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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.09 (1882) n.408, 26 febbraio

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G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, IN TER ESSI P R IV A T I

Anno IX - Yol. XIII

Domenica 26 Febbraio 1882

N. 408

L ’AGGIO ED IL CAMBIO

Il mantenersi ad un tasso abbastanza alto dell’ag­ gio sull’oro, preoccupa fortemente l’ opinione pub­ blica por ragioni di ordine diverso.

1 negozianti, primi di tutto, si sentono offesi nei loro interessi perchè il ribasso avvenuto sulla fine del 1880 e mantenutosi durante lutto il 1881 aveva fatto ritenere che l’aggio non sarebbe salito più o l­ tre, e quindi le negoziazioni si erano stabilite dietro tali favorevoli condizioni, le quali ora sono mu­ tate in modo sensibile. D’altronde i soliti esagera­ tori dei fatti e delle loro conseguenze, stimando con ciò di dar maggior gloria all’on. Magliani, o meglio al partito politico oggi dominante, si affaticarono a gonfiare il fatto della rapida diminuzione dell’ aggio profetizzando che sarebbe completamente sparito an­ che prima del ripristino della circolazione metallica. La disillusione per 1’ aumento avvenuto è adunque amara per coloro che direttamente sono colpiti dal fatto.

Un’altra parte di pubblico che si mostra preoc­ cupata, più che non meriti il fatto, la si riscontra in coloro che non divisero mai, o dissero di non dividere, le idee dell’on. Magliani e avevano quindi predetta impossibile l’abolizione d el corso forzoso col sistema che l’on. Ministro ha fatto riuscir vittorioso alla Camera ed al Senato. Essi oggi si danno a buon mercato 1’ aria di profeti e si affrettano mo­ destamente a soggiungere: ab uno disce omnes; gli insuccessi presenti preconizzano l’ insuccesso finale e completo dell’ intrapresa a cui inconsultamente si è lasciato andare Ton. Magliani. Però è bene osser­ vare che questi pessimisti non avevano fatto delle profezie precise ma solo generali; co ne chi avesse detto che l’operazione dell’abolizione del corso for­ zoso non potesse correre liscia liscia senza incontrare qualche ostacolo, qualche intoppo. Questa facile pro­ fezia si avvera perchè oggi aumenta l’ aggio, dimi­ nuisce il valore della rendita; si sarebbe avverata, sempre secondo i pessimisti, anche se fosse insorta una difficoltà nel versamento dei 400 milioni, e magari se fosse sopraggiunta una guerra.

Finalmente sono anche preoccupati coloro che vogliono a qualunque costo, per disciplina di par­ tito, o per altro, difendere il Ministro, il Governo e gli atti dell’uno e dell’ altro; e si trovano sconcertati per l’ inaspettato aumento dell’aggio e per il ribasso della rendita;non sanno spiegarlo e tacciono od escono nelle più strane considerazioni.

Come manifestazioni di questi differenti effetti di una stessa causa si odono audaci teorie, strampalate

discussioni che vorrebbero essere scientifiche o fon­ date sulla pratica conoscenza degli affari e non sono che fantastiche.

1 nostri lettori ci permetteranno di tornare un'al­ tra volta sull’argomento del corso forzoso, non per­ chè sia nostro pensiero di farla da maestri, ma per­ chè abbiamo la coscienza di non essere dominati da alcuno dei sentimenti che, tra le righe, sembrano ispirare le discussioni più comuni sulla interessante questione.

Circa verso la metà di gennaio scorso l’ aggio sull’oro, che non aveva dal gennaio 1881 oltrepas­ sato il 3 0 |0 , crebbe rapidamente ed il valore del pezzo da 2 0 lire in oro segnò nella 3* settimana 20,87, nella 4 a 20 ,9 0 , nella l a settimana di feb­ braio 21,10, nella 2 a 2 1 ,0 4 ,, ed in quella passata 21 ,1 9 , cioè circa il 6 0|0- È questo un vero au­ mento di aggio nel senso che la nostra carta m o­ neta non goda più quella fiducia di convertibilità che godette nel 1881 ? — Non abbiamo bisogno di rispondere che, per quanto si voglia essere pessi­ misti, è giuoco forza riconoscere che nessun fatto sopravvenne in Italia o fuori, da far cambiare quella persuasione mostrata dal mondo finanziario sulla riuscita della abolizione del corso forzoso, sino alla metà del gennaio ultimo scorso. Se il fatto che oggi ci preoccupa fosse accaduto nel gennaio del 1881 avremmo trovato ragione per giustificarlo. La pr'ma impressione del progetto Magliani poteva essere stata ottima sotto ogni riguardo e quindi avere illuso straor­ dinariamente il pubblico, mentre una più matura po­ steriore riflessione avrebbe potuto lasciarne scorgere i lati deboh. Ma questa ragione non è ammissibile oggi; il progetto dell’ororevole Magliani fu discusso in lungo ed in largo, trovò sostenitori ed oppositori ad oltranza, e quindi la luce gli si è fatta d’iniorno quanto più viva potevasi desiderare; non è possibile pertanto che solo da un mese le Borse dell’Europa abbiano veduto quello che potevano veder durante oltre un anno di discussione.

Le cause quindi — ed insistiamo su questo punto perchè leggemmo in qualche periodico il pensiero che l’attuale situazione sia dovuta ad un più giusto giudizio sulle idee dell’onorevole Magliani — le cause adunque debbono essere fuori del fatto dell’aboli­ zione del corso forzoso.

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oltremodo oscillante, perchè poco solida è la nostra situazione economica. I paesi ricchi ed assai indù- striali hanno, in tempi normali, un movimento com­ merciale che rimane costantemente molto vicino alle medie. Ma i paesi economicamente deboli come l’Italia presentano oscillazioni molto accentuate, poiché molte cause, che altrove o non si avvertono o si avvertono appena, e quindi sono incidentali, da noi operano con molto vigore perchè fanno parte della nostra costi­ tuzione economica. Quindi da un mese all’altro le nostre importazioni ed esportazioni nel complesso o nelle singole parti variano sensibilmente; tutto ci conturba e ci fa barcollare. Conseguentemente siamo, con facile passaggio, ora in debito, ora in credito cogli Stati, coi quali scambiamo i nostri prodotti. Di qui un oscillare fortissimo del cambio, il quale non dovrebbe esser confuso con l’aggio, ma in molti casi è invece difficilmente separabile, per la stessa ragione che con difficoltà ci accorgiamo della m u­ tazione del valore della moneta e la attribuiamo sem ­ pre ad incarimento o buon mercato delle merci per cui scambiamo la moneta.

Nessuno vorrà negare che possa- esservi un altis­ sim o cambio per la differente condizione commer­ ciale delle piazze di due paesi, anche quando non vi sia il corso forzoso, e quindi possa anche esservi un alto cambio senza aggio ; ma se si ammetta, come deve ammettersi, ehe nel fatto aggio e cam­ bio possono confondersi, sebbene sieno due fenomeni separati, si potrà anche concludere che attualmente il fatto dell’ aggio può essere dipendente dal feno­ meno del cambio che è elevato tra 1’ Italia e la Francia.

Osservando il movimento del cambio e dell’a l z o nel 1880 prendendo una cifra mensile e precisa- mente quella della settimana di mezzo di ogni mese troviamo : C am bio P a r ig i C am bio L o n d r a Gennaio 1880 oro 22.50 112.65 28.22 Febbraio » 22.38 112.— 28.— Marzo » » 22.39 111.95 28.— Aprile » » 21.94 109.30 27.45 Maggio » » 21.84 109.15 27.42 Giugno J> » 22— 109.65 27.56 Luglio » » 22.24 110.90 27.89 Agosto » 22.09 110.50 27.79 Settembre » » 22.10 110.20 27.82 Ottobre » » 22.14 110.45 27.84 Novembre » » 20.80 103.50 26.10 Dicembre » » 20.78 103.60 26.—

I due movimenti sono ad un tempo uniformi ed indipendenti; — uniformi nella curva generale, in­ dipendenti nelle minori oscillazioni.

Ora è precisamente tale fenomeno ehe si è ma­ nifestato nelle sette settimane dell’ anno corrente. L’ aumento del cambio ha trascinato violentemente 1’ aumento dell’ aggio.

C am b io P a r ig i C am bio L o n d ra 1* settimana : Oro 20.47 102.45 25.50 2* » » 20.65 103.00 25.70 3» » » 20.87 104.50 25.93 4“ 7> > 20.86 104.85 25.98 5* » » 21.10 105.50 26.06 6* » > 21.04 105.25 26.15 7* » » 21.14 105.50 26.32

Quanta parte di ciò che è dovuto al cambio viene attribuita all’aggio? Questa è a nostro credere la questione. L’aggio oggi aumentato è da attribuirsi solamente allo squilibrio del nostro commercio, che,

come disse Fon. Magliani, ci rende per il momento debitori, specialmente verso la Francia. Il fatto non può essere che passeggero, quando non sopraggiun­ gano al nostro paese disgrazie imprevedibili che fac­ ciano aumentare o persistere il debito nostro.— I pessimisti non hanno accettata questa spiegazione ed alcuno la chiamò un tour de force sibillino. Ebbene! anziché pianguucolare sugli avvenimenti dolorosi, perchè non additano essi qual’ altra possa essere la causa di questo inasprimento dell’aggio?

Non bisogna però illudersi; questo aumento del va­ lore dell’oro di fronte alla nostra carta-moneta è senza dubbio un fatto tutt’altro ehe utile agli intendimenti dell’on. Magliani ed alle condizioni della nostra F i­ nanza. Ove perdurasse, a parte il danno che ne po­ trebbe derivare al nostro commercio, il bilancio dello Stato se ne risentirebbe, poiché il Ministro ha preventivato appunto un risparmio nelle spese mercè la sparizione o la diminuzione dell’aggio.

Ma se le cose hanno la causa che abbiamo cer­ cato di spiegare, è a ritenersi che abbiano ad essere passeggere e quindi si debba tornare sollecitamente alle condizioni nelle quali eravamo l’anno decorso. Un aumento che durasse uno o due mesi non deve però esser ragione sufficente per trarre profezie così nere come quelle che leggiamo in questi giorni, le quali sconfortano il pubblico senza che gli sieno date giustificazioni bastanti.

INDUSTRIA MINERARIA

(Contin. vedi num. 405) III

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guerreschi, e sovratutto se fossimo in essi implicati ; nelle quali ipotesi, e sovratutto nell’ ultima, acca­ drebbe ; non solo che dovessimo pagare a maggior prezzo quanto ci abbisogna, ma ancora che non po­ tessimo, a verun prezzo, fornircene.

È per questi motivi che, parecchie volte, i ministeri che si succedettero in Italia diedero opera a concretare dei progetti, tendenti a creare un gran­ de stabilimento siderurgico ; i quali progetti non vennero però mai effettuati. E ancora da notare come, nell’ultima inchiesta sulla marina mercantile, fattasi da una Commissione parlamentare, vive istanze fossero palesate da molte fra le persone in­ terrogate, affinchè si ponga infine ad effetto questa impresa dello stabilimento di una grande officina siderurgica nazionale. Pare adunque indubitato che non debba più oltre protrarsi una risoluzione in proposito per parte dei poteri dello Stato, i quali non lascieranno, è da credersi, scadere il triennio che ha termine nel giugno 1884, cioè la durata dell’affitto provvisorio delle miniere dell’Elba, senza aver decisa una questione di tanta importanza sì pubblica che privata.

I dati per risolverla del resto non mancano, per­ chè, come qui sopra accennammo, parecchie volte tentò il governo Italiano di venirne a capo. Diffatti, nel giugno del 1864, il ministro della marina, Cu- gia, assieme al suo collega delle finanze, Minghetti, presentava al Parlamento un progetto di stabilimento navale e siderurgico da crearsi nella località di S. Bartolommeo, posta nel golfo della Spezia, affidan­ dolo ad una società di grossi banchieri ed armatori Italiani costituitasi in Torino. Essa avrebbe ricevuto una ordinazione di lavoro di navi di ferro, pel va­ lore di 20 milioni, da eseguire dentro 5 anni, ai prezzi medi delle costruzioni estere; e doveva aver impiantato entro 6 mesi il cantiere. Inoltre, in tre anni di tempo, doveva aver montata, nella stessa località, un’officina siderurgica per la fabbricazione dei grossi ferri della marina e delle corazze. Que­ sto schema di legge, giunto però un po’in ritardo, non fu nemmeno discusso. Nel marzo 1873 venne dipoi formulato dal ministro delle finanze, Sella, e venne accettato con legge del 24 giugno 1874, il progetto di affittare al signor Brioschi, per 30 anni, cioè fino al 1911, le due miniere di Calamita e di Terranera, nell’isola d’Elba, contro il corrispettivo di 2 lire per ogni tonnellata di minerale esportato, e di liie 2,20 per ognuna di ghisa prodotta. In corrispettivo, l’accollatario si obbligava ad impian­ tare, dent,o tre anni, uno stabilimento siderurgico completo, producendovi almeno 3 5 mila tonnellate di ferraccio ad ogni anno. Ma l’impresa non ebbe effetto per mancanza di capitali, e l’accollatario dovè subire una perdita sulla cauzione fornita. Un terzo progetto, sempre sulla base delle miniere del­ l’Elba, venne redatto dal ministro della marina Brin nel 1878, nel quale si concedevano, mediante incanto, quelle miniere, per quarant’anni, ad un industriale che, nel termine di tre anni, fondasse uno stabilimento capace di fornire annualmente 30 mila tonnellate di ferro od acciaio; di cui 10 mila per la marina di guerra, e 20 mila per le ferrovie. In compenso di questa creazione, si concedeva l’esportazione illimitata del minerale, e la prelazione, a parità di prezzo e per 10 anni, su qualunque al­ tro concorrente, fino all’ammontare suindicato delle provviste annue. Anche questo progetto naufragò,

sia pel cangiamento dei ministri, sia perchè si venne infrattanto a riconoscere che l’esportazione arbitraria del minerale Elbauo, farebbe in breve tempo c e s ­ sare la ricchezza metallica deposta dalla natura in quell’isola.

Si rammenti ora che, conforme a quanto notammo in altro articolo, nessun grande stabilimento side­ rurgico è riescito di creare nello Stato. L’ officina che fornisce la maggior quantità di ferro è quella di Vobarno presso al lago di Garda. Essa è arri­ vata a produrre, in tutto, 8000 tonnell. di ferro, annualmente; i quali si ottengono dalla ribollitura di rottami scaldati, in forni alla Siemens, mediante la distillazione della torba. N ello stato attuale dell’ in­ dustria metallurgica, le ferriere della Lombardia, che sono le più attive dell’Alta Italia, ed anzi di tutta l’ Italia, non possono fornire, a prezzo conve­ niente, le masse di ferro e di acciaio che servono di base ad un grande stabilimento nazionale. Cosa sono difatti 8 mila tonnell. prodotte dalla ferriera di V o­ barno, a fronte delle 100 mila o 1 20 mila fabbricate dal solo stabilimento del Creuztot, in Francia ; il quale può inoltre spingere la sua produzione fino a 150 mila e lorse 2 00 mila tonnell. per ogni anno? In questo stato di cose l’ industria nazionale non po­ tendo lottare che stentatamente contro la concor­ renza estera, è assurdo di sperare che, senza l’aiuto dello Stato, la grande fabbricazione del ferro si svi­ luppi in modo da farci indipendenti dall’estero. Ca­ paci di vincere la concorrenza straniera possiamo divenire, e siamo in parte divenuti, nella fabbricazione delle macchine, e in genere, nella seconda lavorazione dei metalli, cioè confezione di ponti e tettoie metalliche, messa in opera delle lamine, armature, corazze per navi di guerra, e simili ; lavori che si fanno nelle nostre officine e cantieri, adoprando i materiali di prima fabbricazione venuti dall'estero. Ma per questi ultimi, fino a che si trarranno dal ferraccio i ferri e gli acciai, e nonostante il grande risparmio di com­ bustibile, nella loro fabbricazione, ottenuto in questi ultimi anni, noi saremo ancora costretti di ricorrere all’aiuto dello Stato, se vorremo farli in paese.

Ciò posto, non sembrerà irragionevole l’opinione manifestata dal corpo degl’ingegneri delle miniere, che il fondamento cioè d’un grande stabilimento si­ derurgico, debba farsi non già entro terra, ma sulla spiaggia del Tirreno ; e che debba basarsi sul mine­ rale metallurgico dell’isola d’Elba, coadiuvato da quello del Monte Argentare, presso Porto Ercole, perchè, contenendo, quest’ultimo, molto manganese, riesce utilissimo alla produzione dell’acciaio. Quanto ai depositi di ferro spatico della Lombardia, biso­ gnerà attendere, per adoprarli in gran proporzione, che sia dimostrato, come è probabile avvenga, che può ritornarsi al metodo Catalano, modificato siccome indicammo nell’antecedente articolo. Se ciò si verifi­ chi, queste miniere, forse più ricche di quelle del­ l’Elba, potranno, sia per la prossimità del carbone vegetale e dei depositi torbosi, sia per 1’esistenza di grandi forze idrauliche, trasmissibili colle macchine dinamoelettriche anche a grandissime distanze, po­ tranno, ripetiamo, fornire i masselli di ferro e di acciaio a prezzo molto conveniente, servendo così alla fornitura d’una grande officina siderurgica.

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poiché non se ne pretenderebbe che la fornitura annua di 30 mila tonnellate di ferro ed acciaio, per uso della marina da guerra e delle ferrovie. Ag­ giunge però la Relazione che la produzione potrebbe e dovrebbe ammontare a 50 mila tonnellate; ed an­ che in questo caso notiamo che non salirebbe che a meno della metà di una sola officiua francese, la succitata dei Creuzot. Per dar ragione di tale m o ­ desto impianto, osserva la Relazione che le 50 mila tonnellate richiederebbero 80 mila tonnellate di mi­ nerale elbano, oltre a 6 ad 8 mila di miniera man­ ganifera del Monte Argentare ; alle 80 mila tonnel­ late aggiungendone 50 mila da fornire alle ferriere della Maremma, e ritenuto che poco ora convenga trarre dalle miniere Lombarde, si dovrebbero rica­ vare dall’Elba 130 mila tonnellate di minerale an nualmente. Onde segue che, se la massa ferrifera dell’isola è di circa 7 milioni di tonnellate, essa sarebbe esaurita in 50 anni. Ammettiamo colla do­ vuta riserva questa deduzione. Essa riposa difatti su dei calcoli del quantitativo di minerale rimasto nel­ l’Elba, che la stessa Relazione riconosce essere al­ quanto ipotetici; ed anzi aggiungiamo che sarebbe ormai tempo che si compiessero gli studii e sopra­ tutto i sondaggi che meglio chiarissero tale argo­ mento, che è fondamentale.

Ammessa tuttavìa la convenienza della mediocre produzione accennata, la Relazione aggiunge che, per la conversione della miniera in ferro e ferrac­ cio, occorrerebbe, allo stabilimento siderurgico, il triplo peso di litantrace dei ferri ed acciai ottenuti. Cioè 150,000 tonnell. annue. Quanto al costo del pri­ mo impianto, basterebbero da 10 a 12 milioni. L’area poi da occupare, cogli alti forni, forni ad acciaio, magli, laminatoi, ecc., sarebbe di parecchi ettari. Ora que­ st’area dove si troverebbe? Converrebbe evidente­ mente che fosse in riva o poco lungi dal mare, pel facile approdo e risparmio di trasporto del combusti- bile. Di più richiederebbesi che non fosse remota dal minerale ferrifero, e non esposta agli attacchi d’una dotta nemica. Se l’ isola d’ Elba presentasse sicu­ rezza contro gli attacchi marittimi, essa stessa do­ vrebbe preferirsi. La Relazione consiglia invece la località di S. Bartolommeo, alquanto dietro la diga del golfo della Spezia. Una delle ragioni di questa preferenza consiste in ciò, che le navi, inglesi o francesi, che recassero il combustibile, non avreb­ bero la merce di ritorno, perchè ora devesi vietare 1’ esportazione del ferro Elbano. Ma forse che alla Spezia avrebbero adesso, e ancora per molti anni, questo carico di ritorno ? Per trovarlo, le navi che avessero approdato al golfo della Spezia dovrebbero recarsi a Genova, e quelle che avessero sbarcato il combustibile all’ Elba lo cercherebbero a Livorno. In ciò havvi parità, se non erriamo. Quanto alle spese d’ impianto di ponti caricatori, ferrovie di rac­ cordo collo stabilimento, ecc., esse sarebbero neces­ sarie sì nell’una che nell’altra località. Rimarrebbe l’essere, alla Spezia, difeso lo stabilimento dalla diga e dalle batterie esistenti o ivi da creare. Non sap­ piamo se, all’ Elba, non troverebbesi una località che fosse al coperto dall’ attacco d’una flotta nemica, senza essere troppo discosta dalle miniere e dal mare. Se così fosse, concentrando nell’isola stessa tutto il lavoro, sia di fusione, che di stimazione e di lavoro mec­

canico, si risparmierebbe il trasporto di 80,000 ton­ nellate di miner.de, fra la miniera e lo stabilimento siderurgico, ; trasporto che viene valutato a 400 ,0 0 0 j

lire annue. Risparmio certamente valutabile, per chè corrisponde a 8 milioni di capitale.

Noi frattanto esortiamo il Governo ed i suoi in­ gegneri ad occuparsi seriamente di redigere un pro­ getto completo e meglio basato degli antecedenti. Per ciò occorre di non perder tempo, poiché è ben noto quante lungaggini si riscontrino, prima che il potere legislativo dia, in Italia, evasione ai progetti che gli sono presentati. D’ altro lato è da riflettere che siffatta soluzione si trascina da ben vent’anni, e che è d’uopo risolverla definitivamente e nel miglior modo.

LA NAVIGAZIONE A VAPORE IN CHINA

Di somma utilità al commercio italiano può riu­ scire l’opera intelligente dei nostri consoli ed agenti consolari all’estero. Parecchi tra i rapporti eh’ essi inviano al governo possono esser consultati con frutto dagli industriali, dai negozianti e da tutti coloro che si interessano in modo pratico all’andamento del­ l’economia nazionale. — Pubblicammo nel mese di maggio e precisamente nel numero 3 66 Ae\\'Econo­ mista un ampio sunto di un rapporto del comm. F er­ dinando de Luca, ministro residente in Sbanghai intorno al traffico tra quel paese e l’ Italia, alj’ im­ portazione della seta greggia chinese e alla conve­ nienza che vi sarebbe di stabilire tra l’Italia e la China, per esercitare il detto commercio, una linea diretta di navigazione. Un altro rapporto sullo stesso argomento troviamo nel penultimo numero del Bol­ lettino Consolare. Il solerte Ministro residente fu pronto a redigerlo ed inviarlo a chi di dovere, non appena gli giunse, nella scorsa estate, la notizia della fusione avvenuta tra le due grandi Compagnie na­ zionali di navigazione Rubattino e Piorio. « Ho ac­ colto con gioia questa notizia, die’ egli, che mi con­ forta a sperare in un avvenire prossimo, l’apparizione anche in Sbanghai di piroscafi mercantili coperti dalla bandiera nazionale, e per conseguenza un primo e piu importante passo allo sviluppo dì relazioni commerciali tra l’Italia e i due imperi dell’estremo Oriente. Riferendosi al suo precedente rapporto da noi riassunto, il comm. De Luca stima superfluo ripetere le considerazioni e i dati contenuti in esso ; ma esprime dì nuovo il suo pieno convincimento che l’impresa sarebbe coronata di buon successo, se non immediatamente dopo un tempo assai breve di esercizio. — Egli dichiara per altro di non fondare tale sua opinione unicamente sulle risorse che po­ trebbe offrire alla linea di navigazione il solo svi­ luppo del commercio diretto che essa creerebbe im ­ mancabilmente tra l’Italia e quei paesi. In un solo caso siffatto traffico si potrebbe fin d’ora far prendere a calcolo di un gran vantaggio immediato e tale da alimentare per sé solo la linea italiana — ossia qua­ lora l’industria serica italiana si decidesse ad acqui­ stare direttamente, sul mercato stesso di produzione, la materia prima necessaria al suo lavoro.

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La compagnia Florio-Rubnttino rivendicherebbe a sè il largo profitto che le altre compagnie di naviga­ zione ritirano ora dal trasporto di questa merce affluente in Lombardia in via indiretta, alla ragione di nolo di 3 taels, cioè 21 franco per balla. Nel mio rapporto succitato ho dimostrato come il precipuo motivo d’uno stato di cose sì anormale, che ci fa gratuitamente dipendere dai mercati rivali e crea una considerevole passività alla nostra industria, sia la mancanza in Shanghai di una Agenzia serica italiana, o almeno d’una poderosa casa di commissioni. Non sarebbe ora il caso per una ditta eminente, diretta da uomini di alte vedute, di grandi iniziative e di gran senso pratico, quali sono i signori Rubattino e Fiorio, d’impiantare essa stessa per proprio conto uno stabilimento commerciale italiano in Shanghai? Il gran prestigio di credito e la rispettabilità che circonda il loro nome, e una certa solidarietà morale di interessi che si creerebbe naturalmente tra la loro linea di navigazione in Cina e i setifici lombardi, non mancherebbe di fare affluire alla loro Ritta in Shanghai tutti gli acquisti diretti o indiretti di sete greggie che la nostra industria serica ora fa in Shan­ ghai stessa e in Francia mercè l’ opera e col profitto di case estere. Anche riducendola a metà, la com­ missione di compra su tali acquisti, secondo le rate vigenti in Shanghai sarebbe di 3 o 4 cento mila franchi l’anno. Il nolo poi, calcolato su sole IO mila balle, ammonterebbe a 30 mila taels cioè 2 1 0 mila franchi. »

— Se poi in Italia non vi fosse nessuno che vo­ lesse o potesse stabilire in Shanghai una agenzia commerciale, il comm. De Luca opina che la Com­ pagnia di navigazione la quale stabilisse linee dirette tra l’Italia e la China dovrebbe, pei primi anni al­ meno, anziché spedire suoi rappresentanti in Shan­ ghai e Hong-Kong, affidare i suoi interessi a qual­ cuna delle più eminenti e più solide Case estere di colà. Due sarebbero subito i vantaggi. Prima di tutto il credito e prestigio che darebbe sin da principio alla intrapresa l’intervento diretto d’una di tali case primarie; in secondo luogo la clientela della casa stessa con tutte le sue dipendenze in Hong-Kong e nei porti principali di Cina e Giappone. Le linee inglesi Gleni e Castle non hanno alcun agente, loro inviato, in Shanghai, ma hanno appunto affidati i loro interessi a qualche casa commerciale di primo ordine.

Se non che, nel parere dell’ egregio ministro, il benefizio che ritrarrebbe la linea di navigazione in discorso non consisterebbe tutto nei noli relativi al traffico diretto fra la China e l’ Italia. Altri ve ne sono, scrive egli, molto più rilevanti. Vi è innanzi tutto il nolo intermedio per e da Europa, India, Indo- China e Giava. « Sarebbe un errore il credere che le linee a vapore-che attualmente approdano a S han­ ghai bastino a esuberanza al traffico locale. » Prova ne sia il fatto che altre Compagnie sono obbligate quasi ad ogni viaggio, specialmente nei mesi estivi, a lasciare indietro molte merci por conservare lo spazio necessario a quelle che debbono prendere lungo la via, — « Ho interpellato in questi giorni varie case importanti di qui e sono state unanimi nel rispondermi che sarebbe un gran benefizio pel commercio di Cina e una intrapresa sicura lo sta bilimento d’una nuova grande linea a vapore Ciao- Europea oltre le due già esistenti. — Si aggiunge a questo che l’importanza commerciale di Shanghai

] aumenta ogni anno e aumenterà anche di più in un I avvenire non remoto, quando le ferrovie, che ormai possono considerarsi come decretate in massima, fa­ ranno convergere a Shanghai tutto il thè che ora è esportato direttamente da Hankow e dagli altri porti del Yangtze. »

— Altro fatto da prendersi in considerazione è il i traforo del Gottardo. — « Esso avrebbe per conse­

guenza immancabile di farle (alla Compagnia in di­ scorso) consegnare in Shanghai, di preferenza ad ogni altra linea, tutto il thè e la seta destinala alla Svizzera e alla bassa Germania, e di farle esportare da Genova tutte le merci (i drappi, per esempio) che la Germania ora spedisce in China e Giappone per la via d’Amburgo o d’Inghilterra. »

— Finalmente un’ altra sorgente di profitto vi sarebbe per la nuova Compagnia di Navigazione risultante dalla fusione della Fiorio colla Rubattino, qualora, come il comm. De Luca si augura, si estendesse fino a Shanghai ed avesse una linea suc­ cursale fino al Giappone. « Essa eserciterebbe la più lunga linea non interrotta di navigazione a va­ pore che ora esista al mondo. Anderebhe niente­ meno che da Nuova York a Yokohama, dallo estremo occidente allo estremo oriente, e potrebbe in conseguenza trasportare da sè sola, senza d i­ pendere da alcuna altra Compagnia per trabalzi, senza alcun ritardo, deterioramento o spese di ostellaggio e trasporto dei colli in ferrovia, qualun­ que merce che dalla Cina venisse spedita in A m e­ rica o viceversa.

Ora è a sapersi che il commercio di qui non la­ scia sfuggirsi alcuna occasione d’eseguire i suoi scambi con V America per la via del Canale di Suez piuttosto che per quella di S. Francisco. » — E questo fatto che a prima giunta può parere strano, viene spiegato con dati precisi, che qui omettiamo per brevità, dal comm. De Luca. Il quale riferisce di aver posto il seguente quesito al capo d’ una delle principali e più antiche case americane sta­ bilite in Shanghai : « Se esistesse una linea di va­ lo r i che . facesse viaggi periodici tra Shanghai e Nuova York pel Canale di Suez, quanta parte cre­ dete voi che trasporterebbe delle merci esportate da Shanghai all’America del N ord? » — E g l i fu risposto : « Con viaggi bimensili le prenderebbe tutte e non lascerebbe nulla o quasi nulla ai va­ pori transpacifici. Con viaggi mensili ne prende­ rebbe di certo 75 o per lo meno 60 0|O. »

— E vi è poi il movimento inverso del traffico ; vi sono cioè i noli da Nuova Y ork a Hong-Kong e Shanghai. Al presente l’esportazione americana in Gina si effettua per la via di California, una gran parte prenderebbe, nel caso in esame, quella del Canale di Suez. Tutto il commercio d’esportazione degli Stati Uniti in Cina ascende ora alla somma di circa 40 milioni di franchi all’anno, su cui i tes­ suti in cotone rappresentano essi soli più di 30 mi-! lioni. E 1 è notevole l’incremento progressivo. Le 2 7 4 ,0 0 0 pezze esportate nel 18 7 6 salirono a circa 2,000,000 nel 1880.

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freddo convincimento in me destato dalla evidenza dei fatti che ho sotto gli occhi da circa tre anni e pel quale non esito di osservare anche una volta che una linea di navigazione a vapore italiana in Gina, che abbia le risorse della Compagnia Florio- Rubattino e che adempia alle condizioni da me espo­ ste disopra, incontrerebbe un largo e sicuro suc­ cesso. Sarei pronto ad assumere tutta la responsabilità morale del fatto. »

SOCIETÀ DI ECONOMIA POLITICA DI PARIGI

Seduta del 5 Febbraio

Dopo le consuete comunicazioni si delibera, non senza 1’ opposizione di alcuni che avrebbero voluto che si discutesse — qual’ è in economia politica il limite delle attribuzioni dello Stato — che la riu­ nione dia la preferenza al quesito — la crise di borsa : causa e rimedj — essendo questo argomento di maggiore attualità.

Prende per primo la parola M. Felice Limet il quale senza fermarsi a ricercare la causa, e le ori­ gini che provocarono la recente crisi sul mercato finanziario, si dichiara nettamente partigiano della completa libertà delle transazioni. Egli non sa com­ prendere perchè mentre la legge riconosce e s m - ziona un mercato al contante sui valori finanziari, e un mercato a termine sulle mercanzie, dica poi al mercato a termine sui valori mobiliari : nescio te. Questo è un giuoco, si dice, e la legge non pro­ tegge per nulla i giuocatori. Ma egli osserva che non si giuoca soltanto sui valori di borsa, ma si giuoca sui cotoni, sugli spiriti, e su tutto quelle in sostanza, che può essere suscettibile di rialzo e di ribasso. Il giuoco che prende di mira i titoli di rendita, le azioni delle società industriali e le mer­ canzie è un giuoco pericoloso perchè influisce sini­ stramente sulle transazioni, turbandole e perverten­ dole. Ma M. de Limet crede che si potrebbe repri­ merlo, senza recare alcun attentato alla libertà esi­ gendo semplicemente che in ciascun mercato a termine il compratore sia obbligato a giustificare che egli può pagare, e il venditore che può conse­ gnare, e perseguitando coloro che eludessero queste prescrizioni con le pene che colpiscono lo scrocco e l’abuso di fiducia. Il governo poi secondo 1’ ora­ tore, dovrebbe con misure amministrative obbligare gli agenti di cambio ad effettuare le consegne. M. de Limet termina concludendo che l’aggiotaggio po­ trebbe reprimersi senza danno della speculazione legittima, a condizione che il mercato a termine do­ venti obbligatoriamente realizzabile.

M . Obry de Labri/ è dì opinione affatto contra­ ria. Se i mercati a termine fossero riconosciuti dalla legge la giustizia sarebbe costretta ad intervenire ogni volta che un contratto, di simile specie non fosse eseguito, e ciò secondo P oratore, sarebbe più male che bene. Egli crede frattanto che lo statu quo sia preferibile, e che non convenga da 'e a qual­ siasi contrattazione fatta alla borsa una sanzione le­ gale. Infatti, egli dice, ecco come si realizzano oggi alla Borsa di Parigi gli affari conclusi tanto al con­ tante, che a termine per mezzo del parquet. Il cliente se è conosciuto dall’agente e gl’ispira fiducia da ad esso per iscritto, o a voce l’ ordine di com­

prare o di vendere. L’agente nel recinto della Borsa contratta, 1’ acquisto o fa vendita di fondi, e valori per mezzo di cinque o sei parole scambiate con un suo collega, e con l’ iscrizione di alcuni segni su due taccuini che i due agenti si mostrano scambie­ volm ente. Se il cliente non è sufficientemente cono­ sciuto, o considerato dall’ agente di cambio, deve depositare in antecedenza nell’ufficio di quell’agente il titolo o il denaro sul quale vuole operare, se si tratta di affari al .contante, o una garanzia (corner- ture) se si tratta di affari a termine. Dopo !’ iscri­ zione sommaria dell’operazione fatta dai due agenti sui loro rispettivi taccuini, il contratto è formal­ mente e interamente concluso. M. de Labri/ ritiene che con ciò 1’ agente di cambio sia bastantemente garantii*», e che non corra alcun pericolo a meno che egli non voglia allargare la sfera dei suoi gua­ dagni, spingendo i propri clienti a fare operazioni assurde di arbitraggi, di riporti, di deporti ecc. ecc. La condotta di tali agenti è stata, secondo l’oratore, una delle cause principali della crisi che funestò la borsa di Parigi alla fine di gennaio, crise che non sarebbe avvenuta se gli agenti di cambio fossero stati più onesti e prudenti. M. de Ldbry crede che non sia il caso di dare indistintamente delle ratifiche le­ gali e giudiziarie a tutti i contratti di borsa conclusi a termine. La giurisprudenza attuale sanziona quei contratti che furono conclusi con la possibilità e con l’intenzione probabile di consegnare i titoli, o il de­ naro convenuti, e annulla invece con l’ eccezione del giuoco quelli, che secondo il criterio dei giu­ dici, ebbero per unico scopo delle differenze alea­ torie sui corsi dei valori. E stato con questo re­ gime che la Borsa di Parigi ha compiuto grandi opere, e reso grandi servigi col collocamento dei prestiti governativi e dei valori buoni : vai meglio conservarlo, conchiude De Ldbry che dare un nuovo strumento alla speculazione sfrenata.

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testé avvenuta, sia di dare a qualunque operazione di borsa tanto al contante, come a termine la san­ zione della legge, perseguendo e colpendo la frode e la malafede ovunque esse si trovino.

M. Edourd Badon-Pascal comincia col dire clic la questione è molto delicata, e va considerata e studiata dal punto di vista economico, finanziario e legale. Egli si dichiara favorevole al riconoscimento legale dei contratti a termine, e in appoggio della sua tesi traccia la storia assai curiosa della legge del 1807 che regola la materia. Fra le altre cose racconta che nella discussione di quella legge nel Consiglio di Stato, Napoleone si pronunziò dappri­ ma non per la tolleranza, ma per l’interdizione as­ soluta dei contratti a termine. Il consigliere Lacave-Laplague contrastò l’opinione dell’Imperatore col seguente apologo « Il mio portatore d’acqua mi re • ca un secchio d’acqua, questo secchio non mi basta, me ne occorrono due: io gli acquisto ambedue ed esso me li vende senza alcuna difficoltà: di quei due secchj frattanto non me ne consegna che uno; ma egli sa ed io pure so che non deve fare altro che andare al fiume e prendere il secondo. » Pro­ seguendo nel suo discorso M. Pascal dimostra che dal 1807 la giurisprudenza è notevolmente variata in proposito. Quella legge stessa secondo l’oratore non prendeva di mira nè le operazioni di borsa, nè i contratti a termine sui valori mobiliari, i quali al cominciare del secolo erano appena conosciuti, essa prendeva di mira soltanto i giuochi d’azzardo, e fino al 1823 la giurisprudenza non faceva alcuna e c c e ­ zione a riguardo dei mercati a termine ; ma un bel giorno la Corte di Cassazione dissotterrando alcuni vecchi decreti deliberò che a meno d’un deposito in precedenza siffatti contratti sarebbero n ulli; il che equivaleva a proibire il credito, poiché una volta che il titolo venduto e la somma da pagarsi erano depositati nelle mani dell’agente di cambio, il mercato non era più a termine ma al contante. Dopo una quarantina d’anni una nuova giurispru­ denza fu stabilita, per la quale il debitore che non pagava era condannato se avesse fatto un’operazio­ ne che oltrepassava i suoi mezzi, e liberato nel caso contrario: dimodoché la giurisprudenza pro­ teggeva le operazioni fittizie, e colpiva le serie per cui secondo l’oratore, non era dagli agenti, che v e ­ niva il male, ma dalla giurisprudenza che era v i­ ziosa, e che dette alla legge del 1807 un’interpre­ tazione arbitraria. Passando in rivista le legislazioni straniere in ciò che concerne le operazioni di borsa M. Pascal cita una legge del cantone di Ginevra pubblicata nel 1860, che assimila queste operazioni sia al contante, sia a termine, alle operazioni commerciali. Nel Belgio una legge simile fu pro­ posta, ma non si ebbe il coraggio di votarla. In Germania non vi é alcuna legge speciale, ma la giurisprudenza ammette difficilmente l’eccezione del giuoco. In Austria dopo il hrach del 1873 le ope­ razioni di borsa sono assimilate alle operazioni com­ merciali. In Italia la legislazione ha uno scopo pu­ ramente fiscale, e non sanziona che i contratti con­ clusi per scritto su carta bollata. A troncare la questione per ciò che riguarda là ' Francia, basta dice l’oratore di costatare questo fatto, cioè che vi sono alla borsa due categorie di speculatori, gli uni onesti e serj che reclamano il riconoscimento del mercato a termine; gli altri cioè i giuocatori pro­ priamente detti, gli agitatori senza scrupolo, che pre­

feriscono a non avere nulla che fare colla legge. Questo criterio sembra sufficiente a M. Pascal per­ chè non si debba esitare fra le due opinioni.

M. Hervieux pare che non vada d’ accordo con M. Pascal sulla questione giuridica. Secondo esso non è la legge del 1807, ma un decreto consolare avente forza di legge, e datato col 1 pratile anno X, che regola le operazioni di borsa. Con questo de­ creto s’istituirono gli agenti di cambio, e si deter­ minò la natura e

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estensione delle loro funzioni e dei loro diritti ; ma tanto in questo decreto, che nella legge del 1807 non si pensò mai a distin­ guere i contratti a termine da quelli al contante. M. Hervieux riassumendo il suo discorso viene a conchiudere che i contratti a termine debbono es­ sere ricondotti sotto l’impero del diritto comune, e deve esigersi il deposito in precedenza. E questo, secondo esso, il solo mezzo per porre fine alle spe­ culazioni irregolari che producono le crisi. Ciò r e ­ cherà un po’ d’ incomodo agli agenti ed ai coulis- siers che fanno i loro esperimenti su dei clienti ingenui, ma la moralità e la prosperità pubblica non potranno a meno di guadagnarvi.

M. Clement luglar concorda perfettamente con quanto hanno detto i signori Pascal e Courtois. Quanto alla considerazione di M. Labri/ egli fa osservare che se per il contante le cose stanno presso a poco in quei modo, non è lo stesso per i contratti a termine. In questi casi non vi è deposito di titoli o di denaro; tutto al più vi è una somma depositata in garanzia, allorché l’agente di cambio non conosce il suo cliente ; ma al di fuori di queste misure di precauzione, vi è una sanzione per il compratore che può sempre, malgrado il termine, mettere il vendi­ tore in mora di consegnare tosto il valore venduto al 31 o al 15 del mese ; e questo è ciò che si chiama scontare il suo venditore, e per conseguenza senza deposito di titoli si arriva in pratica allo stesso resultato. Quanto ai contratti a termine e al loro riconoscimento legale, M. luglar fa osservare che quantunque partigiano di questo riconoscimento, non saprebbe però attribuirvi tutta quella importanza datagli dagli oratori precedenti, e ciò che lo trattiene è l’osservazione dei fatti. Le operazioni che si trat­ tano alla Borsa, egli dice, vengono fatte da dei courticrs che servono di intermediarj, ma di cui l’origiue non è la medesima. Vi è ciò che si chiama il parquet degli agenti di cambio, e la coulisse che si occupa di rendita e di valori quotati o non quo­ tati al parquet. In una parola vi è il courtier o f ­ ficiale, cioè l’agente di cambio, e il courtier libero. È alla coulisse che si verifica la più grande cor­ rente d’ affari, al punto che quando un agente di cambio ha una grossa operazione di vendita, o di compra, è alla coulisse che si dirige.

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grande influenza su questo meccanismo così in g e­ gnoso che riposa unicamente sulla buona fede e sul credito. Parlando della crisi attuale M. luglar nota che se essa differisce da quelle che l’hanno prece­ duta, è soltanto per le sue proporzioni, per la sua intensità, e tutto quello che può dirsene, si è che dimostra il poco discernimento della massa dei ca­ pitalisti che cedendo a lusinghe irreflessive si getta- rano su dei valori con tanto maggiore slancio quanto più andavano guadagnando dei corsi eccessivi. Dopo avere accennato alle varie giurisprudenze che rego­ lano la materia M. luglar termina il suo discorso pronunziandosi a favore del riconoscimento legale, pur riconoscendo che per raggiungere lo scopo le difficoltà che dovranno superarsi non saranno poche.

M. Ernesto Brelay principia il suo discorso di­ cendo di non essere smentito nè dai commercianti nè dagli industriali suoi confratelli, con l’affermare che per quelli com e per lui non esistono impegni di una natura superiore o inferiore nè dei contratti stipulati alla leggiera e che possono distruggersi al­ trimenti che mercè il mutuo consenso. Ciascuna pro­ messa, ciascun debito sia al contante, sia a termine sono egualmente sacri per essi, poiché riposano sul credito e sull’amor proprio personale. Egli osserva che dei contratti a termine essi no compiono costan­ temente a tre mesi, a sei mesi e perfino a un anno col fermo proposito di dar loro esecuzione e senza che passi mai per la loro testa altro pensiero che quello di far fronte ai bisogni che è indispensabile prevedere pei loro clienti. Quanto alle garanzie, secondo M. B re­ lay, la cosa è impraticabile almeno dal punto di vista commerciale, perchè queste garanzie bisogne­ rebbe domandarle reciprocamente, non avendone meno bisogno tanto il venditore che il compratore. L’oratore vorrebbe che i contratti si facessero ese­ guire con la procedura ordinaria, cioè mercè i tri­ bunali di commercio, i quali non mancano mai di condannare coloro che hanno mancato alla loro pa­ rola. — Dopo alcune brevi osservazioni sul giuoco l’oratore termina dicendo che bisogna scegliere fra due partiti o dare una sanzione penale compieta a tutti i contratti, non esclusi quelli che si ha l’abi­ tudine di considerare come fittizi ; ovvero non con- -dannare alcuno per questo titolo, e ciò per evitare che la bilancia della giustizia sia inegualmente t e ­ nuta. E quando anche si seguisse questo secondo partito : M. Brelay crede che non si sarebbe affatto disarmati, poiché il diritto esisterebbe sempre e la coscienza pubblica non reagirebbe meno energica­ mente, contro il furto sotto qualunque forma si presenti.

SITUAZIONE ECONOMICA

DELLE REPUBBLICHE ARGENTINA E URUGUAY

Abbiamo esposto in un precedente articolo il va­ lore del movimento commerciale nelle due Repub­ bliche del Piata durante l’anno 1880 coi rispettivi aumenti e diminuzioni, nonché il valore dei dazi doganali e delle rendite generali riscosse nel m e­ desimo anno. Tediamo ora a quanto ascesero le spese ed a quanto ammontano il debito pubblico e le diverse partite che figurano nei differenti rami dell’accennato esercizio.

11 calcolo presuntivo degli introiti era nell’Argen • lina per l’anno 1880 di piastre 1 9 ,2 5 0 ,0 0 0 e le ren­ dite generali produssero invece P. 19,594-,305,90 con una differenza in più di P. 344,3 0 5 ,9 0 . L’e n ­ trate nel 1879 erano state di P. 21,4 6 3 ,0 4 0 ,1 2 e per conseguenza con una diminuzione su quelle del 1880 per la somma di P. 1 ,868,734,22.

Gl’ incassi generali dell’Uruguay si elevarono nel 1880 a P. 7 ,3 2 0 ,1 3 2 ,3 6 con un ribasso su l­ l’anno anteriore di P. 1 ,0 7 4 ,0 1 6 .

Le spese autorizzate nell’Argentina per l’esercizio 1880 per servizi ordinari e straordinari si sono ele­ vate a P . 2 9 ,8 12,045,26. Tuttavia di questo totale solo furono investite P. 2 6 9 1 9 ,2 9 5 ,1 2 delle quali P. 16,8 0 9 ,1 6 2 ,8 4 corrispondenti al bilancio generale e P. 1 0 ,1 10,152,28 a spese straordinarie per modo che dal confronto fra le due quantità risulta un re­ siduo non investito di P. 2.8 9 2 ,7 1 0 ,1 4 che alla sua volta si distribuisce così : bilancio generale Pia­ stre 1 ,8 3 0 ,7 8 6 ,1 0 e spese straordinarie Piastre 1,052,964,54.

Le spese nell’Uruguay ascesero a P. 6 ,910,816,34 passando una esistenza di P. 3 7 9 ,3 1 6 ,0 2 all’anno 1881. Esiste però un deficit di P. 3,9 7 8 ,1 0 6 ,2 5 per servizi straordinari corrispondenti al biennio 1879-80 e per debiti pendenti da sistemazione.

L’ammontare del Debito Pubblico nella Repub­ blica Argentina è il seguente:

Debito interno ed estero al

31 dicembre 1880. . . . P. 58,079,979 81 Debito esigibile del 1880 . . P . 4,397,938 19 Prestiti per ferrovie. . . . P. 12,000,000 — Debito della provincia di Bue­

nos Ayres a carico della

nazione argentina. . . . P. 13,565,912 — P. 88,043,830 — A questa somma manca aggiungere il Debito pro­ veniente da forniture per la guerra del Brasile, quello per stipendi liquidati del tempo della Indi­ pendenza, i Buoni Municipali, i biglietti di Tesore­ ria ed il debito colla Banca Nazionale ehe oltrepassa i 30 milioni. Questi debiti godono la maggior parte di un interesse del 6 per cento ed hanno 1 a 2 e mezzo per cento di ammortamento.

L’ammontare totale del debito pubblico interno, fondato e consolidato, esterno ed internazionale del­ la Repubblica dell’Urugnay il 31 dicembre 1878 ascendeva a P. 4 7 ,5 9 5 ,6 9 2 ,3 1 essendosi ammortiz­ zata durante l’anno la somma di P. 1,5 8 6 ,2 2 4 ,9 2 . Nell’anno seguente benché vi fosse un ammorta­

mento di P. 2 ,4 5 9 ,3 6 3 .0 1 , crebbe a P. 4 8 .5 9 1 ,4 9 9 ,8 9 . Seguì nel 1880 un nuovo aumento elevardosi a P ia­ stre 4 9 ,6 0 7 ,1 8 6 ,3 2 , ad onta di un ammortamento di P. 7 2 8 ,5 7 0 ,2 6 ; finalmente il 10 gennaio 1881 scese a P. 4 8 ,5 0 5 ,0 6 8 ,5 8 mediante l’ammortamento di P. 689,910,46.

La predetta somma di P. 4 8 ,5 0 5 ,0 6 8 ,5 8 era così divisa :

.Debito interno fondato e con­

solidato . . . P. 29,896,074 58 Imprestito uruguaiano . . . » 14,551,200 — Idem Montevideano europeo . » 1,746,144 — Debito Franco Inglese . . . » 1,297,900 — Idem I t a l i a n o ...» 1,013,750 — P. 48,505,068 58 Un terzo circa di tutti i debiti pubblici creati ed emessi dal 1859 a 18 7 2 fu rimborsalo nello spazio

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di quei 14 anni cosicché più delle tre quarti parti del debito attuale non rimonta più in là dell’ anno 1870 ; dei debiti anteriori non rimane in circola­ zione oltre 15 0 |0 della somma primitiva.

Questi calcoli statistici ed il movimento che essi rivelano rendono applicabili all’ Uruguay le parole di sir R. Dudley Baxter riguardanti gli Stati Uniti dell’America del Nord : si può dire imitandone il linguaggio : è notevole che una nazione così giovane abbia potuto pagare in meno di 14 anni 19 milioni e mezzo di piastre (105,5 3 1 ,7 9 3 ir.) del suo debito nazionale e più 1 2 milioni d’ interessi, in totale 31 milioni di piastre (170 milioni di franchi) ciò che equivale al doppio del valore del suo commercio di importazione ed esportazione nell’ anno 1862, ed a una proporzione di piastre 77 per abitante.

Questa proporzione è ora assai maggiore poiché oltrepassa la cifra di 9 0 piastre per abitante, ma ciò non sembra esagerato quando si pensi che la cifra si riferisce allo stesso paese che lia saputo pagare senza sforzo alcuno ui.a quota di 77 piastre durante gli accennati 14 anni e che posteriormente la stati­ stica ha rivelato ogni anno un aumento rapido nella ricchezza pubblica.

Se la pace diventa stabile e permanente nell’ Uru­ guay come tutto porta a credere, potrà slanciarsi risolutamente nella ampia via di bene intese riforme finanziarie e realizzare forse la creazione di un unico consolidalo, garantito direttamente dal prodotto di alcune imposte.

IL PORTO D I BOMBAY NEL 1881

È stata recentemente pubblicata ia statistica del commercio di esportazione del porto di Bombay durante il 1881. — Da una breve analisi che ne abbiamo fatta ci siamo dovuti convincere che questo porto tende sempre più a diventare il centro di esportazione dei prodotti dell’ India con destina­ zione per I’ Europa.

Il primo articolo registrato nel quadro di espor­ tazione che stiamo esaminanando, è il cotone. Tempo indietro il cotone era quasi esclusivamente diretto sui mercati inglesi. Così per esempio nel 1872 su di una esportazione dì balle 9 4 3 ,3 7 5 , ne erano state inviate in Inghilterra 6 7 5 ,3 3 8 , mentre soltanto in Europa 2 2 9 ,2 3 3 , e nella China 3 8 ,7 3 3 . Nel 1881 l’esportazione raggiunse la cifra di 1,0 5 5 ,7 7 8 bal­ le, ma di queste andarono in Inghilterra sola­ mente 372,535, e nella China 50,8 6 8 , mentre le altre 631,375 furono inviate nel continente europeo. Le spedizioni di cotone nel continente sono divise fra i porti di Marsiglia, Genova, Venezia, Trieste, Odessa e i porti dell’ Oceano.

Quanto alla lana, le esportazioni nell’anno scorso si elevarono alla cifra di 6,281 balle, che furono- quasi tutte inviate in Inghilterra. Nel continente ne furono spedite soltanto 115 balle, in America 58.

Circa ai sémi oleaginosi i più grandi consuma­ tori dell’ India sono i paesi europei. La loro espor­ tazione raggiunse nel 1881 la cifra di 2 ,1 3 6 ,8 6 0 quintali inglesi (il quintale inglese, equivale a circa 50 chilog.),’ che venne divisa per 1 ,8 1 2 ,4 7 9 fra i porti del continente, e per 3 2 4 ,3 8 1 fra i porti in­

glesi Londra e Hull. Quanto alle spedizioni dei semi di lino diretti nell’ Europa continentale mancano i dati precisi per ciascun porto, ma dal complesso della statistica rileviamo che la parte più considere­ vole venne diretta a Dunkerque. Da qualche tempo a questa parte tanto per il seme di lino che per quello di cotone, il continente si provvede diretta- mente senza passare per l’ intermediario del mer­ cato inglese. E la stessa considerazione vale per il seme di colza dell’ India, di cui Dunkerque é il centro d’ importazione più importante. Le esporta­ zioni del seme di colza nel 1881 furono di 737,315 quintali inglesi, e di questa cifra, soltanto 67,129 quintali furono spediti in Inghilterra.

Due articoli di esportazione dal porto di Bombay hanno una speciale importanza per Marsiglia e sono i sem i di sesamo e il grano. Nel 1881 la quantità di sesamo spedita in Europa raggiunse la cifra di quintali inglesi 1 ,0 0 8 ,8 3 8 di cui 9 9 0 ,194 furono spedili nel continente particolarmente a Marsiglia, e 1 6,644 solamente in Inghilterra. Dobbiamo qui osservare che lo s\iluppo di tali esportazioni è in parte il resultalo dei progressi delle reti ferroviarie che allacciando Bombay ai centri di produzione hanno dato un’ altra direzione ai traffici, di modo che alcuni prodotti che olire volte erano esportati dai porti della costa orientale dell’ India, oggi in­ vece mercè di esse danno maggior profitto espor­ tandoli da Bombay.

L’esportazione nel 1881 di quintali inglesi fu di 350,750, cifra non mai raggiunta negli anni pre­

cedenti.

Il grano da qualche tempo è divenuto uno degli articoli più importanti dell’esportazione indiana. Da Bombay, che non è il solo porto da dove si esporta il grano delle Indie, ne furono nel 1881 inviati ■ 9 ,3 6 4 ,8 0 4 quint. inglesi di cui 5 ,6 2 5 ,1 6 6 quint. per il continente, e 3,741,638 per l’ Inghilterra. Nel 1880 le spedizioni di grano erano state da Bombay di quint. inglesi 1,894, 3 1 3 , ma se si risale al 1879 l’esportazione di quest’articolo fu soltanto di quin­ tali 120,145, quantunque nel 1876 e 1877 avesse raggiunto la cifra di 1 ,2 0 0 ,0 0 0 quintali. Sicché con­ cludendo: anche se si vuol tener conto di questa cifra più grossa, l’ esportazione del 1881 la superò di bene otto volte.

ESPORTAZIONE DEL MARMO

da Carrara e Massa nel 1881

Nell’anno 1881 fu esportato da Carrara e Massa marmo greggio, segato e lavorato, nelle seguenti quantità : D a lle S ta z io n i fe r r o v ia r ie ( B lo cch i g r e g g i... .. K il. 23,946,068 C a r r a r a ] M a rm i s e g a t i ... » 10,921,181 ( M arm i la v o r a t i ... » 3,040,354 K il. 37,907,603

Col mezzo di veicolo da Carrara a Massa e Pie- trasanta K. 10,429,800.

Riferimenti

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