiomarcata usata come standard interno. Alla fine della reazione la lastra viene posta verticalmente in una vasca contenente una piccola quantità di acqua MilliQ che, risalendo attraverso la lastra per capillarità, permette la separazione dell’IMP radiomarcato non trasformato dall’enzima dalla 8-14Cinosina prodotta dalla reazione. Una volta che il fronte di migrazione ha raggiunto l’estremità superiore della lastra, questa viene asciugata e si procede poi alla visualizzazione delle macchie corrispondenti all’inosina tramite l’utilizzo di una lampada a UV. Le porzioni della lastra su cui ha migrato l’inosina vengono ritagliate e poste all’interno di fiale (vials) in cui si aggiunge liquido di scintillazione Hi Safe II. I campioni così preparati vengono inseriti all’interno dello scintillatore per la misura della radioattività.