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Civismo e partecipazione politica: confini e nessi

democrazia: partecipazione e politica ai tempi dell’anti-politica

2.1 Civismo e partecipazione politica: confini e nessi

Secondo la classica formulazione di Tocqueville (1835) l’associazionismo svolge una funzione di socializzazione pre-politica: i cittadini che sperimentano e coltivano solida-rietà, cooperazione e impegno all’interno delle associazioni hanno un superiore livello di partecipazione democratica. Soprattutto negli Stati Uniti, tale assunto è stato più volte testato empiricamente, giungendo a formulare il concetto di civic culture, inteso come precondizione di una democrazia vitale ed efficiente23. Il civismo è dunque uno dei punti fermi dell’analisi politologica. Tuttavia, non pochi sono gli autori che hanno posto l’accento sulla netta diminuzione dell’appartenenza alle reti associative avviatasi all’inizio degli anni Ottanta. Il caso americano è indicativo. Secondo il celebre studio di Robert Putnam24 gli americani giocano sempre più spesso a bowling da soli, segno che fiducia interpersonale e capitale sociale vanno diminuendo, peggiorando la qualità della vita democratica. Theda Skocpol25, invece, sostiene che la vitalità delle reti associative americane è decisamente diminuita a causa della loro crescente centralizzazione: le associazioni tendono sempre più ad operare come gruppi di pressione, cercando di rac-cogliere fondi e di influenzare i media. In pratica, il modello orizzontale, basato sulla mobilitazione degli associati, è sempre meno diffuso.

Parallelamente al declino della partecipazione sociale, sempre Putnam fa notare come anche le varie forme di partecipazione politica siano nel corso degli ultimi trent’anni in netto calo; la figura del militante è stata sostituita da quella del sostenitore che parte-cipa con “(…) il libretto degli assegni, dato che i soldi prendono il posto del tempo”. La

23 La letteratura alla quale si sta facendo riferimento rimanda alle figure di Sidney Verba (cfr. G Gabriel Almond, Sidney Verba, The Civic Culture. Political Attitudes and Democracy in Five Nations, Princeton, Princeton University Press, 1963; Sidney Verba, Norman H. Nie, Participation in America, Chicago: University of Chicago Press, 1972; Sidney Verba, Norman H. Nie, Jae-on Kim, Participation an political equality. A Seven-Nation Comparison, Cambridge, Cambridge University Press, 1978; Sidney Verba, Kay L. Schlozman, Henry R. brady, Voice and Equality: Civic Voluntarism in American Politics, Cambridge, Harvard University Press, 1995); Robert Putnam (cfr. Robert D. Putnam, Making Democracy Work, Princeton, Princeton University Press; 1993; Robert D. Putnam, op. cit. 2004) e Theda Skocpol (Theda Skocpol, Morris P. Fiorina, eds., Civic Engagement in American Democracy, Washington-New York City, brookings Institute Press/Russell Sage Foundation, 1999; Theda Skocpol, Diminished Democracy: from Membership to Management in American Civic Life, Norman, University of Oklahoma Press, 2003). Lo studio di Robert Putnam (1993) sulla tradizione civica delle regioni italiane esemplifica bene il ruolo del civismo nella vita democratica di un paese: come è noto, secondo il politilogo americano il differente rendimento istituzionale tra regioni del Nord e del Sud d’Italia risale alla tradizione civica e culturale del territorio.

24 Cfr. Putnam, op. cit., 2004.

25 Cfr. Theda Skocpol, op. cit., 2003.

professionalizzazione dell’impegno nei partiti è l’altra faccia dell’industria politica ame-ricana, un sistema nel quale il marketing e l’attenzione alla componente comunicativa e mediale del messaggio mettono in secondo piano il coinvolgimento diretto della base.

Per quanto il caso statunitense evidenzi alcune derive in atto nella maggior parte delle democrazie mature26, la situazione europea e, in particolare, quella italiana presenta-no delle significative differenze. Se il disimpegpresenta-no politico è un’onda lunga che risale all’inizio degli anni Ottanta, la partecipazione sociale degli italiani non ha subito una flessione particolare. I dati del Rapporto sull’associazionismo sociale, realizzato perio-dicamente dall’Iref (Istituto di Ricerche Educative e Formative) di Roma, evidenziano una progressiva divaricazione tra il livello di impegno sociale degli italiani e i tassi di iscrizione a partiti e sindacati a favore del primo. Quelli che, a suo tempo, Pizzorno27 ha definito i soggetti del pluralismo, ovvero le organizzazioni che avevano il compito di mediare tra cittadino e politica, negli ultimi vent’anni hanno subito un evidente declino:

i partiti passano dall’8,3% del 1989 al 3,8% del 2006; mentre per i sindacati nello stesso periodo si osserva un calo dall’19,1% al 12,4%. Il tasso d’iscrizione alle organizzazioni sociali non ha invece subito cali particolari: a partire dagli anni Novanta, l’iscrizione alle associazioni sociali si mantiene attorno al 20%, per scendere al 18,2% nel 2002 e bal-zare al 23,1% del 200628. La forbice tra queste due forme di partecipazione si è dunque ampliata. Secondo Roberto biorcio29:

la crisi dei partiti di massa, e la loro trasformazione in partiti professionali-elettorali ha reso tendenzialmente più autonome le associazioni e trasformato il significato della loro azione e le motivazioni per la partecipazione. (…) Il forte ridimensiona-mento delle adesioni ai partiti politici rivela la minore capacità di attrazione di que-ste organizzazioni, e l’indebolimento del loro radicamento sociale. Ma rende anche evidente la fine del collateralismo: la drastica riduzione della capacità dei partiti politici e dei loro attivisti di esercitare influenza sulle molteplici reti organizzative esistenti nella società civile.

Nonostante la dissoluzione dei principali legami partitici30, la società civile italiana sem-bra aver continuato per la sua strada: accanto alle grandi associazioni della tradizione cattolica e socialista, si è costituito un composito insieme di realtà del terzo settore, con il tempo divenute punto di riferimento di un numero crescente di italiani. In un’Italia nella quale i partiti della Seconda Repubblica raccolgono qualche centinaio di migliaia di aderenti e i sindacati vedono di anno in anno calare gli iscritti, gli associati sembrano rappresentare una riserva di partecipazione, in un panorama nel quale il disimpegno dei

26 Peraltro, malgrado le tesi espresse da Putnam ed altri autori, la democrazia americana ha dato più volte prova di sapersi rigenerare, ritrovando una forte partecipazione popolare soprattutto nei momenti clou della sua storia recente. Ne è una riprova la forte partecipazione (virtuale e in presenza) dei giovani americani alla campagna elettorale che ha portato all’elezione di un candidato outsider come barack Obama; cfr. Giuliano da Empoli, Obama, La politica nell’era di Facebook, Venezia, Marsilio editore, 2008.

27 Cfr. Alessandro Pizzorno, I soggetti del pluralismo: classi, partiti, sindacati, Einaudi, Torino, 1960.

28 Cfr. David Recchia, Federica Volpi, “Il segno dei tempi: l’evoluzione dell’associazionismo e delle altre forme di partecipazione civica” in Caltabiano, op. cit. 2007, p. 215.

29 Cfr. Roberto biorcio, , “Partecipazione politica e associazionismo” in Partecipazione e Conflitto, no. 0, 2008, pp. 76-77.

30 Ad essere precisi, la crisi riguarda il livello associativo-territoriale della membership (party on the ground), mentre il livello organizzativo e il ruolo degli apparati centrali (party in central office) non è stato soggetto ad alcuna forma di indebolimento; cfr. Francesco Raniolo, “Dentro la crisi del party on the ground”

in Partecipazione e Conflitto, no. 0, 2008, pp.117-140.

cittadini tende ad oscurare qualsiasi altro contributo alla cosa pubblica. Certamente, come si è visto nel capitolo precedente, il mondo dell’associazionismo è alquanto etero-geneo (tanto in termini di campi d’azione, quanto di livelli di impegno), per cui è impro-prio considerare la partecipazione sociale tout court un antidoto alla spoliticizzazione del paese. Non bisogna dimenticare poi che la tenuta della partecipazione associativa è avvenuta in una fase che ha visto incrinarsi il rapporto tra cittadini e politica. Soprattut-to, negli ultimi anni le folate dell’anti-politica si sono fatte più violente, riducendo il ra-dicamento sociale dei partiti ai minimi storici per cui, nonostante il civismo di una parte dei suoi cittadini, l’Italia sembra sempre più coinvolta in una deriva post-democratica.

Effettivamente l’analisi della post-democrazia, proposta da Colin Crouch31, si attaglia bene ad alcune delle caratteristiche dell’attuale momento politico:

(...) anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di pro-fessionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’in-tegrazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici.

L’autoreferenzialità delle istituzioni rappresentative contribuisce ad accrescere la di-stanza tra le élites decisionali e i cittadini, escludendoli di fatto dal dibattito politico.

Alla crisi della membership dei partiti sembra dunque aggiungersi un inceppamento nei meccanismi di rappresentanza democratica, cosicché il rapporto tra cittadini e cosa pubblica si riduce al rituale delle urne. Ci si chiede se, deluse dalla politica, a quelle persone non ancora preda dell’apatia, ma che desiderano comunque impegnarsi in qual-cosa, non resta che dedicarsi alle attività nelle organizzazioni sociali. Probabilmente, nel lungo periodo, le realtà del terzo settore hanno saputo convogliare al loro interno parte di coloro che hanno rinunciato ad un impegno stabile in partiti e sindacati. Non è però importante stabilire se ci sia stata una qualche forma di travaso quanto piuttosto comprendere se all’interno del mondo delle associazioni le persone trovino occasioni per esprimere le proprie istanze partecipative. La disillusione nei confronti della politica non significa una perdita di interesse per la politica. D’altronde, parafrasando il titolo di un libro di Giulio Marcon32 ci sono vari modi per fare politica, anche senza entrare in un partito.

L’impegno associativo può dunque rappresentare un antidoto alla crisi della democra-zia? La domanda non è di poco conto ed una eventuale risposta positiva sarebbe deci-samente auspicabile, poiché implicherebbe che la deriva post-democratica può essere arginata; tuttavia una risposta può essere trovata solo allargando lo sguardo al di fuori della partecipazione politica tradizionale. In pratica, se ci si limita a considerare i com-portamenti convenzionali (il voto, il sostegno di un candidato, la partecipazione ad assemblee politiche, ecc.) si perde gran parte della specificità del mondo associativo.

Il confine tra orientamenti pro-sociali e politica è difficile da tracciare; innanzitutto

31 Cfr. Colin Crouch, Postdemocrazia, Laterza, Roma-bari, 2003, p. 6.

32 Cfr. Marcon, op. it. 2005.

perché dipende, in buona parte, dal significato che l’individuo attribuisce all’azione.

Non per questo però si deve rinunciare a considerare i comportamenti pro-sociali in termini politici o se si vuole pre-politici33; in caso contrario, si corre il rischio di aderire ad un’immagine del cittadino associato vicina a quella del filantropo, che opera per il solo piacere della gratuità dell’azione.

Nelle prossime pagine si proporrà dunque un itinerario attraverso le pratiche pro-sociali degli associati cercando di evidenziarne, da una parte, il legame con l’esperienza as-sociativa e, dall’altra, la politicità di alcuni comportamenti pro-sociali. Sarà questo un primo passo per affrontare il tema vero e proprio del capitolo, ovvero il rapporto tra cittadini associati e politica in senso stretto. In questo passaggio si comprenderà come si tratti di due livelli d’azione che nell’esperienza degli intervistati sono estremamente interconnessi.

2.2 I comportamenti pro-sociali degli associati: donazioni, consumi e