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Le esperienze di leadership nel profit e il confronto con il non profit

studi di caso, confronti, punti d’attenzione

2.2 Le esperienze di leadership nel profit e il confronto con il non profit

2.2.1 Un parallelo utile per gli scenari futuri

Se il mondo non profit ancora non presenta esempi significativi di gestione della leader-ship, il settore profit è un laboratorio interessante per osservare gli sviluppi in tema di leadership e per capire quali strumenti possano essere mutuati anche dal settore asso-ciativo, pur consapevoli delle differenze tra l’approccio alla leadership del mondo profit e non profit, dove in qualche modo si sta passando da uno stile di leadership basato sulle qualità personali ad uno fatto di comportamenti consapevoli di guida, motivazione, sup-porto e sviluppo. Inoltre, anche nel mondo profit esistono esperienze di partecipazione nella leadership al di là del modello classico della ‘direttività’. Pur partendo sempre dalla premessa che i leader esistono perché i singoli individui hanno bisogno di una guida, perché senza di essa spesso non sanno cosa possono raggiungere, cosa dovrebbero rag-giungere o come raggiungerlo, tuttavia le esperienze del profit mostrano che vi sono molti modi di sviluppare capacità di leadership nelle persone e che oltre al talento e alla predisposizione naturale si possono costruire più programmi e iniziative per sviluppare leadership in chi si appresta a guidare un’organizzazione.

Secondo Thornton una delle abilità che va sviluppata quando ci si prefigge di formare un buon leader è quella di saper motivare i collaboratori a migliorarsi, creando un mec-canismo di fiducia reciproca e fornendo un efficace coaching per gestire e affrontare i problemi.238 Il coinvolgimento dei collaboratori è particolarmente importante in uno schema di leadership che tiene conto del fatto che sempre più spesso i progetti stra-tegici vengono gestiti da team globali, e sempre di più coinvolgeranno membri esterni all’organizzazione, su cui il coordinatore non ha un potere gerarchico. Maggiore intera-zione, quindi, sul piano virtuale e rapporti di forza diversi dal passato.239

In tale scenario si pone in maniera nuova l’esigenza per i leader di saper reclutare, motivare, ricompensare e trattenere i membri più dotati di team sempre più eterogenei, velocizzare la presa di decisione puntando sul coinvolgimento e la condivisione delle informazioni piuttosto che sull’autorità gerarchica. Le organizzazioni profit più mature sembra stiano mettendo a fuoco il fatto che non è tanto scegliere le persone giuste, quanto creare l’ambiente organizzativo in cui i leader (reali o potenziali, stabili o tem-poranei) possano sviluppare comportamenti di leadership.

I cambiamenti del mercato e delle dinamiche del lavoro portano a gestire sempre più una forza lavoro fluida, con esigenza di auto organizzazione del lavoro, situazioni di leadership non gerarchica e decentrata, dove le correzioni di rotta saranno sempre più

238 P. b. Thornton, Be the leader, Make the difference, Griffin Publishing Group, Santa Ana CA, 1999.

239 b.Reeves, T.W.Malone, T.O’Driscoll, Laboratori virtuali di leadership in Harward business Review, giugno 2008, n.6.

frequenti e veloci. In un mercato in cui l’incertezza aumenta e in cui il successo dipen-de sempre più dall’innovazione che dall’esecuzione, il leadipen-der dipen-deve essere orientato al rischio, ma l’organizzazione deve creare un ambiente e dei processi dove questa pro-pensione viene accettata e stimolata (e quindi creare una cultura in cui il fallimento è tollerato come parte delle attività).240

In questo quadro, sembra particolarmente importante che i leader crescano e svilup-pino le capacità di leadership cui accennavamo, e le esperienze profit possono fornire spunti di riflessione su come creare all’interno delle associazioni modalità di gestione e sviluppo che consentano una leadership consapevole e in linea con le difficoltà che le associazioni incontrano.

2.2.2 Oltre la direttività: leadership situazionale applicata e leadership senza autorità

In alcune organizzazioni strutturate, per esempio quelle del settore farmaceutico o dell’ottica di lusso, si è fatto strada l’esercizio della leadership trasformazionale, già citata in capitolo 1, in cui ai capi (area manager, responsabili di area commerciale) viene chiesto di sviluppare la capacità di dare considerazione individualizzata, cioè attenzio-ne alle differenze individuali, alle caratteristiche e aspettative dei singoli, alla crescita professionale dei collaboratori; di stimolare i collaboratori a cambiare punto di vista su problemi e situazioni, coinvolgendoli nella risoluzione dei problemi; di motivare i collaboratori con entusiasmo, condividendo gli obiettivi del gruppo. Inoltre, si chiede al leader di sviluppare la cosiddetta abilità di influenza idealizzata, che è lo sforzo di essere modello, un esempio dei comportamenti richiesti agli altri, cosa che è anche un punto di arrivo dei comportamenti descritti.

Queste capacità vengono stimolate attraverso due interventi: cambiamenti organizza-tivi di struttura e di organizzazione del lavoro, che richiedono alle persone cambio di attitudine e capacità di gestire le difficoltà dei collaboratori; interventi formativi sul coaching e sul counselling, per sviluppare in modo esperienziale le abilità descritte. Le resistenze che si riscontrano sono soprattutto legate alla difficoltà di abbandonare uno stile paternalista nel gestire le persone, basato su un basso livello di ascolto e un’alta direttività nelle decisioni. Tale tipo di leadership diventa cultura condivisa quando i capi comprendono che è uno sforzo che, in una realtà sempre più mutevole (pensiamo ai cambiamenti notevoli nel farmaceutico di questi anni), permette di sviluppare la capa-cità di affrontare e superare in autonomia le difficoltà sul campo e magari essere loro i prossimi leader.

La leadership situazionale applicata alla realtà aziendale

Altre esperienze mirate allo sviluppo di uno stile di leadership consapevole si osservano in aziende del profit che stanno cambiando management o che stanno internazionaliz-zando i processi e i mercati. In tali organizzazioni (dall’alta moda ad aziende di servizi) l’esigenza è che bravi manager diventino leader di gruppi eterogenei e sviluppino

l’au-240 Articolo citato, pag.9

torevolezza a discapito dell’autorità, ossia sviluppino la capacità di osservare e valutare i bisogni dei propri collaboratori e quindi di stimolarli. I nuovi manager vengono inseriti in programmi di sviluppo che aiutano a sviluppare i comportamenti considerati necessari per esercitare la leadership situazionale, ossia quello stile di leadership che qualifica il leader come colui che si adatta alla situazione da gestire e applica comportamenti diversi a seconda della stessa, come descritto in precedenza. La teoria della leadership situazionale, elaborata da Hersey e blanchard negli anni ’70, puntava proprio sul fatto che non esista un modo “giusto” di essere leader e che, al contrario, lo stile deve essere scelto in funzione delle diverse situazioni e delle caratteristiche dei destinatari che il responsabile si trova a gestire. Si tratta di un modello che punta a sviluppare i talenti dei leader perché, a loro volta, promuovano comportamenti che allineino gli obiettivi del singolo individuo a quelli dell’organizzazione.

Le esperienze di sviluppo di leadership senza autorità

Altra esperienza interessante sono i programmi di sviluppo della “leadership senza au-torità”, ossia un modello di leadership esercitata non solo dai capi ma anche da chi è incaricato di guidare temporaneamente dei gruppi di lavoro, team interfunzionali o di progetto. I programmi di sviluppo partono dalla premessa che anche chi gerarchica-mente non è un leader può sviluppare abilità di leadership se adeguatagerarchica-mente formato e allenato ai comportamenti di guida, ascolto, coaching, motivazione. Tale sistema mira alla guida condivisa, non cristallizzata, legata alle abilità comportamentali.

2.2.3 Preparare i futuri leader alla successione

Molte organizzazioni profit, soprattutto quelle di grandi dimensioni e con attività estere, hanno promosso programmi di sviluppo delle competenze dei giovani ad alto potenziale che hanno potenzialità di raggiungere ruoli da leader anche attraverso la delega al sin-golo dell’autodeterminazione del proprio sviluppo. Tale strategia può diventare motivo di attrazione di persone con un alto potenziale di leadership all’interno dell’azienda. Di fatto, le aziende che sperimentano questo tipo di esperienza, puntano sulle capacità del singolo di elaborare un piano di sviluppo più adatto alla propria carriera di leader. Coloro sui quali l’azienda punta, tali giovani talenti, vengono quindi invitati a costruire insieme al proprio responsabile un piano di sviluppo attraverso una serie di colloqui individuali, in parte realizzati con il supporto dell’ufficio Risorse Umane. Tali colloqui, mirati ad individuare i punti di forza e le potenzialità di miglioramento di ciascuno, così come le aspettative di crescita e le iniziative per realizzarle, permettono di delineare gli obiettivi di crescita che vengono declinati in specifiche iniziative che devono essere avallate dal responsabile. Il feedback del responsabile permette di individuare le opportunità di crescita nella azien-da, e di essere supportati dall’organizzazione nella realizzazione delle azioni.

Il processo qui brevemente descritto permette ai giovani di sviluppare percorsi per la leadership partendo dai propri bisogni, ed allo stesso tempo permette all’organizzazione di realizzare politiche di gestione del personale mirate, in maniera da trattenere le per-sone di talento incentivando la loro formazione e la loro crescita, e facilitando percorsi di carriera interni all’azienda.

Accanto a queste esperienze ve ne sono altre, intraprese da molte multinazionali (es.

settore farmaceutico), in cui sono stati elaborati programmi di sviluppo che propon-gono un’idea di leader abile nel mettere in atto comportamenti di leadership in modo versatile, capace di vedere la guida come modo per coinvolgere le persone piuttosto che guidarle in modo autoritario o direttivo. I cosiddetti New managers’ programme hanno l’obiettivo di far acquisire ai nuovo leader una piena consapevolezza del pro-prio ruolo, che consiste nel far raggiungere all’azienda i propri risultati attraverso il lavoro dei suoi dipendenti, nel comprendere la cultura aziendale e la filosofia di lea-dership e trasformarla in comportamenti quotidiani agiti, nel saper assegnare i giusti obiettivi alle persone, motivarle nei momenti difficili, dare feedback ai collaboratori per migliorare i comportamenti aziendali, comprendere quale è il proprio stile natu-rale di leadership e comprendere che questo ha su dipendenti e collaboratori. Perché i nuovi leader acquisiscano tali competenze sono organizzate sessioni di training com-portamentale, sessioni di mentoring241 e coaching, eventi di presentazione di progetti e di confronto con il top management aziendale e interlocutori esterni esperti sulle tematiche manageriali.

A completamento di tale processo, nei contesti multinazionali vengono create inizia-tive di sviluppo dei talenti e della loro leadership a livello globale (cioè creando uno standard di comportamento a livello internazionale, in modo tale che i leader siano riconoscibili in ogni paese in cui operino). L’obiettivo è quello di poter comparare i talenti a livello globale, avere una chiara visione di chi possono essere le persone che saranno i leader dell’organizzazione nel futuro, migliorare i processi di copertura delle posizioni aperte inserendo le persone giuste, dare diverse opportunità ai nuovi leader di sviluppare le loro abilità anche in contesti internazionali. Per tale motivo vengono creati dei veri e propri percorsi di Talent Review, in cui si inizia dalla identificazione dei potenziali nuovi leader, si prosegue con lo sviluppo delle abilità dei talenti e al loro inserimento nell’organizzazione, si procede periodicamente alla revisione del gruppo dei talenti, decidendo in base ai risultati e alla prestazione se hanno ancora titolo ad essere considerati talenti aziendali.

Nelle organizzazioni di media complessità, in vari settori produttivi, sono presenti pro-grammi di mantenimento e sviluppo ulteriore della leadership consapevole, basati sul flusso formativo che parte da interventi sulla consapevolezza, sull’efficacia personale e nelle relazioni, sulla leadership applicata ai comportamenti, sulla gestione quotidiana delle persone. Le organizzazioni più strutturate impostano poi programmi di sviluppo dedicati ai cosiddetti talenti top, quei leader che hanno bisogno di un perfezionamento per andare a ricoprire posizioni di responsabilità e sviluppo di mercati nuovi e guidare anche la rappresentanza esterna. Si tratta di accelerare lo sviluppo dei talenti maggiori, fornire loro occasioni di alto livello per mettere a frutto la leadership, capire il potenzia-le ancora da sviluppare. Tali programmi, infatti, sono dedicati a manager che superano le aspettative dei propri capi, che hanno almeno cinque anni di esperienza di gestione di gruppi e progetti complessi, sono un modello positivo per i colleghi, sono conosciuti

241 Mentoring fa riferimento alla relazione tra un soggetto con più esperienza (mentor) e uno con meno esperienza (protégé) al fine di consentire a quest’ultimo di essere guidato e protetto da un soggetto di maggiore importanza e rilievo.

per sviluppare a loro volta i talenti dei propri collaboratori, sia a vantaggio del proprio gruppo che dell’intera azienda.

La modalità prevede incontri periodici in cui i partecipanti vengono sottoposti ad attività sfidanti che permettono loro di mettere in pratica la propria leadership, incontri residen-ziali alla presenza di testimonial esterni, momenti di feedback individuale e un report finale in cui i gestori del progetto fanno una descrizione delle aree forti e di quelle da svi-luppare per ogni persona. In tal senso, i Development Plan delle grandi aziende bancarie hanno l’obiettivo di sviluppare abilità di leadership nei manager senior. Partendo dal mo-dello di leadership adottato, esso è in genere un processo annuale indirizzato ai dirigenti senior con l’obiettivo di sviluppare doti di leadership utili ad ogni livello di gestione.

Il piano, prendendo ad esempio un grosso gruppo bancario multinazionale di origine italiana, è incentrato sullo sviluppo individuale e organizzativo, per aiutare i leader nell’affrontare le sfide aziendali. Questo processo diffonde la cultura dello sviluppo della leadership e del feedback presso i dirigenti, al fine di formare un gruppo di lavoro solido e consapevole dei propri mezzi.

Inoltre sono stati creati programmi dedicati a diversi destinatari a seconda del livello professionale. In tal modo si tiene conto del livello di sviluppo della leadership e si pro-pone un percorso dedicato a tre fasce di manager:

• un programma internazionale di sviluppo dei talenti, per i giovani con esperienza di 3-6 anni. Il programma punta a identificare i migliori talenti, persone interessate a una carriera internazionale e che hanno il potenziale per occupare ruoli dirigenziali;

• un programma di sviluppo della leadership per i middle manager, finalizzato a svi-luppare una mentalità aperta, la conoscenza delle strategie e un’ampia percezione del proprio ruolo all’interno di queste ultime;

• un programma di sviluppo della leadership dedicato ai manager più “anziani” nell’or-ganizzazione. I partecipanti vivono esperienze in gruppi di lavoro multinazionali per elaborare progetti ispirati alla cultura dell’innovazione, il tutto per esplorare nuovi scenari complessi di business e per valutare i punti di forza e di debolezza dei propri stili di leadership, per poter poi dare una visione ai propri collaboratori e all’esterno.

La successione dei leader nelle esperienze del profit

A proposito dell’esigenza di dare una guida all’organizzazione basata sulla crescita di nuove leve che possano succedere agli attuali leader, vale la pena citare le esperienze di alcune aziende che hanno impostato dei percorsi di successione. Il responsabile delle risorse umane prepara un’analisi dei talenti aziendali pronti per la crescita e analizza le posizioni che a breve/medio termine possono essere coperte. Procede sensibilizzando i manager delle linee produttive sull’importanza del piano di successione e prepara le azioni necessarie, in modo che tali piani di successione non siano iniziative saltuarie ma processi stabili. Le azioni in cui sono coinvolti i futuri leader sono soprattutto i career days, momenti di confronto e di orientamento con il contributo dei vertici aziendali, le tavole rotonde, per chiarire cosa ci si aspetta dai nuovi leader, i forum per i leader.

A seguito di tali momenti introduttivi le persone identificate vengono inserite in un percorso di sviluppo attraverso l’esperienza in un altro settore dell’organizzazione con l’obiettivo di acquisire flessibilità, spirito di adattamento, velocità di apprendimento.

Vengono, poi, raccolte le buone pratiche e le storie da utilizzare come esempio per gli

al-tri. Successivamente, le nuove leve apprendono, attraverso momenti formativi, le abilità di leadership necessarie per ricoprire ruoli di responsabilità (anche all’estero) e ricevono indicazioni di contenuto sugli ambiti in cui andranno ad operare.

2.2.4 Il coaching come frontiera del leader

Vale la pena fare un’ultima riflessione sulle esperienze che alcune aziende fanno nell’impostare la leadership dei capi (anche intermedi) in un’ottica di minore ‘direttività’

e maggiore spirito di coaching. Per esempio, nel caso di Mediolanum, i responsabili vengono inseriti in progetti formativi in cui apprendono il senso e i comportamenti di un capo non direttivo e coach per i propri collaboratori. Il concetto alla base di tali esperienze è che più le persone valorizzano le proprie abilità e più un’azienda si impegna a valorizzare i propri collaboratori, tanto più aumenta il valore della stessa azienda.242 Il coaching applicato dai leader è uno dei modi più efficaci ed economici per ottenere tale risultato, perché sposta l’impegno sullo sviluppo delle abilità dei collaboratori. In particolare, i responsabili vengono allenati a utilizzare al meglio i tre cardini della at-tività di coaching: lavorare sull’obiettivo importante del collaboratore e sul modo in cui ottenerlo, riflettere ed agire in base ad un confronto con i propri valori, mettere in discussione le convinzioni limitanti (si di sé o sul contesto) e concentrarsi su ciò che si può fare. La domanda a cui si cerca di rispondere è “come posso fare meglio?”, domanda che nel contesto profit assume un valore centrale, perché orientata ad un miglioramento delle prestazioni e dei risultati. In tale processo, dunque, il capo deve rappresentare un supporto per il collaboratore e non un decisore che non coinvolge gli altri.

Negli interventi formativi che vengono erogati ai responsabili che devono apprendere il coaching sono sviluppati i 4 presupposti indicati da O’Connor e Lages243 e cioè:

• le risorse di cui abbiamo bisogno le possediamo o le possiamo acquisire, il coach si limita a stimolare le nostre risorse e a darci maggiore consapevolezza;

• le persone fanno la scelta migliore possibile in un dato momento, il coach ci aiuta a definire più di una opzione, per ridurre il rischio del fallimento;

• le persone si comportano in modo consapevole e intenzionale, sono i nostri bisogni a spingerci e il coach ci aiuta ad identificarli e a definire il come soddisfarli;

• ogni idea va tradotta in azioni, il coach aiuta nel definirle nel concreto.

L’obiettivo è innanzitutto quello di sviluppare l’abilità di progettare il futuro del leader/

coach, perché spesso le persone quando hanno un problema si concentrano su ciò che non va, assumendo un approccio negativo che non porta verso le soluzioni, mentre, aiu-tare le persone a definire gli obiettivi, facilita la fuoriuscita dal cerchio del problema e stimola ad agire. Si tratta, quindi, di stimolare la ‘proattività’ dell’interlocutore: il coach attraverso domande e stimoli di riflessione aiuta il collaboratore a prendere in mano le situazioni e prendere decisioni, senza aspettare che sia la situazione a decidere. Il concetto su cui il coach lavora è la realizzazione: sviluppare la capacità di creare piani d’azione pratici, o meglio l’abilità di insegnare a fare un piano d’azione specifico che non

242 Joseph O’Connor, Andrea Lages, Diventare un coach con la PNL, Sperling & Kupfer editori, Milano, 2005.

243 Ibidem

sia una mera carta di intenti ma comportamenti specifici da attuare “domani”.

Per poter fare tutto ciò il coach deve sviluppare una vera capacità di ascolto e com-prensione dell’altro, imparare a fare domande piuttosto che dire e comandare, accettare il punto di vista del collaboratore piuttosto che imporre il proprio, perché l’obiettivo è responsabilizzare l’altro nella presa di decisione e nella sua realizzazione. Nella pratica le difficoltà maggiori nella fase formativa si verificano nell’acquisizione di tale ultima abilità, perché nella cultura aziendale, come detto, la leadership direttiva è vista come l’antidoto all’anarchia e quella partecipativa spesso sottovalutata. In realtà al coach si chiede di guidare le persone facendole agire di propria iniziativa e stimolando le loro abilità, per potenziare le abilità dell’organizzazione.

2.2.5 Mutare stile per garantirsi il futuro. Suggerimenti per il non profit A proposito di quali siano i modelli che servono attualmente nei contesti profit, vale la pena citare alcune dichiarazioni dell’Amministratore delegato di Fiat Sergio Marchion-ne, uno dei leader più seguiti ed ascoltati di questo periodo storico. In molte delle sue dichiarazioni, Marchionne si riferisce ad un tipo di leadership ben diverso da quello stile autoritario che ancora molti ritengono inevitabile in azienda. Molti pensano che azienda

2.2.5 Mutare stile per garantirsi il futuro. Suggerimenti per il non profit A proposito di quali siano i modelli che servono attualmente nei contesti profit, vale la pena citare alcune dichiarazioni dell’Amministratore delegato di Fiat Sergio Marchion-ne, uno dei leader più seguiti ed ascoltati di questo periodo storico. In molte delle sue dichiarazioni, Marchionne si riferisce ad un tipo di leadership ben diverso da quello stile autoritario che ancora molti ritengono inevitabile in azienda. Molti pensano che azienda