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Sergio Trevisanato Aviana Bulgarelli Riferimenti: La Collana

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Academic year: 2022

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AssociazionismoDEF.pdf 1 20/05/11 10.36

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STRUMENTI PER

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L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è stato istituito con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca nel1999, è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. L’Istituto opera nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione ed al miglioramento delle risorse umane.

L’Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione, consulenza ed assistenza tecnica. Fornisce un supporto tecnico-scientifico al Ministero del Lavoro, ad altri Ministeri, al Parlamento, alle Regioni e Province autonome, agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali, pubbliche e private, sulle politiche e sui sistemi della formazione ed apprendimento lungo tutto l’arco della vita, del mercato del lavoro e dell’inclusione sociale.

Fa parte del Sistema Statistico Nazionale. Svolge inoltre il ruolo di assistenza metodologica e scientifica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia nazionale Lifelong Learning Programme - Programma settoriale Leonardo da Vinci.

Presidente: Sergio Trevisanato Direttore Generale: Aviana Bulgarelli Riferimenti:

Corso d’Italia, 33 00198 Roma Tel. (+39) 06 854471 Web: www.isfol.it La Collana

La collana Strumenti per raccoglie contributi a carattere tecnico/informativo con specifiche finalità operative a supporto degli operatori. La collana Strumenti per è curata da Isabella Pitoni (Responsabile della Struttura di comunicazione e documentazione istituzionale dell’Isfol).

Coordinamento editoriale: Valeria Cioccolo, Pierangela Ghezzo, Loretta Pacini.

ISSN: 2038-6370

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ISFOL

AssociAzionismo, pArtecipAzione, sussidiArietà

PROFILI, ESPERIENzE E PROPOSTE

PER UN WELFARE SOLIDALE

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Il volume raccoglie i risultati di una ricerca curata e realizzata dall’Area Risorse Strutturali e Umane dei Si- stemi Formativi (Responsabile Claudia Montedoro), promossa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nell’ambito del progetto “L’Associazionismo di promozione sociale: leadership, partecipazione, reti locali” - Decr. Direttoriale 620 del 31.12.2007

Hanno partecipato al gruppo di lavoro:

per l’Isfol: E. Caramelli, G. Carfagnini, A. Carlini, D. Carlini, F. Conte, M. Cresci, E. De Palma, M. Di Gilio, A.

Ferrucci, F. Gaudio, R. Greco Tonegutti, M. Marucci, C. Montedoro (direzione della ricerca), L. Pratesi.

per il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali: L. Colli E. Patrizi.

Per l’Istituto Luigi Sturzo: L. De Angelis, C. Federici, F. Folgheraiter, F. Melorio, A. Merler.

Per Iref: C. Caltabiano, D. Catania, A. Serini, M. Simoni, G. zucca.

Per Codres: R. Cassa e P. Santurri

Il volume è a cura di E. Caramelli, A. Carlini, F. Gaudio Sono autori del volume:

C. Montedoro (prefazione); Sezione I: C. Caltabiano (capp. 1, 4); D. Catania (capp. 2, 5), M. Simoni (cap. 2); A.

Serini (cap. 3), G. zucca (cap. 3); Sezione II: F. Gaudio (Introduzione, parr. 3.1, 3.2); A. Carlini (parr. 1.1, 3.4); E.

De Plama (parr. 1.1, 1.2), L. zampi (cap. 2); E. Caramelli (par. 3.5); Sezione III: P. Cappelletti (parr. 1.1, 1.3, 1.4), V. Calcaterra (parr. 1.2, 1.3, 1.4); S. Chessa (cap. 2), C. Federici (parr. 3.1, 3.5), R. Garzi (par. 3.2), M. Anselmi (par. 3.3), M. Picchio (par. 3.4); S. zamagni (postfazione)

Copyright: [2010] [ISFOL]

Questa opera è rilasciata sotto i termini della licenza Creative Commons Attribuzione – Non Commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5. Italia License.

(http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5/it/)

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Indice

PREFAZIONE dI CLAudIA MONTEdORO 9

SEZIONE I

dOMANdA dI PARTECIPAZIONE E PRATICHE dI CITTAdINANZA ATTIVA 11

INTRODUzIONE 13

1. LA bASE SOCIALE DELL’ASSOCIAzIONISMO: PROFILI, SETTORI

E RAPPRESENTAzIONI 19

1.1 La galassia associativa: alcune questioni definitorie 19

1.2 La base dell’associazionismo sociale 20

1.3 La partecipazione associativa 27

1.4 Le rappresentazioni del sistema associativo 33

1.5 Una membership frammentata: il ruolo della socializzazione associativa 38

2. L’ASSOCIAzIONISMO COME PALESTRA DI DEMOCRAzIA:

PARTECIPAzIONE E POLITICA AI TEMPI DELL’ANTI-POLITICA 41 2.1 Civismo e partecipazione politica: confini e nessi 41 2.2 I comportamenti pro-sociali degli associati: donazioni, consumi e

volontariato 44

2.3 L’interesse per la politica 54

2.4 Il vocabolario partecipativo degli associati: forme convenzionali e non convenzionali 55 2.5 Dalla dimensione associativa alla dimensione pubblica: i sentieri della

partecipazione 63 2.6 L’associazionismo: una risposta alla spoliticizzazione dell’Italia? 66

3. UNITI PER CHE COSA? LE DIMENSIONI CULTURALI DELL’ESPERIENzA

ASSOCIATIVA 69 3.1 Esplorare il legame pro-sociale: dalla cultura civica alle pratiche

associative 69

3.2 L’impegno caritativo 72

3.3 L’attivismo critico 77

(8)

3.4 Il mutualismo debole 83

3.5 Il particolarismo sociale 88

ALLEGATI SEzIONE I

Allegato A - Nota metodologica 93

Allegato b - Questionario 98

SEZIONE II

ASSETTI ORGANIZZATIVI E GESTIONALI: uN FOCuS SuLLA LEAdERSHIP 113

INTRODUzIONE 115

1. LA LEADERSHIP: UNA PANORAMICA SUGLI STILI 129

1.1 La leadership 129

1.1.1 L’evoluzione del concetto 129

1.1.2 Leadership versus Management 137

1.2 La leadership nel non profit 138

1.2.1 Valori, obiettivi e comportamenti 138

1.2.2 Principali funzioni della leadership 141

1.2.3 Le sfide attuali 145

Conclusioni 149

2. LA LEADERSHIP NEL TERzO SETTORE: STUDI DI CASO, CONFRONTI, PUNTI

D’ATTENzIONE 151 2.1. Leadership e associazioni di promozione sociale: esperienze sul campo 151

2.1.1 Esperienze sul campo e confronto con altre organizzazioni

non profit 151

2.1.2 Leadership e management: sviluppo organizzativo e ricambio generazionale 153 2.1.3 Guidare un’associazione con l’empowerment 162 2.1.4 Leadership strategica per dare direzione e strategia per il futuro 165 2.1.5 Passare dalla leadership carismatica alla leadership diffusa 172 2.1.6 La cultura in divenire della leadership 178 2.2 Le esperienze di leadership nel profit e il confronto col non profit 179 2.2.1 Un parallelo utile per gli scenari futuri 179 2.2.2 Oltre la direttività: leadership situazionale applicata e leadership

senza autorità 180

2.2.3 Preparare i futuri leader alla successione 181

2.2.4 Il coaching come frontiera del leader 184

2.2.5 Mutare stile per garantirsi il futuro. Suggerimenti per il nonprofit 185 2.3 Criticità e punti di forza della leadership nelle associazioni 188

2.3.1 Varietà di approcci alla leadership nelle associazioni 188 2.3.2 Elementi di criticità nella leadership nelle associazioni 190

(9)

2.3.3 La leadership femminile volano di promozione sociale 191 2.3.4 La visione delle cose di chi opera sul campo 192

Conclusioni 195

3. LA LEADERSHIP NELLE APS: PROFILO, ESERCIzIO, AMbITI DI SVILUPPO 199 3.1 L’indagine sul campo: impostazione tecnico-metodologica 199

3.2 Profilo delle APS esaminate 204

3.3 Caratteristiche di base dei leader intervistati 222 3.3.1 Il ruolo degli intervistati nelle associazioni e i principali caratteri

socio-anagrafici 222 3.3.2 Rapporti di lavoro con le associazioni, tempo dedicato e condizione

professionale 225

3.3.3 Esperienze, motivazioni e percorsi 227

3.4 Esercizio della leadership 238

3.5 Competenze e fabbisogni 251

ALLEGATI SEzIONE II

Allegato A - Questionario sulla leadership nelle APS 263

SEZIONE III

NOdI, RETI E RELAZIONI COL TERRITORIO 277

INTRODUzIONE 279

1. L’ASSOCIAzIONISMO DI PROMOzIONE SOCIALE NEL DISTRETTO

DI TRADATE (VA) 285

1.1. Il contesto socio-territoriale 285

1.2 Il profilo delle tre APS selezionate 290

1.3. Analisi delle interviste 304

1.4. brevi conclusioni sul case study 343

2. L’ASSOCIAzIONISMO DI PROMOzIONE SOCIALE NEL DISTRETTO DI SASSARI 353 2.1 Il contesto socio-territoriale 353 2.2 Il profilo descrittivo delle tre APS selezionate 359

2.3 Conclusioni sul case study 366

2.4. Nota conclusiva. Promozione sociale come attivazione comunitaria? 379 3. L’ASSOCIAzIONISMO DI PROMOzIONE SOCIALE NELLA PROVINCIA DI TERNI 383

3.1 Il contesto socio-territoriale 383

3.2. Il profilo descrittivo delle tre APS selezionate 392

3.3. Analisi delle interviste 398

3.4. L’analisi dei contenuti dei focus group 405

3.5. Conclusioni sul case study 411

(10)

ALLEGATI SEzIONE III

Allegato A – Nota metodologica 419

Allegato b – Intervista discorsiva a rappresentante istituzionale 423 Allegato C – Intervista discorsiva a responsabile APS 425 Allegato D – Intervista discorsiva ad utente di servizi offerti dalle APS 427

POSTFAZIONE di Stefano zamagni

Associazionismo di promozione sociale,democrazia deliberativa e sviluppo civile 429

BIBLIOGRAFIA 457

(11)

Prefazione

Nell’ambito delle attività statutarie dell’Osservatorio nazionale dell’Associazionismo so- ciale, organo presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la promozione di studi e di ricerche inerenti l’universo delle associazioni di promozione sociale italiane (APS), costituisce un ambito di intervento prioritario.

La presente ricerca si inserisce pertanto in questo settore di intervento specifico dell’Os- servatorio, e costituisce, nella sua complessità e ricchezza di contributi, un tentativo ambizioso: da un lato colmare il vuoto conoscitivo, in termini di studi e survey, sulle caratteristiche organizzative e configurazioni territoriali delle APS italiane, vuoto reso ancor più grave se consideriamo che le APS costituiscono una componente numeri- camente significativa del Terzo settore italiano; dall’altro fornire un approfondimento scientifico innovativo sulle modalità attraverso cui le APS rispondono alle esigenze di promozione socio-culturale espresse dall’utenza a cui si rivolgono, dai territori presso cui operano e, più in generale, dalle politiche di welfare promosse a livello nazionale in tema di sussidiarietà e del contributo offerto dal privato sociale allo sviluppo economico e sociale dei territori locali.

A partire dalla cornice di riferimento sopra descritta, la ricerca, di cui il volume in ogget- to è il risultato, è stata affidata all’Area Risorse umane e strutturali dei sistemi formativi dell’Isfol.

L’impegno dell’ Isfol su queste tematiche è coerente con la specifica mission dell’Istitu- to stesso, che, come noto, prevede come sfera di competenza strategica la promozione di ricerche sulle politiche sociali e del lavoro finalizzate alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale e allo sviluppo economico e sociale locale.

Inoltre il volume costituisce una conferma della presenza di un filone di ricerca dell’in- terno orientato all’approfondimento delle caratteristiche del nuovo modello di welfare, dei profili identitari delle strutture che compongono il Terzo Settore italiano, e, non da ultimo, sulle caratteristiche socio- professionali delle risorse umane che vi operano.

A nostro avviso, la pubblicazione di questa ricerca risulta quanto mai attuale, proprio perchè avviene in un preciso momento storico in cui forte è l’esigenza di rinnovare la concezione del modello di welfare italiano; il termine rinnovare è qui inteso in un’ac- cezione estensiva, coerente con l’impostazione propria de “La vita buona nella società attiva - Libro Verde sul futuro del modello sociale”: tale logica implica il superamento della tradizionale vocazione delle politiche sociali, centrata sul sostegno all’istituzione di interventio rivolti alle singole persone, e rafforza una proposta di welfare maggior-

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mente relazionale, in grado cioè di offrire opportunità alle persone e svilupparne le capacità personali mettendole a disposizione anche degli altri.

Come detto già in precedenza, la presente ricerca è un testo complesso e pertanto ricco nei contributi che la compongono: di fatto il volume si sostanzia in tre sezioni, distinte, ma che muovono verso un obiettivo comune, ossia di indagare l’universo delle APS per offrire al lettore uno studio descrittivo ed interpretativo su alcuni fattori relativi con- testo socio-culturale di riferimento delle APS e sui modelli e processi di azione adottati dalle stesse.

Nello specifico la prima sezione si focalizza sul tema della partecipazione dei cittadini alla vita delle APS e le caratteristiche attraverso cui questa si esplica; tale analisi è in- quadrata anche in relazione alla più ampia tematica della civicness e della propensione all’impegno socio-politico. L’ipotesi di fondo chiama in causa il principio secondo cui la propensione e la domanda di partecipazione associativa evidenziata dalle APS può rappresentare una sorta di termometro dello stato di salute del Terzo Settore nel suo complesso e, più specificatamente, dell’apporto che esso può arrecare ad una gestione più efficace ed efficiente delle risorse da destinare ai nuovi target previsti dal nuovo modello di welfare, così come espresso dal già citato Libro Verde.

La seconda sezione è centrata sul classico tema dei modelli di leadership, ossia le cul- ture, gli stili e gli approcci operativi emergenti nei processi di governo e gestione delle APS considerate in senso ampio. Il tema della leadership e dei modelli gestionali come elemento centrale nel dibattito sulla qualità dei servizi alle persone, assume un’impor- tanza del tutto cruciale nell’ambito del mondo dell’associazionismo in relazione alla peculiarità della fisionomia operativa e della mission di tali organizzazioni.

La terza sezione ricostruisce le modalità attraverso cui le APS offrono prestazioni e servizi ai cittadini nei settori tipici che caratterizzano la loro mission, focalizzando l’at- tenzione sugli approcci cooperativi e reticolari e sulle relative modalità di strutturazione adottate dalle APS.

A queste tre sezioni si aggiunge un’interessante riflessione redatta dal Professor Ste- fano zamagni che contribuisce, con estrema chiarezza, a descrivere le caratteristiche identitarie del Terzo Settore e i profili organizzativi delle APS; il contributo di zamagni è particolarmente suggestivo in quanto propone una lettura innovativa delle APS indi- candole come possibile strumento di risposta al deficit partecipativo e deliberativo delle nostre società.

In conclusione sembra evidente sottolineare come la realizzazione di progetti di ricerca così ambiziosi costituisca un investimento importante da parte dell’Isfol e al tempo stesso necessario per mantenere vivo il dibattito scientifico su queste specifiche tema- tiche.

Claudia Montedoro Responsabile Area Strutturali e Umane dei Sistemi Formativi

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Sezione I

domAndA di pArtecipAzione e prAticHe di

cittAdinAnzA AttiVA

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(15)

Introduzione

Risale ai tempi di Tocqueville l’idea secondo cui le associazioni di base (in inglese gras- sroots organizations) svolgono un ruolo cruciale nella società moderna. E’ noto che lo studioso francese rimase profondamente colpito dalla propensione degli americani ad associarsi, per gli scopi più disparati, in un fitto tessuto di organizzazioni comunitarie:

dal coinvolgimento in attività ricreative e di socializzazione, al sostegno reciproco in condizioni di difficoltà, passando per il proselitismo religioso e culturale. Tocqueville, per primo, riconobbe l’importanza di questa modalità spontanea di aggregazione sociale, suggerendo che essa era un fattore di dinamismo per una democrazia nascente come quella americana.

Il saggio sulla Democrazia in America (1835) rimane attuale non solo per questa intu- izione felice; ma anche per la diagnosi disincantata sui problemi che possono sorgere nella società quando viene meno questa spinta civica: in ogni epoca e luogo, l’apatia dei cittadini apre una ferita nel corpo sociale di un paese, alimentando il conformismo di massa e svuotando di senso le stesse istituzioni democratiche.

Il tema è tutt’altro che anacronistico. La partecipazione associativa rimane una questio- ne dirimente in gran parte delle nazioni sviluppate (e non); basti pensare alla disamina critica di Putnam sul declino del capitale sociale negli Stati Uniti1, o ai numerosi com- mentatori che battono sul tasto dolente della disaffezione civica e del rifiuto verso la politica in molte altre democrazie mature2.

Una questione così cruciale rischia peraltro di diventare un luogo comune nell’Italia di oggi, dove il tema dell’antipolitica viene spesso proposto in modo insistente nei dibattiti pubblici. Nondimeno, prima di saltare a conclusioni troppo affrettate, riproponendo i vecchi schemi sulla passività o il “familismo amorale” degli italiani, è opportuno soffer- marsi per un momento su quanto sta avvenendo nel nostro paese. Al di là del rapporto problematico con la sfera politica, i nostri concittadini non sono poi così disimpegnati come si è, in genere, portati a pensare (soprattutto nella vulgata giornalistica). bisogna, infatti, intendersi su cosa voglia dire esattamente impegno civico. Se con quest’ultimo termine si vuole indicare il sostegno attivo ai soggetti e alle istituzioni della demo- crazia rappresentativa (partiti, parlamento, governo nazionale, amministrazioni locali), senz’alcun dubbio si assiste ad una erosione del consenso sociale: in ampi strati della

1 Cfr. Robert D. Putnam, Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America, Il Mulino, bologna, 2004.

2 Cfr. Giovanni Sartori, Homo videns, Laterza, bari, 2000; Donatella Campus, L’elettore pigro. Informazione politica e scelte di voto, Il Mulino, bologna, 2000; Pippa Norris, Democratic Phoenix. Reinventing Political Activism, Cambridge University Press, New York, 2002.

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popolazione si sono infatti diffusi sentimenti di defezione o protesta3. Tuttavia, sarebbe riduttivo e fuorviante vedere in questa ondata di malcontento il sintomo di un ritiro dal- la polis. Il civismo non si misura soltanto con il voto o con l’appoggio fornito ai partiti e alle coalizioni di governo. Vi sono molti modi con cui le persone possono partecipare ad attività di interesse collettivo, curandosi dei destini della propria comunità4.

Se si prende, ad esempio, il volontariato non si delinea un declino nelle energie profuse dai cittadini “nel sociale”. Stando agli ultimi dati pubblicati dall’Istat, riferiti al 2005, tra il 1995 ed il 2003 le organizzazioni di volontari (regolarmente iscritte agli albi regionali o provinciali ai sensi della legge n. 266/91) sono aumentate del 152%, passando da 8.343 a 21.021 unità. Prescindendo da questa rilevante crescita organizzativa, si assiste ad un radicamento progressivo nel territorio nazionale: negli ultimi anni il volontariato si è rinvigorito soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, dove in precedenza risultava più debole; inoltre, risulta preponderante la presenza di volontari in età compresa tra i 30 e i 54 anni, diplomati e occupati5. Quindi, molte persone nel pieno della loro carriera lavorativa dedicano il proprio tempo a risolvere situazioni critiche che penalizzano sin- goli portatori di bisogno o la collettività. Segno che per molti lavoratori, malgrado gli sforzi profusi per assicurarsi un benessere personale e familiare sempre più incerto, resta uno spazio per l’altruismo, per tessere legami di solidarietà nell’agone della società, per farsi carico (in definitiva) del “bene comune”.

Comunque, per quanto sia significativo, l’impegno degli italiani non si esaurisce nel set- tore del volontariato. Anche l’associazionismo sociale esprime un protagonismo quanto mai fecondo per il buon funzionamento della democrazia. Il coinvolgimento nelle ini- ziative promosse da associazioni culturali, ricreative, pacifiste, ambientaliste, religiose è una forma di partecipazione civica altrettanto incisiva.

Su questo fronte, però, il quadro appare meno chiaro, essendo assai composito ed esteso l’universo di riferimento. Gli enti di promozione sociale sono numerosissimi ed operano molto spesso in modo informale, ossia senza un riconoscimento istituzionale. Del resto, si è dovuto attendere il duemila per l’approvazione di una legge organica su questo complesso ambito del terzo settore (legge n. 383/2000). A differenza del volontariato e della cooperazione sociale, per i quali l’accreditamento pubblico è avvenuto da oltre un quindicennio, nel caso delle APS si registra un ritardo evidente. Molte regioni hanno provveduto tardivamente a varare leggi ad hoc6, altre lo debbono ancora fare. Ad ogni buon conto, non tutti i problemi possono essere addebitati alla lentezza del legislato- re regionale. In effetti, anche laddove l’iter è giunto a compimento (varo della legge regionale e istituzione del relativo albo) i risultati sono stati estremamente modesti.

Da questo punto di vista, è sufficiente esaminare i dati di alcune “regioni virtuose” del Centro-Nord, per rendersi conto che il processo di riconoscimento istituzionale ha avu- to, per ora, un effetto quanto mai limitato (tab. 1.1).

3 Cfr. Albert O. Hirschman, Lealtà, defezione, protesta. Rimedi alla crisi delle imprese, dei partiti e dello stato, bompiani, Milano, 1982.

4 Sull’impegno al di fuori delle sedi convenzionali della politica cfr. Giulio Marcon, Come fare politica senza entrare in un partito, Feltrinelli, Milano 2005.

5 Cfr. Istat, “Le organizzazioni di volontariato in Italia” (Anno 2003), Statistiche in breve del 14 ottobre 2005.

6 Per citare solo alcuni esempi l’Umbria, la Liguria e le Marche nel 2004; il Piemonte nel 2006; la Puglia nel 2007.

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Tab. i L’emersione dell’associazionismo di promozione in quattro regioni del centro-nord Data di

approvazione della legge regionale

Universo delle associazioni (v.a.)

Associazioni iscritte all’albo regionale

(v.a)

% iscrizioni

Lombardia* 1996 27.908 1.462 5,2

Veneto 2001 19.393 173 0,9

Emilia Romagna 2002 17.517 2.503 14,3

Toscana 2002 16.720 1.676 10,0

Fonte: elaborazioni Isfol su dati Istat, Censimento Istituzioni nonprofit, anno 1999

* i dati includono gli enti iscritti all’albo regionale delle associazioni familiari.

In proposito, i numeri sono alquanto eloquenti; solo una quota residuale delle associa- zioni sociali (riconosciute e non) censite dall’Istat nel 19997 è confluita all’interno dei registri regionali: a distanza di anni, la percentuale oscilla tra lo 0,9% del Veneto e il 14,3% dell’Emilia Romagna. Dunque, si registra una scarsa propensione ad iscriversi negli albi regionali, malgrado questo sia un prerequisito indispensabile per accedere ai finanziamenti pubblici. Anche quando si è intervenuti in materia con tempestività, pre- correndo la promulgazione della legge nazionale (come in Lombardia, 1996), il numero di Associazioni di Promozione Sociale (APS) accreditate presso la Regione è poca cosa se rapportato alla dimensione quantitativa del fenomeno nel territorio (nel caso lombardo si regista un modesto 5,2%).

Le associazioni rimangono pertanto “nel sommerso”. Per spiegare questo processo biso- gna analizzare con maggiore attenzione le realtà associative presenti nella nostra so- cietà, attingendo ancora una volta dal censimento dell’Istat sulle Istituzioni no profit (tab. 1.2). Sebbene la rilevazione dell’Istituto nazionale di statistica dati ormai quasi un decennio, essa è l’unica fonte attendibile per ragionare sulla diffusione e l’articolazione del fenomeno associativo. Le associazioni sono l’ossatura fondamentale del terzo settore, se non altro in termini di numerosità: gli enti non lucrativi che adottano questa formula giuridica ammontano difatti a più di 170.000 unità, con un’incidenza pari all’89% della totalità delle istituzioni no profit (dati fuori tabella). Certo, in questa categoria generica ricadono molte esperienze organizzative che, non necessariamente perseguono finalità di promozione sociale8. Malgrado ciò, non sfugge il fatto che fra questi soggetti del privato sociale è molto più frequente il ricorso alle quote associative come fonte di finanziamen- to (26,2%), rispetto al volontariato (9,9%) e alla cooperazione sociale (1,9%). Anche la vendita di beni e servizi privati (27,8%), molto spesso agli stessi associati, è assai diffusa.

Tutto ciò sta ad indicare che in questi enti la relazione di reciprocità fra gli aderenti è un elemento che cementa il patto associativo. Meno significativo è invece l’apporto di risorse pubbliche (27,9%). In tal senso, le associazioni sono depositarie di un’autonomia

7 In ciascuna regione si è tenuto conto del numero di associazioni riconosciute e non di matrice sociale, senza considerare le organizzazioni di volontariato, le associazioni sindacali e di categoria, i partiti politici.

8 Si pensi alle cosiddette “scatole vuote”: ossia enti non lucrativi di “facciata” che vengono costituiti soltanto per ottenere delle agevolazioni fiscali da parte dello Stato; oppure ai gruppi informali di volontari che, pur non essendo basati su rapporti di reciprocità fra gli aderenti, assumono la veste giuridica dell’associazione, senza iscriversi agli albi regionali per il volontariato.

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che non si riscontra nel volontariato e nella cooperazione sociale, dove i finanziamenti pubblici incidono rispettivamente per il 51,2% e il 61,9% sul totale delle entrate.

Tab. ii Organizzazioni di volontariato, associazioni riconosciute e non, cooperative sociali per settore di attività principale e fonti di finanziamento (%)

Organizzazioni di volontariato

Associazioni

riconosciute e non Cooperative sociali Settore

Cultura, sport e ricreazione 18,6 77,1 10,2

Istruzione e ricerca 1,7 4,7 2,9

Sanità 36,0 2,0 7,8

Assistenza sociale 27,1 6,2 51,5

Ambiente e protezione civile 13,2 0,6 1,4

Tutela dei diritti e attività

politica 1,8 3,7 -

Altri settori 1,6 5,9 26,1

Totale 100,0 100,0 100,0

Fonti di finanziamento

Finanziamenti pubblici 51,2 27,9 61,9

Vendita di beni e servizi 10,9 27,8 30,1

Quote associative 9,9 26,2 1,9

Donazioni 24,1 3,7 0,9

Altre entrate di fonte pri-

vata 3,9 14,4 5,2

Totale 100,0 100,0 100,0

Fonte: elaborazioni Isfol su dati Istat, Censimento Istituzioni nonprofit, 1999

Quindi, le associazioni agiscono con ampi gradi di libertà rispetto alle amministrazioni locali, se non altro dal punto di vista economico. Questa indipendenza affonda le radici nel settore privilegiato dall’associazionismo: cultura, sport e ricreazione (77,1%). Conte- sti e luoghi dove l’accento è posto sulla dimensione espressiva del legame sociale, sullo

“stare insieme” anziché sull’erogazione di prestazioni di servizio; proprio quegli ambiti a cui si riferiva Tocqueville quando celebrava le virtù democratiche dell’associazionismo.

Ciò non toglie che alcune grandi centrali associative (Acli ed Arci solo per citare due esempi noti) abbiano dato vita ad imprese che operano nel comparto socio-assistenziale o che siano in prima fila nel promuovere molte delle istanze sociali fatte proprie dal volontariato (dalla solidarietà internazionale al sostegno delle fasce deboli della nostra popolazione); ma si tratta di organizzazioni capillari e complesse.

Da questo punto di vista, occorre sottolineare che la maggior parte degli enti pro-sociali sono micro-associazioni, che aggregano le persone su basi perlopiù spontanee, puntan-

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do in particolare sul codice culturale della solidarietà per comunanza: a questo livello di base, le iniziative associative hanno un raggio d’azione corto (il quartiere urbano o la piccola comunità); accanto a ciò, i destinatari degli interventi sono gli stessi membri dell’associazione e, solo secondariamente, beneficiari esterni; infine, il legame fra gli associati si fonda sulla possibilità di condividere spazi di socializzazione e di coltiva- re interessi culturali assieme ad altre persone. Così, la logica mutualistica dell’azio- ne, lascia intravedere un orientamento comunitario delle organizzazioni di promozione sociale, più vicine quindi alla sfera dei mondi vitali che non a quella delle istituzioni pubbliche. Questa prossimità (rispetto al vissuto dei cittadini) trova una conferma nei risultati dell’Indagine multiscopo, realizzata nel 2006 dall’Istat (tab. 1.3). Come si vede, sono circa 4 milioni e mezzo i cittadini che partecipano alle riunioni degli enti ricreativi, culturali o sportivi. Tradotto in percentuali, questo vuol dire che il 9,3% degli italiani con un’età superiore ai 14 anni si incontrano in associazioni a carattere sociale. Natu- ralmente, il coinvolgimento di questi tesserati (o semplici simpatizzati) è variabile.

Tab. iii La partecipazione nell’associazionismo di base

Regione Attività di volontariato Coinvolgimento nelle riunioni*

v.a. % v.a. %

Piemonte/Valle d’Aosta 138.357 3,7 345.085 9,1

Lombardia 328.875 4,1 850.893 10,7

Trentino Alto-Adige 109.520 13,5 200.880 24,7

Veneto 210.466 5,3 568.157 14,4

Friuli Venezia Giulia 42.605 4,3 110.070 11,2

Liguria 25.571 1,8 99.817 7,2

Emilia Romagna 137.750 3,9 361.292 10,1

Toscana 117.048 3,8 293.472 9,5

Umbria 30.147 4,1 66.667 9,1

Marche 38.174 2,9 121.613 9,3

Lazio 84.119 1,9 327.878 7,6

Abruzzo 34.148 3,1 93.612 8,6

Molise 5.816 2,1 19.583 7,2

Campania 67.761 1,4 250.763 5,3

Puglia 71.949 2,1 253.828 7,5

basilicata 19.367 3,9 45.394 9,1

Calabria 29.349 1,8 108.547 6,6

Sicilia 79.310 1,9 302.321 7,5

Sardegna 53.488 3,8 144.598 10,4

Italia 1.623.820 3,3 4.564.470 9,3

Fonte: elaborazioni Isfol su dati Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie. Aspetti della vita quotidiana, 2006

*associazioni ricreative, culturali o di altro tipo

(20)

Al di là della ricorrenza con cui si prende parte a tali attività, si deve tener conto della qualità della partecipazione. Alcune persone si avvicinano in modo occasionale alle ini- ziative associative, magari solo per godersi un momento conviviale o per assistere ad una discussione interessante; altri, invece, danno maggiore continuità al loro impegno, svol- gendo un ruolo attivo nell’organizzazione. La cerchia degli attivisti è di sicuro più ristretta rispetto al nucleo allargato dei simpatizzanti e dei tesserati. Prova ne è che sono 1 milione e seicento mila i cittadini che prestano attività gratuite nelle associazioni sociali, pari al 3,3% della popolazione9. Una cifra pur sempre significativa, ma di minore entità rispetto alla precedente. In ogni caso, l’associazionismo ricreativo e culturale è distribuito in tutto il territorio nazionale, con punte particolarmente elevate in Trentino Alto Adige (24,7%), Veneto (14,4%) e Friuli Venezia Giulia (11,2%); in Lombardia e in Emilia Romagna si regi- stra un’incidenza poco al di sopra della media nazionale, mentre l’indicatore decresce nel Sud, anche se la Sardegna fa caso a sé con il 10,4%. Pur in presenza di queste differenze regionali, l’arte di associarsi sembra essere un costume ben radicato fra i cittadini.

Con la presente ricerca si vogliono esaminare da vicino proprio queste pratiche associa- tive, cercando di coglierne il significato sociale e culturale.

L’indagine presentata in questo rapporto ha approfondito le diverse implicazioni dell’as- sociazionismo sociale. L’obiettivo di fondo è stato quello di ricostruire l’esperienza dei cittadini affiliati alle APS, cercando di cogliere le diverse componenti (cognitive e com- portamentali) di questo fenomeno. L’analisi ha quindi riguardato la totalità degli as- sociati presenti in Italia. Il campione, infatti, è riferito alla collettività specifica delle persone iscritte a questi enti e non, in modo generico, ai cittadini in età adulta10. Questo approccio metodologico ha consentito di ampliare lo spettro di osservazione alla varie- gata platea di persone che prendono la tessera di un’associazione. bisogna, inoltre, con- siderare che la ricerca ha esaminato da vicino le pratiche associative, ossia i significati culturali e le azioni concrete riconducibili ad un processo complesso qual è il coinvol- gimento nelle APS11. Una dinamica che comunque non è separata dal vissuto di chi se ne rende artefice. Ciascun associato ha una storia che influisce sui legami che instaura all’interno dell’organizzazione di appartenenza. In tal senso, si è tentato di ricostruire la biografia dei membri delle APS, pur con tutti i limiti imputabili ad un’indagine de- moscopica. Il presente rapporto illustra e commenta i principali risultati della ricerca.

Il capitolo 2 compie una prima ricognizione nella composita base dell’associazionismo sociale. A partire dai settori di attività delle APS, si delineano differenti modi di vivere il legame con l’organizzazione di appartenenza. Il capitolo 3 esamina i risvolti politici dell’azione pro-sociale, cercando di capire se (come e in che misura) gli associati si impegnano anche nella polis, attraverso forme convenzionali (e non) di partecipazione politica. Infine, il capitolo 4 esplora le dimensioni culturali dell’esperienza associativa, individuando alcune pratiche sociali che caratterizzano differenti gruppi di intervistati.

9 Quest’attività volontaria viene svolta non solo nelle associazioni culturali, sportive e ricreative, ma anche in quelle ambientaliste, pacifiste e per i diritti civili. L’indicatore misura in modo abbastanza preciso il volontariato nelle associazioni di promozione sociale, senza creare sovrapposizioni con l’impegno profuso nei partiti, nei sindacati e nelle stesse organizzazioni di volontariato. Infatti, i dati su questi enti vengono raccolti con altre domande nel questionario preparato dall’Istat.

10 Per una descrizione dettagliata dell’impianto tecnico metodologico dell’indagine, ivi comprese le procedure di campionamento adottate, si rimanda alla nota metodologica riportata in allegato.

11 Si veda in proposito il capitolo 4 (paragrafo 4.1).

(21)

1 La base sociale dell’associazionismo:

profili, settori e rappresentazioni

1.1 La galassia associativa: alcune questioni definitorie

Spesso gli studi sul Terzo Settore abbondano nell’uso del termine “base” per quantificare la forza di un’organizzazione. Si tratta di un termine che, nel tentativo di sintetizzare una realtà complessa ed eterogenea, nasconde modi e pratiche di abitare il mondo asso- ciativo assai differenti. Perché in fondo la “base” non è altro che una moltitudine di per- sone ognuna con una propria storia e un proprio percorso di impegno sociale. In breve, la base di un’associazione o di una cooperativa sociale o, ancora, di un’organizzazione volontaria, non è solo un “numero”, ma è costituita da cittadini che attestano in modo diverso il proprio agire pro-sociale: chi attraverso un’iscrizione formale, chi invece come socio di una impresa sociale, chi offrendo il proprio sostegno in forma gratuita. Quando si interpretano questi fenomeni è, dunque, necessario ricercare un equilibrio tra le esi- genze di sintesi (insite nel termine base) e la necessità di far affiorare le diverse mani- festazioni del sociale, pena scadere in un’operazione meramente “contabile” nel primo caso; o il rimanere imbrigliati nelle infinite articolazioni della partecipazione associativa nel secondo caso. L’intensità e il modo in cui viene agito il legame associativo dipen- dono, dunque, dall’interazione di diversi fattori che, in misura diversa, contribuiscono a definire il repertorio dell’impegno pro-sociale. Tra essi giocano un ruolo rilevante gli aspetti connessi alle caratteristiche socio-anagrafiche degli individui (ad esempio, il ge- nere, l’età, il livello d’istruzione, la professione, etc.); l’esperienza associativa e i legami che gli iscritti nelle diverse APS (Associazioni di Promozione Sociale) intrattengono con altre componenti del terzo settore; il loro livello d’impegno sociale; e, infine, i fattori che rimandano più propriamente alle peculiarità del contesto in cui operano le APS, oltre alle funzioni in base alle quali le stesse si strutturano12. In ragione di ciò, nelle prossime pagine si cercherà di esplorare le dimensioni summenzionate, attraverso un’analisi che, partendo dalla descrizione delle principali caratteristiche socio-anagrafiche degli iscritti (par. 1.2), analizzi le dimensioni che informano l’agire pro-sociale (par. 1.3), giungendo, infine, ad offrire un quadro di massima delle diverse articolazioni attraverso le quali si concretizza il legame associativo (par. 1.4).

12 Cfr. Pierpaolo Donati, Luigi Tronca, Il capitale sociale degli italiani. Le radici familiari, comunitarie e associative del civismo, FrancoAngeli, Milano, 2008.

(22)

1.2 La base dell’associazionismo sociale

Un primo identikit dei cittadini iscritti alle associazioni di promozione sociale mette in luce alcuni tratti già evidenziati in altre rilevazioni13. Si tratta prevalentemente di uomi- ni (54,5%14), in età attiva (il gruppo con il minor numero di iscritti è quello degli over65:

15%), con un titolo di studio medio-alto: più della metà degli associati ha infatti con- seguito un diploma di scuola media superiore (53%), mentre il 18,2% è laureato. Per quanto riguarda la condizione occupazionale, si registra una propensione ad associarsi soprattutto tra le fila degli occupati (55,6%): in particolare, è piuttosto rilevante la pre- senza di impiegati ed insegnanti che, complessivamente, rappresentano più di un quarto del campione (26,6%); seguono, in ordine di incidenza, i lavoratori autonomi (15%) e gli operai (10,6%); è infine residuale la quota di dirigenti, funzionari e quadri (3,3% – dati fuori tabella). Questo ritratto tende ad assumere sembianze più composite, introdu- cendo nell’analisi gli ambiti associativi. Nelle pagine che seguono, l’ambito associativo costituirà la variabile su cui ruota l’intero impianto d’analisi. Si tratta di una dimensione fondamentale nel dar conto delle scelte, dei comportamenti e delle motivazioni che sono alla base del legame associativo. Per esigenze di sintesi e di miglior leggibilità del dato, i quindici ambiti associativi previsti nel questionario somministrato al campione degli intervistati sono stati accorpati in cinque macro-settori di attività, usando sia un criterio di affinità tematica, sia uno legato alla robustezza statistica del dato:

• l’ambito culturale-educativo comprende gli iscritti ad associazioni culturali, educa- tive e di orientamento/formazione;

• l’ambito ricreativo e del tempo libero (e quello sportivo) non sono stati aggregati con altre componenti associative;

• mentre le APS che operano in ambito socio-assistenziale e quelle religiose sono sta- te ricondotte ad un unico ambito, in quanto simili su molti profili di risposta;

• infine, l’ambito della globalizzazione comprende tutte le associazioni che cercano di rispondere alle sfide epocali della cosiddetta modernità avanzata: ambiente, pacifi- smo, cooperazione, difesa dei diritti civili e consumo critico.

Nelle APS ricreative e del tempo libero (cfr. fig. 1.1), alle quali aderisce il 27% del cam- pione, emerge una membership ben caratterizzata. Si tratta di persone (sia uomini che donne) in là con gli anni (65 anni ed oltre, 52,9%), ormai in pensione (49,7%), in pos- sesso della licenza elementare (71,8%). Come era facile prevedere, il profilo anagrafico degli iscritti alle associazioni sportive (26,4% del campione) è agli antipodi. Difatti, fre- quentano tali associazioni giovani (18 -30 anni – 58,5%), in prevalenza studenti (71%), con un diploma di scuola media superiore (40,5%). Il tratto anagrafico sembra, dunque, caratterizzare in modo significativo la platea di aderenti alle associazioni ricreative e sportive.

Affiora un tipo di cittadino che si affaccia all’associazionismo per soddisfare un bisogno espressivo, connaturato alla particolare stagione della vita che sta attraversando: la cura del benessere fisico da parte dei giovani; il bisogno di socialità e di svago da parte

13 Cfr. Cristiano Caltabiano, a cura di, Gli anticorpi della società civile. L’Italia che reagisce al declino del paese. IX Rapporto sull’associazionismo sociale in Italia, Carocci, Roma, 2007.

14 In ogni caso l’indagine evidenzia anche una significativa partecipazione delle donne (45,5%).

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di chi, ormai in pensione, colma il proprio tempo in attività ricreative. Per entrambi i profili l’iscrizione ad una associazione non sembra, a prima vista, essere caratterizzata da un forte impegno sociale. Tuttavia, il dato anagrafico non necessariamente conduce ad un’opzione associativa prevalentemente orientata a soddisfare bisogni riconducibili alla sfera individuale. Difatti, il profilo di chi svolge in una APS attività di natura socio- assistenziale (11,5% del totale degli intervistati) è molto simile a quello di chi frequenta un’associazione ricreativa. Anche in questo caso si tratta di ultra sessantacinquenni (23,5%), non in condizione occupazionale (non occupati, 30% e casalinghe, 30,7%) e in possesso della licenza elementare (25,6%). Come si vede la scelta di attivarsi o meno per l’altro è un’eventualità che non dipende esclusivamente dal tempo a disposizione o dalla particolare condizione sociale o anagrafica dell’associato; bensì sembra essere connes- sa, come si vedrà più avanti, al valore che i singoli attribuiscono alla propria adesione associativa. Ad ogni modo, per alcuni tale valore si traduce nell’offerta di servizi socio- assistenziali a chi ne ha bisogno; per altri (22,7% del campione) nell’attivarsi in prima persona in associazioni che si occupano di promozione culturale ed educativa. A queste associazioni aderiscono in prevalenza liberi professionisti (44,8%) oppure impiegati e insegnanti (39,5%), con un titolo di studio elevato (laurea e post-laurea – 46,9%); si tratta per lo più di donne (33,5%), di età compresa fra i 42 e 52 anni (36,3%).

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Fig. 1.1 La scacchiera associativa: caratteristiche socio-anagrafiche degli iscritti per ambito associativo

Ricreativo (27,0%)

Sesso

Sportivo (26,4%)

Sesso

N.S. Maschio (43,2%)

Età Età

65 anni e oltre

(52,9%) 18-30 anni (58,5%)

Titolo di studio Titolo di studio

Licenza elementare

(71,8%) Diploma scuola media

superiore (40,5%) Condizione occupa-

zionale Condizione occupa-

zionale

Pensionato (49,7%) Studente (71,0%)

Culturale educativo (22,7%)

Sesso Femmina (33,5%)

Età 42-52 anni (36,3%)

Titolo di studio Laurea (46,9%) Condizione occupa-

zionale Libero professionista

(44,8%) Impiegato-insegnan-

te (39,5%)

Globalizzazione (12,4%)

Sesso

Socio-assistenziale (11,5%)

Sesso

N.S Femmina (19,5%)

Età Età

53-64 anni (20,7%) 65 anni ed oltre

(23,5%)

Titolo di studio Titolo di studio

n.s. Licenza Elementare

(25,6%) Condizione occupa-

zionale Condizione occupa-

zionale

Casalinga (22,7%) Non Occupato (30,0%)

Pensionato (19,6%) Casalinga (30,7%)

Fonte: Isfol 2008

Statisticamente non significativo.

(25)

In generale i profili socio-anagrafici degli iscritti alle diverse aree associative sembrano sfumare quanto evidenziato da Pizzorno circa la relazione esistente tra la centralità di un individuo nella società e il suo livello di dotazione culturale, professionale ed economica:

“tanto più è alto il titolo di studio di una persona, tanto più essa è vicina al centro”15. Da qui Pizzorno deduce che la probabilità di un individuo di partecipare in modo attivo alla vita politica e sociale di una comunità è tanto maggiore quanto più alto è il suo status sociale. Tuttavia tale relazione tra capitale culturale/sociale e partecipazione non è affat- to scontata, almeno per quanto riguarda l’impegno associativo. In relazione a tale tipo di coinvolgimento, la tesi di Pizzorno sembra essere congruente soprattutto per gli iscritti ad associazioni afferenti all’area culturale-educativa, mentre si espone ad una serie di controdeduzioni negli altri casi. Ad esempio, il profilo di chi frequenta associazioni spor- tive si attaglia all’idea di una persona centrale, almeno per quel che riguarda la dotazione di capitale culturale; malgrado ciò è evidente che gli iscritti a questo tipo di associazioni optano per una forma di partecipazione più blanda, connessa prima di ogni altra cosa al soddisfacimento di bisogni personali, piuttosto che alla propensione ad attivarsi nei con- fronti degli altri. D’altra parte, nel gruppo degli iscritti ad associazioni socio-assistenziali è prevalente un tipo di associato che, stando sempre al modello di Pizzorno, sembra essere un cittadino “periferico” e quindi poco incline alla partecipazione; in realtà, sono proprio costoro, come si vedrà in seguito, ad essere maggiormente coinvolti nella pratica associativa. Rispetto alla partecipazione politica, l’impegno associativo è dunque meno vincolato al retroterra culturale e allo status sociale di un individuo. Altri fattori legati al vissuto, alle motivazioni, alla sensibilità verso determinati temi e alla sfera valoriale del singolo sembrerebbero favorire l’attivazione pro-sociale.

Indicatori che indirettamente riconducono a tali dimensioni sono: il livello di conoscen- za degli intervistati verso i temi e le istanze portate avanti dall’associazione e l’ampiezza delle relazioni e delle affiliazioni che l’individuo ha costruito nell’arco del tempo all’in- terno della galassia associativa e, più in generale, del terzo settore. Per quanto riguarda l’informazione si è presa in considerazione la frequenza con la quale si seguono tra- smissioni televisive d’approfondimento16 (inchieste giornalistiche, programmi culturali e di denuncia sociale, etc.). Mentre, per quel che riguarda il network associativo/civico dell’individuo si analizzeranno due variabili: il numero di associazioni di promozione sociale alle quali ciascun intervistato ha dichiarato di essere iscritto e l’affiliazione ad altre organizzazioni del terzo settore (gruppo-organizzazioni di volontario, cooperative sociali, partiti, associazioni sindacali, etc.).

Il livello di interesse su temi di natura sociale (cfr. graf. 1.1) è alquanto variabile nel pas- saggio dall’ambito socio-assistenziale (35,2%) a quello relativo ai temi della globalizza- zione (58%). In particolare nel grafico sono evidenti due diverse aree d’intensità infor- mativa. Nell’ambito socio-assistenziale, ricreativo e sportivo la quota di quanti seguono

15 Cfr. Alessandro Pizzorno, Le radici della politica assoluta e altri saggi, Feltrinelli, Milano, 1993, p. 115.

16 Al fine di valutare il livello d’informazione del campione, il questionario prevedeva che gli intervistati indicassero la frequenza settimanale (da “Mai” a “Tutti i giorni” ) con la quale utilizzano determinati canali d’informazione: quotidiani, settimanali e periodici di attualità, TG, trasmissioni televisive di approfondimento e Internet. Per analizzare il grado di interesse degli intervistati sull’attualità politica e sociale, si è scelto di utilizzare il canale “trasmissioni televisive di approfondimento”, in quanto si tratta di una scelta che non necessariamente implica la dotazione di particolari risorse culturali ed economiche (come nel caso di Internet) e che richiede comunque una fruizione attiva e consapevole da parte dell’utente.

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in modo assiduo programmi d’approfondimento arriva al massimo al 38,8%. Mentre nei restanti ambiti associativi, l’incidenza degli iscritti che s’informano costantemente è del 47% fra quanti aderiscono ad associazioni culturali ed educative e raggiunge il 58% tra gli affiliati ad associazioni che affrontano i temi della globalizzazione. Tra gli ambiti che implicano una maggiore predisposizione verso l’Altro, solo quello socio- assistenziale presenta livelli modesti d’informazione. In parte ciò è connesso sia al basso livello d’istruzione che caratterizza gli iscritti a questo settore, sia alle finalità proprie di un associazionismo di tipo assistenziale, in cui ciò che conta è la disponibilità all’aiuto.

In altre parole, in quest’ambito gli associati mostrano un tipo di partecipazione che si coniuga con il fare, frequentando regolarmente l’associazione e offrendo il proprio so- stegno alla fattiva realizzazione dei servizi da essa posti in essere.

Graf. 1.1 Frequenza con la quale si seguono trasmissioni di approfondimento tematico: “Tutti i giorni o quasi” per ambito associativo (%)

35,2 37,9 38,8

47,0

58,0

0 10 20 30 40 50 60 70

Socio-assistenziale Ricreativo Sportivo Culturale- educativo

Globalizzazione

Fonte: Isfol 2008

Il profilo degli associati di questo ambito ricorda l’immagine del volontario, pronto al sostegno del prossimo, offrendo il proprio contribuito in modo gratuito e concreto. Un tipo di partecipazione questa, come si avrà modo di approfondire, agli antipodi rispetto a quella che affiora nell’ambito delle associazioni di critica alla globalizzazione. In que- sto contesto associativo emerge difatti un tipo di partecipazione civica che si alimenta soprattutto attraverso la condivisione di ideali e motivazioni connessi a particolari te- matiche, mentre è meno rilevante il coinvolgimento diretto degli associati all’organiz- zazione e alla programmazione delle attività poste in essere da queste associazioni.

In breve, si tratta di una partecipazione consapevole e di vicinanza valoriale, più che di una partecipazione agita all’interno della struttura di riferimento. L’immagine che si ha dell’iscritto a queste associazioni è quella del sostenitore più che del militante, ovvero di colui che si adopera a sostenere, attraverso contributi economici e scambio d’informazioni, le azioni poste in essere dalle organizzazioni che si occupano di temi di portata globale. Non è un caso che proprio in questo ambito è rilevante il numero degli

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iscritti che quotidianamente accedono ad internet per animare forum, newsgroup, blog e siti d’informazioni su questioni sociali e politiche di attualità (34,1% contro il 24,9%

dell’intero campione – dati fuori tabella).

Per quanto riguarda gli ambiti afferenti ad attività sportive e ricreative, il dato sul livello d’informazione è vicino a quello campionario (40,4%). In altri termini l’informazione di approfondimento non caratterizza gli affiliati a queste APS: un dato significativo, soprattutto se si considera che si tratta di giovani con un elevato livello d’istruzione, trattandosi perlopiù di studenti universitari. Quest’ultima considerazione rafforza ul- teriormente l’immagine di un modo di vivere l’ambito associativo più orientato al Sé che all’esterno sociale. Da ultimo l’elevato livello d’informazione registrato in ambito culturale-educativo è coerente con la fisionomia prevalente tra gli iscritti a questo tipo di associazioni: centrali tanto da un punto di vista professionale, quanto da un punto di vista dei mezzi e delle risorse cognitive, culturali ed informative a loro disposizione.

Passando ad analizzare lo spettro delle relazioni che gli associati intrattengono con altri corpi intermedi della società civile o con altre APS (tab. 1.1), emerge in generale un discreto dinamismo intersettoriale, mentre risulta alquanto attenuata la partecipazione intrasettoriale. Difatti, se circa un terzo del campione (32%) ha dichiarato di essere iscritto ad altre realtà della società civile, la percentuale di quanti frequentano più di una APS scende a meno del 15% del totale degli associati.

Tab. 1.1 I legami della partecipazione sociale Ambito Iscrizione ad altre

organizzazioni della società civile* Iscrizione ad altre APS

No Totale No Totale

Socio-assistenziale 50,8 49,2 100,0 32,0 68,0 100,0

Ricreativo 38,7 61,3 100,0 20,7 79,3 100,0

Sportivo 23,9 76,1 100,0 16,7 83,3 100,0

Culturale-

educativo 39,3 60,7 100,0 25,4 74,6 100,0

Globalizzazione 49,3 50,7 100,0 24,6 75,4 100,0

Totale 32,0 68,0 100,0 14,3 85,7 100,0

Fonte: Isfol 2008

* Organizzazioni di volontariato, cooperative sociale, associazioni o fondazioni di partito, associazioni di categoria o sindacali.

Sono soprattutto gli iscritti ad associazioni che operano in ambito socio-assistenziale (50,8%) e che si occupano di tematiche connesse alla globalizzazione (49,3%) ad es- sere attivi in altre rappresentanze sociali. Più attenuato, anche se comunque superiore al dato campionario, è il dinamismo intersettoriale degli associati afferenti agli am- biti culturale-educativo (39,3%) e ricreativo (38,7%); mentre di segno contrario è la propensione degli iscritti alle APS attive nel settore dello sport, dove l’incidenza della multi-appartenenza è inferiore di otto punti percentuali al dato medio (23,9%). In parte, questa differenza tra l’ambito sportivo e gli altri settori associativi è connessa alla gio-

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vane età (18-30 anni) e allo status occupazionale prevalente (studenti universitari) che contraddistingue coloro che frequentano associazioni sportive. La scelta di iscriversi ad un sindacato, un partito, un’associazione di categoria o una cooperativa sociale è legata alla precondizione di essere occupati o quantomeno pensionati. Sicché, per un giova- ne studente la probabilità di far parte di organizzazioni di questo tipo è assai minore, rispetto ad un adulto occupato o in stato di quiescenza. Tuttavia, il nesso tra caratteri- stiche socio-anagrafiche degli iscritti e capacità di ampliare il proprio ventaglio parte- cipativo non è sufficiente a interpretare il dinamismo intersettoriale mostrato da alcuni intervistati. A rafforzare o indebolire tale propensione contribuiscono altri fattori, primo fra tutti il tipo di associazione alla quale si è scelto di aderire. Ad esempio, considerando la sola categoria dei giovani, e tenendo così sotto controllo la dimensione anagrafica, ri- affiora la relazione tra tipo di ambito associativo e impegno: se effettivamente i giovani che frequentano associazioni sportive manifestano un atteggiamento di chiusura verso altre forme di partecipazione, i loro pari età iscritti ad altre organizzazioni presentano livelli di partecipazione intersettoriale assai più elevati. In ambito sportivo la probabilità che un giovane sia iscritto ad altri corpi intermedi della società civile è pari ad uno su cinque; mentre nei restanti ambiti la stessa probabilità sale ad un iscritto su due.

In breve, il raggio della partecipazione sociale e civica è condizionata da fattori ricondu- cibili tanto al particolare profilo socio-anagrafico dell’iscritto, quanto al tipo di contesto associativo nel quale si muovono gli individui. Una parziale conferma di quanto poc’anzi esposto, arriva dall’analisi relativa all’andamento dell’attivismo intrasettoriale. Ancora una volta il settore socio-assistenziale (32%), culturale-educativo (25,4%) e quello della globalizzazione (24,6%) sono gli ambiti dove si riscontra una maggiore tendenza ad af- filiarsi a molteplici enti. Di contro, gli iscritti all’ambito ricreativo (20,7%) e, soprattutto, a quello sportivo (16,7%) denotano un atteggiamento maggiormente improntato alla frequentazione esclusiva di un’unica APS.

Al di là dei dati, ciò che più colpisce è la ricorrenza con la quale emergono due diversi modi di accostarsi all’esperienza associativa: da un lato vi sono quanti la vivono all’in- segna di un forte coinvolgimento che si estende ad altre realtà del sociale; dall’altro si posizionano coloro che si caratterizzano per uno stile di partecipazione per molti versi disimpegnato e circoscritto ad un singolo ambito associativo.

Allargando il quadro, tale divergenza è riconducibile alle tradizionali categorie d’analisi che spesso ricorrono nelle scienze sociali, quando si vuole dar conto del comportamento pro-sociale degli individui. La scelta di aderire ad una APS viene di solito ricondotta a motivazioni che, al di là delle formule concettuali utilizzate dagli studiosi, risultano essere diametralmente opposte: agire strumentale vs espressivo; orientamento pubblico vs privato; valori particolaristici vs universalistici. Partendo da queste antitesi, si inter- pretano, di volta in volta, i diversi stili di partecipazione degli associati. In quest’ottica, l’ambito sportivo sembra configurare un modo di vivere la prassi associativa radical- mente diverso da quello tipico dell’ambito culturale-educativo. In un caso, sembrerebbe affiorare uno stile di fruizione di tipo strumentale, particolaristico e orientato al sé;

nell’altro, si delinea un sentire associativo che fa leva su un registro espressivo, univer- salistico e orientato all’altro.

A partire da tali considerazioni occorre approfondire il nesso tra il modo di concepire il proprio impegno associativo e la sua effettiva realizzazione. In altri termini, è neces-

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sario esaminare il legame che intercorre tra la rappresentazione dell’impegno e la sua concreta espressione.

Una prima interpretazione di tale legame è emersa dall’analisi delle variabili sin qui prese in esame. Difatti, le dimensioni analizzate possono essere considerate alla base del potenziale di attivazione del comportamento pro-sociale degli associati. Detto al- trimenti, la propensione o meno degli iscritti ad approfondire temi e istanze promosse all’interno di un dato ambito associativo o il tipo e l’ampiezza del loro ventaglio d’affi- liazione, rappresentano fattori abilitanti del comportamento pro-sociale. Ciò porterebbe ad ipotizzare che proprio negli ambiti dove è più robusto il capitale informativo ed ampia la rete delle affiliazioni, vi sia una maggiore partecipazione delle persone alla vita sociale e civica del paese.

1.3 La partecipazione associativa

Per verificare l’ipotesi avanzata in chiusura del precedente paragrafo si prenderanno in considerazione un set di indicatori connessi alla pratica associativa: la durata dell’espe- rienza associativa, la frequenza con la quale si partecipa alle attività promosse dalle as- sociazioni di riferimento e, infine, l’attività di volontariato che gli iscritti eventualmente svolgono all’interno e all’esterno delle stesse.

Oltre la metà degli intervistati (54,5%) è iscritta ad un’associazione di promozione so- ciale da non oltre cinque anni (tab. 1.2). Di essi, un ottavo è rappresentato da asso- ciati alle prime armi (meno di un anno, 12,9%); mentre il 41,6% degli iscritti dichiara un’esperienza associativa compresa tra uno e cinque anni. Il restante 45,5% del cam- pione si distribuisce al suo interno quasi equamente tra coloro che vantano un’iscrizione al mondo associativo compresa tra i 6 e i 10 anni (22,2%) e chi, invece, ha una tessera da oltre 10 anni (23,3%).

Tab.1.2 Esperienza associativa per ambito associativo Ambito associativo

Esperienza associativa Meno di

1 anno 1-5 anni 6-10 anni Oltre

10 anni Totale

Culturale educativo 11,7 38,7 25,8 23,8 100,0

Ricreativo 12,6 36,9 24,9 25,6 100,0

Sportivo 16,8 46,2 20,3 16,8 100,0

Socio-assistenziale 6,6 37,7 27,0 28,7 100,0

Globalizzazione 9,0 34,3 22,4 34,3 100,0

Totale 12,9 41,6 22,2 23,2 100,0

Fonte: Isfol 2008

Prendendo in considerazione i settori associativi è agevole osservare dalla tabella che la quota più cospicua sia di neofiti sia di iscritti da non più di cinque anni è appannaggio dell’ambito sportivo (rispettivamente 16,8% e 46,2%); di contro, tanto nell’ambito dei

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temi della globalizzazione quanto in quello socio-assistenziale, si registra una maggiore incidenza degli iscritti con oltre 10 anni di esperienza associativa (nel primo caso il dato sfiora il 35%, nel secondo si attesta poco al disotto del 29%). Infine, nei restanti ambiti si evidenziano andamenti delle distribuzioni di frequenza prossime al dato medio. Tale appiattimento della distribuzione sul dato campionario induce a ritenere che, in questi contesti associativi, l’esperienza non sia un elemento caratterizzante. Ciò porta a pen- sare che questi settori siano caratterizzati da una partecipazione trasversale alle diverse classi d’età, al contrario di quanto si riscontra negli ambiti sportivo e socio-assistenziale, dove la prevalenza degli associati è rispettivamente costituita da giovani e da ultra sessantacinquenni.

Di tutt’altro rilievo statistico è il rapporto tra frequenza di partecipazione alle attività promosse delle APS e il settore in cui esse operano (tab. 1.3). L’andamento generale evidenzia un’elevata concentrazione di intervistati tra quanti hanno sostenuto di fre- quentare l’associazione alla quale sono iscritti almeno una volta alla settimana (54,7%).

Poco più di un quarto del campione (28,1%) indica di recarsi nella APS di cui è membro almeno una volta al mese. In sintesi, l’82,8% degli iscritti dichiara una partecipazione associativa piuttosto assidua. Viceversa, risulta alquanto residuale la quota di coloro che frequentano in modo sporadico (13,7%) o mai (3,5%) la propria associazione.

Tab. 1.3 Frequenza associativa per ambito associativo

Ambito associativo

Frequenza Mai

Qualche volta durante

l’anno

Almeno una volta al mese

Almeno una volta alla

settimana Totale

Culturale educativo 2,4 14,5 35,7 47,4 100,0

Ricreativo 0,3 15,3 31,9 52,4 100,0

Sportivo 1,4 7,7 15,3 75,6 100,0

Socio-assistenziale 0,8 16,1 21,8 61,3 100,0

Globalizzazione 13,4 23,6 24,4 38,6 100,0

Totale 3,5 13,7 28,1 54,7 100,0

Fonte: Isfol 2008

Tuttavia, il dato campionario nasconde significative differenze tra i diversi ambiti as- sociativi. Nove iscritti su dieci ad associazioni sportive frequentano con regolarità la propria APS di riferimento: almeno una volta a settimana il 75,6% e almeno una volta al mese il 15,3%. Questa frequentazione costante è connaturata al tipo di attività poste in essere da tali organizzazioni: solitamente la cura del corpo implica una certa rego- larità nelle attività sportive. Un’osservazione analoga può estendersi all’ambito socio- assistenziale: anche in questo contesto la realizzazione dei servizi di cura o di sostegno sociale richiede un presidio costante da parte degli operatori/associati. Non è un caso che il 61,3% degli iscritti assicuri il proprio contributo almeno una volta alla settimana, mentre il 21,8% garantisce la propria disponibilità almeno una volta al mese.

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