• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1429, 22 settembre

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1429, 22 settembre"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L ’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno X X Y III-Y o l. XXIII

Firenze, 22 SetteiDre 1901

Il

PROGRAMMA DELL’ On. SONNINO

Diamo più innanzi un sunto imparziale del- l’ articolo-programma che l’on. Sonnìno ha pub­ blicato nella Nuova Antologia del 16 corrente; qui facciamo, intorno ad una parte dell’ articolo stesso, alcune considerazioni generali.

Nelle prime pagine, a modo di introduzione, l’on. Sonnino avverte la necessità che il partito conservatore-liberale, si organizzi compatto, per tener testa ai partiti sovversivi (il clericale, il socialista e repubblicano). E ritiene che la prin­ cipale causa, per la quale il partito conservatore liberale si trova travagliato dalle divisioni di gruppi e in fazioni delle destre e delle sinistre, sia perchè una volta poteva raccogliersi intorno al Governo dello Stato, come rappresentante le istituzioni monarchiche-liberali e da questo essere sorretto e guidato; oggi invece per l’ ef­ fetto dell’allargamento del suffragio politico ed amministrativo, della elezione dei sindaci, e delle successive vicende parlamentari, il Governo non funziona più come centro di organizzazione dei costituzionali, e questi si ritrovano confusi e spersi, quasi abbandonati alla balia delle onde.

Ed ecco una prima reticenza che si riscon­ tra nell’articolo dell’on. Sonnino, il quale avrebbe dovuto subito riconoscere che la maggior parte delle cause che hanno prodotto la attuale situa­ zione è dovuta alla leggerezza con cui il partito conservatore-liberale fece il male, ed alla suc­ cessiva sua incapacità a sostituirvi il bene.

La critica incisiva ed in alcuni punti esau­ riente che l’ ou. Sonnino fa, con la sua incontra­ stata competenza, alle condizioni del sistema tributario sia per i dazi, sia per le tasse dirette comunali, è una critica che, senza dirlo, egli ri­ volge all’opera compiuta dal partito conservatore- liberale che creò quel sistema, che lo inasprì con successivi aumenti di aliquote, e che non seppe, dopo tante e replicate promesse, modificare nè migliorare, ingenerando così il convincimento che sia incapace di ogni razionale riforma. E gli anni perduti in dolorose e sterili vicende, come la guerra d’Affrica, e le illiberali proposte poli­ tiche dell’ on. Pelloux, vicende alle quali l’ono­ revole Sonnino fu tutt’altro che estraneo, dimostra­ rono anche ai più ottimisti come il partito conserva­ tore-liberale non sapesse ed anzi non volesse le riforme che, non da oggi soltanto, si riconoscono da tutti necessarie ed urgenti.

Dal riassunto che pubblichiamo più innanzi,

i lettori vedranno quali sieno le proposte che l’ on. Sonnino in questo momento propugna, e certamente si maraviglieranno che l’on. Sonnino abbia fatto combattere dai suoi, cosi tenacemente, i progetti dell’on. W ollemborg che pure conte­ nevano tanta parte delle vedute oggi esposte dall’ on. deputato di San Casciano.

Quale migliore occasione si poteva presen­ tare per dare una vigorosa organizzazione del par­ tito, per togliere i rancori e condurre finalmente il Parlamento a lavorare per il paese e non per i suoi meschini interessi, di quella dell’ aprile decorso P Una sola parola detta dall’on. Sonnino in tempo bastava per togliere gli equivoci e per percorrere con concordia una via che conducesse ad una conclusione. Invece parve a tutti, spe­ cialmente dopo l’ordine del giorno che l’on. Son­ nino presentò nella occasione della discussione del dazio sul grano, che egli non fosse molto distante dai concetti dell’on. W ollemborg circa la riforma finanziaria, ma seguisse i medesimi concetti di molti del centro, che per rabbiosa gelosia politica non ammettevano che altri po­ tesse condurre in porto una riforma. Ciò non sarà vero ; anzi conoscendo l’animo dell’on. Son­ nino non possiamo credere che egli nutrisse tali piccinerie, ma, in politica specialmente, una gran parte dell’essere sta nel parere.

E come nessuno potrà cancellare mai la per­ suasione che 1’ on. Sonnino sia stato il vero fat­ tore dell’ infausta condotta del Ministero Pelloux, nè si giustificherà mai come egli abbia abbando­ nato l’on. Saracco, così nessuno crederà mai che Ton. Sonnino voglia veramente un’ampia riforma tributaria, dato il contegno del suo gruppo verso l’ on. Wollemborg.

Ed oggi stesso la parte politica dell’articolo pubblicato nella Nuova Antologia sembra voler dire che il solo partito costituzionale da crearsi ai debba cercare nella Destra e nel Centro.

Di fronte a questa situazione politica che è in gran parte dovuta agli errori di tattica parla­ mentare commessi dall’on. Sonnino, od a lui at­ tribuiti, ci vuol altro che le promesse di atten­ dere che la organizzazione del partito conser­ vatore liberale diventi così forte da imporre la sua volontà e forzare una riforma. Questa orga­ nizzazione non può essere che molto lontana, ed i contribuenti vedranno in tale proposta un’altra prova che per ora non si vuol farne nulla.

(2)

580 L ’ E C O N O M IS T A adempimento delle promesse, che datano da die­

cine d’anm, e che ormai è ozioso discutere se le riforme si debbano cominciare da una parte piut­ tosto che dall’ altra. Ciò che urge oggi è fare, Quote minime, sale, grano, dazio sulle farine, poco importa da dove gli sgravi comincieranno; l’ urgente è sottrarre al Parlamento i venti mi­ lioni circa di avanzi, di cui dispone, per darli ai contribuenti sotto forma di sgravi immediati ; altrimenti il Parlamento li consacrerà a nuove spese.

In quanto alla riforma tributaria propria­ mente detta, a leggere l’articolo dell’on. Sonnino sembrerebbe che non vi possano essere contrasti. Subitochè egli dichiara che « in massima tutti consentono ad alleggerire il peso delle imposte sulle classi povere, spostandolo sulle spalle di quelle più agiate » la Camera dovrebbe essere pressoché tutta concorde: — l’ Estrema Sinistra non può negare il suo voto a simile spostamento; __non lo negherà la Sinistra che oggi appoggia il Governo; — non il Centro che riconosce per suo capo l’on. Sonnino; — non quella parte della De­ stra che è guidata dagli onorevoli di Rudinì e Luzzatti.

Più o meno precisamente sono anche tutti d’accordo nelle linee generali della riforma : — abolizione del dazio consumo, sostituzione di una tassa globale alle tasse di famiglia o fuoca- tico oggi concessa ai Comuni.

Ce n’ è abbastanza, in queste due punti, per un quinquennio di studi e di discussioni ; e in­ tanto si può studiare con più calma la separa­ zione dei cespiti, la trasformazione della impo­ sta di ricchezza mobile.

Ma appunto perchè vediamo tanta meravi­ gliosa uniformità di aspirazioni, siamo indotti a domandare all’ on. Sonnino se egli voglia che quelle sue proposte sieno applicate, o se vuole applicarle lui solo facendole combattere se pro­ poste da altri.

Pur troppo, per quanto dura sia la domanda, essa è una conseguenza della situazione parla­ mentare che tutti lamentano; ma nell’aula di Mon­ tecitorio nessuno vuol dar mano a modificarla.

L ’ on. Saracco, che veramente voleva che qualche cosa fosse fatto, creò la famosa Com­ missione dei X V ; quale migliore occasione di quella perchè i capi delle diverse « fazioni » vi facessero parte e venissero a concordi conclu­ sioni ? Tutti sanno invece quale esito ebbe la pro­ posta dell’on. Saracco e come e perchè sia stato battuto.

Noi temiamo forte, anche dopo l’ articolo dell’on. Sonnino, che pochi assai siano quelli che vogliono la riforma tributaria appunto perchè comprendono che se si fa sul serio, un centinaio di milioni dei tributi passerebbero dalle spalle dei poveri su quelle delle classi agiate. Ed è que­ sto che non si vuole! E saremo ben lieti se l’ on. Sonnino dimostrasse coi fatti che ci in­ ganniamo.

Intanto ci riserbiamo di esaminare con mag­ giore ampiezza le proposte finanziarie dell’ on. Sonnino ed i loro effetti.

22 settembre 1901

CAPITALE E LAVORO

secondo l'on. Sonnino

L ’ impressione che lascia la lettura della seconda parte dello scritto dell’ on. Sonnino, in cui discorre com’ egli dice « delle condizioni della lotta tra capitale e lavoro » è piuttosto confusa. Lo scrittore, cui non manca certo la competenza, ma che è disposto a considerare questo argomento con un pensiero non sempre scevro di diffidenza, enumera molte riforme che si dovrebbero introdurre nella legislazione, nelle relazioni tra padroni e lavoranti, negli usi e co­ stumi, critica talune tendenze, ne appoggia altre, ma non lascia sempre scorgere in modo chiaro e preciso quale sia il suo programma. Certo esso non si offre al lettore con quella perspicuità, con la quale invece si apprende il programma di riforma tributaria. Diciamo questo, non per farne un torto allo scrittore, ma per constatare un fatto, che può avere la sua spiegazione nella complessità della materia, da un lato e dall’altro nella smania di descrivere a fondo tutta la in­ tricata questione delle relazioni tra capitale e lavoro.

L ’ on. Sonnino riconosce che la nuova e larga corrente socialista o socialistoide, che si è manifestata nel nostro paese, potrà, se rego­ lata e guidata, essere cagione di benefici effetti. La dichiarazione può parere veramente strana in bocca all’on. Sonnino dei nostri giorni, se non occorresse ricordarsi talvolta di un altro on. Son­ nino di vent’ anni fa. Ad ogni modo noi siamo d’ accordo con lui su questo punto. Date le con­ dizioni morali e intellettuali delle classi dirigenti crediamo utile quella corrente, nel senso che essa viene a premere sugli indifferenti e sugli avver­ sari di qualsiasi progresso costringendoli a pen­ sare seriamente a riforme, a miglioramenti, a necessità, cui diversamente non rivolgerebbero il pensiero. Ma non saranno molti nel suo par­ tito a credere che « a risvegliare nelle classi proprietarie e capitalistiche, diciamo pure nelle classi borghesi in tutte le loro gradazioni, il senso della necessità di ispirare ad un maggiore spirito di fratellanza e di equità le loro relazioni coi propri soci di lavoro » non saranno molti di­ ciamo, a credere che per questo sia giovevole la corrente socialista o socialistoide. Naturalmente l’on. Sonnino si affretta a dichiarare che se con­ servatori liberali e socialisti non catastrofici vo­ gliono egualmente la graduale riforma delle leggi e dei costumi negli ordinamenti e nelle relazioni sociali (?) non concordano però nel metodo, nè sul fine immediato, nè in quello ultimo e remoto.

(3)

im-mediati da raggiungersi appariscono loro sempre come di interesse secondario di fronte alla ne­ cessità di accentuare sempre più la separazione tra le classi operaie e quelle della borghesia, divi­ dendo la nazione in due grandi eserciti organizzati, in stato di eterna guerra tra loro. Come fine ulti­ mo professano di mirare al collettivismo, cioè alla più vasta e completa organizzazione di tirannia burocratica che la mente umana possa concepire.

Il rispetto per la verità ci impone di dire che qui l’on. Sonnino non è sempre esatto. La formazione di una coscienza socialista o sociali­ stoide — perchè ci sono i socialisti e, ancor più numerosi, i simpatizzanti pel socialismo — ha origini più complesse di quelle che, con grande semplicismo, indica l’ on. Sonnino e nemmeno ci pare esatto ciò che egli dice sui parziali obbiet­ tivi immediati, perchè il socialismo collettivista tende inesorabilmente a divenire un socialismo di Stato, più accentuato, è vero, ma sempre di quella specie che ha seguaci insigni anche tra i conservatori. L ’ex-ministro del Tesoro non ri­ vela a questo proposito una cognizione precisa delle condizioni odierne del socialismo e della tendenza che va dimostrando.

Ma, lasciando ai socialisti di discutere tutto ciò, perchè riguarda loro principalmente, quali sono infine le idee e le proposte dell’ on. Son- nino intorno alle relazioni tra capitale e lavoro e ai problemi relativi?

Egli proclama che il fine costante cui mi­ rano i conservatori liberali è di garantire e di salvare, nella fatale evoluzione storica e fisiolo­ gica della società umana, i principi sostanziali della libertà individuale, morale ed economica, ai quali — aggiunge — dobbiamo tutta la nobiltà e tutta la vigoria della nostra vita tanto pubblica che privata.

La premessa non è certo tale da sollevare alcuna opposizione fra i liberali. Soltanto, quando si vuol regolare ogni cosa si va incontro, facil­ mente, al pericolo di offendere quella premessa. L ’on. Sonnino è troppo esperto in queste cose per enunciare un programma di riforme e di provvedimenti che conduca a offese alla libertà individuale, morale ed economica ; ma nessuno, crediamo, potrebbe rendersi garante che se tutto quello eh’ egli propone venisse accolto e appli­ cato secondo lo spirito che anima il proponente, non si avrebbe una libertà alquanto formale.

Egli vuole che sia tutelata e garantita l’as­ soluta e sincera libertà di lavoro e ricorda le disposizioni della legge inglese 13 agosto ’75 che punisce taluni atti, come il pilceting, diretti ed esercitare illecite pressioni e violenze più o meno mascherate per distogliere da lavorare. Crede debba riprendersi in esame tutto l’istituto del contratto del lavoro nelle svariate sue forme, sopratutto per meglio regolare la forma ordi­ naria della locazione d’opera a tempo indetermi­ nato, per determinare con maggior precisione quali sono i punti che il legislatore sottrae alla libera contrattazione delle parti, considerando come nullo ogni patto individuale che deroghi ai principi stabiliti. Nulla e punibile dovrebbe es­ sere, a suo avviso, ogni locazione d’opera dei figli minorenni a terzi che li impieghino fuori del Regno e lontano dalla famiglia.

E sopratutto occorre, dice, garantire effica­ cemente la fede dei contratti, tanto nell’ interesse del capitale, come in quello del lavoro e della moralità pubblica; la legge dovrebbe, secondo l’on. Sonnino, per lo meno definire in quali casi e fino a che punto le pene convenzionali in da­ naro che venissero stipulate per inadempienza di contratti possano, a tutti gli effetti, considerarsi come vere multe giudiziali, da applicarsi dal giudice su domanda di una delle parti, tanto nel­ l ’interesse del lavoro, che del capitale. Il legi­ slatore italiano deve meglio coordinare anche quanto riguarda la conciliazione e l’ arbitrato nelle contese tra capitale e lavoro, sopratutto gli istituti volontari di arbitrato ; ma nulla è detto di preciso, qui come in altri punti, intorno a ciò che bisognerebbe fare.

Molte proposte, o meglio, accenni a riforme al certo meritevoli di studio, fa l’ on. Sonnino ri­ guardo ai contratti agricoli, specie per l’enfiteusi, pei miglioramenti recati al fondo, per gli obbli­ ghi del proprietario; ma più importanti, perchè più facilmente danno luogo a dissensi ed a di­ scussioni, sono le idee che egli espone rispetto alle Leghe operaie e alla rappresentanza del la­ voro. Si noti che a proposito del riconoscimento giuridico delle Leghe, egli dichiara che non st tratta di un riconoscimento della legalità di si­ mili associazioni, cioè di dichiarare la piena li­ bertà di costituirle, chè questa legalità è già ri­ conosciuta ora, bensì di conferir loro, sotto de­ terminate condizioni, una vera personalità giuri­ dica, con diritti di acquistare, possedere e stare in giudizio. Senza farsi illusioni sulla efficacia pratica di una simile legge, 1’ on. Sonnino crede sia equo e opportuno di farla e mostra di accettare alcuni dei concetti esposti dall’ Einaudi, dei quali crediamo anzi utile di dare completo ragguaglio in questo stesso fascicolo Ae\Y Economista.

Notiamo poi che l’on. Sonnino non è favore­ vole alla organizzazione ufficiale di una vera rap­ presentanza di classe ; è un passo di ritorno — egli scrive — verso la classificazione ufficiale dei cittadini in ordini e caste diverse ; cosa che a me pare inopportuna, illiberale e pericolosa. Comprendo invece — aggiunge — la ragionevo­ lezza della organizzazione ufficiale di istituti di informazione, di conciliazione, di arbitrato, ecc., in cui siano rappresentati, in proporzioni uguali, il capitale e il lavoro. Finalmente, l’on. Sonnino tornando a insìstere su un concetto che aveva . già esposto l’anno scorso, vorrebbe facilitata la partecipazione del lavoro alla direzione e ammi­ nistrazione della impresa, quella che g l’ inglesi dicono la labour-copartnership e per propugnare la quale vi è una associazione, e affinchè in Italia questa nuova forma di rapporti fra lavoro e ca­ pitale sia resa attuabile, chiede modificazioni alle leggi commerciali e civili.

(4)

so-582 L ’ E C O N O M IS T A 22 settembre 1901 eiale. Ora la teoria del Loria è unilaterale, frutto

di uno studio limitato all’ Inghilterra e fatto con mente non spregiudicata; certo è una teoria che ha avuto smentite in altri paesi, dove pure si e promulgata una legislazione sociale senza che si avverino le condizioni fissate dal Loria, ma que­ sto non toglie che si possa dubitare sull attuabi­ lità pratica immediata delle proposte che, con molta preoccupazione d’ essere completo, se non con molta precisione, ha fatto 1’ on. Sonnino. Questi, a nostro avviso, sul terreno delle riforme nelle relazioni tra capitale e lavoro è ben più avanti di quello che sia il partito di cui e uno dei duci, e il giorno eh’ egli volesse tradurre in atto quelle idee, incontrerebbe forse le maggiori opposizioni tra i suoi amici politici, che tra gli avversari. Ma dall’alto del potere le cose si ve­ dono tanto diversamente, e l’urgenza di tante que­ stioni si dilegua così facilmente!

Il porto di Amburgo

La Germania non ha coste che sulla sua frontiera settentrionale, che si estende dalla im­ boccatura dell’ Ems all’ ovest fino a quella del Niemen all’ est, i punti e porti estremi sono Emden e Memel. L ’istmo dello Schlewig-Holstein rompe la linea costiera che va dall’ Olanda alla Russia, il canale Guglielmo che unisce l’ Elba alla baia di Kiel ha avuto per oggetto di evitare alle navi la lunga e talvolta difficile navigazione intorno al Jutland danese. Il mare del Nord si è aperto a parecchie riprese dei passaggi nelle coste; è così eh’ esso ha formato il golfo di Dollari all’imboccatura dell’Ems; quello di Jade all’ imboccatura del Weser. I principali ^ porti, quali si presentano successivamente dall’ ovest all’ est sono Emden, Wilhelmshaven, Bremerha- ven, Cuxhaven, Amburgo, Kiel, Travemunde, Lubecca, Wismar, Rostock, Stralsund, Swine- munde, Danzica, Kònigsberga, Memel. Il primo e il più importante fra tutti è Amburgo, la cui fondazione è attribuita a Oarlomagno. Ma non è la storia della città e del porto che ora ci in­ teressa, bensì il suo stato odierno, lo sviluppo che ha preso negli ultimi tempi il suo traffico.

Amburgo, quantunque situata a 110 chilo­ metri dal mare, ha sempre comunicato diretta­ mente col resto del mondo per mezzo del ca­ nale dell’ Elba che per più secoli i maggiori bastimenti allora conosciuti risalivano facilmente. Grazie alla direzione obliqua di questo fiume relativamente al mare del Nord, come nota Eli­ seo Reclus, Amburgo serve di sbocco alla mag­ gior parte delle contrade della Germania^ orien­ tale che, a volo d’ uccello, sono tuttavia più vicine al Baltico; il campo commerciale della grande città anseatica forma nel centro dell’ Eu­ ropa un triangolo, la cui base si stende da Cracovia a Basilea. L ’ antica Hammaburg era costruita sull’Alster a 2 chilometri da un brac­ cio dell’Elba, al quale l’Alster in seguito è _stato collegato mediante un canale. Lavori considere­ voli non hanno cessato di approfondire il porto e di

rettificare i quais. Alla sua imboccatura l’Elba ha una profondità sufficiente per le navi che hanno i maggior tirante d’acqua. Vicino a Gluckstadt, a Brunsbuttel sbocca il canale del Baltico avente 9 metri di profondità; in faccia a Cuxhaven è stato stabilito un porto di marea, avente 8 metri d’acqua quando il mare è basso e 11 metri a marea alta e che servirà fra l’ altro alla spedi­ zione dei grandi piroscafi transatlantici. Risalendo 1’ Elba le navi che sorpassano un certo tonnel­ laggio devono ancora alleggerirsi nella rada di Brunshausen, a 30 chilometri da Amburgo, in attesa che lo scavo a Brunhausen sia terminato. Ad Amburgo la marea non è più che di 1 me­ tro e 80, di modo che la citta si trova ben si­ tuata per servire di luogo di trasbordo tra 1’ Oceano e la navigazione interna. Il porto li­ bero occupa una estensione di circa 1000 ettari. I bacini di cui i quais hanno 17 chilometri di lunghezza e di cui le tettoie e i magazzini coprono una superfìcie di 18 ettari sono diretta- mente collegati con le ferrovie alle stazioni adiacenti e posseggono un gran numero di gru, di cui la più forte solleva 150 tonnellate. Le tasse di porto non eccedono la metà di quelle che le navi pagano ad esempio in Trancia.

Amburgo mezzo secolo fa aveva 250,000 abitanti e vedeva 10,000 bastimenti di una ca­ pacità d’ un po’ meno di 2 milioni di tonn. en­ trare nel suo porto e uscirne. Il valore delle merci importate ed esportate ammontava a 2400 milioni di franchi.

Nel 1900 la popolazione era di 700,000 abitanti, il numero delle navi è più che raddop­ piato e il loro tonnellaggio è sestuplicato (22,000 navi con 15 milioni di tonnellate di stazza). Am­ burgo concentra i due quinti del movimento della navigazione nei porti dell’ impero. La portata della flotta tedesca che dal 1873 ad oggi è passata da 1,100,000 a 3,900,000 tonn. è stata senza posa in aumento; la costruzione annuale delle navi a vapore in Germania sale a 150,000 tonn. nel 1898 invece di 80,000 tonn. nel 1889 mentre quella delle navi a vela cessava quasi intiera­ mente. Questa statistica riassume in parte la storia del commercio esterno tedesco marittimo

dopo la guerra del 1870.

(5)

gran parte delle truppe tedesche, del loro ma­ teriale e la quasi totalità dei loro cavalli. Di fronte agli utili che ha ottenuti per questo mo­ tivo, essa insiste sulle perdite avute altrove pel ritiro, specialmente del servizio dall’Atlantico, di bastimenti necessari alla campagna dell’Estremo Oriente. Le agitazioni politiche incessanti delle Repubbliche dell’ America centrale, del Vene­ zuela, della Columbia, la crise del caffè hanno indotto la Compagnia a ridurre da 8 a 7 il nu­ mero delle sue linee Messico-indo-occidentali ; al contrario lo sviluppo degli affari col Messico ha provocato la creazione di una comunicazione diretta con vapori fra Amburgo e questo paese, con una partenza tutti i 15 giorni. La Compa­ gnia ha favorito la creazione della Società ita­ liana di navigazione Italia che fa i suoi viaggi tra Genova e la Piata; ha acquistato i vapori della casa A. C. Freitas e C., che fanno il ser­ vizio dell’ America del Sud, come pure quelli della casa Gellathy Haukey e C. che fanno il servizio tra Anversa e la Piata. In pari tempo la Hamburg-Amerika stipulava un trattato con la Hamburg Sud-amerikanische Dampfschiffalirts Gesellschaft per esercitare in comune le linee sud-americane, e si assicurava con un altro trattato, firmato con la Compagnia tedesca di navigazione Xosmos, una parte del traffico fra Amburgo e le coste occidentali del Sud e del centro dell’America. Ha poi istituito un servizio regolare di vapori fra Canton, Hong-Kong e Shangai e assunto il servizio postale fra Sbangaì Kiaotchou, Chefu e Tientsin. La capacità della sua flotta è passata da 541,000 tonn. a 615,000 tonn. di registro lorde e l’ età media delle navi è scesa da 5 anni a quattro anni e sette mesi e mezzo.

Molto ancora vi sarebbe a dire per dare un’ idea completa della condizione e dei pro­ gressi di questa potente compagnia di naviga zione. Aggiungeremo soltanto, non potendo dilun­ garci ancora su di essa, che i suoi utili netti nel 1900 furono di quasi 30 milioni di franchi sopra un capitale di 100 milioni ; circa 20 mi­ lioni vennero attribuiti all’ ammortamento del valore della flotta a alla dotazione dei fondi di riserva, d’ assicurazione e di rinnovamento del materiale.

Tutte le compagnie amburghesi di naviga­ zione hanno, del resto, prosperato nel passato anno ; cinque tra esse : la Packetfahrt, il Kosm os, VAustralische, l’ Ostafrikanische, la Levantelinie hanno dato dividendi superiori a quelli del ’99 del 2 o 3 0[0 ; sola, la Sudamerikanisehe, in causa di una concorrenza ora allontanata, non ha fatto progressi. Il capitale delle sei compa­ gnie era nel ’99 di 128 milioni di franchi e aveva dato un reddito di 11 milioni, ossia del- l’8 e mezzo circa ; nel 1900 il capitale era di 153 milioni e dava un reddito di 16 milioni, ossia del 10 Ij2 0[0 circa.

Gli affari di assicurazione marittima costi­ tuiscono un ramo importante dell’attività di un porto. Dal 1836 essi hanno subito ad Amburgo una notevole evoluzione. Nel ’36 esistevano 19 compagnie, il cui numero è oggi ridotto a 12; ma l’ammontare dei capitali assicurati è passato da 412 a 5781 milioni di franchi e il totale dei

premi incassati ogni anno da 6 a 42 milioni la media di questi premi è scesa della metà e non è più che di 0,13 invece di 1,46 per 100. Gli utili annuali sono raddoppiati, essendo saliti da 800,000 a 1,600,000 franchi mentre la cifra de­ gli affari aumentava nella proporzione di 1 a 14. Non ostante la concentrazione degli affari in minor numero di imprese, la concorrenza è dun­ que riuscita a ridurre il saggio dell’ assicura­ zione a un livello favorevolissimo al pubblico, ma poco vantaggioso per gli assicuratori. Il bollo delle polizze di assicurazione ha reso allo Stato 640,000 di franchi, contro 440,000 tren- t’ anni fa.

Il movimento d ’affari della succursale della Banca dell’ Impero ad Amburgo è salito da 17 miliardi a 20 miliardi di franchi in soli 5 anni (1895-99); quello della succursale amburghese della Deutsche Bank è passato da 5290 a 8447 milioni di franchi dal 1893 al 1899. Il movi­ mento delle cambiali calcolato secondo le mar­ che da bollo vendute dall’amministrazione è sa­ lito dopo il 1871 da 1923 a 2990 milioni di franchi. Il corso dei cambi sull’ estero, in causa della solidità del sistema monetario tedesco, presenta una stabilità notevole : in 3 anni, dal 1897 al 1899, il corso degli effetti su Londra variò da marchi 20.30 per sterlina a 20.53, cioè l ’ oscillazione non sorpassò 1’ 1 per cento.

Il movimento dei metalli preziosi è stato, nel 1899, di 37 milioni all’importazione per mare e di 45 milioni all’esportazione per la stessa via.

Amburgo è stato sempre un porto di emi­ grazione : nel periodo 1846-50 circa 6500 pas- seggieri vi si imbarcavano ogni anno a destina­ zione dei continenti esteri sopratutto dell’Ame­ rica del Nord; dal 1850 al 1860 questa media sale a 25,000, raggiunge i 35,000 nella decade successiva, 43,000 dal 1871 al 1880, 90,000 dal 1881 al 1890 per scendere a 64,000 nel 1899. In quest’ anno la Germania, che in altre epoche forniva il grosso del contingente di emigranti, entrava appena per un sesto nel totale che com­ prendeva sopratutto dei russi, degli austriaci e degli ungheresi. È facile di vedere in questo fatto il risultato della prosperità crescente del- l’ Impero germanico, dove una popolazione che è cresciuta del 40 per cento dopo la guerra del 1870 trova, mercè lo sviluppo delle industrie, una esistenza migliore: salari più alti ed espa­ tria quindi sempre meno.

(6)

584

Cor, il numero delle navi inscritte ad Amburgo il 1° gennaio 1901 presenta sull’anno precedente l’aumento di 21 navi e 21,500 tonnellate di re­ gistro nette pei bastimenti a vela, di 49 navi e 110,000 tonn. di registro nette per vapore; lo insieme della flotta commerciale amburghese è di 793 navi, il cui tonnellaggio si avvicina a 1 milione di tonnellate. Inoltre 30 navi a vapore aventi 166,000 tonnellate lorde sono in costru­ zione.

Un altra prova dello sviluppo della navi­ gazione tedesca si ha nei risultati dei cantieri di costruzione che si sono moltiplicati negli ul­ timi anni. Il Vulcano di Brema ha distribuito pel 1900 il 12 per cento di dividendo ai suoi azionisti, e ha partecipato alla creazione del Vul­ cano belga ad Anversa, del quale il Vulcano di Brema conserverà la direzione per parecchi anni Questi risultati sono veramente notevoli, se si pensa che si tratta di una industria recente; un quarto di secolo fa i tedeschi ordinavano le navi in Inghilterra, ma essi ebbero cura di stipulare anche la consegna di tutti i piani che avevano servito a costruire le navi ordinate. Inviarono anche i loro ingegneri a seguirne i lavori e da ultimo costruirono a Bremerhaven un experimen- tal dock, simile a quello di Genova, per farvi gli studi sui tipi di navi.

Studiato sotto tutti gli aspetti, il porto di Amburgo ci presenta l’ immagine dello svolgi­ mento considerevole dell’ industria e del com­ mercio della Germania. Soggetto, invero, meri­ tevole del più assiduo e accurato studio, perchè si può vedere all’atto pratico quali sono i veri coefficienti del progresso industriale di una grande nazione.

IL COMMERCIO ITALIANO

nel decennio 1891-1900.

IL

Proseguendo nell’ esame del nostro movi­ mento commerciale, dopo aver osservato le cifre complessive divise per provenienza e per desti­ nazione, vediamo lo stesso complessivo movimento commerciale diviso sui quattro soliti gruppi di prodotti.

Cominciamo dal 1892, perchè non si teneva conto prima di quell’ anno ditale divisione.

E dividiamo queste osservazioni in due parti, prima la importazione e poi la esportazione.

Importazione.

a) Materie necessarie all’ industria, gregge. Il movimento decennale fu il seguente :

1 8 9 1 ... L ... 1892 ... 407,933,000 1893 ... 427,789,000 1894 ... 455,179,000 1895 ... 456,482,000 1 8 9 6 . . . ... 457,008,000 1897 469,895,000 1 8 9 8 . . . ... 509,417,000 1899 ... 582,233,000 1900 ... 691,925,000 22 settembre 1901 Tranne lievi oscillazioni, il movimento è sta­ zionario sino all’ ultimo triennio, nel quale si nota un notevole alimento che corrisponde al mag­ giore sviluppo preso dalle industrie regionali.

Lo vediamo meglio confrontando le cifre di alcune principali voci, quelle cioè che danno al­ meno dieci milioni di importazione.

1892 1900 (milioni) Tabacco... 15.0 22.2 Gomme e resine... 19-5 3.8 Cotone greggio... 92.6 150.9 Lane naturali... 16.6 17.1 B ozzoli... ... 19.0 2 <.8 Legno comune da costruzione. 26.0 54.5 Pelli crude... 28.8 43.3 Rottami di ferro, ghisa e

acciaio... 10.0 20.7 Carbon f o s s ile ... 95.0 207.7 Semi o le o si... 11.4 18.0 Animali equini... 12.2 30.1 Legni e radiche per tinta

e per concia... 6.7 10.6 Queste dodici voci rappresentano 353 milioni sui 407 del gruppo nel 1892, e nel 1900 rappre­ senta 606 milioni sui 691 del gruppo.

Come si vede leggendo il surriportato elenco, vi sono le tracce anche in quelle poche più im­ portanti voci dello stesso svolgimento della eco­ nomia del paese. Aumenti delle materie di con­ sumo diretto (tabacco) che trova riscontro nelle maggiori entrate dello Stato ; aumento delle in­ dustrie dei filati e tessuti (cotone greggio, lane naturali, bozzoli), aumento nelle costruzioni col rinnovamento parziale delle principali città (legno da costruzione), aumento nella produzione side­ rurgica (rottami di ferro, ghisa ed acciaio) ; infine il più significante indizio del miglioramento indu­ striale lo si ha sulla entrata del carbon fossile di cui ecco la entrata nel decennio:

Milioni Milioni 1891. 1 896... 85 7 1892. . . 95.0 1897.. . 97.9 1893 . . 93.1 1898... 137.3 1 8 9 4 .. . 110.3 1 899... 150.6 1 8 9 5 .. . 86.1 1900... 207.7 b) Altre materie necessarie all'industria.

Il movimento nel decennio fu il seguente: 1 8 9 1 ... L ... 1892 ... 202,920,460 1893 ... 207,652,388 1894 ... 202,365,842 1895 ... 228,565,755 1896 ... 214,507,913 1897 ... 245,309,308 1898 ... 249,688,083 1899 ... 356,638,695 1900 ... 344,818,123

(7)

con un aumento di 154, che rimane 142 nel 1900. Anche qui facciamo l ’ elenco delle voci che arrivano almeno a dieci milioni.

Ecco il confronto tra il 1892 ed il 1900:

1892 1900 (milioni)

Filati di lino, canapa e juta. . . 13.9 10.3 Seta tratta greggia ... 65.2 74.4 » tinta ... 10.3 31.8 Pelli preparate... ... 13.6 14.9 Solfati... 1.9 23.5 Lane tinte, cardate, pettinate. . 8.3 25.6 Ghisa in p a n i... 0.1 19.2 Ferro ed acciaio laminati. . . 6.1 10.2 Rame, ottone e bronzo in pani,

spranghe, la m in e ... 4,5 15.8 G r a s s i... 8 5 14.2

Per il 1892 le dieci voci rappresentano 132 milioni sui 202 di importazione, per il 1900 rappresentano 240 milioni sui 344 del totale del gruppo.

Occorre appena osservare che la importazione dall’ estero dei filati di lino, canapa e juta è stata in qualche parte sostituita dalla produzione na­ zionale; che invece la industria tessile della seta ebbe bisogno di attingere maggior quantità di seta tinta all’ estero; così pure la industria dei’ tessuti di lana ricorse abbondantemente alla pro­ duzione estera dei filati di lana. Confortante è il movimento dei solfati e dei grassi che servono a tante industrie, e della materia prima per le industrie siderurgiche.

c) Prodotti fabbricati.

!Nel terzo gruppo, prodotti fabbricati, il mo­ vimento nel decennio fu il seguente:

1 8 9 1 ... L ... 1892 ... 264,802,660 1893 ... 263,965,655 1894 ... 237,241,160 1895 ... 259,360,757 1896 ... 248,821,245 1887 ... 254,412,289 1898 ... 262,629,462 1899 ... 315,733,635 190 0 ... 373,008,358

Anche qui i due ultimi anni si distinguono dai precedenti perchè nei sette che corrono dal 1892 al 1898 si può dire che il movimento sia stato stazionario, essendo le oscillazioni limita­ tissime; negli ultimi due anni abbiamo invece un aumento a paragone del 1892 di 51 e 109 mi­ lioni rispettivamente.

Il che vorrebbe dire che la ricchezza del paese è aumentata, poiché da una parte acquistò maggior materia prima destinata alla industria, dall’ altra acquistò pure maggior quantità di pro­ dotti fabbricati, i quali due fatti non si spieghe­ rebbero senza ammettere nel paese una maggior potenza di acquisto.

Ed ora specificando le merci che hanno dato

luogo ad uno scambio superiore ai dieci milioni troviamo in questo gruppo:

1892 1900 (milioni)

Petrolio... 12.6 16.0 Colori, estratti color, e vernici. 10.9 14.0 Tessuti di coton e...34.8 14.6 » lana... 42.4 25.8 » seta ... 22.6 25.2 Macchine e parti di macchine. . 26.3 77.5 Mercerie comuni e lini...10.3 8.4 Ferro od acciaio di 2* febbricaz. 8.7 17.5 Strumenti di ottica, fisica, ecc.. 5.3 18.9 Altri prodotti... 7.3 35.9

Sono nel 1892 circa 182 milioni sui 264 dal totale del gruppo, e 254 sopra 373 nel 1900.

Anche qui abbiamo un aumento di un genere di grande consumo diretto; il petrolio da 12.6 a 16 milioni ed eccone il movimento nel decennio:

Milioni 1891 ... 1892 . . . 12.6 1893. .11.9 1894 . 11.8 1895 .. . 12.0 Milioni 1896. . 11.9 1897.. . 11.0 1898.. . . 12.0 1 8 9 9 .. . 14.9 1900 . . . 16.0

Ed è anche questa serie di cifre una dimo­ strazione di miglioramento economico del paese negli ultimi due anni a paragone delle staziona­ rietà precedenti.

Nei tessuti, tranne che per la seta dove vi è un leggiero aumento, si ha notevole diminuzione, cioè sostituzione della industria nazionale non solo ai bisogni crescenti, ma anche ai prodotti esteri.

Dei tessuti od altri manufatti di cotone è interessante vedere attraverso il decennio il mo­ vimento decrescente delle importazioni.

Milioni 1891 ... 1892 . . . 34.8 1893. .33.2 1894 . . . 22.4 1895 . . . 22.9 Milioni 1896___ 16.6 1 8 9 7 .. . . 14.7 1898. . . . 13.1 1 8 9 9 .. . . 13.7 1 9 0 0 .. . .14.6

Come si vede la diminuzione è cospicua, sale a più del 60 per cento.

Nei tessuti di lana essa è meno importante ma è altrettanto costante, infatti si ha:

1891 . Milioni 1896.. Milioni . 29.7 1892 . . . 42.2 1897. . . 27.7 1893 . .. 40.6 1898 . . 25.5 1894. .. 34.7 1899 . . 30.5 1895 . . . 35.6 1900.. . 25.8

Nei tessuti di seta le oscillazioni sono mi­ nime; la importazione non è mai stata al di sotto di 19 milioni nè al di sopra dei 24 milioni.

(8)

au-586 L ’ E C O N O M IS T A 22 settembre 1901

/

mento però si verifica principalmente nei due ul­ timi anni, come si vede dalle cifre seguenti :

Milioni Milioni 1891. . 1896. .. 37.4 1892. . 26.3 1897. .. 34.8 1893 . . 26.0 1898. .. 38.5 1894 .27.9 1899. .. 54.5 1895. . 35.0 1900 . 77.5

Segnaliamo la diminuzione nella entrata delle mercerie; e per l’ ultima voce altri prodotti ripe­ tiamo la osservazione che l’ aumento riguarda per IO milioni i bastimenti ed altri galleggianti ; per oltre 4 milioni e mezzo le rotaie per ferrovie, e circa 15 milioni i veicoli di ferrovia.

Passiamo all’ ultimo gruppo. d) Generi alimentari.

Essi hanno dato nel decennio il seguente movimento : 1891 .. 1892 .. . . L. 297,734,976 1893... ... 291,820,160 1894... ... 199,862,907 1895... ... 242,979,049 1896... ... 252,895,339 1897 . . . . ... 259,823,608 1898... ... 221,972,578 1899... ... 391,600,263 1900... ... 251,955,316

Vi è in questo gruppo un aumento che nel 1898 arriva a 24 milioni, a 24 nel 1899 ed a 54 nel 1900. Occorre dire appena che è prodotto dalla introduzione dei cereali. Ecco infatti il movimento delle voci principali :

1892 1900 (milioni) 32.5 16.2 30.3 14.8 146.4 152.5 13.9 12.9 29.1 30.5 13.6 5.9 2.6 17.9 C a ffè ... Zucchero... Grano ... Granaglie e legumi secchi . . . Pesci freschi e preparati Eormaggio... Olio d’oliva...

La notevole diminuzione del caffè è attri­ buibile alla diminuzione del prezzo, infatti se si tien conto della quantità si hanno le cifre se-guenti: Quintali 1891 ... 1892 .. 138.354 1893 .. 126.174 1 8 9 4 .. 122.234 1895 .. 119.966 Quintali 1 8 9 6 .. . 126.091 1897.. . 129.871 1 8 9 8 .. . 133.917 1 8 9 9 .. . 141.917 1 9 0 0 .. . 140.921 Ciò dimostra che la diminuzione dei prezzi e dei dazi ha aumentato il consumo.

Per lo zucchero la diminuzione è in parte dovuta alla fabbricazione nazionale estratta dalle barbabietole.

Non occorrono spiegazioni per la aumentata introduzione del grano, delle granaglie e dei legumi secchi, surroganti lo scarso raccolto na­ zionale, e lo stesso dicasi per l’ olio d oliva.

Riepiloghiamo ora nel seguente prospetto il movimento decennale dei quattro gruppi.

Anni M a te r ie n e c e ss a r ie a ll ’i n d u s tr ie g r e g g e A lt re m a te r ie n e c e ss a r ie a ll’ in d u st r ia P r o d o tt i fa b b r ic a ti G e n e r i a li m e n ta r i Totale (in nìilioni) 1891 1892 407.9 202.9 264. 8 297.7 1.173. 4 1893 427.7 207.6 263.9 291.8 1.191.2 1894 455.1 202.3 237.2 199.8 1.094.6 1895 456.4 228.5 259.3 242.8 1.187. 3 1896 457.0 214. 5 248.8 252.9 1.173.2 1897 469.9 245.3 254.4 221.9 1.191. 5 1898 509.4 249.7 262.6 391.6 1.413.3 1899 582.2 356.6 315.7 251. 9 1. 506.5 1900 691.9 344.8 373.0 290. 4 1. 700. 2 P E R U N A L E G G E I T A L I A N A sulle Leghe operaie

La questione del riconoscimento giuridico delle Leghe operaie è sempre argomento degno di studio e di considerazione, e la soluzione che a tale questione è stata data in altri paesi me­ rita di essere conosciuta. Per questo ci pare di interesse odierno un breve cenno che ne ha fatto il prof. Luigi Einaudi, or non è molto, nella Stampa di Torino, e così pure le proposte che egli fece seguire a quel cenno, per una legislazione ' sulle Leghe operaie, meritano d’essere ricordate, perchè possono formare argomento di proficua discussione. Non ci mancherà occasione, in se­ guito, di esporre il nostro modo di vedere sul­ l’argomento; intanto, crediamo che i lettori troveranno interessante ciò che ha scritto il prof. Einaudi. Egli osserva, anzitutto, che il di­ battito sulla questione del riconoscimento legale delle Leghe operaie fu sovratutto lungo e vi­ vissimo in Inghilterra.

Quivi, nei sècoli scorsi, la legislazione era stata ferocemente contraria alle Leghe operaie. Una legge del 1800, che riassumeva tutte le di­ sposizioni anteriori, dichiarava illegali tutti gli accordi fra giornalieri ed altri operai per otte­ nere aumenti di salario, riduzioni delle ore di lavoro, o qualsiasi altro mutamento nei patti del lavoro. Coloro che si accordavano a tali intenti potevano essere sommariamente condannati alla prigione dai giudici di pace, i quali potevano in­ fliggere la medesima pena a chiunque cercasse, con la persuasione, con la intimidazione od al­ trimenti, di impedire ad un operaio di accettare o di continuare un qualsiasi lavoro.

Contro questa draconiana legislazione, i la­ voratori lottarono con pertinacia e con vigoria per lunghi anni. Vittoriosi nel 1824, novamente sconfitti nel 1825, riuscirono finalmente con l’atto del 1871, emendato nel 1876, a conquistare quel a che a ragione fu detta la Magna Charta delle libertà operaie.

(9)

Leghe industriali furono dichiarate lecite sia che siano costituite, temporaneamente o permanen­ temente, fra operai ed operai, tra imprenditori ed imprenditori, e tra operai ed imprenditori, malgrado che esse abbiano per intento di im ­ porre condizioni restrittive alla condotta di una industria o di un commercio.

Se ognuno può associarsi ad altri per rag­ giungere tali intenti, nessuno può però essere costretto a rimanere nella Lega ed a pagare la promessa contribuzione o ad obbedire alle re­ gole che la Lega ha imposto ai suoi membri, riguardo ai modi di impiegare altrui o di col­ locarsi come salariato presso altri.

In conclusione, massima libertà per tutti, operai ed imprenditori, di associarsi per difen­ dere i propri interessi; ma facolta illimitata a tutti di ritirarsi dalla Lega, o di non obbedire alle regole sociali, quando ciò dal socio non sia ritenuto conveniente.

Queste norme, in quanto sanciscono il diritto di associazione operaia e padronale, valgono per tutte le Leghe. Una volta costituite, le Leghe possono, senza esservi obbligate, far registrare i propri statuti presso 1’ ufficio del registratore delle Friendly Societies o Società amichevoli. Questa registrazione — la quale, si noti bene, è puramente facoltativa — impone alle Società dei doveri ed attribuisce dei diritti.

I doveri sono i seguenti : 1) inviare al Re­ gistratore il proprio atto costitutivo, gli statuti, i regolamenti, la lista dei nomi del presidente, segretari, tesorieri ed altri funzionari della Lega. Le Leghe sono completamente libere di assu­ mere il nome (purché non sia già adottato da altra Lega) che vogliono, di adottare quella or­ ganizzazione speciale, accentrata e federativa che desiderano. Esse devono soltanto negli statuti specificare gli scopi dell’ Unione, il modo di com­ pilare, modificare e revocare i regolamenti, lo impiego dei capitali sociali, i tempi ed i modi delle elezioni alle cariche sociali, ecc. ; 2) ogni anno le Leghe devono mandare al Registratore un resoconto delle entrate, spese e stato patri­ moniale della Società, distinguendo le varie spese a norma degli scopi sociali. Copia di questo re­ soconto deve essere inviata ai soci richiedenti. La violazione di queste regole importa il paga­ mento di una multa di 125 lire.

Agli obblighi corrispondono i seguenti di­ ritti : 1) la Lega è rappresentata dai suoi am­ ministratori e può possedere beni mobili od im­ mobili inscritti al loro nome. Non vi è limite alla quantità di beni mobili che può esser pos­ seduta dalle Leghe ; quanto ai beni immobili, la loro estensione non può superare un’ acre, ossia 4000 metri quadrati ; 2) gli amministratori pos­ sono citare ed essere citati in giudizio p er tutto guanto si riferisce ai beiti mobili ed immobili posseduti dalla Lega, ma non per altro, e non possono quindi stare in giudizio per questioni di indole industriale, essere obbligati a pagare multe inflitte ai soci per contravvenzione a re­ golamenti di fabbrica o ad accordi presi tra ope­ rai e padroni, citare in giudizio i soci per ob­ bligarli a pagare le quote sociali, essere citate dai soci a pagare i soccorsi pronessi in caso di sciopero, malattia, vecchiaia, disoccupazione ;

neppure possono essere citate in giudizio dagli imprenditori quando gli operai abbiano violato un patto conchiuso collettivamente dalla Lega e relativo alle condizioni del lavoro; 3) i teso­ rieri delle Leghe sono obbligati a rendere re­ golare conto dei fondi sociali, e consegnare, a richiesta, agli amministratori il patrimonio e le carte sociali. Se il tesoriere trasgredisce ai suoi obblighi, gli amministratori possono farlo citare in giudizio ed ottenerne la condanna alla resti­ tuzione delle somme indebitamente appropriate, ed al pagamento delle spese.

E qui è tutto quel che si riferisce al ricono­ scimento giuridico delle Leghe tra operai in In­ ghilterra.

Le stesse disposizioni furono quasi testual­ mente copiate dai legislatori delle colonie in­ glesi: Canadà, Australia, Nuova Zelanda, ecc. Se ben si guarda, l’ unico intento della legislazione anglo-sassone si è quella di garantire la libertà di associazione, di riconoscere la personalità delle Leghe per quanto si riferisce ai fondi so­ ciali e di proteggerle contro i latrocinii di cas­ sieri, i quali, profittando della inesistenza giuri­ dica delle Leghe, ogni tanto si appropriavano i fondi sociali senza che le Leghe avessero modo di tradurli in giudizio. Ma la legge non crea al­ cuna rappresentanza legale degli operai, nè in genere, nè per singoli mestieri; anzi, in una me­ desima industria possono costituirsi parecchie Leghe fra dimoro concorrenti. La legge non ob­ bliga gli operai ad iscriversi ad una Lega e nep­ pure ad osservare gli statuti della Società in cui si sono iscritti e da cui possono sempre uscire. Le Leghe degli operai possono conchiudere colle Leghe degli imprenditori dei patti relativi alle condizioni del lavoro; ma esse non sono respon­ sabili del loro adempimento e non possono es­ sere costrette a pagare i danni quando gli ope­ rai contravvengono ai patti conchiusi.

La personalità giuridica non è imposta a tutte le Leghe, ma attribuita a quelle sole che lo desiderino. Le Leghe non registrate — e sono molte — vivono all’ infuori delle garanzie con­ cesse dalla legge riguardo all’ amministrazione sociale ed al maneggio dei fondi di cassa. Ma in sostanza questa è l ’ unica differenza veramente importante che le distingue dalle Leghe regi­

strate.

Questo è bene fosse messo in rilievo : che l ’unica forza di cui le Trade-Unions godono in Inghilterra è ancora una forza morale, di fatto. Gli imprenditori contrattano con le Leghe non perchè le possano obbligare a rispettare gli im­ pegni assunti, ma perchè sanno essere le Leghe corpi fortemente costituiti, che mantengono sem­ pre la parola data ed esercitano un’ influenza morale immensa sugli operai in guisa da indurli ad osservare le convenzioni accettate dalla Lega.

(10)

588 L ’ E C O N O M IS T A 22 settembre 1901 Federazioni. Essi possono accumulare fondi ed

impiegarli per gli scopi sociali. Ogni socio può ritirarsi dal Sindacato, nonostante qualunque patto in contrario, pagando la quota dell’ anno corrente.

I Sindacati possono essere consultati quando sorgono controversie sui patti del lavoro. Essi possono prendere parte agli appalti di lavori pubblici del Governo e dei Comuni.

Nel Belgio la legge del 31 marzo 1898 com­ bina insieme le disposizioni delle leggi inglesi e francesi.

In Germania il codice industriale del 1869 garantisce la libertà di associazione. Ma le Le­ ghe operaie non hanno personalità giuridica, non possono possedere, citare ed essere citate in giudizio.

In Austria la legge del 7 aprile 1870 di­ chiara non essere illegali le coalizioni tempora­ nee fra operai allo scopo di migliorare le pro­ prie condizioni. Quanto alle associazioni perma­ nenti!, la legge del 15 novembre 1867 le permette, quando al Governo, caso per caso, ciò sembri conveniente, circondando però tale permesso con condizioni poliziesche, come l’ obbligo di comu­ nicare alle Autorità il nome di tutti i soci, di lasciare intervenire ad ogni adunanza un rappre­ sentante del Governo, ecc. ecc. ; condizioni in­ compatibili in modo assoluto colla libertà di as­ sociazione e di resistenza.

Questa la legislazione vigente negli Stati stranieri rispetto alle Leghe operaie.

* & &

L ’ esempio migliore da seguire è ancora, se­ condo l’ Einaudi, quello inglese, al quale tutti i legislatori dei paesi industrialmente più progre­ diti si sono inspirati.

Come in Inghilterra, le Leghe debbono es­ sere libere di esistere unicamente in fatto, in virtù del principio generale della libertà d’ asso­ ciazione. Quelle fra le Leghe che lo desiderino devono poter acquistare la personalità giuridica, col solo uniformarsi a certi requisiti voluti dalla legge. Questi requisiti devono consistere sopra­ tutto nella pubblicità degli statuti ed atti sociali, dei bilanci annui, ecc. Gli statuti debbono con­ tenere le norme relative alle nomine, alle cariche sociali ed enunciare gli scopi sociali, i quali pos­ sono essere liberamente stabiliti dai soci, purché non siano contrari alle leggi ed all’ ordine pub­ blico. Nessun altro obbligo deve essere imposto alle Leghe, se non si vuole soffocare il movi­ mento operaio con soverche restrizioni burocra­ tiche.

Come gli obblighi, anche i diritti che si do­ vranno riconoscere alle Leghe sono semplicis­ simi: riconoscimento della personalità giuridica col diritto di possedere gli mobili necessari per gli scopi sociali ed una quantità illimitata di beni immobili. Gli amministratori delle Leghe ab­ biano il diritto di citare e stare in giudizio per quello che 3Ì riferisce alla proprietà ed all’ am­ ministrazione dei fondi sociali. Essi siano re ­ sponsabili di fronte ai terzi ed ai soci per gli obblighi imposti dallo statuto, per la esatta te­ nuta dei conti e la sorveglianza sui tesorieri, cassieri ed impiegati sociali.

Le Leghe possano impiegare i fondi sociali per il raggiungimento degli scopi indicati nello statuto, purché non siano contrari all’ ordine pubblico. Possano cioè formare dei fondi per aiutare gli operai in caso di sciopero, di disoc­ cupazione forzata, di malattia, di invalidità, di vecchiaia, di viaggio per trovar lavoro, istituire uffici di collocamento, di conciliazione, ecc. Gli amministratori devono essere liberi di stornare le somme esistenti in cassa da uno scopo all’ al­ tro, a seconda che l’ uno o l’ altro sia più urgente da raggiungere ed i soci non devono poter pre­ tendere un diritto acquisito sui fondi accumulati a scopo di previdenza è mutuo soccorso.

Questi e non altri ci sembra debbano essere i principii informatori della legislazione relativa alle Leghe. Andar più in là sarebbe pericoloso sotto parecchi rispetti.

Noi non crediamo, ad esempio, conveniente che la legge dia norme troppo minute riguardo all’ impiego dei fondi sociali. Chi entra in una Lega sa benissimo che lo scopo principale è quello dell’ innalzamento delle sorti dell’ operaio me­ diante la resistenza. Egli spera che la Società mercè i fondi accumulati possa dargli altresì un sussidio in caso di malattia o di vecchiaia o di disoccupazione volontaria. Ma questa sua spe­ ranza non deve convertirsi in un diritto, poiché può darsi che l’ interesse sociale esiga che tutto il fondo di cassa sia speso in uno sciopero. Dopo la vittoria i soci potranno ricostituire il capitale consumato e dedicarlo ad adempiere gli altri scopi sociali.

Se si facesse altrimenti, le Leghe si conver­ tirebbero in Società di mutuo soccorso pure e semplici. Gli operai inglesi non hanno mai vo­ luto saperne di questi vincoli che avrebbero ri­ dotto le loro mirabili Leghe, — organi di mutua assicurazione in tempo di pace sociale ed organi di resistenza in tempo di lotta, — alla funzione burocratica di distribuire dei soccorsi secondo certe tabelle regolamentari. E ’ da sperare che anche gli operai italiani vedranno il pericolo e sapranno stornarlo.

(11)

Associazioni di operai che volontariamente si riuniscono per migliorare, a volta a volta colla resistenza e colla mutua assicurazione, le proprie sorti.

La legge non deve rendere obbligatoria l’ iscri­ zione degli operai alle Leghe. Chi sappia cosa erano le Corporazioni d’arti e mestieri nei secoli scorsi, i danni da esse arrecati alla economia ed alla produzione, comprenderà senz’ altro l’ im­ portanza di questo nostro asserto. Può sembrare a molti ozioso combattere contro un’ istituzione morta da un secolo. Ma purtroppo vi è chi si il­ lude di fare opera di progresso facendo risor­ gere istituzioni medioevali ; ed è tendenza al­ tresì disgraziatamente diffusa nelle Leghe a volere imporsi, annullando la libertà del lavoro, anche agli operai ribelli all’Associazione. Pretesa assurda che distruggerebbe il fondamento me­ desimo della nostra vita economica.

La legge non deve imporre ai soci di uni­ formarsi alle deliberazioni sociali non relative all’ impiego del fondo della Lega ed alle altre deliberazioni statutarie. Anche questa norma di­ scende dal principio della libertà del lavoro. I soci di una Lega possono, volendo, obbedire ad una deliberazione di sciopero ; ma non debbono esservi obbligati. Il socio deve sempre poter uscire dalla Lega, pagando la contribuzione dell’ esercizio in corso, senza avere alcun di­ ritto ad una parte del patrimonio sociale. Il che è evidente poiché il patrimonio sociale deve servire agli scopi indicati dallo statuto e solo in via indiretta a beneficio particolare dei soci.

Le Leghe non devono avere personalità giu­ ridica per obbligarsi di fron te agli imprenditori a fa re osservare dai soci operai i contratti rela­ tivi al lavoro. Se gli operai vogliono obbligarsi collettivamente di fronte all’ imprenditore ad eseguire un lavoro in un dato tempo, con certe regole, ecc., si costituiscano in Società coope­ rativa ed avranno raggiunto il loro scopo. Ma una lega non deve poter assumere obblighi giu­ ridici riguardo al contratto di lavoro. Altrimenti i fondi sociali saranno posti alla mercè degli im­ prenditori che abbiano voglia di litigare per il non adempimento di certe clausole di un con­ tratto di lavoro conchiuso dalla Lega a nome dei suoi operai. Gli operai inglesi non hanno mai voluto ottenere la personalità giuridica per le loro Leghe in questa senso ; ed hanno fatto benissimo.

A molti potrà sembrare che un riconosci­ mento giuridico con le limitazioni ora ricordate non abbia nessuna importanza. A noi sembra invece — e l’ esperienza è d’ accordo con noi — che solo in tal modo le Leghe operaie pos­ sano diventare un mezzo potente di elevazione sociale.

Prive del diritto di costringere gli operai a seguire i loro cenni, esse dovranno dimostrare coi fatti di essere capaci di procacciare del bene ai loro soci.

Prive della personalità giuridica per quanto si riferisce all’ esecuzione dei contratti di lavoro, gli imprenditori consentiranno a trattare colle Leghe, non perchè sapranno di poter chiedere in Tribunale i danni e gli interessi in caso di inos­ servanza del contratto, ma perchè avranno fidu­

cia che la forza morale delle Leghe sia tale da indurre gli operai a rispettare i patti convenuti. • Il che, quanto giovi a disciplinare e ad educare al concetto del dovere le maestranze operaie non è chi non veda.

Dotate del diritto di possedere, le Leghe che adesso in Italia, colla leggerezza dei gio­ vani e dei poveri, troppo facilmente iniziano scioperi ingiustificati, diverranno prudenti. Gli amministratori di una Lega, forte di decine o di centinaia di migliaia di lire di capitale, riflette­ ranno a lungo prima di azzardare i risparmi fa­ ticosamente accumulati, in uno sciopero, di cui T esito possa essere disastroso. Il che vuol dire che le Leghe faranno quelle sole domande che siano compatibili colle condizioni dell"' industria e siano, per ciò stesso giustificate.

(Rivista (Economica

La valuta austriaca — Le Società di assicurazioni sulla vita in Germania — Cassa-pensio ,i per i medici­ condotti — Monte-pensioni dei maestri elementari — Il commercio e il cambio brasiliano.

La valuta austriaca. — Il giornale officiale di Vienna pubblicò ultimamente un decreto di capi­ tale importanza per le finanze austro-ungariche, co­ stituendo esso l’ ultimo passo per il ristabilimento del corso normale della moneta e per la ripresa dei pagamenti in oro per parte della Banca Austro-Un­ gherese.

Si tratta in questo decreto del ritiro dei biglietti di Stato non specialmente garantiti, emessi nel 1866. Due milioni di fiorini di questi biglietti fu­ rono ritirati dalla circolazione mediante un prece­ dente decreto. Ne rimasero per 112 milioni di fio­ rini, che si tratta ora di fare rientrare definitiva­ mente.

Si sono a tale scopo inaugurate due operazioni, una delle quali deve essere compiuta immediata­ mente : si metteranno prima in circolazione dei pezzi di cinque corone in argento per 32 milioni di fiorini, riscattando altrettanti biglietti di Stato, di guisa che non ne resteranno più che per 80 milioni di fiorini.

Questi 80 milioni, quasi tutti in tagli da 5 fio­ rini, saranno rimpiazzati con biglietti di 10 corone della Banca Austro-Ungherese e saranno garantiti con l’ oro che è stato depositato nei sotterranei della Banca stessa, con questa speciale destinazione.

Questi nuovi biglietti da 10 fiorini saranno emessi dalla Banca in forza di una legge speciale, poiché si sa che il Governo ha il potere di limitare o di allar­ gare secondo i bisogni, la circolazione dei biglietti di 10 corone.

A questo risultato si lavora, può dirsi, dal 1866 in poi, essendosi creduto allora dì poter riprendere nell’anno successivo i pagamenti in ispecie metal­ lica. In quel momento l ’Austria aveva infatti nego­ ziato la sua entrata nella Unione, monetaria latina ; ma la guerra con la Germania e l’Italia fece svanire questa speranza. Poiché mancava allora la circola­ zione monetaria, furono emessi dei biglietti di Stato dai tagli da 1 a 5 fiorini1 a corso forzoso. Il mas­ simo della emissione di questi biglietti era stato fis­ sato a 150 milioni di fiorini ; più tardi lo si portò a 312 milioni per coprire il deficit della guerra. È così che queste vicende monetarie fanno parte della storia politica dell’ Impero.

(12)

590 L ’ E C O N O M IS T A 22 settembre 1901 326,736,205 marchi e le 21 Società mutue 68,127 con­

tratti per 273,121,727 marchi; nell’ insieme 151,565 as­ sicurazioni per 599,857,932 marchi. Nel quinquennio 1896-900 le Società germaniche stipularono tanti con­ tratti ascendenti ad un totale di 2,859 milioni di marchi.

Alla fine dal 1900 le 23 Società per azioni pos­ sedevano 972.317 polizze, con un capitale assicu­ rato di 3,481,793,758 marchi e le 21 Società mutue 843,698 polizze con un capitale assicurato di mar­ chi 3,434,865,379. Nel tutto insieme le somme assicu­ rate presso tutte queste Compagnie alla ^ fine del 1900 ascendevano a marchi 6,916,659,137. Aggiungendo a questo totale quello delle assicurazioni popolari di servizio militare fatte da alcune Compagnie, si arriva ad un totale di 7,700 milioni di marchi.

Tutte queste Società incassarono nel 1900 per premi 276.233,483 marchi. Le loro entrate, accresciute degli altri proventi, ammontarono in complesso a 358,888,741 marchi. Le spese furono : per morti mar­ chi 85,223,579; per capitali e rendite scadute per so­ pravvivenza 47,697,421 marchi; per riscatti di polizze 10.503,303 marchi; per l’aumento della riserva dei premi e dei findi di garanzia 124,272,823 marchi e, infine, per spese generali 31,870,393 inarchi.

La eccedenza totale dell’ entrate sulle spese si ragguagliò, dopo il pagamento di alcuni altri oneri sociali, a 59,299,117 marchi.

Cassa-pensioni per i medici-condotti.

— Creata con la legge del 14 luglio^ 1898, la Cassa aveva, al 30 giugno scorso, un patrimonio liquido di L. 5,936,987, del quale L. 267,592 impiegati in prestiti a Provincie e Comuni; L. 1,359,261 in conto corrente presso la Cassa depositi e prestiti; e, final­ mente, L. 326,517 di contributi materiali e non an­ cora versati alla Cassa.

La differenza di L, 16,383 indica le spese im­ pegnate per amministrazione e saldo di contabilita.

Monte-pensioni dei maestri elemen­ tari. — Alla stessa data del 30 giugno scorso, co- desta provvida istituzione, aveva un patrimonio li­ quido di L. 85,963,042, ed un’ attività patrimoniale di L. 86,161,088, tenuto conto dì L. 201,046 per spese di amministrazione del 2" semestre 1901; per rate ai pensioni non ancora soddisfatte; o, per saldo di contabilità anteriori.

Coleste attività sono costituite da: Prestiti a Provincie e Comuni... Eendita consolidata 5 0|0... Semestre maturato e non riscosso ren­

dita predetta... Conto corrente con la Cassa depositi

e prestiti... ... Contributi maturati e non riscossi, de­

legazioni in corso per contributi ar­ retrati, debiti di Comuni per quote di pensioni a loro carico, ammende

L. » 82,532,608420,480 » 9,114 » 3,987,266 » 214,520 Totale L. 086,160,88 Il Monte è stato creato nel 1878 — Minitro della P. I. il compianto De Sanctis — e con successive leggi del 1887 e 1894 — Ministri Coppino e Baccelli — riordinato e migliorato.

Il commercio e il cambio brasiliano. —

L’ esportazioni dal Brasile durante i primi quattro mesi dell’ anno corrente si ragguagliarono a un va­ lore di 12,x52,577 lire sterline e le importazioni a Ls. 4,943,200; si ha quindi una eccedenza dell’ espor- tazioni di oltre 7 milioni di lire sterline.

La bilancia commerciale del Brasile parrebbe per ciò solo delle più favorevoli; e se, malgrado ciò, il cambio brasiliano è a cosi alto livello,_ se ne deve ricercare la causa unicamente nella crisi del caffè. La produzione abbondantissima di quest’ anno impedisce che il prezzo del caffè possa rialzarsi, li esistita sempre al Brasile una correlazione di­ retta fra il mercato del caffè e il saggio del cambio. Quando il prezzo in oro del caffè si eleva, il grande movimento di esportazione produce l’ aumento ; ma questo movimento ha il suo contraccolpo: il va­ lore del caffè espresso in carta si trova bentosto ridotto, la esportazione si rallenta e il cambio ri­ discende.

In questo momento stesso si può constatare che ogni fluttuazione del cambio corrisponde esatta­

mente al crescente deprezzamento del caffè. Inoltre, bisogna notare che le conseguenze di ciò sono tanto più gravi per il Brasile, in quanto il piantatore^ di caffè lavora in questo momento a perdita. Infatti il poco oro eh’ esso riceve, convertito in milreis carta, gli dà appena di che indennizzarsi delle spese.

Q U E S T I O N I U R G E N T I

Ecco un riassunto dell’ articolo che l’ on. Son- nino ha pubblicato nella Nuova Antologia:

L’ autore sostiene la necessità che il grande par­ tito costituzionale in Italia si organizzi fortemente. Di frotte ai pericoli, a cui può andare incontro la patria, il partito deve scuotere ogni torpore. E la prima e massima sua cura dev’ essere di elevare e purificare se medesimo, specialmente per tutto quanto si attiene al Governo dei corpi locali e delle ammi­ nistrazioni autonome. Sonnino vorrebbe contribuire a concentrare le discussioni del partito sui termini principali dei due maggiori temi che preoccupano oggi 1’ opinione pubblica, cioè la « riforma tributa­ ria » e le condizioni della lotta tra « capitale e la­ voro. »

La riforma tributaria.

Una grande riforma non può, nelle condizioni nostre ristrette di finanze essere condotta a termine in breve tempo ; il punto essenziale è che tutti i passi successivi che sia dato di fare volgano tutti verso uno stesso indirizzo ; ogni singola riforma dev’ essere coordinata a un sistema generale di tra­ sformazione tributaria da esplicarsi gradualmente.

L ’ autore dimostra come le proposte che furono fin qui presentate al Parlamento dell’ attuale Mini­ stero non rispondessero a questa necessità, mentre avrebbero portato un irreparabile dissesto nella finanza locale. Esamina quindi alcuni dei principali difetti del nostro ordinamento tributario ; e cioè :

1. La grave tassazione locale nei Comuni chiusi e specialmente nelle regioni più povere d’Italia, sui consumi popolari di prima necessità. L’ odio del con­ tadino meridionale pel « casotto », ossia per la bar­ riera daziaria, deriva in massima parte dai dazi sui farinacei. Soppressi questi, molte barriere daziarie cadrebbero da sè, specialmente quelle dei Comuni a base di popolazione agricola accentrata, non essen­ dovi più convenienza per le sole altre voci di so­ stenere le forti spese della cinta. Non è possibile spazzare via di colpo o comunque in modo obbliga­ torio le barriere daziarie, senza cadere in inconve­ nienti maggiori, ma la legge dovrebbe facilitare la conversione libera dei Comuni chiusi in aperti, o almeno la riduzione del dazio a poche voci scelte che gravino meno sulle classi povere. ^

2. Altro gravissimo difetto è di' lasciare agli enti locali, sotto la forma di tassa di famiglia o fo ­ catico, e di tassa sul valore locativo, la facoltà d’ imposizione sulla rendita netta complessiva del cittadino, facoltà che dovrebbe essere riservata al solo Stato. L ’attuale sistema è la negazione di ogni principio di giustizia distributiva nei riguardi sia dei Comuni tra loro, sia dei cittadini, e in alcune regioni riesce anche di grave carico alla popola­ zione agricola.

Pare prematura l’ abolizione completa fin da ora di ogni tassa sulla minuta vendita dei farinacei nei Comuni aperti ; — col ridurne la tariffa a un mas­ simo di 2 lire al quintale, se ne rende quasi insen­ sibile il carico alla popolazione, si evita di dissestare gravemente il bilancio di circa 2000 Comuni e si fa­ cilita la trasformazione dei Comuni chiusi in aperti.

Le linee direttive di una riforma pratica do­ vrebbero oggi, secondo 1’ on. Sonnino, essere le

seguenti: _ < . .

1. Abolizione immediata di tutti i dazi locali d’ introduzione sulle farine e sui f rinacei in tutti i Comuni chiusi di terza e quarta classe.

Riferimenti

Documenti correlati

Ci auguriamo che la Commissione dei X V , come volle respingere le disposizioni riguardo alle quote minime, non lasciando inascoltate le nostre Osservazioni, voglia ora

Dopo ciò il Consiglio apprese che lo stesso Se­ gretario della Camera aveva proposto alla Presidenza di farsi promotrice della raccolta di un fondo da e-

Ludwig Stein.. della vita in comune; la seconda contiene una storia della filosofia sociale e la terza espone i principali tratti di un sistema di filosofia sociale.

Se i tre Stati coi quali è più imminente la sca­ denza delle attuali convenzioni chiedessero al nostro paese, p er conservare V attuale regime alle nostre

I canali, i docks, non sono al contrario rap­ presentati che dalle azioni ed obbligazioni di un numero ristretto di imprese, quali i docks delle Indie

Ohi rifletta all’ attuale indirizzo della politica commerciale, alle tendenze che si manifestano ogni qualvolta si avvicina la scadenza di un trattato di commercio

Svizzera e l’ Italia per la linea Bruxelles-Na- mur-Lussemburgo ; alle ferrovie dell’ est e del nord della Francia con le numerose linee delle provinole di

Chiesa che egli non interveniva e non poteva inter­ venire se non in rappresentanza delle Leghe, e di fronte alla non meno recisa dichiarazione degli A r­ matori