democrazia: partecipazione e politica ai tempi dell’anti-politica
2.2 I comportamenti pro-sociali degli associati: donazioni, consumi e volontariato
Gli associati non si limitano a partecipare, in modo più o meno diretto, alle attività por-tate avanti dall’organizzazione alla quale aderiscono; sono anche artefici di una serie di comportamenti nei quali dimostrano vari gradi di pro-socialità; ovvero, attraverso azioni come le donazioni, il volontariato e le forme alternative di consumo esprimono il proprio altruismo. I casi appena citati, pur essendo raggruppabili sotto una stessa matrice, sono molto diversi fra di loro. Nel caso delle donazioni e delle altre forme di uso sociale del denaro (il cinque per mille piuttosto che l’acquisto di un prodotto del commercio equo e solidale) il coinvolgimento personale è limitato, mentre per coloro che fanno volontaria-to la gratuità del gesvolontaria-to è accompagnata da un “dispendio” di tempo ed energie emotive nettamente superiore. Queste distinzioni analitiche rendono conto dello schema che si seguirà nella presentazione dei comportamenti pro-sociali agiti dagli italiani associati.
In pratica, tenendo sullo sfondo l’esperienza associativa, si procederà verso l’esterno analizzando da prima le forme, per così dire, più blande di azione pro-sociale, per poi passare alle attività con un’alta intensità di impegno. Occorre precisare da subito che dall’indagine emerge una decisa articolazione dei comportamenti pro-sociali: accanto a quegli individui che non agiscono altre forme di impegno al di fuori della propria asso-ciazione, ci sono coloro che esprimono in modo differenziato il loro altruismo.
Iniziando con i comportamenti pro-sociali meno impegnativi (tab. 2.1), azioni per molti versi vicine alla filantropia, si può notare che nel corso degli ultimi dodici mesi il 38% de-gli intervistati ha firmato per la destinazione del 5 per mille sulla dichiarazione dei reddi-ti; il 17,3% ha, invece, versato del denaro per sostenere un bambino bisognoso (adozioni a distanza); mentre il 40,8% degli intervistati ha fatto almeno una donazione in denaro.
33 Ulrich beck, evidenzia come si siano delineati nuovi modelli di azione politica che hanno per protagonista la società civile; questa tendenza contribuisce ad un allargamento dei confini della politica verso ambiti che tradizionalmente e formalmente non erano compresi nello spazio della democrazia. beck definisce questo processo in termini di “sub-politicizzazione”(cfr. Ulrich beck, The Reinvention of Politics: Rethinking Modernity in the Global Social Order, London, blackwell Publishing, 1997. Sulla stessa linea, si vedano anche le riflessioni di Mary Kaldor sulla global civil society cfr. Mary Kaldor, Global Civil Society: An Answer to War, Cambridge, Polity Press, 2003.
Tab. 2.1 Usi sociali del denaro e solidarietà a distanza per ambito associativo (%) Ambito
associativo
Cinque per mille Donazioni Adozioni a distanza
Sì No Totale Sì No Totale Sì No Totale
Culturale-educativo 44,4 55,6 100,0 36,9 63,1 100,0 21,0 79,0 100,0
Ricreativo 36,0 64,0 100,0 35,7 64,3 100,0 16,0 84,0 100,0
Sportivo 35,5 64,5 100,0 31,4 68,6 100,0 13,0 87,0 100,0
Socio-assistenziale 49,2 50,8 100,0 49,2 50,8 100,0 25,8 74,2 100,0 Globalizzazione 56,5 43,5 100,0 59,4 40,6 100,0 26,8 73,2 100,0
Totale 38,0 62,0 100,0 40,8 59,2 100,0 17,3 82,7 100,0
Fonte: Isfol 2008
Scomponendo i dati a seconda dell’ambito associativo di appartenenza degli associati, si riscontra una diffusione disuguale di ciascuno dei tre comportamenti. Nell’ambito delle associazioni legate ai temi della globalizzazione, il 56,5% degli intervistati ha destinato al sociale il 5 per mille dell’Irpef: in questo settore, tale tipo di elargizione benefica sembra rappresentare un surrogato della partecipazione associativa. Come si è visto nel capitolo precedente, all’interno di queste realtà associative, il coinvolgimento degli iscritti tende ad essere meno diretto, a causa della dimensione e dell’articolazione delle strutture; in questo senso l’associato tende a coincidere con il sostenitore.
Comunque, rispetto al cinque per mille, si registrano valori superiori al dato campionario anche all’interno del settore socio-assistenziale (49,2%) e tra le associazioni di stampo culturale-educativo (44,4). Lo stesso andamento si riscontra per quel che riguarda le adozioni a distanza, dove gli aderenti ad associazioni dei tre ambiti appena menzionati fanno riscontrare valori più alti a quelli dell’intero campione (rispettivamente 26,8%, 25,8% e 21%). Per quel che riguarda invece le donazioni, coloro che si impegnano nell’ambito della critica alla globalizzazione sono anche molto più disponibili a donare somme di denaro a sostegno di cause a loro parere meritevoli (59,4% vs. 40,8%); una propensione simile ma meno marcata (49,2% vs. 40,8%) è presente nell’ambito socio-assistenziale.
Nel complesso, gli associati sembrano dimostrare una spiccata disponibilità verso le elargizioni in denaro: ben il 57% ha compiuto almeno una delle azioni di beneficenza appena esaminate. Tra gli associati la filantropia sembra essere diventata una consue-tudine. Una parziale conferma può essere trovata nelle diverse combinazioni che può assumere l’uso sociale del denaro all’interno del campione di associati (tab.2.2).
Tab. 2.2 I canali della filantropia (%) Combinazioni
Un canale 28,3
di cui:
5 per mille 13.6
Donazioni 11.3
Adozioni a distanza 3.4
Due canali 18,3
di cui:
5 per mille + donazioni 14.8
5 per mille + adozioni a distanza 2.0
Donazioni + adozioni a distanza 1.5
Tre canali (5 per mille + donazioni + adozioni a distanza) 10.3
Nessuno 43.0
Totale 100.0
Fonte: Isfol 2008
Lasciando da parte quella quota consistente di intervistati che nel corso dell’ultimo anno non ha fatto nessun tipo di elargizione (43%), coloro che si sono limitati ad una sola azione sono il 28,3% (tra costoro il 13,6% ha destinato il 5 per mille, l’11,3% ha fatto una donazione e il 3,4% ha dato un contribuito per una adozione a distanza); il 18,3% degli associati ha invece deciso di usare il proprio denaro a scopi sociali in due occasioni (la combinazione maggiormente frequente è quella tra 5 per mille e donazioni 14,8%). Infine, dieci associati su cento hanno dato il proprio denaro attraverso tutti e tre i canali.
Tornando ad un livello d’analisi più generale, è invece necessario comprendere le ca-ratteristiche che distinguono gli associati che hanno elargito una qualche somma per cause sociali e coloro che invece non hanno ritenuto di fare altrettanto. La variabile che meglio aiuta a spiegare questa differenza è lo status socio-economico (tab. 2.3). Dai dati si riscontra una spiccata correlazione tra condizione socio-economica e liberalità:
tra gli intervistati con una posizione sociale elevata, il 70% ha, nel corso dell’anno pas-sato, fatto una qualche elargizione in denaro; la percentuale diminuisce al calare dello status, passando al 56,4% per il livello medio e, infine, si ferma al 40,9% per i soggetti con una posizione socio-economica bassa: al di là dell’ovvio influsso della componente economica dello status, è interessante notare come l’interazione tra vantaggi materiali e maggiori capacità cognitive (titolo di studio) influenzi positivamente i comportamenti donativi.
Tab. 2.3 Elargizioni in denaro per status socio-economico (%)
Status* Elargizioni in denaro
Totale
no sì
Alto 30.0 70.0 100.0
Medio 43.6 56.4 100.0
basso 59.1 40.9 100.0
Totale 42.9 57.1 100.0
* Lo status è una variabile indice costruita in due fasi. Inizialmente si è incrociata la professione dell’intervistato con una domanda sulla difficoltà a far fronte ai consumi primari (tale quesito è stato considerato una proxy del reddito), una volta ridotto lo spazio d’attributi si è ottenuto un indice a tre posizioni che è stato a sua volta incrociato con il titolo di studio. Per “alto status” si intende quindi un individuo con una posizione professionale superiore (imprenditore, dirigente, quadro), che nel corso dell’ultimo anno non ha avuto problemi economici ed è in possesso di un titolo di studio elevato.
Fonte: Isfol 2008
Sebbene l’analisi di questo nesso fornisca un contributo esplicativo notevole, non bi-sogna dimenticare che alla base degli usi sociali del denaro spesso si ritrovano sostrati valoriali che portano gli individui a superare i limiti oggettivi della propria condizione economica. Difatti, se si introduce una variabile come la frequenza ai riti religiosi si notano elementi di notevole interesse per comprendere le motivazioni che sottostanno ai comportamenti donativi (tab. 2.4).
Tab. 2.4 Elargizioni in denaro a seconda dello status e della frequenza ai riti religiosi (%) Partecipazione ai riti
religiosi Status socio-economico
Elargizioni in denaro
Totale
no sì
Assente
Alto 47.3 52.7 100.0
Medio 56.7 43.3 100.0
basso 76.8 23.2 100.0
Totale 58.6 41.4 100.0
Sporadica
Alto 33.6 66.4 100.0
Medio 50.0 50.0 100.0
basso 62.8 37.2 100.0
Totale 47.5 52.5 100.0
Assidua
Alto 12.9 87.1 100.0
Medio 27.3 72.7 100.0
basso 40.0 60.0 100.0
Totale 25.6 74.4 100.0
Fonte: Isfol 2008
A parità di posizione sociale, si riscontra una carica donativa superiore tra gli associati con un maggior livello di partecipazione ai riti religiosi: prendendo come termine di pa-ragone gli intervistati con un’alta posizione socio-economica, laddove la partecipazione alle funzioni religiose è assente si ha il 57,1% di individui che hanno fatto una o più donazioni; tale percentuale sale al 66,4% nei casi di frequenza sporadica per arrivare all’87,1% tra coloro che partecipano in modo assiduo alla messa. Se, invece, si conside-rano le persone con un basso status si nota che in caso di assidua frequenza alle funzio-ni religiose il 60% ha fatto una qualche donazione, contro il 23,2% di chi non partecipa a tali funzioni. L’analisi trivariata suggerisce che i comportamenti donativi dipendono sia dallo status, sia dalla religiosità dell’individuo, creando quello che si definisce un effetto cumulativo34: ovvero l’influsso di queste due variabili prese assieme è superiore alla somma del contributo delle singole variabili (87,1% di effetto cumulativo – cfr. tab.
2.4 – contro il 70% – tab. 2.335). Dalla disamina dei comportamenti filantropici degli associati si rileva, dunque, una netta propensione donativa: sia tramite esborsi diretti sia attraverso un meccanismo indiretto come il 5 per mille, costoro usano il proprio denaro a scopi sociali; ovviamente tale attitudine è più netta tra coloro che hanno uno status superiore e possono quindi contare su risorse economiche più consistenti; all’interno di questo gruppo si delinea anche un’ulteriore distinzione tra coloro per i quali i compor-tamenti donativi rappresentano un modo per esprimere le proprie convinzioni religiose.
Un’altra azione pro-sociale che si esplica tramite un uso socialmente consapevole del denaro è legata alle forme di consumo alternativo. Il cosiddetto “consumo critico” e l’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale sono due esempi di come le scelte di acquisto possano diventare, per aggregazione dei comportamenti individuali, tasselli di azione collettiva36.
Sebbene, la connotazione “politica” di queste forme di consumo sia controversa37, non è inappropriato annoverare il consumo tra quelle azioni che, pur non avendo degli espliciti risvolti politici, evidenziano un maggior livello di attenzione nei confronti dell’interes-se pubblico. In aggiunta a questa precisazione teorica, bisogna rilevare che esiste un abbondante materiale empirico che testimonia la maggiore diffusione di queste forme di comportamento tra coloro che già agiscono una qualche altra forma di partecipa-zione sociale e politica38. Andando a controllare la diffusione di questi comportamenti all’interno del campione di associati (tab. 2.5) si riscontra che in generale il consumo critico interessa il 28,9% degli intervistati; mentre il 37,8% ha acquistato prodotti del commercio equo e solidale. Disaggregando le informazioni a seconda dell’ambito
asso-34 Morris Rosenberg, La logica dell’analisi trivariata, Milano, Franco Angeli, 2003, pp 171-174.
35 Dall’incrocio tra la variabile relativa alle donazioni e la frequenza ai riti religiosi si ricava che il 74,6%
degli intervistati con una partecipazione religiosa assidua avevano fatto almeno una donazione nell’anno precedente.
36 Secondo Michele Micheletti, le forme più consapevoli di consumo critico possono essere definite “azioni collettive individualizzate”; Michele Micheletti, Political Virtue and Shopping, New York, Palgrave MacMillan, 2003, p. xi.
37 Cfr. Roberta Sassatelli, “Consumi e democrazia. Consumi critici, mercati alternativi, giustizia globale” in Paola Rebughini, Roberta Sassatelli, a cura di, Le nuove frontiere dei consumi, Verona, Ombre. Corte, 2008.
38 Cfr. Massimo Lori, Federica Volpi, “Partecipare consumando. La cultura politica dei consumatori responsabili” in Rebughini, Sassatelli, op. cit. pp. 100-114; Massimo Lori, Federica Volpi, Scegliere il bene.
Indagine sul consumo responsabile, Milano, FrancoAngeli, 2007; Luigi Ceccarini, Consumare con impegno, Roma-bari, Laterza, 2008.
ciativo, si nota che il consumo critico è maggiormente diffuso tra gli iscritti ad asso-ciazioni culturali/educative (41,3%) o socio-assistenziali (39,8%); in terza posizione ci sono gli iscritti ad associazione impegnate sui temi della globalizzazione. Considerando l’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale, le prime posizioni della graduato-ria cambiano: compra prodotti solidali il 50,7% degli iscritti alle associazioni di critica della globalizzazione, il 50,4% di aderenti a realtà di ambito culturale-educativo e il 44,5% di associati in ambito socio-assistenziale. La predominanza degli aderenti alle organizzazioni di critica alla globalizzazione nell’acquisto di prodotti equi e solidali può essere fatta risalire alla contiguità tra circuiti distribuitivi e movimenti alter-global: le botteghe del commercio equo e solidale sono spesso il collettore di altre esperienze di consumo alternativo (gruppi d’acquisto solidale; turismo responsabile, ambientalismo e riciclo)39; si tratta di spazi d’acquisto mediamente più “militanti”, anche perché spesso vicini alla galassia dell’autogestione e dei centri sociali40.
Tab. 2.5 Consumo critico e acquisto di prodotti del commercio equo e solidale per ambito associativo (%)
Ambito
asso-ciativo Consumo critico
Acquisto di prodotti del commercio equo e
solidale
Sì No Totale Ambito
associativo Sì No Totale
1
Culturale-educativo 41,3 58,7 100,0 1
Globalizza-zione 50,7 49,3 100,0
2
Socio-assistenziale 39,8 60,2 100,0 2
Culturale-educativo 50,4 49,6 100,0 3
Globalizza-zione 34,8 65,2 100,0 3
Socio-assistenziale 44,5 55,5 100,0
4 Sportivo 25,3 74,7 100,0 4 Sportivo 36,5 63,5 100,0
5 Ricreativo 23,7 76,3 100,0 5 Ricreativo 31,0 69,0 100,0
Totale 28,9 71,1 100,0 Totale 37,8 62,2 100,0
Fonte: Isfol 2008
Al di là delle differenze tra i vari comparti associativi, interessa approfondire a quali condizioni gli individui decidano di passare da uno stile di consumo massificato e poco consapevole a forme di consumo responsabile. Il consumo è spesso un atto irriflesso, che subisce una serie di condizionamenti esterni; decidere di non acquistare un determina-to prodotdetermina-to perché nella sua produzione non vengono rispettati i diritti delle persone, degli animali o dell’ambiente è un atto essenzialmente cognitivo; un atto che implica la comprensione di meccanismi di produzione che il consumatore medio non conosce
39 Cfr. Luigi Ceccarini, “I luoghi dell’impegno. Tra botteghe del mondo e supermarket” in Rebughini, Sassatelli, op. cit., pp. 145-160.
40 Antonio Famiglietti, “Consumi in movimento. Consumi alternativi e centri sociali” in Rebughini,, Sassatelli, op. cit., pp. 161-173.
e che, molto spesso, i produttori si guardano bene dall’esplicitare. Sulla scia di queste considerazioni si può comprendere come l’influenza del livello di informazione sulle due forme di consumo responsabile sia notevole (tab. 2.6).
Tab. 2.6 Il ruolo dell’informazione nelle pratiche di consumo responsabile (%) Livello di
informazione *
Consumo critico Acquisti prodotti commercio equo e solidale
Sì No Totale Sì No Totale
Alto 42,6 57,4 100,0 52,6 47,4 100,0
Medio 28,1 71,9 100,0 42,6 57,4 100,0
basso 17,4 82,6 100,0 21,0 79,0 100,0
Totale 29,2 70,8 100,0 38,2 61,8 100,0
* Il livello di informazione è una variabile indice ottenuta in due fasi: in un primo momento è stata riaggregata la frequenza con la quale gli intervistati leggevano giornali non sportivi, seguivano programmi di approfondimento e acquistavano riviste di attualità (si è passati da una scala temporale a cinque posizioni ad una a tre); in un secondo momento, dopo aver incrociato le diverse modalità informative, si è proceduto ad una riduzione dello spazio di attributi cercando di bilanciare il contribuito delle diverse fonti d’informazione.
Fonte: Isfol 2008
Al salire del livello di informazione aumenta anche la percentuale di individui che di-chiarano di “agire” forme di consumo critico (dal 17,4% degli associati con un basso livello di informazione si arriva al 42,6% di coloro che hanno un livello alto). Lo stesso andamento si riscontra rispetto ai prodotti del commercio equo e solidale: dal 21% al 52,6%.
Si è detto che tra i vari comportamenti pro-sociali il consumo responsabile è quello con una maggiore componente cognitiva: la scelta di acquisto si basa sulla presa di consapevolezza che il proprio gesto è un contributo ad una più complessiva critica dei meccanismi del sistema produttivo; in questo senso, un esempio classico sono le azioni di “buycott”, ovvero la decisione di non acquistare un determinato bene di consumo perché l’azienda che lo produce è socialmente poco responsabile. Le persone che, ad esempio, scelgono di non acquistare i prodotti di una multinazionale è molto proba-bile che conoscano le violazioni ambientali e le vessazioni sui lavoratori che l’azienda compie nei paesi dove hanno sede i suoi stabilimenti produttivi. Il consumo è dunque un comportamento pro-sociale, dove la componente informativa è fondamentale: la netta correlazione tra questo genere di scelte d’acquisto e il livello di informazione lo dimostra. A ciò si aggiunga che il 47,6% dei consumatori critici usa in modo assiduo Internet (dato fuori tabella). In questi casi, l’uso della rete ha una funzione di contro-informazione, poiché attraverso internet è possibile accedere a molteplici web-site, blog e forum all’interno dei quali si dibattono e si promuovono campagne e azioni legate al consumo responsabile41.
41 Francesca Forno, “Nuove reti: consumo critico legami digitali e mobilitazioni” in Rebughini, Sassatelli, op.
cit., pp. 126-144.
Sinora si sono presentati dati relativi a comportamenti pro-sociali attuati attraverso il medium del denaro; ora si passerà ad analizzare una forma di altruismo basata su una relazione diretta, ovvero il volontariato. La differenza non è di poco conto, dato che l’im-pegno volontario è una forma molto forte di altruismo, poiché implica un coinvolgimen-to pratico ed emotivo: significa mettere a disposizione degli altri il proprio tempo, essere disposti a condividere una parte della propria vita con degli estranei. Nel complesso, il campione di associati dimostra un tasso di azione volontaria estremamente alto: il 59,1% ha difatti dichiarato di svolgere attività di volontariato (cfr. cap. 2). All’interno di questo grande gruppo di intervistati è possibile però fare delle distinzioni: al di là di coloro che prestano aiuto all’interno della propria associazione, è interessante prendere in esame il volontariato extra-associativo (che riguarda il 47,7% degli intervistati42) considerando l’ambito dove gli associati fanno volontariato (tab. 2.7). Più di un volonta-rio su quattro (21,7%) è coinvolto nelle attività che si svolgono in una parrocchia; una quota leggermente inferiore (20,5%) fa parte di un piccolo gruppo aggregatosi in modo spontaneo; mentre il 16,5% fa volontariato in un’associazione locale; gli altri ambiti, infine, raccolgono percentuali residuali.
Tab. 2.7 Il volontariato all’esterno dell’associazione (%) Ambito
Parrocchia 21,7
Piccolo gruppo spontaneo 20,5
Associazione locale 16,5
Associazione nazionale 7,5
Cooperativa 6,2
Altro ambito 3,4
Sindacato 0,9
Partito 0,9
Non indica 22,4
Totale 100,0
Fonte: Isfol 2008
In generale gli associati che praticano volontariato extra-associativo si riuniscono in piccoli gruppi, evitando le grandi organizzazioni e prediligendo ambiti dove, con tutta probabilità, l’azione volontaria si svolge in modo diretto e personalizzato. Questa ten-denza a svolgere attività informali di volontariato, il più delle volte, risponde all’esigenza
42 Tra costoro il 22,1% fa volontariato sia all’interno dell’associazione che all’esterno mentre il 24,9%
presta il proprio aiuto solo all’interno dell’associazione alla quale è iscritto; infine, il 12,1% presta servizio solo all’esterno dell’associazione; sul volontariato associativo cfr. cap. 1.
di confrontarsi con un problema specifico, incorporato nel quotidiano dell’individuo43. Nel contesto empirico dell’indagine sugli associati sembrano prevalere forme di volon-tariato centrate sulla dimensione locale: laddove l’urto con la realtà quotidiana è più forte, gli individui si rimboccano le maniche e da soli o in piccoli gruppi cercano di porre rimedio a quanto accade intorno a loro.
Le forme che assume l’impegno pro-sociale degli associati sono alquanto varie. Con-frontando il livello di pro-socialità44 a seconda dei differenti ambiti associativi (tab. 2.8) si può dare conto di questa varietà.
Tab. 2.8 Livello di pro-socialità per ambito associativo (%)
Ambito associativo Pro-socialità
Totale
basso medio alto
Culturale-educativo 35.0 41.4 23.6 100.0
Ricreativo 45.7 34.9 19.4 100.0
Sportivo 49.8 32.1 18.1 100.0
Socio-assistenziale 21.5 29.2 49.2 100.0
Globalizzazione 27.0 37.3 35.7 100.0
Totale 42.8 34.9 22.3 100.0
Fonte: Isfol 2008
Ad un primo sguardo nell’ambito ricreativo e sportivo prevale un basso livello d’altru-ismo (rispettivamente 45,7% e 49,8% a fronte di un dato campionario del 42,8%): si tratta in qualche modo di un dato atteso, anche alla luce di quanto rilevato nel ca-pitolo precedente. Più interessanti sono i dati relativi agli altri ambiti associativi: per quel che riguarda le associazioni culturali-educative, tra gli associati prevale un livello medio di sensibilità pro-sociale (41,4% vs. 34,9%). Nelle realtà associative impegnate nella critica della globalizzazione, invece, si denota una significativa presenza di iscrit-ti dall’elevato livello d’altruismo (35,7%). È comunque nel contesto delle associazioni socio-assistenziali che si trova una maggiore presenza di soggetti dallo spiccato atti-vismo pro-sociale (49,2% vs. 22.3%); gli associati in questo ambito di attività usano il loro denaro per sostenere cause che ritengono meritevoli, acquistano per lo più prodotti che non sfruttano le risorse ambientali o comportano la violazione dei diritti umani e,
43 Sulla base di una recente indagine sul volontariato informale (Cfr. Caltabiano, op. cit., 2006, p. 58-67) è possibile distinguere diverse configurazioni di questo genere di altruismo: la “riparazione” è un’attività prettamente individuale rivolta verso un problema molto vicino alla quotidianità dell’individuo; il “contrasto”
è invece un’azione di un piccolo gruppo che si oppone ad una deriva negativa in atto sul proprio territorio;
l’“iniziazione” è invece una forma di volontariato che nasce a partire da un primo contatto con un problema sociale distante ma che, col tempo, si fa spazio nella coscienza individuale; infine, l’“interconnessione” richiede
l’“iniziazione” è invece una forma di volontariato che nasce a partire da un primo contatto con un problema sociale distante ma che, col tempo, si fa spazio nella coscienza individuale; infine, l’“interconnessione” richiede