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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.09 (1882) n.416, 23 aprile

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GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE, IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno IX - Voi. XIII

Domenica 23 Aprile 1882

N. 416

IL CREDITO FONDIARIO E LE TASSE FISCALI

L ’onorevole Luzzatti parlando pochi giorni or sono nel convegno tenuto a Motta di Livenza dai rappresentanti del Primo Gruppo ') delle Banche popolari ed agrarie, esaminò le gravezze dell’agri­ coltura italiana, i pericoli delle concorrenze ameri- . cane ed asiatiche ed il progetto per I’ abolizione dell’ imposta fondiaria in Francia; — e disse che urge frenare le sovrimposte fondiarie che assor­ bono la proprietà, diffondere potentemente il ere dito fo n d ia rio ed allargare ad ogni forma di ric­ chezza le imposte della provincia che oggi pesano sulla sola agricoltura.

— Lasciando da parte per questa volta gli altri suggerimenti, fermiamo adesso l’attenzione su quello relativo al credito fondiario. — Dei modi più ac­ conci per agevolarne la diffusione abbiamo trattato più volte, ed anco ultimamente esaminando i ver­ bali del Congresso del 1881 e il progetto di legge Berti. (Vedi numeri 409 e 411 dell’ E conom ista). Ci resta da dire di due riforme, una negata dal ministro nella sua Relazione l’altra non presa in considerazione nei precisi termini da noi proposti, le quali vorremmo veder ventilale nella futura di­ scussione parlameutare e vincitrici nella prova del voto.

La prima concerne un alleviamento delle tasse fiscali a favore degli Istituti di credito fondiario che le pagano per abbonamento. Esse sono, per bollo, registro, ipoteca, ecc., di cent. 1S per ogni 100 lire di capitale mutuato, Ma la legge del 1866, creatrice del credito fondiario in Italia, pur stabi­ lendo la detta cifra, prevedeva la possibilità e la convenienza di ridurla dopo alcuni anni, col l’ag­ giungere che i cent. Io potranno essere ridotti a 10 per decreto reale. Cotesto benefico decreto reale a tutt’oggi non fu mai emanato; epperò il Congresso, malgrado l’opposizione del delegato go­ vernativo, espresse il voto ohe il governo si valga finalmente della rammentata facoltà concessagli dalla legge tuttora vigente. — « Alla invocata ridu­ zione della tassa a titolo di abbonamento noi ri­ putammo di non potere accondiscendere. » Così dice il ministro nella sua Relazione al parlamento,

') Il P rim o gruppo italiano delle B anche mutue p op ola ri comprende quelle di Pieve di Soligo, V itto­ rio, Oderzo, Motta di Livenza, Asolo, Castelfranco veneto, Valdobbiadene, Montebelluna, S. Dona di Piave e Conegliano.

ma il motivo che egli adduce non ci pare affatto plausibile. Esso è : « che si sarebbe fatta una condi­ zione di soverchio privilegio ai contraenti col cre­ dito fondiario, di fronte a quelli che ricorrono a mutui ipotecari sotto il regime del diritto co­ mune. »

Tutto l’ordinamento del credito fondiario essendo una deroga al diritto comune, non sappiamo vedere il perchè di tanta ritrosia a muovere sulla stessa via un ultimo e piccolo passo, a far trentuno, come si dice familiarmente in Toscana, già che si è fatto trenta.

Ma anche supposto che il motivo addetto dal mi­ nistro abbia qualche valore, vi è un modo di con­ tentar tutti. Si conceda l’abbonamento ancora ad al­ tri enti che non siano gli Istituti di credito fo n ­ diario. Ecco la nostra seconda proposta, la quale in questi termini non è stata formulata dal Con­ gresso nè accettata dal ministro. Diciamo in questi term in i, giacché il Congresso espresse il voto ge­ nerico ohe le facilitazioni legislative e finanziarie accordato agli Istituti di credito fondiario siano, per quanto è possibile, fatte di diritto comune. Ora il voto del Congresso fu, come dicemmo nei citati numeri del nostro giornale, esplicato dal ministero, nel suo progetto di legge, nei senso di stabilire che « il governo può concedere l’esercizio del cre­ dito fondiario ad a lt r i istituti, i quali dimostrino di possedere un capitale versato non inferiore per ciascuno a dieci milioni di lire. »

Ma da nessuno fu escogitata quella riforma, che a noi sembra così facile ed utile, consistente nell’esten- dere il privilegio dell’abbonamento alle tasse ad altri Istituti oltre gli otto esistenti di credito fondiario.

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Si è loro avvicinato il credito, coll’imporre agli Isti­ tuti la creazione di agenzie — e questo è senza dubbio qualche cosa. Ma bisogna inoltre procac­ ciarlo loro a buon mercato, col diminuire le gra­ vezze fiscali.

In ultima analisi, sono essi soli quelli che le sopportano, e la proprietà stabile tanto più si gio­ verà del credito quanto minori saranno le gravezze imposte dal fisco nella conclusione di ogni contratto di mutuo.

Gli istituti di credito ordinario hanno essi qual­ che titolo, se non di diritto, almeno di merito, per venire parificati a quelli fondiari nel modo di pa­ gamento delle tasse ? Si certo.

In primo luogo se recano aiuto alla proprietà immobiliare, che deve essere oggetto precipuo delle cure del governo, acquistano un merito consimile a quello che valse agli istituti fondiari la conces­ sione di tanti e sì varii privilegi. In secondo luogo, per le operazioni di altra natura che pongono in essere, essi fanno già nelle casse dell’erario gettiti di imposte abbastanza abbondami per poter chie­ dere una riduzione sulle operazioni di mutuo ipo— teèario. Di quest’ullime, che per essere le più sog­ gette a lunghe formalità, in un istituto finanziario dai molti rami di lavoro non sono mai le più nu­ merose, potrebbe crescere alquanto il numero quando, col sistema proposto, crescesse la facilità e la convenienza di compierle. E così neanche l’era­ rio non ci perderebbe, o almeno la sua perdita sa­ rebbe poco sensibile e largamente compensata, nel­ l’economia nazionale, dal benefizio recato alla pro­ prietà.

Pertanto noi vorremmo che il sistema dell’abbo namento venisse esteso agli istituti di credito ordi­ nario pei mutui ipotecari a lunga scadenza. E ciò sia che la tassa agli istituti fondiari venisse ridotta da 15 a 10 contesimi, — restando acquietati in 1 tal caso gli scrupoli del ministro — sia che rima­

nesse quale è oggi. Lo vorremmo anco nel se­ condo caso, avendo già spiegato il perchè ci sem­ bri che gli istituti ordinarli meritino d’ esser pari­ ficati su questo punto agli istituti fondiari.

Finalmente se-si volesse proprio lasciare esistere qualsiasi diversità di trattamento fra gli uni e gli altri, si potrebbe stabilire pei primi l ’abbonamento alla tassa in ragione di cent. 15 per ogni 100 lire di capitale mutuato, e ridurlo a cent. 10 pei se­ condi. Sarà sempre tanto di guadagnato.

La nostra proposta è certamente discutibile. Ma osiamo credere ch’essa meriti almeno l’esame delle persone competenti. Ci auguriamo non manchi chi la raccolga e la introduca fino entro le aule par­ lamentari, ove dovrà discutersi e votarsi la riforma del credito fondiario. Una ragione di più per ap­ provarla sorgerebbe allorquando, come non è per nulla impossibile, i poteri legislativi reputassero troppo ardita quella ministeriale consistente nell’ac- cordare l’esercizio del credito fondiario a tutti gli istituti di credito che posseggano dieci milioni di capitale versato. Respingendo l’innovazione più pe­ ricolosa e di più incerto esito, si potrebbe e do­ vrebbe accogliere quella più temperata ed in­ nocua.

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Contrariamente alle previsioni di molti, alle fatiche di non pochi, e — diciamolo pure, alle speranze già concepite da alcuni in Italia, — il Senato fran­ cese ha approvato con una grande maggioranza il trattato di commercio stipulato tra il nostro Governo e quello di Parigi nel novembre 1881.

Checché se ne pensi, è questo un trionfo delle idee libero-scambiste. Malgrado gli esempi e la in­ fluenza della Germania e della Russia, malgrado le spiccate tendenze deH’Austria-Ungheria; malgrado il rumoreggiare e l’agitarsi in Italia, in Francia ed ili Inghilterra dei protezionisti, essi dovettero su­ bire in pace il voto che assicura alle due vicine nazioni per un decennio una tariffa, la quale pone al coperto le due nazioni dalle influenze malevole degli interessi individuali.

Ed è notevole soprattutto un altro sintomo im­ portantissimo che va manifestandosi in Francia. Si comincia cioè una agitazione, la quale domanda la ripresa delle pratiche per la stipulazione di un trat­ tato coll’Inghilterra. E notevole tale fatto perchè non sono scorsi che due mesi dalla definitiva rot­ tura dei negoziati, ed i rallegramenti del protezio­ nismo erano già stati celebrali. Oggi la reazione sana, logica, fa capolino, e minaccia di prendere il sopravvento.

Lo abbiamo detto altra volta : nessun nemico maggiore ha il protezionismo del protezionismo stes­ so. Perchè i popoli sieno illuminati sui loro veri interessi, perchè apprendano quanti errori di fatto contengano le teorie che predicano l’egoismo nazio­ nale, basterebbe applicare per alcuni mesi il prote­ zionismo: si ucciderebbe da se.

Nè vale citare l’esempio della Germania. Essa subisce aurora un fatale esperimento che le costerà caro; e se è vero che il principe di Rismarck ami veramente il suo paese e non provi il sentimento del puntiglio, crediamo fermamente non lontano il giorno in cui, sconfessando la propria conversione, il principe dirà che si è ingannato e ritornerà an­ cora a quelle idee che non avrebbe dovuto mai abbandonare.

Intanto quei francesi che erano indifferenti e la sciavano gridare ai protezionisti quando si discuteva sulla stipulazione del trattato coll’Inghilterra, oggi che si sentono dal nuovo stato di cose o tocchi o minacciati, parlano alto e comprendono che non è nè patriottico nè logico che gli interessi dei più sieno sagrificati a quelli dei pochi, e che l’egoismo individuale prevalga sul bene generale.

E in Italia? come sarà accolto dalla Camera il trattato italo-franco? — Non vi è difficoltà a pro­ fetizzare che una grande maggioranza nelle due Ca­ mere l’approverà. E ben vero che i protezionisti italiani, hanno menato in questi ultimi mesi un grande rumore, e — sia detto a lode delia loro tenacità — hanno saputo talmente moltiplicarsi da parere in molti; ma non hanno però mossa una sola delle basi sulle quali si fonda il trattato, non hanno saputo esporre una sola ragione contro il trattato, la quale non sia stata seriamente com­ battuta.

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alle proteste più vive contro il trattato. Ma i fatti, colla inesorabile verità delle cifre, vennero in buon punto a tagliar corto ad ogni schiamazzo, dimo­ strando che l’allevamento del bestiame non solo non aveva sofferto, ma aveva potuto nei due mesi 1882, a paragone dei due mesi corrispondenti 1881, rad­ doppiarsi in tutte le voci.

Si parlò anche dei manufatti di lana, di seta e di cotone, e si dimandò che venisse alzata la ta­ riffa per frenare la importazione dall’estero. Ma non risposero i protezionisti, quando si. oppose loro che nelle due domande: ribasso della tariffa sul be­ stiame, rialzo della tariffa sui manufatti, — era una contraddizione flagrante, poichò se noi impedivamo la importazione dei manufatti francesi dovevam o ne­ cessariamente concedere che la Francia impedisse la nostra esportazione agricola. — Non risposero poiché a loro bastava ottenere il plauso dei Co­ mizi e delle turbe, quando a squarciagola chiede­ vano, come se fossimo la nazione più forte del ! mondo, che il governo ottenesse dalla Francia, un ribasso di tariffa per la esportazione del nostro be­ stiame, ed un rialzo di tariffe per la importazione dei manufatti francesi !

Nobile e degno di imitazione fu l’esempio dato in questi dì dalla Camera di Commercio di Milano, la quale non solo in'una sua elaborata relazione, ' confutò molti errori di fatto dei quali si erano ser­ viti aleuni gruppi di industriali per appoggiare la domanda di rejezione del trattato, ma volle anche pubblicamente ed acerbamente stimmatizzare il modo col quale si raccolsero le adesioni dei protestanti contro la convenzione.

Nulla di più facile certamente esaminando, o senza cognizione di causa, o senza voler usare delle cognizioni che si possedono, un trattato, il dire; non approvatelo perchè mi danneggia. E naturale che in un trattato di commercio ogni voce che nella esportazione non porli la esenzione e nella importazione la proibizione, è, per I’ industriale a cui si riferisce, un danno. — Ma la logica ed il buon senso domandano, che si sappia e si dica, a qual prezzo si vorrebbero e potrebbero ottenere le ulteriori concessioni. — E lo ripetiamo ancora; — se noi proibiamo l’entrata di 300 milioni di manu­ fatti che ci manda la Francia, come potremo ven­ dere i nostri 480 milioni di prodotti agricoli che mandiamo in Francia? — Ma a questa semplice domanda non si risponde, e non si risponderà mai.

Del resto noi non abbiamo mai creduto che il trattato di commercio potesse in Italia correr peri­ colo di naufragare; — a parte ogni questione poli­ tica, — sappiamo che pochi sono i protezionisti fra noi, e molti di quelli che forse per convinzioni lo sarebbero, non hanno il coraggio di dirlo, ed af­ fettano con abilità, di dire e non dire e di conservare piena libertà di pensiero.

Per noi adunque la profezia sull’accoglienza che la Camera ed il Senato italiano faranno al trattato non è dubbia. Sarà approvato a grande maggioranza. I protezionisti se la caveranno gridando che fu la ragione politica quella che prevalse.

Continueremo però à leggere quà e là i sibilini articoli di coloro che non sanno o nascondono quello che vogliono. Combattono l’ abolizione del corso forzoso ad ogni occasione e incoraggiano in pari tempo il ministro Magliani, quale ardito noc­ chiero, che però non ha saputo pigliare la buona

strada, e quindi biasimano e lodano, battono e ca­ rezzano ; sistema, buono per ogni evènto. — Stanno in billico tra il bimetallismo ed il monometallismo, e vorrebbero il primo se non volessero il secondo, il secondo se non volessero il primo. — Pongono sul tappeto cento quistioni e nessuna risolvono, perchè il risolverle comprometto l’avvenire. — Vo­ gliono i trattati, il libero scambio ed il protezionismo secondo i giorni ed il tempo che fa. — E così semi­ nano la peggiore delle piante, per un popolo, giovane come il nostro,... l’incertezza delle opinioni, il vago dei concelli economici.

I CONSORZII ESATTORIALI

La legge per la esazione delle imposte dirette da­ tata del 20 aprile 1871 e modificata poi da quella del 30 dicembre 1876, oltre ad autorizzare il Go­ verno a mantenere per un quinquennio le esattorie consorziali precedentemente costituite, dava facoltà ai Comuni di riunirsi in consorzio per provvedere a questo servizio quando l’accordo dei Comuni coin­ teressati riportasse l’approvazione del Prefetto, sen­ tito il parere della Deputazione provinciale. Però al Governo è parso che di cotesla facoltà i Comuni finora non si sieno giovati in larga scala, o almeno quanto avrebbe richiesto 1’ interesse della pubblica amministrazione e quello anche dei singoli contri­ buenti. Difatti attualmente esistono solamente 785 esattorie consorziali che comprendono circa 4000 piccoli' Comuni, mentre si hanno 4 3 1 4 esattorie che servono ciascuna ad un solo Comune od anche ad una frazione sola di uno stesso Comune, come ad esempio, è per Napoli dove funzionano 12 esattorie distinte. Siccome in Italia non vi sono neppure 4000 Comuni con popolazione superiore ai 150Q abitanti così è innegabile che una gran parie di co- teste esattorie autonome sieno di piccolossima im­ portanza. Il Governo desideroso di vedere aumen­ tati nel regno i consorzii esattoriali onde diminuire le piccole esattorie, e vedendo difficile che i Comuni si prestino spontanei alla formazione di cotesti con­ sorzii, nel presentare un progetto per nuove modi­ ficazioni alla rammentata legge del 20 aprile 1871, aveva proposto che il Ministro delle Finanze fosse autorizzato a costituire coattivamente la riunione di più Comuni in una sola esattoria entro i confini del mandamento o del distretto, sulla proposta del Pre­ fetto e sentito il parere della Deputazione provin­ ciale. Ma il Parlamento ha creduta eccessiva la fa­ coltà dimandata dal Governo col detto progetto di legge, parendogli un attentato troppo pericoloso per l’autonomia dei nostri Comuni il lasciare arbitro il Ministero di costituire nuovi consorzii esattoriali an­ che contro la volontà e il parere delle Rappresen­ tanze provinciali e comunali; e quindi la proposta ministeriale venne modificata nel senso che tali con­ sorzii possano costituirsi nei limiti del mandamento anche coattivamente sulle proposte del Prefetto, ma a condizione che le proposte prefettizie riportino il parere favorevole dei Consigli provinciali.

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toriali proposti dai Prefetti delle respettive provin­ cia, e per i quali non si era potuta ottenere l’ade­ sione unanime dei Comuni cointeressati. Dai pub­ blici fogli si rileva che coteste proposte prefettizie hanno incontrato nel seno dei Consigli provinciali una sorte diversa secondo le varie regioni del re­ gno. Nell’ alta Italia i consorzii esattoriali pare che abbiano incontrato favore, non così nelle provincie del centro e del mezzogiorno, nelle quali le propo­ ste dei consorzii coattivi hanno in gran parte incon­ trato il parere ostile delle rappresentanze provinciali. Cotesta diversità di successso si spiega facilmente con le diverse condizioni ed abitudini dei Comuni. Nell’Italia superiore, in specie nel Piemonte e nella Lombardia, i Comuni piccolissimi per territorio e per popolazione sono impotenti a sopperire da per loro ad una gran parte di pubblici servizii, e quindi è per loro cosa abituale il riunirsi in consorzio an­ che per il mantenimento dell’ ufficio comunale, del segretario, e del maestro; tanto meno potrebbero da soli sopperire al servizio di esazione delle imposte. Quindi se alcuni Comuni non si adattano volonta­ riamente al consorzio esattoriale proposto dal Pre­ fetto, è naturale che i respettivi Consigli provinciali ve li costringano col loro parere favorevole, persuasi che coteste speciali riluttanze non possano nascere che da qualche raggiro personale o da altro consi­ mile motivo di cui non debba tenersi conto. Diver­ samente vanne le cose nelle provincie del centro e del mezzogiorno del regno. In questi il Comune pic­ colo sotto i 1200 o 1500 abitanti è rara eccezione; in generale i Comuni appariscono abbastanza estesi da sopportare anche una esattoria distinta, come se­ paratamente provvedono agli altri pubblici servizii; e quindi i Consigli provinciali che conoscono molto da vicino le condizioni locali dei singoli Comuni sono portati più a rispettare il loro desiderio di rimanere autonomi, anche per questo servizio, che a favorire le idee del! autorità governativa per la formazione dei consorzii. In conclusione è facile prevedere che questa istituzione dei consorzii esattoriali obbligatorii nella pratica porterà poche innovazioni all’ attuale stato di cose per il futuro quinquennio, giacché i consorzii si costituivano agevolmente anche in modo facoltativo là dove già esistevano per l’avanti, men­ tre ciò non avverrà che raramente in quelle pro­ vincie nelle quali, per le accennate, circostanze, pre­ domina più spiccato il sentimento della autonomia comunale. Non bisogna poi dimenticare che i Con­ siglieri della provincia sono quasi tutti o Sindaci o Consiglieri comunali, e che in questa veste hanno già, preso parte in seno ai respettivi Consigli comu­ nali alla deliberazione che ha respinto il consorzio progettato dal Prefetto ; quindi si intende come i Consigli provinciali, anche per un riguardo a quei membri che appartengono ai Comuni dissenzienti, sieno inclinati a rispettare il desiderio di autono­ mia di cotesti Comuni.

Ma, tralasciando di parlare delle ragioni speciali che in alcune provincie possono favorire, ed in altre contrariare i progettati consorzii esattoriali, può di­ mandarsi in termini generali se in conclusione ab­ biano maggior ragione il Governo e i Prefetti pro­ movendo i consorzi coattivi, oppure i Consigli pro­ vinciali che ad essi si sono dimostrati decisamente avversi, come ad esempio quelli di Firenze e di Siena, che hanno espresso parere contrario a tutti i consorzi esattoriali proposti dai respettivi Prefetti. —

È innegabile che il Governo ed i Prefetti nel pro­ porre i consorzi, anche in via obbligatoria, sono stati mossi da motivi rispettabili e da ottime intenzioni. Hanno pensato che quanto è più estesa ed impor­ tante l’esattoria e quanto è maggiore il contingente delle imposte da esigersi, tanto più è agevole appal­ tare il servizio esattoriale, con aggio minore e con conseguente vantaggio dei contribuenti. Difatti è stato osservato che per le esattorie consorziali non si sono mai verificati aggi maggiori del 10 per cento, men­ tre per le esattorie locali in alcuni casi si sono do­ vuti subire aggi del 18 e del 19 per cento. Trattan­ dosi di esattorie importanti è naturale che si abbiano concorrenti più serii e quindi garanzie più solide in specie perchè queste vengono controllate dalle rap­ presentanze consorziali non inclinate a soverchia be­ nevolenza verso gli appaltatori, come invece possono esserlo le Giunte Municipali quando si tratta di esat­ tori del paese che debbono-servire un solo Comune. Con.le grandi esattorie è più assicurata la diciplina del servizio e la puntualità dei pagamenti talché si rende assai piu agevole il servizio della Ricevitorìa provinciale e quindi assai minore l’aggio corrispon­ dente. Dato un soverchio numero di piccole esattorie, è più frequente il caso che rimangano vacanti du­ rante il periodo quinquennale o per morte o per fallimento dei respettivi titolari, ed allora resta dif­ ficilissimo il trovare per coleste un nuovo esattore senza vistosi aumenti negli aggi. Per ultimo, nel rac­ comandare i consorzi, il Governo ha avuto di mira di togliere di mezzo certe rilevanti sperequazioni di aggio fra i comuni di uno stesso mandamento e che riescono di incompatibile aggravio per i contribuenti di quel Comune dove la esazione delle imposte in­ contra speciali difficoltà.

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quelle esattorie che sono appaltate ad istituti di cre­ dito od a privati capitalisti che esercitano questo servizio in più Comuni. L’esattoria isolata poi può provvedere molto meglio al servizio della cassa co­ munale in ¡specie pel pagamento dei mandati di pic­ colissime somme che giornalmente vengono emessi dai ¡Municipii per sussidii ed altre spese minute, mentre per mancanza di mezzi difficilmente i piccoli Comuni rurali possono assumere al loro servizio un Cassiere speciale. È vero che coll’impianto di grandi esattorie si hanno concorrenti più serii e più capaci, e quindi è più difficile il vedere deserta la esattoria per fallimento di chi assume questo servizio senza aver ben ponderate le proprie forze e la propria capacità; ma a cotesto argomento è stato replicato che se cotesti inconvenienti si rendono più rari con 1’impianto di grosse esattorie è pur vero che quando si verificassero, il danno che ne verrebbe sarebbe assai più grave ed esteso di quello che oggi segua per il fallimento dell’esattoria di un piccolò Comune. La ragione poi della perequazione dell’aggio fra i diversi Comuni che compongono un dato distretto mandamentale, e che è fra quelle che hanno consi­ gliato il Governo alla costituzione dei consorzii coat­ tivi, è un argomento che può facilmente ritorcersi contro, inquantochè se in un dato Comune per condizioni sue speciali la esazione si rende più diffi­ cile, e conseguentemente si richede un aggio mag­ giore, non pare giusto che si costringano gli altri Comuni contermini a fare società con un cattivo compagno, ed a contribuire con un aggio più elevato al pagamento delle difficoltà che si verificano altrove per la esazione delle tasse.

In conclusione pare a noi che, qualunque sia il valore degli argomenti che consigliarono il Governo a promuovere la costituzione di nuovi consorzii esat­ toriali anche in quei paesi nei quali è più sentito il bisogno dell’autonomia amministrativa, non manchino ragioni per giustificare il voto di quei Consigli pro­ vinciali che non hanno fatto buon viso alle proposte prefettizie per la formazione dei detti consorzii. Non è un culto esagerato per le teorie astratte dell’auto­ nomia comunale e del decentramento che ha mosso i Consigli provinciali a tale diniego, ma piuttosto la •conoscenza intima delle condizioni speciali dei sin­

goli Comuni le quali spesse volte sono tali da far posporre alle tendenze ed alle abitudini locali anche il vantaggio di una lieve diminuzione dell’aggio di esazione.

Noi quindi ci sentiamo sinceramente inclinati ad elogiare su questo proposito l’opera del Parlamento per aver corretto il progetto ministeriale nel senso di subordinare al parere delle rappresentanze elettive provinciali la formazione dei consorzii esattoriali coattivi, senza il qual vincolo sarebbe stato facile il vedere, come pur troppo accade spesse volte, violen­ tate le abitudini, le tradizioni e le condizioni speciali dei singoli Comuni per un malinteso spirito di unifi­ cazione e di accentramento. Nei Comuni della nostra Toscana in speeie, come nelle provincie meridionali, l’ufficio dell’esattore locale che funziona anche come cassiere del Comune è istituzione antica che ha per sè la fiducia della popolazione e che in molti casi sarebbe stato un danno il togliere di mezzo con la istituzione dei consorzii. E molto opportunamente veniva fatto rilevare alla Camera dall’onorevole Vi- socchi durante la discussione di questo progetto che se la legge esattoriale del 1871 venne accolta senza

troppi lamenti nelle provincie meridionali ciò fu ap­ punto perchè si era rispettata l’autonomia delle esat­ torie comunali.

La puntuale esazione delle imposte dirette è ab­ bastanza garantita al Governo dalla istituzione delle Ricevitorie provinciali, e quindi esso non ha poi un interesse troppo diretto nella scelta del modo con cui coteste Ricevitorie incassano le somme da ver­ sarsi nell’erario dello Stato. 11 servizio delle esattorie è cosa che interessa assai più i singoli Comuni che l’ amministrazione centrale, quindi se ai Comuni, controllati in questo dalla rappresentanza provinciale, si lascia un po’ di libertà nella scelta del modo con cui deve provvedersi a cotesto servizio, non ci pare poi che si pecchi di soverchia tolleranza.

LA CAMERA DI COMMERCIO DI TORINO

e il Ministero di Agricoltura e Commercio

Crediamo non senza interesse di riportare la ri­ sposta dell’ on. Berti alla Camera di Commercio di Torino, che gli aveva comunicate le petizioni degli industriali piemontesi ed il verbale della adunanza convocata dalla stessa Camera, in cui esse vennero discusse ed approvate, limitandoci, come alla parte più importante, ai dazi italiàni sui tessuti di lana e ai dazi francesi sul bestiame.

Dopo alcune osservazioni aventi un carattere generale fon. Ministro osserva che nella petizione indirizzata al Parlamento dagli industriali ed operai addetti al l’in d u stria la n iera e connesse non trovò quei larghi ragguagli sulle condizioni attuali del— I’ industria laniera, sul suo movimento nell’ ultimo centennio e sull’ influenza che esercitarono su di essa il regime daziario del 1863 e quello inaugu­ rato nel 1878 che si riprometteva.

Quella petizione accenna ad alcune cagioni d’in­ feriorità dell’industrta nazionale di fronte a quella straniera, come il sistema tributario, la deficenza del capitale, ecc., ma tace del compenso che l’ in­ dustria nazionale trova in altre condizioni di fatto; anzi la petizione cerca di attenuare il valore di queste, allorché vuol dimostrare cha l’industria la­ niera non può giovarsi della forza motrice idrau­ lica, e che l’istruzione professionale non ha potuto ancora dare i suoi frutti.

La petizione combatte il trattato, presagisce quasi una cessazione di lavoro, qualora esso venga ap­ provato, ma non indica quali sono i voti dell’indu­ stria della lana riguardo ai dazi.

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seguenza naturale delle migliorate condizioni econo­ miche del paese.

« La petizione volendo confutare la relazione che precede il trattato, nega che l’industria laniera sia in buone condizioni, ed a dimostrare che invece, va peggiorando, ricorda il ragguardevole aumento delle importazioni straniere durante il 1881.

« Questo argomento non ha il valore che gli at­ tribuisce la petizione. L’aumento delle importazioni del 1881 fu già spiegato nella relazione, e le af­ fermazioni contrarie non potranno mai dimostrare che esso non proceda dal largo raccolto del 1880 e dal maggior consumo cui questo diede luogo, al quale le fabbriche nazionali non erano in ¡stato di provvedere. Ma poiché la petizione toglie gli argo­ menti dalle statistiche doganali, si consenta a me pure di richiamare la loro attenzione sulle statisti­ che dalle quali chiaramente rilevasi che durante il 1881 l’Italia importò 86 milioni di cereali in meno dell’anno precedente. Questa somma, non in­ viata all’estero, pose indubitatamente proprietari e contadini in condizioni relativamente piu agiate da consentir loro di provvedersi con maggior larghezza - di vestimenti, tanto più che l'abbondanza succedeva a più di un’annata di scarsi raccolti.

« La petizione afferma che le fabbriche nazionali nel 1881 lavorarono meno del 1880 p erch è tro v a ­ rono il m ercato inondato d a i p ro d o tti stra n ie ri ; e poi aggiunge che le m aggiori im portazion i av­ vennero nel secondo semestre del 1881. A me pare che queste due affermazioni siano discordi ; in ogni modo dalle notizie raccolte risulta invece che il la­ voro fu costante e copioso. Inoltre le statistiche commerciali dimostrano che nel 1881 s’importarono 22,072 quintali in più e si esportarono 8117 quin­ tali in meno di lana greggia: ed è ancora da ag­ giungere che dall’ ultimo censimento degli ovini si ricava che anche la produzione interna è notevol - mente aumentata.

« La petizione nega che i dazi attuali siano più ele­ vati di quelli in vigore prima del 1 8 7 8 ; ma non dimostra il suo assunto, nè indica in quale pro­ porzione i dazi del nuovo trattato stiano a quella parte del valore dei tessuti di lana sulla quale deve cadere la protezione. Dai calcoli diligenti fatti eseguire da persone tecniche, d’ incontestata com­ petenza, sopra tessuti esteri di uso più comune nel nostro paese, emerge che per quelli di lana petti­ nata la protezione varia dal 10 al 16 per cento e per quelli di lana scardassata va per molte qualità al di là del 20 per cento, e per nessuna al disotto del 12 per cento del prezzo di fabbrica, non coni prese le spese di trasporto, di lamine, diritto di facchinaggio in dogana, commissioni, ece.

« Non ho bisogno di avvertire come le riferite cifre siano ragguagliate al prezzo delle merci ; se poi si raffrontano alla parte di prezzo che rappre­ senta il solo lavoro, la protezione risulta notevol­ mente più forte.

« Una protezione che raggiunge questo limite non potrebbe essere accresciuta senza aggravare eccessivamente i consumatori : non si può quindi sostenere che sia insufficiente e possa nuocere al­ l’industria di cui parliamo, scemare e rendere meno rimunerato il lavoro nazionale. »

Quanto ai d; zi francesi sul bestiame, l’onorevole Ministro così si esprime:

« La questione dei dazi sul bestiame non è stata

ponderatamente esaminata dai nostri Comizi agrari, i quali fondandosi sopra un fatto non nuovo, quale è quello della diminuzione verificatasi nei tre ul­ timi anni nella nostra esportazione in Francia giu­ dicarono che i nuovi dazi rendano più scarsa ancora l’esportazione del bestiame. Anche quando le pre­ messe fossero vere, si potrebbe dubitare delle con­ seguenze che se ne vogliono trarre per l’ industria dell’allevamento, poiché sa ognuno come il bestiame in Italia non ha ancora raggiunto quel numero di capi che i bisogni della nostra agricoltura richie­ dono e proporzionato a quello posseduto dagli altri Stati. Infatti, secondo l’ ultimo censimento del be­ stiame l’ Italia possiede 4,783,232 capi di specie bovina, 8,596,108 capi di specie ovina, 2,016,307 di specie caprina, 1,163,916 capi di specie suina. La Francia possedeva nel 1878 11,766,572 capi di specie bovina, 23,493,845 capi di specie ovina, 1,567,752 capi di specie caprina, 5,710,755 capi di suini. In Italia in 12 anni (dal 1869 al 1881) la specie bovina crebbe di 1,231,020 capi e la specie ovina di 1,210,839. In Francia in due anni, dal 1876 al 1878, la sola specie bovina crebbe dì 427,217 capi. La produzione del bestiame deve trovare lo stimolo al suo incremento nei bisogni dell’ agricoltura. E ciò senza tener conto delle do­ mande dell’alimentazione pubblica, le quali tendono naturalmente a crescere coll’aumento della popola­ zione e colle migliorate condizioni sociali. Occorre ricordare come durante l’ inchiesta industriale del 1871 persone competentissime esprimessero gravi dubbi sulla utilità delle cresciute esportazioni di bestiame verso la Francia; esse temevano che quelle esportazioni, anziché stimolare la produzione, im­ poverissero il nostro capitale riproduttore. Ma, seb­ bene il nuovo censimento paia non giustificare i dubbi esposti, certo è però che il nostro bestiame contribuì a ravvalorare l’industria degli allevamenti in Francia, per cui, nonostante l’aumento, noi siamo sempre meno ricchi di bestiame delle principali na­ zioni e 1’ uso della carne nell’alimentazione è assai minore.

« Ma, a parte siffatte considerazioni, è opportuno esaminare la questione anche sotto altri aspetti. 1 dazi sul bestiame in Francia fornirono più volte argomento a viva lotta tra’ produttori, che si fanno forti degl’ interessi dell’agricoltura, e i consumatori, sorretti alla lor volta dagl’ interessi non meno le­ gittimi dell’igiene e dell’ alimentazione delle classi lavoratrici. Per non rimontare ai tempi anteriori a questo secolo basterà ricordare che la Restaurazione fissava a 3 franchi il dazio sui buoi. Le guerre del primo Impero, e il maggior consumo per l’alimen­ tazione delle armate di occupazione, aveano dato forte impulso all’ importazione straniera; cessate queste cagioni i prezzi ribassarono naturalmente; invece i produttori ne accagionarono la importazione straniera e chiesero dazi protettori.

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brec-23 aprile 1882

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eia nell’eccessiva tariffa francese, ottenendo col trat­ tato del 28 agosto 1843, che i dazi sul bestiame fossero ribassati di un quinto. Questo regime, salvo una leggera riduzione dei dazi sulla specie ovina e caprina, fu confermato a favore del Piemonte nel trattato del 20 maggio 1851. La legge del 16 maggio 1863 diminuì in modo definitivo e generale i dazi alla misura molto mite di cui abbiamo usufruito sinora. Dopo la guerra del 1870-71, crescendo la importazioni, come eran cresciute dopo il 1815 e por le stesse cagioni di allora, si rinnovarono le istanze degli agricoltori per una protezione daziaria. A ciò si aggiunse un’ altra eircortanza, cioè che gli altri Stati elevarono i dazi sul bestiame che ricevono dalla Francia ; quindi la necessità di far cessare questa disparità di trattamento. E questo l’argomento che domina sempre nelle lunghe discussioni inco­ minciate nel Consiglio superiore francese nel 1876, e chiuse davanti alla Camera ed al Senato nei primi mesi del 1881. Davanti al Consiglio il conte de Bouillé diceva: « Les éleveurs français né peuvent « pas admettre que le droit d’entrée en France par « tète de boeuf ne soit que de 3 francs 60, tandis « qu’ils auraient à payer 25 ou 30 fr. eu cas d’expor- « tion. » E davanti al Senato .il relatore onorevole Paris, soggiungeva: « Tous n’avez pas oublié que « l’Allemagne a établi sur les boeufs, sur les taureaux, « un droit de 25 francs par tète; ce tarif subsiste. « Vous vous rappelez que l’ Italie a imposé sur ces « mêmes animaux un droit d’entrée de 15 francs « par tête ».

<t La discussione che ebbe luogo alla Camera ed al Senato francese su questo argomento; le prime pro­ poste approvate dal Senato, e la transazione per cui vennero ridotte alla metà, sono cose troppo note e troppo recenti perchè faccia mestieri di ricordarle ora. L ’impegno assunto di fronte al Parlamento dal Governo francese e senza del quale, forse, i dazi non sarebbero stati accettati dal Senato nella misura at­ tuale, impedirono alla Francia di trattare su questo punto.

« Ciò premesso, il Governo considerando che il trat­ tato poteva risultare nel suo insieme utile agli in­ teressi del nostro paese, prescindendo anche dalla questione del bestiame, continuò le trattative per raggiungere questo scopo.

ì daz'i stabiliti dalla tariffa generale francese del 7 aprile 1881 non possono tornar dannosi alle no­ stre esportazioni. Invero, i dazi in questione raggua­ gliati al valore del prodotto, non eccedono il 3 per cento pei buoi, 1 6 0 pei tori, 2 46 per le vacche, 2 50 pei giovenchi e 1 25 pei vitelli; ed io credo che non saranno questi dazi i quali potranno chiu­ dere agli allevatori italiani il mercato francese che tenevano anche quando i dazi sul bestiame si rag­ guagliavano a più del 10 per cento sul valore e ’l’industria dei trasporti non offriva i vantaggi che si possono ora conseguire da un beninteso sistema di tariffe ferroviarie. Nè occorre di dimenticare che il nuovo onere daziario è stato molto alleviato e in alcuni casi eliminato dalla soppressione dei nostri dazi d’uscita, che erano fissati in una misura elevata. « La diminuzione delle nostre esportazioni in Fran­ cia non ha quel carattere che gli si è voluto attribuire. Pare a me che l’erroneo giudizio si fondi sopra un esame incompiuto e superficiale del fenomeno; im­ perocché esaminando le cifre delle nostre esporta­ zioni di bestiame in Francia dal 1866 al 1880 si

incontrano oscillazioni notevoli, quantunque i dazi siano stati sempre gli stessi.

« Prendiamo a confrontare soltanto le cifre dei buoi, sia perchè è l’articolo più importante, sia perchè le osciliazioni si mantengono press’ a poco le stesse anche per le altre specie.

« L ’esportazione di buoi in Francia fu di 19,572 capi nel 1863 e di 16,000 e 15,000 nei due anni seguenti; nel 1866 crebbe a 18,651 e nel 1867, tutto d’un tratto, si elevò a 52,000 circa. Nel 1868 l’esportazione cominciò a declinare, sino a scendere a 18,000 capi nel 1870. Nell’anno 1871, nuovo e sorprendente periodo di svolgimento, che raggiunse il limite, non raggiunto sino allora, di 64,700 capi. Nei quattro anni seguenti succede un periodo di decadenza; cioè 51,000 capi nel 1872. 42,000 nel 1873, 19,000 nel 1874 e nel 1875. Dal 1876 al 1879, altro periodo ascendentale, da 19,000 nel 1875 si salta a 46,0000 nel 1876, poi a 72,000 circa nel 1877 ed a 79,000 nel 1878. Dopo co­ mincia di nuovo la decadenza ; si scende a 50,000 nel 1879, a 37,000 nel 1880, o nell’ anno 1881 forse non si giunge a 30,000. Queste cifre dimo­ strano eloquentemente che il commercio del b e­ stiame fra l’Italia e la Francia, avendo stretta atti­ nenza colle vicende della produzione e del consumo, segue le leggi di questi due fatti, che ne determi­ nano l’accrescimento o le diminuzioni, il dazio esercita una influenza pressoché nulla sulle espor­ tazioni, tranne il caso in cui sia così elevato da reagire sui prezzi, e conseguentemente sul con­ sumo.

« La nostra esportazione di bestiame in Francia è, pertanto, in ragione inversa della produzione ed in ragione diretta del consumo di quella nazione. La dimostrazione di ciò si ha dalle cifre stesse sopra ricordate. Così, a cagion d’ esempio, lo sbalzo da 18,000 capi nel 187Ó a 64,700 nel 1871 corri­ sponde alla diminuita produzione in causa della guerra ed all’accresciuto consumo pel mantenimento delle armale di occupazione (come nel 1816) ; e i considerevoli aumenti del 1867 e del 1878 coinci­ dono cogli eccezionali consumi in occasione delle due esposizioni universali, non solo pel grandissimo numero di stranieri che esse fecero convenire in Francia, ma eziandio pei maggiori salari che ot­ tennero in quei due anni le classi lavoratrici. E se avessimo esatte statistiche, io potrei far vedere come il declinare delle nostre esportazioni di bestiame in Francia trovi sempre le sue ragioni nella diminu­ zione della produzione locale, od in subitaneo al­ largamento di consumo.

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elevava di oltre 5 punti, e d ’ esportazione continuò a decrescere di 13,000 capi. Nel 1874 l’ aggio era ancora ad un limite molto alto, a 42 25 percento, e ciò nondimeno l’ esportazione diminuì di più della metà di quella che era stata nel 4873, cioè f i mi­ nore di 11,000 capi dell’ esportazione del 1849 in cui l’aggio era del 5 94 per cento. Invece, nel 1875 l’aggio diminuì di circa 4 punti, da 12 25 a 8 27, e l’esportazione crebbe di oltre 5000 capi. Nel 1876 l’aggio era quasi eguale a quello del­ l’anno innanzi (8 47) ed invece l’esportazione quasi si raddoppiava, cioè da 27 a 48,000 capi. Nel 1877 l’aggio era aumentato di 1 16 per cento (9 63), e l’esportazione raggiungeva le cifre di 75,514, su­ perando perciò di 30,000 capi l’ esportazione del 1873 allorché l’aggio era al 14 25 per cento. Nel 1878 l’aggio diminuì di 21 centesimi (9 42) e l’e­ sportazione invece si elevò al piu alto limite di tutto il periodo di 18 anni, cioè a 85,452 capi. Nel 1879 l’aggio era salito ad 11 19 per cento e l’ e ­ sportazione cominciava, per contrario, a declinare, diminuendo a 58,014.

« Il Comizio agrario teme che i nuovi dazi sul be­ stiame, non essendo stati iscritti nel trattato, pos­ sano essere elevati ancora di più : occorre innanzi tutto avvertire che i dazi sul bestiame non furono neppure iscritti nel nostro trattato del 1863. La Francia ha sempre voluto conservare la libertà di tariffa per queste voci ; ed infatti dal 1816 sin oggi non fece che due eccezioni a questo principio : la prima a favore del Piemonte nei trattati del 1843 e 1851, e nel 1866 a favore del Portogallo nel cui trattato furono vincolati solo i dazi di 3,60 pei buoi e di 30 centesimi pei porci, e noi profittiamo an­ cora di questo vantaggio.

« La libertà di tariffa, dunque, non è nuova, ed è agevole snpporre che la Francia non avrebbe ab­ bandonato questo sistema, dirò quasi tradizionale, nel momento in cui le sue preoccupazioni per le sorti dell’agricoltura erano maggiori. Del resto nulla giustifica il timore che essa possa accrescere questi dazi ; invece si hanno non poche ragioni per rite­ nere che il timore non ha fondamento. Le dichia­ razioni dei negoziatori francesi chiariscono come la libertà di tariffa rispetto a questi dazi non sia stata mantenuta col proposito di rincarare i dazi medsimi ad ogni richiesta dei produttori. D’ altra parte, le migliorate condizioni degli allevamenti francesi ren­ dono meno esigenti di protezione gli agricoltori, mentre i bisogni dell’alimentazione delle classi lavo­ ratrici agiranno sempre contro ogni proposta intesa a rincarare di nuovo i dazi sul bestiame. Vi ha poi anche la considerazione di non dubbio valore, che essendo vincolato il dazio di 3 franchi sulla carne macellata, il quale è stabilito in giusta proporzione col dazio di 15 franchi sui buoi, l’aumento di que­ st’ultimo dazio rimarrebbe senza effetto pratico per­ chè farebbe aumentare l’ importazione della carne macellata.

« Io confido che queste spiegazioni persuaderanno il Comizio agrario che le apprensioni da esso ma­ nifestate non hanno ragione plausibile. Io nutro molta fiducia nell’operosità dei nostri allevatori, e son certo che sarà loro agevole di vincere il momentaneo tur­ bamento che, per avventura, potesse produrre il nuovo regime daziario. Il Governo, che ha dato prova del suo buon volere a loro riguardo, abolendo i dazi d’uscita, non mancherà di far opera perchè l’espor­

tazione del bestiame sia agevolata per mezzo di al­ tri equi provvedimenti.

« A questo proposito mi è grato di annunziare alla Camera di commercio che, di concerto col ministro dei lavori pubblici, tenero quant’altro mai degli in­ teressi economici del paese, si sta compilando una nuova tariffa pel trasporto del bestiame, tale da dare soddisfazione ai voti più volte manifestatimi dai no­ stri esportatori. •

Le Società cooperative in Germania

È stata recentemente pubblicata la relazione an­ nuale fatta dal sig. Schultz-Delitsch all’assemblea ge­ nerale delle Società cooperative germaniche per l’anno 1880. Da quella pubblicazione apprendiamo che alla fine dell’anno suddetto esistevano in Ger­ mania non meno di 3250 società cooperative divise come segue :

1895 società di credito popolare.

674 società di produzione di ogni specie indu­ striale, agricola e commerciale.

642 società di consumo. 36 società per costruzioni.

Se si prendono ad esaminare queste cifre, non si può a meno di riconoscere che dal punto di vista del credito indicano uno sforzo considerevole dal quale sorgerà se non è già sorto un progresso reale nelle risorse e nelle condizioni delle classi popolari. Sopra le 1895 società di credito popolare, 906 ave­ vano inviato il loro bilancio all’assemblea generale: esse contavano 460,500 membri e avevano fatto prestiti nel 1880 per mille ottocento milioni. Il ca­ pitale azioni di queste 906 società era rappresen­ tato da 136 milioni e il capitale imprestato (depo­ siti e conti correnti) ascendeva a 455 milioni. Così queste diverse piccole società mobilizzarono nel 1880 585 milioni con l’aiuto dei quali Taggiunsero una cifra effettiva di affari per circa due miliardi. Ecco adunque il credito popolare organizzato e svilup­ pato nella sua più vera espressione. Infatti esso vien costituito 1° dal risparmio che è il capitale azioni, 2° dalla fiducia che esso ispira che è il ca­ pitale prestato; e infine esso è giunto a compire la sua vera missione che è quella di prestare agli ope­ rai che non hanno capitali, ovvero che non pos­ siedono che capitali insufficienti.

Fra le società di produzione in rapporto imme­ diato con le Banche popolari, figurano 92 società di produzione agricola, 131 di produzione indu­ striale, e 53 di produzione commerciale. Yi sono anche in Germania 142 società di produzione per l’acquisto in comune di macchine agricole, e del bestiame da lavoro.

Le società di consumo, quasi tutte istituite nelle città, sono meno numerose e meno prospere che in Inghilterra. In Germania le Banche popolari e le società di produzione sono quelle che hanno preso maggiore sviluppo, mentre in Inghilterra sono le società cooperative di consumo.

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23 aprile 1882

L ’ E C O N O M I S T A

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Ciò che meglio si addice alla cooperazione è la produzione agricola, segnatamente la produzione svariata: il vino, la seta, il grosso bestiame, il latte e tutti i frutti come si verifica in Italia, Spagna, Francia e nella Germania del sud; ed anche.quella parte della produzione industriale ove l’abilità, il gusto, e il modo di fare dell’oporaio prevalgono al­ l’attività meccanica. Al contrario le società di con­ sumo sono destinate a svilupparsi nei grandi centri manifatturieri e nelle miniere ove il lavoro mecca­ nico è lo scopo dell’operaio.

Quanto alle Banche popolari esse fanno il più grande onore alla Germania e attestano il progresso della sua civiltà. L ’uomo che risparmia e che pre­ ferisce far movere i suoi capitali anziché tesaurizzarli, o comprarsi un lembo di terra come fa l’irlandese, è un uomo civilizzato.

LE STATISTICHE COMMERCIALI

In una delle ultime riunioni della Società Stati­ stica di Londra il Sig. Robert Giffen, capo del servizio statistico del « Board of Trade » ha letto un lavoro interessantissimo intorno alle basi sulle quali è sta­ bilita la statistica commerciale dell’Inghilterra. L ’au­ tore ha dimostrato che è quasi materialmente im­ possibile di ottenere dei dati assolutamente esatti, e di seguire in tutte le sue trasformazioni ed evo­ luzioni il movimento commerciale sia che si tratti di importazione, di esportazione o di transito. E al tempo stesso egli ha dimostrato che gli errori i più sovente inevitabili di questi lavori officiali, si com­ pensano e si annullano allorché si valutano nel loro insieme, e che le stesse cause dell’errore producendo ciascun anno i medesimi resultati, il confronto delle statistiche è del tutto sufficiente per rendersi conto deile variazioni generali del movimento degli scambi.

Si è discusso con ardore in Inghilterra, come presso le altre nazioni sulla questione della bilancia commerciale, e sulla eccedenze dell’importazione sull’esportazione, che molti considerano conte indizio d’ impoverimento dei paesi. Il Sig. Giffen non divide questa opinione, e si è sforzato di dimostrare che l’equilibrio in apparenza turbato esiste ed è ristabi­ lito da altri elementi di cui la statistica non tien conto, e che non può cifrare in modo assoluto, ma di cui gli effetti sono reali, permanenti, indiscutibili- Così, per esempio, in nessuna parte delle statistiche commerciali si fa menzione dei resultati ottenuti sotto forma di profitti marittimi. Il capo della statistica inglese ha voluto veder chiaro su questo punto, e ha proceduto allo spoglio dei numerosi rapporti delle Società marittime d'armamento, delle Società di as­ sicurazione, ecc. ecc. per raggiungere un coefficiente applicabile all’industria marittima. Le ricerche sono interessanti e meritano di fermare l’attenzione. E c ­ cole: il Sig. Giffen ritiene che ¡profitti dellamariua inglese debbano essere classati sotto cinque rubriche : i salarj, le spese di vettovagliamento e forniture di viveri, l’assicuraz one, le riparizioni e i benefizi del­ l’industria. Così i salarj per i legni a vela rappre­ sentano una sterlina e uno scellino per tonnellata, e due sterline per i piroscafi; il rivettovagliamento 11 scellini per tonnellata a vela e una sterlina e

10 scellini per tonnellata a vapore; l’ assicurazione valutata a 7 1[2 per cento su di un valore medio di 10 sterline per tonnellata a vela, raggiunge 15 scel­ lini annualmente per tonnellata, e per i piroscafi il cui valore medio è di 23 sterline per tonnellata rap­ presenta ciascun anno una lira sterlina, 17 scellini e sei denari; le riparazioni sono valutate a una sterlina, e 5 scellini per i legni a vela e a 3 sterline e 15 scellini per i legni a vapore e finalmente i profitti sono calcolati a una sterlina, e 5 scellini per i legni a vela, e a 3 sterline, 2 scellini e 6 denari per i legni a vapore il tutto per tonnellata e per ciascun anno. Partendo da qpesti dati, e applicandoli al tonnellaggio della marina mercantile britannica, 11 Sig. Giffen dimostra che i salarj segnano nell’avere dell’ Inghilterra 61,500,000 sterline; il rivettovaglia­ mento 6,500,000; le assicurazioni otto milioni, le riparazioni quindici milioni, e i benefizi 13,500 mila in tutto 52,500,000 sterline. A queste somme bi­ sogna aggiungere le spese dei porti fatte in Inghil­ terra per la marina cioè 4 milioni di sterline; i carboni presi in porti inglesi per i piroscafi che partono dall’Inghilterra 2 milioni di sterline; le ri­ parazioni e le spese fatte per i bastimenti di nazio­ nalità straniera 1,500,000 sterline all’anno e così un totale definitivo di 60 milioni di sterline che equi­ valgono a 150 milioni di franchi. Questi 150 mi­ lioni, dice il dotto statistico, devono essere contati all’attivo nella bilancia commerciale, e tolti dalla cifra che rappresenta l’eccedenza dell’importazione. E si aggiungano se si vuole all’ esportazione.

Egli opina egualmente che si deve teuer conto, nello stabilire la bilancia, dei profitti ottenuti nel movimento commerciale d’importazione sotto la forma di commissioni, e di profitti diversi. Applicando que­ ste valutazioni alla statistica commerciale, il Sig. Giffen dimostra che l’eccedente delle importazioni, che non è che apparente per i cinque anni dal 1875 al 1880 indicato dalla statistica doganale nella cifra di 240 mi­ lioni di sterline, deve essere diminuito di 144 mi­ lioni di sterline per i titoli più sopra notati; e così l’eccedenza viene ad essere approssimativamente r i ­ dotta a 96 milioni di sterline.

Nel lavoro del sig. Giffen abbiamo trovato un fatto che merita di essere menzionato. L ’egregio statistico ha ricercato quale è stato lo sviluppo non già ap­ parente ma reale della marina mercantile inglese in 40 anni cioè dal 1840 al 1880, e chiama sviluppo reale non già il tonnellaggio dei piroscafi, ma l’equi­ valente di questo tonnellaggio con quello a vela. Ecco questa statistica curiosa sotto più di un titolo.

Nel 1840 vi erano in Inghilterra 2,637,000 ton­ nellate a vela e 87,000 tonnellate a vapore equiva­ lenti a 348,000 tonnellate a vela, calcolando ogni tonnellata a vapore per 4 a vela; nel 1850 3,-536,000 tonnellate a vela, e 168,000 tonnellate a vapore equi­ valente a 6 7 2,000; nel 1860, 4,134,000 tonnellate a vela e 432,000 tonnellate a vapore equivalenti e 1,808,000 tonnellate a vela; nel 1870 4,506,000 a vela e 1,111,000 a vapore equivalenti a 4,444,000 tonnellate a vela e nel 1880 velieri tonn. 3,790,000 e piroscafi tonnellate 2,720,000 equivalenti a ton­ nellate 10,880,000. Cosicché la potenza della marina inglese, vela e vapore riuniti, ha seguito in 40 anni il seguente progresso :

1840 : 2,985,000 tonnnellate Aumento 1 8 5 0 : 4 o08,000 » 3 0 per cento

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1 8 7 0 : 8,950,000 » 50 per ceni*

1 8 8 0 : 14,679,000 » 64 »

Questo ragguardevole sviluppo ha contribuito in larghissima misura al p rogresso delle importazioni in Inghilterra.

LA MARINA MERCANTILE ITALIANA

Il comm. Randaccio Direttore Generale della Ma­ rina Mercantile ha recentemente pubblicato una sua relazione sulle condizioni della nostra marina mer­ cantile alla fine del 1881.

Apprendiamo da essa che l’effettivo della marina mercantile al 31 decmhre 1881 presenta confrontato con quello del 1880 una diminuzione del 2.07 per 0(0 sui bastimenti e dell’ 1.02 per 0j0 sul tonnel­ laggio, poiché, mentre alla fine del 1880 si conta­ vano 7980 bastimenti di 999,196 tonnellate (7822 a vela di 922,146 toni), e 158 a vapore di di 77.050 tonn.) alla fine del 1881 si contavano 7815 basti­ menti di 989,057 tonnellate (7639 a vela di 895,359 tonn. e 176 a vapore di 93,698 tonn.)

Tale diminuzione è in totale di 165 bastimenti e di 10,139 tonnellate, perchè mentre da una parte si eliminavano dalle matricole 592 bastimenti e 51,229 tonnellate, dall’altra parte venivano inscritti sulle matricole medesime 427 bastimenti e 41,090 tonnellate.

Fra i tolti dalle matricole si comprendono 155 velieri demoliti, 141 naufragati o scomparsi, 9 in­ cendiati, 58 venduti a stranieri, 196 passati al re­ gistro dei galleggianti e 21 per duplicazione d’in­ scrizione o per accertamento d’ insussistenza, più 2 vapori demoliti, 5 venduti a Stranieri e 5 passati al registro dei galleggianti.

Dei 141 naufragati 67 di 3093 tonnellate si per­ dettero sulle coste nazionali con 41 persone, mentre 48 di 19,424 tonnellate naufragarono o furono di­ strutti da incendio sulle coste estere, e 35 di 10,903 naufragarono o scomparvero o furono distrutti da incendio in allo mare colla perdite di circa 270 per­ sone, quasi tutte nazionali.

Tra i bastimenti cancellati sono compresi i se­ guenti che si credono perduti perchè non se n’ ebbe più notizia dopo l'ultima partenza, cioè: M a ria L u isa, E osasco, F a m ig lia , Em anuele B ., C aterina, G iuseppe F a sce, E roe, A lba, G iuseppina Coccurullo, T re, R osin a G. G irolm ina, Nuovo San Vito, San­ t’Angelo, T re F ra telli.

Aggiunti alle matricole si ebbero 210 velieri co­ struiti sui' cantieri nazionali, 55 acquistati da stra­ nieri e 132 provenienti dal registro dei galleggianti ; più 7 vapori costruiti sui cantieri nazionali, 6 co­ struiti all’estero, 15 acquistati da stranieri e 2 pro­ venienti dal registro dei galleggianti.

Nello stesso anno 1881 si sono varati dai can­ tieri nazionali 228 bastimenti di 12,221 tonnellate lorde e 11,356 tonnellate nette di registro, cioè 218 velieri di 10,994 tonn. nette e 10 vapori di 362 tonn. nette, del valore approssimativo di L. 3,161,095, cioè 1,646,650 lire per gli scafi e 1,514,445 lire per gli attrezzi.

Effettivamente però la diminuzione si verificò nel solo materiale a vela che da 7822 bastimenti di

922,146 tonn. scese a 7639 di 895,359 tonn., di­ minuendo cosi di 183 bastimenti e 26,787 tonn., cioè del 2.34 0|0 sui bastimenti e del 2.99 0|0 sul onnellaggio.

Sono - invece aumentati i vapori che da 158 di 77,050 tonn. nette salirono a 176 di 93,698, aven­ dosi così un aumento di 18 vapori e 16,648 tonn. 1 vapori costruiti od acquistati all’estero sono i seguenti : Amedeo, A rchim ede, A rdito, B arion , C a­ la b ria , Cam illa, F a r o , F iera m o sea , Genova, G iava, In iziativa, In d u striale, Jo n io , M ilan o, M aria, M es­ sico, P a lm a ria , P ertu sola, R isveglio, R egin a M a r ­ gherita, Z oagli.

1 176 vapori di 93698 tonnellate nette erano in­ scritti nei seguenti compartimenti :

Genova 77 vapori di 48479 ton., Palermo 56 di 37,057, Livorno 8 di 2646, Bari 8 di 2405, Savona 1 di 1261, Napoli 13 di 1010, Venezia 2 di 220, Spezia 2 di 156, Civitavecchia 2 di 140. Rimini 1 di 123, Castellamare 2 di 119, Porto Mau­ rizio 1 di 49, Porto Ferraio 3 di 33.

Di stazza superiore a 1500 tonnellate si hanno soltanto 8 vapori, mentre 29 sono di 1001-1 5 0 0 ton., 7 di 90101000, 8 di 801-900, 9, di 7 0 1 - 8 0 0 , 6 di 6 0 1 - 7 0 0 , 5 di 5 0 -1 6 0 0 , 13 di 4 0 1 - 5 0 0 , 13 di 3 0 1 - 4 0 0 8 di 2 0 1 - 2 0 0 , 13 di 1 0 1 -2 0 0 , 15 di 5 1 - 1 0 0 e 42 minori di 51 tonnellate.

Di costruzione inglese si hanno 117 vapori di 85,509 tonnellate nette con macchine della forza di 27,124 cavalli nominali.

Di costruzione italiana 41 vapori di 6201 ton. e 2502 cavalli nominali.

Di costruzione francese 10 vapori di 1234 ton. e 699 cavalli nominali.

Di costruzione austro-ungarica 4 vapori di 411 ton. e 150 cavalli.

Di costruzione ignota 4 vapori di 343 ton. e 193 cavalli.

E bene avvertire che tutte le cifre fin qui espo ste riguardano soltanto i bastimenti muniti di atto di nazionalità, cioè addetti alla navigazione di lungo corso, al grande ed al piccolo cabottaggio ed alla pesca illimitata, la statistica non essendosi punto oc­ cupata dei bastimenti addetti al traffico costiero ed alla pesca limitata.

Ecco alcuni dati riflettenti la nostra marina mer­ cantile il cui effettivo ripartivasi nel 1881 fra i se­ guenti compatimenti:

Bastim enti a vela.

(11)

23 aprile 1882

L’ E C O N O M I S T A

267

Pizzo. . . » 95 Ton. 1,522

Taranto. . » 34 » 804

Maddalena . . . » 23 » 492

Ni 7639 Tonn. 895,359

In ragione di portata questi 7639 velieri sono classificati come segue :

di tonnellate 1001 a 1200 N. 17 Tonn. 18,199 901 » 1000 » 35 » 34,111 801 » 900 » 61 » 52,339 701 » 800 » 101 » 74,170 601 » 700 » 115 » 85,293 501 » 600 » 233 » 129,339 401 „ 500 » 366 » 167,947 301 » 400 » 263 » 92,970 201 >» 300 » 236 » 60,354 101 » 200 » 361 » 52,523 51 » 100 » 695 » 5 ,765 31 » 50 » 789 » 31,415 11 » 30 » 1913 » 32,159 1 » 10 » 2434 » 14,068

N otizie economiche e fin a n z ia rie

Il 17 corrente riunivasi in Roma la commissione per l’abolizione del corso forzoso. Il segretario Rossi dava lettura di una dettagliata relazione sull’ appli­ cazione che ebbe finora la legge 21 aprile 1881. Furono esaminate e approvate le forme dei nuovi biglietti di scorta da lire 250 e da 100. Fu costa­ tato che l’operazione del prestito procede molto re­ golarmente, e che nella somma complessiva che rappresenta quasi 300 milioni già realizzata, 1’ oro figura per 7|8 e l’argento per 1(8.

— Le strade ferrate dell’Alta Italia hanno deli­ berato di ridurre la tariffa di' trasporto dei concimi. — Il Ministro di agricoltura ha preparato il pre­ getto per la concessione del draw back alle industrie che impiegarono il sale come materia prima.

— Nel prossimo settembre si effettueranno le estrazioni arretrate dal 1873 al 1882 di 27,506 ob­ bligazioni romane poi 3225 annue fino all’estinzione. — Si afferma che la Commissione per l’ aboli­ zione del corso forzoso si limiterà ora ad approvare il nuovo! tipo del biglietto di 100 lire.

— I prodotti gabellari fruttarono al Tesoro, nel mese di marzo scorso lire 35,127,298, vale a dire lire 1,443,083 in più del periodo corrispondente nell’anno 1881..

Le tasse sugli affari produssero lire 12,353,840, ossia lire 680,438 in più del marzo 1881.

Finalmente il macinato produsse lire 3,818,963 ovvero lire 374,585 in più del periodo corrispon­ dente dell’anno scorso.

Totale : maggiori introiti erariali nel marzo 1883 in paragone del marzo 1881 lire 2,497,906.

— Il Consiglio di amministrazione della Società italiana di navigazione (Rubattino e Fiorio) deliberò il pagamento del coupon maturato al 31 decembre scorso in I.. 10,50 per azione a datare dal 1° mag­ gio prossimo.

— Il prodotto netto della Regia de’T, bacchi per l’anno 1884 ascende a L. 112,000,000.

— Nel corrente anno si avrà una maggiore spesa di L. 490,000 per le commissioni nei pagamenti all’estero delle nostre rendite consolidate.

— Il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti hanno già approvato i progetti del nuovo regola­ mento e dei capitoli normali da osservarsi nella concessione delle esattorie nel quinquennio 1883- 1887.

— L ’ on. Ministro del commercio in una lettera inviata al Presidente della Camera di Commercio di Torino confuta le petizioni degli industriali pie­ montesi contro il trattato franco italiano, e quelle sottoscritte in altre provincie. L ’on. Ministro dichiara che l’esame da lui fatto lo convinse, essere parec­ chie petizioni basate su errori di fatto, ed altre, non sostenute da valide ragioni.

— La Camera di Commercio di Napoli ha pub­ blicato il Bollettino biennale del movimento econo­ m ico della p rov in cia. In esso sono riportati tutti i dati relativi al movimento bancario, commerciale marittimo e ferroviario verificatosi nel bilancio 1879-1880. Adesso si stanno preparando i dati del 1881 che verranno pubblicati verso la metà del­ l’anno in corso.

— Le stanze di compensazione di Genova già autorizzate dal Governo si sono definitivamente co­ stituite e daranno quanto prima principio alle loro operazioni. Ne fanno parte il Tesoro dello Stato, la Banca nazionale, la Cassa di sconto, la Cassa gene­ rale, il Credito mobiliare, la Cassa di risparmio, la Banca di Genova, la Banca provinciale, il Banco sconto e sete, la Cassa marittima, il Banco sconti e riporti, la Banca popolare e la Cassa di risparmio.

— Il commercio italiano nel primo trimestre del 1882 fu di 305 milioni all’ importazione e di 290 milioni all’esportazione.

— Fu concordato fra il Ministero del Tesoro, la Banca nazionale del Regno e gli assuntori inglesi del prestito italiano un espediente per contentare fin dove è possibile, la demanda degli assuntori in­ glesi d’ ottenere rendita sotto una forma speciale. Si fa intestare la loro rendita alla Banca nazionale col vincolo agli assuntori, e si rilasciano poi dei certificati speciali colla firma della Banca.

In tal modo essi possono fruire di tutti i bene­ fizi’! della rendita nominativa, conservando anche il diritto di poterla, in certi limiti e sotto certe con­ dizioni, negoziare come rendita al portatore.

— Si studia di facoilizzare i detentori di rendita al portatore a cambiarla in nominativa colla sem­ plice spesa del bollo.

— Diamo il prospetto delle vendite dei beni im­ mobili pervenuti al Demanio dall’Asse ecclesiastico, come è pubblicato dalla G azzetta U fficiale dell’ 11 corrente :

Epoche Num.

dei P r e z z o

delle vendite lotti d’asta d’ aggiudica­ zione Nel marzo 1882 . . . 268 363,732 47 416,213 60 Nei mesi precedenti. . 388 661,560 54 790,993 68 Nell’anno 1882. . . .

Dal 2G ottobre 1867 a 636 1,025,293 01

1,207,213 20 tutto il 1 8 8 1 . . . . 136993 440,477,965 41 534,510,906 98 Totale dal 26 ott. 1867

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